Buona scuola, cattiva maestra

Buona scuola, cattiva maestra

di Giovanni Fioravanti

 

Capisco che bisogna governare, capisco che la scuola è un malato grave, che non c’è tempo per spremere le meningi ed è molto più facile copiare dal nostro vicino di banco, in questo caso gli USA.

Le sorprese scolastiche di Renzi altro non sono che la fotocopia, adattata a casa nostra, del programma, non poco sofferto, dei democratici d’oltre oceano con la benedizione di Obama.

Non quello del 2002, quando la riforma della scuola guadagnò una indiscutibile influenza con l’approvazione della legge federale, No Child Left Behind Act (NCLB). Ma i risultati, poi, non furono quelli attesi, anzi, assai deludenti. I test scolastici nazionali dimostrarono impietosamente che molti studenti, specialmente quelli delle minoranze etniche nei centri urbani, non raggiungevano le competenze attese in lingua e aritmetica, mentre un nuovo tipo di scuola, la charter school, stava cominciando a competere con la scuola pubblica tradizionale.

Il programma di Renzi con lo zuccherino della prospettiva di circa 200.000 assunzioni, di soli docenti, entro il 2019, sembra studiato apposta per evitare il contraccolpo dei sindacati all’inequivocabile introduzione del “merit pay”, salario di merito.

Forse è bene ricordare, a chi non ha letto Teachers Versus Public, pubblicato a Washington dal Brookings Institution Press nel 2014, cosa potrebbe succedere anche nel nostro paese.

Nel settembre del 2012 gli insegnanti di Chicago hanno costretto a chiudere le scuole della città per sette giorni e più, le loro rivendicazioni andavano ben al di là del solito. Oltre all’aumento di stipendio la CTU, Chicago Teachers Union, protestava contro l’introduzione della giornata scolastica più lunga, la valutazione degli insegnanti basata sui punteggi degli studenti ai test, contro la retribuzione di merito, e la creazione delle charter school (i dirigenti e gli insegnanti del CTU avevano letto Shock Doctrine di Naomi Klein, una denuncia della privatizzazione del pubblico in tutto il mondo).

Quello del reclutamento e della formazione degli insegnanti è comunque la prima delle emergenze della scuola italiana, che nulla toglie a quanti in tutti questi anni hanno continuato a formarsi a costo di sacrifici personali e, per i quali, si dovrà prevedere pure una forma di riconoscimento.

Chi lavora nella scuola sa benissimo, senza infingimenti, che gli insegnanti variano ampiamente nella loro efficacia nel determinare i risultati degli studenti, per cui occorre considerare con attenzione il ruolo critico che giocano reclutamento, assunzione in ruolo e retribuzione per il successo formativo degli studenti. È per questo che oggi in tutto il mondo le politiche dell’occupazione degli insegnanti sono sempre più sotto controllo, in particolare la loro formazione.

Del resto è difficile negare che il mantenimento della retribuzione basata esclusivamente sull’anzianità finisce per proteggere il lavoro degli insegnanti inefficaci e pone l’interesse della categoria al di sopra di quello degli studenti, oltre ad andare a scapito dei tanti docenti validi e fortemente motivati.

Bene, dunque, “la buona scuola” muove da “buoni insegnanti”, incentivati professionalmente dal merito. Non è mai troppo tardi. Nessuno di noi si farebbe curare da un medico inesperto e professionalmente non aggiornato. A scuola invece sì. Tanto la scuola non ammazza.

È proprio qui che si insinua il tarlo di una domanda elementare, viene cioè da chiedersi che differenza ci sia tra le proclamate riforme della scuola dei governi precedenti e questa “La buona scuola” del governo Renzi. Questo titolo tra il target e lo slogan, dovrebbe essere rassicurante, ispirare fiducia e ottimismo.

Invece, confesso, che appeno letto sono stato percorso da un brivido nella schiena. Un po’ perché foneticamente troppo parente con “Il buono scuola”, in questo caso una sorta di tagliando di revisione della macchina “sistema scolastico”, ma soprattutto, ciò che inquieta è la lunga ombra di decenni di “cattiva scuola” che il faro della buona scuola produce intorno a sé. È come quello che ti dice «quel bambino è buono, l’altro invece è cattivo» poi, se mai, nella realtà si rivela tutto il contrario. È come un buon piatto, non è detto che tale sia per tutti. D’altra parte per i nostri vecchi era buona la scuola dei loro tempi.

Il fatto è che dentro agli aggettivi qualificativi, buono, cattivo, ci sta tutto e il contrario di tutto.

E allora riflettendo sullo stato della nostra scuola, la “buona scuola” dà l’impressione di essere ferma all’infanzia dei pensieri, se si riflette sulla ben più complessa portata del discorso formativo oggi.

Il profilo della buona scuola tracciato dal governo pare i disegni della settimana enigmistica, quelli che unisci con linee i diversi punti e ti viene fuori una figura. Sono dodici i punti segnati dal governo da unire per avere una buona scuola.

Però tra questi punti non ci sono né i bambini né gli studenti. È possibile che ci sia una buona scuola che non muova prima di tutto da loro? No, loro non sono considerati, si prendano il piatto che gli adulti gli confezionano. Eppure si citano come padri della patria educativa Maria Montessori, Don Bosco, Don Milani, perfino Loris Malaguzzi. Non mi pare che la loro preoccupazione prima fosse la scuola, ma i ragazzi! Anzi con la scuola ce l’avevano su tanto!

Allora viene il sospetto che si voglia impastare un pane nuovo con la farina vecchia. Ed è così a leggere attentamente, dall’immissione in ruolo dei docenti a quello che fino ad ora, sulla carta, sarebbe stato possibile praticare, dall’organico funzionale ai rapporti con il territorio, all’apertura delle scuole, ma non si è fatto per mancanza di risorse e di personale, non per colpe di una generica cattiva scuola, ma per responsabilità precise di una cattiva politica e di cattivi governi.

Ora, è difficile allontanare il dubbio che la necessità di sistemare il personale prevarichi ogni riflessione vera sullo stato della scuola italiana, sulla pesantezza dei suoi curricoli, sul fatto che tutto si debba apprendere a scuola. Slogan come “cultura in corpore sano” usati nel 2014, sono per lo meno irritanti, oltre che fuori luogo. Dite piuttosto che avete bisogno di sistemare gli insegnanti di scienze motorie, l’integrazione tra scuola e territorio si fa riconoscendo che a scuola non può essere fatto tutto e che gli apprendimenti possono essere conseguiti nelle strutture e nelle istituzioni che agiscono con competenza nel suo contesto ambientale, è sufficiente dare loro dignità riconoscendoli come crediti. La scuola buona oggi è quella che è capace di pensare un sistema formativo integrato al servizio del diritto allo studio delle persone, di superare le classi, i voti, gli orari rigidi e le bocciature.

Ancora una volta non si tratta di scuola buona, ma di scuola ben fatta, capace di portare a compimento questa rivoluzione, che Montessori, Don Bosco, Don Milani e Loris Malaguzzi hanno a loro tempo praticato.

È un capitolo questo che ancora attendiamo venga scritto. La buona scuola potrebbe esserne la premessa, solo questo di tante speranze oggi ci resta. Diversamente anche questa buona scuola sarà una cattiva maestra.

 

Metodo

METODO di Umberto Tenuta

CANTO 249 METODO di insegnamento o di apprendimento?

Insegnare, non come LEZIONE (lectio, lettura), ma come traduzione in segni (offerta di segni per apprendere).

 

Nel Canto 248, ed in molti altri Canti precedenti, mi sono soffermato sull’importanza del Metodo, metodo per apprendere, e non per insegnare.

<<Non si è mai insegnanti! Nessuno insegna, per fortuna degli esseri umani! Ci sono maestri, ma non insegnanti: gli esseri umani non sono insegnati, come le lavagne di ardesia e le LIM.

Gli esseri umani apprendono utilizzando gli stimoli che vengono loro dal mondo interiore ed esterno>> (autocitazione).

Anche nella lezione espositiva, il docente non fa altro che offrire segni orali e grafici, quali quelli sulle LIM, sulle lavagne di ardesia e sui libri, segni che gli studenti debbono utilizzare per fare le loro scoperte, le loro invenzioni, le loro costruzioni di nuove conoscenze.

Abbandonata la presunzione che le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti possano essere incisi, impressi, stampati nelle menti degli studenti, come sulle lavagne, e preso atto che ogni nuovo sapere, saper fare, saper essere è sempre il frutto di un’attività del soggetto, consegue che lo studente non può essere passivo recettore dei messaggi inviati dal docente, ma deve impegnarsi personalmente a fare le sue scoperte, riscoperte, invenzioni, ricostruzioni dei saperi.

Egli deve essere attivo, non passivo.

Ma qualsiasi attività, quale che sia questa attività, richiede che il soggetto sia motivato a farla.

Nessuno agisce se non è mosso da un amore.

<<Ogni essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore>>[1].

Anche alla punizione il soggetto reagisce mosso dall’amore di sé che lo porta a fare tutto ciò che non lo danneggi.

Se gli studenti debbono essere costruttori dei propri saperi, essi debbono essere motivati.

Motivare gli alunni, questo è il primo e più importante compito dei docenti.

Agli svogliati date uno scopo (DON MILANI).

Motivare gli alunni, i singoli alunni, compito immane, ma ineludibile.

Puoi portare il cavallo alla fonte e fischiare quanto vuoi, ma se il cavallo non vuole bere non beve (FREINET).

Per fortuna dei docenti, e di ogni figlio di donna, la migliore motivazione è l’innata curiosità umana[2].

Una volta motivati, gli studenti si impegnano nella ricerca, nella scoperta, nell’invenzione, nella costruzione delle conoscenze.

<<Vi è un doppio modo di acquistare la scienza: uno quando la ragione naturale da se stessa giunge alla conoscenza di cose ignote, e questo modo si chiama invenzione; l’altro quando la ragione naturale viene aiutata da qualcuno dall’esterno, e questa maniera si chiama dottrina (insegnamento). In ciò in vero che viene prodotto dalla natura e dall’arte, l’arte procede allo stesso modo e con gli stessi mezzi che la natura. Come infatti la natura guarirebbe riscaldando chi soffre di frigidezza, così fa pure il medico; per cui si dice che l’arte imita la natura. Il simile accade anche nell’acquisto della scienza: il docente cioè conduce altri alla scienza di cose ignote allo stesso modo che uno, scoprendo, conduce se stesso alla conoscenza di ciò che ignora>>[3].

Il che, in soldoni, significa che, una volta motivati gli studenti, il docente, anziché impancarsi a fare belle lezioni, deve creare le situazioni nelle quali gli alunni possano fare le scoperte dei saperi desiderati.

metodoAd esempio, volendo far acquisire i concetti di QUADRATI e di CERCHI, si offrono agli alunni oggetti di forma quadrata e di forma circolare, con l’invito a collocare i singoli oggetti nello scatola della stessa forma.

Ovviamente, il prerequisito è la conoscenza del concetto di FORMA, distinto da quello di COLORE, di SPESSORE ecc.

Gli oggetti sono il materiale che il docente deve mettere a disposizione degli alunni.

Gli oggetti saranno prima oggetti concreti, poi iconici, infine simbolici.

Tra gli oggetti concreti e gli oggetti iconici si pongono gli oggetti virtuali dei quali abbiamo già parlato.

Importante è sottolineare che sono gli alunni ad operare i materiali appropriati.

Non è il docente che insegna che cosa sono i QUADRATI e i CERCHI, ma sono gli alunni che costruiscono questi concetti, ai quali viene dato il nome QUADRATI ed il nome CERCHI.

Questo semplice esempio evidenzia l’importanza degli strumenti didattici da mettere a disposizione degli alunni, perchè essi possano costruire i concetti, lavorando in gruppi e con la guida discreta dei docenti.

Il metodo della RISCOPERTA/RICOSTRUZIONE dei concetti sostituisce il metodo delle LEZIONE.

PROBLEM SOLVING e COOPERATIVE LEARNING sono i metodi da privilegiare nella BUONA SCUOLA.

È appena il caso di evidenziare che, attraverso questo metodo, gli studenti acquisiscono, non solo SAPERI, ma anche ABILITà e ATTEGGIAMENTI, dei quali abbiamo parlato altrove.

Ciò che ci importa evidenziare è che una effettiva riforma della scuola consiste prima di tutto e soprattutto nel privilegiare il metodo della ricerca/riscoperta/reinvenzione/ricostruzione, che deve sostituire quanto più possibile il metodo della LEZIONE.

La BUONA SCUOLA di questo non parla, non parla affatto.

E, perciò, non è, né una RIFORMA, né una BUONA SCUOLA.
 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in: http://www.edscuola.it/dida.html

 

[1] Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102.

[2] HODKIN R.A., La curiosità innata – Nuove prospettive dell’educazione, Armando, Roma, 1978.

Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102

[3] TOMMASO D’AQUINO (a cura di M. Casotti), De magistro, La scuola, Brescia, 1957, p 28

M. Klam, Questioni delicate che ho affrontato dall’analista

Ricchi d’America

di Antonio Stanca

klamQuando, nel 2000, fu pubblicata negli Stati Uniti la raccolta di racconti Sam the Cat and Other Stories l’autore, Matthew Klam, aveva trentasei anni, era la sua prima opera e dalla famosa rivista “The New Yorker” fu segnalato tra i venti migliori scrittori americani con meno di quarant’anni. In Italia il libro comparve nel 2002 per i tipi della casa editrice minimum fax di Roma e col titolo Questioni delicate che ho affrontato dall’analista. E’ il libro che di recente è stato ristampato per la serie “Coast to Coast” (Autori americani contemporanei) promossa da “Il Sole 24 ORE”.   La traduzione è stata di Matteo Colombo.

Klam è nato nel 1964, ha cinquant’anni, è di origine ebrea, si è laureato presso l’Università del New Hampshire, vive a Washington, scrive racconti e saggi, insegna alla Johns Hapkins University e conduce il programma MFA presso Stony Brook Southampton. Collabora con importanti riviste dove compaiono spesso i suoi racconti. Molti sono i riconoscimenti ottenuti per questi, molti i premi. Tra gli altri i prestigiosi O. Henry Award e Whiting Award per la suddetta raccolta. Molto atteso è un suo romanzo di prossima pubblicazione. Si può dire che da quando, nel 2000, Klam si è fatto conoscere come scrittore di racconti il successo è stato continuo, ininterrotto anche se non sono mancate voci discordanti, critiche.

I temi che lo scrittore tratta nelle sue brevi storie sono legati all’atmosfera, alla situazione sociale che ormai si sono definite in America e che hanno portato ad inseguire certi modelli di vita, a cercare, cioè, a desiderare la ricchezza, il lusso, lo sfarzo più di ogni altra cosa anche se per raggiungere, ottenere posizioni sempre migliori, per diventare sempre più ricchi, per partecipare di quanto avviene in alto, nei palazzi del potere, non si bada più a chi sta vicino, non si curano più i rapporti con la famiglia, la moglie, i figli, i parenti, non si sta attenti a quei particolari della vita di ogni giorno che servono per ordinarla, per farla scorrere senza problemi. Confusi, disorientati si ritrovano, perciò, col tempo “i cercatori d’oro“, perché soli generalmente rimangono senza i riferimenti a quelle persone, a quelle cose che aiutano a riconoscersi ed a riconoscere il proprio ambiente. Di conseguenza è la donna ad emergere da questa crisi dell’uomo, è lei che diventa la protagonista di quella vita che a lui sfugge, è lei che mostra capacità non solo intellettuali ma anche fisiche. E’ bastato dire, nei racconti, di donne decise, sessualmente esperte perché Klam fosse accusato di misoginia, è bastata l’ironia usata per mostrare certe situazioni perché gli fosse attribuito del sarcasmo, fosse incolpato di essere un sovversivo mentre i suoi sono soltanto dei rilievi circa quanto effettivamente succede in America, la sua è soltanto una polemica contro i costumi diffusi, è il proposito di estendere la loro conoscenza tramite la scrittura e soprattutto tramite un linguaggio capace di adattarsi ad ogni situazione, di riuscire sempre chiaro, scorrevole, di essere ironico al fine di evidenziare alcuni momenti, trasformarli in colpi di scena e giungere meglio al lettore, coinvolgerlo di più. Storie di vita sono i suoi rilievi, quelle dei suoi racconti, storie che Klam rappresenta nella loro realtà, nella loro verità senza mai diventare complicato, difficile nell’esposizione e portando chi legge a cogliere i significati che egli si propone. Unico può essere definito Klam per questo suo stile tanto semplice e tanto impegnato nello stesso tempo.

Così succede pure in Questioni delicate che ho affrontato dall’analista. In quest’opera d’esordio Klam aveva mostrato quelli che sarebbero sempre stati i suoi temi, i suoi intenti e i suoi modi per trasformarli in scrittura. L’opera contiene la prima galleria di quei personaggi che sarebbero diventati tipici, emblematici della narrativa del Klam, di quelle figure di americani che per inseguire le loro aspirazioni, le loro ambizioni, per ottenere sempre di più hanno perso quello che era loro e tormentati sono dal pensiero di non poterlo più recuperare. Dal Sam del primo racconto, che pur essendo stato con tante donne è ancora alla ricerca del vero amore e che finisce col frequentarsi con un omosessuale, al Vincent del secondo che trascorre un week-end da favola presso la casa del ricchissimo fratello Dave e che poi scopre quanto questo sia afflitto dal pensiero della propria impotenza e dall’incessante desiderio della moglie di avere un figlio, al protagonista del sesto che, invitato alla festa di nozze di un amico miliardario, si lascia andare in un lungo, interminabile discorso solitario durante il quale svela come diventi difficile, complicata la vita di chi è ricco, come i ricchi vengano rovinati nel loro intimo, come giungano a perdere ogni spontaneità, ogni sincerità nei rapporti, negli scambi e ad agire sempre secondo le regole del guadagno, come infelice sia generalmente l’uomo ricco compreso l’amico che si sta sposando e al quale rivolge l’accusa di aver voluto arricchirsi sacrificando gli aspetti più naturali della sua personalità. L’episodio sorprende, scandalizza i numerosi convenuti ma si rivela il manifesto di quanto lo scrittore persegue, la sua denuncia di cosa si cela dietro le apparenze, di ciò che si perde per diventare ricchi e di come siano dolorose, drammatiche simili perdite. E’ questo il significato che emerge dai racconti, il messaggio che Klam vuole trasmettere, il motivo che lo ha reso celebre e che continua ad arrecargli successo.

Libri scolastici, come risparmiare usando internet: da Facebook ai siti specializzati

da Il Fatto Quotidiano

Libri scolastici, come risparmiare usando internet: da Facebook ai siti specializzati

Sul web l’antidoto 2.0 al salasso dell’aumento dei prezzi dei volumi scolastici. Una volta si faceva la fila al mercatino del libro usato o alle bancarelle gestite da studenti, oggi si fa tutto online, bastano la foto di una copertina e pochi clic per risparmiare più del 50% sul prezzo di copertina

 Il problema del caro-libri scolastici si ripresenta puntuale ogni anno: che si tratti di nuove edizioni o dizionari di latino, i genitori si trovano a dover fronteggiare una spesa spropositata. Eppure per risparmiare basta seguire qualche accorgimento e sfruttare le potenzialità del web e dei social network. Spesso, infatti, le nuove edizioni dei testi sono pressoché identiche a quelle precedenti e l’acquisto di un libro usato può rivelarsi la scelta più azzeccata.

Siti web: da Yebud a Libraccio, il risparmio online – I portali che permettono di mettere in vendita i propri libri e di acquistarli a prezzi inferiori sono sempre più numerosi. Il sito Comprovendolibri.it, ad esempio, offre un servizio gratuito e senza intermediari per lo scambio e la compravendita di libri usati. Attraverso il motore di ricerca, infatti, è possibile trovare i testi di cui si ha bisogno, mentre per venderli basta registrarsi al portale e creare una lista personale di titoli di cui ci si vuole disfare. Stessa filosofia seguita da Libraccio, piattaforma che permette di acquistare testi scolastici nuovi a prezzi più bassi e libri usati con sconti fino al 55%. Inoltre, grazie alla sezione ‘Libri scolastici nuovi e usati’, si può accedere facilmente ai titoli scelti dai docenti della propria classe. Con pochi clic, infine, è possibile comprarli e riceverli direttamente a casa. La community Yebud è un altro metodo alternativo per evitare le lunghe file nelle librerie e risparmiare un po’. Dopo la registrazione sul portale, infatti, può partire la ricerca dei manuali usati e, a propria volta, si può guadagnare qualche soldo mettendo in vendita i testi che non si usano più.

Green Books Club Italia, la piattaforma che punta al riutilizzo dei libri – Oltre alle community e ai siti più conosciuti non mancano le idee alternative, come quella proposta da Antonio Di Lauro e Giacomo Imperatori, che alla fine del 2012 hanno deciso di dar vita a Green Books Club, piattaforma di compravendita dei libri senza scopo di lucro, che lavora in accordo con una rete di scuole in Italia e in Spagna. “Il progetto, che non prevede alcun tipo di intermediazione, è ispirato al risparmio, alla collaborazione sociale e alla sostenibilità”, racconta Antonio Di Lauro a ilfattoquotidiano.it, “in poco tempo siamo passati dall’accordo con tre scuole della provincia di Monza e Brianza a una collaborazione con nove scuole tra Monza e Lecco e altre quattro nell’area di Barcellona”. Il sito, infatti, è stato progettato anche in spagnolo e catalano, per diffondere la cultura del libro usato anche nel paese iberico, dove lavora e risiede l’altro socio fondatore. Al momento il progetto conta 2000 iscritti tra Italia e Spagna, ma è destinato ad allargarsi: “Ultimamente abbiamo avuto richieste da parte di scuole nelle zone di Ferrara e Napoli, che entreranno nel network a partire dal prossimo anno scolastico”, conclude Di Lauro.

Anche i mercatini dell’usato scelgono il web – Travolti dall’avvento dei portali online, anche i tradizionali banchi dell’usato all’aperto si sono dovuti adeguare alle nuove regole del mercato. E’ il caso dell’Associazione Librai Lungotevere Oberdan, che da decenni permette agli studenti romani di acquistare libri usati a prezzi vantaggiosi e di vendere quelli degli anni scolastici precedenti. La maggior parte dei banchi, infatti, ha attivato anche il servizio di prenotazione online che, al pari delle altre piattaforme, consente agli studenti di accedere alla propria lista di titoli e di ordinarli con pochi clic.

Facebook e forum: comunicazione senza intermediari – Ai tempi dei social network il passaparola sembra ormai superato, soppiantato da una comunicazione più pratica e veloce. Su Facebook, ad esempio, sono presenti numerosi gruppi per la compravendita di libri in base al proprio liceo di appartenenza. E per mettere in vendita i manuali non è nemmeno necessario fare l’elenco con autore e editore, basta scattare una foto e postarla sul gruppo. Un commento in bacheca e l’accordo è fatto. Si tratta di un metodo già sperimentato con successo da numerose facoltà universitarie, ora seguito anche dai licei. Per vendere i testi dei precedenti anni scolastici vengono in soccorso anche i forum degli studenti, che permettono di pubblicare annunci e richieste, ma gran parte del loro servizio sembra destinato a essere rimpiazzato dalla maggiore attrattiva esercitata dai social network.

Scuola, un anno sui banchi di un istituto statale può costare fino a 2mila euro

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, un anno sui banchi di un istituto statale può costare fino a 2mila euro

Non solo libri, zaini, quaderni e vocabolari. Fra trasporti e mense la scuola pubblica costa sempre di più, senza contare viaggi d’istruzione, computer e progetti extracurricolari. Per iniziare un nuovo ciclo di istruzione le famiglie devono sobbarcarsi costi notevoli che ammontano a ben più di 80 euro al mese.

300 euro in libri, almeno altrettanti tra cancelleria e attrezzature per un totale di 650 euro. Tanto costa mandare un ragazzino in una prima media statale. Più o meno la cifra è la stessa anche per affrontare una prima liceo, una prima di un istituto tecnico, un po’ meno per la prima di una scuola professionale. Se poi si contano i “contributi volontari”, le spese di trasporto e quelle per la mensa, in alcuni casi il costo annuale sale fino a superare i 2 mila euro, con differenze sostanziali tra comune e comune, città e provincia.

LA PROVA DEL FATTOQUOTIDIANO.IT
Abbiamo simulato l’acquisto di una serie di corredi completi per scuole pubbliche di diverso ordine e grado, il tutto stando comodamente e rigorosamente seduti davanti al pc. Oggi in rete si trova di tutto, dalla gomma al libro di testo, dallo zaino al vocabolario e si riceve tutto all’indirizzo di casa, risparmiando tempo e tensione. Oltre ai grandi portali generalisti (come Amazon) e alle librerie specializzate (il Libraccio, Ibs), la rete offre decine di cartolerie. Tra i vari siti esistono differenze di prezzo dettate principalmente dalle scontistiche, dai costi di spedizione e dalle quantità minime ordinabili. Anche se le differenze spesso non sono significative, vale comunque la pena fare un clic in più per verificare chi propone la lista della spesa a prezzo più contenuto.

LA PRIMA ELEMENTARE
E’ il meno costoso degli esordi scolastici. I libri di testo sono forniti gratuitamente alle famiglie come previsto dalla legge. Gli unici costi sono quelli delle attrezzature (zaino, grembiule, ecc) e della cancelleria. Abbiamo contato una fornitura standard che comprende una cartella (50 euro), un astuccio (20 euro), un kit di penne cancellabili (blu, rossa e verde) con relative ricariche per tutto l’anno (58 euro), 24 pennarelli e 24 pastelli colorati (20 euro), quadernoni a righe e a quadretti con relative copertine (24 euro), forbice a punta arrotondata, gomma e matita (3 euro) un grembiule (15 euro) e una fornitura annuale di colle stik (20 euro). Il tutto per un totale di 210 euro. Ovviamente abbiamo fatto conto di dover acquistare tutto e subito, senza contare su provvidenziali lasciti di fratelli maggiori, cugini o amichetti.

LA PRIMA MEDIA
Nella nostra simulazione abbiamo acquistato il materiale consigliato dai docenti di una prima media di un paese lombardo, considerando di dover acquistare tutto il necessario. La lista è lunga, assomiglia a quelle proposte da tutte le altre scuole secondarie di primo grado in Italia, si compone di 13 libri di testo, 3 vocabolari (italiano, inglese e seconda lingua straniera), uno zaino (di marca), due astucci a tasca (uno è troppo piccolo per contenere tutto il necessario), una valigetta rigida per il materiale di arte e di educazione tecnica, riga, righello, squadre grandi e piccole, album da disegno, quaderni, fogli e raccoglitori ad anelli per ciascuna materia, gomme, colle, matite (HB e 2H), penne nere, blu e rosse, compasso, calcolatrice, temperino, diario, forbice, flauto, 24 pastelli colorati e 24 pennarelli. Il conto alla fine somma a 650 euro, centesimo più centesimo meno. La spesa è così ripartita: 270-300 euro per i libri di testo, 180-200 euro per la cancelleria, 160-180 euro per zaino, diario, astuccio, vocabolari e cartellette. Una spesa, quest’ultima, che viene affrontata una sola volta per ogni ciclo scolastico. In questo modo l’investimento per affrontare la seconda e la terza media risulta infatti inferiore.

LA PRIMA SUPERIORE
Anche se si potrebbe pensare ad un’impennata dei prezzi per le scuole superiori, il costo dei libri per una prima (liceo o istituto tecnico) si aggira sempre attorno ai 330 euro, qualcosa in meno per l’istituto professionale (260 euro il costo medio rilevato). I costi per la cancelleria e le attrezzature sono diversamente distribuiti a seconda del tipo di scuola, ma la cifra prevista per un approvvigionamento annuale assomiglia a quella prevista per le scuole medie.

CARO LIBRI, LEGGE IGNORATA
Il costo dei libri di testo viene regolato per legge. Di anno in anno il ministero dell’Istruzione fissa delle linee guida cui i consigli di classe devono attenersi prima di completare l’elenco dei libri da acquistare. Ma non sempre il tetto fissato per legge viene rispettato. Per l’anno scolastico 2014/2015 il limite di spesa definito per le classi prime della scuola secondaria di primo grado, quelli delle prime e delle terze della scuola secondaria di secondo grado è stato ridotto del 10% rispetto ai tetti fissati per l’anno scolastico 2012/2013. Quindi per la prima media il tetto passa (o dovrebbe passare) dai 294 euro a 264,60. Per una prima liceo il limite di legge passa da 320 a 288 euro, per un istituto tecnico da 304 a 273,60 e per un istituto professionale da 274 a 246,60. Va detto che i consigli di classe possono sforare il tetto del 10% motivando la scelta dei testi con una relazione dettagliata.

La realtà dei fatti racconta di spese spesso superiori. Se per i licei con la nostra simulazione abbiamo verificato un sostanziale rispetto delle indicazioni ministeriali (si spendono mediamente 320 euro a Milano, 295 a Roma, 290 a Palermo), è negli istituti tecnici che si ‘sgarra’ maggiormente. Negli istituti per il turismo, ad esempio, le regole si rispettano solo a Milano, dove si spendono 302 euro, mentre a Roma e Palermo il conto della libreria ammonta a 350 e 377 euro. Stessa questione per un istituto professionale: 234 euro a Milano, 288 a Roma e 329 a Palermo.

COSTI ACCESSORI
Ai costi dei libri e delle attrezzature vanno spesso aggiunti i contributi volontari, che tanto volontari non sono. Un numero crescente di scuole chiedono alle famiglie un contributo ad inizio anno per affrontare le spese di cancelleria e rimpinguare i bilanci sempre più magri. Soldi che si pagano assieme all’assicurazione o alle tasse scolastiche. Si va da pochi euro fino a diverse decine (nei casi delle scuole primarie e secondarie di primo grado), anche oltre 150 euro per un istituto superiore o un liceo. Difficile fare una mappa dettagliata di questi costi perché vengono gestiti direttamente dalle segreterie degli istituti. Al conteggio vanno poi aggiunti i costi delle gite di istruzione e progetti extracurricolari che sempre più spesso non riescono ad essere coperti dai piani per il diritto allo studio, soprattutto nei piccoli comuni. Fuori dal paniere de ilfattoquotidiano.it anche l’acquisto di un computer (che viene caldeggiato da un numero crescente di insegnanti già alle scuole medie) e di un paio di scarpe da ginnastica (dedicate alle lezioni di educazione motoria).

TRASPORTI
Per chi non vive a due passi dalla scuola e non ha la fortuna di poter tornare a pranzo a casa, bisogna considerare anche i costi del trasporto e della refezione scolastica. Anche in questo caso i prezzi cambiano di molto da nord a sud e tra città e provincia. L’abbonamento per il trasporto urbano prevede tariffe agevolate per studenti. A Milano Atm propone l’abbonamento annuale a 200 euro e il mensile a 22 euro. A Roma l’abbonamento studenti annuale dell’Atac varia da 130 e 150 euro a seconda del reddito familiare, 18 euro il mensile. L’Amat di Palermo propone un abbonamento annuale a 150 euro e un mensile a 15 euro. Costa decisamente di più viaggiare in aree extraurbane. In provincia spesso per raggiungere scuole medie e superiori bisogna spostarsi nei comuni limitrofi. Alcune regioni propongono soluzioni di trasporto integrato con abbonamenti validi sull’intero territorio provinciale (da 72 a 83 euro mensili in Lombardia), altre regioni propongono forti sconti per giovani under 30 e famiglie disagiate (sconti che vanno dal 50% al 90% nel Lazio, con abbonamenti mensili da 24,50 a 108 euro a seconda delle distanze coperte)

MENSE SCOLASTICHE
Prezzi e tariffe variano da comune a comune, a seconda del gestore del servizio, del tipo di appalto e della frequenza. Alcuni comuni propongono una soluzione ‘a consumo‘ con l’utilizzo di tessere ricaricabili con tariffe variabili a seconda del reddito familiare. Alcuni comuni prevedono anche fasce di esenzione totale, oltre a sconti alle famiglie per il secondo e il terzo figlio o tariffe agevolate per situazioni particolari. Così il prezzo del singolo buono pasto varia da 50 centesimi a 6 euro. A Milano i costi sono divisi per fasce di reddito, con esenzione totale con Isee inferiore a 2000 euro e si va dai 240 ai 680 euro annui. A Roma si arriva alla stessa cifra considerando che le tariffe per le mense comunali vanno da 30 a 80 euro al mese a seconda delle fasce Isee, con una fascia di esenzione totale più ampia: non si paga sotto i 5165 euro di reddito Isee. A Palermo non c’è esenzione, la tariffa per chi dichiara redditi Isee inferiori a 5 mila euro è di 10 euro per 20 pasti, mentre la tariffa massima è di 145 euro per 20 pasti.

Sostegno a scuola: ecco la proposta di legge

da la Repubblica

Sostegno a scuola: ecco la proposta di legge

Per gli insegnanti di sostegno lasciati soli nel loro lavoro a scuola, e per i ragazzi che devono essere sostenuti, ora c’è una proposta di legge organica. Vuole aggiornare la storica legge quadro del 1992

Corrado Zunino

Per gli insegnanti di sostegno lasciati soli nel loro lavoro a scuola, e per i ragazzi che devono essere sostenuti, ora c’è una proposta di legge organica. Vuole aggiornare la storica legge quadro del 1992 (tenendo conto della sopravvenuta autonomia scolastica e delle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità) e prova ad affiancare il percorso della grande riforma scolastica presentata dal governo lo scorso 3 settembre. La proposta viene firmata dal Partito democratico, a conclusione di una campagna di denuncia e conoscenza portata avanti dal settore “welfare e scuola” di cui abbiamo già dato conto.

Maggiore formazione e specializzazione per le diverse forme di disabilità, carriere separate per il personale e continuità del curriculum. Sono diciassette gli articoli della proposta di legge, riassumibili in quattro sommari: formazione degli insegnanti (20 milioni il costo per lo Stato) e continuità educativa; garanzia dei diritti degli alunni; migliore organizzazione territoriale; rapporti con le famiglie. La legge chiede di ridisegnare i corsi di laurea per i docenti di sostegno e introduce il principio della formazione obbligatoria in servizio per gli insegnanti, il personale amministrativo e i dirigenti scolastici. Vengono ripensate le procedure di certificazione della disabilità. Si prevede di garantire la continuità educativa, l’accessibilità, l’assistenza nell’istruzione

domiciliare e la somministrazione dei farmaci a scuola. È prevista, inoltre, l’istituzione di una rete di scuole-polo per l’inclusione con 106 centri territoriali di supporto (Cts) di livello provinciale: offriranno consulenza e software didattici agli insegnanti e alle scuole.

Per abbattere il contenzioso sul tema (1.141 cause perse dallo Stato solo nella provincia di Palermo nella stagione appena chiusa), la legge promuove organismi di conciliazione: le famiglie non dovranno rivolgersi ai tribunali per veder garantiti i loro diritti. Si ipotizza un organismo di coordinamento di tutti i ministeri interessati per dare coerenza alle politiche per l’inclusione. La legge tiene conto delle ultime due categorie di bambini-adolescenti definite bisognose di aiuto in classe (da leggi e direttive ministeriali del 2010 e 2012): coloro che hanno difficoltà specifiche di apprendimento (Dsa) e gli scolari con bisogni speciali (Bes).

Gli alunni con disabilità nella scuola statale sono 222.000; quelli con DSA certificati 90.000; mentre coloro che presentano difficoltà di carattere linguistico  –  individuabili soprattutto nell’ambito degli alunni con cittadinanza non italiana neo arrivati in Italia, e quindi totalmente sprovvisti di competenze linguistiche adeguate  –  sono circa 28.000. Per quanto concerne gli alunni con disabilità, essi sono distribuiti in 140.000 classi, su un totale di 366.000 classi, cioè su una percentuale pari al 38% delle classi della scuola italiana (fonte MIUR 2010).

Intanto, l’11 e il 12 settembre a Padova (Università e Hotel Europa) si terrà la terza conferenza internazionale del Network europeo NetQ6 dal titolo “Approcci pratici all’educazione prescolastica e della prima infanzia. Sfide e prospettive per alunni diversamente abili e svantaggiati”. La conferenza mira a valorizzare articoli originali e ricerca di base che tendono a “non considerare qualsiasi disabilità fisica, psichica o sensoriale come un handicap, ma come una capacità diversa nel contesto educativo”.

In Italia troppi alunni per classe: lo dice il rapporto internazionale

da La Tecnica della Scuola

In Italia troppi alunni per classe: lo dice il rapporto internazionale

Secondo il primo rapporto internazionale sull’Efficienza della spesa per l’educazione, condotto da Peter Dolton, esperto mondiale di economia dell’educazione della London School of Economics, insieme a Oscar Marcenaro Gutiérrez dell’Università di Malaga e ad Adam Still di Gems Education Solutions, tra i motivi della inefficienza della scuola italiana, e del consueto fondo della graduatoria dell’Ue, ci sarebbe anche l’elevato numero di alunni per classe

Che appare strano, perchè ci hanno sempre detto e ripetuto il contrario e cioè che in Italia ci sarebbero troppi docenti in rapporto agli alunni. E invece improvvisamente si scopre che, con dati ufficiali e quindi neutri, le denunce venute da tuta Italia contro le cosiddette classi pollaio hanno una loro circostanziata verità. Cosicchè tra i motivi della inefficienza della scuola italiana, tastata dall’Ocse,  che ci sbatte  “tra gli ultimi della classe”,  c’è  l’eccessivo numero di alunni per classe. Tanto che il rapporto suggerisce all’Italia,  per guadagnare qualche posto in classifica, di utilizzare due alternative: o aumentare gli stipendi degli insegnanti o ridurre il rapporto prof-studenti.

Ben sapendo che entrambi i suggerimenti sono inattuabili, questo primo rapporto, commissionato da Gems e presentato a Londra, e che  analizza “l’efficienza con cui vengono allocati i budget per l’istruzione in ciascun paese, conferma che  l’Italia potrebbe ottenere risultati Pisa ai livelli della Finlandia, se riducesse il rapporto insegnante-allievo da 10,8 a 8,2 alunni per ogni insegnante (-24,4%). O, in alternativa, se aumentasse lo stipendio degli insegnanti dalla media attuale di 31.460 dollari a 34.760 dollari, cioè un aumento del 10,5%.”

“Stando a questi calcoli l’Italia, per avere un migliore rapporto qualità-prezzo, dovrebbe spendere di più e ridurre il numero di allievi per insegnante o aumentarne lo stipendio”.

Se dunque si dovesse prendere questa analisi internazionale con le dovute attenzioni, cercando gli opportuni ripari, si capisce bene che la scuola italiana non ha alternative di miglioramento, sia perché hanno bloccato i contratti e quindi anche gli aumenti salariali, e sia perché, oltre a mancare ancora scuole e strutture, nelle nostre aule scolastiche si può andare fino a un massimo di 29 alunni nella scuola dell’infanzia, 27 nella primaria, 30 nella secondaria di primo e di secondo grado. Ma anche oltre i 30 alunni per evitare di comporre classi inferiori a 27 che è il minimo per le classi iniziali.

Arredi, nelle nostre scuole obsoleti e fuori norma

da La Tecnica della Scuola

Arredi, nelle nostre scuole obsoleti e fuori norma

A sostenerlo è l’Uni, l’Ente italiano di normazione, che con ha ricordato i requisiti ottimali che cattedre, sedie, banchi, lavagne e illuminazione dovrebbero incorporare per garantire l’incolumità di alunni e personale che opera negli istituti.

Se il Governo guidato da Matteo Renzi vuole veramente investire nella scuola non può dimenticare che nei nostri istituti sono quasi sempre presenti degli arredi obsoleti, logori, fuori norma. Che alla lunga minano la salute e la sicurezza di alunni, docenti e personale che vi opera. E che risultano del tutto inadeguati ad ospitare le nuove tecnologie di cui dovrebbe disporre ogni istituto.

A ricordarlo è l’Uni, l’Ente italiano di normazione, che a pochi giorni dall’avvio del nuovo anno scolastico ha pubblicato i requisiti ottimali che gli arredi scolastici dovrebbero incorporare per garantire l’incolumità e il corretto utilizzo di ogni tipo di arredo: dalle sedie alle lavagne, fino alla corretta illuminazione delle aule. Ve li elenchiamo.

CATTEDRE – Le caratteristiche sono obbligatoriamente: stabilità, resistenza, durabilità e soprattutto atossicità. Ad esempio, i pannelli devono essere a base di legno per prevenire emissioni di formaldeide.

BANCHI E SEDIE – I bordi del sedile, dello schienale e dei braccioli, a contatto con lo studente, devono essere arrotondati e rivestiti nell’estremità al fine di evitare schegge e bordi taglienti. Ogni sedia è assegnata in relazione alla statura dell’alunno per favorirne una corretta postura contribuendo, così, allo sviluppo psicofisico dei bambini e dei ragazzi. Inoltre, una giusta angolazione dello schienale permette agli studenti di appoggiare le braccia rilassate sia davanti un pc sia che siano alle prese con il tradizionale quaderno. Ogni componente d’arredo a norma ha la “taglia” o il codice colore, il nome o il logo del fabbricante e la data con il mese e l’anno di produzione.

LAVAGNE – Per prevenire lesioni gravi durante l’utilizzo delle lavagne, gli angoli di quest’ultime devono essere arrotondati, la superficie non deve recare danni agli indumenti ne macchiare e avere una giusta distanza di sicurezza tra le parti mobili. Gli strumenti “a norma” hanno un’attitudine alla scrittura e alla cancellazione, resistenza alla graffiatura, all’urto e semplicità nell’utilizzo.

ILLUMINAZIONE – Prevalentemente durante le ore diurne, la luce naturale e artificiale deve garantire le giuste condizioni per il benessere degli studenti e di tutto il personale scolastico. I requisiti illuminotecnici sono: il comfort visivo, la possibilità di svolgere le attività anche in condizioni difficili e in sicurezza.

Insegnanti con più di 50mila euro all’anno? Il trucco c’è…

da La Tecnica della Scuola

Insegnanti con più di 50mila euro all’anno? Il trucco c’è…

I dati contenuti nel “Piano Renzi” sembrano sbagliati, ma in realtà se si legge con attenzione si scopre che si riferiscono al cosiddetto “lordo Stato” che è superiore di un terzo rispetto al “lordo dipendente” e pari al doppio di quanto effettivamente percepisce il lavoratore

A pagina 49 del documento sulla nuova scuola è riportata una tabella con gli stipendi dei docenti. Che in questi giorni ha fatto nascere non poche polemiche. Inzialmente si è pensato a un madornale errore, poi lux facta est.
Leggendola, anche senza particolare attenzione, ci si accorge infatti subito che si tratta di cifre spropositate.
Basti pensare che un docente di scuola secondaria  in ultima fascia d’anzianità sembra percepire una cifra immensa, oltre 53mila euro annui. Il fatto non si spiega nemmeno con l’importo lordo, che è comunque di molto inferiore.
Da dove dunque hanno recuperato questi stratosferici emolumenti i curatori?
Guardando con più attenzione in basso si legge che le cifre sono Lordo Stato. Ecco perchè sono così alte.
Non si tratta quindi del compenso al  Lordo Dipendente  che è la cifra base sulla quale si calcolano le ritenute a carico del  dipendente ed i contributi a carico dell’amministrazione e/o datore di lavoro. Il Lordo Stato, detto anche Omnicomprensivo, è il risultato del Lordo dipendente + i Contributi a carico Amministrazione.
In sintesi è il costo complessivo che lo Stato sostiene per il compenso.
Ecco perchè i docenti sembrano guadagnare 53mila euro l’anno. Vien da chiedersi perchè è stato segnalato il Lordo Stato e non il Lordo dipendente, come sarebbe stato più logico.
E’ stato forse un modo per dire “insegnante, quanto mi costi”? Speriamo comunque sia benaugurante.

Arriva l’ennesima rilevazione: a che servirà?

da La Tecnica della Scuola

Arriva l’ennesima rilevazione: a che servirà?

Secondo quanto si legge nel “Piano Renzi” dovrebbe servire per realizzare un “Albo” nazionale con i dati professionali di tutto il personale della scuola. Più banalmente, servirà, come accaduto spesso in passato, a dare lavoro a qualche azienda fornitrice di servizi informatici.

Arriva la “Buona Scuola” di Renzi e Giannini ed ecco spuntare l’ennesima rilevazione sulle competenze e i titoli culturali e scientifici dei docenti.
Questa volta dovrebbe servire per istituire una sorta di  albo nazionale al quale i dirigenti dovrebbero accedere per selezionare insegnanti adatti alle proprie scuole.
Forse ci sbaglieremo ma francamente le esperienze passate non sono state entusiasmanti.
Negli ultimi 20 anni l’Amministrazione Scolastica ha condotto non meno di 3-4 monitoraggi analoghi sempre con l’intento di poter disporre di una base dati da utilizzare in situazioni diverse.
In realtà non risulta che i dati siano mai serviti a qualcosa di concreto.
Il sospetto è che anche questa volta accada come in passato:  un bella indagine a tappeto in tutte le scuole italiane per costringere insegnanti e segreterie a inserire decine e decine di dati più o meno utili; in passato erano stati richiesti anche dati difficili da reperire, come per esempio la posizione in graduatoria nel concorso con cui si era entrati in ruolo, magari 20 anni prima, il numero preciso di giorni di supplenza svolti prima di entrare in ruolo o gli anni scolastici in cui si era svolto l’incarico di fiduciario di sede, e così via…
Dati, appunto, mai utilizzati e ormai smarritisi nei “cervellone elettronico” di qualche ministero (Istruzione, Funzione Pubblica? ..).
Un fatto è certo: le indagini sono sempre servite a far lavorare qualche azienda fornitrice di servizi informatici che, dietro compensi più o meno lauti, hanno messo in piedi piattaforme e programmi di elaborazione dei dati (negli anni ’90 quando le procedure on-line erano ancora di là da venire, i dati venivano addirittura inseriti manualmente o avvalendosi di lettori ottici, impegnando risorse umane e finanziarie che avrebbero potuto essere assai meglio utilizzate).
Vedremo se questa volta le cose andranno diversamente. Noi, francamente, nutriamo forti dubbi.

Sostegno ai disabili: cambieranno le norme?

da La Tecnica della Scuola

Sostegno ai disabili: cambieranno le norme?

E’ l’idea della maggioranza di Governo. Ma intanto il PD presenta una propria proposta di legge.

In fatto di sostegno e processi di inclusione Davide Faraone (PD) sembra avere le idee chiare e le illustra a Orvieto nell’ambito della Festa tematica del PD sulla scuola.
Faraone entra direttamente in argomento e spiega: “Intendiamo prevedere maggiore formazione e la specializzazione per le diverse forme di disabilità, carriere separate per il personale e continuità curricolare. La nostra proposta si basa su quattro aspetti principali: formazione degli insegnanti e continuità educativa, garanzia dei diritti degli alunni, migliore organizzazione territoriale, rapporti con le famiglie”.
La proposta di legge in corso di presentazione al Parlamento prevede una revisione completa del sistema formativo, sia di quello iniziale sia di quello in servizio. Chi si occupa di alunni disabili, DSA e BES avrà l’obbligo di formarsi e di aggiornarsi (il principio varrà non solo per i docenti ma anche per il personale Ata e per i dirigenti scolastici”.
Saranno ripensate le procedure di certificazione della disabilità e attraverso apposite norme si garantirà la continuità educativa, l’accessibilità, l’assistenza nell’istruzione domiciliare e la somministrazione dei farmaci a scuola.
Saranno rafforzate le reti di scuole polo per l’inclusione, con la conferma dei dei 106 CTS provinciale (centri territoriali di supporto)  che già ora hanno  il compito di dare consulenza e fornire ausili e software didattici agli insegnanti e a tutte le scuole.
Molto interessante, poi, è l’idea di istituire organismi di conciliazione che dovrebbero esaminare le “proteste” delle famiglie allo scopo di evitare – come è accaduto negli ultimi anni – che l’Amministrazione debba soccombere nelle cause giudiziarie.