Signoriii… in Carrozza!!!

Signoriii… in Carrozza!!!
o meglio, verso un programma credibile

di Maurizio Tiriticco

Quando ancora non c’erano le Frecce e si viaggiava con le locomotive a vapore – quanto fumo, quanto fracasso! – e non c’erano né display né altoparlanti, con quel reiterato appello il capotreno sollecitava i viaggiatori a salire in vettura! Fuor di metafora, sono anni che improvvisati ministri dell’istruzione non riescono a far salire nessuno su treni fatiscenti che non si sa dove portano, anzi… finora hanno sempre portato la nostra povera scuola su binari morti!

Dopo anni ho avuto la fortuna di leggere una dichiarazione di intenti, un programma articolato, serio, prudente e che a largo raggio tocca tutti i problemi del nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione”, da quelli strutturali a quelli ordinamentali e istituzionali. Si va dalla sicurezza e dall’edilizia scolastica alle finalità dell’Istruzione e della Formazione professionale e al ruolo chiave che, in un processo di effettivo riordino e in una prospettiva di rinnovamento, spetta agli insegnanti. Alludo alle linee programmatiche che il Ministro Carrozza ha recentemente illustrate alle Commissioni del Senato e della Camera.

Finalmente, dopo che per anni ci hanno detto che con la cultura non si mangia e che, quindi, sulla scuola non conviene investire, si afferma invece che “il livello di formazione (e quindi di istruzione) ha un legame diretto con il tasso di sviluppo economico di una certa popolazione e di un certo Paese in un dato momento storico”. E che “l’impatto del capitale umano sulla crescita economica passa anche per il suo effetto sulla disuguaglianza economica e sociale. Un Paese con alte disuguaglianze di partenza e mercati del credito poco efficienti deprimono l’investimento in capitale umano nella parte più povera del Paese e rafforzano tali disuguaglianze di partenza, riducendo al contempo la mobilità sociale e la percezione di vivere in un contesto fruttuoso di pari opportunità”. Pertanto, “partendo dal sistema scolastico, ritengo che le nostre politiche dovranno essere in assoluta coerenza con un unico irrinunciabile obiettivo: garantire ai nostri ragazzi luoghi di apprendimento sicuri e un percorso scolastico che possa incidere positivamente nella realizzazione del loro progetto di vita e sul loro futuro, permettendo a tutti i meritevoli, ancorché privi di mezzi, di raggiungere i più alti gradi dello studio secondo il dettato della nostra Costituzione”

E ancora. E’ necessario “sviluppare: l’inclusività del sistema formativo e la qualità degli apprendimenti. Sotto il profilo dell’inclusività, occorre spezzare il persistente circolo vizioso tra povertà economica e povertà di istruzione. Va favorito ogni sforzo teso al consolidamento precoce delle conoscenze e competenze irrinunciabili. Per questo il Governo intende proseguire ed estendere le azioni mirate a prevenire e contrastare la dispersione scolastica che, nonostante una continua diminuzione negli ultimi venti anni, riguarda ancora il 18% della popolazione giovanile, dando piena attuazione all’Agenda di Lisbona dell’UE e conseguendo l’obiettivo di portare il tasso di dispersione sotto il 10% entro il 2020”. Occorre quindi “salvaguardare il principio di inclusione e di solidarietà su cui la nostra scuola si fonda per dare attuazione concreta all’articolo 3 della nostra Costituzione. Ciò richiede un forte presidio sugli apprendimenti nella scuola di base”. Inclusione e solidarietà sono fattori caratterizzanti dei percorsi e delle finalità di un sistema di istruzione che investa veramente tutti i cittadini, anche in chiave di apprendimento permanente. Dopo anni in cui siamo stati frastornati dal concetto di “merito” fine a se stesso e che, come tale, presume e istituzionalizza il “demerito” riservato ad aeternum ai più deboli, è importante sentire un ministro dell’istruzione che fa dell’inclusione l’obiettivo primario del nostro Sistema di Istruzione e Formazione.

Il ministro sottolinea anche che “è fondamentale potenziare l’istruzione tecnico-professionale, raccordare i sistemi di istruzione, formazione e lavoro, e, soprattutto, rafforzare gli Istituti Tecnici Superiori in una dimensione multi-regionale”. E ancora: “In particolare, le misure di semplificazione e promozione dell’istruzione tecnico-professionale contenute nella Legge 35/2012 vanno accompagnate con misure di rafforzamento dell’istruzione tecnico professionale, anche a livello terziario e con l’aumento dei percorsi di alternanza studio/lavoro, a sostegno dell’occupazione dei giovani, colmando progressivamente il divario ancora esistente tra domanda e offerta di lavoro per le professioni tecniche, e di crescita delle filiere produttive nei settori strategici dell’economia nazionale, anche ai fini della loro internazionalizzazione”. Che sia veramente venuta l’ora del superamento del primato degli studi liceali? E dell’attualismo gentiliano? In forza del fatto che, con il continuo sviluppo scientifico e tecnologico siamo sempre più tenuti a “pensare con le mani e a fare con il cervello”.

Per quanto riguarda gli insegnanti, il ministro ritiene che, “se vogliamo garantire la qualità degli apprendimenti, dobbiamo anche dare un segnale di valorizzazione e di riconoscimento al prezioso lavoro del docente” E sottolinea quanto “sia necessario avere come priorità la valorizzazione della professione docente e del personale scolastico tutto. Vanno introdotte nuove modalità di sviluppo di carriera dei docenti, con l’avvio di un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato ad una progressione di carriera, svincolata dalla mera anzianità di servizio”. A tal fine il ministro ricorda quanto sia necessaria la diffusione nella scuola di una cultura della valutazione che, a mio avviso, deve investire, in un sistema di istruzione avanzato, tutti i fattori che vi operano, quelli strutturali e organizzativi e quelli umani.

A mio avviso, la valutazione degli insegnamenti – non degli insegnanti tout court – non può prescindere da una politica attiva di formazione in servizio, e la valutazione degli apprendimenti non può prescindere dal superamento del sistema della valutazione decimale. Il ritorno ai voti nel primo ciclo di istruzione ha significato soltanto sferrare un duro colpo a decenni di ricerca valutativa. Si tratta di condizioni che il ministro non ha affrontato, ma che a mio avviso sono ineludibili se si vuole andare – come lo stesso ministro auspica – verso “un miglioramento complessivo del sistema scuola, anche mediante un approfondimento concreto del rapporto tra qualità degli apprendimenti e sviluppo della qualità dell’insegnamento”. Nello scenario che si apre, il ruolo dell’Invalsi può essere prezioso, a condizione però che nel contempo maturi una cultura e una pratica della valutazione coerente con quanto la ricerca educativa e quella docimologica ci indicano ma che a tutt’oggi non sono ancora patrimonio attivo delle nostre istituzioni scolastiche. E, a mio avviso, è anche su questo terreno che potremo misurare l’iniziativa del nuovo ministro a cui va – come penso – l’augurio di tutta la scuola militante.