La didattica a distanza non è la didattica digitale

da Orizzontescuola

di Gianfranco Scialpi

La didattica a distanza è spesso identificata con quella digitale. Non è così! Occorre distinguere i contesti e soprattutto le metodologie e ripensare all’idea di presenza fisica che non potrà mai essere fisica nel virtuale. La convivenza con la didattica in presenza.

La didattica a distanza la migliore risposta della scuola, ma…

La didattica a distanza (Dad) è stata una soluzione d’emergenza che ha permesso alla scuola di essere presente, adeguandosi a un contesto pandemico che impediva la prossimità fisica.

Sono note le criticità della Dad dovute in parte alla diversa disponibilità dei dispositivi in famiglia e alla capacità della Rete di sostenere l’aumento del traffico (smartworking, prodotti in streaming. didattica a distanza…).
Il primo aspetto è confermato da un documento Istat (aprile 2020) “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi. In sintesi emerge una fotografia desolante (il documento fa riferimento a un’indagine 2018-19): tre famiglie su dieci non hanno un pc o un tablet a casa; i nuclei familiari più sofferenti sono quelli del Sud. Da qui il 10% dei ragazzi non ha dispositivi in famiglia e solo il 6,1% ha un  dispositivo personale.

Le criticità della Rete, invece sono dovute all’accentuato processo di virtualizzazione che hanno subìto le nostre esistenze durante la chiusura (lockdown). Sono aumentate, infatti esponenzialmente molte attività (smartworking, attività dello streaming, didattica a distanza, operazioni bancarie…) fino a toccare anche alcuni aspetti molto concreti come gli ordini online per la spesa alimentare. In altri termini, soprattutto nei mesi di marzo e aprile abbiamo vissuto maggiormente nel virtuale, costretti anche dal divieto di uscire di casa. E tutto questo ha creato non pochi problemi di connessione, dovuti anche ai diversi contratti familiari stipulati con gli ISP.

 Le caratteristiche della Dad ai tempi del Convid-19

In molti casi la Dad ha registrato il trasferimento delle modalità in presenza (lezioni, interrogazioni) nel virtuale, complici alcune piattaforme (GSuite, Microsoft 365…) in grado di sostenere un alto numero di utenti collegati contemporaneamente, attraverso i loro servizi (Meet, Skype). Il camuffamento della modalità tradizionale online si evince dal monitoraggio dell’Osservatorio “Scuola a distanza” elaborato da Skuola.net su un campione  20mila alunni di classi medie e superiori. “Ormai i tre quarti (75%) dei ragazzi più grandi (quasi 7 su 10 alle medie) possono guardare in diretta gli insegnanti mentre spiegano e far loro domande, come se fossero in classe. Solamente in 1 caso su 6 ci si limita a far svolgere esercizi in tempo reale…Nella quotidianità degli studenti bloccati in casa dal lockdown sono entrate in pianta stabile persino verifiche scritte e interrogazioni. Il capitolo su cui si è osservata l’accelerazione maggiore nelle ultime settimane. Se, infatti, a fine marzo solo 1 studente su 2 era stato giudicato ‘a distanza’ ora, in media, si oltrepassa la soglia dei 3 su 4; con picchi dell’80% nel triennio conclusivo delle superiori.”

Questa Dad non è quella digitale

Chi è formato digitalmente sa benissimo che la Dad è lontana anni-luce dalla didattica virtuale. Innanzitutto una premessa importante. Qualunque tipo di didattica (in presenza, digitale o a distanza) non garantisce nessuna efficacia. Tutto dipende dall’insegnante! Quindi dal suo modo di rapportarsi con il contenuto, dalla scelta delle strategie. In sintesi l’efficacia dipende dalla sua percezione professionale (trasmettitore di contenuti chiusi o facilitatore di processi).

Indubbiamente lo schermo non può replicare la presenza fisica che, soprattutto nella scuola primaria, diviene anche un acceleratore del processo di apprendimento. Nel virtuale si sperimenta un’altra tipologia di presenza senza il corpo. È un esser-ci (M. Heidegger), un qui ed ora che diventa partecipazione cognitiva, relazionale su contenuti aperti a ulteriori sviluppi, ricerche da effettuare nel Web, valorizzando e sfruttando i link che aprono a sottomondi semantici e culturali e quindi a ulteriori destrutturazioni e ricostruzioni del prodotto grezzo proposto dall’insegnante. Nella didattica digitale il modellamento dei contenuti è più semplice, grazie anche alla disponibilità di software (ad esempio mappe, reti concettuali) che maggiormente si prestano alla rivisitazione collettiva del lavoro. E qui occorre fare i conti con le inadeguate competenze digitali dei nativi, come documentate dalla citata indagine Istat e confermate nella Dad.

Se la didattica digitale è pensata e rivolta a piccoli gruppi, evitando trasferimenti in blocco dell’intero gruppo classe (classe pollaio online) è possibile attuare anche soluzioni personalizzate e quindi inclusive. Ovviamente non significa che la didattica digitale debba colonizzare la scuola, ma convivere con quella in presenza, come ho scritto in un precedente articolo .