Per la didattica a distanza ora serve il contratto

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Per regolare la didattica a distanza e le attività collegiali in videoconferenza ci vuole un contratto ad hoc. Finora i docenti hanno navigato a vista ma ora, sebbene in zona Cesarini, il senato ha deciso di colmare questo vuoto normativo. E di ricondurre il lavoro dei docenti, durante l’emergenza sanitaria, nell’alveo della legalità. È quanto si evince da un’integrazione apportata al decreto legge 22/2020, adottata dal senato nel disegno di legge di conversione approvato il 28 maggio scorso. La norma ha un valore meramente simbolico perché, di fatto, è inattuabile: l’anno scolastico volge al termine e non si farà in tempo a stipulare alcun contratto. Tanto più che la vigenza di tale accordo, per espressa previsione del provvedimento, cesserebbe al 31 luglio prossimo, termine finale dello stato d’emergenza deliberato dal consiglio dei ministri il 31 gennaio scorso.Ma è comunque importante perché riconosce, sebbene tardivamente, il valore delle prestazioni volontarie erogate dai circa 7 mila docenti, che si sono fatti in 4 per continuare ad insegnare a distanza, senza che ve ne fosse alcun obbligo. È del 9 aprile, infatti, la prima disposizione di legge che introduce il principio dell’obbligatorietà della didattica a distanza (si veda l’art. 2, comma 3, del decreto legge 22/2020). Che però è priva dei requisiti di effettività. Perché trattandosi di una norma primaria, affinchè possa dispiegare effetti, necessita dell’emanazione della normativa di dettaglio. Che nel caso specifico, stante la contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici introdotta con il decreto legislativo 29/93, va scritta a 4 mani al tavolo negoziale dal governo e dal sindacato. In altre parole, affinché potesse essere considerata obbligatoria, la didattica a distanza avrebbe dovuto essere regolata da un contratto collettivo ad hoc. E il contratto non c’è. Il legislatore ne ha preso atto, sebbene con forte ritardo, e il senato lo ha messo nero su bianco nel disegno di legge di conversione approvato il 28 magsgio (1774): « Fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, dovuto al diffondersi del virus Covid-19», si legge nel dispositivo, «le modalità e i criteri sulla base dei quali erogare le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi resi dal personale docente del comparto Istruzione e ricerca, nella modalità a distanza, sono regolati mediante un apposito accordo contrattuale collettivo integrativo stipulato con le associazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale per il comparto Istruzione e ricerca». Il disegno di legge di conversione contiene un’ulteriore norma «riparatrice». Che prevede la possibilità, per gli insegnanti di ruolo, di utilizzare i 500 euro della carta del docente « per l’acquisto di servizi di connettività». Anche in questo caso il legislatore ha riconosciuto implicitamente l’illegittimità della pretesa avanzata dal ministero dell’istruzione nei confronti dei docenti. Laddove si è dato per scontato che la didattica a distanza e la partecipazione alle riunioni degli organi collegiali dovessero essere effettuate dagli insegnanti distraendo dall’uso privato la propria strumentazione. A differenza della norma sulla contrattualizzazione della didattica a distanza, che difficilmente troverà attuazione in tempo utile, quest’ultima norma potrà dispiegare un qualche effetto nel caso in cui i docenti non abbiano già speso i 500 euro della relativa disponibilità.