Settembre a scuola senza mascherine: il Governo ci prova

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Un rientro in classe a settembre liberi dalle mascherine. E’ l’obiettivo al quale punta il governo sulla base dei numeri attuali, in netto decremento, della pandemia da Covid-19 nel nostro Paese. Un traguardo che potrebbe dunque essere raggiungibile, anche se il dibattito resta aperto e bisogna fare ancora i conti con i ritardi delle Regioni sul fronte delle vaccinazioni agli adolescenti tra 12 e 16 anni, condizione importante proprio per garantire che il ritorno tra i banchi avvenga in sicurezza: «Noi siamo pronti a vaccinare, ma non abbiamo ad oggi le dosi per farlo», è la denuncia dei pediatri.

Lo stop alle mascherine nelle aule scolastiche è tra i segnali che vanno dati, come spiega il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. «Con i numeri e il ritmo della campagna vaccinale in corso e l’obiettivo dell’immunità di gregge per fine settembre – ha spiegato – è logico pensare che i ragazzi possano tornare in classe senza le mascherine, pur mantenendo la distanza tra di loro». Per Costa infatti «è importante che la politica dia dei traguardi, delle prospettive, altrimenti rischiamo di non essere credibili. Dobbiamo alimentare un clima di fiducia verso i vaccini e con le somministrazioni si può dire che si torna a una quasi normalità». Insomma, «ci sono tutte le condizioni per assumersi questa responsabilità offrendo consapevolezza alle persone sulla bontà della vaccinazione», ha assicurato, «dobbiamo dare credibilità a quello che diciamo tutti i giorni, altrimenti i cittadini avrebbero ragione a chiedersi “perchè mi vaccino se non vedo un traguardo?”. Togliere le mascherine in aula fa parte di questo ragionamento».

Il governo ci prova, insomma, ma non mancano i distinguo. Più cauto è, ad esempio, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, che rileva come «andando avanti con le vaccinazioni si arriverà progressivamente anche a togliere le mascherine al chiuso, ma non può essere indicata una data oggi, né può essere fatta una previsione». «Aspettiamo almeno l’autunno», è il suo invito, considerando che «bisognerà vedere come procederà il virus». Ma una «eventuale ripresa dei contagi francamente ci sarà – avverte – e a quel punto si deciderà quando togliere definitivamente la mascherina».

Mascherine a parte, resta il grande nodo dell’avvio delle vaccinazioni dei giovanissimi dai pediatri di famiglia. E le difficoltà non sono poche. I pediatri «sono pronti a vaccinare i ragazzi tra 12 e 16 anni e avremmo voluto già iniziare ma, a tre mesi dalla sigla del Protocollo d’intesa nazionale, ancora non abbiamo le dosi di vaccino e in troppe Regioni mancano gli accordi attuativi», afferma il presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), Paolo Biasci. Da qui un appello alle Regioni: «Metteteci al più presto nelle condizioni di poter vaccinare. L’obiettivo è infatti arrivare a metà settembre alla riapertura delle scuole con i ragazzi vaccinati ma i tempi sono stretti. Bisogna agire subito. Abbiamo risposto prontamente all’appello del ministro della salute Speranza e del commissario Figliuolo, ma ad oggi non siamo ancora stati messi nelle condizioni di poter avviare le vaccinazioni».

Allo stesso tempo, i pediatri rinnovano l’invito ai genitori a non avere dubbi circa l’importanza dell’immunizzazione per gli adolescenti. E proprio per chiarire ogni perplessità hanno stilato un decalogo. «Evitare una malattia pericolosa per sé e per gli altri, i rari decessi, i ricoveri per complicazioni, la sindrome Long-Covid, l’interruzione della frequenza scolastica e delle attività sociali, e poi contenere i contagi di parenti anziani e di compagni di scuola non vaccinati o non pienamente immunizzati, contribuire al controllo della pandemia e delle varianti del virus e infine creare consapevolezza dell’importanza che ciascuno faccia la propria parte anche tra gli adolescenti. Queste – spiega Biasci – le nostre indicazioni per i genitori che si accostano con mille domande alla vaccinazione dei loro figli adolescenti». Con l’immunizzazione dei ragazzi, assicura, «ci guadagna la loro salute, quella dei nonni e dell’intera comunità».