Richiesta incontro

FLC CGIL, Cisl Scuola e Uil Scuola, con una lettera a firma dei tre Segretari generali, chiedono un incontro al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Marco Bussetti. “Col recente rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro – si legge nella lettera – è stato fatto un primo passo, da tempo atteso, in direzione di un più giusto e adeguato riconoscimento delle professionalità operanti nella scuola, condizione indispensabile per garantire al Paese una scuola pubblica efficace e di qualità, sapendo quanto il lavoro che vi si svolge rappresenti a tal fine un fattore di primaria e decisiva importanza. Da qui l’esigenza che si avvii quanto prima un confronto che traguardi il rinnovo contrattuale del successivo triennio”.

Fra le altre urgenze, secondo i tre Segretari, “la gestione degli esiti del contenzioso dei docenti diplomati, attraverso un provvedimento di cui si sottolinea l’urgenza”.

FLC CGIL, Cisl Scuola e Uil Scuola, ritengono dunque opportuno “un momento di più approfondito confronto” per discutere di tutte le problematiche relative al mondo della scuola.

Prot. N. 226 – UNIT
Roma, 11 giugno 2018

Prof. Marco Bussetti
Ministro dell’Istruzione,
Università e Ricerca
Egr. Ministro,
nel messaggio di saluto e ringraziamento da Lei inviato nei giorni scorsi, primo atto formale dopo il Suo insediamento alla guida del MIUR, oltre a richiamare la Sua personale e lunga esperienza nel mondo dell’istruzione ha manifestato la volontà di lavorare prestando ascolto con cura e attenzione a tutte le componenti della scuola. Un atteggiamento che consideriamo giusto e molto apprezzabile, essendo la scuola un grande e prezioso bene comune al quale sono affidati compiti fondamentali per la formazione delle persone, per la promozione di una cittadinanza attiva e responsabile, per rafforzare la coesione sociale e sostenere prospettive di sviluppo, di crescita e di competitività del Paese. Un bene comune da salvaguardare e valorizzare col massimo impegno, attraverso una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti a vario titolo operanti in ambito politico, sociale, istituzionale.
Col recente rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro è stato fatto un primo passo, da tempo atteso, in direzione di un più giusto e adeguato riconoscimento delle professionalità operanti nella scuola, condizione indispensabile per garantire al Paese una scuola pubblica efficace e di qualità, sapendo quanto il lavoro che vi si svolge rappresenti a tal fine un fattore di primaria e decisiva importanza. Da qui l’esigenza che si avvii quanto prima un confronto che traguardi il rinnovo contrattuale del successivo triennio, essendo già in scadenza il contratto appena rinnovato e dovendosi pertanto già fin d’ora porre le basi, anche sotto il profilo economico, per un proficuo svolgimento di un nuovo negoziato che riconosca le legittime aspettative dei docenti, degli ATA e del personale precario. Nel frattempo ci auguriamo che possa rapidamente e positivamente concludersi il contratto per l’area della Dirigenza Scolastica.
Vi sono, come Lei sa, anche altre urgenze che premono, con riflessi che potrebbero essere di non poco conto per il regolare avvio del prossimo anno scolastico. Tra queste la gestione degli esiti del contenzioso dei docenti diplomati, attraverso un provvedimento di cui si sottolinea l’urgenza, insieme alla necessità di una soluzione che tenga conto in modo equo di tutti i legittimi interessi in campo, e la conclusione in tempi brevi del negoziato in corso sulle operazioni di mobilità annuale.
Su tutte le problematiche alle quali abbiamo solo fatto cenno, ma di cui certamente conosce la rilevanza e l’urgenza, sarebbe quanto mai opportuno un momento di più approfondito confronto: Le chiediamo pertanto, nel segno di quella disponibilità al dialogo e all’ascolto cui da parte nostra assicuriamo la massima disponibilità, di volerci quanto prima convocare per un incontro nel quale le questioni possano essere più puntualmente analizzate e discusse, favorendo l’individuazione di positive soluzioni nel comune interesse costituito dal buon andamento della nostra scuola.
Confidando in un positivo riscontro, rinnoviamo gli auguri di buon lavoro e salutiamo cordialmente.
Flc CGIL
Francesco Sinopoli
CISL Scuola
Maddalena Gissi
UIL Scuola
Giuseppe Turi

Dal ministro Salvini parole e atti sbagliati e diseducativi

Sinopoli: dal ministro Salvini parole e atti sbagliati e diseducativi. La scuola ha i giusti anticorpi, grazie a migliaia di docenti democratici e accoglienti

Anche se la vicenda dolorosa della nave Aquarius, con oltre 600 migranti a bordo, tra i quali molti minori non accompagnati e donne incinte, si è risolta grazie alla disponibilità all’accoglienza da parte della Spagna e del premier Pedro Sanchez, resta un’indelebile ferita nella società italiana per quanto accaduto tra ieri e oggi per effetto delle decisioni scellerate del ministro Salvini di chiudere i porti, di aprire una penosa crisi diplomatica con Malta, ma soprattutto di negare l’attracco alla nave Aquarius, e ad altre imbarcazioni di salvataggio delle Ong.

Ci indigna inoltre la definizione che di queste navi ha voluto dare pubblicamente lo stesso ministro Salvini, “vice scafisti”, insinuando il sospetto che le operazioni di salvataggio non abbiano un carattere umanitario e gratuito, ma siano in qualche modo segnate da profitti. È stata messa in scena, da Salvini e da qualche altro suo collega, un’opera di sciacallaggio politico, al solo fine di ottenere qualche voto in più, e con espressioni da bar sport, e indegne di personalità che svolgono delicati ruoli istituzionali.

Ma v’è di più. Le parole da bar sport di Salvini, la conseguente e autoritaria chiusura dei porti, la mancata accoglienza di appena 600 migranti (è evidente che non v’era alcun pericolo imminente da parte dei migranti e che essi siano stati utilizzati solo per assecondare una precisa strategia politica) introducono nel nostro Paese un elemento di forte diseducazione civile, che si alimenta dell’ideologia orbaniana della chiusura, dell’innalzamento di muri burocratici e reali, della paura del diverso. Le parole sono pietre, e mai come in questo caso quelle di Salvini lo sono diventate per le generazioni di studenti delle nostre scuole. Il messaggio che è stato inviato ai nostri ragazzi è: non abbiate paura, ci rinchiudiamo nella Fortezza Europa e non lasceremo nessuno che abbia un colore della pelle diverso dal nostro.

Ciò che Salvini non sa, o non vuole sapere, è che ogni giorno migliaia di docenti nelle nostre scuole affrontano da vicino il tema dell’integrazione, s’impegnano nella didattica multiculturale, costruiscono le basi per mantenere tra gli studenti relazioni solidali e civili, così come prescrive la Costituzione e la tradizione culturale dell’Europa. I nostri docenti, le nostre scuole sono l’avamposto dell’educazione alla civiltà e al rispetto umano, per le persone, al di là del colore della pelle, della fede religiosa, della cultura di provenienza. E grazie a questa scuola di civiltà milioni di studenti italiani convivono fianco a fianco con centinaia di migliaia di studenti non italiani. Cosa diciamo a questi studenti, che vivono quotidianamente e in modo positivo la multiculturalità, che si relazionano con studenti di stati africani, o orientali, sudamericani? L’Italia alza i muri e non farà entrare nessuno che non sia bianco e ricco? Quanta disumanità c’è in questi messaggi che Salvini lancia ogni minuto? Messaggi dagli effetti nefasti e diseducativi, che però, ne siamo certi, saranno rinviati al mittente grazie all’impegno per la scuola inclusiva e multiculturale che ogni giorno i docenti sanno profondere.

La FLC CGIL aderisce infine all’appello di Anpi, Arci, Azione cattolica, Libera e decine di altri per la riapertura immediata dei porti italiani all’arrivo di vite umane che fuggono da conflitti e disperazione.

Basta a supplenze su sostegno per docenti non specializzati

Orizzontescuola del 11-06-2018

Basta a supplenze su sostegno per docenti non specializzati. Lettera

Prof. M. Saglimbene Comitato Docenti GaE Primaria e Secondaria – La Costituzione Italiana, e la produzione normativa relativa al tema dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, sono probabilmente le più evolute e moderne dell’Unione Europea.

Le leggi 517/1977 e 104/1992 sono, rispettivamente, due vividi esempi dell’ evoluzione di un processo normativo mai sopito, ed hanno dato l’avvio, sin dagli anni settanta, al processo di integrazione scolastica degli alunni con disabilità.

Nnostante un quadro legislativo così moderno, chiaro garante “teorico” di diritti inalienabili nei confronti di alunni con difficoltà, si assiste quotidianamente ad una violazione delle misure minime di supporto agli stessi. Al di là dei proclami ufficiali sulla questione ad oggi, in Italia, vi sono diverse “DECINE di MIGLIAIA” di posti di sostegno in deroga affidati a personale ‘non specializzato’ che non possiede alcuna formazione specifica per i fruitori finali del servizio. I posti in deroga vengono usati come una sorta di ‘ammortizzatore sociale’ per docenti precari o per docenti fuorisede; un modus operandi che svilisce il ruolo e le finalità sociali e formative dei docenti di sostegno.

In un Paese come il nostro, che vanta una tradizione democratica che ha fatto dell’integrazione una sua bandiera, ci si chiede, dunque, come mai le nostre istituzioni siano sorde e cieche davanti ad una situazione paradossale come questa: cattedre in deroga ovvero “temporanee” affidate a personale non specializzato.

Possibile non ci siano soluzioni?

Nelle Graduatorie ad Esaurimento, ad oggi, vi sono 5.917 docenti abilitati sul sostegno distribuiti fra: Infanzia: 2.679, Primaria: 2.091, Secondaria I Grado: 176, Secondaria II Grado: 971. Questi numeri, ovviamente, non coprirebbero le lacune attuali, ma la stabilizzazione di almeno TUTTI questi docenti permetterebbe lo svuotamento progressivo delle rispettive graduatorie e garantirebbe la qualità richiesta per affrontare correttamente e coerentemente il lavoro del docente di sostegno.

Sarebbe, inoltre, auspicabile che il MIUR attivi dei corsi di riconversione (corsi di abilitazione) sul sostegno per tutti i docenti abilitati su classe comune (precari e non) in modo da poter immettere “stabilmente”, su questi posti, personale “qualificato” successivamente alla stabilizzazione di quello già in possesso del titolo, invece di affidarli alla buona volontà di insegnanti chiamati a coprire temporaneamente quei posti. Sarebbe, questa, una misura che, oltre a garantire ottimi livelli di qualità formativa, avrebbe come effetto secondario, ma non trascurabile, lo svuotamento delle Graduatorie ad Esaurimento.

Anno dopo anno, la situazione dei posti in deroga, e la sua “dubbia” gestione, peggiora con grave danno per i fruitori finali che, oltre a non avere una continuità didattica (che e’ il requisito fondamentale), non hanno nemmeno degli insegnanti qualificati che li aiutino. Le statistiche indicano chiaramente che i posti in deroga aumentano, ma il Ministero non adotta nessuna misura per fronteggiare questo trend. Secondo le stime attuali, vi sarebbero circa 8000 posti in deroga nella sola Roma, più di 3000 in Puglia e circa 5800 in Sicilia.

I leader politici che hanno dato vita al nuovo Governo giallo-verde, il Governo che ufficialmente inaugura la terza Repubblica, hanno più volte palesato, ed attuato, la volontà di instaurare un Ministero della Disabilità, mostrando una forte sensibilità verso questa tematica che mai NESSUNO aveva manifestato prima.

La speranza degli alunni con disabilità, e dei docenti, è che questa sensibilità si commuti in volontà politica al fine di intraprendere azioni urgenti che mirino a stabilizzare i docenti già abilitati sul sostegno ed avviare nuovi Corsi di Abilitazione-Riconversione (per abilitati su classe comune) per coprire, stabilizzandole, le cattedre in deroga. Sarebbe, questo, un notevole cambio di rotta degno di un Paese civile ed un chiaro segno di un Paese che vuole crescere e riscattarsi dopo 30 anni di deriva culturale e sociale.

Accesso all’insegnamento

Accesso all’insegnamento: ADI, FLC CGIL e LINK, una petizione per ottenere certezze e tutele per il concorso

Il 3 maggio 2018 si è tenuta, presso l’Università di Roma “La Sapienza”, la III assemblea nazionale sulle nuove modalità di accesso all’insegnamento. Centinaia di aspiranti insegnanti, provenienti da tutta Italia, si sono confrontati circa il nuovo percorso FIT (Formazione Iniziale e Tirocinio) per accedere all’insegnamento.

Ad oggi è partita la corsa ad ostacoli per l’acquisizione dei 24 CFU negli Atenei ma sono numerosissime le questioni in sospeso su cui abbiamo discusso e abbiamo interrogato i rappresentanti delle forze politiche invitate a partecipare all’assemblea: non esiste alcuna certezza circa i tempi del concorso e circa le tutele ed il funzionamento di questo nuovo percorso per diventare insegnanti. Incertezza alimentata anche dalle diverse vedute ascrivibili alle due forze di Governo, Lega e M5S.

Per questo lanciamo oggi la petizione “Certezze e tutele per il concorso FIT!” indirizzata al Ministro Bussetti, affinchè il percorso FIT sia una delle priorità del Governo Conte.

Nei mesi scorsi ci siamo mobilitati affinchè venisse garantito a tutte e tutti gli iscritti agli atenei la gratuità per l’accesso ai 24 CFU e che per i laureati venisse stabilito un tetto massimo di costo. Crediamo che il futuro di migliaia di aspiranti docenti non possa rimanere ancora incerto, siamo pronti a mobilitarci ancora per ottenere l’accesso ai servizi del diritto allo studio per chi acquisisce i 24 CFU, certezze sulla data e sulla modalità delle prove, un contratto FIT che renda il percorso compatibile con supplenze e lavoro e dia a tutti i corsisti una retribuzione dignitosa – 400 euro al mese sono pochissimi! – e la partecipazione delle organizzazione sindacali di studenti e lavoratori e dei corsisti FIT nel monitoraggio dei corsi!

Per superare definitivamente il precariato, combattere le classi pollaio e garantire al Paese una scuola capace di combattere dispersione scolastica e disuguaglianze è inoltre necessario disporre di un congruo numero di posti a concorso.

 

Firma qui la nostra petizione -> https://goo.gl/w4n3kw

 

#VogliamoCertezze #RetribuzioneFITtizia #IoVoglioInsegnare

ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani
FLC CGIL – Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL
LINK – Coordinamento Universitario

Il lavoro dopo il diploma premia solo gli studenti dei professionali

da Il Sole 24 Ore

Il lavoro dopo il diploma premia solo gli studenti dei professionali

di Claudio Tucci

Il primo contratto arriva in genere dopo 12 mesi dal diploma; in un caso su due è a tempo determinato (in media tre mesi – ma poi tende a stabilizzarsi). I periti trovano lavoro principalmente nell’industria. Gli studenti che escono dagli istituti professionali sono assunti in gran parte nel settore dei servizi, ma qui si annidano anche alcuni comparti industriali. A seguire l’agricoltura.

I diplomati dei licei scientifici segnano un “piccolo record”: sono i più veloci a entrare in contatto con impiego – entro un mese risulta infatti “contrattualizzato” il 4,2% del campione (contro ad esempio il 3,6% dei tecnici) -. Il Nord Italia si conferma “maggiormente ricettivo” nei confronti dei neo-diplomati: a parte il Trentino Alto Adige, con il 40,9%, superano il 30% di inserimenti Veneto, Emilia Romagna, Piemonte. La Lombardia, lo sfiora. Un po’ a sorpresa, quasi tutte le regioni del Sud si attestano su un tasso di occupabilità di chi esce dalla scuola secondaria intorno al 20 per cento.

A scattare la prima, inedita, fotografia sull’inserimento nel mondo del lavoro dei diplomati è l’ufficio Statistica e Studi del ministero dell’Istruzione, coordinato dal dg Gianna Barbieri, che, per la prima volta, ha incrociato i propri archivi (sfogliando i dati contenuti pure nei Rapporti di autovalutazione) con le comunicazioni obbligatorie del dicastero del Lavoro. In totale sono stati “osservati” 1.686.573 studenti diplomati, di tutti gli indirizzi, negli anni dal 2010 al 2013, andando, poi, ad analizzare i contratti attivati (e confermati) entro i due anni successivi dal conseguimento del titolo.

Ebbene, a livello assoluto, a due anni dal titolo le “performance” sono piuttosto diversificate: si oscilla dall’11% di occupati tra chi esce dal liceo classico (si prosegue all’università) al 44,5% per i professionali (i tecnici si attestano in una posizione intermedia, al 35,4 per cento).

Certo, i dati non sono gli “ultimissimi”. Nel 2015 l’Italia ha iniziato a uscire dalla crisi, con un Pil in ripresa; l’alternanza era appena divenuta obbligatoria. Ma ora il neo ministro Marco Bussetti potrebbe rivederla, rimodulando le ore in funzione dei singoli indirizzi, come previsto dal «contratto per il governo» (l’auspicio è che comunque la formazione “on the job” resti una fetta importante della didattica – così come lo è in tutti i principali paesi nostri competitor, Germania in primis).

Rispetto al 2013-2015, poi, l’apprendistato per “studenti” oggi sta riprendendo quota, con maggiori attivazioni. «E va pertanto rilanciato – evidenzia il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli -. La nostra proposta l’abbiamo presentata lo scorso giugno. Va disegnata una nuova filiera educativa che leghi, a doppio filo, alternanza e apprendistato a vantaggio di studenti e imprese. E facendo evolvere, entrambi gli strumenti, in chiave Industria 4.0».

Anche l’istruzione professionale, a settembre cambierà pelle, puntando su più indirizzi, da 6 si sale a 11, e un link più stretto con territori e mondo del lavoro. Per l’istruzione tecnica, riordinata nel 2010 da Mariastella Gelmini, al momento il nuovo esecutivo “giallo-verde” non prevede stravolgimenti (anche perché non sembrano necessari, ndr). Meglio, perciò, qualche “ritocco”: «Certamente questo canale formativo “pratico” va collegato di più e meglio con la cultura e l’economia dei territori e con le aziende», risponde il responsabile Scuola della Lega, Mario Pittoni.

Insomma, i dati qui pubblicati, al prossimo aggiornamento, potrebbero riservare diverse novità. E, perché no, anche qualche sorpresa. Per esempio, in base alla fotografia scattata dal Miur, il mondo del lavoro dopo il titolo premia ancora (troppo) i “maschi” e i diplomati con voti di maturità più bassi. Nel corso degli anni osservati, inoltre, emerge pure la “tendenza” a un utilizzo crescente del “tirocinio”, in chiave di periodo di prova: dall’11,6% nel 2010, si passa al 20% del 2013. Che potrebbe, in prospettiva, ridursi con nuovi (e robusti) sgravi su apprendistato e tutele crescenti.

L’etica civica e il carattere nazionale nascono e si coltivano nelle scuole

da Il Sole 24 Ore

L’etica civica e il carattere nazionale nascono e si coltivano nelle scuole

di Alessandro Artini*

Celebrata la Festa della Repubblica e dopo che, per alcuni giorni, il nostro Paese è stato esposto ai venti della speculazione finanziaria per lo straparlare dei politici, è opportuno interrogarsi sulla consistenza della nostra cultura civica. Nei momenti di tempesta, la solidità dei valori che accomunano un popolo rappresenta il principale strumento per superare le difficoltà. Proprio nelle crisi emergono in controluce le vie di salvezza. Ciò accadde agli inglesi che, nella seconda Guerra mondiale, sebbene attanagliati dalla morsa nazista, dimostrarono una indefettibile forza d’animo e vinsero. Anche in casi fortunatamente meno drammatici, come quello recente della Brexit, che ha esposto la loro economia a gravi rischi come l’inflazione, essi, nonostante le polemiche interne, hanno tenuto comportamenti dignitosi verso gli altri paesi.

L’etica civica, che accomuna le persone ed è indipendente dalle scelte confessionali, partitiche, ecc., esclude sia le facili lamentazioni, sia le smodate manifestazioni di rabbia. Dove nasce questo sostrato del carattere nazionale che fonda i comportamenti collettivi? Anzi tutto nelle scuole. In quelle inglesi (ma anche in quelle tedesche, francesi …) si apprende l’educazione civica, muovendo dal rispetto del sistema di regole impersonali che governa le scuole stesse. Si genera così la “religione civile”, cioè un insieme di valori, credenze, simboli, ecc. che dà identità a una determinata comunità nazionale e che la eleva a “bene comune”, da preservare e da non esporre a stolide polemiche.

Nelle scuole inglesi, si apprende questa etica civile fin dai primi anni di vita scolastica, allorché s’innescano i processi di socializzazione secondaria, volti a superare il mondo inevitabilmente ristretto degli affetti familiari. Del resto “educare” significa “condurre fuori”, cioè superare i particolarismi e acquisire un orizzonte di cittadinanza. Si apprende questa etica collettiva anche nello sport, dove la competizione leale rappresenta un valore condiviso che supera la tifoseria. Se ben ricordo, secondo Churchill l’eroica resistenza al nazismo era germinata proprio nei campi dei college, dove i giovani inglesi avevano imparato a battersi negli sport.

Oggi, nella scuola italiana si parla poco di educazione civica che, essendo affidata a una pluralità di docenti, non appartiene a nessuno e per questo è trascurata. Anche la filosofia, eccezione di pregio della nostra scuola (altrove non viene insegnata), non offre adeguati spunti al riguardo. La trattazione in successione storica dei filosofi potrebbe essere interrotta, almeno periodicamente, da quella che Attilio Oliva definisce come la didattica della “controversia civile”, cioè l’apprendimento a dibattere su alcuni temi secondo regole definite, nel rispetto della diversità di posizione. Ma queste proficue interruzioni avvengono di rado.

Molte nazioni investono in educazione civica e ad esempio la Germania, tra quelle europee, lo ha fatto in maniera più rilevante di altre, proprio a causa dei suoi trascorsi (anche se ciò non ha eliminato gli stereotipi anti-Italiani). Gli osservatori notano che il successo economico di questa nazione dipende anche dal modo in cui vi si affrontano le difficoltà di volta in volta emergenti e cioè dal metodo del costante dialogo delle parti politiche e sociali. Quest’ultimo non è estraneo alla didattica civica della scuola tedesca. Da tale prospettiva, la promozione dell’educazione alla cittadinanza e la sua diffusione potrebbero favorire, in Italia, oltre al decoro politico, anche la crescita economica, seppur in tempi non brevi. La questione scolastica, come sempre, investe molti ambiti e quello dell’istruzione è solamente il più diretto ed evidente.

  • Presidente Anp Toscana

Totonomine per viceministro e sottosegretari Miur: Pittoni e Vacca uomini di scuola

da Orizzontescuola

Totonomine per viceministro e sottosegretari Miur: Pittoni e Vacca uomini di scuola

di Elisabetta Tonni

Sono quattro i nomi che circolano per i posti da viceministro e sottosegretari in viale Trastevere. Esami di Stato anche per il Ministero dell’Istruzione. Sono attese in questi giorni le nomine che completeranno la squadra di Governo. Ecco quale potrebbe essere il prossimo scenario.

Il Miur affidato a Marco Bussetti è da considerare a trazione leghista. Il ministro pur non essendo un politico è ritenuto vicino al Senatore Mario Pittoni e al sottosegretario Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini.

Il M5S potrebbe rivendicare una posizione di peso, tipo la nomina di un viceministro, per bilanciare uno dei dicasteri su cui aveva promesso le battaglie più incisive. Tuttavia anche il ruolo dei sottosegretari è di forte impatto e la scelta fra i quattro nomi potrebbe essere il frutto di un equilibrio molto delicato da trovare. Infatti sembra che, sempre per questioni di bilanciamento delle forze, i posti da sottosegretario debbano equamente divisi.

Mauro Coltorti (M5S) è uno dei possibili candidati per le caselle da ricoprire. Geologo, professore ordinario di Geomorfologia, si era parlato di lui come possibile ministro dei Trasporti. Classe 1954, è stato eletto Senatore nel collegio 2 di Ancona quando era presidente della Commissione internazionale cronologia e stratigrafia dell’International union quaternary science. Fa parte della Commissione speciale per l’esame degli atti urgenti presentati dal Governo. Secondo alcune ipotesi, però sarebbe ancora in corsa proprio per il ministero delle Infrastrutture ma come viceministro.

Se così fosse, all’Istruzione, fra viceministri e sottosegretari, potrebbero andare (in ordine alfabetico) Marta Grande, Mario Pittoni, Gianluca Vacca. Su questi candidati, infatti, non sembrano pesare altre ipotesi di incarichi governativi.

Marta Grande, al suo secondo mandato con il M5S nativa di Civitavecchia, classe 1987, si candida nel 2012 alle amministrative della sua città e l’anno successivo alle politiche conquistando il primato di deputata più giovane. Ha esperienza in campo estero sia per la formazione universitaria, sia per aver fatto parte della Commissione esteri. E’ stata membro della commissione di inchiesta sul rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro.

Mario Pittoni, Lega, classe 1950, è eletto Senatore ad Udine, la sua città natale. Muove i primi passi da parlamentare nel 2008 direttamente al Senato. Giornalista pubblicista, è considerato fra gli ideatori e strateghi delle politiche della scuola in chiave Lega. Amico di Giorgetti e fedele a Salvini, il suo nome era stato fra i più quotati al ruolo di ministro dell’Istruzione. Sembra che sulla scelta di Bussetti abbia pesato molto il suo avallo.

Gianluca Vacca, deputato con il M5S, fa già parte della commissione Cultura e Istruzione. Romano di nascita, classe 1973 è stato eletto nel collegio di Pescara ed è attivista del movimento dal 2007. Insegna lettere e latino nelle scuole secondarie dal 2004, quindi conosce bene i problemi della scuola per averli vissuti dall’interno del sistema. Ha partecipato alla nascita del Popolo delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino.

Organici, autonomia alle Regioni. Primo punto nell’agenda del Ministro per gli Affari Regionali

da Orizzontescuola

Organici, autonomia alle Regioni. Primo punto nell’agenda del Ministro per gli Affari Regionali

di redazione

Alcune regioni italiane, come già riferito, hanno avviato l’iter per ottenere ulteriori forme e condizioni di autonomia, amministrativa e legislativa, su temi quali lavoro, istruzione, salute, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e di governo del territorio.

Regioni interessate

Le regioni, che hanno avviato il suddetto iter, sono:  Lazio; Lombarida, Veneto ed Emili Romagna.

L’iter avviato si dovrà concludere con una legge nazionale, dopo l’Accordo Stato-Regioni.

Conseguenze

Nel caso in cui l’iter dovesse concludersi positivamente, le regioni interessate avranno una maggiore autonomia anche in tema di organici, costituendo un apposito fondo che potrà essere utilizzato nel caso di organico aggiuntivo sia per il personale docente che ATA.

Accelerazione dell’iter

Il neo Ministro per gli Affari Regionali, Erika Stefani, si è espressa in merito, affermando che il primo punto da realizzare riguarda proprio l’autonomia di Lombardia e Veneto.

Queste, come leggiamo sull’Huffingtonpost,  le parole della Stefani:

“Il primo punto che intendo realizzare è l’autonomia soprattutto del Veneto e della Lombardia”.

Le parole del Ministro sono state accolte favorevolmente dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana:

“Bene, anzi benissimo. Meglio di così non si poteva iniziare. Le prime dichiarazioni ufficiali di Stefani, nelle vesti di nuovo ministro agli affari regionali, non potevano essere migliori”.

Autovalutazione delle scuole: ecco i voti dei presidi ai loro istituti

da Orizzontescuola

Autovalutazione delle scuole: ecco i voti dei presidi ai loro istituti

di redazione

La valutazione sulle scuole non passa solo per il test Invalsi. Gli istituti didattici si sono attribuiti un voto per capire quali sono le criticità nel sistema di istruzione offerto alla società.

Il quotidiano La Stampa ha analizzato i dati inviati al Miur per l’a.s. 20016/2017 e ha cercato di disegnare anche una mappa per capire dove e quali fossero gli ostacoli maggiori.

Il dato più interessante è proprio quello che dà il titolo all’articolo: “I presidi bocciano oltre 1.200 scuole: i loro risultati sono insufficienti”.

Le scuole dunque non si sarebbero nascoste dietro il facile tentativo di auto lodarsi ma sarebbero state in grado di rilevare i punti da migliorare. Lo avrebbero fatto in particolare 221 istituti con risultati molto al di sotto degli standard nazionali. E nella mappa tracciata dal quotidiano torinese, “il 9% si trova nel Nord Est, il 43,4% nel Sud. La regione più in affanno è senz’altro la Sardegna: in più di un comune su quattro (il 28% per la precisione) il voto medio delle sue scuole è insufficiente”. L’analisi della Sardegna trova un riscontro anche su base provinciale.

Se si legge la situazione al contrario, cioè partendo dall’ottica del miglior funzionamento, risulta che nelle aree del Nord, in pratica sull’arco alpino dalla Val d’Aosta al Friuli, passando per Trento e Bolzano, ci sono delle eccellenze. E anche quando non si raggiunge il massimo del punteggio, nel 60% dei casi la valutazione è buona.

I criteri utilizzati per capire come vanno le cose sono stati quattro: i voti degli studenti; i test Invalsi; le competenze chiave europee; i risultati a distanza nel tempo.

Uno fra i dati più interessanti è proprio quello relativo al terzo punto, quello che “calcola la capacità dei ragazzi di creare rapporti positivi con gli altri, di costruire legalità, di sviluppare un’etica della responsabilità, di ottenere competenze digitali o di mostrare spirito d’iniziativa. Qui la provincia peggiore risulta Rovigo (4,28) mentre la migliore è Isernia (5,53)“.

Pensioni, importi più bassi per chi smetterà di lavorare nel 2019

da La Tecnica della Scuola

Pensioni, importi più bassi per chi smetterà di lavorare nel 2019

L’alfabetizzazione finanziaria, uno strumento di ‘crescita’ per famiglie e donne

da Tuttoscuola

L’alfabetizzazione finanziaria, uno strumento di ‘crescita’ per famiglie e donne

L’educazione finanziaria, secondo l’OCSE, è “quel processo mediante il quale i consumatori/investitori migliorano le proprie cognizioni riguardo a prodotti, concetti e rischi in campo finanziario e, grazie a informazioni, istruzione e/o consigli imparziali, sviluppano le abilità e la fiducia nei propri mezzi necessarie ad acquisire maggiore consapevolezza delle opportunità e dei rischi finanziari, a fare scelte informate, a sapere dove rivolgersi per assistenza e a prendere altre iniziative efficaci per migliorare il loro benessere finanziario”(OCSE 2005, Recommendation on Principles and GoodPractices for Financial Education and Awareness).

Gli italiani e, soprattutto, le donne sanno poco di economia e finanza. Lo dimostrano studi e indagini. Molte ricerche Ocse e in particolare “l’ultimo Rapporto sulle scelte di investimento delle  famiglie realizzate dalla Consob non fanno che certificare l’ignoranza degli italiani. Giovani e meno giovani, tutti bocciati in educazione finanziaria” (“Ora di finanza obbligatoria” di Beniamino Piccone, lavoce. Info del 21 ottobre 2016). Mentre negli altri Paesi le differenze di genere non sono significative, in Italia le donne sono meno alfabetizzate sul piano delle competenze finanziarie  degli uomini.

Anche i risultati dell’’indagine promossa dal Museo di Risparmio di Torino, in collaborazione con Episteme e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, per l’acquisizione di puntuali informazioni del livello di consapevolezza e padronanza della popolazione femminile nella gestione del denaro, presentati lo scorso 25 ottobre da Giovanna Paladino, direttrice del Museo, documentano, in particolare, che il grado di educazione finanziaria delle donne è più basso di quello degli uomini. Le forme di discriminazione economica, osserva la professoressa Paladino “possono limitare l’indipendenza della popolazione femminile … Le donne che ne sono vittime perdono autostima e autonomia e tendono a isolarsi e a non avere il coraggio di denunciare abusi e violenze”. Sempre secondo Paladino, diventa essenziale “sensibilizzare le donne sull’importanza di acquisire un’educazione finanziaria di base e stimolare una gestione proattiva dei loro risparmi”.

Il problema non è solo la debole/insufficiente competenza sul tema finanziario, ma spesso la mancanza di interesse da parte delle donne su questi temi, vissuti come elemento maschile, fatto di grandi strategie incomprensibili e  “altro” rispetto alla gestione quotidiana del risparmio domestico.

La ricerca mette, ancora, in evidenza che un livello adeguato di studio non rappresenta una garanzia di maggiore esperienza a livello finanziario. Le donne sono meno preparate degli uomini, pur avendo livelli di formazione di base e terziaria comparabili o superiori.

La rilevazione del Museo del Risparmio ha coinvolto un campione rappresentativo della popolazione italiana compresa tra i 18 e 64 anni. Sono stai somministrati 1030 questioni di cui 752 a un campione specifico dell’universo femminile.

 Approccio sinergico caposaldo per un’azione efficace

Il basso livello di conoscenze finanziarie impone di promuovere riflessioni sui profili più delicati dell’educazione finanziaria, con particolare riferimento alla rilevazione dei bisogni formativi, all’individuazione dei destinatari delle iniziative, priorità e criteri d’intervento, alla definizione di una comunicazione innovativa e efficace. In assenza di puntuali iniziative il problema dell’ignoranza degli elementi economici-finanziario assumerà dimensioni sempre più preoccupanti.

Da qui la necessità di far crescere l’attenzione sull’educazione finanziaria, di parlarne in modo più ampio e diffuso non solo sulla stampa di settore ma anche in talk show e trasmissioni di divulgazione. Anche il sistema educativo potrebbe svolgere un ruolo importante facendo da traino allo sviluppo di azioni che possano stimolare il cambiamento culturale del Paese, assicurando un maggiore coordinamento fra le singole azioni e lo sfruttamento di sinergie tra le offerte disponibili.

I diversi soggetti istituzionali competenti sono chiamati a farsi carico della responsabilità di fare scelte e agire nel più breve tempo possibile. La credibilità della classe dirigente non è solo quella relativa al rispetto delle regole e della trasparenza, è anche quella dell’efficacia dell’azione. Azione che non può risolversi solo nei confronti estenuanti fra i singoli attori per ritrovarsi, infine, nell’ennesima urgenza, sotto la quale giustificare eventuali errori. Si deve assumere la responsabilità di agire, mettendo in conto di poter anche sbagliare perché il peggiore sgarbo che si può fare ai cittadini è il colpevole immobilismo.

Fare educazione finanziaria non è facile perché far parlare le persone dei propri “soldi” non è cosa agevole in quanto non hanno la piena consapevolezza che il denaro di per sé non è buono o  cattivo ma che può essere negativa la finalità per la quale si usa.

C’è la necessità di una strategia nazionale di educazione finanziaria decisa dalla Cabina di regia, presieduta dalla professoressa Annamaria Lusardi, istituita presso il Mef, basata su alcuni elementi definiti, anche sulla base di puntuali contributi del Miur che porti ad un miglioramento della cultura economico-finanziaria delle persone che dimostrano il più basso livello di conoscenza.

L’agenda politica, poiché una delle sfide per l’educazione finanziaria è misurarsi con una platea estremamente differenziata sia in termini di fabbisogni sia di capacità di accesso ai vari canali informativi, in via prioritaria, potrebbe puntare a intervenire su specifici gruppi della popolazione, segmentati per livelli di vulnerabilità finanziaria o bisogni contingenti a eventi del ciclo sociale.

Approccio di sistema per docenti di genere femminile

Poiché l’OECD PISA 2015 che misura l’educazione finanziaria tra gli adolescenti trova che il gap si è ridotto in tutti i paesi tranne che in Italia, potrebbe essere interessante puntare su interventi di informazione e formazione calibrati sul personale docente di genere femminile. Il punto centrale, l’elemento dirimente di questa ipotesi progettuale è il considerare gli insegnanti in quanto genitori e, come tali, portatori di un bisogno connesso principalmente alla sfera personale e familiare. Secondo questa prospettiva destinatari dei percorsi di educazione finanziaria, realizzati dai CPIA, che possono rappresentare un laboratorio di innovazione, sono gli insegnanti/genitori/madri delle scuole di ogni ordine e grado.

Lecito soffermarsi sul perché di tale priorità formativa, visto che può non apparire del tutto chiaro a chi culturalmente considera quel che attiene alle “finanze” come qualcosa di segreto da non “rivelare”.

In primo luogo gli insegnanti costituiscono un bacino d’utenza stabile e numericamente importante che il CPIA potrebbe coinvolgere nei propri percorsi di educazione finanziaria. In valori assoluti sull’intero territorio nazionale gli insegnanti sono oltre 800.000 unità e rappresentano il 6% della potenziale utenza del sistema di istruzione degli adulti. Di questi, oltre l’80% sono donne, target particolarmente interessante da coinvolgere: con riferimento alla ‘financial literacy’ il divario di genere ha un peso significativo.

In secondo luogo i docenti si trovano già nei luoghi presso i quali vengono erogati i percorsi dei CPIA e pertanto è più semplice e immediato intercettarli.

In terzo luogo gli insegnanti potrebbero mettere a profitto le conoscenze e le competenze acquisite nei percorsi di educazione finanziaria non solo per la propria vita personale e familiare ma anche per la loro attività professionale in momenti e in contesti successivi.

Infine, la prospettiva introdotta dalla legge 92/2012, che di fatto crea il diritto ad apprendere lungo tutta la vita, garantisce agli insegnanti – in quanto adulti – l’opportunità di fruire dei percorsi di cittadinanza sviluppati dai CPIA.

Benefit non obbligo

Gli insegnanti infatti sono generalmente visti come fruitori di formazione obbligatoria  in servizio o continua e non destinatari di benefit mirati. Il percorso si configurerebbe come un vero e proprio percorso di apprendimento assicurato dai CPIA nei confronti di uno specifico target (gli insegnanti/genitori/madri delle scuole di ogni ordine e grado) rispetto al più ampio insieme della popolazione adulta.

Questa  prospettiva, che ha risvolti significativi sul piano dell’analisi dei bisogni formativi della popolazione adulta, potrebbe aprire a scenari particolarmente interessanti, fare emergere una domanda di formazione latente e contribuire a ridurre il deficit formativo della popolazione adulta italiana in materia di alfabetizzazione finanziaria, che è tra i più alti nell’ambito delle economie avanzate.

Gli obiettivi della erogazione gratuita di programmi di qualità di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale agli insegnanti-genitori, dovrebbero essere sostanzialmente finalizzati

a far acquisire consapevolezza relativamente al tema della propria vita economica presente e futura, dei punti di forza e debolezza della propria situazione economica e finanziaria, delle necessità presenti e future che consentiranno equilibrio e stabilità che influiscono sulla scelta consapevole di diritti e doveri ossia nell’autonomia di ogni cittadino.

Perché il progetto, un sentiero tutto da percorrere e un campo da arare, abbia successo occorre che i destinatari, per i quali viene pensata, comprendano che essa viene assunta per arrecare benefici futuri per sé e per le nuove generazioni, cioè i figli.

Molti se, ma senza sfide ambiziose non si realizzano risultati significativi. Perché trama e ordito producano più benessere finanziario è necessario un gioco di squadra, una convergenza di intenti fra tutti gli attori, ma anche la messa al bando di una miscela sterile di pessimismo e frustrazione.

Il Miur pensi in grande nel settore dell’educazione finanziaria: questa è la possibilità di vincere una grande sfida, sperando di coglierne i frutti presto.

60 ANNI DI EDUCAZIONE CIVICA NELLA SCUOLA ITALIANA

UCSI  Unione Cattolica  Stampa  Italiana
Sezione Provinciale di Catania

60 ANNI DI EDUCAZIONE CIVICA NELLA SCUOLA ITALIANA
LA LIBERTA DI EDUCAZIONE IN ITALIA E IN EUROPA

Il 13 giugno del 1958  il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e  Ministro dell’Istruzione, Aldo Moro, hanno  firmato il DPR n.585, che ha  introdotto l’Educazione Civica nella  scuola italiana come disciplina curriculare , oggi denominata “Cittadinanza & Costituzione.

L’UCIIM  (Unione Cattolica degli Insegnanti ) che si è sempre battuta per una completa educazione dello studente e nel 1957 al Castello Ursino ha celebrato un convegno nazionale che ha prodotto poi all’introduzione dell’Educazione Civica nella scuola italiana  intende ricordare l’evento storico, occasione di riflessione  sulle molteplici emergenze della scuola oggi .

L’UCSI  (Unione cattolica stampa italiana) con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti  che ha concesso i  crediti  formativi  intende accendere i riflettori anche sulla   crisi delle scuole paritarie, l’eutanasia delle scuole cattoliche , sollecitando   una presa di coscienza sul diritto  della libertà di educazione  sancita dalla  Costituzione  della quale si celebrano i 70 anni.

L’incontro introdotto e moderato dal preside : Giuseppe Adernò, presidente UCSI di Catania , avrà come relatori la prof: Maria Teresa Moscato –  Docente di Pedagogia – Università di Bologna; il prof . don Giuseppe Costa  – Giornalista – Già Direttore Libreria Editrice Vaticana e Suor Anna Monia Alfieri– Giornalista –  Esperta di politiche scolastiche  della Lombardia

Il convegno avrà luogo MERCOLEDI 13 GIUGNO  – inizio ore 16,00 presso l’Auditorium “Palazzo  Ex ESA” uffici della Presidenza  Regionale a  Catania  – Via Beato Bernardo n. 5  (Piazza San Domenico) Catania

Ai giornalisti partecipanti vengono  riconosciuti i crediti formativi

Per gioco e sul serio

A Firenze la presentazione del volume Indire “Per gioco e sul serio”

Un catalogo sulla letteratura giovanile italiana dagli anni ‘20 alla fine degli anni ‘70

 La storia della letteratura giovanile italiana, raccolta nel volume “Per gioco e sul serio. Libri di ricreazione e libri di lettura del Fondo Antiquario di letteratura giovanile Indire”, a cura di  Pamela Giorgi, Irene Zoppi e Marta Zangheri, sarà al centro di un incontro che si terrà martedì 12 giugno alle ore 16 a Firenze, nella Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana (via de’ Ginori, 7).

L’opera raccoglie circa 550 volumi e 58 testate di periodici italiani, pubblicati tra i primi anni dell’Ottocento e la prima metà del Novecento: una realtà quasi unica nel panorama del nostro Paese, che testimonia la nascita e l’evolversi della letteratura per ragazzi e dell’editoria specializzata nel settore. Il periodo storico preso in considerazione ha inizio nel 1923, durante la Mostra Didattica Nazionale a Firenze, in cui furono esposti i risultati della Riforma Gentile, e termina nella metà degli anni ‘70.

Il volume verrà introdotto da Diana Marta Toccafondi, responsabile della Soprintendenza Archivistica per la Toscana, a cui farà seguito la ricercatrice di Indire, Pamela Giorgi, responsabile dell’Archivio storico dell’Istituto, che illustrerà il percorso di valorizzazione del patrimonio documentario e bibliografico di Indire. Il pedagogista Franco Cambi guiderà il pubblico tra testi e iconografie all’interno del Fondo, alla ricerca di possibili itinerari didattici. Marta Zangheri, ex bibliotecaria della “Marucelliana” di Firenze, e Irene Zoppi, collaboratrice nell’Archivio storico di Indire, presenteranno il volume. L’incontro terminerà con l’intervento sul futuro dell’editoria giovanile di Carla Ida Salviati, studiosa di storia dell’editoria e a lungo direttrice dei periodici scolastici di Giunti.

Il valore della raccolta è testimoniato dalla presenza nel Fondo Antiquario di Letteratura giovanile di grandi e famosi autori come Emma Perodi, Carlo Collodi, Luigi Capuana, Emilio Salgari e Vamba. A ciò si aggiungono una varietà editoriale e di tematiche, oltre a una differenziazione dei destinatari dei libri, dai bimbi più piccoli fino alle giovinette, completi di “istruzioni” per un comportamento consono al ruolo della donna.

Inoltre, sono presenti le illustrazioni che accompagnano le opere del Fondo: dalle novelle e le filastrocche per i più “piccini”, le varie edizioni illustrate di Pinocchio, fino a quelle inserite nei racconti per i giovani, nei testi destinati alle “giovinette” e nei periodici per ragazzi del Novecento.