La questione delle sedi ri-dimensionate

Finalmente risolta la questione delle sedi scolastiche ri-dimensionate?

Francesco G. Nuzzaci

Solo poche parole per dire che sembrerebbe di sì, dopo che ne stiamo scrivendo da oltre un anno su questa rivista e altrove, pensando di proporre soluzioni rispettose di leggi dello Stato e sforzandoci di non deragliare dai binari della logica. E dopo che di recente una sentenza del giudice del lavoro di Cassino (n. 225 del 6 maggio 2022) ha sbeffeggiato il Ministero dell’istruzione “che, valorizzando in modo improprio e del tutto inconferente un passaggio della relazione tecnica di accompagnamento in cui si legge che la deroga in esame non dispone l’incremento delle facoltà assunzionali e l’autorizzazione ad assumere a tempo indeterminato, in spregio ai criteri della interpretazione letterale ex art. 12 delle c.d. preleggi, ha concluso che le predette sedi devono essere escluse dal computo dei posti vacanti e disponibili ai fini della mobilità interregionale”.

Per il vero stupisce che a distanza di quarantotto ore dall’evento non ve ne sia ancora traccia nei media, forse perché assorbiti dalle chiassose polemiche sul nuovo sistema di reclutamento dei docenti, sulla loro formazione incentivata, su uno (pseudo) sviluppo di carriera che non c’è, così come non c’è neppure l’ombra di quel middle management o della creazione di figure intermedie o alte professionalità (pure affacciatesi nei contratti collettivi nazionali di lavoro delle funzioni centrali e della sanità, già stipulati o in via di sottoscrizione) quali figure organizzatorie di supporto alla dirigenza e fondamentali perché la tanto celebrataautonomia scolastica possa decollare: con buona pace delle imperiose asserzioni del PNRR e destinate ad essere clamorosamente disattese.

L’evento si legge nel testo licenziato dal Senato della Repubblica con l’aggiunta in sede di conversione del decreto-legge 36/2022 all’articolo 47 (Misure perl’attuazione del PNRR di titolarità del Ministero dell’istruzione) del comma 7 nel punto in cui, integrando la previsione dell’articolo 1, comma 978 della legge 178/2020 (poi prorogata per gli anni scolastici 2022-2023 e 2023-2024 dalla legge 234/2021), dispone – anzi, impone – che:

a) le scuole aventi un numero di alunni uguale o superiore a 500 (300 nelle c.d. zone in deroga) “sono disponibili per le operazioni di mobilità regionali e interregionali e per il conferimento di ulteriori incarichi sia per i dirigenti scolastici sia per i direttori generali e amministrativi”, laddove si rende in positivo quel che la primigenia legge aveva formulato in negativo statuendo che le istituzioni scolastiche con un numero di alunni inferiore a 500 ovvero 300 nelle isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, dovevano essere conferite in reggenza a un dirigente titolare in altra scuola e che ad esse non poteva essere assegnato in via esclusiva un DSGA;

b) “resta fermo” quanto disposto dal decreto-legge 4/2022, convertito dalla legge 25/2022, in materia di mobilità straordinaria dei dirigenti scolastici, cui è destinato il 60% dei posti disponibili in ogni regione.

Il testo di Palazzo Madama è stato subito trasmesso alla Camera, che lo approverà senza modifiche perché deve essere rispettato il termine del 29 giugno per la sua conversione in legge, per cui il condizionale“sembrerebbe”, o il punto interrogativo del titolo, non si riferiscono a questo pacifico passaggio parlamentare bensì a quello che avverrà nelle stanze di Viale Trastevere a partire dal 30 giugno: dove è facile prevedere la riproposizione degli oscuri arzigogoli per poter, per la terza volta, vanificare in via interpretativa la volontà del Legislatore.

Una per tutte: oltre a doversi rifare le operazioni di mobilità e di conferimento degli incarichi, come coprire con un loro dirigente le altre circa 200 sedi provvisoriamente ri-dimensionate, dato che la graduatoria dell’ultimo concorso a dirigente scolastico (insieme a quella residuale della Campania per il concorso del 2011) sarà divenuta incapiente? Dovrà temporaneamente rivivere la figura del c.d. preside incaricato, abolita dalla legge 43/2005 e posto che l’Amministrazione non si è data particolarmente d’attorno per accelerare l’iter di un nuovo concorso a dirigente scolastico, colpevolmente fermo a una bozza di sei mesi addietro e sulla quale il CSPI aveva già espresso il parere di rito?

Abbiamo l’impressione, e non è per nulla gradevole, che sull’argomento dovremo ritornarci.