Lavoro e reddito di formazione a chi ha bisogno: le risposte e le domande di 90mila studenti

da Repubblica.it

Lavoro e reddito di formazione a chi ha bisogno: le risposte e le domande di 90mila studenti

Molte risposte sorprendenti alle domande del questionario compilato da 90mila ragazzi per la Consultazione studentesca 2013 che tracciano uno spaccato di ciò che chiede un’intera generazione: lavoro, diritto allo studio, autonomia di scuola e università, reddito di formazione e valutazione degli atenei

Quasi 90mila studenti italiani spiegano alla “casta” cosa si aspettano dal nuovo governo. Le risposte alle domande della Consultazione studentesca nazionale 2013, lanciata lo scorso 15 aprile dalla Rete della conoscenza, forniscono uno spaccato abbastanza chiaro delle esigenze più immediate degli studenti di scuola superiore e universitari. Le tematiche affrontate sono diverse: si va dal diritto allo studio alle autonomie di scuola e università, passando per il reddito di formazione e la valutazione degli atenei e delle scuole. E i risultati possono rappresentare un utile punto di partenza per il nuovo Esecutivo che si è impegnato a non tagliare più scuola e università.
In poco meno di tre settimane sono stati compilati – online o su modelli cartacei – quasi 90 mila questionari. E i risultati non mancano di sorprendere. Sul diritto maggiormente negato e che provoca nei giovani maggior preoccupazione per il futuro gli studenti non hanno dubbi: sono lavoro e precarietà lavorativa – con il 72,8 per cento delle preferenze – a preoccupare di più i giovani. Diritto allo studio e qualità dell’istruzione raccolgono poco più del 9 per cento di risposte. Niente sorprese, quindi, ma un disagio ormai palpabile che rischia di vanificare gli sforzi di decine di migliaia di giovani.
E sull’autonomia scolastica e universitaria arriva la prima sorpresa. Se la maggioranza degli studenti – il 62 per cento – vede un’autonomia che permetta “alle singole scuole ed università di organizzare didattica e ricerca garantendo una rappresentanza a tutte le componenti, ma senza soggetti esterni nei luoghi decisionali”, poco meno di un quarto degli studenti – il 26 per cento – ammette l’intervento finanziario dei privati purché “la programmazione didattica e di ricerca resti sotto il controllo delle scuole e delle università sulla base di alcune linee guida nazionali”. Anche sul reddito di formazione – assegnato agli studenti soprattutto nei paesi scandinavi – la posizione degli studenti sorprende.
I ragazzi intervistati mostrano senso di responsabilità e, anziché richiedere il reddito di formazione indistintamente per tutti, auspicano – il 53,5 per cento – che venga assegnato in base al reddito familiare e al merito. Anche sul diritto allo studio ragazzi e ragazze hanno le idee abbastanza chiare: “dovrebbe essere rivolto ai privi di mezzi per garantire l’emancipazione dalla famiglia” rimettendo in moto il cosiddetto ascensore sociale, ormai bloccato da anni. A pensarla in questo modo sono stati 45 studenti su cento. Per più di un quarto degli studenti – il 28 per cento – invece, non basta essere privi di mezzi per accedere le agevolazioni sul diritto allo studio, occorre anche “raggiungere elevati risultati di merito”. E 24 su cento pensano ad una misura del genere per i soli meritevoli.
Anche sulla querelle relativa al numero chiuso le risposte dei ragazzi sorprendono, almeno in parte: per colmare il gap italiano col resto d’Europa sui laureati – ne abbiamo una quantità irrisoria – la stragrande maggioranza dei giovani, il 57,5 per cento, considera indispensabile ritornare all’accesso libero all’università. Ma uno studente su 3 – il 30 per cento – vorrebbe mantenere il numero chiuso per Medicina, Architettura, Odontoiatria, Veterinaria e per le Professioni sanitarie. E sulla valutazione, come la pensano gli studenti? Non sono, un po’ a sorpresa, contrari a priori a qualunque forma di valutazione degli studenti come avviene oggi con i test Invalsi per la scuola o col test Ava, per le competenze generaliste dei laureandi italiani, in previsione a settembre.
Per il 49 per cento dei ragazzi “bisognerebbe creare un nuovo modello di valutazione più democratico, prevedendo il coinvolgimento degli organi decisionali di scuola e università nella scelta dei criteri e dei metodi di valutazione”. E per evitare, infine, che stage e tirocini – sia a scuola sia all’università – si trasformino in una ulteriore sacca di precariato lavorativo con scarse ricadute sulla preparazione, gli studenti – il 78 per cento – auspicano l’adozione di uno “Statuto dei Diritti degli studenti e delle studentesse in stage” che garantisca attività realmente formative e specializzanti durante le quali i ragazzi “non vengano utilizzati per mansioni che non corrispondono alle proprie esigenze formative”.
“Non possiamo che prendere atto di un dato di partecipazione straordinaria – dichiara Federico Del Giudice, portavoce della Rete della conoscenza – e rilanciare rivendicazioni sulle risposte che abbiamo ottenuto. Dai risultati, emerge con forza la contrarietà degli studenti al modello di valutazione dell’Invalsi nelle scuole e sono palesi temi di attualità come il numero chiuso, su cui si registra un alto dato di contrari, oltre alla preoccupazione centrale per il futuro che è relativa alla precarietà. E’ fondamentale – conclude Del Giudice – che le forze politiche assumano immediatamente le richieste che vengono dalle scuole e dalle università e mettano in discussione le scelte portate avanti irresponsabilmente dagli ultimi governi, tagliando l’istruzione pubblica ed escludendo anno dopo anno decine di migliaia di persone dai percorsi di studio”.