Newsletter di Educazione&Scuola, A. XVII, n. 1020, agosto 2012
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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per la Programmazione e la Gestione delle Risorse Umane,
Finanziarie e Strumentali
IL CAPO DIPARTIMENTO
Al Dipartimento per l’Istruzione
Sede
Al Dipartimento per l’Università, l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica e per la Ricerca
Sede
Ai Direttori Generali degli uffici dell’Amministrazione centrale e periferica
Loro Sedi
e, p.c.
Al Gabinetto del Ministro
Sede
Oggetto: Rideterminazione delle autorizzazioni al conferimento degli incarichi conferiti ai sensi dei commi 5bis e 6 dell’art. 19 del D.L.gs. 165/2001
Come è noto, il decreto legge del 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135, all’art. 2, commi 1, 2, 5 e 6, fa obbligo alle amministrazioni di contrarre, entro il 31 ottobre 2012, il 20% degli uffici dirigenziali generali e non generali, nonché di ridurre la dotazione organica del personale non dirigenziale in misura pari al 10% della spesa relativa al numero dei posti in organico, fatte salve le procedure concorsuali e di mobilità, nonché le procedure di conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, comma 5 bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, avviate alla data di entrata in vigore della suddetta legge.
Tale riduzione, si rammenta, incide sulla precedente contrazione effettuata in ragione del D.L. 138/2011, convertito nella legge 148/2011, per effetto della quale sono state rideterminate, tra l’altro, le dotazioni organiche degli uffici di livello dirigenziale non generale, con D.P.C.M. in corso di registrazione.
Allo stato, pertanto, non è possibile procedere al conferimento di eventuali nuovi incarichi dirigenziali a tempo determinato su posti che si dovessero rendere vacanti a qualunque titolo.
Sono fatti salvi esclusivamente gli incarichi conferiti ai sensi dell’art. 19, comma 5 bis (non anche ex comma 6, che non possono in ogni caso essere conferiti) del D.L.gs. 165/2001, per effetto di procedure avviate alla data di entrata in vigore del predetto decreto legge del 6 luglio 2012, n. 95.
Sarà cura dello scrivente comunicare alle SS.LL. ulteriori informazioni al riguardo.
f.to IL CAPO DIPARTIMENTO
Giovanni Biondi
Decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 2012
(in GU n. 280 del 30-11-2012 )
Autorizzazione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ad assumere a tempo indeterminato, per l’anno scolastico 2012-2013, n. 1.213 dirigenti scolastici, a trattenere in servizio n. 134 dirigenti scolastici per l’anno scolastico 2012/2013, ad assumere n. 21.112 unità di personale docente ed educativo. (12A12567)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con il quale e' stato approvato il testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado; Vista la legge 3 maggio 1999, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di personale scolastico; Vista la legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, in particolare la disciplina autorizzatoria di cui all'art. 39, comma 3-bis; Vista la legge 30 dicembre 2004, n. 311 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)» ed in particolare l'art. 1, comma 101, che prevede l'esclusione del comparto scuola dal blocco delle assunzioni, da cui deriva, in assenza di disposizioni normative diverse, l'inapplicabilita' al medesimo comparto dei limiti assunzionali di cui alle disposizioni di legge richiamate, fermo restando l'assoggettamento alla specifica disciplina di settore e alla programmazione del fabbisogno corrispondente alle effettive esigenze di funzionalita' e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizi, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica perseguiti; Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge del 6 agosto 2008, n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed in particolare l'art. 64 che reca disposizioni in materia di organizzazione scolastica; Vista la legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», in particolare l'art. 1, comma 523, il quale nell'elencare le amministrazioni statali sottoposte ad un regime di limitazione delle assunzioni a tempo indeterminato, non comprende il comparto scuola; Visto il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, concernente misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica, ed in particolare l'art. 9 che reca disposizioni in materia di contenimento della spesa di impiego pubblico; Visto l'art 9, comma 31, del citato decreto legge n. 78 del 2010 il quale stabilisce che, al fine di agevolare il processo di riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, «fermo il rispetto delle condizioni e delle procedure previste dai commi da 7 a 10 dell'art. 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i trattenimenti in servizio previsti dalle predette disposizioni possono essere disposti esclusivamente nell'ambito delle facolta' assunzionali consentite dalla legislazione vigente in base alle cessazioni del personale e con il rispetto delle relative procedure autorizzatorie»; Visto il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, concernente disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, ed in particolare l'art. 19 che reca disposizioni in materia di razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica; Vista la nota del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, Direzione generale per il personale scolastico, del 25 giugno 2012, n. AOODGPER.4825, concernente la richiesta di autorizzazione per l'anno scolastico 2012/2013 all'assunzione di milleduecentocinquantacinque dirigenti scolastici, nonche' al trattenimento in servizio di centotrentaquattro dirigenti scolastici; Visto il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca in data 3 agosto 2011, con il quale e' stata definita, ai sensi dell'art. 9 comma 17 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, la programmazione triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente ed educativo ed ATA per gli anni scolastici compresi nel triennio 2011/2013, prevedendo per ciascuno degli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, le assunzioni nel numero massimo di ventiduemila unita' di personale docente ed educativo e di settemila unita' di personale ATA, previa verifica da parte del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, della concreta fattibilita' del piano nel rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica e fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'art. 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni; Considerato l'art. 2, comma 416 della legge n. 244 del 2007 che, nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti fa salva la validita' delle graduatorie di cui all'art. 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296; Vista la nota del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, Direzione generale per il Personale scolastico, del 2 luglio 2012, n. AOODGPER.5026, concernente la richiesta di autorizzazione per l'anno scolastico 2012/2013 alle nomine in ruolo di personale della scuola, per ventunomilacentododici unita' di personale docente e di cinquemilatrecentotrentasei posti di personale ATA; Visto il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, concernente disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, ed in particolare l'art. 2, riguardante la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni che, al comma 4, dispone che per il comparto scuola continuano a trovare applicazione le specifiche discipline di settore; Visto il citato decreto-legge n. 98 del 2011, che all'art. 19, comma 7, dispone che a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell'art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell'art. 64 citato; Visto l'art. 14 comma 11, lettera a), del citato decreto-legge 95 del 2012, che dispone la riduzione a settanta unita' del contingente di personale messo a disposizione del Ministero degli affari esteri per amministrare, coordinare e vigilare le scuole le istituzioni educative italiane all'estero di cui all'art. 626, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; Visto l'art. 14 comma 11, lettera b), del medesimo decreto-legge 95 del 2012, che, apportando modificazioni all'art. 639, comma 3, del decreto legislativo n. 297 del 1994, stabilisce per il contingente del personale di ruolo da destinare all'estero limite massimo di seicentoventiquattro unita'; Considerato che le assunzioni di personale dirigente e docente richieste con note rispettivamente del 25 giugno 2012, n. AOODGPER.4825, e del 2 luglio 2012, n. AOODGPER.5026, si considerano ridotte in numero corrispondente al personale che eventualmente rientrera' in servizio per effetto della misura di cui all'art. 14, comma 11, del decreto-legge 95 del 2012; Vista la comunicazione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, Direzione generale per il personale scolastico, inviata con posta elettronica il 2 agosto 2012, nella quale, in esito alla riunione tecnica svoltasi il 31 luglio c.a., presso il Dipartimento della funzione pubblica, e' stata definita la quantificazione delle assunzioni da autorizzare nei seguenti termini: milleduecentotredici assunzioni di dirigenti scolastici, centotrentaquattro trattenimenti in servizio di dirigenti scolastici per l'anno scolastico 2012/2013, ventunomilacentododici assunzioni di personale docente ed educativo ed e' stato, altresi', concordato di rinviare a data successiva ogni interlocuzione relativa al personale ATA, atteso che il quadro definitivo dei posti vacanti e disponibili sul relativo organico di diritto sara' piu' preciso a conclusione dei trasferimenti del medesimo personale ATA; Visto l'art. 14, comma 13, del decreto-legge 95 del 2012, che prevede che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo transiti nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico, con decreto del direttore generale dei competenti uffici scolastico regionale competente, e che tale personale venga immesso in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente ovvero su posti di altra provincia a richiesta dell'interessato, e mantenga il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti; Ritenuto di dover concedere per l'anno scolastico 2012/2013 l'autorizzazione ad assumere milleduecentotredici assunzioni di dirigenti scolastici, centotrentaquattro trattenimenti in servizio di dirigenti scolastici per il solo anno scolastico 2012/2013, ventunomilacentododici assunzioni di personale docente ed educativo; Visto l'art. 9, comma 19, del decreto legge n. 70 del 2011, che fissa al 31 agosto di ogni anno il termine entro il quale effettuare le immissioni in ruolo; Vista la legge 12 gennaio 1991, n. 13 recante «Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica», ed in particolare l'art. 1, comma 1, lettera ii) che contempla tutti gli atti per i quali e' intervenuta la deliberazione del Consiglio dei Ministri; Vista la nota del Dipartimento della funzione pubblica del 2 agosto 2012, n. 32606, con cui e' stato chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze, Gabinetto del Ministro di esprimere il concerto per le assunzioni richieste dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca; Vista la nota dell'Ufficio Legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze del 7 agosto 2012, n. ACG/112/RIFPA/11831, con la quale si trasmette il parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato espresso con nota del 7 agosto, 2012 n. 70029; Ritenuto di aderire al citato parere espresso dal Ministero dell'economia e delle finanze; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 agosto 2012; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 13 dicembre 2011 che dispone la delega di funzioni al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Presidente di Sezione del Consiglio di Stato dott. Filippo Patroni Griffi; Su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; Decreta: Art. 1 1. Il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e' autorizzato, per l'anno scolastico 2012/2013, ad assumere a tempo indeterminato le seguenti unita' di personale: milleduecentotredici assunzioni di dirigenti scolastici; centotrentaquattro trattenimenti in servizio di dirigenti scolastici per l'anno scolastico 2012/2013, ventunomilacentododici assunzioni di personale docente ed educativo. Il presente decreto, previa registrazione da parte della Corte dei conti, sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 30 agosto 2012 NAPOLITANO Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri Patroni Griffi, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Grilli, Ministro dell'economia e delle finanze Registrato alla Corte dei conti il 2 novembre 2012 Registro n. 9, Presidenza del Consiglio dei Ministri,foglio n. 173
Il MIUR rende noti i decreti costitutivi del Gruppo di lavoro che ha predisposto le prove e gli atti dei lavori della Commissione incaricata di verificare la correttezza scientifica dei test.
Di seguito il comunicato stampa:
TFA, operazione trasparenza
Modalità di accesso agli atti(Roma, 29 agosto 2012) Al fine di rendere trasparente l’intera procedura di predisposizione e di verifica dei test delle prove nazionali di preselezione ai corsi di Tirocinio Formativo Attivo, di cui al D.M. n.249/2010, programmazione 2011-2012, sono consultabili da stamani sul sito del Ministero e del Cineca il decreto costitutivo del Gruppo di lavoro che ha predisposto le prove e gli atti dei lavori della Commissione, costituita con provvedimento ministeriale n. 14 del 7 agosto 2012 ed incaricata di verificare la correttezza scientifica dei test.
Gli interessati che intendano acquisire le schede di verifica dei test relative a ciascuna classe di concorso potranno quindi inoltrare specifica istanza all’indirizzo di posta elettronica certificata del Dipartimento Istruzione dpit@postacert.istruzione.it, indicando la motivazione, la classe di concorso per la quale hanno partecipato ed il proprio indirizzo postale ed elettronico.
Coloro che hanno già prodotto istanza avranno riscontro nei tempi previsti per legge.
Allegati
Le prove preselettive: questione di saperi…
di Maurizio Muraglia
Prove preselettive. Ormai il mondo dell’istruzione si sta abituando a questo appuntamento. Tutti i concorsi le prevedono: quello per Dirigenti, quello per accedere al TFA e adesso rispuntano anche per l’imminente (almeno così dice il MIUR) concorso a cattedre. Le ragioni sono ben note, anzi “la” ragione: scremare la quantità di partecipanti. Quelli che sostengono la necessità di questa scrematura non sembrano interrogarsi più di tanto sui criteri che presiedono all’elaborazione di simili strumenti. Sulla “Repubblica” del 27 agosto, Miguel Gotor le considera un passaggio “molto importante” “per scremare la pletora di partecipanti e verificare la conoscenza di alcune nozioni di base”, interpretando probabilmente il sentire comune.
Chi ha potuto controllare queste prove preselettive predisposte da misteriose commissioni si è concentrato sugli errori, e gli errori hanno giustamente attirato l’attenzione dei media con tanto di scuse ministeriali. Giusto. Ineccepibile. Ma non sarebbe il caso di ragionare anche sul carattere più eclatante di questi quesiti che dovrebbero scremare i partecipanti ad un concorso come quello a cattedre, volto a verificare le competenze professionali dei candidati (tant’è vero che si parla poi, per le prove successive, di “lezione simulata”)?
Dunque parliamone. Che scopo hanno queste prove? Hanno lo scopo di selezionare in base alla conoscenza di alcune “nozioni di base”. Comanda dunque il concetto di “nozione”. Qualcuno ha riflettuto su che cosa significa oggi controllare le “nozioni”? E poi, quali nozioni? E cosa significa “di base”? Base di che? Quale idea di professione docente sta, qua ci vuole, alla base della convinzione che saper insegnare bene passi dal ricordo che quella data cosa sta in quel dato modo, in quel dato tempo, in quel dato luogo? Gli esperti lo chiamano “sapere dichiarativo”. È quel sapere che è presente alla coscienza ed è richiamabile puntualmente allo stimolo di un test.
La scrematura, si diceva. Come dire che si tira una linea: da questo lato coloro che non raggiungono il numero sufficiente di nozioni richieste. Dall’altro, coloro che lo raggiungono. I primi restano fuori. Magari hanno insegnato, magari hanno fatto imparare tante cose, magari sanno trovare il metodo giusto, ma, ahimé, non hanno centrato quel che le Commissioni volevano sapere. Gli altri, invece, andranno avanti, magari per far vedere ciò che anche (o solo?) gli esclusi possedevano.
Insegno nella scuola pubblica da venticinque anni con risultati che non sta a me valutare, e di fronte a diverse “nozioni di base” richieste da queste prove preselettive mi sono trovato a dire “non lo so”. Attenzione, non “non mi ricordo”, ma “non lo so”. Nel senso che non l’ho mai saputo. Non solo, ma non ho alcun rammarico nel “non saperlo” né ritengo che i miei alunni possano essere danneggiati da questo mio “non sapere”. Forse non supererei oggi le prove preselettive di un concorso.
La verità è che quel che dovrebbe “sapere” un insegnante sfugge, e le prove selettive scremano lasciando indietro magari dei possibili ottimi insegnanti. Bisognerebbe piuttosto parlare di “sapere professionale”, che è sempre in evoluzione. Oggi infatti la questione dell’insegnare poggia su basi diverse, perché su basi diverse è costruito l’approccio al conoscere, ma i nostri organismi “preselettivi” sembrano non accorgersene perché l’obiettivo è quello, comunque, di creare un numero più piccolo di partecipanti con la roulette russa dei quiz.
D’altra parte, anche in ambienti cosiddetti progressisti, la cultura della scuola, quella che nutre il sapere professionale degli insegnanti, rimane un sottoprodotto della cultura universitaria. Lo stesso Gotor prima citato proponeva addirittura di offrire un canale preferenziale per il concorso a cattedra nientemeno che ai dottori di ricerca (!), dopo aver preso le distanze dal “pedagogismo più deteriore” di questi anni. Ancora la vecchia storia. Bisogna essere molto eruditi per potere insegnare.
L’esperienza di chi qui scrive e di molti altri è di tutt’altro segno. Senza il “pedagogismo più deteriore”, cioè con la sola preparazione universitaria, non avremmo combinato un bel niente. È stato quell’altro “sapere”, coltivato da autodidatti, ad insegnarci che per potere veramente stare con un gruppo di allievi bisogna sapere orientare le cose che si sanno all’apprendimento. È verissimo che se non si sa nulla (università) non si può orientare all’apprendimento nulla (pedagogia e didattica), ma bisogna avere anche il coraggio di riconoscere che in molti casi sono proprio quelli che “sanno molte cose” (e nei licei classici se ne trovano a iosa…) a far di queste, paradossalmente, un ostacolo all’apprendimento, rendendo la scuola un vero obitorio culturale. Stiamo parlando di coloro che hanno studiato tanto, hanno letto tanto, hanno trascorso le notti sugli autori, hanno macinato pagine e pagine nella convinzione che ogni cosa fosse importante. Davanti ai “pischelli” che si ritrovano davanti tutte le mattine, che smanettano, digitano, sognano, sbadigliano, soffrono, ridono e piangono, questi insegnanti superconoscitori di ogni cosa non sanno che pesci prendere, e non raramente soprattutto dai più giovani zelanti docenti freschi di studi universitari provengono tristi lamentazioni sull’ignoranza e la superficialità dei ragazzi, nonché sulla disattenzione dei genitori. È dura, in classe, ritenere importanti tutte le cose che si sanno e trovarsi davanti quelli che per quelle cose non hanno alcun interesse.
A meno che, ovviamente, quelle cose, tutte quelle cose, come ben sa chi insegna negli inferni delle periferie cittadine, non si riesca a trasformarle in qualcosa che apprendere è bello, significativo, coinvolgente. Ma quella magia professionale le prove selettive non possono vederla, e nulla vieta che tra gli esclusi dai test vi siano proprio alcuni (molti? tutti?) di questi maghi. Maghi dell’insegnare che probabilmente i nostri “pischelli” non incontreranno mai, alla faccia di tutte le valutazioni sul merito.
A proposito: chi sarà “meritevole” tra gli insegnanti, chi sa molte cose o chi le sa fare imparare?
I docenti di Sostegno “Bis-Abili”
di Salvatore Nocera
Negli ultimi mesi si è accentuata l’attenzione degli esperti e degli uomini di scuola sull’inclusione scolastica e sul significato dell’attività di sostegno didattico. La FISH con alcune associazioni sostiene l’ipotesi di abolire le aree disciplinari nelle scuole superiori e di pervenire ad una nuova classe di concorso per il sostegno. La Fondazione Agnelli ha pubblicato un ponderoso studio sull’opportunità di mandare la maggioranza degli attuali docenti per il sostegno ad insegnare nelle discipline curricolari di rispettiva abilitazione, lasciando solo una percentuale di essi a comporre gruppi di esperti itineranti a livello provinciale o subprovinciale, come consulenti esterni alle singole scuole. Mentre si sono avute reazioni molto articolate all’ipotesi della Fondazione Agnelli da parte soprattutto del mondo accademico, prima fra tutte la Società italiana di pedagogia speciale e da parte della F I S H, alla proposta della stessa F I S H sull’abolizione delle aree disciplinari per il sostegno nelle scuole superiori , si è avuta una reazione culturale da parte di un certo numero di docenti specializzati nel sostegno. Finalmente così si riapre un dibattito culturale sull’inclusione scolastica e sul ruolo che in essa svolge il docente specializzato.
Si trascurano le critiche pseudosindacali secondo cui l’abolizione delle aree di sostegno nelle scuole superiori sarebbe voluta allo scopo di favorire docenti specializzati operanti in alcune discipline, come i docenti di educazione tecnica.Esaminiamo invece le osservazioni più culturalmente pregnanti contenute in un articolo recentemente pubblicato ed in una lettera inviata dagli stessi docenti al Sottosegretario Rossi Doria per scongiurare l’abolizione delle aree.In sintesi le osservazioni si concretizzano nella denuncia che l’abolizione delle aree renderebbe impossibile ai docenti per il sostegno seguire gli alunni nelle specifiche discipline; tale osservazione è rafforzata nei confronti della creazione della nuova classe di concorso per il sostegno che renderebbe i docenti specializzati dei semplici educatori e non più docenti.
La soluzione proposta è coerente con queste osservazioni e invita il MIUR a rafforzare la funzione docente dei docenti specializzati i quali dovrebbero avere la cattedra sdoppiata in una parte di docenza curricolare nella propria disciplina per tutta la classe ed una parte per il sostegno in quella stessa disciplina con gli alunni con disabilità e non solo, ma anche con DSA e con svantaggio socioculturalee con gli stranieri.Diverrebbero così, come si legge nell’articolo citato, “ docenti bis abili”.
La proposta a tutta prima sembra interessante ; ma esaminata più in profondità svela una precisa concezione dell’inclusione scolastica, che, a mio avviso, è opposta a quella su cui si è fondata l’inclusione in Italia sin dall’inizio avvenuto alla fine degli Anni Sessanta.
Infatti , ove si accettasse questa ipotesi, avremmo attorno all’alunno con disabilità una classe speciale composta da tutti i docenti specializzati che opererebbero in tutte le discipline. Qui, invece dell’abolizione delle aree disciplinari si avrebbe una moltiplicazione delle aree pari al numero delle discipline insegnate. L’ipotesi innovativa invece da cui è partita l’Italia allora era che i responsabili primari dell’inclusione fossero i docenti curricolari, che allora seguirono moltissimi corsi di formazione ed aggiornamento in servizio, aiutati da docenti specializzati per sostenere loro nel conoscere i bisogni educativi speciali e nel fornire indicazioni didattiche speciali tali da facilitare il dialogo educativo con gli alunni con disabilità.
Purtroppo tale disegno originario , anche a causa della mancata formazione iniziale ed in servizio dei docenti curricolari e dell’aumento del numero degli alunni per classe è stato profondamente offuscato ed il ruolo di sostegno dei docenti specializzati è divenuto preminente ed addirittura assorbente; il docente per il sostegno è divenuto quasi la protesi didattica dell’alunno con disabilità, favorito in questa deriva dalla delega dei docenti curricolari ai soli docenti di sostegno, delega rafforzata dalle richieste crescenti di il massimo delle ore di sostegno da parte dei genitori, richieste avallate anche dalla Magistratura per una malintesa concezione dell’inclusione scolastica.
La tesi di quanti vorrebbero lo sdoppiamento della cattedra di sostegno in ore di sostegno ed in ore disciplinari fa definitivamente propria questa deriva che capovolge totalmente la visione originaria dell’inclusione italiana.
A questo punto c’è da fare una scelta di fondo. O si accetta questa nuova soluzione ed allora è inutile quanto è previsto dal dpr n. 249/2010 sull’obbligo di formazione iniziale di tutti i futuri docenti curricolari sulle didattiche dell’inclusione scolastica e sull’obbligo di aggiornamento in servizio su di esse, specie con particolare riferimento alle specifiche tipologie di bisogni educativi speciali conseguenti alle differenti tipologie di deficit, o si migliora l’attuale situazione. Le aree disciplinari attuali non funzionano, poiché in ciascuna di esse è raggruppato un notevole numero di discipline e quindi il docente nominato ad es. nell’area tecnologica può essere uno di oltre 130 discipline e pertanto, anche se nominato in una specifica area, non necessariamente risponde ai bisogni educativi specifici dunque all’alunno. Tanto è vero ciò che le aree disciplinari non sono mai state realizzate nella scuola secondaria di primo grado che pur avrebbe dovuto adottarle per legge ed i risultati sono stati molto migliori della scuola superiore. Né si dica che nella scuola secondaria di primo grado le discipline non sono specifiche come nelle scuole superiori, poiché occorrono ben precise classi di abilitazione per poter insegnare in ciascuna cattedra come per le scuole superiori.
La soluzione proposta dai “ docenti bis abili “, abili nella specifica disciplina curricolare e nella corrispondente attività di sostegno, è più coerente dell’attuale situazione; rompe però una scelta culturale ultraquarantennale che invece con l’abolizione di vorrebbe rilanciare.In tal senso va letta la richiesta della classe unica di concorso per il sostegno che deve avere contenuti orientati non ad un generico ruolo educativo, ma alle didattiche speciali con cui debbono essere sostenuti gli alunni con disabilità ed i loro docenti curricolari.
Sapranno gli attuali docenti specializzati cogliere il vero senso delle proposte della F I S H e saprà il MIUR porre le condizioni per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, aumentando il numero di crediti formativi sulle didattiche speciali per la formazione iniziale dei futuri docenti curricolari della scuola secondaria, rispettando il tetto massimo di 20 alunni nelle classi ove sono presenti alunni con disabilità, abolendo le aree disciplinari nelle superiori ed individuando indicatori di qualità dell’inclusione nelle singole classi e nelle singole scuole nell’ambito del sistema nazionale di valutazione che si intende attuare?
N. 03295/2012 REG.PROV.CAU.
N. 05836/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 5836 del 2012, proposto dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
(…)
nei confronti di
(…)
e con l’intervento di
ad adiuvandum,
(…)
per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, Milano, Sezione IV, 18 luglio 2012, n. 2035.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’art. 98 cod. proc. amm.;
visti gli atti di costituzione in giudizio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
vista la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
relatore nella camera di consiglio del giorno 28 agosto 2012 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Basilica, gli avvocati Pafundi, Barboni, per sè e per delega degli avvocati Angiolini e Nespor, Resta, Bertone, Pugliano e Zenga.
Considerato, all’esito di una sommaria delibazione propria della fase cautelare, che in relazione alle questioni preliminari poste con l’atto di appello: a) i candidati che hanno superato le prove scritte non sono controinteressati ai quali deve essere notificato il ricorso introduttivo del giudizio; b) la proposizione del ricorso collettivo è ammissibile quando, come nella specie, viene dedotto un motivo (violazione delle regole dell’anonimato) il cui accoglimento determina un vantaggio per tutte le parti ricorrenti;
che, in relazione al merito della controversia, il rispetto del principio dell’anonimato degli elaborati nelle prove concorsuali costituisce garanzia ineludibile di serietà della selezione e dello stesso funzionamento del meccanismo meritocratico, insito nella scelta del concorso quale modalità ordinaria di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97 Cost.) (tra gli altri, Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2012, n. 1928);
che, nella specie, tale principio non è stato rispettato;
che, infatti, le buste contenenti i nominativi dei candidati hanno natura tale da rendere astrattamente leggibili i nominativi stessi;
che tale circostanza risulta dalla verifica diretta delle buste prodotte agli atti del giudizio;
che, per le ragioni sin qui esposte, l’appello cautelare deve essere rigettato;
che fissa, per trattazione nel merito della controversia, l’udienza pubblica del 20 novembre 2012;
che le spese della presente fase cautelare sono integralmente compensate tra le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, rigetta l’istanza cautelare e fissa per la trattazione nel merito della presente controversia l’udienza pubblica del 20 novembre 2012.
Le spese della presente fase cautelare sono integralmente compensate tra le parti del giudizio.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 agosto 2012 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 28/08/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Attacchi di panico o ”sindrome di pinocchio”?
di Adriana Rumbolo
Perché non chiamare l’attacco di panico, sindrome di Pinocchio?
Il burattino è imprigionato nel proprio corpo di legno, rigido.
Non può avere conoscenza e coscienza di quel corpo tanto da organizzarlo e usufruire dei suoi mezzi, e forse per questo passa da una sventura all’altra.
Così un soggetto con il corpo ingabbiato e irrigidito da paure e insicurezze di fronte anche a piccoli problemi quotidiani, non godendo della coscienza e della conoscenza del proprio corpo, verrà sopraffatto dai sintomi allo sbando di molte funzioni fisiologiche e neurologiche coinvolte nella sofferenza corporea e percepirà l’angoscia di una fine imminente.
Per fortuna che l’attacco di panico è reversibile e non lascia danni fisici: resta il percorso in salita alla ricerca di chi e che cosa abbia bloccato quel corpo con massicci messaggi di paure e disistime.
Una volta liberato il corpo, si ristabilirà la fortissima associazione tra la regolazione del corpo all’interno del cervello e il corpo stesso.
Addio, attacchi di panico!
L’EUFEMISMO DELL’INFERNO DI DANTE
di Vincenzo Andraous
L’estate è sbilanciata in avanti, le temperature alzano il tiro, i corpi ammassati tentano disperatamente di resistere, i malati più deboli muoiono, quelli più sani combattono dentro una resistenza senza riparo, altri stanno lì senza il più piccolo sollievo, nè capacità di avvertire la propria colpa.
Il carcere non è più spauracchio dell’illegalità, strumento deterrente, non è più ultima trincea a difesa di ogni libertà. E’ diventato altro, come Dante e il suo inferno sono diventati un mero eufemismo, e Benigni un cantore in disuso, entrambi non più corrispondenti alla disperazione di un luogo perduto alle coscienze.
Cos’è il carcere oggi, a cosa ed a quale dissacrante dottrina si è ridotto, se non all’indifferenza? Sovraffollamento che non è più riconducibile al solo problema endemico all’Amministrazione Penitenziaria: è il risultato di recidive alimentate da politiche ingannevoli, più galera per tutti, meno misure alternative che invece insegnano a lavorare, a faticare, a scegliere la responsabilità, in un patto di lealtà sociale.
Carenza di personale professionale e dimezzamento dei fondi di investimento al settore giustizia non sono sufficienti a confermare il livello di disumanità che circonda un penitenziario, una cella, un cittadino detenuto, perché ancora tale è, come sancito dalla Costituzione, dalla condizione di persona momentaneamente privata della libertà, non certamente del diritto di sperare.
Quando penso al carcere, malandato, umiliato, percosso dalle intelligenze addormentate, mi vengono in mente le pretese di giustizia di un certo Peter Moskos, ex funzionario di Polizia, ora docente di diritto penale, salito prepotentemente alle cronache per un report di 154 pagine, con cui ritiene di superare il fallimento del sistema penitenziario americano, debellando il più devastante sovraffollamento carcerario della storia dell’umanità, attraverso la punizione della flagellazione.
E’ soltanto una boutade sconcertante di un illuminato senza più luce né ragione, oppure c’è qualcosa che fa al caso nostro? Al sistema americano certamente sì, con la pena di morte, con il carcere privatizzato, con la violenza intramuraria che neppure i films riescono più a immaginare, figuriamoci raccontare.
Nel paese della selva oscura dell’Alighieri e del Benigni che disconoscono i gironi ben nascosti di un inferno in continua ebollizione, forse qualche nerbata potrebbe passare, come pena alternativa a un carcere che mi ostino a dire che ancora non c’è.
Oppure il solo pensare a una punizione come questa scandalizza, perché ci ricorda la schiavitù, qualche reminiscenza di tortura, di inquisizione, di pene illegali.
Certo non è semplice optare per una condanna alla frustata, al ritorno del sangue statuale, ma con qualche scudisciata ben assestata, il 70% di popolazione detenuta potrebbe nell’immediato lasciare le anguste e sovraccariche celle italiche.
Il dott. Moskos pare più attrezzato a scioccare e banalizzare, che a risolvere una violenza carceraria che ha superato ogni livello di guardia nel suo paese. Ma in questa partitura medioevale è possibile trovare qualche indicazione, quanto meno ripartire da una riflessione.
Disturba fare ricorso anche solo con le parole a una violenza che dovrebbe “sanare” altra violenza, che “ripara” il male con altro male, eppure come è possibile inorridire assai meno per una pena che rapina le dignità con inaudita perseveranza, tant’è che a metà anno abbiamo perso il conto dei tanti “evasi” con i piedi in avanti, detenuti e agenti.
Sobbalziamo al pensiero di trascendere alla fustigazione, rimanendo impassibili di fronte al grado di violenza cui è sottoposto il detenuto, e non solo, l’intero impianto penitenziario.
Abbandono e indifferenza, morte dei corpi e delle menti, morte di ogni possibilità di comprendere di sé e del proprio esistere nella vita che rimane, nonostante la cella, nonostante il carcere.
E’ un degrado che polverizza ogni speranza di sentirci ancora utili, parte di una società che professa la difesa del diritto alla riabilitazione, che giustamente rigetta il teatrino dei dinieghi alle frustate, ma non intende guardare al di là del muro, dove l’ultima solitudine è concessa senza timbri sul passaporto.
E’ morte assunta con una stringa allacciata alla gola, in un giorno dove Dio è morto dentro una cella.
INTORNO A TEST, TFA e INVALSI: UN PERCORSO VIRTUOSO PER COSTRUIRE UNA CULTURA DELLA VALUTAZIONE
In questo caldo agosto si è sviluppata una sacrosanta polemica sui marchiani errori di contenuto e di metodo presenti nei test proposti nell’ultimo concorso a dirigente scolastico e – ancor più – nelle prove per l’ammissione, peraltro a pagamento, ai corsi di Tirocinio Formativo Attivo. Segnali che confermano quanto continui ad essere sottovalutata la questione del reclutamento del personale scolastico, futuri dirigenti e docenti. Purtroppo però l’occasione è stata colta in ambienti diversi, in alcuni casi anche inaspettati, per rimettere in discussione l’emanazione del regolamento sul sistema di valutazione. In alcuni casi le negative esperienze citate sono stati utilizzate per ridicolizzare l’idea stessa della rilevazioni basate su test. In altri, più seriamente, si è ragionato sul sintomo di un malessere profondo che può essere curato solo attraverso una pausa di riflessione nelle procedure valutative allo scopo di cercare di costruire una reale consapevolezza, attualmente assente sia tra gli insegnanti sia nelle Università, ma soprattutto al Ministero.
Ora, a nostro parere, occorre innanzi tutto tenere ben distinte cose che sono assolutamente diverse. Una cosa sono i “quiz”, il cui solo scopo sembra essere quello di costruire quesiti adatti a sfoltire lo stuolo dei concorrenti a un posto di lavoro o di studio; tutt’altra le prove che organismi specializzati come l’INVALSI o gli esperti OCSE-PISA costruiscono sulla base di un’ormai lunga esperienza di ordine didattico e statistico per rilevare lo stato di funzionamento e l’efficienza di un sistema.
Gli errori e le improvvisazioni che hanno caratterizzato i primi rappresentano una vergogna e testimoniano dell’impossibilità di affidare ad improbabili e improvvisati esperti il compito non validato da nessuno di costruire gli strumenti di selezione dei docenti e dei dirigenti. Non tanto per via delle cantonate o delle oscurità nella formulazione di taluni item, quanto perché davvero qualcuno dovrebbe spiegarci perché mai dovrebbe essere più adatto ad insegnare filosofia chi ricorda meglio il nome di un oscuro sofista o il titolo di un’opera filosofica del medioevo. Non ci sono, o dovrebbero essere, gli esami universitari a garantire in maniera seria il possesso delle conoscenze di base? E perché mai il dirigente potenzialmente più capace dovrebbe essere quello che più rapidamente connette alla domanda X la risposta Y? L’analisi di Bartezzaghi su Repubblica ha avuto sicuramente il merito di mettere il dito su una piaga nota da decenni: la persistente incapacità di individuare modalità di assunzione più legate alla effettiva professionalità docente e al contesto ambientale e culturale in cui operano quelle persone in carne ed ossa che sono gli allievi. Ma si fonda a sua volta – come non manca di notare, per esempio, Maurizio Tiriticco – su un presupposto errato: che questo modo arbitrario di accertamento delle conoscenze e delle competenze sia l’unico modo “oggettivo” di valutare. E così certamente pensano molti insegnanti, che non hanno saputo o voluto cogliere lo sforzo che proprio dai ricercatori INVALSI viene operato di connettere la formulazione degli item con le competenze da accertare, cioè delle operazioni cognitive che gli allievi utilizzano per risolvere la situazione-quesito. Si tratta di un procedimento molto delicato, certamente perfettibile per quanto riguarda la costruzione degli item, basato su una metodologia che va al di là delle opzioni vero/falso, per mettere in relazione certe premesse con certe conseguenze. Proprio in questo, notiamo, consiste il valore orientativo delle scelte epistemologiche e didattiche dei Quadri di Riferimento esplicitati dall’Istituto di Valutazione
Non sono molti, in questo paese, gli esperti che si muovono in questa direzione. Certo non le università che, salvo lodevoli e rare eccezioni, ignorano la ricerca educativa applicata e il rapporto reale con le scuole. Il Ministero, poi, non può contare quasi più sugli Ispettori tecnici (ormai sono in servizio quasi solo quelli di nomina politica, meglio lasciar perdere…). Gli IRRE sono stati chiusi, sta di fatto per chiudere l’ANSAS. Cosa ci si può aspettare?
Certo, rimangono le scuole, alcune delle quali svolgono un lavoro pregevolissimo. Ma sono proprio queste che chiedono di essere aiutate in un’attività che non è semplice e non è riconosciuta. Ma proprio perché il quadro è questo, quale sarebbe il vantaggio di un rinvio sine die dell’emanazione del Regolamento sulla Valutazione?. L’unico risultato certo sarebbe di lasciare nella più assoluta precarietà proprio l’unica istituzione che – in collegamento con il lavoro dei ricercatori OCSE-PISA – ha lavorato in questa logica. Si può infatti criticare questo o quell’aspetto delle prove INVALSI, questo o quell’utilizzo politico fatto dei dati rilevati, ma non il loro essere fondate su un legame definito ed esplicitato con le competenze attese.
E’ piuttosto necessario ed urgente considerare come assolutamente prioritario l’investimento nella valutazione del sistema e delle singole istituzioni, come del resto chiedevano gli unici due punti riguardanti la scuola della famigerata lettera della BCE al governo italiano dell’agosto 2011.
L’ANDIS ha più volte indicato in questa direzione alcune condizioni di sviluppo del processo:
a) che sia strutturata una collaborazione continuativa dell’Istituto Nazionale di Valutazione con quella grande maggioranza di docenti che responsabilmente vivono il momento della prova senza boicottare, senza suggerire le risposte (non vogliamo pensare alle conseguenze educative di una tale esperienza), senza obiettare che la correzione degli elaborati non è loro competenza (di chi allora?) e senza adottare la metodologia del “teaching test” come unica risposta agli stimoli provenienti dalle rilevazioni;
b) che i tecnici INVALSI esplicitino con sempre maggiore chiarezza i criteri con cui sono state scelte le competenze il cui conseguimento viene testato e – in relazione ad esse – quelli di costruzione degli item e delle griglie di correzione. In questo modo sarà anche più facile per gli insegnanti ricavare preziose informazioni circa gli strumenti di verifica usati ordinariamente e circa i percorsi capaci di mettere gli allievi in condizione di raggiungere gli esiti di apprendimento attesi.
c) In questo quadro, consideriamo essenziale l’attenzione che i dirigenti scolastici rivolgono a questi aspetti, proponendo piani di formazione che prevedano l’analisi (non l’accettazione acritica) dei quadri di riferimento delle prove, l’analisi dei rapporti conclusivi e la discussione comune delle modalità di verifica interne. Fondamentali, da questo punto di vista, le considerazioni svolte da Daniela Notarbartolo sul rapporto tra ricercatori, dirigenti e docenti per “salvare” le prove rendendole funzionali alle problematiche reali della nostra scuola. Su questo piano l’Andis Lombardia ha partecipato attivamente con l’Ansas Lombardia per la definizione di Linee guida per i dirigenti scolastici, ritenendo strategico il loro ruolo per l’implementazione del sistema di valutazione degli apprendimenti.
d) Frutto della collaborazione all’interno di questa filiera virtuosa dovrebbe essere la definizione, da troppo tempo attesa, degli standard così come avvenuto nel settore dell’istruzione e formazione professionale. Ciò renderebbe più precise e finalizzate le stesse rilevazioni, ma soprattutto diventerebbero chiari i punti di arrivo della progettazione didattica degli insegnanti.
e) E’ ovvio, ma di questi tempi non è banale dirlo, che l’INVALSI va potenziato, sia sul piano quantitativo, sia sul piano qualitativo, con l’ampliamento dei quadri e la definizione delle professionalità necessarie, rivalutando anche i compiti più propriamente formativi dell’Istituto, già presenti nella legge istitutiva
Come si vede, anche noi parliamo di “condizioni” perché migliorino sensibilità nell’opinione pubblica e risultati, ma riteniamo che esse possano progressivamente realizzarsi proprio e solo nel quadro di una prosecuzione e di un rafforzamento del processo di valutazione in atto e dell’affido formale all’INVALSI opportunamente potenziato di quei compiti di monitoraggio, formazione e consulenza al Ministero che svolge, ad esempio, l’OFSTED inglese.
Proprio la necessità di sviluppare una cultura della valutazione, insomma, e di valorizzare il patrimonio costituito dalle scuole, in un rapporto dialettico tra valutazione esterna ed autoanalisi di istituto, ci inducono a considerare essenziale una forte iniziativa che vada nel senso di consolidare la pratica delle rilevazioni degli apprendimenti. Sarebbe invece infausto per la nostra scuola un passo indietro come quello costituito da ulteriori ritardi nell’emanazione del Regolamento o come quello proposto dall’emendamento – fortunatamente bocciato al Senato al ddl di riforma degli organi collegiali – che proponeva il ritorno alla rilevazione “a campione”, cioè a una metodologia totalmente al di fuori dalla logica dell’interazione tra valutazione esterna e autoanalisi d’istituto.
Ci sembra piuttosto che un altro punto sia da affrontare nella prospettiva che qui sosteniamo: quello del rapporto tra valutazione nazionale di sistema e valutazione del singolo studente. Se, correttamente, la prima è compito del Servizio Nazionale e la seconda dei docenti, ci pare giunto il momento di fare un’analisi seria dei problemi emersi negli ultimi due anni nell’esame conclusivo del primo ciclo. La prescrizione della media aritmetica, tra gli esiti delle prove nazionali, delle prove proposte dalle Commissioni e del voto di ammissione, non è stata condivisa pressoché da nessuno ed ha creato gravi imbarazzi, paradossalmente proprio sugli allievi con miglior rendimento. E’ infatti vero che la prova nazionale rappresenta un utile correttivo ai troppo diversificati livelli di difficoltà e parametri di giudizio, ma secondo molti docenti e dirigenti non si possono somministrare agli studenti impegnati nel loro esame gli stessi item utilizzati per la valutazione di sistema. Andando oltre, andrebbe chiarito il significato di un esame di stato che di fatto non è più al termine della scuola dell’obbligo.
Ci pare un punto nodale, anche in vista della prossima formulazione nazionale della terza prova all’esame di stato del secondo ciclo, su cui non a caso i tecnici INVALSI sono sempre stati molto prudenti.
Pensiamo che sia venuto il momento di richiedere con forza che a discutere di questo nodo cruciale non siano commissioni ristrette, ma che tutte le scuole siano coinvolte in riflessioni motivate sui criteri di costruzione, di somministrazione, di definizione delle prove e sui pesi da attribuire in sede di valutazione finale. Ai tecnici INVALSI il compito di fare una sintesi ragionata del dibattito.
Crediamo che su questo piano si possa contare anche sulle Associazioni Professionali, prima fra tutte l’ANDIS.
LOREDANA LEONI
ALDO TROPEA
La rivoluzione di Colette
di Antonio Stanca
Molto ha vissuto, ottantuno anni, molto ha detto e fatto, molto ha scritto la famosa Colette, pseudonimo di Sidonie-Gabrielle Colette, nata a Saint-Sauveur-en-Puisaye nel 1873 e morta a Parigi nel 1954. La sua maturità, la sua attività, la sua produzione sono avvenute durante il periodo della “belle époque” e di essa Colette fu considerata un simbolo dal momento che il suo non fu solo un fenomeno di cultura ma anche di costume. A far parlare di lei in questi giorni è stata la ristampa di un suo racconto del 1940, Camera d’albergo, avvenuta per conto de “Il Sole 24 ORE” nella serie “I Libri della Domenica”. Colette scrisse il racconto a sessantasette anni quando era già stata colpita dall’artrosi alla gamba, che l’avrebbe col tempo costretta a vivere in casa, e dopo una lunga attività non soltanto di carattere letterario. Aveva cominciato a scrivere quando dal suo paese in Borgogna era venuta a Parigi e aveva conosciuto Willy,che conduceva un’ “officina letteraria” e sarebbe stato il primo marito. Tra il 1900 e il 1903 scriverà i quattro romanzi della serie Claudine che saranno firmati dal marito. Altre narrazioni ispirate allo stesso personaggio risulteranno in seguito firmate da entrambi. Separatasi da Willy entrerà nel mondo dello spettacolo, sarà attrice del music-hall, mima-danzatrice. Avrà accesso agli ambienti colti della capitale francese, conoscerà i più noti autori del momento, comincerà a scrivere per giornali e riviste, tratterà di attualità e di critica teatrale e cinematografica. Intanto dal 1910 al 1913 compariranno su riviste alcuni suoi racconti e, a puntate, alcuni romanzi quali La vagabonda e L’ancora. Nel 1912 si sposerà di nuovo e da questo matrimonio nascerà una figlia.
Continua la Colette a pubblicare a puntate romanzi, Chéri nel 1920, Il grano in erba nel 1923, che viene interrotto per scandalo ma poi compare in volume. Fu questo il primo romanzo firmato soltanto da lei mentre anche gli altri seguiti al ciclo di Claudine erano stati firmati Colette-Willy. A questo periodo appartengono libri di memorie, sceneggiature per film, riduzioni teatrali di suoi lavori e sue interpretazioni di queste. Si separa dal secondo marito e nel 1932 si mette al servizio delle belle parigine creando un istituto di bellezza e aprendo alcuni negozi di cosmetici da lei preparati. Scrive altri romanzi, La gatta nel 1933, altri libri di memorie riferite ai luoghi della sua formazione e alla vita da ragazza in casa con la madre, continua a scrivere di critica teatrale. Si sposa per la terza volta. Dal 1936 si stabilisce definitivamente a Parigi, scrive ancora romanzi ma soprattutto racconti. I problemi della gamba la fanno vivere esclusivamente in casa e qui riceve molte visite mentre continuano i riconoscimenti che erano iniziati nel 1920 quando era stata insignita del grado di Cavaliere della Legion d’onore. Anche onorificenze accademiche le vengono attribuite.
Negli ultimi anni oltre che per la sistemazione della sua immensa opera si adopera perché alcuni suoi romanzi o racconti, Gigi del 1944, vengano adattati per il teatro o per il cinema. Le sue condizioni di salute, tuttavia, tendono a peggiorare e nel 1954 muore e riceve, prima donna in Francia, i funerali di Stato.
Molto ha scritto la Colette oltre a romanzi e racconti. Autobiografico è stato il genere di questi. Nelle narrazioni iniziali ha voluto recuperare ambienti, momenti dell’infanzia e dell’adolescenza vissuti in Borgogna a contatto con gli elementi naturali. In seguito la maniera autobiografica si arricchirà di quella tendenza ad osservare i caratteri, ad immaginare le situazioni che costituirà la nota distintiva della sua produzione narrativa. La distinguerà anche la forma espressiva sempre chiara, svelta e lontana da sovrabbondanze di qualsiasi genere.
Pure in Camera d’albergo del 1940 si possono notare tali aspetti della sua scrittura, l’autobiografismo e l’intenzione d’indagare, osservare i personaggi, mostrarli esposti a cambiamenti d’umore, rappresentarli nelle loro inquietudini, nei loro turbamenti senza che da questi vengano superati o annullati poiché fatti sempre rientrare tra le altre manifestazioni della vita. Pur vivendo il “momento decadente” della letteratura, quello dell’artista escluso, “maledetto”, rimasto solo a dire del “male di vivere” che su di lui si è abbattuto a causa dei tempi nuovi, non partecipa, Colette, di questa atmosfera perché si dispone in maniera più tollerante verso la vita. A lei preme di più mostrarsi nuova, anticonformista, contraria a regole rimaste invariate per secoli, evitare i pregiudizi, liberare la donna da quanto ha sempre sofferto. Sarà questo il personaggio femminile che creerà, con esso s’identificherà, ad esso farà percorrere la maggior parte delle sue opere fino a far parlare di maniera autobiografica.
In Camera d’albergo ancora una volta narra di una sua esperienza, di una sua vacanza in compagnia dell’amata gatta, degli inganni di un’amica, dell’avvenuta conoscenza di una coppia di coniugi, della scoperta dei tradimenti del marito, della sua complicità, dei sospetti che si attira da parte della moglie, della morte dell’amica perché gravemente trattata dal suo amante, del suo ritorno a Parigi. Una breve vicenda questa volta ma simile a tante altre di una scrittrice che dalla sua vita ha ricavato la sua opera, che come in quella anche in questa ha voluto essere diversa, nuova, libera di pensare, dire, fare. Un fenomeno di letteratura e di costume il suo. I suoi scritti e soprattutto la sua figura, la sua vita raggiungeranno molto pubblico. Le sue esibizioni, le sue recitazioni, le sue interpretazioni agiranno sui gusti, sulle scelte, sulle convinzioni, sui comportamenti del momento. Una rivoluzione sarà capace di comportare una donna sola in un mondo che era giunto fino a lei appesantito da tanto passato.
LE CONVERGENZE PARALLELE DELLA SPENDING REVIEW
di Gian Carlo Sacchi
Ormai ci siamo abituati: del governo del sistema dell’istruzione nel nostro Paese non si arriva mai a dare un assetto complessivo quale la Costituzione richiederebbe. In teoria, in una sorta di geometria istituzionale, diversi provvedimenti legislativi lo imporrebbero, in pratica non si da seguito o si inizia da una riva del fiume, lo statalismo, ma non si arriva mai dall’altra, quella delle autonomie, sia scolastiche che territoriali. Si resta sempre a metà del guado ed ogni volta ci si illude, quando una delle due parti prende l’iniziativa, come ad esempio gli Assessori Regionali all’Istruzione sull’applicazione del nuovo, si fa per dire, titolo quinto della carta costituzionale, o la Commissione Istruzione della Camera per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche autonome, ma si viene ben presto smentiti o dall’introduzione delle reti obbligatorie di scuole con competenze legate a doppio filo con quelle dell’attuale amministrazione scolastica o dalla riedizione della tesoreria unica per il controllo della spesa delle scuole stesse, o dalla più recente spending review in cui i risparmi per la pubblica amministrazione ancora una volta determinano tagli lineari mantenendo al centralismo ministeriale il potere gestionale e mettendo in sofferenza la scuola che oltre a non avere risorse non ha nemmeno la possibilità di interagire proficuamente con il proprio territorio. A questo dovrebbe far fronte il federalismo fiscale, ma anche le imposte vengono perlopiù gestite centralisticamente e questo deprime ancora di più regioni ed enti locali ad ingaggiare con il governo una nuova battaglia, quella del servizio formativo, un’altra, rispetto alle già tante ristrettezze culminate nel patto di stabilità.
Ma quello che sorprende ancora di più è l’atteggiamento degli schieramenti politici: una destra che si dice liberale, una sinistra che ha fatto del governo degli enti locali il suo fiore all’occhiello, oggi sostengono il governo, ma la spending review sembra un provvedimento borbonico che non si renda conto che il cambiamento di governance è il più efficace strumento per i vari risparmi. Mantenere gli uffici periferici dell’amministrazione scolastica ad esempio: USR a livello regionale in capo al ministero e USP confluire nei nuovi uffici territoriali del governo, ex prefetture, oltre ad un potenziale conflitto di attribuzioni, crea una sovrapposizione di competenze rispetto alle autonomie scolastiche e territoriali alla quale avrebbe già dovuto porre fine un provvedimento del 1998 sul decentramento statale.
La Corte Costituzionale non perde occasione per ribadire che l’interpretazione della normativa va in senso autonomistico, ma da una parte del fiume si fa finta di non sentire e dall’altra manca la volontà politica di porre mano alla riorganizzazione dei territori ? Ci vuole una nuova stagione di ricostruzione, dopo quella del secondo dopoguerra, nella quale si devono riorganizzare i Comuni, le Province, comprendendo in questo processo gli Istituti Comprensivi e quelli, in un’area più vasta, del secondo ciclo; il tutto anche in relazione ai servizi che già i territori gestiscono sul versante della prima infanzia, della formazione professionale, ecc.
Si pensava di potersi lasciare alle spalle un veterocentrismo politico per assumere un bipolarismo moderno e qualificato, ma così non è ed il veterostatalismo scolastico ne è una prova: cosa dovremo aspettare per compiere un passo avanti in questo caso non solo verso la modernità, ma verso l’Europa alla quale a parole questo governo guarda con tanta considerazione: ma forse, come dice Corradini, la E di economia è più importante della E di educazione.
IL DECLINO DEI POTERI LOCALI?
Con questa affermazione, alla quale, increduli, abbiamo voluto aggiungere un interrogativo, Diamanti su Repubblica (9/7/2012) sostiene che il momento del “trionfo del territorio” appartiene al secolo scorso, anni novanta, in cui si era cercato di spostare il baricentro del Paese verso la periferia, fino ad arrivare, con l’elezione diretta dei sindaci e presidenti di provincia e regione, ad un “presidenzialismo diffuso”. Una repubblica federalista ? Diamanti sostiene che dietro questa trasformazione non c’è un disegno, quello, diciamo noi, che avrebbe dovuto, anche per la scuola, scaturire dalla riforma costituzionale del 2001, confermata da un referendum popolare, ma nella mani di una classe politica (di sinistra e destra) che non ne ha fatto nulla, lasciando governare di fatto la burocrazia ministeriale.
E’ la spending review, come dice Diamanti, il provvedimento con il quale l’attuale governo ha decretato la fine del federalismo all’italiana ? Ribadiamo: senza mai aver provato a realizzarlo! E questo sotto gli occhi dei partiti del territorio. Si è trattato di un federalismo irresponsabile quello che ha moltiplicato le province, oggi drasticamente ridotte (si pensi cosa questo comporterà nella programmazione delle scuole del secondo ciclo e tutte le deleghe regionali su istruzione e formazione professionale, tanto per citare qualche aspetto che manderà in notevole confusione il sistema, mancando la completa autonomia alle scuole stesse), ma perché lo Stato per primo non ha applicato il predetto titolo quinto, decentrando le competenze gestionali, preoccupandosi di definire le norme generali, i principi fondamentali del sistema ed i livelli essenziali delle prestazione per la garanzia dei diritti sociali ? Forse oggi non ci troveremmo a queste sconfortanti conclusioni, avendo avuto la possibilità di premiare (attraverso i costi standard ed i relativi prelievi fiscali) le realtà virtuose e cercando di compensare (sussidiarietà) quelle maggiormente in difficoltà, chiamando perciò i governi locali a rispondere delle loro scelte.
I servizi formativi hanno un governo così detto multilivello, per ambito territoriale tipologia, e se dal 2001, riforma della Costituzione, si fosse affrontato il problema, oggi regioni e comuni sarebbero meno esposti alla logica dei tagli governativi, anziché aver lasciato in capo allo Stato la stragrande maggioranza delle risorse finanziarie. Questo, come accade nei paesi federali, sarebbe stato costretto a tagliare più sui ministeri che non sui territori.
Una legislazione regionale innovativa potrà configurare un effetto misto fra contributi finanziari e servizi di valore analogo o maggiore delle erogazioni monetarie.
Una cosa sulla quale concordiamo con Diamanti è il progressivo indebolimento dei governi locali, senza che, egli afferma, l’opacità del progetto federalista sia compensata da un progetto di riforma dello Stato. Si pensi a quanto sta accadendo (o non sta accadendo) in Parlamento circa le riforme istituzionali, nell’ipotesi di un’ulteriore modifica dell’art. 117 della Costituzione: superando il bicameralismo perfetto ci si verrà a trovare nella condizione che le competenze esclusive dello Stato (istruzione) saranno attribuiti alla Camera e quelle concorrenti (di nuovo istruzione) ed esclusive delle regioni (istruzione e formazione professionale) andranno al Senato. Sarà così ? Il nuovo art. 117 si interesserà solo delle prerogative dei soggetti o interverrà anche sulle modalità ? Sarà un’altra bella sfida, anche parecchio confusa, almeno per ora, ma possiamo già pensare ad un qualche esito gattopardesco. Se si dovrà cedere sovranità nei confronti dell’Europa forse questo cambierà di più le cose.
RIMANE L’AUTONOMIA SCOLASTICA
E’ unanimemente riconosciuto che la scuola sia un presidio territoriale a garanzia del diritto allo studio, sia profondamente inserita nella realtà, quale sapere esperto, dalla quale trae stimolo e nella quale eroga sviluppo. Fa parte di un sistema nazionale, ma con la sua autonomia opera per la crescita delle persone e l’alfabetizzazione culturale e professionale.
Coloro che sono preposti alla programmazione dei servizi di una comunità devono considerare il ruolo specifico di quello formativo, al quale viene affidata la cura degli apprendimenti, lungo tutto l’arco della vita e la valorizzazione del patrimonio culturale (locale e universale); esso, insieme alle altre agenzie formali, non formali ed informali, deve contribuire alle scelte politiche e sociali che riguardano le comunità stesse ai diversi livelli di organizzazione.
Va ribadita e pienamente realizzata l’autonomia degli istituti scolastici:
– sul piano territoriale, le scuole devono potersi autoregolare (come è previsto dalla proposta di legge sulla riforma dei così detti organi collegiali) attraverso un processo partecipato, tra l’indicazione da parte dello Stato dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e il monitoraggio dei risultati,
– sul piano funzionale, entro norme generali/costituzionali dell’istruzione le scuole devono poter organizzare l’offerta formativa mediante una continua interazione con la domanda sociale e le caratteristiche della realtà locale,
– sul piano professionale (stato giuridico del personale stabilito per legge): reclutamento nazionale e gestione locale (organico funzionale di istituto anche per le reti di scuole).
La programmazione è di competenza delle Regioni e degli EELL, mediante la definizione di ambiti territoriali e di reti di scuole, in relazione con i “distretti” socio – sanitari e altri servizi alla persona, le unioni dei comuni e il riordino delle province.
Gli amministratori locali sono talmente abituati a chiedere allo Stato (amministrazione scolastica) che faticano a pensare ad una programmazione dal basso, manifestando dissonanze dovute alle deleghe attribuite a diversi assessorati. Non pensando all’unicità della vocazione formativa i servizi per l’infanzia sono ancora legati al welfare, la scuola ha una sua spesso distratta attenzione e la formazione professionale è nell’orbita del lavoro.
Occorre riprendere una progettualità territoriale, in quanto la spending review prevede che possano essere i comuni, d’intesa con le autonomie scolastiche (DPR 233/1998), a presentare progetti alle regioni, e queste allo stato.
LE AUTONOMIE TERRITORIALI
Tutti i provvedimenti, a cominciare da quelli così detti Bassanini sulla riforma della pubblica amministrazione fino alla spending review che ad essa fa riferimento, dicono che “funzioni fondamentali” dei Comuni e delle loro unioni sono “l’edilizia scolastica, l’organizzazione e gestione dei servizi scolastici, e nella Carta delle Autonomie attualmente in discussione al Senato, vengono compresi anche gli asili nido. Nell’ambito del riordino delle province si parla di programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado. Nella predetta Carta, se non fosse già previsto dal DL.vo 112/1998, si parla di trasferimento delle risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni fondamentali nonché del loro effettivo finanziamento in conformità ai principi e ai criteri di cui alla legge 42/2009 (federassimo fiscale). La spending review ribadisce il concetto di funzioni fondamentali ma non parla più di trasferimenti: le convergenze parallele!
Verso una scuola dai calzoncini corti
di Enrico Maranzana
Il superamento del centralismo e la valorizzazione dell’autonomia delle scuole sono tesi ricorrenti, condivise ma .. solo nominalmente. Situazione resa evidente dalla sovrapposizione dei postulati di molti politici, sindacalisti e commentatori alle loro dichiarazioni ufficiali. Un eloquente esempio è fornito dal regolamento di valutazione del sistema scolastico, benevolmente accolto e senza contestazioni, nonostante prefiguri una scuola eterodiretta.
La dimostrazione dell’assunto avverrà attraverso l’immersione del decreto ministeriale nel sistema di regole in cui vivono le scuole, attribuendo alle parole il significato loro assegnato dalle norme vigenti. L’argomentazione prende avvio dall’incipit del regolamento che, “in particolare”, richiama l’art. 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 che, al comma 610, dichiara di operare “Allo scopo di sostenere AUTONOMIA SCOLASTICA”.
Il DPR 275/99 al comma 2 dell’articolo 1 stabilisce che “l’autonomia scolastica si sostanzia nella PROGETTAZIONE e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE”
L’art. 2 della legge 28 marzo 2003 n. 53 dal titolo “Sistema educativo di istruzione e di formazione” specifica il significato dei termini utilizzati:
la formazione riguarda la promozione di competenze generali “adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”. L’educazione consiste in attività mirate a “sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali”, capacità derivate dai traguardi formativi. L’istruzione garantisce l’unitarietà del servizio facendo convergere tutti gli insegnamenti verso traguardi comuni.
Il DPR 275/99, inoltre, pone la progettualità a fondamento della vita delle scuole. Progettare implica la circostanziata descrizione dei risultati attesi, l’ideazione di itinerari risolutivi, il confronto esiti..obiettivi per capitalizzare le informazioni contenute negli scostamenti rilevati.
Abissale la distanza tra il modello di scuola che il DPR sull’autonomia prefigura e l’art. 6 del regolamento. Il punto a) del comma 1) recita: “autovalutazione – analisi e verifica del proprio servizio sulla base dei dati resi disponibili dal sistema informativo del Ministero, delle rilevazioni sugli apprendimenti e delle elaborazioni sul valore aggiunto restituite dall’Invalsi, oltre a ulteriori elementi significativi integrati dalla stessa scuola“; formulazione che presuppone l’incapacità delle scuole di governare i processi di apprendimento gestendo direttamente le attività di controllo.
In rete è visibile “Coraggio! Organizziamo le scuole” che mostra come affrontare e risolvere il problema, nel rispetto delle regole del gioco.
Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 24 agosto, approva in prima lettura uno schema di DPR relativo al “Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione“, di cui aveva avviato l’esame nella seduta del 10 agosto.
Approvati anche tre decreti presidenziali recanti l’autorizzazione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ad assumere dirigenti scolastici, personale docente, personale tecnico-amministrativo e direttori amministrativi.
Il MIUR annuncia inoltre che è prevista per il 24 settembre la pubblicazione di un bando di concorso, per titoli ed esami, su base regionale, finalizzato alla copertura di 11.892 cattedre nelle scuole statali di ogni ordine e grado, risultanti vacanti e disponibili; altrettanti posti saranno messi a disposizione dal Miur attingendo dalle attuali graduatorie.
Di seguito i comunicati stampa del CdM e del MIUR:
Il Consiglio dei Ministri ha poi esaminato e approvato 4 decreti presidenziali in tema di pubblica istruzione.
Il primo decreto, su proposta del Ministro dell’istruzione, università e ricerca, riguarda l’istituzione e la disciplina del Sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione delle istituzioni scolastiche e formative, comprese le scuole paritarie, definendone finalità, struttura e modalità di funzionamento.
Il Sistema di valutazione si basa sull’attività di collaborazione di tre istituzioni: l’Invalsi (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione), che assume il coordinamento funzionale dell’intera procedura di valutazione; l’Indire (l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che sostiene le scuole nei piani di miglioramento; gli Ispettori, che collaborano nella fase di valutazione esterna delle scuole.
Uno dei perni di questa riforma è costituito dall’autovalutazione delle scuole, determinata sulla base di dati forniti dal sistema informativo del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, dall’Invalsi e dalle stesse scuole. Questa analisi sarà contenuta in un Rapporto di autovalutazione da cui successivamente l’Invalsi desumerà gli indicatori che consentiranno di individuare le istituzioni scolastiche da sottoporre alla valutazione esterna, coordinata dagli ispettori.
In base ai risultati del Rapporto, la scuola definirà un piano di miglioramento avvalendosi anche del sostegno dell’Indire, o della collaborazione con università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali. Gli esiti del procedimento di valutazione non hanno l’obiettivo di sanzionare o premiare, ma intendono rendere pubblico il rendimento della scuola in termini di efficacia formativa. Lo scopo è attivare un processo di miglioramento sistematico e complessivo dell’efficienza e dell’efficacia del servizio, che deve essere mirato soprattutto a innalzare i livelli di apprendimento degli studenti e a dotarli di conoscenze e competenze essenziali per operare scelte consapevoli per il loro futuro. Il sistema permetterà anche di comprendere il valore dell’azione di coordinamento dei dirigenti scolastici.
L’intervento normativo, dalla cui attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, completa il processo di decentramento dell’Amministrazione a favore delle autonomie scolastiche, divenute operative dal 2000, e permette di dotarle di uno strumento di validazione del loro operato, secondo le migliori esperienze internazionali. In quest’ottica, il Sistema di valutazione costituisce una risorsa strategica per orientare le politiche educative alla crescita culturale, sociale ed economica del Paese e per promuovere un esercizio responsabile dell’autonomia da parte di tutte le istituzioni scolastiche e formative. Inoltre, permette di colmare il ritardo che il nostro Paese ha accumulato, rispetto agli altri Paesi europei, perché fornisce una risposta all’impegno preciso richiesto dall’Europa di sostenere, con un programma di ristrutturazione, le scuole che hanno fatto registrare risultati insoddisfacenti.
Il decreto sarà successivamente sottoposto, per i prescritti pareri, al Consiglio nazionale della pubblica istruzione, alla Conferenza unificata, al Consiglio di Stato e alle competenti Commissioni parlamentari. Contemporanemanete all’acquisizione dei pareri degli organi consultivi, si aprirà un percorso di consultazioni e confronto sul testo con gli operatori del mondo della scuola, con le realtà associative rappresentanti i genitori, gli studenti e la società civile, nonché con i sindacati del comparto e con le forze politiche.I successivi tre decreti, su proposta del Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, e su richiesta del Ministro dell’istruzione, università e ricerca, autorizzano il MIUR ad assumere a tempo indeterminato, a partire dall’anno scolastico 2012-2013 dirigenti scolastici, personale docente, personale tecnico-amministrativo e direttori amministrativi.
Le autorizzazioni ad assumere sono il risultato di una programmazione del fabbisogno corrispondente alle effettive esigenze di funzionalità del servizio educativo e scolastico, nell’ottica dell’avvio di una regolare programmazione pluriennale, che dia più certezze e prospettive ai giovani che si affacciano sul mercato del lavoro in questo delicato settore. Le autorizzazioni mirano inoltre ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse del personale dirigenziale, docente e ATA per migliorare il funzionamento e contenere i costi di settore, anche alla luce delle nuove disposizioni di spending review (confronta DL 95/2012).
In particolare, per quanto riguarda il comparto Scuola, le assunzioni di dirigenti scolastici e di docenti e personale educativo – che dovranno essere effettuate entro il 31 agosto 2012, al fine di consentire un ordinato avvio dell’anno scolastico – rientrano nel programma triennale di assunzioni nel comparto scuola 2011-2013 e sono necessarie per garantire le esigenze di funzionalità del servizio scolastico. Le assunzioni riguardano:
– 1.213 unità di dirigenti scolastici;
– 134 trattenimenti in servizio di dirigenti scolastici, solo per l’anno scolastico 2012/2013 (si ricorda che i trattenimenti in servizio sono da considerare, sotto l’aspetto finanziario, assimilabili a nuove assunzioni);
– 21.112 unità di personale docente ed educativo.
Per quanto concerne invece il comparto dell’Alta formazione artistica musicale e coreutica le assunzioni garantiranno le esigenze di funzionalità delle Accademie e dei Conservatori di Musica. Si tratta di:
– 60 docenti di I e II fascia, per incarichi di insegnamento;
– 280 unità di personale tecnico-amministrativo (di cui 149 assistenti amministrativi e 131 coadiutori);
– 3 unità di direttore amministrativo – EP/2 (mobilità intercompartimentale).———————-
Miur, approvati in CdM quattro decreti: Sistema nazionale di valutazione e nuove assunzioni
Nuovo concorso per 11.892 docenti, il primo dal 1999(Roma, 24 agosto 2012) Il Consiglio dei Ministri di oggi ha esaminato e approvato quattro decreti presidenziali in tema di pubblica istruzione, riguardanti il regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione e l’autorizzazione al Miur ad effettuare assunzioni di: dirigenti scolastici, docenti e personale educativo; docenti per le Accademie e i Conservatori di Musica; personale tecnico-amministrativo e tre unità di direttore amministrativo per il settore AFAM.
Queste azioni rientrano nella più ampia e complessiva azione del Miur a favore dell’istruzione e della formazione. Un’azione che si articola anche in: procedure per l’abilitazione nazionale dei docenti universitari, un piano straordinario per l’assunzione di professori universitari associati, reclutamento di docenti della scuola tramite concorso.DPR recante autorizzazione al Miur ad assumere a tempo indeterminato, per l’a.s. 2012 – 2013, 1213 dirigenti scolastici, a trattenere in servizio 134 dirigenti scolastici per l’a.s. 2012/2013, ad assumere 21.112 unità di personale docente ed educativo
Le assunzioni di dirigenti scolastici e di docenti e personale educativo autorizzate dal DPR per l’a.s. 2012/2013 rientrano nel programma triennale di assunzioni nel comparto scuola 2011-2013 per rispondere al fabbisogno corrispondente alle effettive esigenze di funzionalità del servizio scolastico. Tali assunzioni devono essere effettuate entro il 31 agosto 2012 al fine di consentire un ordinato avvio dell’anno scolastico. Con riferimento ai dirigenti scolastici, oltre all’assunzione di 1213 unità (risultati vincitori del recente concorso), sono stati autorizzati 134 trattenimenti in servizio di presidi con 65 anni di età per l’assoluta necessità di coprire i numerosi posti che risulteranno vacanti al 1° settembre 2012.
DPR recante l’autorizzazione al Miur ad assumere 60 docenti di I e II fascia per le Accademie e i Conservatori di Musica
Le assunzioni di docenti di I e II fascia autorizzate dal DPR per l’anno accademico 2012/2013 rispondono al fabbisogno corrispondente alle effettive esigenze di funzionalità del sistema dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica. Infatti, alla data del 1° novembre 2012 cesseranno dal servizio 214 docenti di prima e seconda fascia. Rispetto a queste nuove vacanze di organico 60 posti saranno ricoperti con l’assunzione autorizzata dal DPR dei docenti iscritti nelle graduatorie nazionali; le restanti cattedre vacanti saranno attribuite con incarichi a tempo determinato annuale.
DPR recante l’autorizzazione al Miur – Direzione generale per l’Alta formaziona artistica, musicale e coreutica, ad assumere 280 unità di personale tecnico –amministrativo (149 assistenti amministrativi e 131 coadiutori) e 3 unità di direttore amministrativo – EP/2 a seguito di mobilità intercompartimentale
Le assunzioni del personale tecnico – amministrativo e delle unità di direttore amministrativo autorizzate dal DPR per l’anno accademico 2012/2013 rispondono all’esigenza di garantire un corretto avvio dell’anno accademico per le Accademie e i Conservatori. Infatti, le assunzioni autorizzate servono a coprire quota parte delle vacanze di organico che si determineranno a seguito di cessazioni dal servizio del personale al 1° novembre 2012.
DPR recante regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione
Questo DPR, proposto del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, riguarda l’istituzione e la disciplina del Sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione delle istituzioni scolastiche e formative, comprese le scuole paritarie, definendone finalità, struttura e modalità di funzionamento, in linea con le migliori prassi internazionali.
Il Sistema di valutazione si basa sull’attività di collaborazione di tre istituzioni: l’Invalsi (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione), che assume il coordinamento funzionale dell’intera procedura di valutazione; l’Indire (l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che sostiene le scuole nei piani di miglioramento; gli Ispettori, che collaborano nella fase di valutazione esterna delle scuole.
Uno dei perni di questa riforma è costituito dall’autovalutazione delle scuole, determinata sulla base di dati forniti dal sistema informativo del Ministero dell’istruzione, università e ricerca, dall’Invalsi e dalle stesse scuole. Questa analisi sarà contenuta in un Rapporto di autovalutazione da cui successivamente l’Invalsi desumerà gli indicatori che consentiranno di individuare le istituzioni scolastiche da sottoporre alla valutazione esterna, coordinata dagli ispettori.
In base ai risultati del Rapporto, la scuola definirà un piano di miglioramento avvalendosi anche del sostegno dell’Indire, o della collaborazione con università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali. Gli esiti del procedimento di valutazione non hanno l’obiettivo di sanzionare o premiare ma intendono rendere pubblico il rendimento della scuola in termini di efficacia formativa. Lo scopo è attivare un processo di miglioramento sistematico e complessivo dell’efficienza e dell’efficacia del servizio, che deve essere mirato soprattutto a innalzare i livelli di apprendimento degli studenti e a dotarli di conoscenze e competenze essenziali per operare scelte consapevoli per il loro futuro. Il sistema permetterà anche di comprendere il valore dell’azione di coordinamento dei dirigenti scolastici.
L’intervento normativo, dalla cui attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, completa il processo di decentramento dell’Amministrazione a favore delle autonomie scolastiche, divenute operative dal 2000, e permette di dotarle di uno strumento di validazione del loro operato. In quest’ottica, il Sistema di valutazione costituisce una risorsa strategica per orientare le politiche educative alla crescita culturale, sociale ed economica del Paese e per promuovere un esercizio responsabile dell’autonomia da parte di tutte le istituzioni scolastiche e formative. Inoltre, permette di colmare il ritardo che il nostro Paese ha accumulato rispetto agli altri Paesi europei, perché fornisce una risposta all’impegno preciso richiesto dall’Europa di sostenere, con un programma di ristrutturazione, le scuole che hanno fatto registrare risultati insoddisfacenti.
Il decreto sarà successivamente sottoposto, per i prescritti pareri, al Consiglio nazionale della pubblica istruzione, alla Conferenza unificata, al Consiglio di Stato e alle competenti Commissioni parlamentari. Contemporaneamente all’acquisizione dei pareri degli organi consultivi, si aprirà un percorso di consultazioni e confronto sul testo con gli operatori del mondo della scuola, con le realtà associative rappresentanti i genitori, gli studenti e la società civile, nonché con i sindacati del comparto e con le forze politiche.Procedure abilitazione nazionale docenti universitari
Dopo l’emanazione dei due bandi per la formazione delle commissioni nazionali per l’abilitazione al ruolo di professore di I e II fascia e per i candidati, si avvicinano le prime scadenze per l’avvio dell’operatività delle procedure: 1) il 28 agosto scadranno i termini per la presentazione da parte dei professori ordinari in servizio presso le Università italiane delle candidature a far parte delle commissioni nazionali; 2) il 3 settembre scadranno i termini per l’eventuale ritiro della candidatura. Si tratta complessivamente di 184 commissioni nazionali che saranno formate a seguito dell’accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari da parte dell’ANVUR e successivo sorteggio nell’ambito delle liste di idonei formate per ciascun settore concorsuale. Per quanto riguarda i candidati sarà possibile presentare la domanda entro il 20 novembre attraverso la procedura telematica predisposta dal Ministero e accessibile dal sito dedicato all’abilitazione nazionale.
Piano straordinario di assunzione professori universitari associati
Per l’anno in corso si prevede l’assegnazione agli atenei della seconda tranche di risorse destinate alla chiamata di professori di II fascia per un importo di 15 milioni di euro relativo al 2012 pari ad una spesa annua a regime di 90 milioni di euro. Tali risorse consentiranno l’assunzione di un numero di professori di II fascia compreso tra 2.500 e 3.000. Si ricorda che l’assegnazione della tranche 2012 sarà ripartita tra tutte le università statali con perequazione per quelle che sono state escluse dal riparto dell’anno 2011. Il Decreto di riparto terrà inoltre conto dei risultati della didattica e della ricerca di ogni università e del grado di virtuosità relativo alla spesa del personale. Il decreto di assegnazione delle risorse predisposto dal Miur di concerto con il Mef sarà sottoposto per il previsto parere delle competenti commissioni parlamentari agli inizi del mese di settembre.
Reclutamento docenti della scuola tramite procedura concorsuale
E’ prevista per il 24 settembre la pubblicazione di un bando di concorso, per titoli ed esami, su base regionale, finalizzato alla copertura di 11.892 cattedre nelle scuole statali di ogni ordine e grado, risultanti vacanti e disponibili; altrettanti posti saranno messi a disposizione dal Miur attingendo dalle attuali graduatorie. La procedura concorsuale avverrà secondo modalità innovative per favorire l’ingresso nella scuola di insegnanti giovani, capaci e meritevoli. Visto l’elevato numero di potenziali candidati, vi sarà una prova selettiva da svolgersi alla fine di ottobre, su una batteria di test uguale per tutte le classi di concorso. A gennaio sarà svolta la prova scritta (consistente anche in una prova strutturata di verifica delle competenze disciplinari), in modo da avere i tempi per svolgere la prova orale (con l’inserimento di una simulazione di una lezione per verificare l’abilità didattica) e pubblicare le graduatorie in tempo utile per l’immissione in ruolo per l’a.s. 2013/2014. A questo primo bando seguirà un secondo entro maggio 2013, disciplinato dalle nuove regole di reclutamento, attualmente in fase di preparazione.
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