Il rapporto tra la scuola e il broker

Orientamenti giurisprudenziali e prescrizioni etiche che legittimano il rapporto tra la scuola e il broker

di Anna Armone

L’agire amministrativo si snoda lungo due versanti: quello normativo e quello etico-comportamentale. Tale dualismo riguarda anche il caso del ricorso al broker.

Alla base della relazione tra il broker e le pubbliche amministrazioni c’è l’esigenza da parte dei soggetti pubblici di avvalersi della consulenza e dell’assistenza del broker, innanzitutto per ottenere l’esame e la  pianificazione dei rischi  trasferibili sulle compagnie di assicurazioni, attività sempre più complessa. Ma, indipendentemente dalla struttura organizzativa, è sentita la necessità di affrontare la complessità delle funzioni amministrative di propria competenza in condizioni di sicurezza giuridica, liberandosi dai rischi professionali derivanti dalla complessificazione del quadro normativo. Tali compiti, nella PA e in particolare nella scuola, non possono certo essere svolti dai propri dipendenti per mancanza delle specifiche competenze necessarie sia nella fase precontrattuale che in quella di gestione contrattuale. Infatti, il ruolo del broker non si esaurisce nel supporto alla scelta del contraente, ma si sostanzia anche nell’accompagnamento durante la gestione del sinistro.

La Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza numero 9863 del 15 aprile 2021 sancisce che:

“il broker assicurativo svolge – accanto all’attività imprenditoriale di mediatore di assicurazione e riassicurazione – un’attività di collaborazione intellettuale con l’assicurando nella fase che precede la messa in contatto con l’assicuratore, durante la quale non è equidistante dalle parti, ma agisce per iniziativa dell’assicurando e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali sul mercato, rapportandoli alle esigenze  del cliente, allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui; peraltro, tale attività di collaborazione non investe solo la fase genetica del rapporto, ma consiste anche nell’assistenza durante l’esecuzione e la gestione contrattuale (Sez. 3 – , Sentenza n. 25167 del 11/10/2018)”.

Relativamente alla legittimazione di questa figura essa è spesso contrastata perché interviene ad eliminare, nella fase prenegoziale, quelle relazioni “amicali” o essenzialmente commerciali che, come vedremo, non sono ammissibili. A creare questa “zona grigia” contribuiscono anche i gruppi sociali di appartenenza che non vantano certamente un interesse finanziario, ma tendono alla fidelizzazine dell’iscritto. Il sistema della trasparenza, che include l’importante presupposto della legalità, richiederebbe, da parte di tutti gli attori sociali del sistema pubblico, compresi quelli rappresentativi dei dipendenti pubblici, un comportamento etico e rispettoso delle regole di prevenzione e contrasto alla corruzione.

Come affermato in una vecchia pronuncia del Tribunale di Torino “È ammissibile l’intervento di un “broker” in relazione ai contratti assicurativi della p.a. stipulati all’esito di procedura negoziata, poiché viene devoluto l’incarico di formulare giudizi tecnici sulla estensione e convenienza delle coperture assicurative in ballottaggio, ferma restando la esclusiva e inderogabile competenza finale della p.a. nella valutazione del pubblico interesse e nella assunzione delle consequenziali decisioni” (Trib. Torino, 10.1.1997).

È per tali ragioni che la legittimazione principale deriva, pertanto, dal riconoscimento da parte della giurisprudenza della disparità di posizioni contrattuali tra il soggetto pubblico e la compagnia di assicurazioni nella fase precontrattuale e contrattuale a causa della mancanza di informazioni tecniche e della tendenza da parte delle compagnie a sottoporre all’assicurato condizioni contrattuali unilaterali. Bisogna considerare come la spesa assicurativa di un ente pubblico ha forti implicazioni sulle risorse finanziarie e sull’efficienza del servizio. Anche se nella scuola ha un grande rilievo la contribuzione obbligatoria delle famiglie, ciò rende necessario il ricorso a un professionista in possesso delle competenze specialistiche adatte alla ricognizione dei rischi e all’individuazione delle soluzioni assicurative più adatte. Focalizzare l’interrogativo dell’utilizzo del broker esclusivamente sulla ricaduta della provvigione sulla compagnia assicurativa o sulla famiglia, significa mistificare l’interrogativo e le ragioni della scelta.

Sono, dunque, numerose le sentenze che affermano la legittimità e compatibilità tra la figura del broker e le pubbliche amministrazioni. Una sentenza fra tutte, è quella del TAR Sardegna  del 10 giugno 1999, n. 770 secondo la quale “è del tutto compatibile con la natura dei menzionati contratti e con il sistema pubblicistico di aggiudicazione dei medesimi che l’amministrazione, la quale intenda provvedere alla copertura dei rischi mediante un apposito contratto di assicurazione, si avvalga dell’opera di un professionista esterno che l’assista nella determinazione del contenuto del contratto e collabori poi alla sua gestione ed esecuzione. Gli enti pubblici godono, in quanto soggetti giuridici, di una piena capacità giuridica che, salvo il limite connesso al rispetto dei fini istituzionali, attribuisce loro un’autonomia negoziale di carattere generale, la quale può certamente estrinsecarsi anche nel modulare, secondo quanto ritenuto più conveniente nel pubblico interesse, figure contrattuali tipizzate per legge; pertanto, è legittima la cd. clausola broker, inserita nel bando di gara relativo all’affidamento del servizio di copertura assicurativa degli automezzi di proprietà dell’ente pubblico, secondo cui la gestione del contratto di assicurazione è attribuita ad una società di brokeraggio ai sensi della l. 28 novembre 1984 n. 792”

Di recente la Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 10/01/2023, n. 341 (rv. 666671-02) ha sentenziato che “Il broker assicurativo svolge un’attività di collaborazione intellettuale a favore dell’assicurando nella fase che precede la messa in contatto con l’assicuratore volta ad ottenere, previa analisi dei modelli contrattuali presenti sul mercato, la copertura assicurativa il più possibile aderente alle esigenze del proprio cliente; attività che, non risultando astrattamente incompatibile con le procedure ad evidenza pubblica, può essere legittimamente svolta in favore della P.A. o di un ente pubblico allo scopo di garantirli ed assisterli nella stipula di un contratto di assicurazione. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO ROMA, 19/02/2016).

È peraltro la stessa Corte dei conti che, rispondendo al quesito di un sindaco sulla legittimità di ricorso al broker, definisce il broker “un professionista che assicura al cliente le migliori condizioni possibili ed al quale è legato da un contratto d’opera professionale, inerente a un servizio assicurativo in senso ampio, diverso dall’attività di agenzia che è tipicamente commerciale e a servizio delle compagnie di assicurazione”. Da questa affermazione si evince il vero focus dell’interesse a ricorrere a questa figura professionale, la protezione dell’interesse pubblico all’efficienza ed economicità delle scelte gestionali.

L’agente assicurativo e il broker: le differenze

Andiamo quindi a verificare, incominciando da un parere del Consiglio di Stato, quali sono le differenze fra un Agente di Assicurazione ed un broker assicurativo.

“Il broker assicurativo è un mediatore professionale che organizza una transazione tra un acquirente e un venditore, svolgendo la propria attività su incarico fiduciario del cliente, generalmente allo scopo di reperire sul mercato le soluzioni assicurative rispondenti alle esigenze di coloro che si affidano al suo servizio, remunerato poi alla conclusione dell’affare dalle compagnie di assicurazioni mediante provvigioni commisurate ai premi intermediati”.

In particolare, secondo il Regolamento Isvap n. 5 del 2006 “si intendono per mediatori o broker gli intermediari che agiscono su incarico del cliente e che non hanno poteri di rappresentanza di imprese di assicurazione o di riassicurazione”.

Si individuano, dunque, due diverse figure: quella dell’agente, che agisce quale mandatario di una o più imprese assicurative, e quella del broker che agisce su incarico del cliente.

Fondamentale appare il contenuto del parere n. 576 del 3 marzo 2017 pronunciato dal Consiglio di Stato.

“Dal combinato disposto degli artt. 106, 108 e 109 del CAP si ricava: (i) la definizione di attività di intermediazione assicurativa (“consiste nel presentare o proporre prodotti assicurativi … o nel prestare assistenza o consulenza finalizzate a tale attività e, se previsto dall’incarico intermediativo, nella conclusione dei contratti ovvero nella collaborazione alla gestione … dei contratti stipulati” (art. 106), (ii) che “L’attività di intermediazione assicurativa … è riservata agli iscritti nel registro di cui all’articolo 109” (art. 108), (iii) “Nel registro sono iscritti in sezioni distinte: a) gli agenti di assicurazione, in qualità di intermediari che agiscono in nome e per conto di una o più imprese di assicurazione o di riassicurazione …”; “b) i mediatori di assicurazione o di riassicurazione, altresì denominati broker, in qualità di intermediari che agiscono su incarico del cliente e senza potere di rappresentanza di imprese di assicurazione …”;…..).

L’ANAC, nei documenti di consultazione, ha evidenziato come l’attività dei brokers possa garantire un ausilio fondamentale per le pubbliche amministrazioni nell’attività di riduzione dei rischi e gestione dei contratti assicurativi.

In un contesto generale di profonda complessità come quello attuale – caratterizzato da “policrisi” in atto (pandemica, finanziaria, energetica, geopolitica, ecc..) – anche la Pubblica Amministrazione si trova esposta a un numero crescente e sempre più diversificato di rischi. La difficoltà crescente nel valutare le diverse potenziali situazioni di rischio impone, con sempre maggior frequenza, la necessità di affiancare le Istituzioni con professionalità adeguate a individuare, comprendere, mitigare (ove possibile), trasferire e gestire i rischi rilevati.

La nostra società è in profondo cambiamento, dal punto di vista economico e culturale e la Scuola, in particolare, è il contesto e il luogo dove, prima rispetto ad altri, si manifestano le nuove tendenze. La Scuola, all’interno della P.A. conta un sesto della popolazione nazionale. Negli ultimi decenni è tra i soggetti che hanno subito e attivato la maggiore innovazione, non solo tecnica ma anche strutturale. Le attività “pratiche”, fino all’inizio del secolo circoscritte ai soli istituti professionali, oggi, con l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro e dei PCTO, coinvolgono tutti gli studenti degli istituti superiori.

L’aumento del rischio è tangibile e concreto: prova ne è la recente previsione di legge che dispone l’estensione della copertura assicurativa prestata dall’INAIL. La Pubblica Amministrazione in generale e quella scolastica in particolare non contempla, all’interno della propria organizzazione, la figura professione del risk manager e non ha, come abbiamo già rilevato, personale specializzato a trattare la gestione del rischio sotto il profilo assicurativo. Inoltre, attività gestite direttamente o attraverso il ricorso a soggetti esterni che millantano condizioni favorevoli e mirano ad evitare il ricorso alla figura professionale del broker potrebbero portare a conseguenze personali di responsabilità amministrativa, venendo nel contempo a mancare il dedicato, quanto necessario e competente, supporto professionale.

A differenza degli altri intermediari assicurativi, il Broker opera come consulente diretto del cliente (nel caso di interesse, la stessa Scuola) ed è tenuto a mantenere, anche attraverso opportuni presidi di carattere normativo che ne garantiscono la dovuta trasparenza, una posizione di terzietà rispetto alle compagnie di assicurazione con le quali si trovi ad operare per collocare nel modo più opportuno i rischi rilevati attraverso la propria analisi consulenziale e professionale.

Le migliori soluzioni assicurative possono essere individuate e proposte, infatti, solo dopo l’esame di un consulente specializzato che sia costantemente a conoscenza degli orientamenti delle imprese di assicurazione, tenuto conto delle specifiche esigenze del cliente, e che sia anche in grado di proporre soluzioni assicurative quanto più efficaci, efficienti, trasparenti ed economiche in funzione di quanto il Mercato possa offrire e recepire, giungendo così a una sintesi efficace tra le innumerevoli e diversificate proposte di polizze e di servizi disponibili.

In una seconda fase il Broker collabora alla gestione delle polizze e dei sinistri relativi alle polizze sottoscritte. Allo stesso tempo, l’evoluzione delle complessive esigenze di gestione dei rischi, unitamente ad una crescente necessità di economicità nella gestione degli stessi, ha progressivamente ampliato il ruolo del Broker, valorizzandone sempre più le competenze. Il Broker oggi, dunque, assume sempre più la veste di vero e proprio “consulente aziendale” e può essere chiamato a fornire servizi aggiuntivi anche indipendentemente dalla sottoscrizione delle polizze assicurative, innanzitutto, in chiave di prevenzione dei rischi, ma anche per la gestione di «sinistri» non assicurati e non ricompresi nella copertura.

Cruciale poi non è unicamente l’azione ex-post ma anche la messa in atto di specifiche azioni preventive nell’assicurabilità dei rischi, attività che, peraltro, viene sempre con maggior vigore enfatizzata dalla stessa EiOPA (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali), che ne sottolinea l’importanza anche in un’ottica di sviluppo più diffuso di partnership pubblico-private.

Inoltre, l’importante supporto del Broker può essere acquisito dalla PA per lo più senza ulteriori oneri economici aggiuntivi, giacché la sua remunerazione deriva (in)direttamente dalle imprese di assicurazione con la quale vengono sottoscritte le polizze e tale remunerazione è parte integrante dei “caricamenti” già

In un contesto in continua evoluzione è oltremodo auspicabile che la prevenzione dal verificarsi dei rischi, sia sempre più “centrale” per la PA e, in generale, per tutti i cittadini al fine di mitigare, per quanto possibile le conseguenze economiche e sociali, spesso molto “onerose” che gli eventi dannosi recano con sé. La consulenza di un Broker può fare la differenza nel rendere la Scuola un luogo più “sicuro”, concentrando ogni sforzo sulla cura e la formazione delle generazioni future.

La regolazione comportamentale del dirigente nell’attività negoziale e la previsione dell’intermediario

L’azione amministrativa e gestionale dei dirigenti pubblici ha costituito il punto di partenza per la riforma Brunetta del 2009 che ha avuto come scopo principale la responsabilizzazione dei dirigenti e, di conseguenza, il controllo sulla spesa pubblica. La qualità dei servizi pubblici fa da corollario e da fine comprimario a tutto ciò. Ma è stata la legge 190 del 2012 a definire in modo più organico le azioni di prevenzione e contrasto alla corruzione attraverso l’adozione del concetto di maladministration che va oltre il concetto penalistico delle figure corruttive.  È ovvio che l’ambito privilegiato entro il quale si alimenta la maladministration è costituito dall’attività negoziale. Se pensiamo all’ambito assicurativo, la rete di relazioni extracontrattuali, amicali e commerciali, genera effetti sull’azione negoziale che non corrispondono al dettato normativo comportamentale ed etico. Ne vedremo il richiamo specifico.

Le norme regolative dell’attività negoziale sono già codificate nelle leggi primarie, nei regolamenti ministeriali, nelle norme comunitarie. Ma il legislatore ha (correttamente) ritenuto di intervenire anche a livello etico e comportamentale. Ecco perché il codice di comportamento generale per i dipendenti pubblici e i singoli codici di comportamento richiamato il comportamento specifico da tenere nell’attività negoziale. Ne vedremo degli esempi.

È indubbio che non si sia dato seguito alle raccomandazioni che l’Italia ha ricevuto dal Gruppo di Stati contro la Corruzione del Consiglio d’Europa (c.d. “GRECO”) al termine del V ciclo di valutazione che quest’organismo ha svolto. Il Rapporto da esso adottato il 25 marzo 2024 ha chiesto infatti al nostro Paese di dotarsi di un sistema credibile (efficace) di supervisione e di sanzione dei comportamenti che risultano essere inadempimenti degli obblighi contenuti nei codici di comportamento adottati dai vari enti pubblici. Perseguire questa via contribuirebbe in misura determinante a garantire un ambiente integro nella pubblica amministrazione, ricorrendo appunto a misure di tipo amministrativo e disciplinari.

Pima di illustrare qualche esempio occorre fare un cenno al legame tra il codice di comportamento e il codice disciplinare. Quest’ultimo prevede infrazioni e sanzioni collegati, entrambi, alle prescrizioni del codice di comportamento generale, il d.p.r. 62/2013, e al codice di comportamento specifico dell’amministrazione.

Il sistema scolastico è in questa condizione: solo per il personale ATA e per i dirigenti il CCNL prevede il codice disciplinare, mentre per i docenti siamo all’ennesimo rinvio ad uno specifico accordo contrattuale.

Per tutto il personale vale il Codice di comportamento per i dipendenti pubblici, ma non è previsto alcuno codice specifico.

La norma del Codice di comportamento che richiama il comportamento nell’attività negoziale è l’art. 14:

“Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l’amministrazione abbia deciso di ricorrere all’attività di intermediazione professionale”.

Tra tutti gli esempi di codici specifici che si possono fare, prendiamo la previsione del Codice di comportamento dei dipendenti della Presidenza del consiglio dei Ministri:

Codice di comportamento e di tutela della dignità e dell’etica dei dirigenti e dei dipendenti della PCM

Art. 14 – Contratti e altri atti negoziali e rapporti privati del dipendente

È  fatto divieto al dipendente di concordare incontri, se non nei casi previsti dalle procedure di gara, con i concorrenti, anche potenziali, alle procedure medesime o dare loro appuntamenti informali. Eventuali richieste di chiarimento per procedure di gara, che non attengano ad aspetti meramente formali delle procedure stesse, devono essere formalizzate per iscritto dai soggetti interessati ed i contenuti delle relative risposte, se di interesse generale, vengono resi noti mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’Amministrazione nella medesima sezione ove sono riportati gli atti di avvio della procedura di gara. Nelle risposte a quesiti occorre rispettare la parità di trattamento e garantire uguale accesso alle informazioni da parte di tutti i soggetti potenzialmente interessati a partecipare alla procedura di gara.

Come si nota, sono previsti tutti quei comportamenti prodromici alla fase contrattuale che possono viziare il processo decisionale di un dirigente che dovrebbe esercitare la sua discrezionalità alla luce dei criteri di efficienza e di efficacia che non possono essere asserviti all’interesse commerciale degli interlocutori occasionali. Ecco, dunque, la previsione della massima trasparenza delle relazioni formali e informali che, addirittura, vengono formalizzate e pubblicizzate.

Vediamo la regolazione nel sistema ministeriale dell’istruzione.

Codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dell’istruzione

All’art. Articolo 21 “Contratti, appalti ed altri atti negoziali”, comma 2 riporta “2. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell’Amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto.”  

Tra i destinatari di cui all’art. 2, comma 3, non sono previsti i dirigenti scolastici

Resta l’obbligo, per I dipendenti scolastici, di adempiere all’art. 14 del d.p.r. 62/2013, così come viene richiamato da tutti I PTPCT degli Uffici scolastici regionali per le scuole del proprio territorio. Un esempio per tutti il  PTPCT dell’usr emilia romagna 2025: “Tutti i dipendenti sono tenuti: − alla conoscenza del piano di prevenzione della corruzione a seguito della pubblicazione sul sito istituzionale nonché alla sua osservanza ed altresì a provvedere, per quanto di competenza, alla sua esecuzione; − alla conoscenza ed all’osservanza del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui al DPR n. 62/2013 ed a successive modificazioni normative e regolamentari al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni corruttivi, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità, buona condotta e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico…..”

Quanti dirigenti scolastici ricostruiscono tale percorso di adempimenti, e quanti estendono la conoscenza al personale, in particolare ai Direttori sga?

La regolazione etica per i dirigenti scolastici

CCNL 2016-2018

Per la categoria dei dirigenti scolastici, ad oggi, pertanto, l’unico riferimento è al d.p.r. 62/2013 che prevede la regolazione del comportamento nell’attività negoziale all’art. 14 il quale recita “Contratti ed altri atti negoziali»

1.Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l’amministrazione abbia deciso di ricorrere all’attività di intermediazione professionale”.

All’art. 26 del CCNL 2016 – 2018, titolato “Obblighi del dirigente”-, è previsto che il dirigente osserva il codice di comportamento di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001, nonché lo specifico codice di comportamento adottato dall’amministrazione nella quale presta servizio

Alla luce di queste due prospettive, quella giurisprudenziale e quella (cogente) etica comportamentale, i dirigenti scolastici sono chiamati a garantire la trasparenza e la correttezza dell’azione amministrativa, contrastando quei comportamenti estranei che, anche se non rilevano penalmente, assumono rilievo sanzionatorio per i dirigenti stessi e minano le basi del buon andamento della PA.