IL NUOVO GOVERNO E LE POLITICHE SULLA SCUOLA

IL NUOVO GOVERNO E LE POLITICHE SULLA SCUOLA
USB Scuola per l’abolizione della “Buona scuola”, organici adeguati, diritto alla mobilità e all’assunzione di tutti i precari.

Nazionale – mercoledì, 06 giugno 2018

“Non intendiamo stravolgere la buona scuola”: queste le parole che ha pronunciato oggi il premier Conte nel suo discorso alla Camera. Parole che stridono con una campagna elettorale in cui l’abrogazione della cosiddetta “Buona scuola” era stato uno dei cavalli di battaglia dei partiti che oggi sono al governo. Anche noi crediamo che la “Buona scuola” non vada stravolta, ma totalmente abolita! Insieme a tutte le sue folli deleghe che entreranno in vigore a tutti gli effetti dal prossimo anno scolastico: riduzione orari ai professionali, revisione delle assegnazioni del sostegno agli studenti con disabilità, nuovo esame di stato con valutazione delle prove invalsi e dell’alternanza scuola lavoro, riforma del sistema scuola 0-6. Tutta la legge renziana che andava a curare la supplentite con la perversione dei posti di potenziamento che hanno determinato una mobilità impazzita sul territorio nazionale a causa di un algoritmo errato e che ha avuto come unico risultato la creazione di un pezzo di corpo docenti burocratizzato o, peggio, addetto al tappabuchismo. È questa la legge “Buona scuola” che il nuovo governo Lega-Movimento 5 stelle non vuole abolire? È questo un governo del cambiamento? Un governo che con qualche modifica non intende in alcun modo cambiare l’impianto politico della riforma voluta dal PD di Renzi e dall’Europa?

Chiamata diretta e ambiti territoriali con aumento della discrezionalità dei dirigenti scolastici, alternanza scuola-lavoro e sottrazione di ore di didattica per allenare gli studenti minorenni al lavoro senza tutele, formazione-farsa eccedente l’orario di servizio e bonus premiale per diffondere nelle nostre scuole una mentalità aziendalista in cui il merito si gioca sull’asservimento e la rinuncia alla partecipazione democratica negli organi collegiali.

La legge 107, cosiddetta “Buona scuola”, la stanno sperimentando da tre anni i lavoratori della scuola ed i loro studenti. Ed è per questo che con il voto delle ultime elezioni politiche hanno punito con grande chiarezza il partito democratico che di quella legge si era fatto promotore, ideatore e strenuo difensore. Le elezioni politiche reclamavano con quel voto di protesta un nuovo corso, un cambiamento radicale che non può essere mediato da piccoli ritocchi di facciata o da misere variazioni. Occorre una scelta coraggiosa, è necessario che il Parlamento eletto ascolti i lavoratori della scuola, gli studenti e le famiglie: non c’è altra via se non quella dell’abolizione della legge 107.

Pensiamo che il “governo del cambiamento” debba davvero cambiare e proporre soluzioni anche per questioni fondamentali che richiedono interventi immediati:

  • un piano di rientro dei docenti esiliati attraverso un cospicuo aumento degli organici e la diffusione del tempo pieno anche nelle regioni del sud Italia;

  • l’immissione in ruolo dei diplomati magistrali, dei laureati in scienze della formazione primaria e di tutti i precari docenti e ATA con 36 mesi di servizio;

  • eliminazione del FIT e ingresso diretto al ruolo degli abilitati.

Chiederemo immediatamente un incontro al nuovo ministro per capire se il “cambiamento” è reale o se ancora una volta ci toccherà prendere atto delle promesse elettorali e della propaganda di una politica che non vuole parlare di scuola per fare davvero della pubblica istruzione una delle colonne più importanti del nostro welfare.

Contrattare le risorse per la valorizzazione docenti

Contrattare le risorse per la valorizzazione docenti (punto c4 art.22), linee di indirizzo per l’anno scolastico 2017/2018

Il CCNL/2018 sottoscritto in via definitiva il 19 aprile 2018 ha ristabilito il principio della piena contrattabilità del salario accessorio. Pertanto in base all’ art. 22 punto c4 spetta alla contrattazione d’Istituto, già da quest’anno scolastico, definire

c4) i criteri generali per la determinazione dei compensi finalizzati alla valorizzazione del personale, ivi compresi quelli riconosciuti al personale docente ai sensi dell’art. 1, comma 127, della legge n. 107/2015

 

Le competenze dei vari organismi e soggetti

– Comitato di Valutazione: individua i criteri per la valorizzazione dei docenti (comma 129 art. 1 legge 107/2015). Il Comitato di valutazione si limita a declinare i criteri contenuti nelle lettere a) b) e c) del punto 3 del comma 129 senza discostarsene e soprattutto senza definire nessun criterio inerente l’aspetto economico.

– Contrattazione integrativa di istituto: definisce già da quest’anno scolastico i criteri di attribuzione dei compensi, con riferimento alle attività dei docenti individuate in base ai criteri elaborati dal Comitato di Valutazione (in analogia al resto del FIS). Il tavolo della contrattazione non interviene sui criteri e gli ambiti di attività individuati dal Comitato di Valutazione in quanto afferenti agli aspetti didattici e professionali.

  • Dirigente Scolastico: assegna il compenso in base ai criteri determinati dalla contrattazione. Comunica gli esiti della assegnazione (art.5 co.5 CCNL/2018)

 

Alcune considerazioni preliminari

E’ opportuno che la discussione nel Comitato di valutazione avvenga sulla base delle novità intervenute con il Contratto: va esclusa, in quanto non di sua competenza, ogni elaborazione che in qualche modo riconduca le attività a valori monetari.

Il tavolo della contrattazione riceve i criteri individuati dal comitato di valutazione per un esame approfondito. Conseguentemente individua i criteri per determinare i compensi da attribuire con le risorse della valorizzazione docente anche in relazione al complesso delle attività previste nell’ambito della programmazione del PTOF. Svolge un ruolo analogo a quello svolto per la determinazione dei compensi delle funzioni aggiuntive. Infatti, il nuovo CCNL assegna il potere negoziale per determinare i criteri sia per le somme del bonus sia per le somme del FIS, considerandole alla stessa stregua. Se si esaminano bene i criteri del comma 129 si vede chiaramente la sovrapponibilità delle attività fra quelle della L. 107/2015 e quelle del contratto: si pensi al contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica e al successo scolastico degli studenti, alle attività di coordinamento e di formazione.

Ora, il contratto, proprio perché deve operare sulle cifre allo stesso modo, non può trattare le une e le altre con criteri diversi: i criteri devono essere i medesimi. Che debbano essere quelli della L. 107/2015 assimilati a quelli del FIS e non viceversa è provato dal fatto che entrambi sono rimessi alla competenza del contratto. L’attribuzione dei compensi in capo alla trattativa li rende fra loro qualitativamente equivalenti.

 

L’entità dei fondi per l’anno scolastico 2017/2018

I criteri di riparto dei fondi sono oggetto di contrattazione nazionale (art. 22 punto a5). Per quanto riguarda l’a.s. in corso sono iniziate le interlocuzioni con il MIUR al fine di individuare i parametri di distribuzione alle scuole tenuto conto della riduzione dei fondi come di seguito specificato.

Tali fondi ammonteranno infatti a poco più della metà di quelli distribuiti lo scorso anno. Sono infatti intervenute la riduzione di 70 milioni a seguito dell’incremento della retribuzione professionale docente (Rpd) operata dal CCNL e quella di 19 milioni circa, per un taglio operato dal MIUR al fine di dare copertura ad altre voci di spesa del bilancio per il triennio 2018-2020. Quest’ultimo taglio è emerso soltanto lo scorso 22 maggio in occasione della prima trattativa MIUR/sindacati. Ad anno scolastico 2017/2018 ormai concluso, le scuole si vedranno quindi accreditare solo la quota parte di €111.230.000,00. Pertanto è necessario attendere la comunicazione da parte del MIUR delle cifre assegnate alla propria scuola prima di chiudere i contratti integrativi di istituto.

Francesco Sinopoli Maddalena Gissi Giuseppe Turi
FLC CGIL CISL SCUOLA UIL SCUOLA

Riferimenti contrattuali: CCNL/2018 art.22 

Riferimenti normativi: L. 107/2015 art.1 commi 126-130 ; L. 205/17 art. 1 comma 592

per i criteri (art.1 co 129 L. 107/2015)

  1. a) della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti;
  2. b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche;
  3. c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale

LICEI MUSICALI: SECONDA ORA STRUMENTO

LICEI MUSICALI, GILDA: CDS OBBLIGA MIUR A RIPRISTINARE SECONDA ORA STRUMENTO 

“Grazie alla sentenza del Consiglio di Stato, che il 5 giugno ha respinto il ricorso del Miur, finalmente viale Trastevere dovrà ripristinare la seconda ora di insegnamento di primo strumento nei licei musicali. Così gli allievi potranno fruire pienamente del diritto allo studio e i docenti lavorare serenamente”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams, commenta la decisione dei giudici di palazzo Spada.

“Il CdS – spiega Di Meglio – ha rigettato un ricorso in appello, presentato dal Miur contro una sentenza del Tar Lazio, con la quale era stato accolto un ricorso di alcuni genitori, che lamentavano la cancellazione della seconda ora di primo strumento a danno dei propri figli”.

A provocare la controversia era stata una nota del ministero dell’Istruzione (n. 21315 del 15 maggio 2017) con la quale l’Amministrazione aveva trasformato la seconda ora di strumento in lezione di ascolto.

“Abbiamo chiesto al ministero – aggiunge Di Meglio –  di convocare una riunione urgente per discutere sull’attuazione della sentenza. L’incontro sarà anche l’occasione per chiedere di rivedere il decreto 382 dell’11 maggio scorso che, a causa della complessità dei programmi per l’ammissione alle prime classi, potrebbe impedire a tanti aspiranti studenti dei licei musicali di accedere a questa tipologia di scuola”.

Montecatini, inaugurati gli Special Olympics con 3mila atleti disabili

Redattore Sociale del 06-06-2018

Montecatini, inaugurati gli Special Olympics con 3mila atleti disabili

FIRENZE. L’ Ippodromo Snai Sesana, martedì sera, ha accolto per la prima volta la Cerimonia di Apertura dei Giochi Nazionali Estivi Special Olympics, giunti alla XXXIV edizione. Nell’anno del 50esimo anniversario del programma sportivo internazionale dedicato alle persone con disabilità intellettive nel mondo, questo momento ha assunto una magia ed una valenza ancora più significativa.

Musica, con la voce di Syria e di Lorenzo Baglioni, e spettacolo con giochi di luci, mongolfiere e colori hanno arricchito i momenti protocollari. Dalla gioiosa sfilata delle 177 delegazioni provenienti da ogni regione d’Italia al saluto sentito delle Autorità presenti sul territorio, dall’ingresso delle bandiere: europea, italiana e di Special Olympics, fino ad arrivare al momento più atteso, quello dell’ingresso della torcia olimpica, scortata dalle forze dell’ordine e da Enrico Cerruti, atleta che ai prossimi Giochi Mondiali Special Olympics ad Abu Dhabi nel 2019 gareggerà nella Maratona. A lui il compito di accendere il tripode, simbolo per eccellenza dell’inizio dell’evento di Special Olympics Italia più grande di sempre; per il numero di atleti coinvolti, 3000, e per le 18 discipline sportive proposte.

Con il fuoco olimpico acceso il Giuramento recitato dall’Atleta Special Olympics, Eugenio Natale: “Che io possa vincere ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze” ha dato così il via alle gare ufficiali. Oggi è il primo giorno di gare, tradizionali e unificate, di atletica leggera, badminton, bocce, bowling, calcio a 5, canottaggio, dragon boat, equitazione, ginnastica artistica e ritmica, indoor rowing, golf, nuoto, pallacanestro, pallavolo unificata, rugby, tennis e tennis tavolo. 3000 atleti si sfidano tra pari o simil livello di abilità. In linea con la Mission di Special OIympics tutti avranno l’opportunità di dimostrare al meglio le proprie capacità, tutti potranno vincere.
Un’iniziativa promossa da Special Olympics Italia che intende mettere sempre in evidenza le capacità delle persone con disabilità intellettive, piuttosto che i loro limiti, e questo anche oltre il momento sportivo.

Appello al MIUR

On. Ministro per Istruzione, Università e Ricerca,

le Associazioni Nazionali impegnate  nella promozione della Laicità nella società e nel mondo della Scuola attendono da settimane una  risposta all’ APPELLO rivolto al MIUR  con posta AR ( 10 maggio 2018)  circa l’inclusione dei docenti di Religione cattolica nelle Commissioni d’Esame di Terza Media.

E’ stata rilevata  l’abrogazione  (d.leg.vo 62/2017) dell’ art.185  del T.U. /DPR 297/1994) che elencava le materie d’esame  senza la presenza  di Religione cattolica tra le materie d’esame. Lo stesso decreto all’art.8 comma 2 cita la presenza dei membri del Consiglio di Classe tra i commissari esaminatori: quindi anche l’insegnante di Religione cattolica?  Religione cattolica sarà così inserita tra le materie d’esame? E il docente di Attività Alternative? Per di più si crea disparità con gli studenti che non si avvalgono dell’IRC.

La data degli Esami è ormai prossima! Le associazioni firmatarie dell’appello , che nuovamente inoltrano le richieste, auspicano  risposte e chiarimenti  dei dubbi sollevati da genitori, insegnanti, confessioni religiose.

Com Naz  Scuola e Costituzione, Com Naz “Per la Scuola della Repubblica”,Com Bolognese Scuola e Costituzione, Manifesto dei 500, CRIDES (Centro di iniziativa per la difesa dei diritti nella Scuola), Ass. Naz. Sostegno Attivo, Co.ge.de.Liguria, Ass. Naz. Del Libero Pensiero”Giordano Bruno”, Com Genovese Scuola e Costituzione, Coordinamento Genitori Democratici (CGD), Movimento di Cooperazione Educativa (MCE),  U.A.A.R.,  FNISM, CIDI, Osservatorio Diritti Scuola Palermo, FCEI (Federazione Chiese Evangeliche Italiane), Com Insegnanti Evangelici Italiani, Com. Democrazia Costituzionale Roma


Educazione fisica, scuola non responsabile per l’errata ricezione della schiacciata

da Il Sole 24 Ore

Educazione fisica, scuola non responsabile per l’errata ricezione della schiacciata

di Andrea Alberto Moramarco

In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della scuola durante l’ora di educazione fisica, l’alunno deve provare l’illecito commesso da un suo compagno, mentre la scuola per andare esente da colpe deve fornire la prova di aver predisposto tutte le cautele idonee ad evitare il danno. Ad ogni modo, non può esserci responsabilità se l’incidente è avvenuto nello svolgimento della normale attività sportiva, come nel caso di una schiacciata durante una partita di pallavolo. Questo è quanto emerge dall’ordinanza della Cassazione 14355, depositata ieri.

Il caso
La vicenda, alquanto paradossale, sorge a seguito di un incidente avvenuto, nell’ora di educazione fisica durante lo svolgimento di una partita di pallavolo, ai danni di un’allieva la quale si era procurata una distorsione di un dito nel ricevere la palla schiacciata da una sua compagna. La mamma della studentessa conveniva in giudizio il Miur per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla figlia sostenendo che il Ministero non avrebbe fornito la prova «di aver adeguatamente istruito la ragazza in vista della particolare situazione verificatasi». In sostanza, secondo il genitore dell’alunna infortunatasi la scuola avrebbe dovuto fornire una «particolare preparazione» per ricevere la schiacciata.

La decisione
Dopo l’alternarsi dei verdetti di merito, la controversia arriva sino in Cassazione dove i giudici di legittimità liquidano la questione rigettando il ricorso del genitore che, secondo i giudici, contraddice «i più elementari canoni di logica e ragionevolezza». Nella specie, infatti, come emerso dalla ricostruzione dei giudici di merito, l’infortunio si è svolto in occasione di una normale azione di gioco, essendo la schiacciata di un giocatore «attività del tutto normale in una partita di pallavolo, avvenuta per di più alla presenza dell’insegnante». Semmai, chiosa la Corte, la ricorrente avrebbe dovuto provare che l’infortunio era riconducibile ad un’azione di gioco eccedente o esorbitante la normale prassi e che l’insegnante non avrebbe fatto tutto quanto necessario per evitare il danno. E nella fattispecie ciò non è stato provato.

Maturità: on line le commissioni, sono quasi 13mila

da Il Sole 24 Ore

Maturità: on line le commissioni, sono quasi 13mila

di Alessia Tripodi

Maturità, sono on line le quasi 13mila commissioni degli esami che prenderanno il via il prossimo 20 giugno. Dalle ore 12 di ieri sul sito del Miur è disponibile un motore di ricerca che permette di trovare i nomi dei commissari per provincia, per indirizzo di studio, per nome della scuola. Oppure, al contrario, si può inserire il nome di un insegnante per scoprire a quale commissione è stato assegnato. La pubblicazione dei nomi, consegnati anche alle segreterie scolastiche, era attesa già da lunedì, quando sui social è partita la “caccia” ai commissari esterni, con tweet e foto di liste (autentiche o presunte tali ) postate dagli studenti in cerca di informazioni. On line anche i risultati della maturità 2017: promossi all’esame il 99,5% dei candidati, i voti più alti al liceo classico.

Quasi 13mila commissioni
Quest’anno, fa sapere il Miur, le commissioni saranno 12.865, per un totale di 25.606 classi coinvolte. La prima riunione plenaria si terrà il 18 giugno, due giorni prima dell’avvio degli esami. Gli studenti iscritti all’esame (fatti salvi gli esiti degli scrutini finali) sono 509.307 e i candidati interni sono 492.698.

Sui social caccia ai nomi già nei giorni scorsi
Già prima della diffusione delle liste ufficiali on line, nei giorni scorsi su Twitter gli studenti avevano iniziato a postare nomi di (probabili) commissari esterni assegnati alle loro scuole, chiedendo aiuto agli altri utenti: «Qualcuno li conosce? Fatemi sapere!». C’è chi ha pubblicato semplicemente liste di nomi, chi ha aggiunto informazioni sulla regione o la città in cui si trova la propria scuola, chi ha postato foto di elenchi, chi ha precisato anche le materie di riferimento dei commissari. Tutto per cercare di svelare l’identità dei “misteriosi” prof esterni che entreranno a far parte delle commissioni d’esame e, soprattutto, per sapere se hanno o meno la fama di insegnanti severi o particolarmente esigenti con i ragazzi.

Il calendario delle prove
La maturità inizia il 20 giugno con il tema di italiano, la prima prova scritta uguale per tutti. Il 21 si prosegue con la seconda prova specifica per ogni indirizzo (quest’anno greco per il liceo classico e matematica per lo scientifico). La durata, spiega il ministero, dipende dalle discipline che caratterizzano gli indirizzi ed è variabile dalle 4 alle 8 ore, tranne che per alcuni indirizzi, come i licei musicali, coreutici e artistici, dove la prova può svolgersi in due o più giorni. La terza prova, assegnata da ciascuna commissione d’esame, è fissata per lunedì 25 giugno, a partire dalle ore 8.30. Giovedì 28 giugno, infine, sarà la volta della quarta prova, quella che si svolge nei licei e nei tecnici con progetti sperimentali di doppio diploma italo-francese Esabac ed Esabac Techno e nei licei con sezioni ad opzione internazionale spagnola, tedesca e cinese. Gli studenti Esabac sono 7.688, tutti interni, seguiti da 283 commissioni. Per gli indirizzi Esabac Techno i candidati sono 327, tutti interni, seguiti da 20 commissioni.

Lo scorso anno quasi il 100% di promossi
I dati del ministero dicono chel’anno scorso il 96,1% degli scrutinati è stato ammesso all’esame di maturità e il 99,5% degli esaminati ha conseguito il diploma. Nel 2017, l’1,2% dei candidati ha preso la lode (contro l’1,1% nel 2016), il 5,3% ha preso 100, il 28,6% una fascia di voto compresa fra 71 e 80. Nel complesso, i diplomati con 100 e 100 e lode sono aumentati, nel 2017, dello 0,3%. Contestualmente è aumentata (+0,5%) anche la quota dei diplomati con il minimo (60/100). Aumentano i più “bravi” soprattutto tra i maturandi dei licei classici, dove sale di più di due punti percentuali la quota di diplomati con 100 o 100 e lode. Spicca l’aumento di studentesse “brave” negli indirizzi tecnici (+0,9% di votazioni massime rispetto all’anno scolastico 2015/16).

La prima emergenza è servita

da ItaliaOggi

La prima emergenza è servita

Alessandra Ricciardi

Appena arrivato a Viale Trastevere, il neoministro dell’istruzione, università e ricerca, Marco Bussetti, ha ricevuto il dossier sullo stato dell’arte della gestione del predecessore, Valeria Fedeli. Un resoconto dell’iter dei provvedimenti e delle scadenze che diventa al tempo stesso un elenco delle priorità della prossima azione di governo. In cima alla lista delle questioni da definire con urgenza, la vicenda dei maestri assunti (con riserva) con il diploma magistrale e che, a seguito della decisione del Consiglio di stato, dovranno essere licenziati. Le sentenze di merito si stanno rapidamente adeguando a quanto detto da Palazzo Spada e a fine anno scolastico, e dunque tra poche settimane, scatteranno i licenziamenti. Interessati, 6.700 docenti (sono salvi quanti hanno già sentenze favorevoli passate in giudicato), assunti tra elementari e scuola dell’infanzia. In prevalenza al Nord.

Un problema che Bussetti conosce bene avendo ricoperto il ruolo di provveditore di Milano. Bussetti, docente di educazione fisica, dirigente, una lunga carriera nell’amministrazione scolastica, è entrato nella squadra di governo su indicazione della Lega di Matteo Salvini anche non ha mai formalmente aderito al partito. La profonda conoscenza delle questioni organizzative e dei problemi del personale, dicono nei corridoi di viale Trastevere, sarà certamente di aiuto. Così come la sua capacità di confrontarsi con i sindacati e in generale le istituzioni pubbliche e private che ha avuto modo di rodare nella sua attività in Lombardia. Esperienze ed attitudini che sembrano delineare il profilo di un uomo dialogante seppur abituato a decidere.

Sull’emergenza magistrali, Bussetti dovrà decidere se procedere con un provvedimento diretto del governo oppure per via parlamentare. Del resto, il problema tra le varie forze politiche, dal Pd al M5s, è conosciuto e tutti hanno preso impegni nel senso di creare una via di uscita che eviti alla fine il licenziamento. Si tratta di capire quale strumento potrà essere utilizzato e soprattutto se sarà creata una nuova fase transitoria in cui i diplomati magistrali possano essere incardinati perché vengano, in carenza di titolo utile per l’assunzione, regolarizzati. Evitando al tempo stesso che le classi delle scuole del Nord dove sono titolari restino scoperte.

Un problema, insomma, che si intreccia con quello dell’avvio del nuovo anno scolastico. L’inizio regolare delle lezioni è sempre impegnativo per i vari ministri dell’istruzione, dovendosi incasellare senza intoppi vari procedure, dalla mobilità alle assunzioni, per assicurare che dal primo settembre tutte le cattedre siano certe dai rispettivi titolari. Ed è un altro capitolo del dossier lasciato dalla Fedeli.

Sul tavolo anche i concorsi: il reclutamento dei dirigenti scolastici, che dovrebbe andare avanti secondo un calendario già definito, si parte a luglio; quello dei docenti non abilitati, in base alle nuove regole previste dalla Buona scuola, e su cui il neo ministro ha ancora modo di intervenire. C’è da aspettarsi poi che entri nel dibattito, sarà una scelta politica a definire con quali modalità e tempi, anche l’introduzione nella selezione dei prof dell’obbligo del domicilio professionale. Un vincolo, voluto dalla Lega e teorizzato dal senatore Mario Pittoni, che servirebbe a ridurre il flusso delle domande di trasferimento dal Nord verso il Sud dei neo assunti. In vista della legge di stabilità, andranno anche previsti gli impegni finanziari per il rinnovo del contratto di settore, che scade a fine 2018.

Anche in ambito universitario, un primo scoglio è già all’orizzonte, ed è lo sciopero dei professori che protestano per il blocco degli scatti automatici. Intanto si attende che la squadra governativa dell’Istruzione e università sia completata. Si parla dell’arrivo di un viceministro, che potrebbe essere anch’esso leghista a dispetto della regola che vorrebbe l’alternanza Lega-M5s.

Nel mirino la chiamata diretta: «Strumento inutile e dannoso»

da ItaliaOggi

Nel mirino la chiamata diretta: «Strumento inutile e dannoso»

Tra gli impegni per la scuola del contratto di governo

Marco Nobilio

Superare la chiamata diretta. È questo uno degli intendimenti comuni che il Movimento 5 stelle e la Lega hanno pattuito nel contratto di governo» siglato dai rispettivi leader, Luigi Di Maio e Matteo Salvini che farà da base per l’azione del nuovo governo a guida Giuseppe Conte. Ecco come si esprimono le parti sulla questione: «Un altro dei fallimenti della c.d. Buona Scuola è stato determinato dalla possibilità della chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente scolastico. Intendiamo superare questo strumento», si legge nel contratto, «tanto inutile quanto dannoso».La scarna formulazione della clausola e, soprattutto, l’utilizzo del verbo «superare» in luogo del verbo «cancellare», non consentono di prevedere esattamente gli effetti di questa pattuizione. Resta il fatto, però, che le parti qualificano tale strumento come inutile e dannoso.

E dunque, secondo i due neoministri e vicepresidenti del consiglio, la cancellazione del diritto alla titolarità della sede, che costituisce il presupposto della chiamata diretta, e la facoltà dei dirigenti scolastici di scegliere a quale docente indirizzare la proposta di incarico triennale, non solo non produrrebbe alcun vantaggio per alunni, docenti e dirigenti, ma sarebbe addirittura dannoso. Il contratto non indica per quale motivo la chiamata diretta sia inutile e dannosa. Tuttavia, a circa tre anni dall’entrata in vigore della legge 107/2015 è già possibile fare un primo bilancio su tale istituto.

Il primo effetto della perdita del diritto alla titolarità della sede, lamentato dai docenti oggetto di questa novità, è spesso di tipo ansiogeno. Il docente che venga privato o precluso nell’esercizio del diritto alla titolarità della sede viene a trovarsi in una situazione di incertezza che influisce negativamente sulla qualità della prestazione ingenerando una situazione di disagio. È scientificamente dimostrato, peraltro, che i docenti, a causa della delicata natura della prestazione e dell’età mediamente avanzata, vanno incontro al cosiddetto rischio burnout con una percentuale due volte superiore rispetto ai lavoratori del resto del pubblico impiego. Introdurre ulteriori elementi ansiogeni, dunque, aumenta proporzionalmente il rischio dell’insorgenza di questo genere di patologia psichica, anche con aggravi per l’erario in caso di prolungate assenza per malattia.

Alla perdita del diritto alla sede consegue l’esposizione all’alea della chiamata diretta. Che può anche non giungere all’interessato oppure può arrivare recando una proposta per una sede non gradita. E in caso di non chiamata o di rifiuto della proposta l’interessato, secondo quanto prevede la lege, viene assoggettato al trattamento d’ufficio. Ipotesi, questa, che di solito comporta l’assegnazione di una sede svantaggiosa.

In più c’è un ulteriore effetto collaterale: la paura di non risultare graditi al dirigente scolastico della scuola nella quale si è ottenuto l’incarico triennale e il prefigurarsi del rischio di non ottenere la conferma dell’incarico. A ciò va aggiunto anche l’effetto della preclusione del diritto di partecipare alla mobilità a domanda tramite la riduzione del numero delle preferenze a soltanto 5 (prima erano 15 o 20). Questa riduzione è dovuta al fatto che, le parti, dovendo contemperare gli interessi dei docenti a continuare a partecipare alla mobilità su sede e quella, prevista dalla legge, di consentire la permanenza del regime della chiamata diretta, hanno dovuto ridurre al minimo il numero delle preferenze esprimibili. La proposta iniziale dell’amministrazione al tavolo negoziale era di sole 3 preferenze.

Il danno, dunque, potrebbe essere rappresentato dal fatto che, costringendo i docenti a operare in un contesto ansiogeno, caratterizzato da una serie di incertezze concatenate da loro, il risultato sia quello di un calo della prestazione con grave nocumento della qualità del processo didattico-apprenditivo e potenziali danni economici all’erario per le assenze per malattia collegate a tale stato di disagio.

L’inutilità, invece, potrebbe essere rappresentata dal fatto che la ratio della scelta del docente da parte del dirigente sia, in realtà, del tutto ultronea. Il reclutamento dei docenti della scuola statale, infatti, avviene per concorso. Pertanto, l’assunzione è l’effetto di una selezione per merito che assicura, di per sé, una provvista dei migliori docenti esistenti sulla «piazza». Docenti che, in un modo o nell’altro, devono trovare una collocazione all’interno delle scuole. Pertanto, all’esito delle procedure negoziali collegate all’attuazione della chiamata diretta, anche se non saranno stati chiamati da alcun dirigente, comunque saranno assegnati d’ufficio ad una scuola. Per non parlare della evidente inutilità di una selezione per chiamata, basata essenzialmente sul gradimento personale, che non tenga in alcun conto l’anzianità di servizio.

L’accusa di Visco: il 40% degli studenti ha competenze disallineate rispetto a quelle richieste dal mercato del lavoro

da ItaliaOggi

L’accusa di Visco: il 40% degli studenti ha competenze disallineate rispetto a quelle richieste dal mercato del lavoro

Il governatore di bankitalia: circolo vizioso tra ritardo degli studenti e bassa produttività

«Una formazione che abbracci, oltre agli anni dell’istruzione, l’intera vita lavorativa». Questa, «una sfida cruciale per il nostro Paese», sottolineata dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, giovedì, nelle considerazioni finali della sua relazione annuale. «La bassa produttività e l’insufficiente capacità di innovare», infatti, «riflettono anche il ritardo in termini di conoscenza e di competenze degli studenti e degli adulti italiani nel confronto internazionale, concorrendo allo stesso tempo a determinarlo». Un «circolo vizioso» che, spiega, «contribuisce a mantenere i tassi di occupazione e di partecipazione su livelli inferiori a quelli prevalenti negli altri Paesi europei».La dinamica della produttività dell’Italia risulterebbe indebolita non solo dal basso livello di competenze possedute dagli adulti, all’ultimo posto nell’Ocse per quelle linguistiche e al penultimo per quelle matematiche (indagine Piaac). Ma anche dal loro disallineamento rispetto alle competenze richieste dalle imprese. In un lavoro di prossima pubblicazione la Banca d’Italia mostra come in media nel decennio 2005-2015 il 40% dei lavoratori italiani possedeva un livello di istruzione significativamente diverso da quello richiesto nella professione svolta.

Percentuale superiore a quelle di Francia, Germania e alla media dell’Unione europea, ma inferiore al dato spagnolo. «La questione della qualità del capitale umano», insiste Visco, «assume particolare rilevanza nella prospettiva di una crescente diffusione delle nuove tecnologie e della conseguente minore domanda di lavoro per attività standardizzate e ripetitive». Il disallineamento in Italia riflette soprattutto il possesso di titoli di studio inferiori a quelli richiesti (undereducation), anche se gradualmente attenuto nel tempo grazie al progressivo innalzamento dei livelli di scolarizzazione.

Al contrario, il possesso di titoli di studio superiore a quelli richiesti (overeducation) vi incide meno ed è dovuto al fatto che sono in assoluto poche le persone con un’istruzione molto elevata. Ciononostante quasi il 50% dei laureti viene impiegato in professioni che non richiedono la laurea: una percentuale superiore a quella dell’area.

Una situazione che secondo la Banca d’Italia va ricollegata «alle criticità con cui nel mercato del lavoro viene allocata la manodopera qualificata, in particolare al basso valore segnaletico dei voti accademici e al complesso processo di transizione dallo studio al lavoro». Basti pensare che nei primi 5 anni della carriera lavorativa i lavoratori sovraistruiti sfiorano addirittura il 60%. Per di più, l’overeducation, costante fino al 2013, è cresciuta negli ultimi anni. All’aumento dei livelli di scolarità della popolazione, quindi, si è contrapposto un incremento occupazionale che ha privilegiato le professioni meno qualificate.

«La presenza di un diffuso disallineamento tra i livelli di istruzione dei lavoratori e le competenze richieste nel mercato del lavoro», osserva Bankitalia, «contribuisce a comprimere i rendimenti dell’istruzione, che in Italia sono bassi nel confronto con gli altri principali Paesi avanzati». Rispetto ai coetanei il cui livello di studio è allineato con quello richiesto dalla professione, infatti, si rileva una penalizzazione salariale di circa il 15% per i laureati italiani sovraqualificati e, specularmente, un premio del 10% per i diplomati sottoqualificati.

L’effetto congiunto dei due fenomeni può spiegare circa del divario nei rendimenti dell’istruzione tra l’Italia e la media dell’area dell’euro. «Senza adeguati investimenti in formazione, pubblici e privati» conclude Visco, «gli effetti negativi sull’occupazione saranno forti, le disuguaglianze di reddito si accentueranno».

La Lega vuole i nidi per gli italiani, ma M5s non ci sta

da ItaliaOggi

La Lega vuole i nidi per gli italiani, ma M5s non ci sta

La consulta ha bocciato la legge del governatore del veneto Zaia che dà priorità ai residenti di vecchia data

Emanuela Micucci

Piccole crepe all’orizzonte nell’alleanza giallo-verde sui nidi gratuiti per i bambini di famiglie italiane. Galeotta fu una parentesi tonda nel contratto del neonato governo M5S-Lega. Nel capitolo sulle politiche per la famiglia e la natalità si legge che «è necessario rifinanziare gli enti locali dando priorità al welfare familiare». Quindi, viene inserito un testo tra parentesi tonde, in cui si esplica questo impegno. «Come ad esempio», c’è scritto, «il sostegno per servizi di asilo nido in forma gratuita a favore delle famiglie italiane». Poche parole tra parentesi a mo’ di esempio tra altri. Quasi a volerle far passare in secondo piano.

Invece, quelle parentesi tonde contengono un’informazione di servizio, una puntualizzazione che completano e arricchiscono il testo, chiarendo un orientamento importante del nuovo governo Conte e dei suoi ministri dell’istruzione Marco Bussetti e della famiglia Lorenzo Fontana, entrambi rappresentanti della Lega. Questo «Prima gli italiani» per l’accesso al nido, però, rischia di aprire le prime crepe nel governo.

La Consulta, infatti, ha appena bocciato con la sentenza 107/2018 (si veda ItaliaOggi del 29 marzo) come incostituzionale la legge della regione Veneto, guidata dal governatore leghista Luca Zaia, che dava la precedenza ai figli di residenti in Veneto da almeno 15 anni nell’iscrizione all’asilo nido. Secondo la Corte viola il principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 della Costituzione, «persegue un fine opposto a quello della tutela dell’infanzia garantito dall’art 31», inoltre «irragionevole ritenere che i figli di genitori radicati in Veneto da lungo tempo presentino un bisogno educativo maggiore di altri».

Parole, queste dei giudici costituzionali che suonano anche come una bocciatura del contratto di governo giallo-verde ancora prima che nascesse. Dall’altra parte, poi, tra gli esponenti grillini sono sorti i primi malumori e distinguo sul «Prima gli italiani» nei nidi. Contraria la sindaca di Roma Virginia Raggi, che confida nel «Parlamento che poi deciderà», come il deputato pentastellato Gianluigi Paragone, che ricorda: «Questa è una proposta di Salvini». Quasi a certificare una divisione di azione politica tra i partiti del patto del «governo del cambiamento». Del resto, la stessa Lega sull’accesso al nido si era contraddetta già nel testo del proprio programma elettorale per le politiche del 4 marzo. Cambiando posizione da una pagina all’altra del testo programmatico.

La frequenza gratuita era già allora subordinata al reddito, che prima era fissato fino a 60 mila euro poi sotto i 50 mila mila lordi. E la priorità di accesso era prima data alle mamme (senza aggettivi sulla nazionalità) che lavorano e che sono residenti nel comune da più di 5 anni e dopo all’occupazione di entrambi i genitori, mentre il requisito dei 5 anni riguarda solo la residenza in Italia delle mamme straniere.

Tra distinguo, mal di pancia, contraddizioni e parentesi tonde il bandolo della matassa passa ora al premier Conte che, con i ministri Bussetti e Fontana, tra politiche dell’istruzione e della famiglia, è chiamato a sbrogliare un punto su cui rischiano di incrinarsi gli equilibri del governo giallo-verde, proprio ala vigilia dell’avvio del nuovo sistema integrato di istruzione 0-6 anni. Mentre dalle fila dell’opposizione e dell’associazionismo già gridano al potenziale xenofobo della proposta.

Esami III media, alunni ammessi con una o più insufficienze: possono essere promossi con voto finale inferiore a sei?

da Orizzontescuola

Esami III media, alunni ammessi con una o più insufficienze: possono essere promossi con voto finale inferiore a sei?

di redazione

Il decreto legislativo n. 62/2017 e il successivo DM n. 741/2017 prevedono che gli studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado possano essere ammessi agli esami anche con una o più insufficienze.

Nel caso di alunni ammessi con una o più insufficienze, gli stessi possono essere promossi con un voto inferiore a 6/10? Prima di rispondere a tale quesito, posto in redazione da diversi nostri lettori, ricordiamo i requisiti di ammissione.

Ammissione all’esame di Stato

In sede di scrutinio finale, il consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato, dispone l’ammissione degli studenti all’esame di Stato, in via generale, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline (voto inferiore a 6/10).  I requisiti per essere ammessi sono i seguenti:

  1. aver frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato, fatte salve le eventuali motivate deroghe deliberate dal collegio dei docenti (Approfondisci);
  2. non essere incorsi nella sanzione disciplinare della non ammissione all’esame di Stato prevista dall’articolo 4, commi 6 e 9 bis, del DPR n. 249/1998, ossia l’esclusione dallo scrutinio finale;
  3. aver partecipato, entro il mese di aprile, alle prove nazionali di italiano, matematica e inglese predisposte dall’Invalsi (il cui voto non influisce sul voto finale a conclusione dell’esame).

Voto di ammissione

Per gli alunni ammessi all’esame di Stato, in sede di scrutinio finale, il consiglio di classe attribuisce un voto di ammissione espresso in decimi, senza utilizzare frazioni decimali.

Il voto di ammissione va espresso sulla base del percorso scolastico triennale effettuato da ciascuno allievo, nel rispetto dei criteri e delle modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel PTOF.

Il voto di ammissione può essere interiore a 6/10, qualora l’alunno sia stato ammesso anche in caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline.

Il voto di ammissione concorre alla determinazione del voto finale d’esame.

Promozione

Rispondiamo al quesito posto all’inizio: Nel caso di alunni ammessi con una o più insufficienze, gli stessi possono essere promossi con un voto inferiore a 6/10?

La risposta è negativa.

Sebbene, infatti, sia prevista l’ammissione con una o più insufficienze, con  voto di ammissione a 6/10, lo studente per superare l’esame deve conseguire un voto almeno pari a 6/10.

Così leggiamo nell’articolo 13, comma 6, del DM n. 741/17 e nell’articolo  8, comma 7, del D.lgs. n. 62/2017:

  • D.Lgs. 62/2017: L’esame si intende superato se il candidato consegue una votazione complessiva di almeno sei decimi
  • DM 741: L’esame di Stato si intende superato se il candidato raggiunge una votazione finale non inferiore a sei decimi

Per superare l’esame di Stato, dunque, a prescindere se lo studente sia stato ammesso con insufficienze o meno, è necessario conseguire una votazione almeno pari alla sufficienza (6/10).

Per la determinazione del voto finale leggi qui

Scarica la guida in formato PDF

Concorso non abilitati con 24 CFU, ITP partecipano con il solo diploma sino al 2024/2025. Dopo serve la laurea

da Orizzontescuola

Concorso non abilitati con 24 CFU, ITP partecipano con il solo diploma sino al 2024/2025. Dopo serve la laurea

di Nino Sabella

La bozza di regolamento dei concorsi pubblico (per partecipare al quale si deve essere in possesso della laurea  e di 24 CFU nelle discipline antro-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche ) e quello riservato (ai docenti con 3 anni di servizio negli ultimi 8) è stato oggetto del parere del CSPI, come già riferito.

Concorso scuola docenti non abilitati, ANTEPRIMA bozza regolamento. 24 CFU o 3 anni servizio, requisiti e prove

L’articolo 4 del Regolamento indica i requisiti richiesti agli insegnanti ITP per partecipare al concorso pubblico, distinguendo (nei  commi 3 e 4) tra concorsi che si svolgeranno entro l’anno scolastico 2024/25 e concorsi che si svolgeranno successivamente a tale data.

Requisiti ITP concorsi entro il 2024/25

Il comma 3 del Regolamento prevede che costituisce requisito d’accesso ai concorsi banditi entro l’a.s. 2024/2025, relativamente ai posti di insegnante tecnico-pratico, il possesso dei titoli previsti nel DPR n. 16/2016, come modificato dal DM n. 259/2017.
E’ la tabella B, allegata al succitato DPR 19/2016, ad indicare i titoli che danno accesso alle classi di concorsoa posti di insegnante tecnico-pratico per la scuola secondaria di primo e secondo grado.
In definitiva, sino all’a.s. 2024/25, gli ITP partecipano ai concorsi con il solo titolo di studio, ossia con il solo diploma.

Requisiti ITP concorsi successivi al 2024/2025

Il comma 4 del Regolamento prevede che costituisce requisito d’accesso ai concorsi banditi entro l’a.s. 2024/2025, per i posti di insegnante tecnico-pratico, il possesso congiunto di:
a) laurea, oppure diploma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di I livello, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso;

b) 24 CFU/CFA acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra-curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche.

A partire dai concorsi banditi successivamente all’a.s. 2024/25, dunque, gli aspiranti ITP devono essere in possesso, oltre che dei 24 CFU, anche della laurea o del diploma accademico di I livello.

Sottolineiamo che, trattandosi di una bozza, potranno esserci delle modifiche.

La bozza di Regolamento

Concorso a cattedra 2018, valutazione documenti non autocertificabili

da Orizzontescuola

Concorso a cattedra 2018, valutazione documenti non autocertificabili

di redazione

L’USR Lombardia, in riferimento al concorso bandito con D.D.G. dell’1 febbraio 2018, n. 85 per il reclutamento di personale docente sui posti comuni e di sostegno nelle scuole secondarie di I e di II grado, ricorda a tutti i candidati che la Commissione giudicatrice provvederà a valutare i titoli previsti dall’allegato A del D.M. del 15 dicembre 2017, n. 995, dichiarati dal candidato nella domanda di ammissione.

Per questi titoli è prevista la sola autocertificazione presentata nella domanda di ammissione.

Si prevede l’invio all’U.S.R. dei soli titoli non documentabili con autocertificazione o dichiarazione sostitutiva, purché dichiarati nella domanda di partecipazione.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 49 del D.P.R. 445/2000 rientrano in questa categoria esclusivamente i certificati medici e sanitari: i documenti non autocertificabili non devono essere inviati, in quanto già autocertificati in sede di presentazione della domanda di ammissione al concorso.

circolare

PON, ai bandi possono partecipare anche le scuole paritarie. La comunicazione della Commissione UE

da Orizzontescuola

PON, ai bandi possono partecipare anche le scuole paritarie. La comunicazione della Commissione UE

di redazione

La Commissione europea ha dato il via libera alla partecipazione ai bandi PON anche alle scuole paritarie, dopo un tira e molla durato più di un anno.

Ne parla Avvenire in un articolo di P. Ferrario, rilanciato dall’Associazione Dirigenti Scolastici DiSAL .

La comunicazione è stata ricevuta dall’ormai ex sottosegretario al Miur Toccafondi, come uno degli ultimi suoi atti. Si attende adesso la lettera formale.

Risorse disponibili

Anche le scuole paritarie, dunque, potranno usufruire, partecipando ai bandi, degli oltre 3 miliardi di finanziamenti comunitari della programmazione 2014-2020, per finanziare progetti relativi a:

  • contrasto alla dispersione scolastica;
  • sviluppo della professionalità dei docenti;
  • rafforzamento delle competenze degli adulti e riqualificazione degli edifici scolastici, oltre ad altri interventi.

Risorse accantonate

Ricordiamo che, in attesa della risposta della Commissione europea, erano state accantonate le risorse da destinare alle scuole paritarie, come riferito anche da Toccafondi:

«Non appena arriverà la comunicazione ufficiale si potrà procedere con i bandi unificati e con la distribuzione alle scuole paritarie dei fondi precedentemente accantonati in attesa della risposta europea. A meno che avverte il deputato centrista il nuovo governo e il Parlamento non vogliano fare marcia indietro, rimettendo tutto in discussione. Mi auguro non lo facciano e, nel caso, dovranno assumersene la responsabilità davanti alle famiglie del milione di alunni delle scuole paritarie. Anche da questo misureremo la volontà o meno di proseguire un percorso che ha portato a risultati positivi per l’intero sistema scolastico».