Una tendenza malata?

Una tendenza malata?

di Maurizio Tiriticco

Sull’ultimo numero di “Scuola7”, edizioni Tecnodid, Mauro Piras scrive: “””Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato i dati sulle iscrizioni per il 2021-2022. Si conferma in modo vistoso l’aumento delle iscrizioni nei LICEI, che arrivano al 57,8% degli iscritti (dal 56,3% dell’anno scorso). Tra gli Istituti, i TECNICI sono in lieve calo, con il 30,3% (dal 30,8%), mentre è sempre grave la crisi dei PROFESSIONALI, che arretrano pesantemente, scendendo all’11,9% (dal 12,9%). Dentro i Licei, il CLASSICO è più o meno stabile al 6,5% (dal 6,7%). Lo SCIENTIFICO è il più scelto, in aumento al 26,9% (dal 26,2%): diminuisce l’opzione tradizionale, 15,1% contro il 15,5% dell’anno scorso, cresce di molto l’opzione SCIENZE APPLICATE, 10% contro l’8,9%. Cresce parecchio il LICEO DELLE SCIENZE UMANE, dall’8,7 dell’anno scorso al 9,7% di quest’anno: al suo interno, è in aumento in particolare l’opzione ECONOMICO-SOCIALE, dal 2,7 al 3,2%; è in leggero calo il LINGUISTICO con l’8,4% (dall’8,8), mentre cresce l’ARTISTICO dal 4,4% al 5,1%. Tra i Tecnici il SETTORE ECONOMICO scende dall’11,2 al 10%, mentre cresce il SETTORE TECNOLOGICO dal 19,6% sale al 20,3%. Non ci sono dati disaggregati per i PROFESSIONALI”””.

In conclusione: tutti al LICEO! Ma perché? Tento di dare qualche risposta, ovviamente con tutto il beneficio di inventario. Potrei dire: l’incultura di una Nazione? O meglio, di un intero Popolo? Per non essere accusato di una visione – diciamo così – destrorsa. In effetti, sembra che l’apporto delle tecnologie al mondo del lavoro, che ha prodotto effetti profondamente innovativi sulle diverse professionalità manuali, abbassando notevolmente la fatica fisica, non abbia invece prodotto particolari effetti sulla percezione dei più. Mi spiego meglio: ho sempre davanti agli occhi le immagini dei grandi lavori di demolizione che Mussolini realizzò su un intero quartiere centrale di Roma, l’Alessandrino, al fine di costruire una grande strada che unisse il Campidoglio al Colosseo, attraversando il Foro Romano, la Via dell’Impero, oggi Via dei Fori Imperiali. Il tutto è reperibile sul web: si vedono operai malmessi, affaticati, sporchi, sudati, comunque solerti e veloci! Anche perché Mussolini in persona – con tanto di basco e di stivali – aveva dato il primo colpo di piccone. Ma poi, con il passare degli anni, o dei decenni, e soprattutto con l’avvento delle tecnologie, il lavoro manuale faticoso – penso, ovviamente, ai Paesi ad alto sviluppo – in effetti è stato ampiamente superato: ed in larghissima misura è stato affidato alle macchine. E l’operaio di oggi in genere è in tuta arancione, con tanto di elmetto e di guanti!

Ma perché questa lunga digressione? La risposta è nelle cose, o meglio sarebbe. Di fatto, oggi avviarsi a studi professionali e/o tecnici non significa più “sporcarsi le mani” e sudare per la fatica fisica! Perché il “lavoro sporco” – se mi è concessa questa espressione – ormai è stato affidato alle macchine ed alla cosiddetta intelligenza artificiale. Maperché è il liceo scientifico quello più gettonato? Semplice, almeno a mio parere: Il classico? Troppe chiacchiere inutili; e poi ci sono pure il latino e il greco: vade retro! Fatica sprecata! Lo scientifico, invece, costituisce quella presunta via di mezzo tra il pensar sottile ed il faticar di braccia: vada quindi per lo scientifico! E, quando, e se, la “vocazione” è questa, viene da chiedersi: scelte simili sono veramente ragionate? Sono coerenti con lo sviluppo del lavoro delle professioni? Ed, al limite, con lo sviluppo stesso di un Paese? Io credo di no. Ma qui entra in gioco – almeno a mio avviso – la questione dell’orientamento, o meglio di un’attività che dovrebbe accompagnare costantemente il lavoro degli insegnanti dei primi otto anni dell’istruzione obbligatoria. E che non si deve ridurre ad un frettoloso giudizio finale formulato per l’alunno. Che in genere è così: se “va bene”, gli viene consigliato il liceo, se “va così così”, il tecnico, se “se la cava soltanto”, il professionale.

Ma qui mi fermo. Perché criticare è facile. Più difficile è orientare; ma soprattutto orientare gli insegnanti ad orientare. Ricordo che, quando ero in servizio – cent’anni fa, poco più poco meno – con la Direzione Generale per la scuola media – oggi non più esistente – organizzavamospesso corsi di aggiornamento – si chiamavano così – per gli insegnanti proprio sull’orientamento, perché venisse inteso come concetto ed attivato come attività pratica parallela a quella dell’insegnamento quotidiano. Oggi non so se su questa tematica esista da parte del MI una particolare attenzione. Ma qui mi taccio. E chi sa, mi risponda!