Contenzioso retributivo

L’Anp avvia il contenzioso retributivo

Un’ampia gamma di azioni in campo

Avevamo già dato notizia della nostra intenzione di promuovere in autunno alcuni ricorsi-pilota sulla questione della perequazione retributiva interna fra i dirigenti scolastici. La materia è stata studiata in modo approfondito dai nostri consulenti legali e siamo adesso in grado di presentare un articolato programma di azioni.

Va subito detto che la retribuzione dei dirigenti scolastici è diventata nel tempo una sorta di ginepraio di difficile lettura. Dopo che l’Ufficio Centrale di Bilancio ha bloccato la registrazione dei contratti integrativi regionali relativi al 2012-2013, ogni USR si è mosso per proprio conto, adottando le soluzioni più diverse (e tutte illegittime) per “auto tutelarsi” a spese dei dirigenti. Il risultato è che alla mancata perequazione esterna (verso gli altri dirigenti) ed interna (fra gli stessi dirigenti delle scuole) si è venuta ad aggiungere una terza sperequazione territoriale, per effetto della quale la retribuzione varia – ed anche di molto – da una regione all’altra, a parità di fascia di complessità dell’istituzione scolastica.

Il nostro primo sforzo è stato quindi quello di “censire” le diverse situazioni esistenti e poi di raggrupparle per analogie e differenze. Il risultato è stato quello di identificare quattro diverse tipologie di criticità, per ognuna delle quali il nostro studio legale ha messo a punto un distinto approccio:

– mancato o incompleto pagamento della retribuzione di posizione parte variabile (riguarda i dirigenti assunti a partire dal 2012 in alcune regioni – in alcune province della Sardegna riguarda tutti);

– mancato o incompleto pagamento della retribuzione di risultato (riguarda molte regioni);

– mancato pagamento dell’indennità di reggenza parte variabile (in qualche regione anche la parte fissa): riguarda quasi tutte le regioni meno Abruzzo, Lazio, Molise, Puglia e Toscana;

– perequazione interna: riguarda tutti i dirigenti assunti a partire dal 2007 per effetto di concorso ordinario, che non percepiscono né la RIA né l’assegno ad personam.

Le prime tre situazioni – pur nella loro diversità – sono accomunate da una caratteristica: si tratta della mancata corresponsione di un compenso contrattualmente dovuto a fronte di una prestazione già resa. Queste situazioni non dovrebbero richiedere una vera e propria causa di lavoro, in quanto il corrispettivo è noto e si è solo in presenza di un inadempimento del debitore (l’Amministrazione). Si è quindi deciso di procedere tramite una diffida ad adempiere, seguita – se del caso – da un decreto ingiuntivo. I colleghi interessati sono tutti stati contattati via e-mail ed invitati a presentare la documentazione necessaria, con il supporto della nostra rete provinciale ed il coordinamento della sede nazionale. La prima fase è a totale carico dell’Anp. Se si renderà necessario ricorrere ai decreti ingiuntivi, sarà richiesto un contributo alle spese.

La quarta situazione è la più critica, in quanto il diritto alla perequazione è di natura equitativa, ma non sancito da una norma positiva. D’altro canto, il protrarsi sine die della moratoria contrattuale impone l’obbligo di praticare l’unica via rimasta, che è quella del ricorso ai tribunali del Lavoro.

Come è noto, la giurisprudenza in materia è lungi dall’essere ad oggi consolidata. Ci sono, a nostra conoscenza, solo quattro sentenze favorevoli ai ricorrenti a fronte di numerose altre contrarie: tuttavia vale la pena di avviare comunque dei ricorsi-pilota, per cercare di estendere il numero delle pronunce positive.

Sono stati quindi individuati quattro Tribunali del Lavoro, sulla base di considerazioni tecnico-legali sviluppate dai nostri consulenti. Queste sedi sono quelle di Torino, Varese, Velletri e Taranto.

In ciascuno di questi territori, tutti i colleghi dirigenti assunti per concorso ordinario sono stati invitati a presentare la documentazione necessaria tramite le nostre strutture provinciali. Tutta l’attività di predisposizione, presentazione e gestione del ricorso sarà gestita dalla sede nazionale Anp.

Questo insieme di azioni comporta la gestione di diverse decine (potenzialmente, diverse centinaia) di vertenze nei prossimi mesi, senza ovviamente la garanzia di un esito positivo in tutti i casi. Fra l’altro, nel caso della vertenza più complessa (quella relativa alla perequazione), diamo per scontato che l’eventuale sentenza favorevole di primo grado sarà sicuramente appellata dall’Amministrazione: con ulteriori costi e il dilatarsi dei tempi.

Non riteniamo quindi utile, né materialmente possibile, allargare ulteriormente il campo, almeno nell’immediato. E’ ovvio che l’esito positivo di quante più azioni possibile fra quelle proposte, oltre a portare benefici economici per i singoli, allargherà e consoliderà le basi per promuovere iniziative analoghe in favore degli altri.

La visione che abbiamo del ruolo ci porta – come ci ha sempre portato – a rifiutare la logica dell’egoismo, cioè della ricerca del beneficio individuale a scapito dei colleghi. In una corsa disordinata di tutti a tentare la sorte per conto proprio abbiamo tutti da perdere: i singoli sul piano economico, la categoria qualora dovessero moltiplicarsi le sentenze sfavorevoli, favorite dalla scelta non meditata delle sedi giudiziarie e dall’improvvisazione nella scelta delle strategie processuali. Siamo convinti che una gestione razionale e progressiva dell’insieme delle azioni necessarie costituisca l’approccio in grado di produrre i migliori frutti.

30 settembre DEF, Assunzioni e CCNL DSGA in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 30 settembre, esamina la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF), approva l’assunzione di personale nel settore Istruzione ed esprime parere favorevole sull’ipotesi di CCNL per il riconoscimento di una speciale indennità ai DSGA.

NOTA DI AGGIORNAMENTO AL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha illustrato al Consiglio le linee direttrici della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF), previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica. La Nota è stata condivisa dal Consiglio e verrà presentata al Parlamento per le deliberazioni conseguenti.

La Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza aggiorna il quadro macroeconomico rispetto ai dati dello scorso aprile e fornisce indicazioni sulle tendenze e gli obiettivi di finanza pubblica.

Il quadro macroeconomico è stato rivisto in linea con le recenti tendenze negative dell’economia. La stima aggiornata del tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo del 2014 (-0,3% rispetto al 2013) indica che l’Italia è ancora in recessione. In questo quadro il deficit si attesterà al 3% del PIL per il terzo anno di fila.

Il quadro programmatico predisposto dal Governo, da perseguire con gli interventi e le politiche che saranno iscritti nella Legge di Stabilità, stima per il 2015 l’uscita dalla recessione e una crescita del PIL pari a +0,6% sul 2014; il rapporto deficit/PIL in calo a 2,9% (-0,1 punti percentuali rispetto al 2014); la disoccupazione in calo al 12,5%. Il rapporto tra debito pubblico e Pil è previsto al 131,6% per il 2014 e al 133,4% per il 2015.

Tra gli obiettivi programmatici del Governo per il 2015 è presente un aggiustamento del deficit strutturale pari a circa un decimo di punto percentuale rispetto al 2014. Il rallentamento del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine (MTO) – che verrà raggiunto nel 2017 – è compatibile con la flessibilità prevista dalle regole dell’Unione Europea, che contemplano la possibilità di deviazioni temporanee in presenza di riforme capaci di migliorare strutturalmente la competitività del paese e qualora si verifichi la circostanza di un severo peggioramento dell’economia (art. 5 del Council regulation 1466/97 del 7 luglio 1997 e art. 3 e 6 della L. 243/2012).

(…)

ASSUNZIONE DI PERSONALE DEL SETTORE ISTRUZIONE
Su proposta del Ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, il Consiglio ha approvato il decreto presidenziale che autorizza il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ad assumere a tempo indeterminato, per l’anno accademico 2013/2014, 23 unità di direttore di ragioneria e di biblioteca e 3 unità di collaboratore, nonché a trattenere in servizio 3 coadiutori e 1 assistente amministrativo e, per l’anno accademico 2014/2015, 10 unità di direttore di ragioneria e di biblioteca e 3 unità nel profilo di collaboratore, a norma dell’articolo 39, commi 3 e 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

CONTRATTO COLLETTIVO NEL SETTORE ISTRUZIONE
Il Consiglio ha autorizzato il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ad esprimere il parere favorevole del Governo sull’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro per il riconoscimento di una speciale indennità ai Direttori dei servizi generali ed amministrativi delle istituzioni scolastiche (DSGA). L’ipotesi di contratto riconosce, per gli anni scolastici 2012-2013 e 2013-2014, un’indennità accessoria ai Direttori dei servizi generali ed amministrativi delle istituzioni scolastiche (DSGA) che abbiano ricoperto (o coprano nel restante periodo su cui interviene il CCNL) posti assegnati in comune con più istituzioni scolastiche, in conseguenza delle misure di razionalizzazione della rete scolastica prevista dall’articolo 19 del DL n. 98/2011. L’intervento contrattuale è finanziato con il 10% dei risparmi ottenuti tramite le misure di razionalizzazione delle sedi scolastiche previste dalla predetta norma.

Scuola dell’infanzia, Cenerentola dell’istruzione anche per Renzi

da Il Fatto Quotidiano

Scuola dell’infanzia, Cenerentola dell’istruzione anche per Renzi

Ogni volta che guardo le maestre della scuola dell’infanzia al lavoro con i più piccoli mi chiedo come possa l’Italia continuare a non capire che la culla dell’istruzione è quella. Non capisco come queste insegnanti che hanno il delicato compito di costruire con le famiglie le fondamenta dei futuri cittadini, non debbano essere considerate alla stregua di un docente universitario. E non sto pensando solo alla questione stipendio che, a mio avviso, andrebbe comunque equiparato visto il delicato compito delle maestre! La scuola dell’infanzia o materna (come preferite chiamarla), nel nostro Paese, resta la Cenerentola dell’istruzione. Lo ha capito bene il Coordinamento nazionale per le politiche dell’infanzia e della sua scuola che ha registrato la mancanza di riferimenti e misure organiche destinate alla scuola dell’infanzia nel programma “La Buona Scuola” del Governo Renzi.

Prendete in mano le 136 pagine proclamate dal premier: la parola “infanzia” è citata solo tredici volte. Di queste tredici solo due passi riguardano il futuro di queste scuole. A pagina 99 a proposito di organizzazione del sistema d’istruzione si fa riferimento ad un organico funzionale che aiuterà una “reale integrazione verticale”: “parte dei docenti dell’organico funzionale potranno essere impiegati per affrontare uno dei punti deboli del nostro sistema: gli snodi di passaggio, in particolare quelli tra la scuola dell’infanzia ed elementare e ancor più elementare e media”. Finalmente! Anche perché finora i progetti di continuità didattica tra la scuola dell’infanzia e la primaria sono inconsistenti, basati sulla buona volontà dei docenti, privi di professionalità nella maggior parte dei casi.

Altro accenno, nelle 136 pagine, per quanto riguarda la possibilità di inserire l’apprendimento della lingua inglese fin dalla scuola dell’infanzia. “La scelta operata nella Buona Scuola – afferma il Coordinamento – ignora che la scuola dell’infanzia italiana costituisce un presidio di avanguardia e di continua innovazione di modelli organizzativi e didattici a cui gli altri paesi guardano con ammirazione e rispetto”. Non c’è un’idea in più, c’è un’assenza di progettualità su questa parte del sistema d’istruzione che necessita non solo di un investimento economico ma di un marcato interesse da parte di chi Governa: chi lavora ogni giorno con i bambini dai 3 ai 6 anni necessita di formazione, di sostegno.

Il nodo dell’infanzia resta il più importante anche solo in termini numerici: il 92% dei bambini di 3 anni di età è iscritto alla scuola dell’infanzia (preprimaria), rispetto alla media del 70% per l’area dell’Ocse. I tassi d’iscrizione crescono fino a raggiungere il 96% per i bambini che hanno compiuto 4 anni. Tali tassi sono tra i più alti osservati nei Paesi dell’Ocse, simili a quelli rilevati in Germania, Spagna e Regno Unito. Eppure attualmente vengono seguite le “Indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia 2012“, che fanno riferimento sia agli Orientamenti del 1991, sia alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 (pur non essendo una scuola dell’obbligo), in un’ottica globale di scuola. Dietro ai “Campi d’esperienza” si delineano i saperi disciplinari. Forse avremmo bisogno di nuovi Orientamenti, di avere un progetto profetico per la nostra scuola dell’infanzia. Vale la pena citare il rapporto sull’Infanzia elaborato da Save The Children: “Investire nella prima infanzia conviene, si traduce, per esempio, in benefici immediati sulle competenze di lettura dei più piccoli. Guardando i test Pisa e facendo un confronto l’Italia è negli ultimi posti in classifica”. Dobbiamo inevitabilmente chiederci il perché?

Infine due parole rispetto agli investimenti: nonostante l’Italia resti uno dei Paesi che investe meno in istruzione, l’infanzia e la primaria sono le scuole alle quali è rivolta maggiore attenzione in termini di contributi. In Italia, il 70% degli alunni è iscritto nelle istituzioni pubbliche dell’istruzione preprimaria, il 30% rimanente è iscritto presso istituti indipendenti privati. La spesa per studente nella scuola preprimaria pubblica ammonta a 7868 dollari statunitensi, lievemente superiore alla media dell’area Ocse che si attesta a 7428 dollari statunitensi per studente. Ciò che manca è la progettualità: investiamo senza avere un’idea, senza sapere orientare la bussola.

Per l’offerta formativa pronti solo 19 milioni di euro

da Il Sole 24 Ore

Per l’offerta formativa pronti  solo 19 milioni di euro

di Claudio Tucci

Il taglio dei fondi all’offerta formativa

Quest’anno le scuole riceveranno appena 19 milioni di euro per il potenziamento dell’offerta formativa. Lo scorso anno questo “tesoretto”, introdotto nel 1997 con la legge 440 per rafforzare l’autonomia progettuale degli istituti, valeva 78 milioni. Nel 2012 circa 93 milioni, e così a ritroso fino all’anno di inizio delle erogazioni dei fondi, il 1999, quando le risorse a disposizione delle scuole toccavano addirittura quota 345,6 milioni di euro (convertendo in euro la cifra originaria espressa in lire). Praticamente nel giro di 16 anni il finanziamento alla legge 440 si è di fatto prosciugato.

Dimezzati i fondi per l’alternanza scuola-lavoro

Una grave perdita per gli istituti visto che stiamo parlando di risorse che vengono spese per far fronte ai diversi bisogni degli alunni disabili, per la formazione dei docenti, per programmare interventi contro l’abbandono e la dispersione scolastica, per organizzare l’alternanza scuola-lavoro alle superiori. Quest’ultima voce è, per così dire, emblematica della situazione: nel 2013 poteva contare su 21 milioni, una cifra più o meno stabile nel tempo. Quest’anno, invece, arriveranno appena 11 milioni (dei 19 milioni totali) e con questi fondi si riuscirà a mala pena a coprire le ore obbligatorie di alternanza negli istituti professionali. E nei tecnici? A queste scuole, per ora, rimane solo la promessa contenuta nel dossier «La Buona Scuola» di Matteo Renzi di un impegno del governo a mettere sul piatto 100 milioni di euro l’anno per rendere obbligatorie 200 ore di alternanza scuola-lavoro nell’ultimo triennio (oggi sono circa 100 ore). Una promessa non da poco conto, visto il livello attuale di soldi a disposizione degli istituti (l’unica speranza sono le risorse in più che usciranno dalla spending review e verranno inserite in legge di Stabilità).

Pozzo di san Patrizio

Ma come è stato possibile arrivare al quasi azzeramento della legge 440? Perchè negli anni i vari governi hanno sempre utilizzato questi soldi come un “pozzo di san Patrizio” a cui attingere. Diversi gli esempi. Nel 2010 mancavano le risorse per rifinanziare le missioni internazionali o serviva far recuperare ad Anas lo stop al caro pedaggi: si è “pescato” dalla legge 440. Dal 2013 a quest’anno c’è stato un calo di 59 milioni (da 78 a 19 milioni). Beh: 39 milioni sono stati utilizzati per recuperare le posizioni economiche Ata e altri 20 milioni sono serviti per affrontare il problema dei circa 11mila esuberi di addetti alle pulizie delle scuole (ex Lsu). Tutte motivazioni urgenti ma che hanno tolto risorse destinate agli alunni. «Un peccato – ha commentato Noemi Ranieri della Uil Scuola – perchè gli istituti avevano dimostrato di saper fare buon uso di questi fondi. È chiaro che ora parlare di autonomia e sostegno alla didattica ha sempre meno senso».

Cancellate le supplenze brevi

da ItaliaOggi

Cancellate le supplenze brevi

SPENDING REVIEW/Dal 2015 ci penseranno i 150 mila assunti con l’organico funzionale

Alessandra Ricciardi

In fondo era tutto scritto nella Buona scuola. Il piano di riforma aveva già alle spalle il lavoro di Spending review che sta per essere definito in questi giorni tra viale Trastevere e via XX Settembre. E che, tra istruzione, università e ricerca, frutterà circa 900 milioni di tagli.

Esclusi gli interventi sui consumi intermedi, le macro misure rispondono all’impianto della nuova scuola che andrà a regime, stando al cronoprogramma fissato dal premier Matteo Renzi, da settembre 2015. Con l’immissione in ruolo dei circa 150 mila insegnanti delle graduatorie ad esaurimento ci sarà una disponibilità di personale in eccesso rispetto alle piante organiche, è il ragionamento, e questo consentirà di realizzare quell’organico funzionale utile anche a fare le sostituzioni. E così nella spending review figura l’eliminazione delle supplenze brevi di un giorno per i docenti e fino a 7 giorni per il personale ausiliario, tecnico e amministrativo. Visto che si parte il prossimo settembre, e non a gennaio 2015 come avrebbe voluto il Mef, i risparmi sono di 30 milioni nel 2015 che poi salgono a 77 nel successivo.

Intervenire su tutte le supplenze brevi porterebbe a un risparmio di 600 milioni di euro annui. Ma per farlo si attende di mandare al regime il nuovo organico, per testarne margini e potenzialità.

La Buona scuola prevede solo assunzioni di docenti, un’anomalia quella dimenticanza del personale ausiliario, tecnico ed amministrativo che trova spiegazione sempre nel piano di Spending review: gli 8 mila posti Ata senza titolare, di cui 3 mila a causa dei pensionamenti, non saranno coperti perché cancellati. Si punta sulla digitalizzazione delle segreterie scolastiche che dovrebbe consentire di recuperare in termini di efficienza il servizio, senza intaccare dunque l’organico degli ausiliari che fanno sorveglianza e che diventano figure ancora più necessarie con il progetto dell’apertura pomeridiana degli istituti. In tal senso, la ministra dell’istruzione Stefania Giannini è decisa a chiedere nella legge di Stabilità una contropartita finanziaria per la digitalizzazione. Nel piano non dovrebbe esserci una nuova stretta sulla dimensione minima degli istituti scolastici che danno diritto all’assegnazione di un dirigente e di un direttore dei servizi: oggi il paletto è a 600 alunni iscritti.

Confermato invece l’intervento sugli esami di stato: via i commissari esterni, salvo il presidente, per un risparmio di circa 100 milioni di euro. La notizia dei nuovi interventi ha messo in allarme i sindacati. «Si tolgano risorse da sprechi e privilegi e vengano destinate all’istruzione. Questa è la spending review che serve», dichiara Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola, «siamo al penultimo posto per livello di spesa pubblica destinata all’istruzione. Dopo di noi solo la Romania. Non si può immaginare un’altra legge di stabilità fatta di tagli lineari». Nessun taglio, è la replica di Francesca Puglisi, responsabile scuola nella segreteria Pd, «noi siamo il governo degli investimenti nella scuola». Ma la difesa non convince. «Che sia il premier a smentire, le misure di cui si parla vanno in senso diametralmente opposto ai bisogni delle nostre scuole«, dice Francesco Scrima, segretario Cisl scuola. «Il Miur si appresta a ridurre anche le risorse degli enti di ricerca e il fondo ordinario dell’università per finanziare le assunzioni nella scuola, uno cambio inaccettabile», attacca Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil.

Le bocciature costano quasi un miliardo. Ma servono?

da ItaliaOggi

Le bocciature costano quasi un miliardo. Ma servono?

Dibattito- dilagano in europa i dubbi sui benefici delle ripetenze: diffuse dove le performance sono peggiori

Giovanni Scancarello

Un miliardo. A tanto ammonta il risparmio che potrebbe essere subito investito sulla scuola, abolendo le ripetenze. In disarmo quasi dappertutto, i dati Miur evidenziano la tendenza degli ultimi anni alla diminuzione delle non ammissioni alle classi successive e all’aumento degli ammessi agli esami di Stato. All’estero non si contano quasi più i Paesi che non vi ricorrono, se non in casi eccezionali, ed è significativo come anche in Francia, Paese che ha fatto della ripetenza una bandiera, si stia tendando di abolirla. Quest’estate ha fatto discutere la proposta di decreto del Consiglio superiore dell’educazione francese che prevedrebbe che la ripetenza non possa essere disposta se non con il consenso delle famiglie, oltre che per il superamento del monte ore massimo di assenza. A Parigi calcolano che con la fine delle bocciature si risparmierebbero circa 2 mld di euro all’anno. Sulla questione è già intervenuto lo Snalc-Fgaf, uno dei principali sindacati dei docenti francesi, che contesta l’illegittimità della proposta ritenuta invasiva dei poteri del consiglio di classe, anche se non la pensano allo stesso modo altri sindacati, come Sgen Cfdt. Najat Vallaud-Belkacem, ministro dell’educazione francese, è tornata anche in questi giorni a sostenere la proposta di abolizione. Se non sarà facile che passi subito, di sicuro c’è che la rottamazione della redoublement in Francia è già iniziata. La bocciatura, che nel confronto internazionale, studiato soprattutto dall’Ocse, è correlata statisticamente con i Paesi con tassi di equità educativa più bassi e con le performance di apprendimento peggiori, rischia di rappresentare un costo economico ed umano non più sostenibile di questi tempi.

Della sua inefficacia pedagogica si sa già da tempo. Se ne sono occupati tra gli altri Holmes e Matthews (1984), Jimerson (2001), Roderick e Nagaoka (2005). Secondo uno studio dello statunitense National Center for Education Statistics (2006) gli studenti respinti rischiano 5 volte di più degli studenti promossi di finire nel girone dei drop out. Dato confermato anche da Jacob e Lefgren nel 2007. In Finlandia, ad esempio, premiare il merito non significa accontentarsi di sanzionare chi non studia, mentre la deterrenza educativa rappresentata dalla ripetenza è stata tradotta in positivo attraverso la didattica modulare, per cui uno studente non rischia di finire fuori corso di un anno, ma, se carente, ripete il modulo che ha durata più limitata, circa sette settimane. Nei Paesi Ocse il numero di studenti che ha ripetuto una classe è diminuito, specie nei Paesi che finora hanno registrato livelli molto alti di ripetenti. Per esempio, nel 2003, la Francia registrava un’incidenza della bocciatura del 39%, diminuito tra il 2003 e il 2012 al 28%. In Italia il 17% degli studenti quindicenni ha ripetuto almeno un anno scolastico, rispetto a una media Ocse del 12%. Tra il 2003 e il 2012, la percentuale di studenti che ha dichiarato di aver ripetuto almeno un anno scolastico è aumentata di 2 punti percentuali, anche se negli ultimi due anni abbiamo invertito la tendenza. Anche se di poco. Da noi il costo delle bocciature rappresenta il 6,7% della spesa annua nazionale per l’istruzione primaria e secondaria. Secondo il rapporto scuola in cifre 2009 – 2010 del Miur, un anno di ripetenza costa l’8,4% in più nella scuola media, il 7,2% ai professonali.

Secondo l’Istat la ripetenza si concentra soprattutto tra prima e seconda superiore (19,1% del totale degli studenti). Se proviamo a fare un conto incrociando dati Miur, Istat e Ocse, considerato che i giovani che ripetono l’anno nelle scuole secondarie di secondo grado sono mediamente il 6,3% degli iscritti (di cui il 7,9% sono maschi, il 4,5% femmine – fonte: Annuario Istat 2013), considerata una popolazione scolastica di 1.787.467 unità (a.s. 2010/11), che la media è di 20,9 alunni per classe, azzerando le ripetenze si genererebbe un risparmio di 5.388 classi all’anno. Se poi si calcola che secondo i dati Ocse il costo di un alunno delle secondarie è di circa 8.500 dollari l’anno, si potrebbe risparmiare qualcosa come 957.188.578,50 dollari all’anno. Siamo comunque nell’ordine di potenziali risparmi a nove zeri, tanto che nel 2007 fu calcolato dal Miur che la sola riduzione del 10% delle ripetenze nel primo biennio delle superiori avrebbe prodotto un risparmio intorno ai 56 milioni di euro all’anno. Da allora sono già passati sette anni, ma siamo ancora qui a contare i caduti. I soldi per salvarli potrebbero arrivare proprio dalla fine delle ripetenze. Per altro l’Istat fa presente che siamo di fronte ad un periodo caratterizzato da calo demografico delle femmine e aumento dei maschi, «il cui numero di iscritti, avverte, viene incrementato annualmente da ripetenze più frequenti rispetto a quelle che si registrano tra le studentesse». C’è da chiedersi, dunque, per quanto tempo ancora potrà tenersi in piedi questo stato di cose, soprattutto se pensiamo ai benchmark di Europa 2020 e ai traguardi del successo formativo e della riduzione della dispersione che, per l’Italia, sembrano sempre più lontani.

Riforme, nell’audizione Giannini rimane “abbottonata”

da La Tecnica della Scuola

Riforme, nell’audizione Giannini rimane “abbottonata”

Interpellato il 30 settembre in Commissione Cultura alla Camera sui prossimi importanti provvedimenti che il Governo avrebbe intenzione di attuare – come l’organico funzionale, la cancellazione dei membri esterni e la riforma degli esami di maturità, le immissioni in ruolo anche da II fascia dalle graduatorie d’istituto – il Ministro ha preso tempo.

Intanto si è detto preoccupato per il crescere del numero di alunni disabili e ha fornito i dati aggiornati sulla ‘La Buona Scuola’: 248mila contatti, decine di migliaia di proposte. Sull’avvio del nuovo anno: regolare, ridotto leggermente in numero medio di alunni per classe, quasi 1.700 classi in più e +2% di tempo pieno.

È rimasto deluso che si aspettava informazioni e novità in arrivo nel corso dell’audizione del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, tenuta il 30 settembre in Commissione Cultura alla Camera ed iniziata con tre quarti d’ora di ritardo. Alle tante domande dei Deputati sui prossimi importanti provvedimenti che il Governo avrebbe intenzione di attuare, proprio a causa del poco tempo a disposizione (solo un’ora in totale), il Ministro di fatto non ha risposto. Riservandosi di dare indicazioni in merito successivamente, forse già la prossima settimana quando il confronto in Commissione dovrebbe ripetersi.

Giannini si è soffermata, nella sua relazione introduttiva, invece, su altri aspetti. Come quello del crescente numero di allievi con problemi di apprendimento. “Un dato che preoccupa un po’ – ha detto – è l’aumento, sia pur lieve, degli alunni disabili, concentrato soprattutto al Sud. Ho notato – aggiunto – che la disabilità si concentra non solo per aree geografiche ma anche per tipologia di alunni. C’è il sospetto che talvolta la disabilità coincida con una difficoltà di integrazione, principalmente linguistica ma non solo”.

A proposito della partecipazione dei cittadini al dibattuto sulle linee guida, attraverso il sito internet La Buona Scuola, il responsabile del Miur ha detto che ad oggi sono 248.000 i contatti diretti. “nella sezione questionario – ha spiegato – ci sono decine di migliaia di proposte e poi qualche centinaio di proposte autonome. C’è una soddisfazione quantitativa elevata. Ci auguriamo – ha sottolineato ancora il Ministro – che il lavoro dei parlamentari possa alimentare il dibattito”.

Per quanto riguarda l’avvio dell’anno scolastico, Giannini ha assicurato che “è iniziato regolarmente e nel rispetto dei tempi previsti”, aggiungendo che si registra un aumento di 1.659 classi. “Ne consegue – ha spiegato – una diminuzione del rapporto complessivo alunni-classi: da 21,5 dello scorso anno a 21,4 di quest’anno. E dunque le classi sono costituite da un numero inferiore di alunni rispetto all’anno precedente, in particolare per quanto riguarda Infanzia, Primaria e secondaria 1°grado”.

Il Ministro ha ricordato che dal primo settembre sono state effettuate 21.653 nomine in ruolo di docenti di cui 9.148 su posti di sostegno e 12.505 su posti comuni. “Attualmente – ha aggiunto – gli uffici, in seguito a rinunce per opzioni effettuate dai docenti per altre classi di concorso, stanno effettuando ulteriori nomine per completare entro il 15 ottobre il contingente delle immissioni in ruolo pari a 28.567 docenti”. Per ciò che riguarda la dirigenza scolastica, “è stata garantita a tutte le istituzioni scolastiche l’assegnazione del dirigente entro il primo settembre”.

Giannini ha quindi ricordato che quest’anno il Mef e il Dipartimento della Funzione pubblica hanno autorizzato 620 assunzioni di vincitori e idonei del concorso a dirigente scolastico bandito nel 2011, “risolvendo, se non del tutto in buona parte, la questione delle reggenze”. Concluse anche le operazioni di immissione in ruolo del personale amministrativo tecnico e ausiliario per complessive 4.556 unità. Gli alunni in classe quest’anno sono 7.882.211 ed è cresciuto il numero di coloro che usufruiranno del tempo pieno: 15.171 unità, circa il 2% in più.

Ansia di accettazione sociale: come la superano i prof?

da La Tecnica della Scuola

Ansia di accettazione sociale: come la superano i prof?

Bella domanda, si potrebbe dire e noi la facciamo ai nostri lettori nel solo intento di conoscere un po’ meglio i docenti e il mondo che li circonda. Nessuna velleità scientifica dunque, ma solo il piacere di dialogare con loro su versanti diversi, più personali, forse anche più intimi. Uno sforzo della nostra redazione in omaggio allo straordinario mondo della scuola, nella certezza che altri ci copieranno.

Secondo gli studiosi, i disturbi da stress sono fra i problemi psicologici più frequenti, per cui sorge spontanea la domanda se lo stress presente intorno a noi abbia il potenziale di contaminarci e comprometterci. E se è così, cosa fare per vincerlo o comunque per evitare questo pericoloso contagio? Ma non solo. Secondo illustri psicoterapeuti “tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita l’ansia, ma ognuno di noi ne dà un’accezione differente: eccitazione, nervosismo, preoccupazione, panico, apprensione, tensione”.

“Sono diverse sfumature di uno stesso concetto. Lo stato d’ansia sperimentato dipende anche e soprattutto dalle proprie caratteristiche personali e dalla situazione specifica in cui si innesca. Un meccanismo che tende a cronicizzarsi in un circolo vizioso di attivazione emotiva disfunzionale in risposta ad una situazione che si ipotizza di non sostenere. Conoscere le proprie capacità di adattamento e rispondere in base alle proprie risorse personali può essere un primo passo di autoterapia”.

Senza alcuna pretesa scientifica, ma con il solo intento di capire meglio il variegato mondo del personale della scuola, mettiamo in linea un altro sondaggio relativo alle strategie che i docenti adottano per cercare maggiore sicurezza nei rapporti con i colleghi che poi, essendo tutti nella stessa condizione, costoro, “gli altri”, è ciascuno di noi.

Studiosi della materia suggeriscono, per vincere il disagio coi colleghi e aumentare quindi la nostra sicurezza rapportandoci con loro, alcuni stratagemmi sul tipo: “non aspettiamo che siano gli altri a fare il primo passo”, anche perché “concedersi mentalmente di poter sbagliare non è segno di debolezza: verosimilmente è ciò che tutti, e quindi anche gli altri, staranno provando”.

L’ansia dell’accettazione sociale fra pari, amici, compagni di scuola, comunità scolastiche “è un fenomeno del tutto normale: non ci deve spaventare, dobbiamo solo imparare ad utilizzarla, non a subirla. L’essere accettati e godere di credibilità nei confronti degli altri è fondamentale, noi siamo idiosincraticamente animali sociali e avere un posto nel «branco» è una delle più comuni fonti di ansia”, spiegano ancora gli psicologi.

“Altrettanto fondamentali sono le nostre idee e il nostro modo di pensare: sì alla conformazione che semplifica la vita sociale, ma non dimentichiamo d’imparare a piacerci, gli altri ci vedono con i nostri occhi”.

Che fare allora? Le domande che proponiamo sono le stesse, nonostante le dovute modifiche per adattarle al personale della scuola, proposte a gruppi di lavoratori di altri ambiti e le lanciamo così come le nostre brevi conoscenze ce li suggeriscono e soprattutto senza, lo ripetiamo, intento scientifico o volontà inquisitrice o per trarne statistiche. Un modo per interagire meglio coi nostri lettori e provare insieme con loro a conoscere meglio le colonne portanti della nostra istruzione: gli insegnanti appunto.

Graduatorie III fascia Ata: tutto quello che c’è da sapere

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie III fascia Ata: tutto quello che c’è da sapere

Il Miur, con il Decreto Ministeriale 717 del 5 settembre 2014 e allegati, ha pubblicato il bando per il reclutamento nel triennio 2014/2015, 2015/2016 e 2016/2017 della terza fascia d’istituto del personale ATA.

Le domande potranno essere presentate entro mercoledì 8 ottobre 2014.  Per essere inseriti nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto per il profilo di assistente amministrativo, assistente tecnico, cuoco, infermiere, guardarobiere, addetto alle aziende agrarie e collaboratore scolastico occorre produrre una specifica domanda utilizzando gli appositi modelli allegati al decreto.

Ecco i modelli

Modello D1(clicca qui)

Modello D2(clicca qui)

Il modello D3 per la scelta delle 30 scuole andrà presentato attraverso le istanze online con scadenza che sarà definita successivamente.

Allegato D4 (clicca qui)

Titoli accesso laboratori(clicca qui)

 

Pubblichiamo di seguito tutti gli articoli, fin qui realizzati, riguardanti l’argomento

Graduatorie d’istituto del personale Ata triennio 2014/2016  8 settembre 2014

Graduatorie d’istituto personale Ata, i modelli da presentare  10 settembre 2014

Graduatorie d’istituto personale Ata, modifiche ai modelli D1 e D2 (scarica gli allegati)  11 settembre 2014

Graduatorie III fascia Ata: chi può presentare la domanda? 12 settembre 2014

Graduatorie III fascia Ata: come compilare i modelli D1 e D2?  15 settembre 2014

Graduatorie III fascia Ata: serve la registrazione su Istanze on-line per la scelta delle sedi  24 settembre 2014

Alle graduatorie di III fascia Ata sono ammessi anche i cittadini extra UE 24 settembre 2014

Graduatorie III fascia Ata: i codici delle scuole 25 settembre 2014

Graduatorie III fascia Ata: risposte ai vostri quesiti 29 settembre 2014

Gli insegnanti di sostegno: boicottate quell’editore

da La Tecnica della Scuola

Gli insegnanti di sostegno: boicottate quell’editore

Scatta online la protesta degli insegnanti di sostegno contro la casa editrice Erkson che sostiene la sperimentazione del Trentino dove si ipotizza l’eliminazione di questa figura

L’ideatore della proposta, di lasciare più soli bambini e ragazzi con disabilità e insegnanti, è Dario Ianes, fondatore della Erickson, e autore di diversi libri tra cui ”L’evoluzione dell’insegnante di sostegno”, in cui propone di eliminare questa figura, invidiata in tutto il mondo.

E così un gruppo di insegnanti di sostegno hanno diffuso un evento su facebook con il quale comunicano la decisione di boicottare la casa editrice Erickson per protesta contro la sperimentazione in Trentino

“Questa pagina è nata per difendere il sostegno per i disabili e gli insegnanti specializzati di sostegno – si legge nell’evento facebook -Il sostegno, una scelta didattico-culturale esclusivamente italiana che ci invidiano in tutto il mondo, un’eccellente strategia scolastica che si pone come il faro mondiale dell’integrazione. Non a caso infatti arrivano osservatori europei e d’oltreoceano per studiare il nostro sistema integrato scuola-sanità”.

L’iniziativa ha cominciato a rimbalzare subito anche presso i docenti curricolari che non intendono rinunciare alla preziosa compresenza del docente di sostegno. “Non sarà Dario Ianes con l’ultima sua strampalata idea a smantellarlo – aggiunge il gruppo di insegnanti di sostegno che ha fatto partire la protesta on line – Noi protestiamo e boicottiamo le pubblicazioni della Erickson a partire da oggi!

Scrive Rosaria Gasparro, maestra di una scuola pubblica e collaboratrice di Comune-info: “Esiste una ricerca biennale in corso in 17 classi sperimentali, promossa dalle università di Bolzano e Trento con il coordinamento proprio di Dario Ianes e Paola Venuti, che sta verificando sul campo la possibilità concreta dell’ipotesi di eliminare gli insegnanti di sostegno come figura distinta da quella degli insegnanti curricolari, anche in presenza di alunni con disabilità certificate. Insomma gli insegnanti di sostegno dovrebbero confluire in un unico corpo docente, che si prenda carico di tutti gli alunni, disabili compresi”.

Valorizzare il merito e il lavoro dei docenti? Un gioco di prestigio…

da La Tecnica della Scuola

Valorizzare il merito e il lavoro dei docenti? Un gioco di prestigio…

Valorizzare il merito. Come? Basta un numero di magia: prendere gli aumenti e ripartirli su un minor numero di docenti. Si risparmia e si accontentano pochi a discapito di molti. E il gioco è fatto.

Così la Cgil scuola commenta la proposta sulle nuove progressioni meritocratiche, contenuta nel documento del Governo “La Buona Scuola”, definendola “un colossale imbroglio perché riduce ulteriormente i salari per i docenti e il personale ATA. Quella proposta non migliora la qualità della scuola perché rompe la cooperazione tra il personale lasciando il posto ad una competizione individuale senza regole per rientrare nel 66% di chi potrà accedere agli scatti triennali.”

Addirittura i salari non aumenteranno, ma, con questo giochino astuto, “dal punto di vista quantitativo rispetto all’attuale meccanismo ci sarebbe una perdita netta di salario perché solo nel caso di un docente che riuscisse a maturare tutti gli aumenti, cosa impossibile, si riuscirebbe ad avere un vantaggio rispetto all’attuale sistema. Basterebbe non ottenere un solo aumento nei primi 20 anni di attività lavorativa per avere retribuzioni lorde inferiori a quelle attuali.

Per gli ATA se si adottasse lo stesso sistema la perdita sarebbe ancora maggiore.”Cancellare gli scatti, dunque, piuttosto che convenire a docenti eamministrativi, conviene allo Stato:”Con la cancellazione degli scatti dal 2015 si risparmia oltre 1 miliardo di euro e dal 2018 le risorse per gli scatti meritocratici sono le stesse di quelle attuali. In sostanza, per la valorizzazione professionale non sono previste risorse aggiuntive ma si ripartiscono gli stessi soldi su meno personale.”

Per non parlare dei criteri possibili: “I criteri con cui dovrebbero essere individuati “i meritevoli” sono arbitrari e confusi. La barzelletta è quella che un docente possa cambiare scuola per rientrare nel 66%. Tutto questo in presenza del blocco ulteriore dei contratti nazionali e della contrattazione decentrata.”
Le bugie del Governo non incantano più nessuno, mentre cresce la mobilitazione. E attenzione: il colossale imbroglio è in agguato. Guardiamocene bene.

C’erano una volta…gli esami di maturità

da La Tecnica della Scuola

C’erano una volta…gli esami di maturità

Ci risiamo. Nel 2015 cambia ancora una volta l’esame di stato. E cambia in direzione morbida con un ritorno dei commissari tutti interni, ad eccezione del presidente.

Ci risiamo. Nel 2015 cambia ancora una volta l’esame di stato. E cambia in direzione morbida con un ritorno dei commissari tutti interni, ad eccezione del presidente.
Non sembra dunque inutile ripercorrerne brevemente le tappe. Che sono le tappe, ahinoi, di una deriva buonista che alleggerisce, visto il mutare dei tempi, il suo valore originario, ormai inattuale e desueto.Ma soprattutto ci renderemo conto di come si siano alternati commissari interni ed esterni variamente modulati nella commissione, in svariati tentativi di dare serietà a un esame ormai quasi centenario.
L’ esame di stato nasce con la riforma Gentile nel 1923, come naturale sbocco di una scuola selettiva, il cui obiettivo finale era la verifica conclusiva degli esami.
La valutazione finale era un giudizio di maturità, ossia sulla complessiva maturità critica dell’allievo, riconosciuta globalmente. La commissione d’esame era, notiamo bene,  tutta di esterni, nominati dal ministro (3 fra professori e presidi di scuole di 2° grado, 1 professore universitario, 1 insegnante di scuola privata o persona esterna all’insegnamento), e le sedi predefinite in tutta Italia (40 per la maturità classica, 20 per quella scientifica e 19 per l’abilitazione magistrale).L’obiettivo era chiaro: selezionare in modo rigoroso la futura classe dirigente: basti pensare che alla prima sessione più del 75 % dei candidati furono bocciati.Poi in pieno conflitto mondiale, Bottai ribaltò l’impostazione gentiliana, sancì il principio dei “giudici naturali”, stabilendo commissioni con i professori dei candidati e con i soli presidente (un universitario) e vice presidente (un preside) esterni di nomina ministeriale; ed estese il diritto ad essere sede di esame anche alle scuole legalmente riconosciute. (Legge 19 gennaio 1942,  n.  86)Dopo la Liberazione, malgrado la presunta severità fascista, fu diffusa convinzione che contro il malcostume e le facilitazioni scolastiche dell’ultimo fascismo occorresse ridare serietà alla scuola mediante il ripristino di esami “seri”, di cui è testimonianza il fermo e solenne proposito contenuto nel quinto comma dell’art. 33 della Costituzione: “E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”.Ma giunse il tempo della scuola di massa. E degli esami più facili.
In pieno clima di contestazione studentesca, il Decreto legge 15 febbraio 1969, riordinò, e il bello è che si parlava di  “ via sperimentale” durata poi ben 30 anni,  gli esami di stato. Vennero soppressi gli esami di riparazione per la maturità, le materie furono ridotte al minimo (due prove scritte e due orali scelte dal candidato), fu introdotto il criterio dell’opzione sia per lo scritto (4 titoli per la prima prova), sia per l’orale, ma fu mantenuta la commissione esterna con un rappresentante di classe.E a questo punto le promozioni schizzarono alle stelle, come ci indica la seguente tabella.
PRIMA E DOPO LA RIFORMA ‘69 Anno scolastico Candidati Popolazione scolastica N.
Maturi
%
Maturi
Prima 1951-52 9.621 30.340 6.817 71,6 %
Prima 1960-61 11.597 52.994 8.274 72,6 %
Dopo 1970-71 34.486 236.361 31.253 90,6 %
Dopo 1975-76 62.834 333.852 58.561 93,2 %
Dopo 1979-80 66.313 329.491 62.069 93,6 %
Dopo 1980-81 62.528 323.000 61.924 94,5 %
Fonte Istat 1982

 

E poi, dopo trent’anni, fu al volta del ministro Berlinguer che, come sempre,  decise di rinnovare l’esame di maturità, prima di riformare la scuola secondaria superiore, con l’intenzione di introdurre maggiore “serietà”. Con la legge 425/1997 furono stabilite 3 prove scritte e colloqui su tutte le discipline.

Bene, pensarono in molti. E invece non fu così. Niente scrutinio di ammissione, niente terza prova nazionale, ma affidata ai commissari interni,  criteri di calcolo del credito scolastico, chiaramente congegnati per arrivare abbastanza facilmente al massimo dei voti. inserimento di un bonus per aumentare  il numero dei 100, una folle prova orale su otto-dieci materie, corredata dalla fantomatica tesina.

Infine la a legge modificò infine le commissioni d’esame, che divennero miste, metà interni e metà esterni con presidente esterno (max 4+4 e un presidente esterno ogni 2 commissioni).

Risultato: continuò a salire il numero dei promossi,  superando il 95%, e anche più, tenendo conto dell’ammissione automatica.

E siamo al 2002, dove accade una cosa molto simile a quella che sta accadendo adesso. Altro che serietà e rigore, altro che selettività. L’importante è risparmiare. La finanziaria 2002 trasforma la commissione da mista a tutta interna con il solo presidente esterno. Non fu apportato nessun altro cambiamento, nemmeno agli elementi negativi sopramenzionati e già evidenziati. I risultati degli esami rimasero, e sono rimasti, sostanzialmente immutati, come si evince dalla tabella sottoriportata.

Con una aggravante: il mix fra diritti delle scuole paritarie, acquisiti con la L.62/2000, e commissione tutta interna ha ampliato a dismisura la piaga italica dei “diplomifici”. Il numero di privatisti che ottiene il diploma iscrivendosi per l’esame nelle scuole paritarie è passato da 198 nel 2000 a 15.167 nel 2004 (7500%), con un mare di massime votazioni contrapposte a quelle dei poveri alunni della scuola statale.

Nella famosa legge Delega53/03,  viene introdotta una consistente novità, di cui ancora oggi si attende l’attuazione: la combinazione di prove interne, gestite dalla commissione d’esame, e di prove esterne, gestite dall’ INValSI.

L’art.3 comma 1c) recita:“l’esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione considera e valuta le competenze acquisite dagli studenti nel corso e al termine del ciclo e si svolge su prove organizzate dalle commissioni d’esame e su prove predisposte e gestite dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento dell’ultimo anno.”

Ma durò poco anche questa soluzione. nel 2006, con Fioroni, c’è un ritorno alle Commissioni miste, commissari interni ed esterni. Una riforma che “restituisce alla scuola un esame di Stato credibile di fronte all’Università e al mondo del lavoro”., la definì l’allora ministro, con l’ammissione all’esame per gli studenti che avranno superato lo scrutinio finale e saldato i debiti formativi contratti negli anni scolastici precedenti, la modifica dei punteggi di valutazione finale, con il credito scolastico che passa da 20 a 25 punti e il colloquio che scende da 35 a 30 punti. E infine il ripristino delle commissioni d’esame miste, composte per metà da commissari interni e per metà esterni, oltre al Presidente esterno al quale potranno essere affidate non più di due classi.

Le ultime novità le porta, nel 2010, Mariastella Gelmini: per essere ammessi all’Esame di Stato, bisogna avere la sufficienza in tutte le materie, cioè non basta più la media di 6. Inoltre, per i privatisti, è previsto un esame di ammissione all’Esame di Stato.

E infine siamo qui: già da giugno 2015 i membri esterni, i prof spauracchio  per garantire l’imparzialità della prova, saranno aboliti. Le commissioni saranno composte solo dal presidente e da tutti e sei i commissari interni, cioè tutti i docenti che conoscono bene gli studenti . Per motivi economici, mica per altro.

La storia dell’esame di stato: storia di una impossibile ricerca della serietà. O meglio storia di un progressivo annullamento delle sue finalità selettive, fino ad arrivare, nel 2015,  a un mondo sans souci. Meglio così?

 

In arrivo gli assistenti di lingua straniera

da La Tecnica della Scuola

In arrivo gli assistenti di lingua straniera

Ogni anno il Miur assegna a un numero limitato di scuole l’esperto di lingua straniera che affianca il docente curricolare per 12 settimane. In prevalenza sono universitari o neolaureati che vengono selezionati anche in base alla conoscenza della lingua del Paese di destinazione

Quest’anno il Miur, si legge sul Sole 24Ore,  ha messo a bando 240 posti di assistente di lingua straniera in Italia suddivisi per diversa provenienza e quindi per diverso insegnamento: 25 dall’Austria, 3 dalla comunità francofona del Belgio, 105 dalla Francia, 6 dall’Irlanda, 52 dal Regno Unito, 25 dalla Germania e 24 dalla Spagna. L’impegno settimanale dell’assistente è di 12 ore ed è retribuito con una borsa di studio di 850 euro, che il Miur eroga direttamente alle scuole assegnatarie.

Per scegliere a quale scuola attribuire l’assistente di lingua, tra le tante che ne fanno richiesta, il Miur ha stilato dei criteri specifici e in ogni caso si tratta di scuole che di base puntano sul bilinguismo: per richiedere l’assistente, infatti, è necessario avere almeno 24 ore settimanali di insegnamento curriculare della lingua per cui si fa domanda.

Per l’anno 2014-2015 la parte del leone la faranno gli esperti di lingua francese che arriveranno in Italia in 108, a seguire i 58 di lingua inglese, i 50 tedeschi e i 24 di lingua spagnola.

La regione Lombardia ne riceverà 30 e la Campania 25, 23 andranno in Emilia Romagna, in Sicilia e nel Lazio, 20 in Piemonte e 17 in Toscana. E così a scendere, anche in base al numero delle istituzioni scolastiche sul territorio, fino alla regioni Molise e Basilicata con soli 2 assistenti a disposizione.

Ovviamente anche gli studenti italiani hanno questa possibilità: per il 2014-2015 infatti partiranno 281 ragazzi: 30 andranno in Austria e 5 in Belgio per la lingua francese, 169 in Francia e 6 in Irlanda, 29 in Germania, 15 nel Regno Unito e 29 in Spagna. Nasce come uno scambio culturale ma, di fatto, potrebbe rappresentare un valido supporto all’annunciato raggiungimento del bilinguismo nella didattica.

“Flipped classroom”: la classe rovesciata

da La Tecnica della Scuola

“Flipped classroom”: la classe rovesciata

Nel contesto della “flipped classroom” detta anche classe capovolta o classe rovesciata , l’insegnante come primo step fornisce ai propri studenti tutti i materiali utili all’esplorazione autonoma dell’argomento di studio da svolgere a casa.

Questi materiali possono includere: libri, presentazioni in power point, siti web, video tutorial e simili. Successivamente in classe, l’allievo cerca di applicare quanto appreso a casa per risolvere problemi e svolgere esercizi pratici proposti dal docente. Il ruolo dell’insegnante ne risulta trasformato, infatti, il suo compito diventa quello di guidare l’allievo, durante l’attività didattica svolta in classe, nell’elaborazione attiva e nello sviluppo di compiti complessi. Poiché la fruizione delle nozioni si sposta nel tempo passato a casa, il tempo trascorso in classe con il docente può essere efficacemente impiegato per altre attività fondate sull’apprendimento.

Interessanti sono le riflessioni proposte da Wikipedia sulle reali motivazioni riguardanti la diffusione di questa nuova metodologia didattica: “l’insegnamento capovolto nasce dall’esigenza di rendere il tempo-scuola più produttivo e funzionale alle esigenze di un mondo della comunicazione radicalmente mutato in pochi anni. La rapida mutazione indotta dalla diffusione del web ha prodotto un distacco sempre più marcato di una grande parte del mondo scolastico dalle esigenze della società, dalle richieste del mondo delle imprese e dalle abilità e desideri degli studenti e delle loro famiglie. Si è osservato anche che gli interessi degli studenti nascono e si sviluppano, ormai, sempre più all’esterno dalle mura scolastiche. L’insegnante trova sempre più complesso sostenere l’antico ruolo di trasmettitore di cultura, perché il web si presta per tale scopo in modo molto più completo, versatile, aggiornato, semplice ed economico”.

La scelta sbagliata di Giannini

da La Tecnica della Scuola

La scelta sbagliata di Giannini

Andrea Gavosto, direttore Fondazione Agnelli, su La Stampa, contesta la scelta della ministra Giannini di sostituite con membri esclusivamente interni le commissioni agli esami di stato.

“Il governo sta cercando di trovare i fondi per assumere nella primavera del 2015 i 150.000 precari della scuola inseriti nelle graduatorie ad esaurimento: costo stimato 3 miliardi, probabilmente di più se si aggiungono le ricostruzioni di carriera al momento dell’ingresso in ruolo”. I luoghi della botte dove pensa di raschiare sarebbero, secondo Gavosto, “1 miliardo all’interno dello stesso bilancio dell’istruzione, risparmiando sulle supplenze, poiché a questo punto ci saranno più docenti di ruolo; bloccando il turnover di bidelli, tecnici e personale amministrativo della scuola; riducendo il finanziamento dell’università e degli enti di ricerca; infine, cambiando la composizione della commissione per l’esame di Stato che tornerà a prevedere soltanto membri interni, tranne il presidente”.

Le misure più discutibili, secondo il direttore della Fondazione, sarebbero le ultime due: i tagli alle università e gli esami di stato, mentre occorre chiedersi “se non rinnovare i contratti a tantissimi promettenti giovani ricercatori universitari, costringendoli a cercare fortuna all’estero, per assumere, senza un controllo di qualità, tutti i supplenti delle graduatorie – compresi i mille specializzati in steno-dattilografia! – sia una scelta davvero lungimirante per il futuro del paese”.

Ma in modo particolare, scrive Gavosto, “ Cambiare l’esame di maturità nella direzione voluta dal ministro Giannini, sostituendo le attuali commissioni miste con membri esclusivamente interni, è sbagliato”.

È vero che pagare le missioni ai prof “costa ogni anno al ministero alcune decine di milioni di euro, ma a fronte di un risparmio non enorme, si rischia però di rendere ancora più inutile l’esame di Stato di quanto già non sia”.

Per Gavosto “il vero punto debole della maturità è l’assenza di un metro di giudizio comune e studenti della stessa abilità possono ottenere risultati molto diversi, a seconda della severità della commissione, dell’indirizzo di studio o del territorio di appartenenza”.

“Ovviamente, se il giudizio finale spetta agli stessi insegnanti che hanno seguito lo studente durante l’anno, le differenze fra scuola e scuola e fra classe e classe saranno ancora più accentuate; i voti saranno tendenzialmente più alti, perché difficilmente un consiglio di classe vorrà «sminuire » il proprio operato. La scelta italiana va controcorrente rispetto alle migliori pratiche internazionali, dove prevalgono prove standardizzate e esami centrali, ovvero corretti secondo criteri omogenei a livello nazionale. Anche da noi sarebbe sufficiente che i compiti fossero inviati a una commissione unica centrale o scambiati fra le scuole di regioni diverse, per assicurare una maggiore confrontabilità e attendibilità dei risultati, con un minimo costo aggiuntivo”.