da Corriere.it
«Sezioni primavera» senza regole La denuncia del Ministero
Mancato rispetto del rapporto 1 a 10 fra educatore e bambini, esternalizzazione dei servizi. Così si rischia di snaturare la missione delle classi-ponte per la fascia tra i 24 e i 36 mesi. Nel mirino del rapporto soprattutto le scuole paritarie
Valentina Santarpia
Sezioni primavera nel mirino del ministero dell’Istruzione: in una circolare diramata qualche giorno fa, il ministro Maria Chiara Carrozza ha dato una strigliata ai direttori degli uffici scolastici regionali, affinché vigilino sul rispetto dei parametri nelle 1600 classi dedicate ai bambini trai 24 e i 36 mesi, circa 25 mila in tutta Italia. Le criticità sono messe nere su bianco: in primo luogo, il mancato rispetto del rapporto 1 a 10, che prevede appunto che nelle classi “ponte” tra l’asilo nido e la scuola materna ci sia un educatore almeno per ogni 10 bambini. Un rapporto che viene violato in una sezione su quattro, per ammortizzare i costi: “una conclusione preoccupante”, scrive il gruppo di lavoro istituito dal ministero sulle sezioni primavera, visto che “la certezza del rapporto 1:10 deve costituire uno degli obiettivi primari del passaggio a sistema del servizio educativo delle sezioni primavera, quale condizione per assicurarne la qualità”. Altro punto problematico l’iscrizione dei bambini che non compiranno 24 mesi entro il 31 dicembre, come invece prevede il protocollo: una prassi che rende le sezioni ponte facile rifugio dei bambini non ammessi all’asilo nido. Da evitare poi l’esternalizzazione dei servizi, a cui sono ricorse negli ultimi anni centinaia di scuole in deficit di organico. Ma anche il rispetto degli orari massimi e minimi per il funzionamento e la genericità del progetto educativo. Il messaggio suona forte e chiaro: alle sezioni ponte andranno i 12 milioni promessi per quest’anno scolastico, che il ministro punta a far diventare 20 entro il prossimo anno scolastico. Ma la loro funzione non deve essere snaturata.
Le sezioni ponte sono nate nel 2007 come classi sperimentali, destinate ad accogliere i bambini tra i due e i tre anni, che avrebbero compiuto i tre anni nel corso dell’anno scolastico e che quindi sarebbero stati troppo grandi nell’asilo nido e troppo piccoli rispetto ai colleghi della scuola dell’infanzia .Tanto per capirci, un bambino tra i due e i tre anni spesso ha ancora l’abitudine di dormire il pomeriggio: un’opportunità che le sezioni ponte offrono (o dovrebbero offrire), a differenza delle materne che non possono garantire spazi adeguati. Ma quando dalla regia nazionale si è passati all’autonomia regionale, le cose hanno iniziato a complicarsi, come dimostra un monitoraggio sull’anno scolastico 2010-2011. E le sezioni ponte sono diventate, a seconda dei casi, le classi dove piazzare i bambini che non rientravano nelle graduatorie dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia; oppure le facili prede della scuole paritarie, che ospitano la fetta più grossa (60%) delle classi ponte, e che spesso hanno eluso i parametri fissati dall’intesa Stato-Regioni per far quadrare i conti: basta aggiungere un bambino alla classe per avere un contributo statale maggiore, sforando però così i criteri fissati per la sezione ponte, e quindi incidendo sul progetto didattico. L’ideale sarebbe che le sezioni ponte fossero affiancate alle classi comunali e statali: ma le strutture non hanno spazio, e così solo il 20% delle sezioni ponte è ospitato dalle scuole dell’infanzia statali e il 13,4% dalle scuole comunali, mentre un 14,4% viene collocato negli asili nido. Esiste anche un 5% gestito da privati in convenzione con i Comuni.
Ma c’è di più: oltre a queste situazioni “ufficiali”, il monitoraggio ha rilevato, soprattutto a carico di scuole dell’infanzia statali e comunali, altre situazioni di sezioni primavera appaltate ad agenzie esterne (come le cooperative di servizio) , pur rimanendo formalmente in capo alle scuole pubbliche. Si tratta di 250 sezioni, quasi il 18% del totale, collocate soprattutto al Centro Italia (le Marche in prima fila), ma molto diffusa anche al Nord ovest, dove il 70% delle sezioni ponte risulta affidato in gestione a servizi esterni, in Sardegna, Piemonte e Umbria, dove invece sono le sezioni comunali ad essere totalmente affidate all’esterno. Cosa significa? Che, per quanto sia comprensibile che le difficoltà nel reperire educatrici spinga ad appaltare il servizio all’esterno, di fatto appaltare la didattica di queste classi all’esterno è una prassi “non prevista dall’accordo” che “può costituire un elemento critico del nascente sistema educativo – come rileva il monitoraggio – in quanto non consente il controllo effettivo dei requisiti di qualità richiesti dal soggetto titolare del servizio”.
L’anarchia in cui spesso vivono le sezioni ponte emerge anche da tutta un’altra serie di parametri: sezioni con prolungamento dell’orario oltre le nove ore (soprattutto al Nord, dove le donne-mamme in genere lavorano più che al Sud), bambini troppo piccoli o troppo grandi rispetto ai criteri, contratti per il personale diversi da una regione all’altra, orari di servizio e rapporti di lavoro stabiliti di volta in volta senza criteri specifici, persino titoli di studio e retribuzioni differenti: per fare un esempio, mentre i laureati sono presenti soprattutto nelle scuole statali, più del 55% del personale in servizio nelle scuole paritarie possiede il diploma di istituto magistrale o scuola magistrale. Persino l’organizzazione del servizio cambia, in base alla collocazione geografica: le sezioni del Nord funzionano cinque giorni a settimana, quelle del Sud sei. E anche le rette possono essere totalmente diverse: nel 5% delle classi (concentrate tra Basilicata, Sicilia, Campania e Molise) non si paga niente, nel 10% il contributo è minore di 50 euro, mentre la media nazionale oscilla tra i 195 e i 134 euro al mese. Ma è evidente, rileva la task force tecnica del Miur, che minori entrate significano qualità peggiore e personale mal retribuito e scontento. La vivibilità delle sezioni primavera deriva anche dagli spazi, che risultano molto differenziati: se quasi sette sezioni su dieci dispongono di bagni dedicati, nelle Isole questo avviene nella metà dei casi. Se due terzi delle classi “ponte” hanno locali ad hoc per il cambio dei bambini, nelle Isole succede nel 53% dei casi. E solo due scuole su tre hanno aree dove far riposare i bambini, mentre tre su quattro dispongono di spazi specifici per il gioco. E poi, ci sono le lunghe liste di attesa, soprattutto nelle regioni meridionali: “una spia- sottolinea il rapporto finale del monitoraggio – di una situazione di mancanza di servizi per la prima infanzia sul territorio (asili nido, altre sezioni primavera, scuole dell’infanzia)”.
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