Guerra ibrida

Guerra ibrida: un aspetto trascurato nello studio della storia

di Gabriele Boselli

Insegnando quel trascurato corollario della filosofia della pace che chiamiamo “storia”, discorriamo spesso di guerra riferendoci allo scontro ufficialmente dichiarato di forze armate e di soldati portati al massacro con tutti i crismi istituzionali da politici non sazi del loro stato di potere e/o di ricchezza. Con il forte appoggio di gruppi industriali: penso al ruolo della casa tedesca Krupp e della banca statunitense Morgan nella prima guerra mondiale.

Mi soffermerò qui su un tipo di guerra in assoluto non nuovo (ogni guerra è sempre stata in qualche misura ibrida) ma sviluppatosi enormemente dal 2000:  la  “guerra ibrida” concetto formulato da F.Hoffmann nel 2007: la  combinazione militare  solitamente praticata in situazioni di complessiva asimmetria da gruppi di potere e Stati consolidati o nascenti. Il dispositivo si articola in guerra convenzionale, gestita con armi fisiche da forze armate regolari, guerra svolta attraverso operazioni clandestine attuate da milizie mercenarie e organizzazioni private terroristiche. Viene svolta con utilizzo massiccio e “scientifico” di  propaganda e disinformazione, ultimamente anche con forte impiego di sabotaggi cibernetici.

Stratega sommo -quanto per ora militarmente non troppo fortunato a causa delle inefficienze del sistema russo e della reazione di imprevista intensità del sistema americano- è oggi Valerij Gerasimov, capo delle forze armate dell’ex URSS, il quale ha pubblicato fin dal  2013 vari  documenti ove si afferma che:

-le guerre della postmodernità non sono più necessariamente progettate sul presupposto o la presunzione di una quasi-simmetria delle forze economiche e militari;

-si presume -e spesso ci si riesce- di superare lo squilibrio delle forse economiche e militari  con massicci investimenti di propaganda (vedi guerra del Vietnam in cui la potenza economica e militare USA fu costretta a cedere sia sul fronte interno che estero da potenze fortemente inferiori);

-le guerre non vengono più iniziate con  la classica “dichiarazione di guerra”; vengono spesso sospese e riprese attraversando periodi irregolari di alta e bassa intensità;

-continuano indefinitamente  e non hanno un termine preciso;

-gli obiettivi dichiarati dalle parti per aderire a “un cessate il fuoco” sono sempre esagerati e comprendono il totale ritiro della controparte -comunque e sempre criminalizzata- dai territori contestati;

-hanno come strumento, spesso anche obiettivo preminente, il massacro dei civili al fine di destabilizzare i governi o -come nel 1939 o anche oggi a Gaza- la mera riduzione numerica delle popolazioni la cui presenza interferisce con i disegni espansivi:

-i “danni collaterali” (stragi di civili, distruzione di beni naturali e artistici, v. Dresda, Hiroschima, Bassora, diga di Nova Kakhovka) non sono casuali ma programmati; 

-parti sempre più importanti delle operazioni militari sono oggi gestite da intelligenze artificiali programmate e condotte dai paesi “terzi” decisori della guerra o situate direttamente sui pezzi d’arma impiegati (robot militari).

A mio avviso -diverso il parere di Edoardo Greblo (v. bibl.)- il concetto di guerra ibrida è contiguo al concetto “guerre postmoderne” o meglio ne è parte: non solo comprende gli interventi sul teatro delle dirette operazioni militari, ma anche altri elementi come le lesioni della sovranità  dello Stato sotto minaccia e per effetto di sanzioni. Si utilizzano le retoriche  dell’identità per conseguire obiettivi geopolitici. Nelle guerre ibride risulta  spesso difficile distinguere tra militari e non. Impossibile spesso e non solo per le popolazioni interessate ma anche per gli studiosi non partigiani distinguere  tra l’ aggressore e l’aggredito le cui individuazioni sono lasciate al libero gioco delle opposte propagande. Le GI tendono prevalentemente al controllo delle ricchezze, all’omogeneizzazione etnica e all’espulsione/sterminio degli indigeni ( USA 1600/1800,  Guerra di Gaza). Vengono condotte oltre che da eserciti regolari da milizie di ventura internazionali  (Blakwater, Wagner) e da signori della guerra locali (Afganistan).

Diviene cosi estremamente incerto e instabile il confine tra pace e guerra, come nell’attuale conflitto detto da Papa Francesco di “terza guerra mondiale a pezzi”. Il conflitto si sviluppa attraversando  “zona grige” per non pervenire  a scontri catastrofici (spesso annunciati) ma in cui le parti cercano di evitare lo scontro diretto conseguendo comunque  obiettivi strategici di rilevante importanza. La pace non sembra comunque costituire un fine perseguito dagli attuali reggitori del mondo, alla ricerca di pasti ancor più sostanziosi.

Ricerca e insegnamento della storia dovrebbero prescindere dai libri di testo e dalle loro sinossi; richiedono una fenomenologica messa in parentesi di ogni “dato” presunto, la sottrazione ai fronti di propaganda di qualsiasi parte; in particolare, nel caso di cui trattasi l’elusione degli schematismi e dei protocolli accademici di oggettivazione  della ricerca. Questo anche per allenare i giovani a uno studio veramente critico della storia e propiziare in loro un profondo ma disincantato amore per la pace.


F.Hoffmann, Guerra ibrida, 2007 (leggibile ora in Cambridge University Press, 2012)

M.R.Me, Il ritorno della politica di potenza nell’era dei conflitti asimmetrici. In Limes ottobre 2018

C.D.Frate, Gerasimov: chi è il generale che ha inventato la «guerra ibrida», Corriere della sera ,11- 01 -23

E.Greblo, La guerra ibrida. Un nuovo paradigma? in aut-aut n.400, 2023

G. Diotallevi Studiare la guerra in un mondo che cambia in Rivista militare, N 6, 2023