M. Sabella, Lo sputo

Marzia Sabella, magistrato e scrittrice

di Antonio Stanca

Nel 2014 con Einaudi il magistrato Marzia Sabella aveva pubblicato Nostro onore. Una donna magistrato contro la mafia, ora con Sellerio ha pubblicato Lo sputo.

Nata in provincia di Agrigento nel 1965, la Sabella si è laureata in Giurisprudenza a Milano e, diventata magistrato, ha iniziato il suo lavoro presso la procura di Palermo. Qui nel 1996, a trentuno anni, vide la pedofilia come un reato e istruì un processo ai pedofili di Ballarò. Lo vinse e ne conseguì una legge, prima in Italia, contraria alla pedofilia. Altri successi avrebbe ottenuto da sola o in collaborazione, altri meriti le sarebbero stati attribuiti, una carriera in salita sarebbe stata la sua. Ora è procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Palermo dopo essere stata per alcuni anni a Roma nella Commissione Parlamentare Antimafia.

Ne Lo sputo dice della situazione, della vita di una donna siciliana, Serafina Battaglia, che ha perso prima il marito, Stefano, e poi il giovane figlio, Totuccio, perché uccisi dalla mafia a poca distanza di tempo. Erano gli anni ’60 e Serafina non sapeva rassegnarsi, in particolare alla perdita del figlio, voleva riscattarla, vendicarla e vistasi abbandonata, privata di ogni appoggio, di ogni riferimento, si era rivolta alla giustizia, aveva portato nei tribunali i suoi casi. Non aveva avuto paura di fare nomi, di accusare chi pensava fossero i colpevoli, di esporsi in prima persona in un ambiente così pericoloso. Vestita di nero, con una pistola nel reggiseno, sarebbe diventata “la vedova della lupara”, avrebbe declamato ad alta voce le sue ragioni, le avrebbe gridate ai giudici, avrebbe coperto di “sputi” i colpevoli che stavano dietro le sbarre durante i processi. Eccezionale, eroico, senza precedenti era il suo atteggiamento, nessuno e men che mai una donna aveva pensato di accusare la mafia, di far fronte ad essa, di non temerla. Ora lo stava facendo l’umile Serafina che nella sua piccola casa trascorreva molto tempo a pregare, a piangere davanti all’altarino allestito in memoria di chi aveva perso. Era umile, modesta Serafina ma era anche carica di rancore, smaniosa di recuperare la dignità, l’onore perduto, di salvare il nome della famiglia. Altera, fiera l’avevano resa questi bisogni, una rivoluzionaria l’avevano fatta diventare rispetto al contesto che l’aveva vista nascere e crescere. Inizierà, quindi, la sua battaglia, la condurrà anche se in modi poco idonei alle aule dei tribunali e la vincerà, manderà in carcere i colpevoli di quei delitti. Un nuovo corso sembrerà essere iniziato in Sicilia con l’esempio di Serafina Battaglia. Non più paura bisogna avere sembrerà voler dire la sua azione, liberi si può vivere da sospetti, ricatti, intimidazioni, da tutto quanto era proprio di quell’ambiente da quando la mafia era diventata un’istituzione. Una vittoria che non sarebbe durata a lungo, che sarebbe finita ben presto perché liberati entro poco tempo sarebbero stai quei mafiosi prima riconosciuti colpevoli. Personaggi, ambienti ancor più potenti avevano provveduto a far tornare tutto come stava, a ristabilire la paura, la diffidenza, la sfiducia. Serafina sarà considerata una visionaria, sarà evitata, isolata e in questo stato finirà i suoi giorni. La verità era stata coperta dalla menzogna e bene è riuscita la Sabella a rappresentare una simile situazione. Più di tutti era lei a poterlo fare perché i magistrati conoscono bene quanto avviene in questi casi, sanno tutto di certe persone, dei loro movimenti.

Per la Sabella, però, non c’è stata solo la perizia del magistrato ma anche la capacità della scrittrice, quella che l’ha fatta riuscire semplice nell’espressione e coinvolgente nel contenuto. Non è solo un documento questo suo lavoro ma anche un romanzo, non solo una registrazione ma anche una narrazione!