C. Gamberale, Per dieci minuti

Chiara Gamberale, una scrittura utile

di Antonio Stanca

Un romanzo di Chiara Gamberale, Per dieci minuti, pubblicato nel 2013, è il sesto numero della collana “Il senso della vita” promossa di recente da La Repubblica.

Gamberale è nata a Roma nel 1977. A Bologna, presso il DAMS dell’Università, si è laureata in Lettere. Nel 1999, a ventidue anni, aveva esordito nella narrativa con Una vita sottile, romanzo che molto assomiglia ad un diario dal momento che riporta le varie fasi della vita della giovane protagonista. Una ragazza, Chiara, che,animata dalla fiducia nei valori dell’idea, dello spirito, riesce a superare il grave stato di deperimento fisico e psichico al quale sembrava destinata per sempre.

Dopo questa prima esperienza da scrittrice la Gamberale si era dedicata alla televisione, alla radio, aveva collaborato con giornali e riviste, aveva creato il festival “Procida racconta”, si era rivelata un’intellettuale impegnata nei tanti problemi cherientrano oggi nella sfera dell’attualità. Molto attenta, molto riflessiva, molto abile nell’esposizione orale e scritta era stata e la sua notorietà non aveva tardato ad arrivare. Sarebbe aumentata con gli altri romanzi, avrebbero avuto notevoli riconoscimenti e molte traduzioni, avrebbero continuato quelli che erano stati i modi della prima opera narrativa. In particolare la tendenza della Gamberale all’autobiografismo, a fare del suo nome, della sua vita anche quelli dei suoiprotagonisti, l’intenzione di distinguere tra realtà e idea,materia e spirito, di riuscire vicina a chi legge, al pubblico, alla gente, di far posto ai problemi di questa. È di sé e degli altri che vuole scrivere, di tutti vuole dire. E lo fa muovendo dalla sua vita, stando nella vita sua e in quella degli altri con le sue opere. Per questo succede che abbiano spesso il tono, il modo del diario, chesembrino documenti, cronache di vita. Anche in Per dieci minuti è così, anche qui la protagonista ha il nome dell’autrice. È questa a volersi narrare e a voler narrare degli altri, di tanti altri.

La Chiara del romanzo è stata lasciata dal marito, è impegnata a dire del problema della separazione, uno dei più attuali. È lei a viverlo, è lei a scrivere di sé e di altri. Anche questo sembra un diario, lo sembra più delle altre opere poiché date hanno per titoli le sue parti, le date dei giorni del mese di dicembre dell’anno 2012. Allora era avvenuta la separazione. Era stato quando marito e moglie si erano trasferiti a Roma e avevano lasciato la casa, in campagna, dei genitori di lei. Lì era nata e vissuta Chiara fino al matrimonio. A Roma mal si adattava, non ce la faceva. Tra l’altro le era stata tolta la rubrica “Pranzi della Domenica” che da tempo curava per un settimanale. Niente le era rimasto, anche il maritoaveva perso. Aveva dovuto rinunciare a quello che era diventato il suo tenore di vita, alle sue abitudini, ai suoi orari, a tutto. Si sentiva finita. Il tempo passava. Infine, consigliata dalla dottoressa T., aveva iniziato a dedicarsi ogni giorno “per dieci minuti” ad un’attività mai svolta in precedenza. Avrebbe dovuto farlo per un mese.Avrebbe scoperto tanti modi di pensare, di fare, di stare, si sarebbe sollevata dal grave stato nel quale era caduta. Non si sarebbe sentita sconfitta, non sarebbe rimasta isolata, sarebbe tornata a partecipare di quanto avveniva, a ritrovarsi con gli amici, le amiche, le persone di sempre e altre, a frequentare locali pubblici, a scrivere, stavolta un romanzo, a vivere come prima e meglio di prima poiché arricchita dai “dieci minuti” sempre nuovi. Una scoperta, una rivelazione erano stati, un rimedio molto utile, una salvezza. E così era stato in altri casi di separazione. Come per lei anche per gli altri c’era stata una soluzione e la sua opera, che di tutti aveva voluto dire, assumeva il valore, la funzione di un’indicazione utile. Ancora una volta della vita sua e di quella degli altri era risultata composta, ancora una volta era valso quel tipo di narrazione.