
Domande e risposte su Handicap e Scuola
a cura dell’avv. Salvatore Nocera e di Evelina Chiocca
Sono la mamma di un bimbo di 6 anni che è certificato ex l.104 art. 3 comma 3 e che frequenta la prima elementare di una scuola paritaria cattolica. Visto che abbiamo inviato la certificazione in ritardo (dicembre perche’ abbiamo avuto solo allora tutta la documentazione) l’insegnante di sostegno arrivera’ a settembre. Nel frattempo la scuola ha messo altra persona a proprio carico per 10 ore e ci ha chiesto di coprire ulteriori 10 ore a nostro carico. La scuola puo’ farlo? Per chiedere un AEC come devo fare?
Tecnicamente no. La scuola Primaria è scuola dell’obbligo e la scuola paritaria deve garantire le stesse tutele che la scuola statale pubblica riconosce; non può, cioè, chiedere al con compenso alla famiglia. Al riguardo, la invitiamo a consultare le schede elaborate dall’avv. Nocera e pubblicate nel sito www.aipd.it (nella homepage deve leccare la voce “Scuola” e, nella pagina che si apre, deve ciccare su “Schede normative”. Facciamo presente, inoltre, che per gli alunni certificati con art. 3 comma 3, la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 80 del 2010 ha stabilito il rapporto 1:1 (nel caso della scuola primaria questo rapporto corrisponde a 22 ore settimanali in classe più due di programmazione).
Sono un docente di una scuola secondaria di primo grado. Nella mia scuola un alunno con patologia grave che durante le ore scolastiche ha un assistente alla persona per interventi di tipo sanitario piuttosto importanti, parteciperà ai PON con i docenti della scuola. Il fatto è che vi parteciperà senza assistente alla persona perché non disponibile il sabato mattina il giorno dei PON. Mi chiedo di chi è la responsabilità se accadesse qualcosa?
Da quanto scrive, l’attività che si svolgerà di sabato è organizzata dalla scuola ed è rivolta a tutti gli studenti; e l’alunno con disabilità, giustamente, ha aderito. Ogni attività programmata dalla scuola deve prendere in considerazione tutte le situazioni, in modo da garantire la possibilità di partecipazione a tutti gli alunni, diversamente sarebbe discriminatoria. Pertanto avreste dovuto voi prevedere quanto necessario per rispondere ai bisogni dello studente. Che cosa fare adesso? Individuate la persona che possa garantire allo studente di prendere parte all’iniziativa promossa dalla scuola. Ci lasci concludere con un pensiero. Sorprende che voi affermiate, nella parte finale, che “la scuola non può accettare di far partecipare l’alunno”, ovvero che riteniate corretto escludere l’alunno dall’attività programmata, in quanto, scrivete, si troverebbe “senza un adeguato supporto di tipo sanitario”: il fatto è che, in fase organizzativa avreste dovuto prevedere, a fronte dell’adesione di questo come di altri studenti, quanto necessario per garantirne la piena e legittima partecipazione. Non potete in alcun modo pensare di non farlo partecipare, perché agireste in contrasto con la legge 67/2006, la norma che tutela contro la discriminazione. Viene davvero da chiedersi come si possa parlare di inclusione scolastica quando è la scuola che, per prima, esclude.
Sono una docente di una scuola primaria, all’interno della mia scuola sono stati messi dei bidoni dell’organico dove ogni giorno i custodi gettano i sacchetti dell’umido che rimangono nel bidone per alcune settimane. Faccio presente che nelle aule limitrofe vi sono alunni disabili con patologie respiratorie gravi. Noi docenti volevamo scrivere una lettera al DS per togliere i bidoni per salvaguardare la salute di tutti.
Sembra quanto mai corretto inviare tempestivamente al Dirigente Scolastico comunicazione in merito alla questione qui segnalata. Il diritto alla salute riguarda tutti, indistintamente.
Un ragazzo di 13 anni di seconda media con handicap riconosciuto dalla legge 104 ha obbligo di frequenza come gli altri alunni? In caso quanti giorni minimi deve essere presente a scuola? Dopo quanto tempo in cui il ragazzo è assente va segnalata la situazione?
L’obbligo scolastico riguarda indistintamente tutti gli alunni, siano essi con o senza disabilità, pertanto le assenze devono essere sempre giustificate. Dato che nel corso dell’anno potrebbero verificarsi assenze talora prolungate, le Istituzioni scolastiche possono deliberare, in sede di Collegio Docenti, motivate deroghe al vincolo del numero dei giorni di frequenza, limite necessario per l’ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato; esse riguardano casi eccezionali, che devono essere documentati. E poiché per gli alunni con disabilità tali assenze potrebbero essere dovute, per esempio, a motivi di salute o altro, comunque documentabile, il MIURha fornito alcune indicazioni ricordando che le deroghe vanno applicate considerando le ore complessive e non quelle riguardanti le singole discipline (rif. C.M. 20/2011); indicazione ripresa e ribadita anche dall’art. 4 del D.lgs. 62/17, a condizione che il Consiglio di Classe, in base alla frequenza effettiva, disponga di elementi sufficienti per la valutazione. In genere quando ci verificano assenze prolungate le famiglie avvertono la scuola; se ciò non fosse accaduto, potreste contattare la famiglia per avere informazioni sullo studente, magari tramite il Dirigente Scolastico. Sarà il D.S. a valutare se la situazione rientra nei casi di segnalazione oppure no.
Ho un bimbo che sta per compiere 6 anni e che, da settembre, dovrebbe iniziare le elementari. Durante l’ultimo glh la npi della asl ha richiesto un anno di permanenza all’infanzia, le maestre concordano che non è pronto per la primaria, la responsabile dell’aec ha dato parere favorevole, le terapiste che lo seguono (3 diverse figure) mi hanno caldamente consigliato un ulteriore anno perché al momento non è pronto. La preside dice no perché la normativa scolastica non lo permette e perché pensa sia inutile essendo seguito dal sostegno. Io non so a chi rivolgermi per farmi aiutare per la richiesta che dovrò preparare e se sarà necessario l’intervento di un legale. Sapete indicarmi a chi posso rivolgermi per capire cosa posso fare anche legalmente?
La norma prevede l’obbligo scolastico per tutti i bambini e per tutte le bambine al compimento dei sei anni e questo vale anche per gli alunni con disabilità (legge 53/2003). Vi sono valide motivazioni tanto dal punto di vista pedagogico che socio-culturali che sostengono questo orientamento, attento al periodo di sviluppo del bambino e all’importanza delle sue interazioni con i coetanei, come hanno dimostrato più ricerche pedagogiche. È bene approcciarsi con fiducia e guardare al bambino valorizzando le sue capacità, le sue potenzialità e le sue attitudini. Le suggeriamo di orientare la sua attenzione al nuovo ordine di scuola, accertandosi che la classe che accoglierà suo figlio sia costituita con non più di 20 alunni, come prevede la normativa vigente, che siano richieste le ore di sostegno e/o di assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione se prevista, precisando per ciascuna figura professionale le ore che ritenente necessarie il prossimo anno e indicandole, in sede di GLHO, nel PEI. Verificate anche la presenza o meno di barriere architettoniche, per intervenire in tempo utile.
Ho un figlio affetto da disturbo dello spettro autistico. Lui purtroppo non entra a scuola in orari previsti per motivi legati alla sua patologia. Alle scuole elementari non hanno fatto problemi, quest’anno che frequenta la prima media, mi è arrivata una comunicazione nella quale mi comunicano che il bambino fa troppe ore di assenza e se continua a farne non potrà essere giudicato a fine anno. Vorrei sapere se c’è una legge che tutela mio figlio e se in caso di bocciatura posso fare ricorso.
L’ammissione alla classe successiva, nella scuola secondaria di primo grado (art 16 comma 2 della legge n. 104/92), è subordinata al raggiungimento degli obiettivi per ciascuna disciplina, in base ai criteri fissati nel PEI, al comportamento e alla frequenza, ossia alla validità dell’anno scolastico, così come disciplinato dalla Circolare Ministeriale 20/2011 e dall’art. 4 del D.lgs. 62/2017. Le Istituzioni scolastiche possono deliberare, in sede di Collegio Docenti, motivate deroghe al vincolo del numero di presenze necessarie per l’ammissione alla classe successiva; esse riguardano casi eccezionali, debitamente documentati. In tal caso, se il Consiglio di classe, in base alla frequenza effettiva, dispone di sufficienti elementi di valutazione, può essere prevista l’ammissione alla classe successiva; in caso contrario potrà proporsi una bocciatura. Il suggerimento è di valutare se il ragazzo riesce a frequentare per il tempo-scuola previsto o, almeno, per la maggior parte. Se le assenze sono prive di documentate giustificazioni rientranti nei criteri stabiliti dal Collegio Docenti e se il Consiglio di classe non dispone di elementi di valutazione sufficienti, infatti, potrà verificarsi la bocciatura.
Ho un dubbio riguardo il trattenimento alla scuola dell’infanzia degli alunni con disabilita’. C’è una normativa che regola quanto in oggetto? Chi decide il trattenimento: Asl? famiglia? scuola? Se un bambino seguito dell’insegnante di sostegno e dall’educatore,nonché dalle insegnanti di sezione, raggiunge dei buoni risultati, perché trattenerlo?
Al compimento del sesto anno di età l’obbligo scolastico interessa tutti i bambini e le bambine, anche quelli con disabilità certificata ai sensi della legge 104/92. La norma vigente contempla la possibilità del trattenimento unicamente “in rari ed eccezionali casi” ampiamente documentati. Se il Dirigente Scolastico, al quale compete la decisione, ha già espresso il parere negativo, il bambino, a settembre, deve frequentare la classe prima della scuola Primaria. Da un punto di vista pedagogico il trattenimento alla scuola dell’infanzia non è coerente con il processo di crescita (con i compagni più piccoli, infatti, si riducono le interazioni e, di conseguenza, anche gli apprendimenti), mentre dal punto di vista culturale ha un impatto negativo sul contesto sociale nei confronti degli alunni con disabilità. “Pensami adulto” diceva l’ispettore Neri, proprio per invitare docenti e genitori a credere nel bambino e nelle sue capacità e potenzialità.
Sono un’insegnante di sostegno di una scuola secondaria avrei bisogno di chiarimenti in merito al ruolo dell’educatore all’interno della scuola. Ci sono “voci” negli ultimi tempi che riguardano il ruolo degli educatori, mi spiego: abbiamo ragazzi abbastanza gravi che hanno ore di sostegno ed ore di educativa. Durante il Pei può essere deciso di far svolgere un’attività all’alunno all’esterno della scuola, tipo attività di autonomia, magari organizzando progetti per una spesa ai supermercati o una sorta di applicazione pratica alla studio della matematica sull’uso del denaro, al concetto di resto, o addirittura attività di stage personalizzato. Può capitare che l’orario coincida con la presenza dell’educatore e che tali uscite vengano effettuate con la sua presenza senza l’insegnante di sostegno. Mi è stato chiesto se ero a conoscenza del fatto che sia intervenuta una nuova normativa che vieti le attività fuori dalla scuola solo con la presenza dell’educatore, nonostante vi sia il nulla osta della famiglia e l’approvazione del cdc, e che per poter fare questo tipo di attività occorra la presenza dell’insegnante di sostegno insieme all’educatore. Chiedo com’è possibile? Considerato che le attività a scuola non possono esser svolte in compresenza con l’educatore? Può essere subentrata una legge regionale in merito?
Tutti gli studenti, e questo vale da sempre, sono affidati alla responsabilità degli insegnanti della classe alla quale sono iscritti. Gli assistenti ad personam, invece, sono assegnati ai singoli alunni con disabilità, per compiti di assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale. Insegnanti e assistenti, per competenze e per contratto, sono figure professionali differenti, i cui diversi compiti concorrono a sostenere l’alunno con disabilità nel suo percorso educativo e formativo. Va considerato che per le uscite didattiche e i viaggi d’istruzione la responsabilità degli alunni è affidata dal Dirigente scolastico agli insegnanti; analogamente per le uscite nel territorio, che equivalgono per l’appunto a uscite didattiche.
Sono un’insegnante di sostegno e mi sto occupando fin dalla prima classe, scuola primaria, di un bambino adottato all’età di due anni e mezzo. È stato trattenuto un anno in più alla scuola materna. E’ un bambino oltremodo vivace con scatti di rabbia conseguenti al non volersi adeguare alle poche, basilari, semplici regole che possono essere date a dei bambini di prima. I genitori anziché collaborare VERAMENTE attaccano mettendo in discussione gli interventi didattici e la mia preparazione. La scuola, cioè il Dirigente, quale mio datore di lavoro perciò responsabile della mia sicurezza e di quella dei bambini, data la pericolosità del soggetto obbligare ad un’indagine specialistica presso centri specifici?
L’intervento educativo-didattico è frutto dell’azione condivisa e messa in atto da tutti i docenti della classe, non da parte del solo insegnante di sostegno. Infatti, e non a caso, le Linee Guida non solo richiamano tutti i docenti alla corresponsabilità, ma ribadiscono che, per non disattendere mai gli obiettivi dell’apprendimento e della condivisione, è indispensabile che la programmazione delle attività sia realizzata da “tutti i docenti della classe”, i quali devono definire obiettivi correlati con quelli previsti per la classe, cui l’alunno con disabilità è iscritto. Tali obiettivi sono riportati nel PEI, elaborato dal GLHO. Il GLHO, il gruppo costituito da tutti gli insegnanti della classe, dalla famiglia e dagli specialisti che seguono l’alunno, è chiamato anche ad affrontare tutte le questioni che possono essere sollevate dalla scuola o dalla famiglia: è in tale sede che i docenti possono far presenti tanto le loro preoccupazioni in merito al comportamento del bambino quanto i progressi da questi raggiunti, trovando concordemente le modalità per interventi di tipo educativo, senza entrare nel merito di aspetti che sono di competenza degli specialisti sanitari e che richiedono la decisione autonoma dei genitori. Se quindi non è ancora stato fatto, si suggerisce di convocare urgentemente un GLHO e, in quella sede, prendere le decisioni opportune, verbalizzandole nel PEI, individuando le strategie didattiche che possano aiutare l’alunno ad acquisire un maggior autocontrollo e autoregolazione mediante, se necessarie, opportune tecniche educative.
Sono un’insegnante di sostegno di scuola secondaria ormai da più di 10 anni. Quando un alunno si iscrive e consegna alla segreteria la certificazione 104 per ottenere il sostegno ho avuto sempre l’abitudine di controllare se c’è gravità (art 3 comma 3) e l’eventuale scadenza che generalmente viene riportata nel modello regionale che abbiamo in fondo alla certificazione rilasciata dall’Inps. Mi è capitato che le 104 non avessero scadenza e ho dedotto che fosse dovuto al fatto che l’alunno fosse con gravità o avesse una patologia particolare che non richiedesse almeno per il periodo scolastico la revisione. Ultimamente mi è capitato di trovare nei fascicoli dei ragazzi la certificazione 104 senza scadenza o termine e successivamente trovare un rinnovo. Le richieste di sostegno almeno fino ad ora avvenivano sulla base di una certificazione 104 valida, se poi c’era scadenza si chiedeva alla famiglia di sollecitare chi di dovere ad effettuare il rinnovo sempre per garantire all’alunno l’insegnante. Ci sono capitate certificazioni senza scadenza (ed ultimamente ne sono capitate tante senza che ci sia gravità, intendo anche con livello lieve) e poi nel corso degli anni scolastici arrivare un rinnovo di certificazione, in alcuni casi con scadenza. Cosa può esser successo? Come possiamo come scuola sapere dove non c’è nessuna scadenza che sarà necessaria una revisione e comunque successivamente sia una certificazione con scadenza? Su che base verrà chiesto il sostegno se poi magari con una revisione inavvertita la certificazione 104 non verrà rinnovata? L’alunno ha comunque diritto al sostegno?
La legge 114/14 stabilisce che, in attesa di eventuali visite di revisione e del relativo iter di verifica, per gli alunni con disabilità sono conservati tutti i diritti in materia di benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura (art. 25). Per cui, fino a quando l’alunno non sarà chiamato a visita medica, convocazione che è di competenza dell’INPS, continua ad aver valore la certificazione precedente e la scuola deve richiedere regolarmente le risorse previste (insegnante e/o assistente e/o gli ausili necessari).
Sono un professore di sostegno e seguo per 18 ore settimanali un ragazzo con sindrome dello spettro autistico frequentante regolarmente la classe quarta del Liceo Scientifico. Lo studente ha finora seguito un Pei con programmazione differenziata. Mi è stata ora prospettata la possibilità, da parte della famiglia, di prevedere per il seguente anno scolastico 2019-20 un Pei con obiettivi minimi, finalizzato al conseguimento del diploma di maturità. Le chiedo se può fornirmi indicazioni in merito alla definizione degli obiettivi minimi da conseguire, la strutturazione delle prove dell’Esame di Stato e riferimenti sulla normativa vigente, nonchè un suo parere personale, in modo da poter correttamente valutare la sostenibilità effettiva di tale percorso.
È soltanto il Consiglio di Classe che, sulla base degli elementi di conoscenza dello studente con disabilità, ossia delle sue capacità, potenzialità, interessi e attitudini, nonché degli elementi di criticità e dell’influenza dei fattori contestuali, individua e definisce il percorso ritenuto adeguato a suo favore. Nel caso di passaggio da PEI differenziato a PEI semplificato dopo il quarto anno di scuola secondaria di secondo grado, determinato da mancato consenso da parte della famiglia, il Consiglio di Classe, in conformità all’art. 15 comma 4 dell’OM 90/2001, predispone “prove di idoneità relative alle discipline dell’anno o degli anni precedenti” (prove che non verrebbero richieste se fosse il Consiglio di Classe a stabilire il passaggio al PEI semplificato); inoltre, il Consiglio di Classe deve informare la famiglia che lo studente sarà considerato “non con disabilità” ai fini della valutazione e che sarà valutato come i compagni della classe e, ricorrendone le condizioni, non essere ammesso alla classe successiva, mentre restano invariate le altre tutele previste a favore degli alunni con disabilità (OM 90/01, L. 104/92, Linee Guida del 4/9/09). È importante, infine, che anche il PEI differenziato contenga per ciascuna disciplina i relativi obiettivi, raccordati alla progettazione di classe.
Sono la mamma di un ragazzo disabile che frequenta la quinta superiore in un liceo con Pei differenziato. Poiché secondo noi genitori non sono stati raggiunti gli obiettivi del Pei e non vi è stato ancora redatto un progetto vita, abbiamo chiesto al Preside di trattenere ancora un anno il ragazzo in quinta. Lui ha risposto di no dicendoci che i ragazzi con Pei differenziato non possono essere bocciati. Vogliamo sapere se questo risulta vero e se possiamo appellarci a quanto deciso dal Preside.
È competenza esclusiva del Consiglio di Classe stabilire, sulla base di opportune valutazioni pedagogico-didattiche e coerentemente con gli obiettivi fissati nel PEI, l’ammissione o la non ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato. Agli studenti con disabilità che partecipano alle prove d’esame “non equipollenti a quelle ordinarie” (ossia sulla base degli obiettivi definiti nel PEI differenziato) o che sostengono solo una parte delle prove d’esame o che non si presentano all’esame di Stato, viene rilasciato un attestato di credito formativo (Decreto legislativo n. 62/2017, art. 20). Per completezza, si fa presente che il Progetto di Vita non è un documento a parte, bensì trattasi dell’insieme delle azioni promosse nei differenti ambiti di vita a favore dello studente, che, a scuola, trovano espressione nel PEI.
Sono un’insegnante di scuola secondaria di primo grado. Nel mese di gennaio è arrivata una certificazione di disabilità e la relativa diagnosi funzionale di un alunno. Non c’è insegnante di sostegno. Quali documenti bisogna redigere tra la certificazione e l’arrivo, ormai per l’anno prossimo, dell’insegnante di sostegno?
Seppur con ritardo, l’alunno ha diritto al sostegno anche per quest’anno. Inviate subito la richiesta di ore all’Ufficio Scolastico Regionale (USR) allegando la certificazione medica, la Diagnosi Funzionale e il PEI, in cui dovete indicare il numero delle ore richieste. Se l’USR non intende dare le ore, rivolgetevi a un avvocato.
Ho avuto un problema con l’uscita scolastica. Mio figlio, non vedente, si spaventa molto e piange quando si crea una notevole confusione e le maestre urlano per ripristinare l’ordine; il giorno della gita purtroppo è successo proprio questo, impedendogli di partecipare. Cosa dovrei fare?
La scuola, secondo l’orientamento introdotto dal Classificatore ICF (e che troverà ospitalità come impostazione nel “Nuovo PEI”), deve valutare e analizzare i fattori contestuali per agire su essi. Non tanto per trovare (o indovinare) codici alfanumerici (compito, questo, che appartiene agli specialisti sanitari), ma per capire in che modo far sì che l’influenza dei fattori contestuali possa produrre effetti positivi, ovvero come agire per modificare comportamenti, atteggiamenti, ambienti. Ed è quanto dovrebbe essere applicato nel contesto da lei descritto. Se il bambino prova disagio di fronte alle urla, i docenti devono controllare il tono di voce e provare a impostare forme di gestione della classe maggiormente efficaci (per esempio avvalendosi dell’apprendimento cooperativo, promuovendo negli alunni tanto l’autocontrollo quanto l’autoregolazione, sostenendo la motivazione intrinseca). Il fatto di non aver consentito al piccolo di partecipare all’uscita didattica si configura come comportamento discriminatorio, perseguibile ai sensi della legge 67/2006. Le suggeriamo di chiedere un urgente incontro del GLHO con la presenza del Dirigente Scolastico non solo per l’increscioso episodio, che ha visto il piccolo escluso dall’attività didattica, ma anche per intervenire su quei fattori contestuali (come possono essere le voci troppo alte) che impediscono al bambino di vivere in modo sereno il tempo scuola. Al tempo stesso, si suggerisce di chiedere al Dirigente l’attivazione di un breve corso di formazione sulle problematiche dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, non solo per superare la delega al solo docente di sostegno, ma anche per apprendere, insieme, le strategie per migliorare la gestione della classe e intervenire positivamente sui fattori contestuali.
Nella nostra scuola primaria, su due piani, vi è un’alunna con deficit motorio e un unico bagno per i docenti, che avendo il wc più alto è stato allestito dai genitori dell’alunna, con un supporto che lo ha alzato maggiormente per consentirle di alzarsi con maggiore facilità. Purtroppo alcune docenti non hanno avuto la possibilità di utilizzarlo per le proprie necessità lasciandolo nelle dovute condizioni igieniche. Quindi si è pensato di usare solo il bagno del secondo piano. A questo punto i collaboratori si sono rifiutati di pulire quest’ultimo servizio in quanto non presente nel piano delle attività. Esiste quindi una normativa che disciplini l’uso dei servizi dei disabili nella scuola?
Ogni luogo pubblico deve essere dotato di servizi igienici ad uso delle persone con disabilità, quindi anche la scuola. È compito del Dirigente scolastico accertarsi che ogni locale della scuola venga pulito, compresi i servizi igienici presenti (e utilizzati), da parte dei collaboratori scolastici (salvo che tale compito non sia stato affidato a ente esterno). Segnalate al D.S. l’inadempienza da voi riscontrata.
Sono il papà di un bambino che frequenta la scuola primaria e che possiede la certificazione per stato di invalidità e di handicap con gravità. A lui come altri ragazzi nella medesima situazione sono stati assegnati insegnante di sostegno e assistente all’autonomia. Chiedo se è lecito per i genitori avere trasparenza sulle modalità di assegnazione delle ore di assistente all’autonomia che è evidente non vengano attribuite con criteri oggettivi. La DS ogni anno fa richiesta al Comune del pacchetto ore necessario, il quale accorda un numero di ore (solitamente inferiore alla richiesta) e poi è la stessa DS a decidere la distribuzione delle ore sui vari alunni. E’ corretta questa procedura? Premesso che il Comune non è in grado di coprire il 100% delle ore richieste, la distribuzione delle ore disponibili, non dovrebbe essere ripartita in modo pesato/proporzionale alle indicazioni della neuropsichiatria su cui in teoria si è basata la richiesta iniziale della dirigente al Comune?
La richiesta della figura addetta all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità viene inserita, per l’anno successivo, nel PEI da parte del GLHO (ovvero il gruppo formato da tutti i docenti della classe, i genitori dell’alunno e gli specialisti dell’ASL). In base alle indicazioni contenute in ciascun PEI, il Dirigente inoltra richiesta all’Ente competente (in questo caso il Comune), quindi attribuisce le risorse ai singoli casi. Come lei ha precisato, le ore concesse spesso sono inferiori a quelle effettivamente chieste dal D.S. A questo punto non resta che inoltrare ricorso, affinché siano attribuite le risorse, secondo quanto indicato in modo chiaro nel PEI, al fine di garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità.
Sono un’insegnante di sostegno di un ragazzo down con autismo di secondo livello. Il ragazzo segue un programmazione differenziata. In questi due anni il ragazzo ha avuto dei miglioramenti. Nella riunione di inizio con l’equipe medica, su proposta del genitore di fermarlo almeno per un anno, visti i miglioramenti del discente e della voglia del ragazzo di venire a scuola, tutti gli operatori si sono trovati d’accordo. Ora sembra che la dirigente vorrebbe tornare sui suoi passi. Cosa e come dovremmo produrre la documentazione idonea e relazionare per il trattenimento del ragazzo nella terza classe?
È importante premettere che, per legge, nella scuola secondaria di primo grado non si parla, per legge, di “PEI differenziato”, valido solo ed esclusivamente nelle scuole secondarie di secondo grado (cfr. art. 15 dell’OM 90/2001 e Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009). Nelle scuole del Primo Ciclo si applica quanto previsto dall’art 16, commi 1 e 2, della l.n. 104/92; in base a tale articolo, il PEI dell’alunno con disabilità può contenere una personalizzazione del percorso scolastico, con la specificazione della programmazione didattica, ovvero “i criteri didattici adottati per le singole discipline, le attività integrative e di sostegno previste, compresa la sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline”; in sintesi, il PEI è formulato non con riguardo alle indicazioni nazionali, bensì alle “effettive capacità dell’alunno”. Pertanto, se l’alunno dimostra progressi rispetto ai livelli iniziali degli apprendimenti, raggiungendo gli obiettivi per lui fissati nel suo PEI (Piano individualizzato), egli deve essere ammesso agli esami ed essere promosso (conseguendo regolare titolo di studio). Se, pur essendo ammesso agli esami, non si presenta, non può più essere considerato bocciato come avveniva sino a due anni fa ma, in forza dell’art 11 del decreto legislativo n. 62/17, riceverà dalla commissione l’attestato coi crediti formativi maturati, che è titolo idoneo per la frequenza della scuola secondaria di secondo grado da lui scelta, attestato utile al fine di conseguire altro attestato agli esami conclusivi del secondo ciclo di istruzione.
Sono una insegnante di sostegno specializzata e l’alunno che seguo, in situazione di GRAVITÀ (art.3 c.3), segue una programmazione DIFFERENZIATA ed ha compiuto 19 anni. Quest’anno l’alunno in questione sta frequentando il quinto superiore in un istituto PROFESSIONALE e quindi, a breve, terminerà il suo ciclo scolastico. Per il benessere del ragazzo sarebbe preferibile prolungare di almeno un anno la permanenza a scuola ma, una bocciatura, sarebbe devastante per la personalità fragile del ragazzo. Vorrei quindi sapere se si può ISCRIVERE NUOVAMENTE al terzo superiore, ma con un indirizzo diverso rispetto a quello frequentato finora. I genitori, pur di permettere al figlio di proseguire la sua permanenza a scuola, RINUNCEREBBERO (se necessario) al sostegno, di cui ha sempre usufruito e farebbero frequentare la scuola al figlio solo per 2, massimo tre, giorni a settimana, quando ci sono le attività pratiche in cui è molto portato. I genitori sono consapevoli che il figlio andrebbe incontro a una bocciatura, ma questo anno in più gli permetterebbe una uscita graduale dal mondo della scuola.
La ripetenza, in particolare per gli studenti per i quali è stato predisposto un PEI differenziato, sa di parcheggio e quindi non è possibile. La reiscrizione ad altro indirizzo, trattandosi di una nuova iscrizione, non può più avvenire ai corsi del mattino, in quanto l’alunno è ultradiciottenne, bensì ai corsi serali per adulti. Sarebbe invece opportuno far frequentare allo studente un corso di formazione professionale nel settore della ristorazione, in modo che acquisisca ulteriori apprendimenti pratici.
Sono una docente di sostegno alla scuola dell’infanzia e vorrei chiederle un’informazione. Ho un bambino a scuola con sindrome di down, livello di gravità medio che usufruisce di 15 ore di sostegno e 9 di educativa. Il prossimo anno, visto che sarà l’ultimo della scuola dell’infanzia, vorremmo come scuola, ma anche la famiglia, avere più ore. Abbiamo chiesto al neuropsichiatra che ha fatto l’accertamento di handicap un aiuto ma lui è molto restio a ritoccare la diagnosi perché effettivamente non è lui che lo segue bensì un equipe privata e si dimostra poco disponibile anche a visitare il bambino neo tempi che ci possano consentire l’incremento delle ore. Il bambino ad oggi, non parla e non è autonomo avrebbe proprio bisogno di aiuto aggiuntivo. Potete dirmi qual è la giusta procedura per avere diritto alla richiesta di più ore?
Dovreste convocare una riunione di GLHO (ossia di tutti i docenti della sezione in cui è iscritto l’alunno con disabilità, i genitori dell’alunno con disabilità e gli specialisti dell’ASL che seguono l’alunno); in tale sede, come stabilità dalla legge 122/2010, art. 10 comma 5, specificate le risorse necessarie per il prossimo anno scolastico; la norma, infatti, prevede l’obbligo di indicare “in sede di PEI iniziale” le ore necessarie per garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità Si ricorda che, in base a una Sentenza della Cassazione, l’Amministrazione scolastica non può discostarsi dal numero di ore richieste nel PEI, che sono giustificate dalla situazioni di gravità in cui versano tutte le persone con sindrome di Down e che sono chiaramente specificate nel PEI. Se le risorse richieste non venissero assegnate, i genitori possono inoltrare ricorso alla Magistratura.
Ho una bambina con sindrome rara e ritardo psicomotorio che ha iniziato da pochi mesi la prima elementare. Purtroppo nella sua classe di 23 alunni è presente un altro bambino in attesa di certificazione con forti disturbi comportamentali e fortemente aggressivo… alla bambina sono state date 20 ore di sostegno settimanali ma praticamente l’insegnante di sostegno è quasi sempre impegnata a limitare i danni dell altro bambino e questo sta creando un forte disagio alla nostra bambina che reagisce con atteggiamento oppositivo e esplosioni emotive difficili da gestire per le insegnanti. Cosa possiamo fare?… è lecito da parte nostra chiedere che i due vengano divisi? Come possiamo tutelare nostra figlia fisicamente e psicologicamente?… e difendere i nostri diritti?
Dovreste convocare immediatamente un GLHO e discutere, durante l’incontro, della situazione, adottando soluzioni equilibrate, tra cui, anche quella della separazione dei due bimbi, sembra molto ragionevole; decidete chi dei due debba andare in altra classe, pretendendo però, che sia richiesto al Comune un assistente per l’autonomia e la comunicazione da assegnare al bimbo aggressivo e la sua visita ai fini di conoscere se si è in presenza di un bimbo con disabilità, in modo che poi la scuola adotti quanto necessario per l’applicazione delle norme relative ai suoi diritti.
Sono un docente di sostegno della scuola secondaria di primo grado e per il ragazzo che seguo, nel GLH, con parere favorevole di tutte le componenti, è stata presa la decisione di fermarlo. domanda: la famiglia deve fare l’iscrizione alla scuola superiore pur sapendo che il ragazzo sarà trattenuto?
Non è compito del GLHO stabilire la promozione o la bocciatura di un alunno; questo compito attiene esclusivamente agli insegnanti della classe i quali, sulla base delle dovute e motivate considerazioni di ordine pedagogico-didattico, stabiliscono se ammettere o se non ammettere l’alunno alla classe successiva. Si ricorda che anche gli alunni che s’intende fermare debbono comunque iscriversi all’ordine di scuola successivo, poiché ciò serve alla formulazione dell’organico di diritto; in relazione a tale computo, non è, infatti, legittimo prevedere già una bocciatura alla fine del primo quadrimestre. L’eventuale decisione di non ammissione alla classe successiva, in sede di scrutinio finale, comporterà, di conseguenza, una modifica nell’organico di fatto. Tuttavia sulle ripetenze a conclusione della scuola secondaria di primo grado occorre riflettere, in quanto potrebbero sussistere più conseguenze negative, fra cui:
– la ripetenza impedisce all’alunno diciottenne, ossia che abbia compiuto il 18° anno di età prima dell’inizio del successivo anno scolastico, di frequentare i corsi del mattino della scuola secondaria di secondo grado; potrà frequentare unicamente i corsi serali per adulti, sia pur con tutti i diritti;
– l’aspetto culturale, ovvero il metamessaggio inviato ai compagni e alla società sulle persone con disabilità, per le quali il successo formativo è “impedito dalla loro stessa condizione”;
– l’aspetto personale: lo studente come vivrà la sconfitta di una bocciatura? Il suo impegno verrà vanificato, con probabili conseguenze sul piano psicologico;
– l’aspetto socio-affettivo, derivante dall’interruzione della relazione e della socializzazione con il gruppo dei pari;
– e, non da ultimo, la programmazione messa in atto, che risulterebbe non adeguatamente formulata. Come, infatti, non interrogarsi se quanto stabilito nel Piano Educativo Individualizzato sia stato non debba debitamente rivisto, come prevede la norma. Infatti, se il Consiglio di classe ritiene che gli obiettivi fissati nel PEI siano difficili da raggiungere, deve modificarli in sede di GLHO, in modo da formulare un PEI coerente con le capacità dell’alunno e accompagnarlo, così, al successo formativo, secondo il percorso programmato. Un buon PEI e una buona attuazione dello stesso non giustificano la non ammissione alla classe successiva.
Mio figlio a dicembre 2018 ha compiuto 5 anni gli e’ stato riscontrato un lieve ritardo psicomotorio e di linguaggio ha la 104/92 comma1. Voglio fargli ripetere un altro anno di materna. Come funziona la procedura?
La normativa sull’inizio dell’obbligo scolastico al compimento del sesto anno di età si applica a tutti, compresi i bambini con disabilità. In tal senso è stata abrogata una vecchia circolare che consentiva la permanenza. Le consigliamo pertanto di pretendere di preparare bene con la scuola primaria l’ingresso di suo figlio, a partire dall’inserimento, il prossimo anno, in una classe con non più di 20 alunni (DPR 81/2009, art. 5), proseguendo con la richiesta di ore di sostegno secondo le sue effettive esigenze (le ore per il prossimo anno scolastico devono essere indicate nel PEI, da parte di tutto il GLHO, il gruppo di lavoro formato da tutti gli insegnanti della sezione in cui è iscritto suo figlio, dagli specialisti ASL e da voi genitori). Tale numero verrà poi confermato nella richiesta che la scuola invierà per la costituzione delle cattedre della scuola primaria. Sempre nel PEI vanno indicate, se necessarie, le seguenti risorse: le ore di assistenza per l’autonomia e per la comunicazione (che la scuola inoltrerà al Comune), e la richiesta di assistenza per la cura dell’igiene personale del bimbo, che deve essere svolta da un collaboratore scolastico (CCNL del 2005 art 47,48 e tab. A., nonché all’art 3 del decreto legislativo n. 66/17).
Sono una insegnante di sostegno di scuola primaria. Le scrivo in merito ad una problematica presente in una classe di per sé complessa con più alunni h, con d.s.a. e con ancora qualche difficoltà presente. La classe lavora su un progetto di tipo metacognitivo, dove grande rilevanza ha il lavoro di gruppo e dunque la coordinazione dell’azione didattica del team docente. La presenza di un’insegnante di sostegno che ha difficoltà oggettive ad inserirsi in una didattica di questo tipo è aggravata da evidenti riscontri comportamentali. Purtroppo non sappiamo bene come muoverci e quali risorse poter attivare.
I problemi esposti non sono risolvibili da voi docenti. È opportuno che siano le famiglie a parlarne col Dirigente scolastico e concordare con lui se chiedere la sostituzione della docente oppure se sia il caso che lo stesso Dirigente scolastico invii la docente a una visita medicolegale o inoltri richiesta di visita ispettiva. Vi suggeriamo di parlarne subito con le madri interessante. Nel frattempo
– cercate di evitare che il bambino esca con l’insegnante, prevedendo attività, come d’altra parte avete già descritto, che lo rendano il più possibile partecipe alla vita scolastica, continuando il progetto di tipo metacognitivo avviato,
– contestualmente scrivete al Dirigente scolastico per comunicare le vostre preoccupazioni.
Sono un insegnante di scuola primaria. Nel plesso in cui lavoro è inserito un alunno frequentante la terza con un disturbo oppositivo provocatorio accentuato. In classe riesce a stare per una o due ore poi con vari pretesti (se viene ripreso per un compito non svolto correttamente, se viene elogiato per compiti o altro ….) esce dalla classe sbattendo la porta tirando calci, sedie, lancia calci o botte a chiunque li capiti vicino sia adulto che coetaneo, apostrofa le insegnanti con parole offensive, talvolta rientra in classe sale sui banchi butta in terra tutto cio’ che trova strappa fogli, quaderni dei compagni, alcuni giorni anche a più riprese. Le insegnanti relazionano quotidianamente i comportamenti , da quest’anno ha un insegnante di sostegno per 11 ore , che però non accetta, assume terapia farmacologia ma è regolata dai genitori per cui dorme un giorno si agita a dismisura un altro. Le insegnanti di classe sono sfinite poiché i suoi comportamenti sono imprevedibili e repentini temono per l’incolumità degli altri. Mi chiedo se sia possibile una riduzione dell’ orario di frequenza per agevolare in primis l’alunno che mostra un disagio notevole ma anche i compagni e in ultimo le insegnanti che quotidianamente lavorano con poca serenità.
È necessario convocare il GLHO con urgenza, assicurando la partecipazione di tutti i componenti: della famiglia, degli operatori ASL e di tutti i docenti della classe. Nella riunione sarà utile far presente il comportamento tenuto dall’alunno, sottolineando anche i momenti di tranquillità e aggiungendo le vostre perplessità come qui delineate. Forse il dosaggio dei farmaci deve essere rivisto, ma, in questo caso specifico, spetta all’ASL intervenire per dare le giuste indicazioni alla famiglia. Se i farmaci sono necessari al figlio e loro non li somministrano, qualche assistente sociale potrebbe prendere la scusa per riferirlo al Tribunale dei minori. Per quanto riguarda l’orario scolastico, dato che per l’alunno vige l’obbligo di frequenza, è il caso di verificare se nella scuola ci sono corsi a orario ridotto, in modo che il bambino non veda compromesso il suo percorso formativo; quale seconda ipotesi da accertare vi è la non frequenza delle ore non obbligatorie (ore opzionali) in genere presenti. Parlatene in tale contesto. Ma prima della riduzione dell’orario, sarà necessario valutare quali strategie la scuola possa e debba adottare, in piena sintonia con la famiglia, per gestire le situazioni comportamentali descritte. Al riguardo, suggeriamo di prendere visione della Nota 15 giugno 2010, Prot.n. 4089, in cui trovate precise e utili indicazioni riguardanti gli alunni con ADHD. Se l’ASL dovesse rifiutare di partecipare, adducendo scuse varie, il DS deve contattare il Direttore sanitario e amministrativo del Distretto al fine di pretendere che il personale ASL, data la delicatezza del caso, venga alla riunione, pena segnalazione alla Magistratura dell’omissione di atti di ufficio.
Ho un bimbo in carrozzina che l’anno prossimo andrà in prima elementare, il bimbo è ipovedente grave non parla e non cammina. L’istituto non possiede un ascensore quindi il bimbo dovrebbe rimanere su un solo piano e per entrare ed uscire da scuola deve prendere un ascensore esterno nel retro dell’istituto. Cosa posso pretendere di diritto per mio figlio?
Se nella scuola vi sono aule al piano terra, la classe di suo figlio potrà trovarsi in quel piano, così come, eventualmente la mensa. Se non vi sono aule al piano terra, è necessario che la scuola si attivi per l’abbattimento delle barriere architettoniche, in modo che il bambino possa frequentare serenamente. Per la questione “via di fuga”, il piano terra resta probabilmente la soluzione migliore. Ne parli con il dirigente scolastico.
Per quanto riguarda, invece, le figure professionali, in base al PEI, elaborato l’ultimo anno di scuola dell’Infanzia, immaginiamo che il GLHO (ossia il gruppo di lavoro formato da tutti i docenti della sezione, voi, in quanto genitori, e gli specialisti ASL) abbia indicato quanto necessario per favorire l’integrazione del bambino: le ore di sostegno (ossia la presenza del docente di sostegno) ed eventualmente la figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione. Se il bambino necessita di assistenza igienica, va fatto presente al Dirigente, il quale provvederà a nominare un collaboratore o una collaboratrice scolastica (ex bidello).
Sono insegnante di sostegno dell’infanzia, vorrei sapere se è possibile la permanenza nella scuola dell’Infanzia di un bambino autistico con ritardo cognitivo medio-grave per 2 anni scolastici
La normativa sull’obbligo scolastico, che inizia per tutti al compimento del sesto anno di età, si applica anche agli alunni con disabilità. Pertanto occorre preparare bene il passaggio dalla scuola dell’infanzia a quella primaria, pretendendo il rispetto della normativa sul tetto massimo di 20 (con la possibilità di un aumento in percentuale del 10%, ovvero massimo 22) alunni per classe, la richiesta entro maggio o giugno del numero di ore di sostegno e di eventuale assistenza per l’autonomia e/o per la comunicazione, la formazione e l’individuazione di un collaboratore o una collaboratrice scolastica per l’assistenza igienica (se necessaria), l’eventuale trasporto gratuito da chiedere al Comune, etc. Se gli alunni con disabilità rimangono nella scuola dell’infanzia, trattenuti, poi perdono il contatto coi compagni e si troveranno in seguito a vivere con ragazzi più piccoli di loro, dai quali non possono ricevere gli stimoli che, invece, si ricevono dai coetanei e, quando arrivano alla scuola secondaria di primo e di secondo grado si troveranno in difficoltà a integrarsi coi compagni; da non dimenticare il fatto che, se arrivano a iscriversi alla scuola secondaria di secondo grado avendo superato i 18 anni di età, non potranno frequentare i corsi del mattino e dovranno frequentare quelli serali per adulti.
La scuola organizza corsi di formazione sulla sicurezza gestiti da docenti interni per gli studenti alla fine è previsto come da normativa un test. Questi test permettono l’accesso ai nostri laboratori oltre che all’alternanza. A seconda della specializzazione è sufficiente una formazione di base, in altri anche una specifica. Primo quesito. Nella scuola sono presenti due studenti certificati ai sensi della 104 con PEI ob minimi che sia in terza sia in quarta non hanno potuto frequentare. Il responsabile della sicurezza mi dice che se dovessero tornare a scuola non li fa entrare nei laboratori. Ho chiesto di fare i test on line mi ha risposto che non se ne parla. Mi sembra follia dal momento che li isolerebbe dalla classe.
Secondo quesito. Nella medesima scuola ci sono 3 studenti che hanno un PEI differenziato che non sono in grado di fare il test. Hanno frequentato il corso ma così come è strutturato il test non sono in grado di farlo. Il responsabile mi dice che non li farà entrare nei laboratori al mattino.
Terzo quesito. Il responsabile della sicurezza dice che se a scuola c’è un ragazzo con sindrome schizofrenica non deve frequentare i laboratori e quindi non lo ammetterebbe a determinate specializzazioni anche se lo demotiva.
Chiedo eventuali riferimenti normativi per arrivare ad una soluzione sensata.
La certificazione di ammissione ai laboratori è prevista dalla Circolare Ministeriale n. 363/94; ivi è precisato che tale attestato viene rilasciato dall’ASL, che ha formulato la Diagnosi Funzionale. Qualora l’ASL, che può chiedere di visitare i laboratori, ritenesse che i pericoli per l’alunno siano superabili con eventuali opportuni accorgimenti da essa suggeriti (ad esempio utilizzando prese di corrente protette oppure reti divisorie da fonti di pericolo o, ancora, la presenza di assistente per l’autonomia), l’alunno ha diritto alla frequenza dei laboratori e la scuola è obbligata a predisporre tali accorgimenti. Solo se tali accorgimenti non siano materialmente possibili, per quell’anno l’alunno non potrà frequentare i detti laboratori. In merito a ciascuno dei punti da lei sollevati, si fa presente che: 1) tali alunni debbono essere messi in condizione di poter entrare nei laboratori, sulla base di quanto previsto dalla circolare citata, pena il rischio che la scuola venga denunciata per abuso di potere o per discriminazione; 2) a tali alunni si applica quanto detto sopra; 3) per questi alunni è necessario acquisire un parere dell’ASL e comportarsi secondo quanto da essa indicato.
Sono un’insegnante di sostegno nella scuola secondaria di primo grado e quest’anno ho soltanto 9 ore su un ragazzo con un lieve ritardo. Avendo 9 ore seguo soltanto alcune discipline. Mi è venuto un dubbio. Nel PEI devo inserire soltanto le materie da me seguite oppure tutte le materie che il ragazzo segue?
Il PEI, Piano Educativo Personalizzato dell’alunno, è elaborato “congiuntamente” dai seguenti soggetti: a) tutti i docenti della classe (in cui è iscritto l’alunno con disabilità), b) i genitori o esercenti responsabilità genitoriali dell’alunno co disabilità, c) gli specialisti ASL, che seguono l’alunno. Il PEI, pertanto, deve contenere tutte le discipline studiate dall’alunno, siano esse svolte come gli altri (in modo semplificato), siano invece rapportate alle sue effettive capacità (art. 16, c. 2, della legge 104/92).
Sono la mamma di un ragazzo di 12 anni che frequenta la terza media. Un ragazzo educato, che non mi ha dato mai problemi a scuola, con un media alta e distinto nel comportamento. Mio figlio ha in classe una ragazza violenta (sono stata io stessa aggredita da lei), una bulla, ma che dicono che e’ un elemento h (che scopriamo solo quando succedono degli spiacevoli episodi). Martedi scorso mio figlio ha subito in classe un aggressione da parte sua prima verbalmente e poi fisicamente. Mio figlio si e’ difeso ed ha reagito e per questo motivo gli sono stati dati tre giorni di sospensione. Sospensione decisa esclusivamente dalla reggente, il martedi accade l’episodio e il mercoledi mi notifica la sospensione in piena autonomia, senza consiglio di classe e senza ascoltare i ragazzi. Cosa posso fare?
Il tipo di sanzione disciplinare e l’organo scolastico che può irrogarle sono chiaramente regolati dal DPR n. 235/2007, che ha integrato il Regolamento dei Diritti delle studentesse e degli studenti, emanato alla fine degli anni Novanta. A nostro avviso La sanzione irrogata, senza sentire le parti e senza rispettare il DPR citato, è illegittima e può essere contestata avanti al TAR.
Come insegnante specializzato per le attività di sostegno, vorrei sapere se, in riferimento agli esami conclusivi per la scuola secondaria di primo grado, ci sono sostanziali novità nella valutazione degli alunni nel Decreto Legislativo n 62/17 oppure si fa sempre riferimento alla DPR 122 del 2009 o all’art 16 legge 104? Inoltre si aggiunge qualcosa alla circolare ministeriale 48 del 2012 che parlava di prove differenziate come equipollenti? Insomma, avendo sempre scritto giudizi di amminissione con questi riferimenti normativi, dovrò anche inserire il Decreto Legislativo n 62/17? Se sì in quale forma rispetto la normativa precedente che ho citato?
Per quanto riguarda la valutazione, come precisato nel D.Lgs. n. 62/2017, si deve, obbligatoriamente, far riferimento ai criteri indicati, per ciascuna disciplina, nel PEI (citando l’art. 16 della legge 104/92). Le prove d’esame sostenute dagli studenti con disabilità, preparate dalla Sottocommissione, sono prove differenziate con valore “equivalente”, il cui superamento comporta regolare conseguimento del titolo di studio (D.lgs. 62/2017).
Sono una docente di sostegno. Scrivo nel tentativo di poter dirimere una controversia tra docenti che si è sviluppata nella scuola dove mio marito, docente di sostegno di terza fascia, ha avuto un incarico fino al 30 Giugno. Ora, mio marito segue, in un Liceo, per 9 ore settimanali, una ragazza con ritardo lieve, priva di autostima, la quale adempie ai doveri scolastici con grande motivazione e impegno e segue una programmazione per obiettivi minimi. Sul tema della valutazione, il docente di matematica, fratello di un avvocato, asserisce che gli studenti con obiettivi minimi non possano essere valutati con votazioni superiori al 6. La stessa funzione strumentale per l’inclusione scolastica non ha saputo produrre norme giuridiche attestanti il contrario e ha lasciato la questione in sospeso. Potrebbe, Lei, essere così gentile da fornirmi delucidazioni in merito alla suddetta questione?
Va precisato che l’OM 90/2001, all’art. 15, stabilisce che, nella scuola secondaria, il Consiglio di Classe adotti un PEI i cui obiettivi sono “globalmente riconducibili ai programmi ministeriali” finalizzato al conseguimento del Diploma; tale Pei prende il nome di “semplificato”. In alternativa il Consiglio di Classe può adottare, previa acquisizione del consenso firmato da parte della famiglia, un PEI differenziato, i cui obiettivi, personalizzati, consentono allo studente di conseguire un Attestato di partecipazione. Non esiste, nella norma, la dicitura “obiettivi minimi”. Tanto premesso, dato che il PEI, come contenuti e come “criteri di valutazione”, viene predisposto dal Consiglio di classe per ciascuna disciplina, la valutazione farà riferimento unicamente ai criteri indicati nel PEI, con l’attribuzione coerente del voto; ciò significa che il voto, laddove vi siano capacità e potenzialità evidenti, non debba e non può essere appiattito sul “6 politico”, bensì su valori che arrivano fino al 10, coerentemente con i principi indicati dall’art. 16 della legge 104/92.
Sono una docente della scuola primaria. Nella mia scuola docenti a ruolo su sostegno da un anno all’altro a seconda delle circostanze cambiano alunni a loro assegnati. Per me è un fatto grave. Vorrei sapere qual è la normativa sulla continuità didattica del sostegno.
Se un docente si trasferisce o chiede l’assegnazione provvisoria, la sua partenza determina un’interruzione di continuità nelle classi in cui era assegnato. Se invece il cambio di classe dipende da una decisione assunta dal Dirigente scolastico, allora la situazione cambia. È vero che la normativa assegna al Dirigente Scolastico il potere di assegnare i docenti alle classi, ma è pur vero che il principio della continuità didattica è egualmente presente nella normativa e costituisce, a nostro avviso, un limite ai poteri del DS, quando sono in gioco i diritti degli alunni. Vi suggeriamo di rivolgervi al responsabile regionale per l’inclusione scolastica.Se non riusciste a risolvere tramite l’intervento del referente regionale, non vi resterebbe che rivolgervi ai sindacati-scuola o alla Magistratura.
Sono la mamma di una ragazza down di 16 anni frequentante il secondo anno di un liceo… è stata organizzata una gita scolastica alla quale in principio mi è stata negata la partecipazione ad accompagnarla e poi in seguito pretendono che io paghi la mia quota… mi sono rifiutata e dopo molti incontri e facendo presente che esiste una normativa in tema che dice il contrario pretendono che io faccia una domanda scritta per la mia partecipazione… la mia domanda è giusto che io lo faccia… ho paura che nel momento che faccio questa domanda poi mi facciano pagare perché sono io ha chiedere di partecipare… la scuola in merito alla normativa risponde che non la conoscono e che questa normativa non ha nessun valore ne per la scuola ne a livello giuridico
In realtà, essendo l’uscita didattica un’attività della scuola, devono essere i docenti ad accompagnare tutti gli alunni della classe. E se la scuola è pronta a garantire l’accompagnamento con proprio personale, è sicuro che se lei, in quanto genitore, chiede di accompagnare la figlia, dovrà pagare la quota. Pertanto le suggeriamo di non scrivere nulla e di chiedere alla scuola di provvedere, affinché vi sia il numero di accompagnatori adeguato per consentire a tutti gli alunni della classe, quindi anche a sua figlia, di partecipare all’uscita. Se la scuola assicura l’accompagnatore, lasci che sua figlia, che è già grande (l’associazione italiana Persone Down è disposta ad allenare all’autosufficienza), vada da sola con la classe. Concludendo, l’unica possibilità affinché la ragazza non partecipi all’uscita è una vostra libera e autonoma scelta, in quanto genitori. Diversamente, il diniego a prendere parte all’attività, si configurerebbe come discriminazione, perseguibile ai sensi della legge 67/2006.
Vorrei avere un chiarimento sulle prove equipollenti richieste per l’esame di maturità 2019. Mio figlio frequenta la V Liceo Linguistico ad obiettivi minimi ed essendo affetto da tetraparesi spastica abbiamo indicato nel Pei le prove equipollenti con il docente di sostegno che scriva per lui. Il grave danno motorio (art 3 comma 3 ) lo rallenta molto e i docenti hanno scelto gli obiettivi minimi. La domanda riguarda le simulazioni da fare durante l’anno soprattutto per le lingue inglese spagnolo e tedesco per la seconda prova. Come prova equipollente è stata decisa la lettura e comprensione del testo in lingua straniera con 10 risposte (scritte- vero/falso-a risposta multipla) oltre alla produzione di un tema (dettando al prof di sostegno.) Il chiarimento riguarda il tipo di testo che il docente di lingua deve preparare per fare le simulazioni in corso dell’anno. Attendiamo di conoscere le materie a gennaio ma nel frattempo a scuola stanno facendo le simulazioni. Per inglese e spagnolo la comprensione è buona ma per tedesco è più difficile. L’insegnante di tedesco propone lo stesso testo della classe (livello b2 ) con l’unica modifica di prepararlo in 350 parole anziché 500 con la valutazione uguale al resto della classe. Io mi chiedo se mio figlio ha la programmazione per obiettivi minimi il testo dovrebbe essere equipollente agli obiettivi minimi e non al livello di tedesco B2. Infatti gli studenti che comprenderanno tutto il testo correttamente avranno 10. Quindi il testo in lingua per la comprensione dovrebbe essere più semplice essendo l’obiettivo minimo ma come si può richiedere di fare applicare questo nel Pei? Quale deve essere il livello di Lingua (B1 o B2) per la prova equipollente del liceo linguistico per mio figlio?
Gli alunni con PEI semplificato hanno diritto a prove equipollenti, la cui definizione è descritta all’art 6 comma 1 del DPR n. 323 del 1998.
Sono un’insegnante di sostegno di un Liceo. Quest’anno, per la prima volta, seguo una studentessa di 19 anni, inserita in una quinta classe, affetta da Displegia con assenza di linguaggio verbale fluido e intenzionale. Ha sempre seguito programmazioni differenziate. L’uso del computer, introdotto dal mese di settembre, ha consentito di stimolare il dialogo didattico, educativo e relazionale, dando opportunità, a tutto il Consiglio di Classe, di scoprire abilità cognitive inattese, oltre alla presenza di un mondo interiore ricco e aperto alle nuove conoscenze. Al fine di potenziare il processo educativo della ragazza, il Consiglio di Classe, all’unanimità, e anche su richiesta della famiglia, propone una ripetenza del quinto anno, per poter verificare, in un tempo maggiore, quanto gli obiettivi didattici possano avvicinarsi o corrispondere a quelli minimi delle programmazioni curriculari.Ho letto con attenzione le sue considerazioni in merito alla permanenza degli alunni che svolgono programmazioni differenziate, ma vorrei capire se, appellandoci all’autonomia decisionale del Consiglio di Classe, possiamo, con la ripetenza del quinto anno, garantire all’alunna un recupero dignitoso del diritto allo studio.
La mancata presenza all’esame di Stato comporta, da quest’anno, il rilascio automatico dell’Attestato. Per rispondere alla sua richiesta, è responsabilità esclusiva del Consiglio di Classe stabilire l’ammissione o meno alla classe successiva, così come l’ammissione o meno all’esame di Stato. In sintesi, solamente in caso di non ammissione la studentessa potrebbe ripetere l’anno scolastico (decreto legislativo n. 62/2017).
Abbiamo una ragazza con autismo che frequenta una 1^ liceo.Riteniamo che la richiesta per le ore di sostegno non è stata adeguata da parte della scuola, che non vengano erogati strumenti compensativi per lo studio e che per le valutazioni debbano essere utilizzate metodologie adeguate alla difficoltà di nostra figlia. ABBIAMO BISOGNO DI UNA PERSONA ESPERTA IN MATERIA – ANCHE UN LEGALE – CHE CI AIUTI A METTERE NOSTRA FIGLIA IN GRADO DI FARE IL SUO PERCORSO
Se il docente per il sostegno non è in grado di fare quanto voi richiedete, parlando coi colleghi curricolari, potete rivolgervi al Referente regionale per l’inclusione scolastica della vostra Regione. Se anche con questo non si riesce a superare il problema, allora rivolgetevi ad un avvocato, specie per le ore di sostegno, che debbono corrispondere in base a quanto indicato nel PEI (vedasi legge n. 122/2010, art. 10 comma 5).
Sono insegnante di sostegno nella scuola primaria, mi assento x assistere mia sorella tre giorni al mese, prima il DS mi sostituiva, ora non più. Cosa potrei suggerire al D.S.?
Sembra che le classi in cui lei lavora siano formate solo da alunni “a sviluppo tipico”. Acclarato quindi che la classe è formata da tutti gli alunni, quando lei si assenta per i motivi esposti, deve essere nominato un docente? Se per il primo giorno di lezione il Dirigente può nominare personale interno (ad esempio il potenziamento), per i successivi giorni deve incaricare un supplente, magari affidando l’incarico a personale non in servizio e che ha dato la disponibilità ad aumentare, per supplenze, il suo orario di servizio per massimo 6 ore la settimana (cfr. Nota MIUR 8 novembre 2010, Prot. n. 9839). Tenga presente che la nomina del supplente, dopo il primo giorno, deve effettuarsi se le sue assenze sono consecutive. Se sono separate, il D.S. non può nominare supplenti per un solo giorno. Potrebbe però mandare, come già scritto, un docente del potenziamento.
Sono un insegnante di sostegno. Quest anno sono in una scuola superiore di secondo grado. Ho un dubbio su come vengono assegnate le ore dall’usp. Da un primo conto sono scarse 6 ore ad allievo per la succursale. Come si può fare per avere più ore?
La DS non vuole che la documentazione dei ragazzi disabili e dsa sia presente nella sede della succursale. Quindi quando serve visionare la documentazione bisogna andare nella sede centrale dopo l’orario di servizio. Volevo chiedere se c è un riferimento normativo da presentare per avere la documentazione anche in succursale?
1) Se il numero di ore richieste per i singoli alunni risulta nei singoli PEI, allora le famiglie possono pretendere che l’Ufficio Scolastico Regionale rispetti quell’indicazione, in forza della legge n. 122/2010, art 10 comma 5, diffidando la scuola e l’Ufficio Scolastico Regionale a rispettare tale numero e minacciando che, in mancanza, si rivolgeranno al TAR.
2) I docenti hanno diritto di avere anche copia anonima della documentazione e della diagnosi dei singoli alunni, eventualmente contrassegnata da un numero di codice identificativo. Senza la documentazione relativa, infatti, i docenti non sono in grado di impostare e svolgere un PEI adeguato ai bisogni indicati nelle diagnosi medesime.
L’educatore può accompagnare minori a lui in carico in attività esterne al plesso scolastico (gite, soggiorni, attività sportive, ecc…) anche in assenza di insegnanti ?
L’assistente educatore non ha alunni in carico; egli viene assegnato all’alunno con disabilità per l’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale. L’alunno con disabilità, e ciò vale per tutti gli alunni della classe, è affidato agli insegnanti (a tutti gli insegnanti della classe). In caso di viaggi di istruzione o di uscite didattiche o di attività che si svolgono fuori dal plesso scolastico, attività autorizzate dal Dirigente scolastico e che vedono coinvolti tutti gli alunni della classe, fra gli accompagnatori possono esserci figure educative, ma questo non sottrae i docenti dalla presenza in qualità di accompagnatori, responsabili dell’alunno con disabilità a loro affidato.
Il mio istituto ha aderito ad un progetto educativo motorio presso un altro istituto della nostra città. L’insegnante di sostegno di un alunno non è presente nell’ora in cui l’alunno disabile dovrebbe partecipare al progetto prendendo un pulmino per recarsi all’altro istituto. Potrebbe essere accompagnato dall’educatore che in quell’orario sta con l’alunno?
Non ha indicato se si tratta di una scuola Primaria o Secondaria, né di quale tipo di intervento si tratta e, nello specifico, chi vede coinvolti questo progetto. Se lo desidera, ci dia maggiori informazioni al riguardo. Nel frattempo, facciamo presente quanto segue: poiché la scuola è impegnata in percorsi inclusivi, se viene promosso un progetto in orario scolastico, esso deve essere rivolto a tutti gli alunni della classe e non al solo alunno con disabilità.
Sono un insegnante di scuola primaria su posto di sostegno da ormai 22 anni. Seguo da due anni una bambina autistica e sono da molti anni funzione strumentale per l’inclusione nel mio istituto. Ora, dal prossimo anno scolastico risulterò perdente posto per mancanza di alunni certificati. La mia domanda è questa: essendo presente nel mio istituto un posto di potenziamento su posto comune, in cui però la titolare non ha mai effettivamente preso servizio per motivi di salute, non è possibile chiedere il cambiamento in posto di sostegno? Premetto che non è un problema di posto di lavoro, dopo 22 anni potrei chiedere tranquillamente e ottenere il cambio su posto comune e lavorare vicino casa mia…. ma vorrei poter continuare a seguire la funzione che svolgo con passione…
In via di principio riterremmo che la Sua richiesta possa ottenere accoglimento.
Ne parli col DS, il quale prenderà contatti con l’USR. L’unico problema potrebbe essere costituito dal fatto che i posti di sostegno sono creati in presenza di iscrizioni di alunni con disabilità. In mancanza di alunni certificati, potrebbe passare su posto comune nel suo istituto, mantenendo l’incarico di funzione strumentale per l’inclusione.