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Ramadan e dintorni

Ramadan e dintorni

di Gian Carlo Sacchi

Qualche anno fa la sindaca leghista di Lodi aveva cercato attraverso impossibili richieste di documenti di estromettere i figli dei migranti dalla mensa scolastica; dopo le solite sguaiate grida mediatiche il tribunale di Milano, interpellato da associazioni per la difesa degli immigrati, considerò tale comportamento discriminatorio. Qualche settimana fa lo stesso partito ha cercato di travolgere l’Istituto Comprensivo di Pioltello perché aveva chiuso la scuola l’ultimo giorno del Ramadan, motivandolo dall’assenza di tanti alunni e quindi dalla ritenuta inefficace giornata didattica.

Non è una novità che certa politica cerchi di sfruttare le contrapposizioni sociali che possono generarsi dal rancore verso gli immigrati, ma quando ci sono di mezzo le istituzioni occorre che vengano poste con obiettività a difesa dei diritti di tutti e non utilizzarle per ricercare il consenso popolare. Infatti se alla sindaca non era consentito introdurre specifiche e gravose procedure a carico dei cittadini extra-comunitari, al consiglio di istituto è consentito adattare il calendario scolastico alle esigenze del territorio. Insomma non è andata bene quando non si voleva che questi bambini mangiassero e non può essere che non possano nemmeno digiunare.

L’adattamento del calendario scolastico avviene anche per le feste di carnevale, per prolungare il rientro dei tanti docenti fuori sede e perché al termine del Ramadan non si può riconoscere un giorno di riposo e preghiera soprattutto se già le famiglie si prendono carico di giustificare le assenze dei figli? Gli organi collegiali dell’istituto ne sono ben consapevoli che tale decisione è nelle loro disponibilità, e per questo hanno anticipato di un giorno l’inizio delle lezioni proprio per recuperare, senza subire dinieghi di carattere burocratico, o peggio ancora scomposte reazioni mediatiche che la politica ha fomentato e che la scuola non avrebbe di certo desiderato.

Nessuno ha voluto introdurre la festa del Ramadan nel calendario scolastico, come si è cercato di imputare, ma semplicemente sfumare una scelta che proviene da attività esterne e che avrebbe compromesso la ripresa della didattica. Da quel che si legge tutta la comunità civile e religiosa si è stretta attorno alla scuola che ha saputo interpretare le esigenze della propria comunità e ha voluto integrare le richieste delle famiglie immigrate e italiane, compresi alcuni amministratori che si sono dichiarati leghisti controcorrente.

E’ la comunità scolastica che deve prendere quelle decisioni, è una delle poche prerogative assegnate all’autonomia delle scuole e se,come pare, tutto sia stato deliberato all’unanimità, piaccia o no, deve essere rispettato e la politica si occupi di migliorare la qualità del sistema, che ha già molto da fare, senza entrare a gamba tesa in queste situazioni lasciando trasparire una volontà di strumentalizzare l’accaduto e di far ritornare il controllo centralistico da parte dell’amministrazione.

Qualche screzio tra il digiuno e il rendimento scolastico c’era stato anche prima quando gli stranieri erano molti meno, ma ora che a Pioltello sono il 43%, e non è il solo istituto, soprattutto nelle aree metropolitane delle grandi città, è necessario che la presenza di questi allievi venga organizzata, non solo per ragioni di efficacia didattica, ma anche perché in tali contesti è proprio la scuola il primo avamposto per l’integrazione sociale. Non tutte le scuole mettono mano al calendario, ognuna giustamente si regola in base alle proprie esigenze (magari i musulmani sono meno), alcuni alunni escono durante la pausa pranzo, altri fanno attività diverse, ma non per questo a Pioltello si sono commesse illegalità e men che meno si può pensare che siano succubi dell’ISLAM.

Se contestare l’irregolarità amministrativa sembra debole allora è meglio prendersela con gli scarsi risultati scolastici sanciti dalle prove INVALSI, e questo portato alle estreme conseguenze comporterebbe la chiusura della scuola o la fuga dell’utenza, ma qui sorge una domanda: lo Stato deve redarguire le scuole che conseguono scarsi risultati o aiutarle a migliorarli? L’educationprioritaire francese si occupa dei contesti fragili con finanziamenti superiori e maggiore autonomia gestionale delle scuole stesse. E noi? Almeno potevamo pensare a Pioltello con i fondi del PNRR.Il confronto tra i risultati poi l’INVALSI lo fa tra gli istituti che si trovano nelle medesime condizioni socio-culturali (indicatore escs) e quindi il quadro cambia. Se poi le scuole a prevalenza straniera perdono in media un anno è anche perché l’inserimentodi questi alunni avviene nella classe precedente a quella cui avrebbero diritto per età.

Non si può non condividere l’indicazione del ministro Valditara (Il Giornale) sulla qualità dell’istruzione offerta, in particolare in quelle scuole considerate “di frontiera”; è giusto chiamare ad una riflessione collettiva sulla necessità di garantire un’educazione inclusiva e di qualità a tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro origini. Speriamo dunque che l’invio degli ispettori sia servito anche per offrire supporti e suggerimenti per il miglioramento diquei risultati.

Il futuro di tante nostre città è quello di far crescere in modo possibilmente armonico e democratico comunità formate da più provenienze e visto che i ragazzi, soprattutto quelli di seconda generazione, hanno sempre più punti in comune con gli italiani si conferma la scelta interculturale. Da qui deriva la concezione di scuola laica, tutelata dalla nostra Costituzione, quale risultato dell’incontro e del confronto di culture diverse.

Il consiglio dell’istituto milanese ha adottato una nuova delibera che ha confermato la decisione, la scuola è rimasta chiusa nel giorno prefissato e la politica, dopo una fallita manifestazione di opposizione, ha cambiato argomento. Ma il Ministro non demorde ed è pronto ad un provvedimento legislativo che impedisca alle scuole di prevederne la chiusura per festività religiose non approvate dallo Stato: vediamo come andrà.

Per ora si possono trarre tre più generali insegnamenti da questa esperienza. Il primo riguarda il rapporto con l’ISLAM in Italia, che se non vogliamo decretare un conflitto permanente, il governo deve mettere mano ad accordi come avviene per altre religioni, nei quali sarà possibile regolamentare anche il ruolo del Ramadan nell’organizzazione sociale e dunque anche scolastica. Il secondo riguarda l’autonomia delle scuole, che sembra più che altro un ornamento da esibire e non una condizione da rispettare, se è consentito alla politica di aggredire una scuola passando attraverso il potere centralistico dell’amministrazione. Un partito che si fa paladino dell’autonomia differenziata per i territori a maggior ragione deve essere rispettoso di quelle comunità che cercano di interpretare i territori stessi. Il terzo si riferisce all’attenzione dovuta ai giovani musulmani nel nostro Paese, di cui esiste un’ampia letteratura. Si tratta di creare un senso di appartenenzaeuropeo tra i giovani e armonizzare la religiosità islamica con la vita della società italiana, nonché stimolare i giovani musulmani a valorizzare il territorio in cui vivono.

L’approccio interculturale deve essere anche interreligioso e deve essere considerato in un progetto educativo per una reinterpretazione continua della realtà al fine di ricavare nuovi spazi di autonomia per i giovani, in cui le religioni sono vissute come risorse per la partecipazione sociale. L’associazionismo laico può aiutare le famiglie musulmane a non chiudersi sulla difesa, promuovendo reti sociali trasversali alla religione e alla cultura d’origine. Insomma il giorno di sospensione delle lezioni non mina la laicità, ma è inclusivo e, come hanno espresso i rappresentanti della chiesa cattolica locale, crea ponti tra giovani di fedi differenti: lavorare insieme nella scuola e nella società civile per contrastare paure, stereotipi e discriminazioni.

Anche questa vicenda ci offre un’ulteriore prova di come venga interpretato dalla politica il dettato costituzionale circa le “norme generali sull’istruzione”. Compito del governo nazionale infatti è quello di creare un quadro normativo dei rapporti tra lo stato e le confessioni religiose, mentre si vuole sempre intervenire sui provvedimenti gestionali, che invece competono alle scuole, previa la definizione dei calendari di competenza regionale. Basta però che il consiglio di istituto cambi la “motivazione” della delibera perché il reato sia estinto, rivelando così tutta la strumentalità della contestazione.

Indicazioni nazionali

Indicazioni nazionali
una bussola per la scuola
sulle tracce del pensiero di Giancarlo Cerini

Forlì, 19 aprile 2024

Liceo G. B. Morgagni / Viale Roma 1/3

J. Nesbø, Sole di mezzanotte

Jo Nesbø, l’amore che vince

di Antonio Stanca

    Presso Mondadori Libri, su licenza Einaudi, è comparsa una nuova edizione di Sole di mezzanotte, un thriller dello scrittore norvegese Jo Nesbø. La traduzione è di Eva Kampmann. L’opera risale al 2015 quando Nesbø aveva cinquantacinque anni. Nato a Oslo nel 1960, era cresciuto a Molde dove aveva fatto parte della squadra di calcio Under-19. È stato giornalista, ha lavorato in borsa, per la televisione, per il cinema dove ha collaborato per la trasposizione di alcuni suoi romanzi. Anche come musicista, compositore e cantante si applica nella band Di Derre. L’esordio in narrativa è avvenuto nel 1997 col romanzo giallo Il pipistrello. Era stato un successo immediato, era risultato il miglior romanzo norvegese di quell’anno. Ne era seguita la serie di romanzi gialli, poi quella dei thriller, dei romanzi per ragazzi, dei racconti, dei saggi. Molti premi gli sarebbero stati riconosciuti. A sessantaquattro anni Nesbø è un personaggio noto nell’ambito letterario, musicale, televisivo, cinematografico non solo del suo paese. In molti sensi ha mostrato di volersi applicare fin dall’inizio e ci è riuscito. Ha avuto successo, molto seguito, molto apprezzato è stato giacché l’impegno che si è assunto, le aspirazioni che persegue mirano a risolvere i problemi, le complicazioni che la modernità ha comportato nei rapporti individuali e sociali, nella vita di ogni giorno, negli ambienti di sempre. In crisi si è arrivati a stare in casa e fuori, vittime si è diventati di un sistema che ha annullato ogni riferimento, ogni principio utile a star bene con sé stessi e con gli altri, ha cancellato quei valori interiori, spirituali che aiutavano a superare un problema, una sconfitta. Si è entrati a far parte di un meccanismo mosso da regole proprie, ignaro di qualunque altra, si è giunti alla vita, alla società moderna, a quella che avrebbe dovuto assicurare una condizione migliore rispetto al passato, più sicura, più riuscita, e che, invece, si è rivelata una sconfitta nella quale non s’intravede possibilità di salvezza. 

   Il Nesbø scrittore insiste nella narrazione di una vita che ha perso il bene, l’amore, l’equilibrio ed ha accettato di guastarsi, rovinarsi. Anche in Sole di mezzanotte si dice di una brutta vicenda, di un uomo, Ulf Hansen, che, inseguito dai sicari di un pericoloso killer, il Pescatore, è in fuga da molto tempo e attraverso molti luoghi. Spacciava per conto del killer ma a causa di una grave incombenza, la malattia e poi la morte della sorella, aveva usato il denaro ricavato, non lo aveva corrisposto al capo e questi gli dava la caccia per avere i soldi ed eliminare il colpevole. Ora era giunto a Kåsund, estremo nord della Norvegia e della Terra, dove alto è “il sole di mezzanotte” e gelata l’aria. Aveva trovato rifugio in un capanno di caccia ma non aveva smesso di aver paura, di entrare in allarme ad ogni minimo rumore, di sospettare della circostanza più futile. Verrà, tuttavia, a contatto con la gente del posto, entrerà a far parte di quell’ambiente, intratterrà i suoi rapporti ma non gli riuscirà di superare l’agitazione che lo perseguita. Era spaventato, sapeva che nessun ostacolo poteva esserci per il Pescatore, che ovunque sarebbe stato capace di scovarlo e vendicarsi. Una situazione surreale gli sembra di vivere. Accentuata da un linguaggio scarno, quasi appuntato. Di pericolo, di morte sembra che tutto parli e così sarebbe successo se non ci fosse stata una donna, Lea, che di Ulf si era innamorata, che da lui era stata aiutata e che lo avrebbe fatto sfuggire all’agguato del Pescatore. Aveva voluto ripagare l’uomo del bene ricevuto, mostrare aveva voluto che Ulf poteva fare del bene, che era ingiustamente perseguitato. Insieme al bambino di lei, avuto in precedenza da un matrimonio finito male, fuggiranno lontano da quel posto, vivranno la vita che sempre avevano desiderato, mostreranno come sia possibile star bene, amarsi pur quando tutt’intorno è male.

   Un modo vuol essere quello dello scrittore che si aggiunge ai tanti altri dei suoi libri e che finiscono col formare una concezione, una convinzione, col provare che l’amore è possibile anche quando non lo sembra. Un romanzo d’amore? Anche, viste le tante volte che di amore si dice, si discute, vista la tanta fede religiosa che percorre l’opera e che non accetta di venire a patti con il male, di perdonarlo. Un thriller dove sempre possibile rimane la speranza!

Il Censimento permanente sui banchi di scuola

Istat presenta un progetto di comunicazione dei censimenti e di promozione della cultura statistica, denominato Il Censimento permanente sui banchi di scuola (https://www.istat.it/it/informazioni-e-servizi/per-studenti-e-docenti/censimento-a-scuola). È indirizzato alle scuole primarie e alle scuole secondarie di primo grado ed è svolto grazie alla collaborazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito (https://www.istat.it/it/files//2023/10/Nota-Dirigenti-scolastici.pdf). 

Lo scopo è far conoscere l’importanza del Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni e il ruolo della statistica ufficiale nella lettura e comprensione del Paese. Si compone di un percorso formativo al quale è collegato un contest suddiviso in una competizione statistica, le Censigare, e in un concorso di idee, centrato sul tema Censimento e territorio. Ogni classe, guidata da un docente referente, dopo aver messo alla prova le conoscenze durante la sfida nazionale, è chiamata a realizzare un Progetto creativo che racconti il proprio territorio attraverso l’utilizzo di dati statistici. 

Le notizie dedicate alla quinta edizione, che è in corso di svolgimento e si concluderà il 31 maggio 2024, sono disponibili sul sito Istat (https://www.istat.it/it/archivio/288102). Quest’anno partecipano 5.069 alunni di 286 classi in 114 istituti (134 plessi scolastici). Alle Censigare 150 Ambassador hanno rappresentato le rispettive classi su tutto il territorio italiano; i Progetti creativi pervenuti e in corso di valutazione sono 132

La nuova edizione partirà a ottobre 2024. Molte sono le novità previste. Se lo ritenete opportuno e utile per i vostri utenti, siamo disponibili a mandarvi ulteriori contenuti e maggiori dettagli sull’iniziativa in programma per l’anno scolastico 2024/25. Sarà anche possibile organizzare per le scuole una mattinata in Istat e per far conoscere da vicino ad alunne e alunni l’Ente di ricerca nazionale preposto alla produzione, diffusione e promozione della statistica ufficiale. 

Scuola Futura

In occasione della Giornata nazionale del Made in Italy e della Giornata mondiale dell’Arte (entrambe celebrate il 15 aprile) si svolgerà a Caserta Scuola Futura, il campus itinerante del Ministero dell’Istruzione e del Merito sugli investimenti del Pnrr per promuovere la formazione sulla didattica innovativa e coinvolgere le comunità scolastiche sulle sfide del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Da sabato 13 a lunedì 15 aprile più di 2.600 studentidi scuole secondarie e oltre 850 tra dirigenti, docenti e personale scolastico saranno impegnati in numerose attività formative che abbineranno alla didattica ambiti come lo sport, l’alimentazione, le nuove tecnologie digitali e l’arte, con il coinvolgimento oltre 350 scuole provenienti dalla Campania e da tutta Italia. Nel corso dell’iniziativa saranno inoltre presentate le buone pratiche artistiche, musicali, coreutiche e del Made in Italy delle scuole italiane e sarà attivo lo Sportello Edilizia Scolastica Pnrr.

La cerimonia di apertura di Scuola Futura si svolgerà alle 18 di oggi, presso il PalaPiccolo di Caserta. Nel corso della tre giorni i laboratori e i percorsi di formazione si terranno nella Reggia di Caserta e in diversi altri spazi cittadini (Scuola Nazionale di Amministrazione, Scuola specialisti Aeronautica, Biblioteca Vescovile).

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sarà presente all’evento lunedì 15 aprile a partire dalle 15.30, per visitare i laboratori di Scuola Futura Campus presso la Reggia di Caserta e incontrare i tanti studenti, docenti, dirigenti e lavoratori della scuola lì presenti. Il Ministro parteciperà anche all’evento conclusivo, che si terrà al Palazzetto di Caserta alle ore 16.

A.I. e la questione coscienza. Prolegòmena 1

A.I. e la questione coscienza. Prolegòmena 1

di Gabriele Boselli

Sono stato, anzi sono, un maestro di scuola elementare. Un maestro di quelli, “unici” di prima della controversa riforma degli anni ’90 in cui -salvo che in poche scuole- con i “moduli” e i tests oggettivistici di valutazione degli apprendimenti andarono in frantumi nel pensare e nel conoscere delle scuole ampie capacità d’ intuizione dell’Intero. Sono un maestro “unico” che porgeva/porge agli alunni e ai colleghi coscienza e intelligenza dei nessi che collegano tutti gli esseri, gli oggetti e le pagine materiali e immateriali dei mondi che costituiscono il mondo.

I maestri “unici”, quelli che ancora siedono in cattedra come i colleghi in congedo, continuano sempre il loro studio ad ampio raggio dell’intero panorama culturale e scientifico, panorama irriducibile in ristretti ambiti disciplinari. Ogni disciplina, da sola, è errata. Negli ultimi anni mi sono occupato delle fondazioni epistemologiche dell’Intelligenza Artificiale, una rivoluzione di immense conseguenze su tutte le forme del sapere, della vita e del lavoro dell’uomo.

Dirò di seguito di come i programmi dell’intelligenza artificiale e generativa pongano in termini nuovi le antiche questioni della conoscenza e in particolare della coscienza. Sono pure questioni eminentemente pedagogiche, di pedagogia come, gentilianamente, scienza filosofica.
Inizio da alcune questioni che -da buon “maestro unico” volto all’Intero come nella vecchia scuola elementare- cercherò di dibattere nelle puntate successive. Le prime che argomenterò sono di carattere che potrebbe apparire fondamentale; sono invece fondazionali (tendenti a costituire fondazioni oscillanti, mutevoli per natura e intensità, sviluppantesi per vettori multipli) e operazionalizzabili nella generalità delle discipline. Le seconde potrebbero esser messe in atto nel mondo dell’istruzione, dalla scuola dell’infanzia all’università e agli istituti di ricerca.

Questioni generali

Che conoscenza sarebbe quella che non emanasse da una coscienza umana?

L’Intelligenza Artificiale di una macchina potrà davvero essere cosciente ovvero, (Faggin, 2022) costituirsi in uno stato quantistico puro (matematicamente rappresentabile) irreplicabile e irriducibile?

Vi sono omologie -o magari qualcosa di più- tra strutture della sintassi ordinaria e le architetture dei microprocessori?

E tra dinamiche della memoria dei viventi (umani e non) e memorie dinamiche artificiali, es. RAM? In che senso quel che il computer, manipolatore simbolico ad alta velocità attraverso reti neurali, produce ulteriorità di conoscenza?

L’assemblaggio a divergenza a controllo debole (“creativa”) di n. pagine aggiunge qualcosa di nuovo al patrimonio intellettuale dell’umanità?
Si potranno sviluppare algoritmi di esercizio e sviluppo dell’intuizione e della gamma emozionale? I nuovi computer potranno eludere gli attuali fattori inibitivi dello sviluppo delle scienze (Boselli, 2020)?

Gli imminenti computer quantistici -non più inanimati come gli attuali- troveranno negli spazi sub- atomici di indeterminazione varchi per quelle capacità di intuizione e magari di emozione sinora non accessibili anche per i più potenti fra i computer attuali (macchine con funzioni semplicemente computazionali)?


G. Boselli voce Conoscere in AAVV Per un lessico di pedagogia fenomenomologica, EricKson 2005

G. Boselli Inibizioni del novum in Encyclopaideia – Journal of Phenomenology and Education. Vol.24, n.56, 2020

F.Faggin Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura, Mondadori 2022

Un altro punto di luce…

Cerimonia di intitolazione della Scuola dell’Infanzia Statale Vai Gorizia, 69/g IC. n. 4 “Annalena Tonelli”

“Giancarlo Cerini”

In memoria del Dirigente Tecnico del MIM

“Un altro punto di luce…”, Mercoledì 10 aprile 2024 ore 14.45

interverranno:

Anna Starnini Dirigente Scolastica IC. 4

Gianluca Zattini Sindaco di Forlì

Paola Casara Ass. alle politiche educative

Mario Maria Nanni Dirigente uff. Ambito VII

Loretta Lega presidente Centro studi “G. Cerini”

Fondazione Cassa Risparmi Forlì

Loretta Poggi Quartiere Foro Boario San Benedetto

Associazioni genitori IC.4

Programma:

ore 14.45 interventi

taglio del nastro con canti dei bimbi:

ore 15.30 merenda insieme.

Avventure in Terza Elementare

Avventure in Terza Elementare

di Bruno Lorenzo Castrovinci

All’interno di un istituto dalle pareti color pastello, nel cuore vibrante di una piccola città, la classe terza elementare era un microcosmo di entusiasmo e fantasia. Al timone di questo piccolo mondo c’era Marie, la maestra di Scienze, la cui bellezza non era solo nel suo aspetto solare, con i capelli castani fluenti e gli occhi luminosi, ma brillava anche nel suo amore per l’insegnamento, che trasmetteva ai suoi alunni con ogni lezione.

Accanto a lei, a contrastare il suo calore, stava la maestra Cannolo, una figura alta e slanciata, la cui presenza imponeva un silenzioso rispetto. I bambini, con la loro innocente crudeltà, avevano trovato nel suo soprannome un gioco, ma dietro quella facciata di rigore si celava un cuore pulsante di passione per l’educazione e una tenera dolcezza.

I banchi della classe erano animati da bambini che erano ognuno un universo a sé: c’era Tommy, il piccolo furfante dal sorriso malizioso, Mafalda, la cui serietà nello studio era pari solo alla sua generosità, Maria, che trovava rifugio nell’ombra del suo banco, una timidezza che nascondeva una mente arguta, e Giuseppe, il cui caos era fonte di gioia e qualche disastro divertente.

Marie, nel suo ruolo di guida e musa, li portava a esplorare i segreti del mondo naturale, conducendoli in escursioni tra i prati verdi che circondavano la scuola, dove i piccoli potevano toccare, sentire e vivere la scienza. Ma nelle giornate in cui il vento di avventura soffiava meno forte e Cannolo prendeva il timone, la classe si trasformava in un teatro dell’immaginazione. Con la sua voce, trasportava i bambini in terre lontane, dove le storie erano semi che germogliavano in mente.

La vicepreside, signora Ducati, il cui approccio era tanto diretto quanto il rombo di un motore di una macchina da corsa, aveva introdotto nella scuola un vento di modernità, con tecnologie avveniristiche seminate dal precedente preside e coltivate con cura dal nuovo preside Gatto, il saggio gigante.

La magia della conoscenza si materializzava attraverso una lavagna interattiva, che diventava finestra su mondi sconosciuti, e piccoli terrari, dove le lumache erano diventate simboli di un apprendimento lento ma costante.

E fu in una giornata tinteggiata di ordinaria magia che Marie, ricevendo la visita di una fata madrina, vide la sua classe trasformarsi in un teatro dell’incanto. Con un tocco di polvere stellare, la lezione di scienze divenne un’esperienza viva, un’avventura tra i segreti del mondo naturale che si svelavano davanti agli occhi meravigliati dei bambini.

Cannolo, testimone di quella gioia pura, trovò la chiave per aprirsi a un nuovo modo di insegnare. E con l’aiuto di Lory, l’amica viaggiatrice, impreziosì le sue lezioni con racconti di terre lontane, trasformando le ore in classe in un viaggio senza confini.

Così, con la sinfonia delle risate, la classe terza diventò il cuore pulsante della scuola, un luogo dove ogni giorno si apprendeva che l’educazione era più di semplici lezioni; era un’avventura da vivere con tutto il cuore, una storia da scrivere insieme. La lezione più grande, che Tommy, Mafalda, Maria e Giuseppe portarono con sé, era che ognuno, con il proprio modo unico e speciale, aveva qualcosa di incredibile da offrire al mondo. E così, tra lezioni al parco, esperimenti magici e viaggi immaginari, il mondo incantato della classe terza dimostrò che l’apprendimento poteva essere la più grande avventura di tutte.

M. Murgia, Chirù

Michela Murgia, un vento nuovo

di Antonio Stanca

   Una nuova edizione ha avuto di recente presso Mondadori Libri, su licenza Einaudi, Chirú, un romanzo di Michela Murgia che risale al 2015 quando era diventata nota con Accabadora e con i riconoscimenti che le aveva procurato. Di formazione cattolica la Murgia era agli inizi di un’attività che non sarebbe stata solo narrativa.

   Nata a Cabras nel 1972, sarebbe morta a Roma nel 2023 quando aveva cinquantuno anni. Non è vissuta molto ma molto ha fatto. Ha cominciato con lo studio di Scienze Religiose presso la Diocesi di Oristano, ha insegnato religione per alcuni anni, ha fatto la guida turistica, l’impiegata in aziende, si è applicata senza perdere di vista quanto avveniva o si profilava nella realtà del momento. Non è mai rimasta lontana dai problemi del suo tempo. Ne ha fatto motivo di narrativa, di teatro, è stata saggista, giornalista, ha condotto trasmissioni televisive, radiofoniche finalizzate, tra l’altro, a fornire aggiornamenti, indicazioni, consigli di lettura riguardo al panorama culturale, letterario, artistico contemporaneo. L’hanno vista altre manifestazioni pubbliche, è stata la prima donna a tenere nel 2020, alla Scala di Milano, il discorso inaugurale. Avvenne a porte chiuse per il Covid.  Una presenza attiva la sua, chiara, lucida negli interventi, orali o scritti, circa i tanti problemi che la modernità ha accumulato. Un’attivista può essere definita la Murgia: il suo spirito di partecipazione, la sua passione sono quelli che nelle sue opere, romanzi, teatro, vanno alla ricerca della regola, della misura, dell’equilibrio pur in vicende complicate. Sembra che interpreti quell’antico bisogno di giustizia, di riscatto proprio della sua Sardegna. Non a caso si era messa in politica per l’Indipendenza dell’isola. È un animo accesso e così nelle opere. Spesso sono storie d’amore molto sofferte per le quali la scrittrice cerca una via d’uscita. Anche in Chirú succede così: un giovane, che studia al Conservatorio, si rivolge a Eleonora, maestra di musica e attrice di teatro impegnata a rappresentare il suo repertorio in Italia e all’estero, affinché lo aiuti ad acquisire una solida preparazione musicale. Eleonora accetta e tra i due avviene un fenomeno di attrazione al quale nemmeno lei riesce a sfuggire. Anche se non si vedono si pensano in continuazione finché Eleonora non incontra Martin, un ricco svedese proprietario di un teatro e organizzatore di spettacoli. Anche l’uomo è attirato dalla sua bellezza e la donna pensa sia giunto il momento di staccarsi da Chirú. Lo farà nonostante il travaglio e il dolore che si rende conto di procurare al ragazzo e a sé stessa. Soffriranno entrambi ma è più giusto così.

   Abile sarà la scrittrice a procedere con sicurezza, chiarezza nello svolgimento e nella soluzione di un rapporto diventato così difficile. Niente le sfuggirà di quanto avvenuto in breve tempo tra il ragazzo e la donna. Non ci sarà particolare che rimanga privo di evidenza, che non si aggiunga al già detto. Ricca di qualità è la Murgia e non rinuncia a mostrarle nei contenuti e nella forma. A muoverla, sostenerla sono le ragioni dello spirito, le considera superiori a tutte, le persegue, le rappresenta, ne scrive convinta che valgano ovunque e per sempre. La sua prima formazione cattolica è servita ad orientarla in questo senso ma poi sono venute le sue convinzioni, si sono formati i suoi principi, quelli che volevano essere regole per la vita, per l’umanità, per la storia. Una delle ultime grandi umaniste può essere considerata Michela Murgia, della sua religione da bambina ha fatto un messaggio aperto a tutte le forme della sua attività fossero di scrittrice o di drammaturga, di giornalista o di saggista. In molti sensi si è impegnata perché il suo era un vento nuovo e ovunque pensava che dovesse farlo giungere!

Laicità e identità religiosa nella scuola multiculturale

Laicità e identità religiosa nella scuola multiculturale

di Gianluca Dradi

Le forti polemiche suscitate dalla decisione del consiglio di istituto di una scuola di Pioltello, di disporre un giorno di sospensione delle attività didattiche in occasione dell’ultimo giorno del Ramadan, offre il pretesto per una riflessione sul tema dello spazio che può essere riservato alle espressioni religiose all’interno della scuola pubblica, in un contesto ormai sempre più multiculturale.

Preliminarmente appare opportuno, sulla vicenda specifica, e per quanto si può ricavare dalle informazioni acquisibili attraverso gli organi di stampa, riconoscere la legittimità formale dell’operato della scuola che si è limitata a deliberare, ai sensi dell’art. 5 del DPR 275/1999, un adattamento del calendario scolastico, prevedendo un giorno di sospensione, da recuperare, in occasione della fine del Ramadan, atteso che il 40 % dei propri alunni sarebbe verosimilmente rimasto assente da scuola.

La norma citata viene applicata dalla generalità delle istituzioni scolastiche proprio in occasione dei “ponti” tra una festività e l’altra, considerando inutile tenere aperta la scuola quando appare verosimile che la maggioranza degli studenti rimarrebbe assente, nonché per venire incontro alle esigenze del personale residente fuori sede.

Precisato quindi che la decisione della scuola di Pioltello non è sorretta da una motivazione di contenuto religioso, ma si preoccupa semplicemente di essere inclusiva rispetto ad una rilevante quota della propria popolazione studentesca, l’episodio consente di proporre una riflessione sulle varie tipologie di manifestazioni religiose nella scuola: apposizione del crocifisso, presenza di alunne col velo islamico, benedizioni pasquali, apprestamento di presepi ecc.… E nel conseguente dibattito che nasce a seguito delle espressioni del sacro dentro un’istituzione pubblica ispirata al principio della laicità.

La laicità quale principio supremo dell’ordinamento

La Corte Costituzionale ha avuto plurime occasioni per precisare il concetto di laicità. Si segnala, in particolare, la sentenza n. 203 del 1989, nella quale la Corte afferma che gli articoli 2,3,7,8,19 e 20 della Costituzione concorrono a strutturare il principio supremo della laicità che caratterizza la nostra forma-Stato.

Tale principio si declina come equidistanza rispetto alle diverse confessioni religiose e non confessionalità dell’azione pubblica.

Ma, precisa la Corte, il principio di laicità non risponde ad un concetto ideologizzato ed astratto di estraneità rispetto alle istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini, implicando, invece, la «non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni», e, come precisato dalla Corte Cost. nelle sentenze n. 67/2017 e n. 254/2019, la «tutela del pluralismo a sostegno della massima espressione della libertà di tutti».

In altri termini, il concetto di laicità fatto proprio dalla nostra Costituzione non è sinonimo di chiusura di fronte al fenomeno religioso, ma significa apertura all’inclusione dei diversi orientamenti religiosi, nonché riconoscimento del loro valore in quanto tratto distintivo dell’identità personale e per il contributo che i valori religiosi possono apportare alla crescita della società.

L’uguaglianza dei cittadini e delle confessioni religiose davanti alla legge, può avvenire verso il basso o verso l’alto: nel primo caso, neutralizzando lo spazio pubblico rispetto al fenomeno religioso, nel secondo caso, invece, riconoscendo il valore delle diverse identità di fede e tutelando il loro diritto di esprimersi.

Come esempio di questo secondo modo di intendere il concetto si può citare la sentenza 440/1995 della Corte Cost. che, nel dichiarare l’incostituzionalità parziale del reato di bestemmia[1], precisa che «la scelta attuale del legislatore di punire la bestemmia, una volta depurata del suo riferimento ad una sola fede religiosa, non è dunque di per sé in contrasto con i principi costituzionali, tutelando in modo non discriminatorio un bene che è comune a tutte le religioni che caratterizzano oggi la nostra comunità nazionale, nella quale hanno da convivere fedi, culture e tradizioni diverse».

La laicità che riconosce il valore pubblico del fattore religioso significa quindi equidistanza dalle diverse confessioni, ma al tempo stesso tutela di tutti i valori religiosi.

Così concepita diviene anche un utile strumento di governance di una società complessa, multietnica e multiculturale, in quanto mezzo di dialogo che consente il confronto tra diverse visioni e valori su un piano di parità.

Come affermato da Pastore[2], infatti, «le società multiculturali (…) hanno bisogno di uno stato imparziale (e non neutrale, nel senso di indifferente), dove le molteplici identità possano rivelarsi, riconoscersi reciprocamente ed essere trattate con eguale considerazione e rispetto».

L’esperienza del sacro nelle istituzioni scolastiche

In una società che si definiva secolarizzata, sta invece emergendo con forza il tema del sacro e la richiesta di riconoscimento delle proprie identità culturali e valoriali da parte delle comunità immigrate e, come reazione, da parte di gruppi autoctoni che sentono minacciati i propri valori.

La scuola è il luogo per eccellenza in cui una società pluralista deve trovare il modo di incontrarsi e non scontrarsi. Perché è caratterizzata da un modello educativo e formativo «fondato sui valori dell’inclusività, dell’interculturalità, della democrazia e della non discriminazione», come recita l’art. 2 del D.lgs. 64/2017. Perché è «una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni» (art. 1 DPR 249/1998), dunque il luogo di formazione della cittadinanza, che ha nel suo DNA la funzione di tenere insieme il mondo civile, educandolo ed istruendolo.

E dentro la scuola queste istanze di affermazione delle identità religiose si esprimono in vari modi.

Alcuni, come l’indossare il velo islamico, piuttosto che la kippà ebraica o il clergyman del sacerdote che insegna religione, non dovrebbero suscitare dubbi sulla loro ammissibilità, in quanto chiara espressione sia del diritto all’identità personale sia della libertà religiosa (ed appare ingiustificato imporre ad un credente di lasciare la sua fede fuori dall’aula). In proposito, seppure riferito al caso dell’annullamento di un’ordinanza sindacale che vietava il burqa, il Consiglio di Stato, con sent. n. 3076/2008, ha dichiarato che il nostro ordinamento consente che una persona indossi il velo per motivi religiosi o culturali.

Un altro esempio è quello delle scuole che, in occasione delle festività natalizie, hanno la tradizione di allestire il presepe: in questo caso penso che il comportamento di quelle istituzioni scolastiche che decidono di modificare le loro prassi al fine di non discriminare altre religioni sia una forma di ipercorrettismo: il presepe, infatti, non è un simbolo religioso, perché, seppur originato dalle tradizioni proprie del cristianesimo, ha essenzialmente una valenza storico-culturale, al pari delle tante opere del nostro ricco patrimonio artistico che raffigurano soggetti e temi religiosi.

Venendo invece ai simboli o riti religiosi, un caso ricorrente è quello delle benedizioni pasquali. Sulla questione è utile fare riferimento alla pronuncia del Consiglio di Stato, sent. n. 1388/2017, che ha sancito il principio secondo cui «Gli organi scolastici quali il Consiglio di Circolo e il Consiglio di Istituto sono legittimati ad autorizzare lo svolgimento di “benedizioni pasquali” o di altri atti di culto all’interno degli edifici scolastici pubblici quale forma di attività complementare alla didattica. […] Né all’ammissibilità delle pratiche di culto osta la circostanza che le stesse, essendo espressione di uno specifico credo religioso, ben difficilmente potranno essere condivise dalla totalità degli studenti, giacché è compito della scuola riconoscere e valorizzare i diversi orientamenti confessionali ed ideologici, creando un clima di reciproca comprensione, conoscenza, accettazione e rispetto».

Come si può notare, la Corte, nel riconoscere dentro la scuola -alla condizione che ciò avvenga in orario extrascolastico e con partecipazione facoltativa- la possibilità di “cittadinanza” del rito della benedizione, fa riferimento al diritto di tutti gli appartenenti alle diverse confessioni religiose, con la conseguenza che analogo diritto di cittadinanza avrebbero anche riti di altre confessioni.

Del resto, pochi rammentano che l’art. 311 del testo unico delle leggi sull’istruzione (D.lgs. 297/1994) dispone che (sottolineatura aggiunta) «l’insegnamento religioso ed ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene [di insegnamenti religiosi], non abbiano luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti». Quindi la norma ammette i riti a certe condizioni.

Altro caso, che in qualche misura richiama l’episodio dell’istituto comprensivo di Pioltello, è quello della sospensione delle lezioni in occasione di festività religiose diverse dalla cattolica.

Qui basti ricordare che ciò già avviene da molti anni, nei comuni piemontesi in cui esistono le comunità valdesi, in occasione del 17 Febbraio[3].

Inoltre appare significativo come il Governo italiano si sia difeso nella famosa causa Lautsi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, per come riportato nel seguente passaggio della motivazione della sentenza CEDU, Grande Chambre, Lautsi c. Italie (n° 30814/06), 18 marzo 2011 (sottolineatura aggiunta): «selon les indications du Gouvernement, l’Italie ouvre parallèlement l’espace scolaire à d’autres religions. Le Gouvernement indique ainsi notamment que le port par les élèves du voile islamique et d’autres symboles et tenues vestimentaires à connotation religieuse n’est pas prohibé, des aménagements sont prévus pour faciliter la conciliation de la scolarisation et des pratiques religieuses non majoritaires, le début et la fin du Ramadan sont “souvent fêtés“ dans les écoles et un enseignement religieux facultatif peut être mis en place dans les établissement pour “toutes confessions religieuses reconnues“ (§ 74)[4]».

Si può concludere la casistica con il tema dell’apposizione del crocifisso nelle aule scolastiche e come esso sia stato risolto dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, con sent. n. 24414/2021.

Il caso specifico originava da un conflitto tra gli studenti di una classe, che chiedevano il crocifisso, ed un docente che vi si opponeva in nome della laicità “alla francese” (nel senso dell’assoluta neutralità dello spazio pubblico), sentendosi coartato nella sua libertà di insegnamento dalla presenza del simbolo religioso.

La suprema Corte, in primo luogo, rammenta che la fonte normativa che prevede che tra gli arredi delle aule scolastiche sia ricompreso il crocifisso (art. 118 del R.D. 965/1924) deve essere interpretata in senso conforme alla Costituzione: nel contesto nel quale quella norma fu emanata, la religione cattolica era la religione di stato e questo spiegava il carattere obbligatorio dell’esposizione del crocifisso. Dopo la promulgazione della Costituzione e la revisione dei patti lateranensi, avvenuta nel 1984, l’esposizione autoritativa del crocifisso non è più ammissibile perché incompatibile con la distinzione degli ordini dello Stato e delle confessioni religiose.

Il crocifisso di Stato nelle scuole pubbliche, spiega sempre la Corte, entra in conflitto anche con un altro corollario della laicità: l’imparzialità e l’equidistanza che devono essere mantenute dalle pubbliche istituzioni nei confronti di tutte le religioni, indipendentemente da valutazioni di carattere numerico, non essendo più consentita una discriminazione basata sul maggiore o minore numero degli appartenenti all’una o all’altra di esse. Ed entra in conflitto con il pluralismo religioso come aspetto di un più ampio pluralismo dei valori.

Ma l’illegittimità dell’obbligo di esposizione non si traduce automaticamente nel divieto di affissione: «la disposizione regolamentare non può più essere letta come implicante l’obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole, ma va interpretata nel senso che l’aula può accoglierne la presenza allorquando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ragionevole accomodamento che consenta di favorire la convivenza delle pluralità».

La Corte offre dunque un’interpretazione evolutiva che tramuta l’obbligo di esposizione del crocifisso in una facoltà, affidandone la decisione alle singole comunità scolastiche.

Detta altrimenti: la parete dell’aula nasce bianca, ma può anche non restare spoglia ed accogliere la presenza di simboli religiosi per soddisfare un bisogno degli studenti.

Il tema del possibile conflitto va risolto caso per caso, alla luce delle concrete esigenze, nei singoli istituti scolastici, con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti e con il metodo della ricerca del più ampio consenso possibile.

In tale modo il simbolo del cristianesimo, inserito in un contesto aperto alla presenza di simboli di altre religioni o di altre culture propri dei membri della comunità scolastica e quindi alla plurale ricchezza dei contributi offerti, concorre a delineare uno spazio pubblico condiviso, caratterizzato da una molteplicità di ragioni dialoganti e ispirato a una neutralità accogliente delle identità.

Il ruolo dell’autonomia scolastica

Le decisioni in materia di simboli e riti religiosi nella scuola laica e multiculturale è opportuno e necessario siano assunte dalle istituzioni scolastiche e non affidate ad autorità esterne.

Già il Consiglio di Stato, con sent. n. 1388/2017, ricordava come l’art. 4 DPR 275/1999[5], «ammette esplicitamente, con l’espressione “riconoscono e valorizzano le diversità”, tutte quelle iniziative che si rivolgano, piuttosto che alla generalità unitariamente intesa degli studenti, soltanto a determinati gruppi di essi, individuati per avere specifici interessi od appartenenze, per esempio di carattere etico, religioso o culturale, in un clima di reciproca comprensione, conoscenza, accettazione e rispetto, oggi tanto più decisivo in relazione al fenomeno sempre più rilevante dell’immigrazione e della conseguente necessità di integrazione».

Afferma inoltre la citata sentenza della Cassazione che l’autonomia, oggi riconosciuta anche a livello costituzionale dall’art. 117, significa inserire dentro il pubblico quei margini di flessibilità e di adattabilità ai diversi contesti che l’uniformità normativa non garantisce.

Ne deriva che spetta agli organi collegiali scolastici, che di quell’autonomia sono i registi, la competenza in ordine a scelte che investono la creazione di un ambiente condiviso nel quale si svolgono le relazioni tra docenti, alunni e famiglie, come pure l’eventuale gestione dei conflitti che ne possano derivare.

Si può concludere con la seguente citazione della Corte: «la strada da percorrere […] è quella dell’accomodamento ragionevole [che] è il luogo del confronto: non c’è spazio per fondamentalismi, per dogmatismi o per posizioni pretensive intransigenti che debbano valere in ogni caso nella loro pienezza irrelata.

L’accomodamento ragionevole è basato sulla capacità di ascolto e sul linguaggio del bilanciamento e della flessibilità. Valorizza le differenze attraverso l’avvicinamento reciproco orientato all’integrazione tra le diverse culture. La dimensione che lo caratterizza è quella dello stare insieme, improntata ad una logica dell’et et, non dell’aut aut.

Seguendo questa prospettiva, le soluzioni vanno ricercate in concreto, non sulla linea di chiusure e di contrapposizioni, ma attraverso un dialogo costruttivo in vista di un equo contemperamento delle convinzioni religiose e culturali presenti nella comunità scolastica, dove la plurale e paritaria coesistenza di laici e credenti, cattolici o appartenenti ad altre confessioni, è un valore inderogabile».

Ovviamente, affinché questa autorevole indicazione sia concretamente perseguibile, è richiesto a tutti i componenti della comunità scolastica un atteggiamento di disponibilità e tolleranza rispetto alle posizioni culturali espresse dagli altri. In presenza di soggetti che brandiscono “valori non negoziabili”, il principio della ragionevolezza e della ricerca del più ampio consenso possibile, finirà altrimenti per tradursi, inevitabilmente, nel classico principio maggioritario per l’assunzione delle decisioni.


[1] reato previsto dall’art. 724 C.P. nei confronti di chi inveisce “contro la Divinità o i simboli o le persone venerati nella religione di stato”; la incostituzionalità è stata dichiarata per il riferimento esclusivo ai simboli/persone venerate dalla religione cattolica.

[2] B. Pastore, Società multiculturale e laicità, in R. Bin, G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi (a cura di), La laicità crocifissa? Il nodo costituzionale dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, Torino, 2004

[3] Il 17 Febbraio 1848 Re Carlo Alberto concesse i diritti civili e politici ai sudditi valdesi.

[4] secondo le indicazioni del Governo, l’Italia apre lo spazio scolastico anche alle altre religioni. Il Governo indica quindi in particolare che non è vietato indossare da parte degli studenti il ​​velo islamico e altri simboli e indumenti con connotazioni religiose, sono previste misure per facilitare la conciliazione tra scolarizzazione e pratiche religiose non maggioritarie, l’inizio e la fine del Ramadan sono “celebrati spesso” nelle scuole e l’insegnamento religioso facoltativo può essere istituito negli istituti per “tutte le confessioni religiose riconosciute”.

[5] “Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema (…) concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo”

Giornata internazionale della consapevolezza sull’Autismo

2 aprile 2024

di Carlo Hanau[1] e Flavio Sartoretto[2]

Nella giornata internazionale della consapevolezza sull’Autismo, proponiamo alcune considerazioni sul rilevante aumento della popolazione di studenti con disabilità e in particolare con disturbo dello spettro autistico (ASD-Autism Spectrum Disorder).

Consideriamo i dati contenuti nel Report Istat denominato “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità anno 2022-2023” (pubblicato lo scorso 2 febbraio e disponibile, assieme alle relative tavole, a questo link). Vedere in particolare la Tavola riportata, dove il “Disturbo dello sviluppo psicologico” (alias ASD, alias “Disturbi generalizzati dello sviluppo psicologico”, alias “Sviluppo”) sono nettamente prevalenti su tutti gli altri nella scuola dell’infanzia e in quella primaria.

Rispetto all’anno precedente si stima una fortissima crescita: si arriva a 338mila alunni e alunne con disabilità (+7%). Così si raggiunge il 4,1% di tutti gli alunni e alunne di tutti gli ordini e gradi. Nell’A.S.2018-2019 il numero degli alunni con disabilità certificata ammontava a 284mila, 3,3% sul totale. Fra l’A.S. 2018-2019 e quello 2022-2023 si sviluppa la pandemia COVID che giustificherebbe un approfondito confronto fra questi anni.

L’aumento degli alunni con disabilità avvenuto nella scuola primaria nell’ultimo anno, 5,1% rispetto a 4,8% nel 2021-2022, è l’indicatore più importante e deve essere interpretato come segnale fortemente negativo. In questa fascia di età le disabilità vengono riconosciute quasi tutte e non si presenta ancora il fenomeno dell’abbandono scolastico, anche perché la scuola primaria italiana è abbastanza inclusiva. Il calo dovuto ad abbandono aumenta moltissimo nella secondaria di secondo grado. Per questi motivi si ritiene che l’indicatore di prevalenza della disabilità nelle fasce di età della scuola primaria sia quello maggiormente rappresentativo dell’aumento della disabilità fra gli alunni.

L’aumento delle diagnosi di autismo era prevedibile e sarà ancora più forte nel futuro, come dimostrano i Paesi più progrediti, come l’Australia. L’Italia segue col ritardo di 11 anni quello degli USA (Cfr. Stati Uniti d’America, l’autismo aumenta ancora ). Il nuovo rapporto dell’Istat consente di aggiornare alcune nostre considerazioni su questi temi, già espresse nei seguenti contributi: Autismo, criteri diagnostici e prevalenza: una riflessione critica  e Riflessioni sul nuovo Rapporto ISTAT dedicato agli alunni con disabilità ). Piuttosto che negare l’aumento reale, occorre migliorare la conoscenza della sua eziologia, che è molto differenziata, trattandosi di centinaia di malattie rare e ultrarare. Quelle note sono tutte di origine organica, peccato che non si facciano gli esami per trovarne la frequenza nella popolazione con autismo. La complessità delle cause tutte da chiarire richiede invece una ricerca approfondita, che in Italia è molto trascurata e che la nostra A.P.R.I. richiede da sempre.

La Tavola 13 del Rapporto 2022-2023 dell’Istat https://www.istat.it/it/archivio/293606, mostra che l’ASD (abbreviato come “Sviluppo”) rappresenta il 31,8% del totale degli alunni con disabilità di tutte le scuole, circa 107mila alunni.

Appare chiaro l’aumento notevolissimo dell’ASD nella primaria. L’aumento dell’ASD è stato più elevato delle altre disabilità. L’ADHD (Disturbo della ipercinesia e disattenzione continua), spesso associato all’ASD, cresce molto.

Il numero degli insegnanti di sostegno, è cresciuto più del numero degli allievi con disabilità. Insieme agli Assistenti all’autonomia e alla comunicazione e/o agli Educatori sociopedagogici, se fossero qualificati, basterebbero a coprire tutte le ore necessarie persino per l’intervento precoce intensivo di 25 ore settimanali in rapporto 1:1 di cui alla Linea guida 21 del 2011 sui bambini e adolescenti con autismo.

Su questo argomento abbiamo già scritto molto, avanzando quattro proposte fattibili e sostenibili economicamente dal bilancio pubblico, di cui si può leggere al seguente contributo: La scuola continua a essere drammaticamente impreparata ad accogliere bambini e bambine con autismo (pubblicato sul sito del centro «Informare un’h» il 26 settembre 2023).


[1] Presidente di Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale (A.P.R.I.), già Docente UNIMORE

[2] Senior Researcher Università Ca’ Foscari Venezia

Verso linee guida sull’uso dell’IA

Verso linee guida sull’uso dell’intelligenza artificiale

di Gennaro Palmisciano *

È recente la notizia di una intera classe che nel fine settimana aveva svolto un compito scritto ricevuto per casa su ChatGPT. Il docente si era reso conto della variazione di stile, per svolgimenti perfetti, e aveva chiesto agli alunni di integrare verbalmente ponendo alcune domande, con esiti “drammatici”:  non sono stati in grado neanche di leggere e capire il testo che avevano consegnato. La soluzione trovata da quel docente mi sembra una buona idea. Ma le questioni sono di più vasta portata.

Il problema non è solo come posso controllare la veridicità di un testo generato da ChatGPT.

L’uso massiccio dell’intelligenza artificiale (IA o AI) implica gravi rischi connessi, per esempio, al trattamento dei dati personali e ad un aumento di produttività con pochi precedenti nella storia. Siamo posti di fronte a questioni non solo educative ed etiche, ma anche economiche e sociali del tutto inesplorate.

La concentrazione della tecnologia in poche reti dominanti, il fatto di poter fare tutto su una sola piattaforma, facilita la nostra vita. Più scelta, più comodità, più informazioni, a prezzi spesso più bassi. Ma la concentrazione riduce anche la concorrenza e l’innovazione e può lasciare molti indietro. Ci sono persone e imprese in condizioni di svantaggio che rischiano di rimanere ancora più indietro. Alle persone meno giovani e alle aziende meno dinamiche viene chiesto uno sforzo maggiore per rimanere al passo. Oppure pensiamo alle persone o alle aziende che non hanno le risorse necessarie per dotarsi di tecnologia all’avanguardia. C’è perciò il rischio che le diseguaglianze nell’accesso e nella capacità d’uso della tecnologia aumentino le tensioni sociali già esistenti. 

L’intelligenza artificiale è comunque uno strumento nelle mani dell’uomo e, se programmato male, può produrre danni terribili: si immagini a quello che potrebbe accadere in seguito ad armi guidate da un’IA fallace.

Il problema di fondo, oggi come ieri, è governare, anziché subire, il progresso tecnologico.

I governi a vari livelli hanno cercato di dare una risposta.

“L’intelligenza artificiale ha un grande potenziale: può trasformare l’istruzione e la formazione per gli studenti, gli insegnanti e il personale scolastico, può aiutare gli studenti con difficoltà di apprendimento e sostenere gli insegnanti grazie all’apprendimento personalizzato. L’utilizzo dell’IA e dei dati comporta tuttavia rischi per la vita privata e la sicurezza, in particolare quando riguarda i nostri giovani. Sono quindi lieta che gli orientamenti contribuiranno a garantire che questi rischi siano presi in considerazione e che i nostri figli possano essere protetti e al sicuro” ha affermato Maryia Gabriel, commissaria per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani.

“L’intelligenza artificiale (IA) sta diventando onnipresente nella nostra economia e nella nostra società: influisce sul modo in cui restiamo informati e prendiamo le decisioni. È quindi naturale che abbia raggiunto anche le nostre scuole. L’uso dell’IA nell’istruzione non è più un miraggio lontano. L’intelligenza artificiale – scrive Mariya Gabriel – sta già cambiando le modalità di lavoro di scuole, università ed educatori, e le modalità di apprendimento dei nostri figli. Sta inoltre rendendo i contesti educativi più reattivi aiutando gli insegnanti a rispondere alle necessità specifiche di ciascun discente, e si sta rapidamente convertendo in un elemento fondamentale del tutoraggio personalizzato e della valutazione, mettendo sempre più in luce il potenziale di cui dispone per fornire preziose informazioni sullo sviluppo degli studenti. L’impatto dell’IA sui nostri sistemi di istruzione e formazione è innegabile, e aumenterà ulteriormente in futuro. Ecco perché gli Orientamenti etici per gli educatori sull’uso dell’intelligenza artificiale (IA) e dei dati nell’insegnamento e nell’apprendimento sono non solo utili ma addirittura indispensabili. Se ne allega copia certi che l’UE ha risposto, in questa prima fase, già dal 2022, alle prime sollecitazioni del mondo dell’Istruzione e dell’Università; sostanzialmente della formazione”.

Le linee guida etiche sull’uso dell’intelligenza artificiale e dei dati nell’insegnamento e nell’apprendimento per gli educatori sono un documento della Commissione europea pubblicato nel 2022.

“Le linee guida sono progettate per aiutare gli educatori a comprendere il potenziale che le applicazioni dell’IA e l’utilizzo dei dati possono avere nell’istruzione e per aumentare la consapevolezza dei possibili rischi in modo che siano in grado di impegnarsi in modo positivo e critico ed eticamente con i sistemi di intelligenza artificiale e sfruttarne appieno il potenziale.

L’obiettivo è sfatare pregiudizi diffusi sull’IA che potrebbero causare confusione o timori riguardo al suo utilizzo, in particolare nel settore dell’istruzione. Inoltre il documento tratta le considerazioni e i requisiti di natura etica offrendo consigli pratici agli educatori e ai dirigenti scolastici su come pianificare un utilizzo efficace dell’IA e dei dati nelle scuole. Ad esempio gli orientamenti suggeriscono come utilizzare queste tecnologie per adattare l’insegnamento alle abilità di ciascuno studente o come preparare interventi personalizzati per studenti con esigenze speciali. Rappresentano infine una base solida da cui trattare le competenze emergenti per un uso etico dell’IA e dei dati da parte degli insegnanti e degli educatori, proponendo metodi volti a sensibilizzare la comunità e a interagire con essa”.

The Future of Education and Skills: Education 2030 è l’importante documento realizzato dall’OCSE ovvero l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico che, nella fattispecie ricorda che “Esiste una domanda crescente nei confronti delle scuole perché preparino gli studenti ai cambiamenti economici e sociali più rapidi, ai posti di lavoro che non sono stati ancora creati, alle tecnologie che non sono state ancora inventate e a risolvere problemi sociali che non esistevano in passato”. 

Lo scopo del progetto Education 2030: The Future of Education and Skills dell’OCSE è quello di aiutare i paesi a trovare risposte a due domande di vasta portata: “Di quali conoscenze, abilità, attitudini e valori avranno bisogno gli studenti di oggi per modellare e far prosperare il loro mondo nel 2030?” e “Come possono i sistemi didattici sviluppare queste conoscenze, abilità, attitudini e valori in modo efficace?” Questo documento di posizione dell’OCSE sull’Istruzione 2030 esamina le sfide all’alba del terzo millennio.

Nell’aprile 2021, la Commissione ha proposto il primo quadro normativo dell’UE sull’IA. Ha proposto che i sistemi di intelligenza artificiale utilizzabili in diverse applicazioni siano analizzati e classificati in base al rischio che rappresentano per gli utenti. I diversi livelli di rischio comporteranno una maggiore o minore regolamentazione. Una volta approvate, queste saranno le prime regole al mondo sull’IA. Non a caso, all’interno dell’AI Act, ovvero il Regolamento del parlamento europeo e del consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione sono rappresentati dei sistemi di Intelligenza Artificiale con rischio limitato, obbligati a requisiti minimi che possiamo definire di trasparenza.

Gli alunni possono e debbono fare scelte informate e stabilire, consapevolmente, se e quando continuare a adoperare l’IA. Nella categoria del rischio limitato abbiamo i sistemi di Intelligenza Artificiale in grado di originare o maneggiare contenuti di immagini, audio o video, quelli che chiamiamo “deepfake”. Anche in questo caso la scuola ha degli obblighi precisi: formare gli alunni a un uso consapevole e a un uso responsabile dell’Intelligenza Artificiale. L’approccio adottato nel documento distingue i sistemi di intelligenza artificiale sulla base del livello di rischio che implicano.

Ci sono quattro livelli di rischio considerati:

1) Rischio Inaccettabile: Questo è il livello di rischio più elevato e indica che il sistema di IA ha il potenziale per causare danni gravi o inaccettabili alle persone, alle loro vite, ai loro diritti sul lavoro e alla salute e sicurezza. Un esempio è un giocattolo in grado di dialogare con un bambino e di indurlo a comportamenti pericolosi verso se stesso o gli altri. Altro esempio è il social scoring adottato in Cina, sistema nel quale ogni cittadino riceve all’inizio del suo percorso di giudizio un determinato punteggio, che determinate azioni possono abbassare o aumentare: il meccanismo è vulnerabilissimo alle manipolazioni artificiali.Questo livello va correlato a disposizioni molto stringenti o va addirittura proibito.

2) Rischio Elevato: Questo livello indica un rischio significativo associato al sistema di IA, anche se non è considerato inaccettabile. In questa fascia troviamo ad esempio la gestione e l’elaborazione di dati biometrici, gli strumenti di analisi e ranking dei CV dei candidati nell’ambito di un colloquio di selezione, ecc. Vanno certamente previste disposizioni rigorose per minimizzare i rischi e garantire la sicurezza e i diritti delle persone.

3) Rischio Limitato: In questo caso, il sistema di IA è associato a un rischio moderato o limitato. In questo ambito, per esempio, vanno inserite le immagini reali ritoccate da IA che potrebbero prevedere uno speciale contrassegno. Le disposizioni in questo livello saranno meno stringenti rispetto ai livelli di rischio più elevati, ma comunque necessarie per garantire un utilizzo responsabile.

4) Rischio Minimo o Nullo: Questo è il livello di rischio più basso, indicando che il sistema di IA ha un impatto molto limitato o nullo sulle persone, le loro vite e i loro diritti. Qui troviamo i software antispam, i videogiochi e i prodotti di intrattenimento come le chatbots, i quali vanno semplicemente incoraggiati ad aderire a codici di condotta volontari. In questo caso, vanno applicate normative meno rigide.

Il Ministero dello Sviluppo Economico è stato l’autore del documento Proposte per una Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale.

Successivamente è stato pubblicato il Programma strategico Intelligenza Artificiale 2022-2024 voluto dal Governo Italiano a cura del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero Dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione Digitale. Il primo dei due documenti sottolinea che l’IA “dovrebbe essere adottata come metodo educativo in grado di portare alla formazione del cosiddetto pensiero computazionale, alla multidisciplinarietà intrinseca nella soluzione di problemi e nella trasversalità delle competenze”.

Nel Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino a cura dell’Agenzia per l’Italia Digitale, viene specificato che l’uso di soluzioni di IA nel settore dell’istruzione permetterebbe di diminuire le diseguaglianze sociali. Nel documento si legge “…è ipotizzabile un intervento significativo dei sistemi intelligenti dì supporto all’apprendimento. C’è una lunga tradizione nell’uso del calcolatore per tali scopi: dai sistemi Computer Assisted Instruction (CAI) ai sistemi Intelligent Tutoring Systems (ITS). Negli ITS è sempre presente uno student model, inteso come base di conoscenza in cui sono rappresentate in modo esplicito le caratteristiche e le conoscenze dello studente. Questa soluzione svolge un ruolo di sostegno fornendo un’integrazione ai sistemi di insegnamento tradizionali, contribuendo a colmare le lacune di apprendimento degli studenti con problemi cognitivi”. L’IA nelle scuole ridurrebbe, evidentemente, quello che è il gap linguistico. “L’offerta di servizi di traduzione simultanea adeguatamente modellati potrebbe aiutare a colmare il divario generato dalle nuove ondate migratorie, offrendo dunque una preziosa assistenza allo studio”. L’IA, potrebbe permettere di “superare i limiti posti dall’esigenza di possedere conoscenze specialistiche per svolgere determinate attività”. Grazie all’Intelligenza Artificiale, potrebbero essere attivati nuovi approcci di valutazione basati su proposte personalizzate per fornire ai docenti e agli alunni informazioni più significative in tutte le aree dell’apprendimento. Per non considerare il fatto che la utilizzabilità di Small Data sarebbe da supporto agli insegnanti per accertare quelli che sono i punti di forza e i punti di debolezza nel percorso dell’apprendimento degli alunni e per favorire la personalizzazione dei contenuti. Disporre di dati darebbe lettura immediata ai progressi e alla conoscenza di sé in relazione al percorso scolastico.

Nel Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino a cura dell’Agenzia per l’Italia Digitale, come detto sopra, tra gli esempi di come la Scuola potrebbe trarre beneficio dall’adozione di soluzioni di IA cita:

  • strumenti automatici per la valutazione;
  • personalizzazione del materiale didattico;
  • tutoring automatizzato, per mezzo di strumenti di raccomandazione per tenere viva l’attenzione;
  • suggerimenti inerenti variazioni personalizzate da introdurre nel programma scolastico;
  • estrazione di indicatori predittivi di rischio di abbandono scolastico.

Se solo recentemente personal digital tutor sono stati introdotti per l’assistenza dei dottorandi (in didattica generale e pedagogia speciale presso Unisa), dove l’Intelligenza Artificiale è stata già applicata da tempo nel campo educativo – si legge sul sito dell’INVALSI – invece, è l’automazione delle attività di tipo amministrativo e quelle di routine e gestione della quotidianità dirigenziale e amministrativa di ciascuna Istituzione Scolastica. È il caso, per esempio, dei sistemi per:

  • produzione della certificazione digitale che attesta in modo oggettivo il livello di competenze acquisito;
  • elaborazione delle pagelle elettroniche;
  • gestione del calendario delle lezioni;
  • aggiornamento immediato delle presenze e delle assenze.

L’Intelligenza Artificiale apre a prospettive nuove e indirizzate al miglioramento dell’attenzione all’inclusività dell’Istituzione Scolastica. Sono validi esempi, per esempio, le tecnologie multisensoriali e tra queste la robotica sociale, adoperata per incoraggiare l’apprendimento e le relazioni negli alunni con, per esempio, di disturbi dello spettro autistico, o soluzioni adeguate per supportare allievi con BSE e DSA.

In merito alle possibilità offerte dalla realtà aumentata, nelle scuole potrebbero nascere nuovi ambienti educativi innovativi, inclusivi e coinvolgenti, in grado di incentivare l’interazione con e tra gli studenti, coniugando esigenze di formazione e innovazione tecnologica.

L’Intelligenza Artificiale nella scuola può, inoltre, supportare lo studio individuale, come strumento di autovalutazione attraverso la redazione automatica di esercizi aggiuntivi e interrogazioni virtuali.

Il piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027)dell’UE è l’iniziativa strategica rinnovata dell’Unione europea (UE) a sostegno dell’adattamento sostenibile ed efficace dei sistemi di istruzione e formazione degli Stati membri dell’UE all’era digitale.

Il piano d’azione per l’istruzione digitale:

  • offre una visione strategica a lungo termine per un’istruzione digitale europea di alta qualità, inclusiva e accessibile;
  • affronta le sfide e le opportunità evidenziate dalla pandemia di COVID-19, che ha portato a un uso senza precedenti della tecnologia nel campo dell’istruzione e della formazione;
  • mira a rafforzare la cooperazione a livello dell’UE in materia di istruzione digitale e sottolinea l’importanza di collaborare in tutti i settori per integrare l’istruzione nell’era digitale;
  • presenta opportunità, tra cui un maggiore e migliore insegnamento in materia di tecnologie digitali, il sostegno alla digitalizzazione dei metodi di insegnamento e delle pedagogie e la messa a disposizione delle infrastrutture necessarie per un apprendimento a distanza inclusivo e resiliente.

Insomma, l’IA è uno strumento intelligente se usato in modo intelligente, specie con gli alunni speciali, e può essere uno strumento dannoso, se usato in modo non intelligente.

* Dirigente Ispettore Tecnico – Ministero dell’Istruzione e del Merito


Orientamenti etici per gli educatori sull’uso dell’intelligenza artificiale (IA) e dei dati nell’insegnamento e nell’apprendimento (2022)
Commissione europea

F. Lusito, Un marxista galileiano

La scienza per gli uomini e la loro libertà/liber-azione: le idee e le prassi di Lucio Lombardo Radice, matematico, pedagogista e comunista

di Carlo De Nitti

Nell’ormai remoto 1959, il fisico inglese Charles Percy Snow (1905 – 1980) un saggio che fece scalpore sulle “due culture”, che fu immediatamente tradotto in italiano dalla casa editrice Giangiacomo Feltrinelli, prefato da Ludovico Geymonat (1908 – 1991) con Le due culture. L’autore lamentava una forma di cesura e di incomunicabilità tra la cultura umanistica e la cultura scientifica che solo in misura parziale si può dire superata.

Postulare il superamento di quella cesura ed agire affinché essa cadesse è stato uno degli obiettivi prioritari dell’esperienza scientifica, culturale, politica e sociale di Lucio Lombardo Radice (d’ora in avanti LLR). Riflettere oggi sul suo pensiero – di matematico e di pedagogista insieme, di militante e dirigente politico, di storico della scienza e di divulgatore della medesima – ad oltre quaranta anni dal suo prematuro decesso significa connettere in un unico orizzonte la scienza, la società, la politica e la soggettività umana, che, nel pensiero di LLR, furono sempre interconnesse in un unicum originale.

La corposa e documentata monografia del giovane studioso Fabio Lusito, Un marxista galileiano. Scienza e società in Lucio Lombardo Radice che ha recentemente visto la luce a Milano per i tipi di Meltemi, colma un vuoto: la conoscenza del pensiero e dell’azione politico-culturale di un grande uomo di scienza e di politica, capace di vivere contestualmente al servizio della polis e della sua trasformazione. La definizione di LLR come “marxista galileiano”, che dà il titolo al volume, è mutuata da un altro grande intellettuale e pedagogista comunista Mario Alighiero Manacorda (1914 – 2013). Galilei scienziato, filosofo, uomo di cultura del suo tempo, che lotta contro l’oscurantismo è certamente molto vicino alla figura di LLR, come il testo mostra ampiamente.

L’interessante volume di Fabio Lusito, prefato da Francesco Paolo de Ceglia (Il matematico come intellettuale, pp. 7 – 10), si articola in un’Introduzione, sette capitoli che scandiscono i tratti salienti della vita e dell’impegno di LLR – Nel nome del padre, La più potente ‘carica’ innovatrice del pensiero, L’unità della cultura tra marxismo e scienza, La rivoluzione dal basso: diffondere il sapere scientifico, La neutralità della scienza, Gli ultimi anni tra dissenso e impegno militante –  ed una Conclusione.

LLR era figlio ed, in un certo senso, erede spirituale del pedagogista Giuseppe Lombardo Radice (1879 – 1938), amico e corregionale del filosofo neoidealista Giovanni Gentile (1875 – 1944) e suo sodale nell’architettura della riforma scolastica che da lui prese nome, sebbene dal fascismo si tenne discosto (ma non al punto da non prestare il giuramento che il regime pretese da tutti i docenti universitari nel 1931): non a caso, in terra di Puglia, fu amico ed estimatore del pedagogista bitontino Giovanni Modugno (1880 – 1957), cattolico,  rigorosamente e coerentemente antifascista.

LLR militò, da comunista, nell’antifascismo romano e nella Resistenza: fu arrestato e patì il carcere. Il coniugare l’impegno politico e civile con quello culturale e scientifico è stata la cifra precisa della sua personalità. “Ricongiungere uomo e storia, cultura e scienza non aveva soltanto un valore simbolico da assumere astrattamente, ma un peso materiale. Ricalibrare la cultura italiana su una misura inedita in cui scienza e umanismo potessero avanzare le stesse pretese di legittimità non si esauriva in un esercizio vuoto e dilettevole. Dire che fosse possibile cercare nuovi margini interpretativi erano i bisogni di una nazione lacerata dal conflitto mondiale: per sensibilità culturale Lombardo Radice, come tanti altri intellettuali della seconda metà del Novecento, puntò i riflettori sul problema dell’unità della cultura” (p. 119).

L’unità tra storia e sapere scientifico si realizza al meglio, nella prospettiva di LLR, nello studio della storia della scienza – non va dimenticato, a tal proposito, che egli era stato allievo di Federigo Enriques (1871 – 1946) – e nella sua divulgazione ai livelli più alti. In questo senso, decisiva é anche la figura di Galileo Galilei, scienziato rivoluzionario: a lui si avvicina, da marxista aperto. “Convinto sostenitore dell’unità tra le culture, desiderò condizionare e rinnovare la cultura italiana del suo tempo: Nella storia della scienza LLR aveva intravisto il punto di congiunzione in cui far convergere umanismo e scientificità. L’impegno per rendere la cultura scientifica condiviso si manifestò, perciò, con ogni mezzo” (p. 198).  

La divulgazione del sapere scientifico di cui LLR si fa convinto antesignano non può che essere una forma di rivoluzione “dal basso”, a cominciare, quindi, dai bambini e da chi anche in età adulta non aveva gli strumenti culturali necessari per accedervi, i lavoratori: essa si configura come la forma la più importante di educazione. Egli si fece educatore scientifico a tutto tondo sui giornali a cominciare da l’Unità, il giornale ufficiale del suo partito, diretto all’epoca da Pietro Ingrao (1915 – 2015) un altro grande eretico, peraltro cognato di LLR, avendone sposato la sorella maggiore Laura Lombardo Radice (1913 – 2003) – ma anche, negli anni ’70, sulla televisione di Stato in Italia e non soltanto.

La meditata lettura del suo volume L’educazione della mente (la cui prima edizione risale al lontano 1962), un vero e proprio classico della pedagogia laica del ‘900, ha costituito per chi scrive queste righe un momento importante della propria formazione tanto civico-politica quanto filosofico-pedagogica. In quel testo, LLR sosteneva la necessità dell’educare i bambini all’uso della ragione, senza indottrinamenti, in modo libero ed aperto, polemizzando con gli allora programmi della scuola elementare del 1955, i cosiddetti Programmi Ermini, dal nome dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Ermini (1900 – 1981) che vaticinavano un bambino “tutto fantasia e sentimento”.

L’impegno divulgativo di LLR culminò con la direzione / coordinamento di un’enciclopedia di alta divulgazione negli anni 1976/80: Ulisse, non a caso pubblicata dagli Editori Riuniti, la casa editrice ufficiale del Partito Comunista Italiano. L’enciclopedia, un termine che riecheggia il pensiero illuminista, era composta da ben undici volumi (cfr. p. 227). Chi scrive queste righe ritiene di aver avuto la fortuna di entrarne in possesso nella domus avita. “Nonostante le diverse enciclopedie presenti all’orizzonte; Ulisse di Lombardo Radice risultò innovativa per due motivi: era Innanzitutto il primo lavoro sulla scienza per l’infanzia di matrice completamente nostrana, e in più non era pensata in stretta connessione con il mondo della scuola – seppure ne poteva essere ovvio complemento […] Ulisse poteva essere ritenuta un gioiello editoriale per via dei contenuti grafici: La scienza era mostrata e illustrata, e questo arrecava un valore propedeutico alla comprensione; ma questa, di per sé, non rappresentava una specificità, quanto l’insinuarsi in una precisa tradizione che le enciclopedie precedenti avevano già percorso” (pp. 225 – 226). 

Leggendo questo interessante volume, chi scrive non può, ripensando alla sua autobiografia intellettuale, non sentire la consonanza, l’idem sentire tra le tematiche del pensiero di LLR e quelle, coeve, di Giuseppe Semerari (1922 – 1996): come non pensare, in particolare, al suo volume La lotta per la scienza (1965), confluito poi in Civiltà dei mezzi civiltà dei fini. Per un razionalismo politico-filosofico (1979), ed a quello da lui promosso e curato, guidando un folto gruppo di giovani ricercatori, La scienza come problema. Dai modelli teorici alla produzione di tecnologie: una ricerca interdisciplinare (1980)?

Ed ancora: come non pensare LLR, eretico per definizione, in quanto comunista italiano, “marxista aperto” (cfr. p. 115), amico di Robert Havemann (1910 – 1982), scienziato della DDR, e di Andreij Sacharov (1921 – 1989), premio Nobel per la pace nel 1975, inventore della bomba all’idrogeno sovietica e simbolo dei dissidenti in epoca brezneviana, molto vicino al ‘marxismo aperto’ ed antidogmatico di Giuseppe Semerari? Vale la pena di sottolineare che il suo Filosofia e potere – che ha compiuto cinquanta anni ma sempre attualissimo, a modesto parere di chi scrive – è nella ricca bibliografia che accompagna il volume (p. 379) di Fabio Lusito.

Un volume indispensabile che colma un vuoto, da leggere e meditare in un‘ottica contestualmente storiografica e teoretica: le istanze di valorizzazione dello studio della scienza sono ancora oggi attuali: basti pensare, nel mondo della scuola alle cosiddette STEM.  

 

FAQ Handicap e Scuola – 67

Domande e risposte su Handicap e Scuola
a cura dell’avv. Salvatore Nocera e di Evelina Chiocca


Archivio FAQ


Scrivo per chiedere, cortesemente, tre delucidazioni.
1) qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa frequentate la classe quinta di un’istituto secondario di secondo grado non dovessero firmare il PEI personalizzato, può la stessa essere affiancata dall’insegnante incaricato su posto di sostegno durante gli Esami di Stato?
2) qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa non dovessero firmare il PEI personalizzato poiché chiedono che vengano modificati i criteri di valutazione cosa succede?
3) uno studente con PEI personalizzato è obbligato a svolgere l’intero monte ore dei P.C.T.O.? A quale normativa fare riferimento per strutturare i P.C.T.O.?


Sono insegnante di sostegno nella scuola dell’infanzia. Seguo anche una bambina di 6 anni con autismo grave. Nell’ultima passeggiata che abbiamo fatto nei pressi della scuola la bambina, che non sa parlare, a un certo punto si è gettata a terra piangendo e gridando e la situazione si è protratta fin quando sono riuscita a riportarla a scuola con tanta fatica e con il supporto del vigile e di una passante.
La mia domanda è: Posso rifiutarmi di uscire nelle prossime passeggiate di sezione trattenendomi a scuola con lei?


Sono un genitore di un ragazzo autistico L104 art3 comma 3 iscritto al liceo in terza classe. Vi scrivo per avere informazioni legate alla nomina delle supplenze. Il docente di sostegno ha preso già 4 giorni di malattia ed ora altri 10 giorni, mi dicono che non possono nominare la supplenza perché non supera i 15 giorni, il ragazzo lo sballottolano da una parte all’altra, oggi ad esempio è stato con un supplente in servizio in un’altra classe e penso che questa cosa sia totalmente illegale.
Mio figlio purtroppo ha bisogno di una figura di un docente che sia vicino a lui quindi si sta rifiutando di frequentare la scuola.
Cosa posso fare?


Qual è la normativa che vieta la bocciatura allo studente con PEI differenziato?


Sono un’insegnante di sostegno. Mi trovo per la prima volta nella situazione di dovermi confrontate con una richiesta di Istruzione Domiciliare per un post intervento del mio alunno. Vorrei sapere:

  1. Come insegnante di sostegno sono obbligata a svolgere tutto il mio orario nell’abitazione del mio alunno? Devo pretendere un ordine di servizio?
  2. A livello assicurativo io e lui siamo coperti?
  3. Essendo un post operatorio con richiesta di attenzioni particolari per garantire la buona riuscita dell’intervento….chi se ne assume la responsabilità?
  4. A mio parere sarebbe rispettoso nei confronti dell’alunno programmare un istruzione domiciliare che tenga conto dei tempi e del bisogno di recupero dell’alunno. Posso proporre un orario ridotto rispetto a quello chevsvolge con me a scuola?

Qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa frequentate la classe quinta di un’istituto secondario di secondo grado non dovessero firmare il PEI personalizzato, può la stessa essere affiancata dall’insegnante incaricato su posto di sostegno durante gli Esami di Stato?


Qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa non dovessero firmare il PEI personalizzato poiché chiedono che vengano modificati i criteri di valutazione cosa succede?


Uno studente con PEI personalizzato è obbligato a svolgere l’intero monte ore dei P.C.T.O.? A quale normativa fare riferimento per strutturare i P.C.T.O.?


Sono un ‘insegnante di ruolo posto comune scuola primaria. Nella mia classe è presente un alunno con 104, comma 3, articolo 3, con disturbo dell’apprendimento e tratti autistici. Gli sono state assegnate 32 ore di sostegno coperte dal docente di sostegno e da personale oipax (ex aec). Non fa più nessuna terapia né logopedia come nel precedente anno. Nel frattempo l’alunno resta scoperto per quattro ore per di più di pomeriggio ed e’ affidato solo alla sottoscritta. Chiedo se tale situazione rientri o meno nella norma


Sono la mamma di un bambino di 4 anni riconosciuto disabile, con una 104 art. 3 comma 1, per un disturbo del linguaggio. Frequenta il secondo anno di scuola d’infanzia paritaria. Mio figlio è anche plusdotato ed è a tutti gli effetti un BES, sia per la plusdotazione come per il disturbo del linguaggio.
Abbiamo anche un documento di richiesta di sostegno da parte della neuropsichiatra della ASL, che abbiamo consegnato al management della scuola.
Abbiamo esportato alla scuola tutti i documenti e fatto un incontro con la neuropsichiatra infantile, l’insegnante, il management della scuola e noi genitori in cui sono stati dati dei “consigli” da parte della neuropsichiatra per gestire nostro figlio. C’è stato un rifiuto totale da parte della scuola di mettere in atto qualsiasi “consiglio” elargito dalla neuropsichiatra, inoltre, in un’altro incontro solo con noi genitori, c’è stato detto che non inseriranno nessuna figura di sostegno e se c’è la richiesta da parte della famiglia, questa figura professionale, sarà scelta dal management della scuola ma che è a totale carico della famiglia.
Vorrei capire quali sono gli obblighi di una scuola d’infanzia paritaria rispetto a PEI, GLO, e insegnante di sostegno.
Inoltre, vorrei capire, come segnalare questa condotta agli organi competenti, affinché nessun altro bambino e nessun’altra famiglia si trovi a vivere la nostra stessa situazione in futuro alle prese con questa scuola.
Cambieremo scuola, mio figlio andrà in una scuola pubblica a cui abbiamo già esportato il quadro clinico, e c’è stata subito accoglienza, ma da Settembre 2024 poiché non ci sono posti disponibili nell’anno in corso nella scuola prescelta ed in altri istituti che possano garantire il supporto adeguato alle caratteristiche peculiari di mio figlio.


Sono un’ insegnante di sostegno di una scuola secondaria, avrei necessità di avere dei chiarimenti riguardo ad un punto del nuovo pei.
Nel caso in cui uno studente segua una programmazione di tipo B esiste nel modello la possibilità di scegliere tra prove identiche e prove equipollenti. Nel caso di prove identiche si tratta di considerare nella valutazione delle prove con griglie diverse dagli altri studenti verificando il raggiungimento degli obiettivi Minimi. Per quanto riguarda le prove equipollenti, subentrano un sacco di opinioni contrastanti, non tanto in ambito valutativo ma in particolar modo nella predisposizione delle verifiche . Potrei avere una spiegazione completa ed esaustiva con riferimenti normativi attuali che possano aiutare l’intero Glo ad individuare la giusta modalità da condividere all’interno del Pei?


Ho una bimba di 5 anni con una lieve disabilità motoria (legge 104 comma 1) e il prossimo anno dovrà andare a scuola.
Ieri sono passata dalla scuola che avevo scelto che offre anche come servizio la mensa e il pomeridiano (a pagamento) con assistenza ai compiti e attività extraxurriculari. Mi è stato detto che la bambina, per la quale richiederebbero la mattina il sostegno, potrà frequentare la scuola ma non potrà essere ammessa alle attività pomeridiane essendo una bambina disabile. Possono farlo?


Mio figlio spettro autistico livello 1 comma 3, è stato picchiato per l’ennesima volta da un suo compagno. Insegnante curriculare e di sostegno, ritenendolo in parte responsabile, in quanto dicono che tende a stuzzicare”, decidono di fare scrivere a tutti sul quaderno, i nomi degli alunni che si sono picchiati durante l’anno per riflettere sui fatti non belli accaduti, mettendo in primis il nome di mio figlio. È lecito questo? Non è discriminate e contro la privacy, considerando che gli altri genitori non sanno che dietro ci potrebbero essere delle certificazioni o disabilità?


Sono un’insegnante di sostegno e seguo un alunno autistico grave. L’alunno frequentava fino a giugno, un centro riabilitativo tutti i pomeriggi, quest’anno non lo frequenterà il giovedì. La dirigente ha deciso che l’alunno deve frequentare la scuola subito fino alle 16.00, io e la famiglia abbiamo richiesto un inserimento graduale pomeridiano ( prima fino alle 14.00, poi fino alle 15.00 e per arrivare fino alle 16.00), perché l’alunno ha problemi con l’alimentazione ( non mangia niente), e alle frustrazioni ( come fame) lui reagisce manifestando dei comportamenti auto ed etero aggressivi. Io ultimamente sono stata in infortunio (12 giorni) a causa di continui comportamenti etero aggressivi dell’alunno. Per un inserimento tranquillo del bambino, come posso fare ragionare la dirigente, che non lo conosce neanche di vista l’alunno.

Di fronte al comportamento di chiusura formalistica della Dirigente Scolastica, forse l’unica modalità di azione è di ricorrere a un intervento altrettanto formalistico non discutibile: la famiglia potrebbe farsi rilasciare una dichiarazione dello specialista che segue l’alunno, nella quale sia detto che egli non può stare tante ore consecutive a scuola, in quanto è necessario disporre di quei pomeriggi per altre attività meno impegnative (o qualcosa di simile).
Il secondo suggerimento è di richiedere, quotidianamente e secondo gli scaglioni orari da voi ipotizzati, l’uscita anticipata (che non può essere negata a nessun alunno).
Infine si fa presente che, a fronte di uscita anticipata permanente, si rende necessaria la richiesta della famiglia accompagnata da certificazione sanitaria, come stabilito dal DI 153/2023.


Ho un dubbio relativo alla composizione del glo. se in classe (secondaria di secondo grado) sono presenti assistenti alla comunicazione e assistenti specialistici non assegnati però allo studente in questione, ma ad altri studenti della classe, questi assistenti faranno comunque parte del glo come figure interne alla classe? quindi dovrò inserirli nei componenti?
se i rappresentanti della asl non sono presenti al glo devono firmare comunque la seconda pagina?

Fanno parte del GLO solamente l’assistente o gli assistenti assegnati all’alunno con disabilità, in quanto figure professionali “esterne all’istituzione scolastica”, che interagiscono con l’alunno stesso. Acquisita la disponibilità a prendere parte al GLO, il dirigente scolastico inserisce questa figura fra i componenti, ovvero fra coloro che partecipano ai lavori del GLO.
Se gli specialisti dell’ASL, che sono stati invitati, non partecipano al GLO e alla stesura del PEI, non firmano il PEI.


Vorrei chiarimenti sui casi in cui il PEI può essere presentato oltre il termine previsto dalla normativa vigente.
Oltre al caso in cui l’insegnante di sostegno sia stato da poco nominato, per cui serve un congruo periodo di osservazione, vi sono altri validi motivi per richiederne la presentazione posticipata? Quali sono le conseguenze per una mancata presentazione nei termini?
Nell’Istituto in cui lavoro, si è svolto, in data 25 ottobre, il GLO per un bambino frequentante la scuola dell’Infanzia, con sostegno assegnato già dallo scorso anno. La F.s. sostegno che ha presieduto l’incontro, ha ritenuto opportuno rinviare la presentazione del PEI a metà dicembre, per monitorare l’andamento della proposta fatta in sede di GLO, di un incremento orario di frequenza dell’alunno, senza una figura educativa aggiuntiva. Specifico che il bambino è riconosciuto come comma 3, quindi con gravità.
Secondo me non è un valido motivo e tale confronto potrebbe figurare come un momento di revisione, peraltro previsto nel documento sopra citato.
Non volendo essere prolissa, spero di essere stata sufficientemente chiara nell’esposizione.

Le uniche cause che possono legittimamente ritardare la formulazione del PEI definitivo dovrebbero essere solo quelle concernenti una insufficiente conoscenza dell’alunno o delle risorse umane che consentano di realizzare gli obiettivi che si ritiene necessario raggiungere (ad es. la mancanza della DF o addirittura della certificazione). La mancata nomina del docente con incarico sul sostegno non può giustificare la mancata elaborazione del PEI in tempo utile).
Anche la mancanza della figura addetta all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione non è motivo valido per posticipare la elaborazione del PEI.
La scuola, pertanto, deve insistere nell’accelerare l’arrivo dell’assistente; ma se è previsto un aumento di ore di frequenza dell’alunno, questo deve essere garantito da subito; anche perché il Decreto Interministeriale n. 153/2023 stabilisce che la (eventuale) riduzione di orario di frequenza deve essere consentita solo dietro richiesta della famiglia e del servizio sanitario, solamente a fronte di “gravi motivi di salute”; in questo caso l’assenza della figura addetta all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione non è certamente motivo valido per posticipare l’approvazione del PEI.


Sono mamma di una ragazza disabile art.3 comma 3 disprassica con disturbi multipli di apprendimento che quest’anno ha iniziato il primo anno di superiori.
Nonostante la consegna delle relazioni della neuropsichiatra, sono state somministrate prove ed interrogazioni come tutti gli altri alunni, dando solo la possibilità di utilizzare a volte mappe e calcolatrice. Senza PEI, in quanto la scuola era iniziata da soli 20 giorni, sono arrivati i primi 2… si proprio 2 .. ma è possibile dare un 2 ad una ragazza disabile e in più senza ancora il PEI ? E’ possibile per legge? I voti sono stati registrati sul registro facendo media.

A sua figlia, certificata con disabilità, spettano, in base alla definizione del percorso curricolare, prove equipollenti e, coerentemente, la possibilità di avvalersi di attrezzature tecniche, di ausili e/o sussidi didattici e di ogni altra forma di ausilio tecnico necessario (compresi quindi, fra gli altri, eventuali tabelle, schemi, mappe, tempi più lunghi per le prove e utilizzo di tecnologie assistive, come stabilito dalla legge 104/92).
È probabile che in questa fase i docenti stiano cercando di capire quale percorso adottare per l’attuale anno scolastico, acquisendo, attraverso anche le prove di verifica, informazioni circa le capacità di vostra figlia. In ogni caso le prove proposte non possono essere le stesse dei compagni di classe, perché, essendo la ragazza certificata con disabilità, ha diritto a ricevere prove strutturate sulle sue capacità e non certamente prove standardizzate, che comporterebbero una discriminazione nei suoi confronti.
In assenza di altri elementi, non è da escludersi che il “2” attribuito come valutazione possa voler giustificare, per i docenti, la proposta di un PEI differenziato, senza aver verificato adeguatamente le reali capacità della ragazza.
Fermo restando che, alla proposta della scuola di un percorso differenziato, voi genitori potete esprimere il vostro diniego (e di conseguenza la scuola non può adottarlo), di fronte alla situazione, alquanto paradossale, che si sta verificando, forse è il caso di chiedere l’intervento del Referente per l’inclusione scolastica della vostra Regione (questa figura opera presso l’Ufficio Scolastico Regionale). Al riguardo, vi alleghiamo. L’elenco dei referenti regionali.
In merito al voto assegnato, ovvero al “2”, si tenga presente che, attualmente, è in discussione un progetto di legge promosso dal Governo con il quale si farebbe divieto di ricorrere a votazioni inferiori al 4.
Se lo ritenete, potete farvi affiancare da un’Associazione di persone con disabilità del vostro territorio; forse potrebbe essere utile chiedere un corso di formazione-aggiornamento sui temi dell’inclusione scolastica di 25 ore, da svolgersi possibilmente a inizio di anno scolastico, ai sensi dell’art 13 del decreto legislativo n. 66/2017. Se lo desidera, ci tenga informati degli sviluppi.


Sono la mamma di una bambina di 11 anni frequentante la prima media. A mia figlia è stata riconosciuta la legge 104 art 3 comma 3, quindi 18 ore di sostegno settimanali che diviso per 5 giorni settimanali sarebbero 3 ore e mezzo al giorno. la preside all inizio dell’ anno scolastico aveva previsto due insegnanti di sostegno che si alternavano perché in classe di mia figlia ci sono altri bambini che avevano necessità. Vi chiedo adesso che a mia figlia è riconosciuta la disabilita ha diritto alla nomina di un insegnante di sostegno esclusiva e non condivisa per garantirle le 18 ore settimanali?

Quando si presenta la documentazione necessaria, nello specifico la Diagnosi funzionale e l’allegato Verbale di Accertamento, se previsto, la scuola richiede le risorse, fra cui il docente con incarico sul sostegno.
Il docente è assegnato alla classe alla quale è iscritto l’alunno con disabilità e il suo intervento, rivolto a tutti gli alunni, tiene sicuramente conto dell’alunno con disabilità (diversamente la sua presenza non potrebbe essere prevista).
Le 18 ore settimanali, pertanto, devono essere obbligatoriamente garantite, così come gli interventi necessari per assicurare il diritto allo studio. Tenga conto che i docenti di sua figlia sono tutti gli insegnanti assegnati alla classe di sua figlia e non esiste l’assegnazione esclusiva di un solo docente.
Tutti devono garantire il diritto allo studio di sua figlia, garantendo il supporto necessario


Se i genitori per il loro figlio con ritardo lieve dello sviluppo richiedono il sostegno alla scuola dell’infanzia e poi si rendono conto che a fine ciclo scolastico non sia più necessario, risulterà questa informazione (il fatto che abbia avuto il sostegno) alla scuola elementare?

Generalmente avviene il passaggio di informazioni da un ordine di scuola a quello successivo.
Se presso la scuola Primaria viene depositata dalla famiglia la certificazione di disabilità, l’alunno è riconosciuto come alunno con disabilità. La famiglia, se lo ritiene, può rinunciare al docente per il sostegno (che è un diritto, non un obbligo). In questo caso l’alunno, in quanto alunno con disabilità, mantiene tutti i diritti previsti, ma non ci sarà l’assegnazione di un docente di sostegno.
Se, invece, la famiglia non vuole che il figlio sia considerato “alunno con disabilità”, allora deve togliere la certificazione dalla scuola.
In tal caso la scuola potrà eventualmente considerare l’alunno come alunno con BES, unicamente a fronte di consenso e di oggettiva intesa con la famiglia.


Sono genitore di un bambino autistico di 11 anni che frequenta la classe prima della scuola secondaria di primo grado. È certificato in stato di handicap con connotati di gravità (art. 3 comma 3). Gli stati attribuiti 18 ore di sostegno, ma la docente stessa mi ha informato che a partire da questa settimana è stato modificato dal dirigente il numero di ore da dedicare al bambino che passano da 18 a 12. Le sei ore tolte sono state assegnate ad un compagno di classe. Tutto questo senza che noi fossimo informati dal dirigente. So benissimo che l’ insegnante di sostegno è assegnata alla classe per favorire l’inclusione dell’ alunno con disabilità, e che quindi non è insegnante solo del bambino ma dell’ intera classe. Mi chiedo però se l’alunno disabile in condizioni di gravità non abbia diritto al rapporto 1:1 con l’insegnante, in questo caso 18 ore.

Formalmente il docente con incarico sul sostegno è assegnato ad una classe in quanto in quella classe è iscritto un alunno con disabilità; la sua assegnazione, insieme all’intervento di ogni insegnante della classe, è finalizzata a favorire, attraverso “attività di sostegno alla classe” (art. 13 della legge 104/92), l’inclusione e a garantire il diritto allo studio. Non per nulla se in classe ci sono due alunni con disabilità possono essere assegnati, sulla base delle ore, due docenti con incarico sul sostegno.
Veniamo alla questione proposta. Dopo l’assegnazione delle ore, indicate dal GLO e già scritte nel PEI, il Dirigente scolastico non può modificare quanto stabilito nel PEI, soprattutto se confermato dall’assegnazione da parte dell’Ufficio scolastico regionale.
Al riguardo si è pronunciato anche il Consiglio di Stato; secondo la Sentenza del Consiglio di Stato n. 2030/2017 “il numero di ore di sostegno indicate nel PEI non possono essere ridotte dall’Ufficio scolastico regionale”; a maggior ragione non possono essere ridotte dal DS.
Pertanto suggeriamo di inviare una PEC al Dirigente scolastico invitandolo a restituire immediatamente le 6 ore sottratte a vostro figlio e minacciando ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/06, con diritto al risarcimento dei danni anche non patrimoniali; salvo ogni diritto eventuale in sede penale.


Sono docente di sostegno presso la scuola secondaria di primo grado, lo scorso anno ero nell’anno di prova (superato) e oggi sono di ruolo.
Chiaramente sono in possesso del titolo di specializzazione TFA conseguito nell’a.s. 2021/2022.
Nel 2022 ho compilato le GPS e poi sono stata chiamato il 1° settembre con il contratto ad agosto per l’anno di prova.
Il MINISTERO MI HA ASSEGNATO LA CATTEDRA PER AD00 (DH). La referente del sostegno, sostiene che dovrò restare a vita su tale tipologia

Lei ha pienamente ragione, soprattutto considerato il fatto è che in Italia, già dal 1986, è stata introdotta la specializzazione polivalente, che ha superato le tre monovalenti. All’entrata in vigore della nuova specializzazione (polivalente), mancavano nelle scuole docenti con la nuova specializzazione, mentre vi erano docenti con una specializzazione monovalente diversa; allora, invece di formulare una sola graduatoria per le supplenze e per le immissioni in ruolo, il Ministero decise di formulare “tre elenchi”, rispettivamente ciascuno per ciascuna delle tre specializzazioni; in questi elenchi potevano immediatamente inserirsi i docenti allora in possesso della o delle specializzazioni monovalenti. Ovviamente mano a mano che venivano ad operare docenti con specializzazioni polivalenti, questi venivano inseriti contemporaneamente nei tre elenchi, assegnando lo stesso punteggio, per poi essere nominati su una di esse. Però, quando l’alunno usciva da quel grado di istruzione, il docente specializzato con incarico sul sostegno, proprio perché in possesso di specializzazione polivalente, avrebbe dovuto rimanere nella stessa scuola, per essere assegnato ad altre classi alle quali erano iscritti alunni “con altra disabilità”, diversa da quella per la quale era stato precedentemente nominato.
L’immobilismo della burocrazia ha determinato la “prassi illegittima” di considerare, in tal caso, il docente di sostegno quale “perdente posto” e di mandarlo via dalla scuola, anche se assunto in ruolo, ovvero a tempo indeterminato, facendolo ruotare come fosse un docente supplente. Ciò è chiaramente e semplicemente assurdo!!!
Purtroppo, fino a quando circoleranno ancora persone con “titoli monovalenti”, non sarà possibile abolire i tre elenchi; però tali titoli dovrebbero cessare entro pochissimi anni. In ogni caso, i docenti con specializzazione polivalente dovrebbero non essere mai considerati perdenti posto, almeno finché nella loro scuola è iscritto un alunno con disabilità.
Nel suo caso specifico, le suggeriamo di far presente quanto le stiamo scrivendo e, nel caso dovessero considerarla “perdente posto”, le consigliamo di parlarne con un avvocato; pianti subito la “legittima” grana ed avrà certamente giustizia e contribuirà, così, a far modificare finalmente una prassi assurda operante da oltre 36 anni.


Sono un insegnante di sostegno con contratto al 30/06 presso una scuola primaria. Seguo un alunno con gravissima patologia, rispetto alla quale ha già superato l’aspettativa di vita media. Nel nefasto caso di decesso, il mio contratto sarebbe a rischio? Oppure resterei a disposizione dell’istituto?

Se lei è stato nominato solo per quell’alunno e se l’alunno, per qualunque causa, non dovesse essere più frequentante la scuola, la sua supplenza dovrebbe cessare. Solamente qualora la scuola dimostrasse di avere ulteriori necessità, allora potrebbe ottenere dall’USR che lei rimanga.


Sono un’insegnante di sostegno. Seguo un ragazzo autistico grave con programmazione differenziata e quest’anno abbiamo pensato, d’accordo con la famiglia, di fargli cambiare sezione e indirizzo all’interno dello stesso istituto professionale (si trovava meglio con i nuovi compagni). Per la legge deve sostenere un esame integrativo o avendo una programmazione differenziata è esente? Ho bisogno, se possibile e per favore, dei riferimenti normativi.

Le prove integrative si rendono necessarie per verificare le competenze e le conoscenze raggiunte dallo studente nel momento del passaggio ad altro percorso scolastico e se le stesse sono sufficienti per proseguire nella stessa classe frequentata nel precedente indirizzo.
Considerato che per lo studente, per il quale lei chiede indicazioni, è stato adottato un percorso “differenziato”, quindi fortemente personalizzato, in quanto coerente con le sue capacità e potenzialità, le prove integrative si rendono non necessarie.


Mia figlia con la 104 frequenta la terza primaria e per i primi due anni le classi erano formate da un’unica maestra per tutte le materie tranne inglese e insieme collaborava un’assistente in più un insegnante di sostegno per tutti i bambini. Vorrei sapere se una dirigente di scuola alla primaria possa inserire, all’inizio della scuola, senza avvisare i genitori, nuove maestre per l’nsegnamento di più materie, storia, geografia e scienze escludendo la maestra che ha sempre seguito i bambini nei primi due anni. Secondo noi genitori durante un percorso già iniziato non si dovrebbe fare ma terminare il ciclo dei cinque anni. In particolar modo mia figlia con mutismo selettivo troverà la difficoltà a comunicare con più insegnanti,mentre stava seguendo il giusto metodo e rapporto con la maestra e tutte noi mamme abbiamo iscritto i nostri figli per la presenza di un’unica maestra.Per legge la dirigente può fare questo?

Nella scuola primaria l’organizzazione è strutturata a modulo o mediante il ricorso a docenti prevalenti; in entrambi i casi si tratta di “più docenti” assegnati alla classe.
Sicuramente, con l’arrivo del nuovo dirigente, sarà stata adottata l’opzione che vede più docenti assegnati ad una classe e questo è incontestabile.
Risulta poco chiaro perché la docente “unica” non sia stata assegnata alla classe terza, in quanto, in virtù della continuità educativo-didattica, non poteva essere spostata.
Come genitori potete chiedere motivazioni alla dirigente ed esigere, sempre in virtù della continuità, ai sensi della legge 107/2015, che la docente venga riassegnata alla classe terza, sicuramente non per insegnare tutte le discipline, come prima, ma alcune sì


Sono un’insegnante di sostegno scuola primaria. Il mio alunno aveva la scadenza della 104 a luglio con visita davanti alla commissione per revisione a settembre. Per un imprevisto medico la signora non si è presentata alla visita. Cosa accade alla copertura di sostegno?decade o viene congelata in attesa dell esito della nuova convocazione a visita? Ovvero l’alunno è coperto da Pei e insegnante visto che nella richiesta organico era conteggiato? oppure non ha diritto alla docente fino a esito nuova visita?

Quando un alunno, convocato per il controllo, non si presenta alla visita, perde la qualifica di alunno con disabilità.
Da quanto scrive, la madre non si è potuta presentare per un imprevisto. In questo caso, per non perdere la qualifica di alunno con disabilità, la famiglia deve giustificare immediatamente alla Commissione medico legale il motivo della mancata presentazione alla visita, prima che questa archivi la pratica.


Sono una maestra di sostegno. Il bambino con grave disabilità che abbiamo salutato a giugno e che ora dovrebbe iniziare il primo anno della scuola secondaria di primo grado, rischia di non poter frequentare la scuola in quanto il Comune gli ha comunicato che il servizio scuolabus del quale ha usufruito finora, non è disponibile ora per la scuola secondaria (pur essendo all’interno del Comune stesso).

Il Comune dovrebbe sapere che il trasporto gratuito è un diritto costituzionalmente garantito, come tutti gli altri supporti delle diverse amministrazioni, agli alunni con disabilità. Ciò in base all’art 28 della legge n. 118/1971 e all’art 139 del decreto legislativo n. 112/1998, nonché dai principi sanciti dalla Sentenza della Corte costituzionale n. 275/2016.
Pertanto se il Comune non può approntare il servizio di minibus, allora deve pagare un taxi all’alunno oppure deve fornirgli un servizio meno costoso tramite volontari che, col solo rimborso delle spese di benzina, lo porti e lo riprenda da scuola.
Comunque i Comuni debbono anche sapere che ogni anno il Ministero distribuisce alle Regioni dei fondi finalizzati al trasporto gratuito degli alunni con disabilità. Il Comune, facendo regolare richiesta alla Regione e indicando il percorso e la spesa presunta, riceverà la somma, autorizzando ufficialmente la famiglia a prendere un taxi o a prendere contatti con i volontari indicati dal Comune stesso in tempi immediati, poiché la scuola sta iniziando e l’alunno ha diritto a non perdere, per questo motivo, neppure un giorno di scuola.
In mancanza di tale autorizzazione, il Comune è passibile di ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/2006, salvo ogni diritto in sede penale per interruzione di un pubblico servizio per violazione dei doveri di ufficio.


Siamo i genitori di un ragazzino autistico. Negli ultimi due anni ha frequentato la scuola media. Sono stati anni assolutamente improduttivi, nei quali ha manifestato il proprio disagio adottando comportamenti provocatori (non aggressivi). Gli insegnanti di sostegno, senza qualifica, non sono riusciti a trovare la quadra delle sue condotte. In un solo anno, ha conosciuto dodici insegnanti di sostegno. Per lui la scuola è stata un vero e proprio parcheggio, dove non ha svolto alcun programma didattico e dove ha perso le competenze acquisite alla primaria.
Adesso, nel tentativo di cercare un’altra scuola per l’ultimo anno delle medie, l’ufficio scolastico ci propone in maniera oggettiva (senza conoscere i dettagli della nostra disabilità) l’inserimento in un Polo RES dicendoci, tra l’altro, che potrebbe essere una soluzione ideale anche per le superiori, potendo rimanere lì fino ai diciotto anni in qualità di ripetente.
Vorremmo cortesemente sapere a chi spetta la decisione di destinare un alunno disabile in una scuola ordinaria piuttosto che in un Polo RES e se è ammissibile la pratica di bocciare l’alunno reiteratamente al fine di condurlo alla maggiore età.

La proposta che vi è stata rivolta da parte dall’Ufficio scolastico di iscrivere il ragazzo in un Polo RES, che sostanzialmente riproduce le scuole speciali di fatto, è, a nostro avviso, irricevibile. Se poi si considera anche il fatto che vostro figlio, durante la primaria, ha acquisito competenze, che dovevano (e potevano) essere approfondite e ampliate nella secondaria di primo grado, la proposta non si giustifica.
Il Polo RES è un contesto in cui è prevista la permanenza dell’alunno fino al compimento del diciottesimo anno di età; e questo, quindi, impedirà a vostro figlio di potersi iscrivere ad una scuola secondaria di secondo grado (a meno che voi non decidiate di inoltrare ricorso presso un Tribunale).
A chi spetta decidere se iscrivere o meno un alunno al Polo RES? La decisione spetta ai genitori.
Tenete presente, tuttavia, che la frequenza del centro residenziale (Polo RES) è illegittima sino all’adempimento dell’obbligo scolastico, cioè sino al 16° anno di età (con 10 anni di frequenza della scuola dell’obbligo) Durante il periodo dell’obbligo scolastico, la frequenza del centro residenziale è possibile, ma solo di pomeriggio (senza, cioè, abbandonare la scuola dell’obbligo).
Il suggerimento pertanto è di proseguire il percorso nella scuola “di tutti” (l’attuale scuola), parlando con il dirigente scolastico affinché si impegni a monitorare il percorso formativo di vostro figlio, che, come tutti i suoi coetanei, ha diritto ad apprendere, a socializzare, a comunicare e a stabilire relazioni significative con i suoi compagni.


Con il passaggio della primaria alla scuola secondaria non vogliamo più mettere il sostegno a nostro figlio in quanto essendo un asperger lieve con un QI molto elevato ha raggiunto una maturazione personale eccellente. Alla primaria non avremmo voluto certificarlo ma in questi anni abbiamo capito che le insegnanti volevano il sostegno per diritto in quanto dietro la parola spettro autistico si nasconde uno stigma pazzesco. Volevamo sapere se la scuola é obbligata a passare il fascicolo personale e se fosse cosí noi genitori possiamo opporci? Inoltre possiamo richiedere la cancellazione dei vari verbali, pei e diagnosi?

La normativa sugli alunni con disabilità non è un obbligo per le famiglie, ma un diritto; pertanto Lei può chiedere alla scuola Primaria di non trasmettere alla scuola Secondaria di Primo grado tutta la documentazione relativa alla certificazione di disabilità.
La scuola non può eliminare la documentazione (PEI, Diagnosi Funzionale, ecc.) dai propri atti, poiché la nomina del docente di sostegno e le modalità di valutazione, durante la scuola Primaria, sono state effettuate basandosi proprio sulla documentazione e sulla certificazione contenute nel fascicolo personale di suo figlio; se tali documenti venissero stralciati dagli archivi della scuola, la scuola non potrebbe giustificare le azioni sopra richiamate. Però senza il consenso della famiglia la scuola Primaria non può trasferirli alla scuola Secondaria di Primo grado; in tal senso si è espresso il Garante per la tutela dei dati personali in un provvedimento emanato alcuni anni fa.
Inoltre, trascorsi gli anni obbligatori di conservazione delle carte presso le segreterie delle scuole (si informi quanti debbono essere: forse 10 anni?), lei, in qualità di genitore, ha diritto al cosiddetto “oblio”, ovvero alla eliminazione dall’archivio della scuola di tutti gli atti relativi alla condizione di disabilità di suo figlio.
Se lei intende rinunciare solo al docente di sostegno, però, tenga presente che può farlo presente alla scuola immediatamente, scrivendo (e protocollando) una lettera o una email (tramite PEC) di “rinuncia al docente per il sostegno”, inviando la lettera o la PEC al Dirigente scolastico e, per conoscenza, all’Ufficio scolastico regionale e all’Ufficio scolastico territoriale. Scrivendo subito, il Dirigente scolastico eviterà di inoltrare la richiesta delle risorse all’USR.
Se la rinuncia riguarda solo il docente di sostegno (e non anche la documentazione), anche senza sostegno suo figlio continuerà ad essere considerato “alunno con disabilità”, e potrà avvalersi di tutti gli altri diritti a lui spettanti (la predisposizione del Pei, le modalità di verifica personalizzate, i criteri di valutazione personalizzati, di cui all’art 16 commi 1 e 2 della l.n. 104/92).
Se invece non vuole che suo figlio sia considerato “alunno con disabilità”, allora deve ritirare, qualora sia stata inviata all’atto dell’iscrizione alla scuola Secondaria di Primo grado, tutta la documentazione relativa alla condizione di disabilità di suo figlio; in tal modo suo figlio sarà considerato come tutti gli altri compagni.


Sono un insegnante di sostegno della scuola secondaria di primo grado. Mi permetto di contattarla per una consulenza in merito al progetto individuale, cui fa riferimento il D.Lgs 66/2017 modificato dal D.Lgs 96/2019 e che trova spazio nei nuovi modelli di PEI in un’apposita sezione di raccordo.
Mi piacerebbe potermi informare in merito ad eventuali modelli o fac simile di tale progetto già predisposti, per poter avere un’idea dell’aspetto formale che dovrebbe avere, e sulle fonti cui attingere per poter reperire informazioni sui servizi dei comuni della provincia, in modo da poter indirizzare opportunamente eventuali famiglie interessate alla luce di una base informativa e normativa solida quale sono sicuro posso ricevere dalla sua esperienza.

Tenga presente che non esiste un “fac-simile” di Progetto individuale; la legge n. 328/2000 all’art. 14 descrive gli elementi che costituiscono il Progetto Individuale (il Progetto individuale contiene: la valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione dell’ASL; i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata; le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale; le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare).
Può sicuramente trovare molte informazioni sul Progetto Individuale-Progetto di Vita nel sito nazionale dell’ANFFAS, che riporta molte sentenze. Potrebbe vedere se nel sito di alcune scuole sono riportate delle informazioni oppure potrebbe rivolgersi al Referente regionale per l’inclusione scolastica.


Sono la mamma di una bambina con sindrome di Down, il prossimo anno inizierà la prima elementare. Abbiamo iscritto la bambina ad una scuola paritaria. La dirigenza ci ha comunicato che al momento la scuola non riesce a trovare un insegnante di sostegno da inserire e che probabilmente il sostegno sarà a carico di un educatore. Ovviamente sappiamo bene che le due figure sono distinte.
Vorrei sapere da dove la scuola deve attingere gli insegnanti di sostegno e se e scuole paritarie parificata sono svantaggiate nel reperire queste figure professionali qualificate e quali sono i canali per una famiglia per intervenire.

Senza dubbio non può essere nominata una figura differente da quella del docente, in quanto verrebbe leso il diritto allo studio, garantito dalla legge 104/92. La legge n. 62/2000 nell’ultimo comma dell’unico articolo ha costituito un piccolo fondo per il sostegno nelle scuole paritarie; quindi il Dirigente della scuola paritaria deve chiedere all’Ufficio scolastico di competenza la somma corrispondente al “pagamento non totale” del docente che la scuola paritaria deve liberamente individuare tra le persone abilitate all’insegnamento nella scuola Primaria e specializzate per le attività di sostegno. Dal momento che anche il Ministero dell’Istruzione e del Merito non sempre può nominare docenti specializzati per le attività di sostegno, in quanto mancano, qualora la scuola non ne trovi uno disponibile, può chiedere una deroga all’Ufficio scolastico, dal momento che il diritto dell’alunno è inviolabile, come avviene per talune nomine di docenti non specializzati da parte del Ministero. Se la scuola è anche parificata, allora la nomina è economicamente e totalmente a carico del Ministero.


Un consiglio di classe in una scuola secondaria di secondo grado (classe terza) sta organizzando una gita d’istruzione di un giorno in treno a xxx.
Nella classe è presente uno studente con L. 104/92, art. 3, comma 3.
Il consiglio di classe ha previsto per lo studente una copertura con l’insegnante di sostegno. Il genitore ha richiesto alla scuola di poter accompagnare suo figlio durante la gita. Chiediamo se ciò sia lecito e possibile. Nel nostro regolamento gite non vi è nulla a riguardo.

Nel progettare un viaggio di istruzione il Consiglio di classe, oltre a definire una meta accessibile, si accerta che il numero di docenti, che hanno dato la disponibilità in qualità di accompagnatori, corrisponda a quanto previsto per poter effettuare l’uscita.
Pertanto se la scuola garantisce tutti gli accompagnatori necessari, la famiglia non ha diritto di partecipare; se però vuole essere comunque presente, sarà il Dirigente Scolastico a valutare ed eventualmente autorizzare la loro partecipazione, chiaramente precisando che le spese dovranno essere sostenute dalla stessa famiglia, in quanto la scuola già garantisce gli accompagnatori necessari.


Un alunno autistico, iscritto alla seconda media, è stato escluso dalla partecipazione alla gita scolastica, senza che la famiglia fosse preventivamente informata dell’uscita e senza che vi fosse un accordo con i genitori. Il comportamento della scuola è corretto?

Il comportamento della scuola è illegittimo e costituisce palese discriminazione ai sensi della legge n. 67/2006.
Oltre ad inviare una lettera di denuncia alla scuola e, per conoscenza, all’Ufficio Scolastico Regionale ed al Ministero, la famiglia può anche ricorrere al Tribunale civile per ottenere il risarcimento dei danni anche non patrimoniali, come già avvenuto con numerose Sentenze.


Sono un insegnante avrei bisogno di un’informazione. Un insegnante di sostegno di scuola primaria al quale sono stati assegnati due casi in due classi diverse, durante un’uscita didattica, in cui partecipano entrambe le classi, a livello burocratico, puo’ risultare come accompagnatrice in entrambi le classi o deve necessariamente risultare su una sola classe? Gli possono essere assegnati solo i due alunni sul foglio di uscita?

Per organizzare uscite didattiche o viaggi di istruzione va dapprima acquisita la disponibilità da parte dei docenti, in qualità di accompagnatori, e va poi individuata una meta accessibile per tutti gli alunni della classe. Il numero di accompagnatori è definito dal collegio docenti; mediamente è richiesto un docente ogni 15 alunni e uno per ciascun alunno con disabilità iscritto alla classe.
Gli alunni in uscita, esattamente come in classe, sono affidati parimenti a tutti i docenti accompagnatori (non esiste l’assegnazione di docenti in modalità “ad personam”); pertanto ogni docente accompagnatore (che in classe opera con incarico sul sostegno o con incarico sulla disciplina) è responsabile di ogni alunno impegnato nell’uscita. Ne consegue che un alunno non può essere affidato ad un solo docente.
Nel caso descritto – essendoci due alunni con disabilità – oltre a un docente ogni quindici alunni vanno indicati due docenti in più (da intendersi in termini numerici e non diversamente).
La formalizzazione dell’incarico può indicare che la nomina è coerente con i rapporti numerici descritti, ma non può attribuire un docente nominalmente ad un alunno (in quanto lascerebbe erroneamente intendere una suddivisione della responsabilità che, formalmente, come detto, non esiste).


Sono il padre di alunna di 19 anni con ritardo mentale lieve certificato L. 104/92 che frequenta il quarto anno di liceo artistico.
Mia figlia aveva un PDP da dicenbre 2022 a seguito di richiesta per emissione da parte dell’ASL di una valutazione psicodiagnostica di RML.
Ho protocollato la diagnosi funzionale il 10/01/2023 ma a scuola non solo non è stato adeguato il PDP ma alcuni docenti che insegnano le materie dove trova maggiore difficoltà certificato dal profilo dinamico funzionale non solo non applicano le misure dispensative ma giudicano le prove sulla base delle performance e non dei progressi raggiunti.
La scuola non doveva fare il PEI o per lo meno adeguare il PDP non adeguato alla diagnosi? Cosa devo fare?

Avendo consegnato alla scuola una Diagnosi Funzionale nel mese di gennaio, in quello stesso mese si doveva convocare il GLO per elaborare il Piano educativo individualizzato, valido per l’anno scolastico in corso. Per gli alunni certificati con disabilità, infatti, non solo non si redige il PDP (documento predisposto per gli alunni con diagnosi di Disturbo specifico di apprendimento, e non è il caso di sua figlia), ma non si ricorre neppure a misure dispensative, in quanto per gli studenti con disabilità vengono definiti “obiettivi di apprendimento personalizzati”, coerenti con un percorso definito “su misura” (per cui la dispensa non trova applicazione, essendo già tutto personalizzato”. Nel frattempo siamo arrivati al mese di maggio. Che cosa fare?
Quello che possiamo suggerirle è di chiedere l’immediata convocazione del GLO, gruppo di lavoro operativo, e, in quella sede, considerati i tempi, predisporre un PEI provvisorio, indicando le ore di sostegno e le eventuali altre risorse (anche ausili, sussidi, strumentazione informatica) necessarie per il prossimo anno scolastico. Tenga presente che voi, come genitori, dovete prendere parte al GLO, in quanto il PEI deve essere elaborato e concordato sicuramente con voi, come pure con gli specialisti dell’ASL che seguono vostra figlia.


Sono funzione strumentale per l’inclusione di un I.C. ed avrei urgentemente bisogno di capire se è possibile, e con quale legge, contrastare l’imposizione dei nostri servizi territoriali multidisciplinari a non dettagliare le ore necessarie alla copertura scolastica dell’alunno grave, in sede GLO con la minaccia di non firmare il verbale

Il principio di personalizzazione, a base di tutta la nostra normativa inclusiva, impone a tutti che bisogna graduare la quantità di risorse secondo i bisogni educativi dei singoli alunni; non per nulla la legge n. 104/92 prevede il riconoscimento della “connotazione di gravità” per alcune persone e, di conseguenza, la priorità nell’accesso ai servizi. Parametro utile per la proposta delle risorse necessarie al quale vanno aggiunte le indicazioni del D.I. 182/2020; questo provvedimento distingue cinque condizioni, concernenti la restrizione alla partecipazione, con riguardo alle capacità dell’alunno, così declinate: assente, lieve, media, elevata, molto elevata; a ciascuna di queste condizioni la norma fa corrispondere “altrettanti “range” orari, intesi quali impegno di risorse” necessarie per garantire e tutelare il diritto allo studio dell’alunno con disabilità. Le “risorse” sono riferite al numero delle ore di sostegno e, ove necessario, al numero delle ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione secondo le fasce indicate.
Tenga conto, poi, che la proposta delle ore per il sostegno didattico ed anche, ove chiaramente necessario, dell’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale, è compito affidato al GLO (art. 15 comma 10 della legge 104/92) e non ai soli servizi dell’unità di valutazione multidisciplinare. Dovete pertanto raggiungere un accordo, in sede di GLO, il più possibile condiviso, e riportare l’indicazione della proposta delle risorse, con la quantificazione oraria settimanale, anche nel verbale che, come stabilito dalla norma, non deve essere sottoscritto da tutti i partecipanti all’incontro del GLO, bensì unicamente da colui/colei che ha coordinato l’incontro e da chi, materialmente, ha scritto il verbale (art. 4 del DI 182/2020).
Ai Servizi, così come a tutti i presenti al GLO, è chiesto di firmare il PEI, in cui viene riportata la proposta delle risorse necessarie per garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità.


Volevo sapere se mio figlio con disabilità grave per motivi di salute assente da fine gennaio e frequentante la scuola superiore, con certificazione medica può chiedere di non perdere l’ anno scolastico.

L’art. 5 del d.lgs n. 62/2017, per la secondaria di primo grado, e l’art. 14 comma 7 del DPR 122/2009, per la secondaria di secondo grado, stabiliscono che il Collegio dei docenti deliberi specifiche deroghe alla frequenza, ai fini della validità dell’anno scolastico, come indicato dalla C.M. 20/2011. In base a tali deroghe, a fronte di certificazione medica che giustifica le assenze, è possibile non avere invalidato l’anno scolastico per le eccessive assenze, purché i docenti del Consiglio di classe dispongano di sufficienti elementi per procedere alla valutazione positiva dello studente.
Pertanto faccia in modo che, anche tramite didattica a distanza, suo figlio venga valutato per ciascuna disciplina prima della conclusione dell’anno scolastico; con una valutazione positiva, suo figlio sarà ammesso alla classe successiva (promosso), senza perdere l’anno scolastico.


Vorrei avere chiarimenti circa l’assegnazione dell’insegnante specializzato, a fronte di una certificazione di L.104/92 acquisita agli atti dell’istituto scolastico come revisionabile nel 2019, ma della quale non è mai stata prodotto da allora alcun nuovo documento aggiornato.
La famiglia dello studente interessato, dichiarandosi (anche se in modo informale) non interessata a volersi avvalere della Legge 104, come pure lo studente stesso, oggi maggiorenne e prossimo a sostenere l’esame di stato, benchè formalmente sollecitati non hanno mai voluto produrre alcun aggiornamento della documentazione: di fatto la Scuola ancora ignora se lo studente sia stato convocato a visita per la revisione della certificazione o se convocato volutamente non si sia presentato.
Come e’ tenuta ad operare la scuola?
Deve comunque applicare le tutele della L.104 (assegnare all’alunno l’insegnante di sostegno, redigere il PEI ecc.) oppure, in mancanza della presentazione di una documentazione aggiornata, ritenere l’alunno non più in condizione di disabilità?
Preciso che l’alunno, al tempo certificato per problematiche relazionali e disturbo misto degli apprendimenti, seguendo una programmazionane di classe, con il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento riferibili ai nuclei fondanti e ai saperi essenziali delle discipline, è stato comunque preso in carico come alunno disabile dai vari Consigli di Classe che si sono avvicendati negli anni, prescindendo dall’aspetto formale.
Adesso, tuttavia, in vista degli adempimenti relativi all’Esame di Stato, ci si interroga sull’aspetto legale del dovergli riconoscere le tutele della L.104 o meno.

Dovreste inviare una PEC alla famiglia o far pervenire una raccomandata, con ricevuta di ritorno, in cui fate presente che, essendo la certificazione rivedibile, la legge n. 114 del 2014 stabilisce che qualora lo studente non si presenti alla visita di controllo, si perdono i diritti derivanti dalla certificazione. Pertanto invitate la famiglia a comunicare immediatamente, sotto la propria responsabilità penale, se vi è stata o meno la convocazione .
Solo qualora non vi sia stata ancora convocazione, la stessa legge stabilisce che continua ad aver efficacia la certificazione in possesso della famiglia.


Vorrei sapere se è vero che in ogni scuola di ordine e grado non è possibile rifiutare la richiesta di iscrizione di un alunno che ha la 104. ( Art. 3 comma 1).
Chiedo per mio figlio che ha compiuto 18 anni lo scorso dicembre e che possiede appunto la 104 senza connotazione di gravità e la certificazione Dsa dalla seconda elementare.
Avrebbe intenzione di iscriversi ad un corso di formazione professionale finanziato dalla regione Piemonte.
E nel caso in cui non ci fossero più posti disponibili come si fa in questi casi?

Alcune scuole rifiutano l’iscrizione, in quanto, questa è la motivazione data, hanno già iscritti, nelle nuove classi prime, loro prime classi, due alunni con disabilità per ciascuna classe.
Quanto ai corsi di formazione professionale, occorre vedere i regolamenti degli stessi. Mentre per gli alunni con disabilità con connotazione di gravità l’art 3 comma 3 prevede il diritto alla priorità di iscrizione, ovviamente tranne i casi detti sopra, la stessa norma non è ripetuta per i corsi di formazione professionale. Qualora questi abbiano già troppi studenti con disabilità, occorre cercare altri corsi. Si può provare con le cooperative sociali.


Sono la mamma di un bimbo di 5 anni, scuola infanzia. Le insegnanti hanno segnalato la difficoltà relazionale e comportamentale da parte del bambino. Mi sono affidata a uno specialista il quale non ha evidenziato problematiche, chiedendomi di farmi rilasciare dalla scuola una relazione osservativa, per poter meglio valutare la criticità segnalata dalle insegnanti.
Ho chiesto alla scuola “ relazione osservativa, “ credo previsto dalla legge, e mi è stato risposto che non sussiste alcuna norma per legge secondo la quale la scuola di qualsiasi ordine e grado debba consegnare ai genitori relazioni osservative senza che sia stata specifica richiesta di uno specialista.
Devo necessariamente far conoscere alla scuola il nome dello specialista cui mi sono recata per esaminare il minore? E’ possibile che non ci sia una tutela di privacy ?

Non risultano norme che impongono alla scuola di rilasciare relazioni illustrative sul comportamento di un alunno. Certamente è corretto che, a fronte di una segnalazione, i docenti diano informazioni puntuali, come per esempio: “Che tipo di comportamento è stato rilevato? Quando si manifesta? Come si manifesta (quali azioni compie il bambino)? In che termini è da definirsi problematico?”, in modo che i genitori possano decidere se chiedere una valutazione oppure no.
Da quanto scrive, i docenti non sono andati al di là dell’indicazione generica di “difficoltà”, che potrebbe anche essere temporanea.
Che cosa fare in questo caso?
Di seguito alcuni suggerimenti:
1) far formulare la richiesta direttamente dallo specialista, corredandola con una vostra autorizzazione, in modo che sia garantita la privacy;
2) concordare un incontro congiunto al quale possano partecipare tutti i docenti della sezione, voi genitori e lo specialista (chiaramente anche in tale circostanza lo specialista non rimarrebbe anonimo);
3) infine, considerato che lo specialista “non ha evidenziato problematiche”, potreste lasciar cadere la preoccupazione dei docenti.


Mio figlio di 3 anni e mezzo frequenta il primo anno di una scuola materna comunale, il bambino ha un ritardo del linguaggio e attualmente è seguito da una psicomotricista. Quest’ultima gli ha proposto la Comunicazione aumentativa alternativa al fine di permettere al bambino di esprimere le sue richieste e quindi comunicare, oltre a favorire poi la richiesta verbale ed effettivamente dopo un mese e mezzo di utilizzo si inizia a vederne i progressi. La scuola mi vieta di portare il quaderno CAA essendo il bambino non certificato, siamo in attesa di visita neuropsichiatrica coi tempi biblici che sappiamo. Chiedo quindi se c’è una normativa a riguardo che mi impedisca di usare uno strumento facilitatore della comunicazione per un bambino senza una diagnosi.

Comunicare è importante per tutti; e non può essere una certificazione ad autorizzare la possibilità di comunicare, che deve essere garantita a ogni persona e che deve essere sollecitata sin dalla più tenera età.
Si tenga presente che la scuola, per le sue attività, si avvale ordinariamente di flashcard, di carte con simboli o con immagini, di libri con immagini, di proiezioni e di video con immagini, di simboli per favorire l’apprendimento di nuove parole (sono modalità utilizzate nella scuola dell’Infanzia, ma anche negli ordini e gradi successivi); ad ogni bambino dell’Infanzia, inoltre, è assegnato un contrassegno, ovvero un disegno-un’immagine di riconoscimento.
E non risulta che per questo tipo di attività si chieda la certificazione. Le immagini e i simboli, in altre parole, sono abitualmente utilizzati a scuola. Quindi sicuramente il bambino e i suoi compagni già utilizzano immagini.
Pertanto pare persino paradossale il non consentire ad un bambino di utilizzare un ausilio che non solo arricchisce il lessico (obiettivo che le Indicazioni Nazionali fissano a partire dalla scuola dell’infanzia), ma, e questo è di primaria importanza, consente e favorisce la comunicazione (obiettivo primario per lo sviluppo dei traguardi di competenza, da perseguirsi sin dai primi percorsi; nell’infanzia mediante i campi di esperienza).
Non esiste una normativa che impedisca ad un bambino di usare un facilitatore della comunicazione in assenza di diagnosi; d’altra parte, se esistesse, nessuno a scuola potrebbe utilizzare flashcard o oggetti simili (sopra descritti).
Ne parli urgentemente con il Dirigente scolastico, affinché intervenga presso i docenti.


Sono una docente di una classe prima di una scuola secondaria di primo grado.
Quest’anno abbiamo in classe un alunno, proveniente da un altro IC, che fin da subito ha manifestato gravi problemi comportamentali: scatti di rabbia, aggressioni verbali ai pari, autolesionismo. Solo dopo molte insistenze da parte nostra, recentemente, la madre ha ammesso che il bambino ha la 104 c. 1, ed è seguito da uno psicoterapeuta. Solo a metà marzo ha portato a scuola la documentazione del niat datata settembre 2021. Questo alunno non ha pertanto il sostegno nè l’assistente educatore. La madre e lo psicoterapeuta non ritengono necessario il sostegno, ma solo l’educatore.
La mia domanda è questa: il consiglio di classe deve comunque redigere un Pei ? O Un pei provvisorio dato che siamo quasi al temine delle attività didattiche? Oppure un pdp visto che non vi sarà insegnante di sostegno?

Considerati i tempi e considerato che la certificazione è stata rilasciata nel 2021, è il caso di predisporre un PEI provvisorio. Il PEI è documento al quale partecipano, per la sua stesura, tutti i docenti della classe (questo indipendentemente dal fatto che vi sia o che non vi sia un docente con incarico sul sostegno).
Il Dirigente, pertanto, dovrà procedere definendo la composizione del GLO, mediante provvedimento costitutivo. Quindi, una volta convocato il GLO, i convenuti predisporranno il PEI, all’interno del quale vanno indicate le risorse necessarie, come il docente da incaricarsi per il sostegno didattico; subito dopo sarà il Dirigente scolastico a richiedere, sulla base del PEI, il docente per il sostegno, in modo da disporre da subito di un supporto, con la speranza che il docente possa restare anche il prossimo anno.


Sono una docente di sostegno di una classe quinta di un Istituto di istruzione superiore di secondo grado. Una docente disciplinare della classe in cui insegno ha organizzato una uscita didattica presso un Museo. Purtroppo i tempi per l’organizzazione sono stati ristretti, nessun pullman è risultato disponibile per il trasporto degli studenti perché già impegnati da altre scuole, per cui l’organizzatrice ha optato per il viaggio in treno. La stazione dei treni della piccola cittadina in cui ha sede la scuola non è ben servita, per cui non è possibile prendere treni a distanza ravvicinata, ci si deve adattare. Inoltre dalla stazione di arrivo al Museo vi sono pochi autobus disponibili e, per poter arrivare in tempo al Museo rispettando l’appuntamento fissato con la guida (ultimissimi posti disponibili), si è deciso di percorrere a piedi il tragitto dalla stazione al Museo, della durata tra i 25/30 minuti e così per il ritorno da Museo a stazione. Due allievi con disabilità, uno con emiparesi e l’altra autistica ma in sovrappeso e facilmente stancabile, sono stati dispensati dal compiere il tragitto a piedi e gli è stata data la possibilità di prendere un taxi sia all’andata che al ritorno. Un’altra allieva con lieve disabilità si è offerta di prendere il taxi coi due compagni. Le famiglie erano state informate e, mentre una ha acconsentito senza problemi, l’altra ha polemizzato asserendo che la scuola avrebbe dovuto organizzare diversamente l’uscita didattica per dare la possibilità agli allievi di rimanere sempre insieme, che una scuola inclusiva non deve fare questi tipi di discriminazioni e che avremmo dovuto annullare l’uscita. Ma la famiglia in questione ha autorizzato comunque la figlia a partecipare continuando a infierire contro l’Istituto.
Ora io le chiedo, dato che non vi erano altre strade percorribili, se effettivamente siamo stati non inclusivi. L’inclusività per noi è consistita nel permettere che ogni allievo potesse partecipare alla visita guidata al museo, avremmo preferito certamente che tutti utilizzassero gli stessi mezzi di trasporto ma, quando non oggettivamente possibile, l’utilizzo di uno strumento compensativo, in questo caso il taxi, per alcuni allievi e per una piccola parte dell’uscita didattica in termini di tempo, non ha favorito l’inclusione?
Se avessimo annullato l’uscita, non avremmo leso il diritto che esiste anche per gli allievi normodotati di poter effettuare uscite utili alla loro formazione?

Quando alla classe sono iscritti alunni con situazioni fra loro differenti e complesse, è bene individuare attentamente le mete dei viaggi di istruzione, onde evitare quanto vi è accaduto.
Fortunatamente alcune delle persone con disabilità non hanno fatto polemiche; purtroppo una, invece, si è fortemente risentita. Certo è che, al punto in cui ormai vi trovavate, non era possibile agire diversamente, ovvero autorizzando l’uso di un taxi per gli spostamenti.
Per le prossime uscite didattiche o per i prossimi viaggi di istruzione predisponete tutto con molta attenzione, in quanto ormai le famiglie sono molto permalose. Vogliamo sperare che ormai la situazione si sia calmata. Grazie per il lavoro inclusivo che cercate di realizzare.


Un ragazzo con 104 disabilità mentale può fare ore di teatro extrascolastico senza assistente nè docente di sostegno? Di chi sono le responsabilità?

Se l’attività si svolge durante l’orario scolastico e se il PEI prevede tale attività, sono i docenti in servizio responsabili dello studente con disabilità, così come di tutti gli altri alunni e alunne della classe.
Se per attività extra-scolastiche lei fa riferimento alle attività promosse con i PON o altra analoga modalità, si immagina che nel predisporre il progetto siano state prese in considerazione tutte le variabili al fine di garantire la piena partecipazione di ogni alunno aderente.
Se, invece, il corso di teatro si svolge in orario extra-scolastico, la famiglia deve indicare la persona alla quale il ragazzo è affidato. Ciò in base all’art. 2046 del Codice civile per responsabilità verso terzi; per eventuali danni subiti dal ragazzo è sempre responsabile tale persona.


Vorrei avere informazioni circa il diritto al sostegno di una persona con disabilità (ritardo mentale lieve) nel caso volesse iscriversi per frequentare un corso serale proposto da un IIS. La persona in questione (43 anni) ha interrotto gli studi nello stesso Istituto Professionale al terzo anno (conseguendo l’attestato previsto)
Vorrebbe proseguire e arrivare a ottenere un diploma di maturità.

La Sentenza della Corte Costituzionale n. 226/2001 prevede che nei corsi serali agli studenti con disabilità siano garantiti gli stessi diritti degli studenti frequentanti i corsi del mattino.


Sono una docente di sostegno all scuola secondaria di secondo grado. Insieme ad un’altra collega e ad un’OSS seguiamo un’alunna con un grave deficit cognitivo, neuropsicologico, dell’apprendimento, della comunicazione e socializzazione e inoltre con problemi nella deambulazione.
Nella mia scuola vi è un progetto chiamato “Autonomia” che prevede uscite didattiche nei dintorni dell’edificio scolastico e la referente ritiene che l’alunna debba partecipare e siamo d’accordo.
La mamma ci ha però forniti un passeggino che utilizzava alla scuola primaria e quindi non idoneo alla disabilità, al peso e all’altezza della figlia.
Abbiamo richiesto alla mamma di procurarci una carrozzina idonea e sicura senza avere risposta.
La dirigente mi ha detto che anche secondo lei il passeggino fornito dalla madre non va bene e che aspettiamo il parere del responsabile alla sicurezza.
Ad ogni modo finché la dirigente non mi autorizza posso rifiutarmi di portare fuori l’alunna?

Il passeggino è un arredo scolastico e deve essere richiesto da famiglia e scuola all’ente territoriale che, nel caso di scuola Secondaria di Secondo grado, è o la Regione o l’Ente locale al quale essa ha delegato tale funzione (Provincia, Consorzio di Comuni, Ambito Territoriale o Comune).
Quanto alla somministrazione di farmaci a scuola, le linee guida del 2005 prot. n. 2312 stabiliscono che la famiglia deve portare a scuola un certificato del medico specialista che dichiari se i farmaci possono essere somministrati da chiunque o se, richiedendo una valutazione professionale, debbano essere somministrati da un infermiere dell’asl o di un’associazione di volontariato sanitario (permane sempre la disponibilità da parte di chi si presta alla somministrazione).
Quanto all’alimentazione, sempre il medico deve dichiarare se occorre un infermiere o se possa essere effettuata da un’assistente o, su incarico del Dirigente scolastico, da un collaboratore scolastico, al quale sono affidati compiti di spostamento nella scuola e di somministrazione pasti, n forza del CCNL. Anche per la somministrazione dei pasti è necessario che il medico indichi, in base alle necessità dell’alunna, quale figura professionale debba essere incaricata.
Quanto alla responsabilità, che coinvolge tutti i docenti della classe e, durante l’uscita, tutti i docenti in servizio e non solamente lei, fino a quando non arriverà un “passeggino idoneo”, chiedete alla sicurezza se sussistano le condizioni per effettuare l’attività oppure no; tuttavia è il caso di affrontare la questione in sede di Consiglio di classe: se, infatti, non vi sussistessero le condizioni per rendere partecipe l’alunna all’attività (data l’assenza dei mezzi necessari e/o della presenza di altra figura professionale idonea), allora essa non può essere proposta al gruppo-classe. In altre parole, quando si programma un’attività rivolta al gruppo-classe, è necessario valutare se ad essa possono effettivamente partecipare tutti gli alunni della classe; se ciò non è garantito, si cambia attività.


Sono la madre di un ragazzo autistico frequentante il primo superiore di un istituto tecnico che segue il programma differenziato. Ha assegnate due insegnanti di sostegno, che si alternano nove ore di 55 minuti ciascuna, con le quali ci sono diversi problemi di comunicazione. È stato da loro stilato un PEI dal quale si evince che il programma è differenziato ma no vi è alcuna programmazione indicata, né alcun criterio di valutazione. A inizio anno, proprio a causa della mancata programmazione e dell’improvvisazione quotidiana, il ragazzo ha avuto un paio di reazioni, stringere polsi e dare un pizzicotto, che nel corso dei mesi non si sono più ripresentate. Durante il GLO si è discusso del fatto che si rende necessario preparare il materiale da proporre al ragazzo e adeguarlo alle sue caratteristiche, si è accennato ai comportamenti problema e a come prevenirli. Nel verbale, che non è stato condiviso con la famiglia, si evince invece che mio figlio avrebbe gravi comportamenti problema e non viene fatto nessun accenno alla programmazione. Posso impugnare in qualche modo di sostegno il verbale?

È necessario riconvocare subito il GLO, chiedendo la presenza di un esperto o della Vostra associazione o dello sportello autismo della scuola-polo competente; ciò per far comprendere ai docenti come deve essere impostato il PEI di suo figlio.
In sede di GLO deve essere concordato il PEI, con gli obiettivi di apprendimento, le modalità di verifica e i criteri di valutazione.
Se durante il GLO è presente il medico che conosce suo figlio, può essere chiarito il comportamento del ragazzo e si potrebbe correggere il giudizio negativo su tale comportamento.
È utile mettere a verbale che voi genitori non firmerete il PEI se il PEI non contiene tutto quanto previsto dalla legge (quindi se non conterrà anche gli obiettivi di apprendimento, le modalità di verifica, i criteri di valutazione).
Quanto all’impugnazione, per evitare di perdere ulteriore tempo, forse per il momento è bene evitarla.


Capita che durante i glo non ci venga letto quello che viene verbalizzato al momento. Successivamente chiediamo una copia del verbale e ci accorgiamo che non viene scritto quello che vogliamo venga messo a verbale. In merito a questo volevamo sapere se per legge noi genitori possiamo mandare delle osservazioni tramite email, o farlo presente al glo successivo per fare in modo che vengano integrate.
Inoltre abbiamo visto che nel verbale non viene menzionato nei partecipanti il nominativo della figura educativa , anche lei era presente al GLO ed ha fatto interventi positivi che non sono stati inseriti. É corretto?

È scorretto non verbalizzare, neppure in sintesi, gli interventi di tutti i partecipanti; infatti il verbale deve essere la riproduzione fedele dei concetti espressi da tutti.
Il verbale , se non viene approvato al termine della riunione, deve esserlo alla prima riunione e, in quel momento, si ha diritto a far inserire nel verbale tutto ciò che risulta assente nella bozza di verbale letta.
Se la scuola si dovesse rifiutare, allora occorre immediatamente farlo presente all’Ufficio scolastico Regionale, minacciando il ricorso al Tribunale.
Quindi, dopo la richiesta di correzioni e di integrazioni, chiunque ha diritto di estrarre copia del verbale, ovvero di chiedere copia del verbale, per verificare se è stata effettivamente rispettata la volontà dei partecipanti.


Un alunno con disabilità grave, per spettro autistico, frequenta la classe seconda della scuola media.
I docenti lamentano, soprattutto in alcuni periodi, difficoltà nella gestione del ragazzo, che ha problemi a rimanere seduto, a concentrarsi e ad adeguarsi alle regole e alle dinamiche scolastiche (alla primaria paritaria non manifestava tutte queste difficoltà).
E’ seguito da professori che si definiscono “improvvisati” sul sostegno, essendo specializzati in materie letterarie e scientifiche. Da inizio anno, ha conosciuto dodici insegnanti di sostegno.
Adotta, a tratti, comportamenti oppositivo provocatori (non violenti). In questi casi, i docenti che non riescono a comprendere quali siano i fattori scatenanti e che non sanno gestire la situazione, sono soliti chiamare noi genitori per chiedere un nostro intervento. Ci vediamo costretti, quindi, ad allontanarci dal lavoro per accorrere a scuola a prelevare il ragazzo.
Inutile descrivere l’ansia con cui affrontiamo le mattinate nel timore di ricevere la telefonata della scuola.
Mi chiedo se tutto ciò sia ammissibile e se sia giusto che le famiglie, già gravate da troppe preoccupazioni, debbano occuparsi anche della sfera scolastica per mancanza di professionisti qualificati. Le priorità dovrebbero essere gli alunni non i punteggi!

Il comportamento oppositivo provocatorio potrebbe essere la manifestazione di un disagio interiore, peraltro affrontabile dai docenti se mettessero in atto linee di intervento educativo coerenti, concordate con la famiglia ed anche con gli specialisti, al fine di realizzare un contesto di apprendimento positivo e sereno per l’alunno e per i suoi compagni.
Quello che pare emergere è la fuga da una progettualità educativo-didattica, non certo la ricerca di percorsi coerenti. Sicuramente quello che le suggeriamo, nell’immediato, è di non andare a scuola a prendere suo figlio, il quale ha diritto a restare con i suoi compagni e a vivere, come gli altri, l’esperienza scolastica.
In secondo luogo le consigliamo di chiedere l’urgente convocazione del GLO, con la presenza anche di un esperto dell’Associazione sull’autismo o dello sportello autismo del CTS di competenza territoriale, se presente. In sede di GLO si analizzano gli interventi educativi già inseriti nel PEI per individuarne eventualmente altri, ritenuti più efficaci; se invece non sono state indicate linee di intervento educativo, è il caso di definirle nell’immediato, con il supporto degli esperti, concordando le modalità operative (senza dimenticare di creare le condizioni affinché il ragazzo possa star bene a scuola; adottando, cioè, le agende visive o il videomodeling, prevenendo, inoltre, gli stati d’ansia e/o il disagio attraverso l’anticipazione delle attività da svolgersi e offrendo, fra un’attività e l’altra, momenti di pausa con attività gradite all’alunno, da vivere anche insieme ai compagni). Accertatevi che tutto sia riportato nel PEI. Quindi informate la scuola che voi non andrete più a prendere vostro figlio, salvo per motivi di salute (e non certo perché adotta atteggiamenti oppositivi, rispetto ai quali vanno adottati interventi mirati da parte di tutti gli insegnanti della classe).
Quanto ai dodici docenti di sostegno, se mancano aspiranti competenti nelle graduatorie di istituto, occorre accedere a quelle di istituti viciniori e, in mancanza, farsi autorizzare a nominare un esperto anche fuori graduatoria, come avvenuto tempo fa in Calabria, nel caso di una studentessa con disabilità visiva.


Nella nostra scuola media, ogni volta che viene proclamato uno sciopero, l’alunno autistico grave deve recarsi (al pari degli altri alunni) a scuola e attendere in cortile le determinazioni del dirigente scolastico. Se l’istituto resta chiuso per adesione allo sciopero, la famiglia (che aspetta nelle retrovie) si vede costretta a riorganizzarsi. Finora è andata così, ma è corretto?

Lo sciopero ha l’intento di richiamare l’attenzione del contesto sociale sulle questioni che hanno sollecitato i lavoratori ad aderire all’agitazione proclamata dai sindacati di categoria. In genere, non sapendo quanti docenti aderiscono allo sciopero se non la mattina stessa, il dirigente scolastico assume la decisione di sospendere le lezioni, dandone comunicazione scritta alle famiglie oppure informa dello sciopero e della necessità di vigilare in merito all’ingresso o meno dei loro figli (in base alla presenza o meno dei docenti). Si tratta di scelte.
I docenti della classe dell’alunno con disabilità, che lei cita, potrebbero aderire allo sciopero, mentre altri no; in questo caso se l’alunno resta a scuola, sarà affidato, insieme a tutti gli altri alunni e le altre alunne presenti, ai docenti in servizio (che effettueranno la necessaria sorveglianza).
Se, invece, tutti i docenti aderiscono allo sciopero, allora le lezioni vengono sospese lo stesso giorno.


Esiste un riferimento normativo in base al quale l’eventuale compresenza di insegnante di sostegno ed operatore socio-educativo in una situazione di forte gravità, possa configurarsi come danno erariale?

Le competenze e i compiti, come pure il ruolo, della figura professionale dell’assistente ad personam (qui definito operatore socio-educativo) sono decisamente differenti da quelli del docente (sia esso incaricato su posto di sostegno o incaricato su posto disciplinare). Gli stessi contratti di lavoro differiscono, così come i datori di lavoro.
L’art. 13 comma 3 della legge 104/92 stabilisce che la figura dell’assistente sia prevista per l’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità, al quale viene assegnato. Si presume che, per esempio, in relazione all’autonomia essa non si manifesti, come necessità, un’ora sì e l’altra no, pertanto se il GLO ritiene che l’assistente debba essere presente per tutto il tempo di frequenza scolastica, non deve far altro che indicarlo nel PEI. La mancata assegnazione di una figura essenziale, ai fini dell’autonomia e/o della comunicazione, si configurerebbe come discriminazione nei confronti dell’alunno con disabilità, non certo come danno erariale.


Sono una docente di scuola superiore. Al momento mi è stata riconosciuta la legge 104 (senza connotazione di gravità), e invalidità al 50%. Ho inoltrato domanda di aggravamento sperando di ottenere invalidità superiore ai 2/3, per usufruire della precedenza nelle graduatorie di istituto.Se non dovessi farcela ad ottenere aggravamento dell’invalidità (nel caso in cui me la diano) entro i termini di scadenza dell’aggiornamento delle graduatorie d’, istituto, posso fare domanda di esclusione dalle stesse riservandomi di presentare i verbali della commissione, cioe dichiarando di essere in attesa di aggravamento? Fa fede la data del verbale della commissione?

Dovrebbe chiedere ai Sindacati di categoria. In ogni caso, per analogia a quanto avviene con la consegna dei titoli di specializzazione conseguiti successivamente alla scadenza della data di presentazione che, con un’avvertenza ufficiale, possono essere consegnati al momento del rilascio, si ritiene che lo stesso possa accadere in questo caso, dal momento che la certificazione produce effetti dalla data della domanda.


Sono una docente di sostegno titolare presso una scuola secondaria di secondo grado ad indirizzo tecnico, che segue un’alunno dal primo anno, attualmente frequenta il quarto anno con percorso di studi ordinario. L’alunno è affetto da Polioneuropatia sensitivo motoria assonale con interessamento motorio distale e coinvolgimento dei nervi cranici, la malattia purtroppo è in continua evoluzione determinando una compromissione dell’autonomia di base e un affaticamento nella gestione delle diverse attività didattiche che con tenacia e dedizione assolve. Il problema sussiste in merito all’assolvimento delle ore di PCTO che aggravano l’impegno scolastico determinando una sfiducia nelle sue oggettive capacità. Preso atto di quanto disposto dal D.Lgs. 66/2017 e dalle linee guida del nuovo PEI si evince che avendo l’alunna un percorso “ordinario” sarebbe tenuta ad assolvere tutte le 150 ore stabilite per legge. Vorrei sapere se attenendomi a quanto riferito in una faq ministeriale nr 14 (https:www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/faq.html) il GLO congiuntamente può decidere di esonerare anche parzialmente l’assolvimento di tale limite, facendo riferimento alla situazione eccezionale dettata dall’aggravamento della patologia?

Nessuna disposizione di legge prevede l’esonero dal PCTO; tuttavia, secondo quanto indicato dal DLgs 66/17 art. 7 comma 2, lettera e), è nel PEI che sono definiti: «gli strumenti per l’effettivo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro, assicurando la partecipazione dei soggetti coinvolti nel progetto di inclusione». Se per gli alunni con disabilità il percorso formativo è personalizzato, da tale principio non può sottrarsi il percorso per le competenze trasversali e l’orientamento. La preoccupazione del legislatore, rispetto all’insistenza nel ribadire che “si deve far di tutto per consentire agli studenti con disabilità di svolgere questa esperienza”, deriva dal garantire la partecipazione ad attività che vedono coinvolti tutti gli alunni del secondo grado (relativamente alle classi interessate).
È pur vero che tale diritto va esercitato nel pieno rispetto della persona con disabilità, e trova la sua applicazione nelle necessarie forme di personalizzazione che devono essere garantite per tutte le attività previste nel percorso scolastico (quindi anche per le attività di PCTO).
Il DI 182/2020, nelle Linee guida, stabilisce che la scelta di una tipologia di percorso “né in azienda né a scuola” possa essere considerato in situazione eccezionale, “ad esempio in presenza di un progetto di istruzione domiciliare”. Considerato quanto da lei scritto e preso atto dell’impossibilità di una riduzione di ore, è possibile effettuare il PCTO mediante attività realizzate presso un ufficio o un’impresa virtuale, modalità contemplata e percorribile.
Sicuramente l’ipotesi virtuale si propone come la più efficace e significativa; in alternativa potreste optare, come indicato dalle Linee guida, per una “esperienza di tipo scolastico”, avendo però cura di ricreare un ambiente di lavoro che, “dal punto di vista organizzativo (regole, orari, persone di riferimento…)” e per le attività svolte (laboratori e altri spazi utilizzati) “sia il più vicino possibile a quello aziendale, creando una discontinuità tra queste esperienze e le abituali attività scolastiche”.


Sono un’educatrice e lavoro come assistente scolastico in una scuola superiore della mia città. Assisto un alunno affetto da tetraparesi spastica e che dunque utilizza la sedia a rotelle, necessitando di costante assistenza didattica e soprattutto materiale.
Terminato il periodo di emergenza pandemica, la scuola sta ricominciando ad organizzare uscite didattiche e gite d’istruzione; in particolare, è prevista per la fine dell’anno scolastico una gita a Roma, e, naturalmente, la famiglia del mio alunno è intenzionata a farlo partecipare.
La scuola si è assicurata che tutti i luoghi che i ragazzi andranno a visitare siano accessibili anche per lui, ma permane una criticità relativa al mezzo di trasporto da utilizzare.
In base alle mie conoscenze e alla mia esperienza lavorativa, mi risulta che la nota ministeriale 645/02 chiarisca la necessità di utilizzare un mezzo di trasporto idoneo alla situazione motoria dell’alunno; pertanto, mi sembra logico che la scuola debba provvedere ad affittare un pullman attrezzato con un elevatore o comunque una rampa per l’accesso con la sedie a rotelle. Tuttavia, i responsabili della commissione gite sono restii a procedere in tal senso, in quanto – dicono – l’affitto del mezzo attrezzato farebbe lievitare e non di poco il costo della gita per ogni partecipante.
Dal canto suo, la madre del mio alunno non sembra turbata dalla situazione: ritiene, infatti, che il figlio possa tranquillamente viaggiare a bordo di un normale pullman, in quanto lei, che lo accompagnerà in gita, abitualmente lo trasporta sulla sua autovettura (non attrezzata) prendendolo in braccio e posizionandolo su un normale sedile. Prevede di fare lo stesso durante la gita (sic!), per cui la scuola sembrerebbe intenzionata a procedere con questa modalità, limitandosi a far firmare alla signora una liberatoria.
Personalmente, ho seri dubbi che questa escamotage possa funzionare, e soprattutto ho il timore che il giorno della gita l’autista del pullman possa (giustamente) rifiutarsi di far salire a bordo il ragazzo con questa modalità, escludendolo dall’evento. Insomma, la ritengo un’idea alquanto ingenua e dai risvolti assolutamente dannosi, tanto per dire un eufemismo… ma, dato che non ho una grande conoscenza delle leggi e delle normative in merito e non facendo parte dell’organico scolastico (non parteciperò nemmeno alla gita), non so se il mio è un eccesso di apprensione oppure un fondato timore.
Chiedo, quindi, a voi se è effettivamente possibile “bypassare” le disposizioni ministeriali tramite una semplice liberatoria oppure se la scuola si sta infilando in un ginepraio che potrebbe avere delle conseguenze negative.

In genere, quando la scuola programma viaggi di istruzione o uscite didattiche, se ha necessità di un mezzo di trasporto particolare, lo richiede direttamente nel momento in cui affitta il mezzo di trasporto per l’attività programmata. Non è raro il fatto che le scuole si rivolgano direttamente al Comune o al Consorzio di Comuni che, normalmente, dispongono di un mezzo attrezzato che forniscono senza eccessivi costi.
Sicuramente, per una maggiore sicurezza e anche per garantire all’alunno una migliore mobilità, è opportuno richiedere un mezzo attrezzato (si comprende la questione dei costi, ma ciò non può essere indicata come motivazione).
Si potrebbe chiedere un intervento dell’USR o del delegato regionale per l’inclusione, ma il fatto che il genitore si sia assunto la responsabilità di spostare il figlio come normalmente fa con il mezzo privato potrebbe non condurre ad una soluzione ottimale. Potremmo suggerirle di far presente al coordinatore di classe l’importanza di garantire un mezzo adeguato, ma la decisione compete alla scuola (e alla famiglia).


 Ad un bambino di 9 anni della scuola primaria con lievissimo spettro, per la prima volta gli é stata assegnata la maestra di sostegno e figura educativa (data per mediare nella comunicazione) si parla di un bambino gestibile e molto intelligente che talvolta ha difficoltà nell’autoregolarsi a parlare. Per la “prima volta” nonostante ci fosse la figura educativa, gli é stata data una nota nel diario perché disturbava una lezione di cinque bambini. Alla fine della giornata la figura educativa non ci ha informato di questo fatto perché l’insegnante stessa gliel’ha proibito e così a casa abbiamo poi trovato una nota generica senza capire cosa fosse successo. Volevamo capire se la figura educativa é tenuta a dirci quando vi sono giornate problematiche o deve rispettare quello che gli viene detto dalle insegnanti. Cosa prevede la normativa?

Mentre è previsto il colloquio individuale con ciascuno dei docenti della classe, tale evenienza non è contemplata per le figure addette all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione, con le quali, formalmente, si può interloquire solo in sede di GLO.
Le suggeriamo di chiedere subito un incontro con la docente che ha scritto la nota, al fine di avere chiarimenti e fornirne circa il comportamento dell’alunno il quale, anche in considerazione della certificata condizione di disabilità, più che di una “inutile” nota, necessita di coerenti interventi educativo-didattici e di un supporto adeguato, in sintonia con la famiglia (come indicato nel PEI); inviti quindi la docente a non ricorrere a queste modalità e di provvedere, invece, a informarla, in modo che insieme possiate rivedere eventualmente gli interventi educativi, già concordati a inizio di anno scolastico nel PEI, se ritenuti non efficaci.
In caso di impossibilità di dialogo, le suggeriamo di rivolgersi al Dirigente scolastico, informarlo su quanto accaduto e, contestualmente, di chiedere un incontro di GLO, al fine di chiarire le modalità di intervento educativo.


Sono una docente vorrei porre un quesito in merito ad un mio alunno. Il ragazzo frequenta la V classe di un Istituto tecnico, ha una differenziata, la famiglia chiede che venga bocciato perché non sa a chi affidarlo. Il ragazzo nei prossimi mesi compirà 22 anni. La mia domanda è: se il consiglio di classe dovesse decidere di bocciarlo, avrebbe diritto ancora al sostegno? In merito esiste una normativa precisa?

Con il percorso “differenziato” la non ammissione alla classe successiva o la non ammissione agli esami di Stato è normalmente impossibile, in quanto la “non ammissione” avviene quando non si raggiungono gli obiettivi fissati nel PEI. Siccome gli obiettivi definiti nel PEI differenziato sono formulati solo sulla base delle effettive capacità dell’alunno, essi vengono normalmente, sempre, raggiunti.
Invece di pensare ad una ripetenza, che rinvia di un anno il problema manifestato dalla famiglia, sarebbe più opportuno pensare da subito a chiedere al Comune di residenza, d’intesa con la scuola e con gli altri Enti pubblici e del privato sociale interessati, il Progetto individuale (utile ai fini dell’attuazione del Progetto di vita dell’alunno) ai sensi dell’art 14 della legge n. 328/2000, che la Magistratura ha dichiarato obbligatorio per i Comuni che, a richiesta della famiglia, debbono avviare.
Il Progetto Individuale potrebbe inizialmente prevedere la frequenza di un corso di aggiornamento di primo livello, al fine di verificare le capacità lavorative dell’alunno e di individuare dove egli possa svolgere e dove l0’alunno potrebbe svolgere e dove potrebbe svolgerlo e quindi un successivo corso specifico, ad esempio nel campo dell’agricoltura o dell’artigianato o della ristorazione, ovvero nel settore in cui manifesta maggiori capacità. dove abbia maggiori capacità.


Nelle scuola primaria nella quale è inserita mia figlia, avendo un soggetto disabile in classe a livello psichico (comportamenti in classe inadeguati, morsi ai compagni, banchi lanciati per aria, parolacce, ect.),ma soprattutto disturbo continuo in classe nel momento delle spiegazioni e non solo. Chiedevo, se sia possibile tale comportamento e intaccare per tante ore lo stato psicologico del resto della classe.
Al fine di tutelare la salute psicologica dei nostri figli, come dobbiamo cautelare e tutelare la classe in forma legale?e soprattutto A CHI rivolgerci visti i continui reclami agli enti interessati che rispondono che non possono fare nulla?

La descrizione di quanto accade in classe è alquanto dettagliata e ci chiediamo se ciò derivi da supposizioni o ipotesi oppure da informazioni date dai docenti ai genitori. Avendo omesso la classe è difficile immaginare un bambino che lancia in aria i banchi (forse spostarli, gettarli a terra). È bene quindi aver contezza di quanto effettivamente avviene e sono i docenti che possono riferire.
Alla luce delle sue considerazioni, tuttavia, lei potrebbe suggerire al docente coordinatore di classe di chiedere la “convocazione urgentissima” del GLO (al quale lei non può partecipare, in quanto genitore di altro alunno) per definire le modalità di intervento educativo da adottarsi nell’immediato, al fine di tutelare sia il diritto allo studio di ogni alunno e alunna, compreso l’alunno con disabilità, sia la sicurezza e la serenità necessarie per garantire la frequenza di tutti.
È probabile che sia già stato individuato e messo in atto un percorso educativo; ma forse risulta poco efficace, per cui potrebbe essere necessario rimodulare strategie e interventi (l’uso della musica è sicuramente un interessante supporto, peraltro valido per tutti gli alunni della classe, per i suoi effetti positivi; si potrebbero poi suggerire anche attività rilassanti nei momenti di particolare tensione ma, è chiaro, si tratta di ipotesi, in quanto solamente i docenti della classe, i genitori dell’alunna e gli specialisti possono, conoscendo l’alunno, indicare le strategie e gli interventi adeguati). L’opportunità e la necessità della convocazione urgentissima del GLO, in questo caso, è sicuramente fondamentale.
L’alunno, esattamente come sua figlia, ha diritto sia di frequentare la scuola sia di fruire degli interventi educativi e formativi utili per una crescita armoniosa, insieme ai coetanei, e per la realizzazione del Progetto di Vita. Siamo certi che, a fronte di adeguati e coerenti interventi educativi promossi nella classe, la situazione potrà risultare migliore per ogni alunno e alunna. Tenga, infine, conto che la sua richiesta è irricevibile, in quanto in contrasto con la legge 104/92, art. 12 comma 2 (gli alunni con disabilità esercitano il loro diritto all’educazione e all’istruzione nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado) e, sempre articolo 12, comma 4, secondo il quale nessuna condizione di disabilità può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica.


Per un alunno autistico grave, la scuola media in occasione di un episodio isolato di autolesionismo, manifestatosi verbalmente in aula sostegno alla fine dello scorso anno, ha fatto una segnalazione alla procura dei minori.
La scuola, che dopo l’evento non ha convocato alcuna riunione con i genitori, ha sporto denuncia senza notiziare la famiglia e senza pensare, probabilmente, alle conseguenze che lo stesso esposto avrebbe comportato in termini di burocrazia e di ingerenza immotivata nella sfera familiare.
I genitori, all’improvviso, sono stati contattati dai servizi sociali che, su incarico della procura, hanno attivato il lungo iter di incontri, sopralluoghi domiciliari degli assistenti e osservazioni a casa con l’educatore.
E’ corretto tutto ciò? Perché se il fatto si è verificato a scuola dev’essere coinvolta esclusivamente la famiglia? Non si potrebbe parlare prima di agire, risparmiando tempo e risorse? Come possiamo tutelarci?

La famiglia, a questo punto, deve far presente di non essere a conoscenza di quanto segnalato dalla scuola (e di non essere stata informata da nessuno!).
Occorre contattare il Tribunale dei minori ed anche i servizi sociali tramite un avvocato, se la famiglia teme che ci possano esservi problemi circa la responsabilità genitoriale. Se tutto si risolve per il meglio, poi la famiglia potrà eventualmente chiedere il risarcimento dei danni subiti alla scuola.
Prima, però, di ricorrere ad un avvocato, suggeriamo alla famiglia di contattare un’Associazione di genitori, che possano consigliarla al meglio.


Sono il genitore di un alunno disabile, legge 104, art. 3 comma 3, che frequenta la terza media, e segue una progettazione didattica differenziata, solo quest’anno tra molte difficoltà, per l’ostruzionismo della dirigente scolastica, siamo riusciti a far approvare un PEI che contenesse degli obiettivi chiari e verificabili.
Non mi sembra possibile perseguire gli obiettivi prefissati senza avere elementi tangibili dei risultati conseguiti e da conseguire.
Posso chiedere che la valutazione contenga le competenze acquisite per singola disciplina? Cosa prevede la normativa vigente?

Nella scuola secondaria di Primo grado non esiste il PEI differenziato, pertanto la prima azione da compiere è di correggere il PEI e di utilizzare le espressioni: “ordinario” o “personalizzato” (ogni altra espressione è errata e non coerente con la normativa vigente).
La connotazione di gravità ai fini della legge 104/92 non dà alcuna indicazione per definire gli obiettivi di apprendimento; bisogna infatti considerare le capacità dell’alunno e le sue potenzialità. Sulla base di capacità e potenzialità si definiscono, per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento (e quest’azione non è facoltativa, ma obbligatoria. Tutti i genitori conoscono gli obiettivi di apprendimento dei figli, in quanto riportati nel Piano dell’offerta formativa, sotto la voce curricolo di istituto, e declinati poi, per ciascuna classe, durante le assemblee iniziali con i genitori; altrettanto per i genitori dell’alunno con disabilità: devono conoscere nel dettaglio gli obiettivi di apprendimento, che sono definiti nel PEI e che vanno rispettati).
Le attività didattiche sono quindi proposte tenendo conto, per ciascuna disciplina di insegnamento, degli obiettivi fissati nel PEI, delle strategie e delle metodologie educativo-didattiche in esso riportate e delle modalità di verifica personalizzate (prove scritte / orali / pratiche / miste, etc.), dei criteri di valutazione personalizzati.
Nel corso del quadrimestre il genitore può chiedere, attraverso i colloqui individuali (da svolgersi con ciascun insegnante della classe) e quelli generali (sempre con ciascun docente della classe), sia come va il proprio figlio e quali valutazioni ha raggiunto sia che gli vengano mostrate le prove svolte dal figlio. In realtà anche nel registro il genitore deve vedere almeno le valutazioni.
Nella scheda di valutazione sono riportati:
– per ciascuna disciplina un voto in decimi (le valutazioni sono coerenti con il PEI, e non possono essere frutto di un paragone con i voti dei compagni),
– per il comportamento un giudizio,
– nel riquadro finale un giudizio sintetico che, sicuramente, non può contenere i descrittori ICF come erroneamente hanno scritto nella scheda di suo figlio (decreto legislativo n. 62/2017; legge 104/92 art. 16 comma 2).
Suggeriamo di convocare urgentemente il GLO, di chiarire la questione del PEI (che non può essere differenziato), di definire coerentemente, riportandoli, i personalizzati obiettivi di apprendimento, le modalità di verifica personalizzate e i criteri di valutazione personalizzati. Ricordate alla scuola che le valutazioni degli apprendimenti devono essere coerenti con il PEI, in forza dell’art. 16 commi 1 e 2 della legge 104/92 e del decreto legislativo n. 62/2017. Anche le prove d’esame di Stato devono essere predisposte sulla base del PEI e, a conclusione, lo studente riceverà il diploma (decreto legislativo n. 62/17 e legge 104/92).
Rammenti inoltre che non vi è alcuna norma che indichi di riportare i codici ICF nella scheda di valutazione e neppure nel PEI, come più volte è stato ripetuto dalla formazione promossa dal Ministero dell’Istruzione.


Scrivo per chiedere quali sono i riferimenti normativi per la valutazione degli studenti e delle studentesse con disabilità nel secondo ciclo di istruzione.

Le norme relative alla valutazione degli alunni con disabilità sono: la legge 104/92; l’art. 20 del d.lgs. 62/2017; il D.I. 182/2020 e le Linee guida (di cui all’art. 20/2020), nella parte riguardante la scuola secondaria di secondo grado.
Per la validità dell’anno scolastico: CM 20/2010; DPR 122/2009; Nota 7736/2011.


Mia figlia, frequenta la prima superiore. La commissione ATS le ha assegnato insegnante di sostegno ed educatore. Ha legge 104. Ad oggi l’educatore non è ancora arrivato. Ho mandato diverse mail all’assistente sociale, senza avere risposta. Ho scritto all’assessore ai servizi sociali, nessuna risposta. La cooperativa dice che non hanno educatori. Ho scritto alla provincia e alla regione. La regione mi ha risposto che il comune è obbligato a dare l’educatore, rivolgendosi a cooperative. In questo caso, se la cooperativa del bando non ha educatori disponibili, può rivolgersi ad altre?

Occorre che il Comune sia informato che la Cooperativa attualmente non ha operatori disponibili; pertanto la Regione deve autorizzarlo a prendere un educatore sul territorio o a rivolgersi ad altre cooperative. Ciò deve avvenire subito, perché la Regione, per legge, ha il compito di fornire direttamente o, tramite cooperative, il numero di assistenti richiesti regolarmente dalle scuole e non può ritardare motivando che attualmente non ci sono fondi disponibili, come sancito nella sentenza della Corte costituzionale n 275/2016.


Sono un’insegnante di sostegno alla scuola secondaria di secondo grado. Insegno in una classe in cui sono presenti due studenti con handicap. Sono state riconosciute ad ognuno 18 ore di sostegno; la presenza dei docenti di sostegno in classe è però di 18 ore complessive, divise quindi tra i due studenti. Si ritiene infatti che la normativa prevede che poichè il sostengo è assegnato alla classe, il monte ore complessivo non possa essere superiore alle 18 ore, e che l’USR assegni le cattedre in base a questo principio. Chiedo se questo sia corretto oppure se le ore corrette siano quelle effettivamente riconsociute ad ogni studente (18 per l’uno e 18 per l’altro, quindi un totale di 36), e se potete cortesemente indicarmi eventuali riferimenti normativi  Vorrei inotlre sapere se il docente di sostegno ha qualche repsonsabilità a riguardo

Quanto avviene in questa classe è totalmente contro legge.
È vero che il docente incaricato su posto di sostegno “assume la contitolarità della classe” ed è assegnato alla classe, ma ciò proprio allo scopo di garantire all’alunno con disabilità, insieme a tutti i docenti, la piena inclusione e l’esercizio del diritto allo studio.
Tant’è vero che “per ciascun alunno” vengono indicate nel proprio PEI il numero di ore a lui spettanti e nessuno può ridurre il numero di ore indicate nel suo PEI, neppure l’USR, quindi tanto meno la scuola.
Si rammenta, inoltre, che ciò è stato stabilito dal Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 2023 del 2017. Si aggiunga poi che, sempre il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 226 del 2001, ha stabilito che è vietato, a seguito di una Sentenza che aumenta il numero di ore ad un alunno, togliere ore ad altri alunni della stessa scuola per assegnarle a chi ha vinto la causa. La motivazione è che, a seguito di questa azione, in vero l’alunno non avrebbe vinto la causa contro il Ministero dell’Istruzione, ma contro l’alunno che perde le ore, senza che egli abbia saputo nulla della causa nella quale comunque non potrebbe essere coinvolto.
In sintesi le ore di sostegno devono essere assegnate a ciascun alunno con disabilità e, se per ciascuno sono state indicate 18 ore settimanali, allora alla classe devono essere assegnati due docenti per il sostegno didattico.
Il docente di sostegno non ha alcuna responsabilità.  In questo caso è bene che informiate i genitori, in modo che possano esigere dal Dirigente  il corretto rispetto dell’assegnazione delle ore di sostegno ed eventualmente ricorrere per ottenere le ore sottratte. Ciascuna famiglia, infatti, può fare ricorso al TAR, perché ciascuna famiglia ha subito una riduzione del numero di ore di sostegno previste nel PEI. 


Sono un’insegnante di sostegno in servizio da quest’anno in una seconda classe di scuola primaria. Mi è stato assegnato un bambino con autismo e, dall’inizio dell’anno, la DS ha autorizzato la sua terapista ABA a venire in classe una volta ogni 15 gg per due ore.
La terapista è venuta solo due volte a scuola ( la terza volta non ci ha neanche ha avvertito che si sarebbe assentata). In queste due volte non mi è stata di grande aiuto: si è limitata ad osservare ciò che facevo con il bambino e diceva che il bambino non lavorava perché i premi non non gli piacevano. Le ho chiesto allora di aiutarmi suggerendomi dei giochi, visto che lei conosceva di più il bambino, e mi ha risposto che non c’è una regola ma che bisogna provare. Fine
Intanto, il bambino ha fatto tanti progressi, sia nel comportamento che negli apprendimenti, nonostante la terapista non si sia fatta più vedere.
È tornata venerdì scorso, dopo circa un mese e mezzo di assenza ( io intanto ho preso l’influenza ed ero assente) e, parlando con le mie colleghe, sosteneva che il bambino fosse indietro con il programma, e che io rallento il lavoro che lei fa a casa. Io non conosco il percorso che il mio alunno fa con lei, mentre lei vede i quaderni che il bambino riporta a casa tutti i giorni ( tra l’altro io lavoro anche con materiale strutturato che resta in classe). I compiti che io assegno per casa, raramente vengono svolti ( allora li faccio fare il giorno dopo a scuola).
Sono un’insegnante competente e di grande esperienza; anche con bambini autistici ho ottenuto sempre ottimi risultati e grandi soddisfazioni; faccio l’insegnante di sostegno non per ripiego ma per una scelta consapevole e spinta dalla volontà di essere di aiuto ai bambini che hanno più difficoltà; sul lavoro ho uno spirito collaborativo e mi piace anche il confronto ( ho avuto altre terapiste ABA in classe e non ci sono stati mai problemi); il bambino non è indietro, le verifiche lo testimoniano.
Domanda: può una terapista entrare nel merito della didattica ed esprimersi in questi termini, peraltro in mia assenza? Certo che no! Vorrei però conoscere i riferimenti normativi che regolamentano il ruolo e i compiti dei terapisti in classe. Come dare uno stop e delimitare il campo di azione di questa persona? Come difendersi, norme alla mano, visto che sta gettando discredito sulla mia persona, peraltro sia con le colleghe che con la mamma dell’alunno?

È bene chiarire che lei, in quanto docente specializzata, è assegnata alla classe e non ad un alunno specifico. Il bambino con disabilità, esattamente come tutti gli alunni e le alunne della classe alla quale è iscritto, è affidato a tutti i docenti della classe.
Per sostenere il progetto inclusivo è importante, e questo lei lo ha ben precisato, che vi siano sintonia e collaborazione fra scuola-famiglia e specialisti. A volte gli specialisti possono chiedere un tempo di osservazione in classe, durante le lezioni, per raccogliere informazioni utili; l’intervento non può essere di tipo terapeutico, perché non è consentito effettuare terapia a scuola. Per entrare nella classe, inoltre, servono l’autorizzazione del Dirigente scolastico e dei genitori di tutti gli alunni e di tutte le alunne della classe.
Lo specialista deve garantire di mantenere il massimo riserbo su ciò che osserva limitandosi, per l’appunto, all’attività di osservazione. La riservatezza alla quale la specialista è chiamato vale anche durante le attività di osservazione. Se i docenti della classe ravvisano comportamenti e/o azioni poco coerenti, devono segnalarli tempestivamente al Dirigente scolastico (se lo specialista modifica l’orario di osservazione e non informa la scuola; se non comunica la sua presenza; se si esprime denigrando il lavoro, in questo caso, dei docenti e se tale intervento è effettuato in orario scolastico, mentre i docenti sono in classe, quindi alla presenza degli alunni).
Diverso, invece, in fase di incontro “scuola-famiglia-terapista” in cui si possono esprimere considerazioni, perplessità, dubbi in merito agli interventi, alle modalità, all’efficaci degli stessi e al raccordo delle azioni educative, sempre nel reciproco rispetto (e senza alcuna denigrazione).
Sulle questioni proprie della didattica lo specialista non può entrarvi in alcun modo, così come i docenti non entrano nel merito di come un terapista interviene. Sono campi differenti e, sulla didattica, il terapista non ha competenze.
È sicuramente il caso di parlare con il Dirigente per informarlo in merito al comportamento tenuto, in questo caso, dalla specialista, ma è anche opportuno informare la famiglia, convocandola. Suggeriamo di mantenere aperta la collaborazione cercando condivisione e confronto sugli interventi, che riporterete nel PEI, ed evitando interventi di osservazione che, da come lei descrive, si sono rivelati inefficaci.


Sono una docente di sostegno di un Istituto Superiore.
Un ragazzo con un problema fisico agli arti superiori non riesce a scrivere. Usa il puntatore oculare ma il problema riguarda lo scrivere la matematica. Vorrebbe iscriversi ad un Liceo Scientifico perchè cognitivamente non ha problemi. Alla secondaria di primo grado sta utilizzando la dettatura all’insegnante di sostegno per svolgere gli esercizi di matematica anche durante le verifiche.
Il mio dubbio (ho un dubbio perchè non riesco a trovare il riferimento normativo,se esiste…), è se in sede di esame di stato con programmazione personalizzata e prove equipollenti, potrebbe usare la dettatura ad un insegnante di sostegno. Se sì, qual è il riferimento normativo.

Il decreto legislativo 62/2017 statuisce che la commissione d’esame, sulla base della documentazione fornita dal Consiglio di classe, predisponga una o più prove differenziate, in linea con gli interventi educativo- didattici attuati sulla base del PEI (è nel PEI, infatti, che devono essere descritte con attenzione e in modo dettagliato le modalità di svolgimento delle prove di verifica e ogni altra informazione utile).
Sempre l’art. 20 del decreto legislativo 62/2017 stabilisce che “per la predisposizione, per lo svolgimento e per la correzione delle prove d’esame, la commissione può avvalersi del supporto dei docenti che hanno seguito lo studente nel corso dell’anno scolastico”.
Pertanto nel documento del 15 maggio, oltre al PEI, è necessario allegare le simulazioni d’esame e ogni altra informazione utile, comprese le indicazioni relative alle modalità di svolgimento delle prove e della necessaria presenza di un docente (esplicitando in che cosa consiste il suo intervento), affinché la Commissione d’esame agisca coerentemente.
Per completezza di informazione, ed anche per esperienza diretta, è bene sapere che è possibile installare un programma per lo svolgimento delle attività di matematica, in modo che lo studente possa operare autonomamente, avvalendosi del puntatore oculare.


Sono un’ insegnante di sostegno e nella mia scuola si sta verificando una situazione incresciosa. Una docente specializzata sul sostegno, che segue un’alunno con disabilità grave e con protocollo farmacologico (motivo per cui ha seguito uno specifico corso all’inizio dell’anno), si è assentata per malattia. Il primo certificato medico è stato di cinque giorni. La Dirigente Scolastica ha sostituito la docente con insegnanti a disposizione (potenziamento e docenti di sostegno liberi per assenza degli alunni da questi seguiti). Alcuni docenti del potenziamento, non essendo specializzati, si sono rifiutati e in quelle ore in cui l’alunno sarebbe rimasto “scoperto”, l’idea è stata quella di far seguire l’alunno dal docente curricolare di classe e mettere come supplente alla classe il docente del potenziamento.
Mi chiedo, dunque:

  • un docente a disposizione, non specializzato, può rifiutare di fare una supplenza?
  • è giusto affrontare il problema facendo uno scambio tra curricolare (che segue l’alunno con disabilità) e il docente a disposizione (che segue la classe al posto del curricolare)?
  • nel caso specifico sopra descritto, specializzati o no, i docenti non dovrebbero essere a conoscenza del protocollo farmaci ( e sottoscriverlo), prima di fare una sostituzione?

Prima questione: occorre ricordare che, in forza dell’ultima circolare sulle supplenze, il Dirigente scolastico deve nominare un supplente dopo il primo giorno di assenza (si poteva sicuramente evitare la situazione che si è creata).
Seconda questione: un docente privo di specializzazione per le attività di sostegno, effettivamente, può rifiutare una supplenza su “posto di sostegno”. Questo è un problema non indifferente per la scuola dell’inclusione, nella quale, in realtà, tutti i docenti devono essere in possesso di specializzazione.
(Il paradosso lo si rileva pensando al fatto che, in ogni classe in cui è iscritto un alunno con disabilità, ogni docente incaricato sulla disciplina, anche se privo di specializzazione, non solo è docente a tutti gli effetti dell’alunno con disabilità, ma ha anche la responsabilità di insegnare all’alunno con disabilità, esattamente come insegna agli altri alunni e alunne della classe. Il docente privo di specializzazione non può certo rifiutarsi di insegnare ad un suo alunno perché con disabilità!).
Terza questione: la prassi di invitare il docente curricolare della classe a sostituire (solo per il primo giorno di assenza) il docente incaricato su posto di sostegno, assente per legittimi motivi, e di mettere al suo posto un docente a disposizione, sembra corretta, poiché è preferibile far riferimento a un docente che, pur se privo di specializzazione, conosce l’alunno ed è suo docente per legge, anziché ricorrere a un estraneo, che non lo conosce.
Quarta questione: anche se il medico curante ha stabilito che chiunque possa effettuare la somministrazione dei farmaci, il docente individuato come supplente (ma potrebbe riguardare qualsiasi altro docente della scuola oppure anche il personale ATA), oltre a dare la disponibilità, deve sottoscrivere il Protocollo, come stabilito nelle Linee guida emanate con Nota 2312/2005. In tal caso, il Dirigente scolastico, sempre secondo le Linee guida citate, se non individua personale scolastico disponibile, dovrà rivolgersi ad un’organizzazione di volontariato sanitario del territorio e, in mancanza, al Sindaco, affinché provveda a far eventualmente intervenire l’ASL; se non trova alcuna soluzione, il Dirigente scolastico scrive al Sindaco e ai genitori informandoli. Ovviamente il tutto va predisposto dalla scuola, nel momento in cui la famiglia consegna alla scuola la richiesta di somministrazione dei farmaci insieme al documento sanitario, in cui sono riportati posologia, modalità di somministrazione e altre indicazioni in merito alla conservazione del farmaco.


Insegno in una scuola secondaria di primo grado in cui c’è anche sezione unica ad indirizzo musicale. Vorrei informarmi sulle norme che regolano l’inserimento in tale indirizzo di alunni BES (comprendendo quindi, oltre che dsa ecc anche alunni con 104).
Devono essere garantiti dei posti riservati? Quanti? Devono superare prove attitudinali ma personalizzate? Oppure se fanno domanda possono entrare senza il superamento della prova? La legislazione prevede che nella commissione ci siano anche insegnanti di sostegno o no?

Le inoltriamo, di seguito, un passaggio del regolamento di un liceo musicale: «In osservanza dell’art. 20 della legge 104/92, come modificato dall’art. 25 comma 9 del Decreto Legge n. 90/2014 (convertito con modificazioni dalla legge n. 114/2014), gli alunni con certificazione di disabilità, di cui all’art. 3 comma 3 Legge n. 104/92, uguale o superiore all’80% sono esonerati dallo svolgimento delle prove di ammissione al Liceo Musicale.»
Pertanto, a maggior ragione, anche nella scuola Secondaria di Primo grado gli alunni con disabilità sono esonerati dallo svolgimento delle prove selettive. Inoltre, in forza dell’art. 3 comma3 della legge n. 104/92, gli alunni certificati con disabilità “con connotazione di gravità” hanno diritto di precedenza nelle iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado.


Sono una docente di sostegno, di scuola secondaria di II grado, sto effettuando un lavoro di ricerca come specializzanda presso l’Università di Pisa sull’attuazione del DI 182/20.
Ho riscontrato, ed ottenuto pareri molto divergenti tra esperti d’istituzioni scolastiche della Toscana (coordiantori di sostegno, referenti per l’inclusione, giuristi, docenti universitari, ecc.) in merito alla predisposizione delle prove integrative nel caso di passaggio dalla programmazione differenziata a una valida per il conseguimento del titolo.
Chiedo: Quando sono previste queste prove integrative?
-SOLO se il passaggio è stato chiesto dalla famiglia dello/a studente/ssa durante l’ultimo anno (classe 5) in contrasto con il parere del Cdc?
Come sembrerebbe indicato a pag.43 [ “A tutte le considerazioni fatte fin qui si collega anche il problema del “passaggio da PEI differenziato a PEI semplificato”. La “procedura” con la quale alcune famiglie chiedono questo passaggio solo nell’ultimo anno,…]
-Se il Consiglio di classe decide, in base agli elementi di valutazione in suo possesso e con adeguata motivazione, che lo studente è in grado di apprendere anche le discipline seguite in precedenza in modo differenziato, sostenendo in un secondo momento prove equipollenti tali prove INTEGRATIVE NON devono essere sostenute?
Oppure sono sempre previste se il GLO decide di modificare il percorso?

Purtroppo il Decreto Interministeriale è stato scritto un po’ in fretta; non per nulla ha subìto uno strascico giudiziario prima dal TAR del Lazio con l’annullamento per illegittimità, poi con la conferma per il suo utilizzo del Consiglio di Stato.
Premesso che la responsabilità del percorso (ordinario, personalizzato, differenziato) è in capo al Consiglio di classe e non al GLO (questo dovrebbe essere abbastanza chiaro e rilevabile anche dalla normativa citata, e non solo), veniamo ai punti alquanto controversi che il DI 182/2020, invece di rendere chiari e lineari come nella precedente norma, ha proposto in modo, come detto, “confuso”.
Prima questione: per quanto riguarda il caso di richiesta da parte della famiglia del passaggio dal PEI differenziato a Pei personalizzato e/o ordinario, le prove integrative devono essere previste sempre (e non solo nel 5° anno); la richiesta da parte dei genitori del passaggio dal PEI differenziato a Pei personalizzato e/o ordinario, infatti, può essere inoltrata in qualunque momento e solo nel caso in cui i docenti non concordano col passaggio al PEI personalizzato e/o ordinario, l’alunno deve sostenere le prove integrative relative agli anni di effettiva frequenza della scuola secondaria di secondo grado in cui è stato valutato con pei differenziato.
Seconda questione: per quanto riguarda il passaggio da PEI differenziato a Pei personalizzato e/o ordinario con decisione assunta dal Consiglio di classe (e non dal GLO, che non ha competenze al riguardo), le Linee guida prevedono questa evenienza, precisando che “in un secondo momento” per lo studente saranno previste, di conseguenza, “prove equipollenti”. E questo lascia intendere che alla decisione del GLO non seguono prove integrative. Sicuramente il dubbio sorge di fronte all’affermazione da lei ripresa a pag. 43, dove le Linee guida, nel proporre una sintesi, sembrano far rientrare tutto in quella sintesi, pur non citando i docenti.
Considerato però che quanto scritto a pag. 43 è collegato ad alcune considerazioni /motivazioni in merito alla richiesta del passaggio dal differenziato al personalizzato durante l’ultimo anno di frequenza, appare evidente che la frase che segue si riferisca sempre al passaggio richiesto dalla famiglia e non all’autonoma decisione del Consiglio di classe.
Ad avvalorare questa indicazione potrebbe essere il passaggio a pagina 37 che si riporta di seguito in versione integrale: “Le decisioni che riguardano la corrispondenza dei percorsi disciplinari e l’equipollenza – ossia la validità delle prove di verifica – sono di competenza del Consiglio di classe non del GLO nel suo insieme; nel PEI si definiscono gli obiettivi da raggiungere per ciascuna disciplina e in base ad essi il Consiglio di classe dichiara, attraverso un voto e secondo i criteri definiti, se sono stati raggiunti. Il Consiglio di classe ha altresì il compito di definire se quegli obiettivi consentano o meno di caratterizzare il percorso personalizzato seguito come valido per il conseguimento del titolo.”
In sintesi, a nostro sommesso avviso, in attesa di un chiarimento auspicabile da parte del Ministero, si può ritenere che quanto scritto a pag. 43 può rientrare nelle indicazioni generali, mentre quanto precisato a pag. 38 riguarda l’eccezione che, peraltro, era già contenuta nell’Ordinanza Ministeriale n. 90/01, abrogata dal D.I. 182; pertanto quanto scritto a pag. 38 diviene molto rilevante. In altre parole se il Consiglio di Classe stabilisce il passaggio dal differenziato al personalizzato e/o ordinario, allora non sono richieste prove integrative.


Sono una docente presso un liceo e seguo da qualche anno una ragazzina con ritardo cognitivo e problemi di mutismo elettivo che frequenta il 4 anno. Il consiglio di classe negli anni aveva proposto una programmazione differenziata che inizialmente la madre, in sede di GLO, aveva accettato anche se con qualche titubanza. Ora, in corso d’opera, la madre chiede una revisione del PEI con il passaggio alla programmazione curriculare, sebbene la ragazzina abbia chiaramente manifestato di non sentirsi in grado di seguire una programmazione ministeriale. Il CdC all’unanimità, non in linea con la posizione della madre, ritiene che la studentessa non possa seguire un percorso ministeriale. In questo caso a chi spetta la decisione?

La responsabilità del percorso (ordinario, personalizzato, differenziato) è in capo al Consiglio di classe e non al GLO; tuttavia, quando il CdC intende adottare il percorso differenziato, allora deve acquisire il consenso della famiglia.
Se la famiglia non accetta il percorso differenziato, allora il Consiglio di classe è tenuto a informare la famiglia in merito ai rischi (per esempio la non ammissione alla classe successiva), procedendo poi con la somministrazione in tutte le discipline delle prove equipollenti, ossia valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, garantendo tuttavia le attività di sostegno e l’applicazione di tutte le personalizzazioni ai metodi di valutazione indicati nel riquadro 8.2.
Nel caso in questione, trattandosi di un passaggio dal percorso differenziato al percorso personalizzato e/o ordinario su richiesta della famiglia, allora il Consiglio di Classe deve predisporre delle prove integrative relative agli anni di effettiva frequenza della scuola secondaria di secondo grado in cui l’alunna è stata valutata con PEI differenziato.
In sintesi, non potete semplicemente opporvi, imponendo la vostra decisione, senza aver predisposto prove con le quali devono essere accertate le effettive competenze della studentessa, come richiesto dai genitori.


Sono una docente della scuola secondaria di primo grado.
Nella mia scuola c’è anche la sezione unica ad indirizzo musicale e vorrei sapere quali siano le leggi che tutelano l’inserimento di alunni con 104 ma anche altri tipi di bes all’interno di tale indirizzo.
Hanno dei posti riservati? Quanti? Devono superare anche loro delle prove attitudinali? Nella commissione è anche prevista la presenza di docenti di sostegno o non è obbligatoria?

L’aggiunta del comma 2-bis all’art 20 della legge n. 104/92, operata con l’art. 25 comma 9 della legge n. 114/2014, stabilisce che in tutti i concorsi le persone con disabilità sono esonerate dall’effettuazione delle prove “preselettive”. Dato che normalmente per l’accesso alle sezioni musicali della scuola secondaria di primo grado, come pure dei Licei musicali, si effettuano delle prove preselettive o selettive, che hanno quindi natura concorsuale, in base alla norma citata, gli alunni con disabilità sono esclusi dal dover effettuare tali prove.
Non risulta invece che vi siano riserve di posti; però rimane il disposto dell’art. 3 comma 3 della legge n. 104/92 secondo il quale la “connotazione di gravità” costituisce diritto di priorità nell’accesso a tutti i servizi previsti.


Sono una docente di sostegno di un alunno rientrante nello spettro autistico a che frequenta il primo anno di un liceo.
L’alunno non ha gravi problemi di disgrafia. Ha, invece, problemi di disortografia (si tiene comunque conto del contenuto e non della forma nelle prove scritte).
La prova scritta di Latino non è andata bene, in due ore ha svolto due righi dei 4 assegnati e non era corretta (contenuto). Il resto della classe ha svolto una prova di 12 righi.
Il genitore, a questo punto, chiede di “sostituire lo scritto con l’orale”, non di compensare. Trattandosi di materia caratterizzante il percorso di studio e distinta in voto scritto e orale, è possibile? Segue una programmazione con prove equipollenti.

L’art 16 comma 3 della l.n. 104/92 stabilisce che, nella secondaria di secondo grado, gli studenti con disabilità hanno diritto alle “prove equipollenti” (e non vi è alcun riferimento agli strumenti compensativi o alle misure dispensative, misure che, invece, vengono adottate per gli alunni con diagnosi di DSA).
Il ricorso ad “attrezzature tecniche e sussidi didattici, nonchè ogni altra forma di ausilio tecnico” come pure delle prove equipollenti deve essere garantito, mediante le forme di personalizzazione che la norma prevede per tutelare il diritto allo studio degli alunni e delle alunne con disabilità.
La definizione di prove equipollenti si rinviene nell’art 6 comma 1 del DPR n. 323/1998, secondo il quale le prove equipollenti possono consistere in prove diverse da quelle ufficiali per le modalità (ad es. prove scritte invece che orali o viceversa, prove miste, prove pratiche anziché orali, etc.), o anche nei contenuti, purchè l’esito delle stesse consenta ai docenti nel corso dell’anno (e in sede di esame di Stato alla commissione giudicatrice) di verificare se l’alunno possiede gli elementi basilari della disciplina, cioè livelli apprenditivi sufficienti per il conseguimento del titolo di studio.
Sono i docenti incaricati su posto disciplinare, supportati dal collega incaricato per le attività di sostegno, a decidere, sulla base delle capacità e delle potenzialità dello studente, nonché delle sue abilità, quali siano “le modalità differenti e/oi mezzi e/o i contenuti differenti”, ovviamente nel rispetto del principio contenuto nella norma citata.


Sono un’insegnante di sostegno di una scuola primaria, il responsabile del plesso in cui lavoro comunica che ci dovrà essere ridistribuzione delle ore degli insegnanti di sostegno, in quanto una classe del plesso ha necessità di essere supportata. Ritiene che sarà necessario rivedere alcuni orari sia di classe che di sostegno per cercare di ridistribuire le risorse presenti nel plesso. Può un responsabile togliere delle ore di sostegno o ridistribuire delle ore per ovviare alle necessità di una classe?

Le ore riconosciute ai singoli alunni con disabilità, sulla base della proposta esplicitata nei rispettivi PEI, non possono essere modificate da nessuno.
La necessità di ridistribuzione non è una motivazione che giustifichi una ridistribuzione delle risorse già assegnate a inizio di anno scolastico; si tenga presente che le ore di sostegno non possono essere sottratte né dal responsabile di plesso né dal Dirigente Scolastico: non possono essere sottratte da nessuno.
La sottrazione di ore ad un alunno con disabilità per assegnarle ad altri, comporta il rischio di un ricorso alla Magistratura.
Si tenga inoltre presente che se in una classe fossero necessarie più ore, in seguito, ad esempio, ad accertamenti o per riconosciute maggiori necessità o perché l’USR ne ha assegnate in quantità minore rispetto a quelle richieste nel PEI, allora sarà la famiglia dell’alunno interessato a ricorrere presso il TAR; in tal caso il DS, facendo riferimento a quanto stabilito nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2023 del 2017, dovrà inviare una relazione all’USR e alla Direzione regionale della Corte dei conti, precisando che in caso di ricorso della famiglia se l’Amministrazione risultasse perdente, egli (D.S.) non si ritiene responsabile per i danni erariali conseguenti alla sentenza, in quanto ha fatto presente all’USR la necessità di un maggior numero di ore di sostegno.


Sono la coordinatrice di una classe prima della secondaria di secondo grado.
Nel caso di alunno art.3 comma 3 con disabilità mentale di grado medio, QI pari a 40, con 18 ore di sostegno, il CdC ha proposto, in base alla diagnosi, all’osservazione dell’alunno, delle sue potenzialità e capacità e delle significative difficoltà che l’alunno incontra anche nello svolgimento di compiti semplici, una programmazione differenziata che la famiglia non ha accettato.
Vorrei sapere se vi sono riferimenti normativi o eventualmente sentenze che mettano in correlazione l’handicap in situazione di gravità (art.3 comma 3), con la programmazione didattica che dovrebbe seguire, in considerazione del fatto che si tratta di una disabilità intellettiva e non fisica.

L’art. 3 della legge 104/92 introduce al comma 3 la “connotazione di gravità” nel momento in cui la presenza di “minorazione, singola o plurima” riduca “l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”; appare evidente che il riconoscimento di “connotazione di gravità” non significa che lo studente sia privo delle capacità per autodeterminarsi o per affrontare con successo un percorso di studi fino al conseguimento di un diploma o di una laurea. In altre parole non è la connotazione di gravità che determina o che predefinisce le capacità di una persona.
In relazione agli altri dati, si tenga presente che in fase di accertamento della condizione di disabilità intellettiva, il DSM-V dà rilievo maggiore alla/alle capacità di adattamento (mentre un tempo veniva attenzionato il QI, dato che viene ancora rilevato, ma che, di per sé, oggi non risulta sufficiente se non è associato a una valutazione clinica).
In sintesi, vanno considerate le capacità e le potenzialità dell’alunno quale paradigma di riferimento, abbandonando la prospettiva sanitaria di correlazione fra “diagnosi – non capacità dell’alunno”. in altre parole, si tratta di adottare la prospettiva culturale di ICF (guardare quello che c’è, riconoscere ciò che effettivamente è capace di fare lo studente, individuando capacità, potenzialità e interessi). La scuola, in particolare, deve evitare di fermarsi alla diagnosi (che non offre dati utili per la progettazione didattica).
Tanto premesso se, come Consiglio di classe, ritenete che si debba adottare un percorso differenziato (C), allora dovete comunicarlo alla famiglia per acquisirne il consenso. Se la famiglia rifiuta la programmazione differenziata, allora in tutte le discipline devono essere somministrate delle prove equipollenti, ossia valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, e, chiaramente, andranno comunque garantite le attività di sostegno, continuando ad applicarsi tutte le personalizzazioni ai metodi di valutazione (modalità di verifica e criteri di valutazione) indicati nel riquadro 8.2 (decreto interministeriale n. 182/2020).
Tenga presente che la famiglia, se lo ritiene, può pretendere al primo anno un PEI personalizzato, anche contro la volontà dei docenti. Adottando il PEI personalizzato, il Consiglio di classe deve accertarsi che i genitori siano consapevoli dei rischi di insuccesso ai quali lo studente potrebbe “andare incontro”, come, per esempio, la non ammissione alla classe successiva e/o valutazioni negative. Potreste suggerire di adottare il PEI personalizzato per il primo quadrimestre, valutando poi, a metà anno scolastico, come procede il percorso. Se la famiglia persisterà con il percorso personalizzato, ribadite i rischi insiti in tale percorso, ma dovete procedere con il PEI personalizzato, avendo cura di adottare tutte le personalizzazioni contemplate dalla normativa vigente, sopra citate.


Abbiamo fatto richiesta della figura educativa per poche ore a scuola. Volevamo sapere se essendo una figura che viene mandata dal comune, c’é la possibilità di avere degli incontri per essere aggiornati sulla situazione con il bambino anche al di fuori dalla scuola ma direttamente con la cooperativa che la manda. C’é qualche normativa in merito? Perché abbiamo avuto risposte contrastanti, e volevamo capire se é obbligatorio che venga fatto tutto in team con l’insegnante di sostegno e curriculari o si possa avere colloqui individuali con questa figura.

Sicuramente un incontro con questa figura può essere utile, soprattutto nel momento in cui si definiscono gli obiettivi educativi; e questo avviene in sede di GLO, il contesto in cui si elabora il Piano educativo individualizzato, e dove si fissano, all’interno del PEI, gli obiettivi educativi. La normativa generale, infatti, è che i rapporti con le figure professionali che seguono l’alunno si tengano nella sede istituzionale che, come scritto, è il GLO.
Colloqui solo con la figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione non sono contemplati, non esiste cioè una normativa che li preveda. Le informazioni relative al percorso scolastico possono essere riferite unicamente dai docenti (nei colloqui individuali mensili e nei periodici colloqui generali).
Tuttavia, se lei ha necessità di un incontro individuale con l’assistente, provi a parlarne con il dirigente scolastico o con la persona da lui delegata come coordinatore di classe (che è uno dei docenti di suo figlio); in tal caso l’incontro dovrebbe essere possibile e legittimo.
Rivolgersi alla cooperativa, di cui l’assistente è socio o dipendente per essere autorizzati a parlare con l’assistente, risulta strano; infatti la cooperativa ha rapporti diretti con la scuola e quindi è da ritenere più corretto rivolgersi al Dirigente scolastico.


Faccio parte dell’equipe per l’inclusione di una scuola secondaria di secondo grado.
Ho avuto modo di entrare sul vostro sito e l’ho trovato molto chiaro e ben organizzato.
In una classe quinta è iscritto un ragazzo con L.104 maggiorenne che non sta frequentando la scuola da fine ottobre. Ha un dirsturbo d’ansia generalizzato, personalità schizotipica e un disagio interiore con difficoltà relazionali. Il ragazzo vive con forte ansia il percorso scolastico, motivo per cui non sta frequentando. Gli è stato assegnato un docente di sostegno per 4.5 ore settimanali. La mamma chiede che sia avviato un progetto di istruzione domiciliare.
E’ possibile questa cosa? Con quali modalità? C’è una normativa di riferimento?

Si rammenta che il docente incaricato su posto di sostegno è assegnato alla classe e non allo studente; è importante richiamare la corresponsabilità dei docenti come pure la responsabilità che ogni insegnante della classe ha nei confronti dello studente con disabilità.
Tanto premesso, l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare è possibile a fronte di richiesta formale avanzata dalla famiglia e corredata di apposita documentazione sanitaria (non è necessario un pregresso ricovero ospedaliero); la documentazione sanitaria deve attestare l’impossibilità di frequenza per un tempo minimo pari a 30 giorni di lezione, anche non consecutivi (art. 16 del decreto legislativo n. 66/17 e art. 12 comma 9 della legge 104/92).
A fronte della richiesta di attivazione del servizio di istruzione domiciliare, il Consiglio di classe deve predisporre un apposito progetto, individuando i docenti che si recano presso il domicilio (non solo quindi il docente incaricato su posto di sostegno), per il monte-ore settimanale autorizzato dall’Ufficio scolastico regionale.
In base all’organizzazione attivata, lo studente potrà seguire le attività della sua classe anche in modalità sincrona. A supporto di questo servizio oltre alla giurisprudenza e alle esperienze pregresse, vi sono le Linee guida concernenti proprio il servizio di Istruzione domiciliare.


Sono la mamma di un bimbo di 9 anni affetto da diagnosi di spettro autistico (non esageratamente grave) della classe IV della scuola primaria, con assegnazione di 22 ore di sostegno.
Fatta questa premessa, avendo seri contrasti con la sua insegnante di sostegno, volevo sapere le regole vigenti relative al comportamento dell’insegnante nei confronti del “disabile”.
Inoltre, essendo presente in classe una bambina con un PSP, se l’insegnante di sostegno a lui assegnata debba essere condivisa con tale bambina, soprattutto perchè l’insegnante perde delle dovute attenzioni verso mio figlio e poi perchè la bambina rende insofferente e nervoso mio figlio.
Infine, volevo sapere se in qualità di genitore di un bambino con tale disturbo posso pretendere che mio figlio venga spostato di banco e non invece obbligato a stare vicino alla bambina menzionata.

Il docente incaricato su posto di sostegno è assegnato alla classe e non ad un alunno; è importante aver presente questo aspetto, in quanto ogni docente ha le stesse responsabilità nei confronti dell’alunno con disabilità. Ogni insegnante, in altre parole, deve garantire gli adeguati interventi educativo-didattici.
Il docente incaricato su posto di sostegno è presente in quanto nella classe è iscritto un alunno con disabilità e il suo intervento è finalizzato a garantire il diritto allo studio, attraverso un supporto ai colleghi e agli alunni in generale, nonché all’alunno in particolare; per questo la sua azione non si esaurisce nello stare seduto per tutto il tempo accanto all’alunno con disabilità, bensì a favorire il processo inclusivo nel contesto classe.
Non è chiaro a che cosa si riferisca quando cita il PSP, forse ad un piano di studio personalizzato?
Si fa presente, infine, che proprio per favorire l’inclusione e facilitare anche il processo di socializzazione, oltre che di apprendimento, è bene che suo figlio si relazioni con tutti suoi compagni e le sue compagne di classe; in tal senso, potrebbe suggerire ai docenti della classe di cambiare il compagno o la compagna di banco di suo figlio, proprio per promuovere una maggiore e migliore interazione.


Nella mia scuola, ormai da anni, il criterio principale per il recupero delle frazioni orarie è la supplenza. Solo nel caso restino delle ore da recuperare a fine anno, viene concesso il recupero su progetto.
Stessa cosa viene chiesta agli insegnanti di sostegno (ritenuti docenti di classe e trattati alla stregua dei docenti curricolari).
Ho cercato informazioni in internet sull’argomento, ma non ho trovato risposta.
E’ corretto per un insegnante di sostegno recuperare questi minuti sostituendo i colleghi assenti della propria e altrui classe?
Essere docente specializzato nel sostegno può determinare un problema nel recuperare i minuti in tal modo?

Il recupero dei minuti di lezione perduti a causa di ore di lezione di 50 minuti, a nostro avviso, dovrebbe avvenire nella stessa classe e per le stesse discipline o per le stesse attività, secondo un calcolo orario da realizzarsi verso la fine dell’anno scolastico. Suggeriamo di valutare attentamente questa ipotesi, accertandovi che il calcolo avvenga sistematicamente e in modo puntuale.
Qualora fosse impossibile calcolare ciò, per praticità si potrebbe accettare il criterio usato nella sua scuola, destinando il recupero a supplenze.


Sono un’insegnante di sostegno e il mio bambino pakistano, iscritto regolarmente a scuola, non è tornato in Italia. Durante la pandemia non ha potuto frequentare a causa della sua situazione fisica, quindi sono più di due anni che non lo vedo. La funzione strumentale mi chiede di redigere il Pei e di mettere gli obiettivi che erano presenti nell’ultimo documento. Io come faccio a sapere quale è la situazione attuale del bambino? È una procedura corretta?

A fronte di mancata frequenza, che dura da oltre due anni, la scuola avrebbe dovuto contattare la famiglia, per conoscere le intenzioni in merito al rientro in Italia (generalmente quando una famiglia si sposta per un periodo lungo, avverte la scuola sull’assenza e sul rientro).
È chiaro che la scuola, oggi (ma forse avrebbe dovuto farlo già lo scorso anno), ha l’obbligo di segnalare all’Ufficio Scolastico Regionale la mancata frequenza dell’alunno, in modo che l’USR possa assegnare il docente per il sostegno ad altra scuola.
Se poi l’alunno dovesse rientrare in Italia, allora la scuola, sulla base della documentazione presente agli atti, potrà chiedere nuovamente le risorse necessarie, ovvero un docente per le attività di sostegno.
Per quanto concerne il PEI è il caso di rammentare che deve essere elaborato da tutti i docenti della classe (e non da un solo docente); l’alunno con disabilità non è del docente di sostegno: l’alunno, infatti, ha “i suoi insegnanti”, ovvero tutti i docenti della classe.
Infine, stante la situazione come descritta, è chiaro che non sussistono le condizioni per la compilazione del PEI.


A nostro figlio sono state assegnate 11 ore di sostegno. Volevo sapere se c’é una normativa specifica che indichi il dovere di firmare la presenza dell’insegnante di sostegno nel registro elettronico personale del bambino.
Chiedo questo perché capita spesso che nelle ore assegnate , sul registro non ci compaia la dicitura sostegno e noi vorremmo essere sicuri che queste ore vengano utilizzate solo per la classe di nostro figlio.

Il registro è lo strumento personale di ogni docente (e non degli alunni; in altre parole, non esiste il registro elettronico personale dell’alunno).
Da quanto scrive, il docente incaricato su posto di sostegno, in modo corretto e puntuale, firma nel registro di classe (in formato elettronico), indicando “attività di sostegno”; ciò significa che il docente è presente nella classe di suo figlio. Per avere una conferma, lei può contare le ore settimanali svolte nella classe, proprio grazie al registro.
Se il docente venisse utilizzato per supplenze in altre classi, non troverebbe la scritta “sostegno” nei giorni e nelle ore indicate.


Sono una docente di sostegno della scuola secondaria di secondo grado. Quest’anno seguo un’alunna con disabilità che frequenta l’istituto professionale alberghiero. AI genitori dell’alunna è stato chiesto dalla scuola di consegnare il certificato di idoneità psicofisica per lo svolgimento delle attività di laboratorio da inserire sulla piattaforma SIDI per l’aggiornamento dei fascicoli digitali. Tuttavia l’ASL che dovrebbe rilasciare questo certificato non l’ha fatto riferendo ai genitori che lo stesso non è più obbligatorio. Non avendo trovato alcun riferimento normativo in merito, chiedo, gentilmente, di poter avere delle indicazioni in riferimento al comportamento dell’ASL. ovvero se effettivamente si tratta di un certificato non più obbligatorio anche se il SIDI lo richiede.

Il certificato era precedentemente richiesto come obbligatorio; ma con una circolare del 1992, confermata dalla successiva CM n. 363/1994, esso non è più obbligatorio, in quanto, mentre prima era previsto insieme ad una discutibile dichiarazione di non utilizzabilità del diploma per l’esercizio della professione cui si può accedere con quel titolo, poi è stato derubricato a semplice informativa volontaria dell’alunno alla scuola per evitare rischi con la frequenza di taluni laboratori


Sono un insegnante di sostegno in una scuola secondaria di secondo grado. Insieme ad altri docenti gestiamo 2 gemelli con diagnosi di adhd che non hanno mai seguito terapie psicologiche e non hanno mai frequentato centri. Spesso hanno comportamenti violenti non solo verbali ma anche fisici.Di fronte a questi casi la scuola può richiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

La scuola è il luogo dell’educazione e non della repressione.
A fronte della situazione descritta, dovreste convocare immediatamente e con urgenza una riunione del GLO (è strano che non l’abbiate ancora fatto) con la presenza obbligatoria della famiglia, di tutti i docenti, dell’ASL e dei servizi sociali del Comune; in tale incontro, dovreste chiedere alla famiglia come mai i due studenti non siano stati ancora sottoposti alla presa in carico del servizio sanitario nazionale nel loro immediato interesse e come mai i servizi sociali non abbiano mai sostenuto la famiglia in questa difficilissima situazione.
Quindi dovreste indicare nel PEI tutto ciò che risulti urgentemente indispensabile, specificando anche la necessità della presenza di assistenza per l’autonomia e la comunicazione per un certo numero di ore.


Vorrei sapere se un docente può riprendere con il proprio cellulare, senza autorizzazione, un alunno autistico in piena crisi e poi mostrare il video, senza alcun preavviso, in sede di GLO.

In sede di GLO i docenti possono riferire quanto accade in classe, descrivendo nei dettagli anche eventuali situazioni particolari. Non possono però riprendere in modalità “audio-video” ciò che accade avvalendosi di dispositivi personali (che possono essere anche erroneamente diffusi o possono essere sottratti da terzi o possono essere smarriti con conseguente diffusione di dati sensibili). È chiaro che si tratta di una grave violazione della privacy.
Diverso poteva essere un accordo scuola-famiglia con utilizzo di dispositivi “della scuola” da custodirsi sotto chiave.


In questi giorni ci hanno fatto firmare il PEI per nostro figlio che frequenta la primaria, pensavamo di potere leggere con calma una bozza e invece era già pronto da firmare. É corretta questa cosa?
Inoltre Volevamo sapere se il PEI deve contenere anche il verbale dell’incontro avvenuto con la neuropsichiatra e se alla fine del GLO é nostro diritto come genitori richiedere che ci venga letto quello che le insegnanti verbalizzano.
É possibile chiedere anche alla figura educativa una relazione scritta su quello che vede effettivamente lei in quanto é una figura extra scolastica?

1) In base all’art. 9, comma 10, e all’art. 7 del decreto legislativo n. 66/2017, come integrato dal decreto legislativo n.96/2019, il PEI viene discusso e approvato, ovvero condiviso, nella riunione di GLO con la presenza di tutte le componenti, che debbono avere il tempo di leggere attentamente la traccia eventualmente predisposta dalla scuola (non è previsto, dal DI 182/2020, che la scuola incontri da sola il neuropsichiatra o altri specialisti dell’ASL. Un eventuale incontro, se necessario, deve sempre avvenire con la presenza dei genitori o previa autorizzazione dei genitori).
Il verbale viene redatto durante l’incontro formale del GLO, l’incontro in cui sono presenti coloro che sono stati convocati al GLO. Il verbale, che deve riportare la sintesi degli interventi ed anche ciò che ciascuno chiede venga “messo a verbale”, viene letto e concordato a conclusione dei lavori del GLO; se qualcuno lo ritiene può chiedere subito una rettifica oppure può farlo successivamente, nel corso dell’incontro di GLO intermedio, chiedendo anche di aggiungere ciò che eventualmente non è stato riportato. Per la formulazione del PEI, le suggeriamo di prendere visione delle Linee guida, allegate al D.I. 182/2020.
In sintesi, quanto è stato fatto non è corretto.
2) Il PEI viene firmato da tutti coloro che erano presenti al GLO e che lo hanno condiviso (chiaramente questo significa che il PEI è stato letto. Se non è stato letto durante l’incontro di GLO, prima di apporre la firma, dovete leggerlo).
Il verbale è firmato da chi ha presieduto l’incontro e da chi fisicamente lo ha scritto (recita il comma 8 dell’art. 4 del DI 182/2020: “Nel corso di ciascuna riunione è redatto apposito verbale, firmato da chi la presiede e da un segretario verbalizzante, di volta in volta individuato tra i presenti”).
PEI e Verbale sono due atti distinti, che vengono poi inseriti nel fascicolo personale dell’alunno. Come genitori potete chiedere copia di questi due documenti (così come di tutti gli altri documenti che sono contenuti nel fascicolo personale di vostro figlio).
Ultimo punto: è bene che sappia che nessuna norma prevede che l’assistente debba formulare una relazione scritta.
Ciò che conta è il verbale che deve corrispondere a ciò che effettivamente è avvenuto durante il GLO, pena la denuncia per falso in atto pubblico.


Sono la mamma di un ragazzo certificato ai sensi della legge 104 per disabilità cognitiva lieve. Una sua professoressa ha dato istruzioni alle classe di terminare a casa un lavoro iniziato durante la lezione. Questa professoressa mi ha chiesto di non far terminare il lavoro a mio figlio a casa, (possibilità che invece gli altri suoi compagni hanno) perché vuole fare il lavoro con lui in classe, per verificare se ha le competenze di seconda media. È corretto il comportamento di questa insegnante? Durante l’ora sarà presente anche l’insegnante di sostegno che però non segue mio figlio in questa materia. Nel pei l’insegnante ha scritto che mio figlio può seguire gli obiettivi della classe e in una precedente verifica scritta, (l’unica sostenuta dall’inizio dell’anno e svolta in completa autonomia) mio figlio ha avuto un meritato 7, mentre tanti suoi compagni non hanno raggiunto la sufficienza, tanto è vero che l’insegnante ha organizzato una verifica di recupero per questi studenti. È o no discriminatorio il comportamento dell’insegnante?

Se nel PEI è stato concordato che per lo studente gli obiettivi di apprendimento sono gli stessi della classe alla quale è iscritto e se è stato stabilito che anche i criteri di valutazione sono gli stessi, come pure le modalità di verifica, allora lo studente doveva e poteva concludere il lavoro assegnato a casa dalla docente di inglese, esattamente come è stato richiesto ai compagni. Ora, dato che gli obiettivi li ha fissati proprio la docente di inglese, non si comprende la necessità, dalla stessa dichiarata, di verificare se lo studente possiede le competenze previste per la classe seconda della secondaria di primo grado. Il comportamento è decisamente poco trasparente e discriminatorio nei confronti di suo figlio. Suggeriamo di chiedere un incontro con il Consiglio di classe per far presente che, a fronte di obiettivi di apprendimento fissati proprio da loro, come genitori chiedete coerenza nell’agire, in modo che lo studente non sia trattato in maniera “palesemente” differente. Chieda che all’incontro sia presente anche il Dirigente scolastico.


Posso chiedervi riferimenti normativi per quanto concerne il diritto al sostegno nella scuola dell’infanzia ad anno scolastico già iniziato? In rete ho trovato menzionato l’art 42 del dm 331 del 1998, è corretto?

Temiamo che norma da lei citata non sia più in vigore, a causa dell’abrogazione del D M n. 331. In relazione alla questione posta, potete pretendere di avere immediatamente assegnate le ore di sostegno indicate nel PEI, che è stato formulato nel giugno scorso, in forza del principio che il diritto allo studio degli alunni con disabilità, comprendente in primo luogo un certo numero di ore di sostegno, è un diritto costituzionalmente garantito, come stabilito in numerosissime sentenze della Corte costituzionale (a partire dalla sentenza n. 215 del 1987). Pertanto non esistono decadenze per l’esercizio di tale diritto, e le risorse possono essere richieste anche ad anno scolastico avviato; anzi, la Giurisprudenza ha condannato l’Amministrazione scolastica a pagare 200 euro per ciascun mese di ritardo dalla data della domanda.


Si può rinunciare all’insegnante di sostegno nel corso dell’anno scolastico? Mia figlia ha l’insegnante di sostegno perchè usa protesi acustiche. L’insegnante però non sta quasi mai con lei, mentre sta sempre vicino ad un bambino con problemi comportamentali. A me non pare giusto tutto questo, cosa posso fare?

Il Consiglio di Stato, con Sentenza n. 455 del 2001, ha stabilito che sia legittimo rinunciare ad un docente di sostegno e chiederne un altro “quando non si sia riusciti a realizzare un valido rapporto educativo tra alunno e docente.” Pertanto non è necessario dimostrare di chi sia la colpa, bastando dimostrare che l’alunno non ha realizzato un valido rapporto educativo col docente. È opportuno evitare di dare la colpa al docente, a meno che non vi siano prove evidenti, perché, in mancanza di prove della sua colpevolezza, il docente potrebbe querelare la famiglia per diffamazione.