Caro Giancarlo!

Caro Giancarlo!

di Maurizio Tiriticco

 

Se veramente si apre una discussione seria e mirata sulla nostra scuola, vorrei che al primo posto si cominciasse a riflettere sulla necessità di pensare o ripensare, se vuoi, a un curricolo verticale, unitario e progressivo – sono aggettivi che piacciono anche a te – che investa l’intero decennio obbligatorio. Ho scritto più volte da anni che alla fine del secondo biennio non accade nulla di nuovo rispetto a un lontano passato, per cui la certificazione di un obbligo, sancito dalla Costituzione (gli articoli Cost. relativi all’istruzione li sappiamo a memoria) di fatto non esiste. In effetti, ciò che leggiamo nel decreto 139/2007, istitutivo dell’obbligo decennale, riguarda solo enunciati, pur se scanditi correttamente in conoscenze, capacità pro abilità, competenze. E il relativo documento di certificazione, estremamente debole e tirato via (a mio vedere è la stessa amministrazione centrale che non crede all’obbligo decennale) si trova nel dm 9/2010. E pochi sanno che in tale operazione gioca anche il secondo livello dell’EQF!!! L’European qualifications Framework, questa strana “cosa” largamente sconosciuta dalle scuole!!! E non è un caso che la nostra scuola ha difficoltà a preparare cittadini che sappiano leggere e scrivere. Conosciamo i dati internazionali! L’illetteratismo del nostro Paese è ai primi posti! Come la numeracy. E lo stesso Tullio De Mauro avanza sempre sofferte preoccupazioni per lo stato di salute linguistica dei nostri connazionali E non è un caso che il recente rapporto OCSE non sia affatto tenero nei confronti del nostro sistema di istruzione e formazione.

L’ho scritto più volte. Occorre proporci una visone di “ripensamento” del nostro decennio obbligatorio, attualmente diviso in tre gradi, ma scollegati tra loro. Per il primo ciclo nulla quaestio: ci sono le Indicazioni nazionali che interessano sia la scuola per l’infanzia che la scuola primaria e la scuola media. Ma il successivo biennio, come sai, è assolutamente scollegato dalla scuola media. Nella testa degli insegnanti è già “scuola secondaria di secondo grado” (e sotto il profilo formale non hanno torto) e la percezione che si ha dell’obbligo di istruzione è relativamente bassa: i loro occhi sono rivolti al futuro soltanto. (Gianni lo promuoviamo alla seconda classe oppure no? Pierino senz’altro!!!). In effetti, la necessaria continuità con il passato dell’alunno è spezzata da quell’esame di terza media che non si ha il coraggio di abolire.

Non dirmi ciò che già so: la Costituzione prevede che al temine di ogni ciclo ci sia un esame di Stato. Ma a questo si può senz’altro ovviare, varando una norma che stabilisca che il primo ciclo di istruzione è obbligatorio e decennale. L’art. 34 della Costituzione è chiaro: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni; è obbligatoria e gratuita”. Ribadisco: almeno otto anni! I nostri Padri e Madri Costituenti, tutti uomini e donne di grande valore, sapevano anche vedere lontano. E non è un caso che la nostra Carta è un documento che tutti i cittadini, anche i meno acculturati possono leggere e capire. Ma non farmi pensare a quella riscrittura ignobile del Titolo V, realizzata da soggetti di scarso spessore costituzionale e culturale, che ha creato più problemi che certezze. Per non dire della copiosa riscrittura di articoli chiave sulla quale poi dovremmo esprimerci in autunno con un referendum. In parallelo, occorrerebbe lavorare per il curricolo verticale e giungere a Indicazioni nazionali che investano l’intero decennio dell’ istruzione obbligatoria.

Per l’operazione “primo ciclo di istruzione decennale”, l’Invalsi potrebbe darci una mano. Sarebbe assolutamente scorretto che vi ponessero mano gli anonimi della cosiddetta Buona scuola!!! E la piantasse l’Invalsi di limitarsi a proporre alle scuole prove che, invece di sollecitare consenso, interesse, partecipazione, sono viste come una vessatoria valutazione esterna, anche se prevista dalla legge (Moratti docet), esercitata poi con strumenti il cui valore e spessore io e te conosciamo, ma che i nostri insegnanti, mai formati nella disciplina “valutazione, finalità criteri, strumenti” ravvisano come un’annuale invasione finalizzata al controllo del loro operato.

E l’Invalsi perderebbe così quella fama dell’istituzione cattiva che vuole fare pelo e contropelo a scuole e insegnanti e dimostrerebbe di saper lavorare anche sul concreto istituzionale, culturale, educativo. Dimostrerebbe così di non essere il lupo cattivo felice di proporre alle scuole prove di cui gli insegnanti sanno poco e nulla. Come sappiamo, in fatto di docimologia, di misurazione e di valutazione, che costituiscono una disciplina con tanto di statuto, gli insegnanti sano poco o nulla. Eppure la letteratura esiste. Per citare gli italiani, ricorderai senz’altro quei tre bei volumi, uno di Mario Gattullo, “Didattica e docimologia, misurazione e valutazione nella scuola”, del lontano 1967, un altro di Aldo Visalberghi, “Manuale della valutazione” del 1978, l’altro di Benedetto Vertecchi, “Manuale della valutazione, analisi degli apprendimenti”, del 1984.

Si tratta di ricerche attente e documentate sulla docimologia che i nostri insegnanti, in larga misura ignorano. Infatti, dopo queste pubblicazioni… il diluvio!!! E poi qualcuno si è inventato i BES perché il diluvio diventasse uno sciumani!!! Ho sempre detto che la valutazione è una disciplina come la matematica o la chimica. Se non si lancia una grande campagna per una corretta valutazione (ricordo l’operazione che venne effettuata con gli insegnanti elementari in seguito al varo dei nuovi programmi didattici per la scuola primaria del 1985, Ministro pro tempore Falcucci), non andremo da nessuna parte. E non vorrei che i più più e i meno meno fioccassero anche con l’introduzione dei cinque livelli alfabetici al posto dei dieci numerici di sempre.