Le tracce ai tempi delle larghe intese

Le tracce ai tempi delle larghe intese
Un moto di comprensione per gli studenti e una petizione

 di Beatrice Mezzina

Tutti contenti, se no, che larghe intese sono?

Poche voci di dissenso: un economista, Alberto Alesina, docente all’Università di Harvard, afferma che l’attuale struttura delle prove “spinge i ragazzi ad essere dei tuttologi” su argomenti non sempre elaborati e studiati a scuola; la solita sempre intervistata Paola Mastrocola, auspica  “No, torniamo indietro al foglio bianco”, con un bel titolo invece di  tutti i testi proposti su cui si affannano per un po’ gli studenti prima di capire cosa possono scrivere.

E poi esperti di sociologia e cattedratici che si ritagliano un loro spazietto sui giornali per consentire, pur non avendo alcuna esperienza di scuola.

Anche Marco Lodoli è buonista, nella sua lucidità:  “Di sicuro sono serviti i testi scolastici, la preparazione di migliaia di ore passate in un banco, le lezioni appassionanti o un po’ noiose degli insegnanti, ma stavolta mi sembra che ai candidati sia stato chiesto uno scatto di personalità, la dimostrazione di non essere stati assenti o distratti mentre il mondo, in questi anni, in questi mesi, produceva i suoi problemi e le sue contraddittorie soluzioni. Bisogna aver studiato, ma bisogna anche aver letto i giornali, le riviste, aver navigato sui siti di informazione, aver discusso e litigato con gli amici, aver sentito crescere una nuova consapevolezza”.

Insomma, la preparazione serve da sfondo, conta senz’altro aver studiato ma per svolgere le tracce bisogna aver fatto altro, essere informati, vivere consapevolmente, leggere e partecipare.

 

Sono così i nostri studenti? Hanno raggiunto tali traguardi di consapevolezza oltre la preparazione scolastica? E’ giusto che gli esami non possano anche avere obiettivi più umili, di sondare se lo studente abbia studiato, se conosca quello che i curricoli propongono, senza scatti e voli pindarici dell’ultima ora?

 

Sui loro siti invece gli studenti, che ascoltiamo poco, non sono contenti delle tracce,

si dicono affannati a scegliere tra le proposte – tante – che  li deconcentrano invece di favorirli.

E scelgono le tracce che ritengono più semplici, che sono invece le più insidiose perché inducono a forme di scrittura spesso poco autonome, non ben argomentate, legate pedissequamente ai documenti o dimentiche di quelli.

Solo le interviste sciocche dei alcuni giornali locali, li fotografano contenti perché “comunque si poteva scrivere”.

 

Per gli studenti quindi, che si confrontano su tracce secondo me  (e anche secondo loro) impossibili, un moto di comprensione.

 

Il Tema di argomento storico è il più sintomatico tra le tracce proposte: il povero candidato deve illustrare la vicenda politica di due stati in fase di sviluppo economico scelti tra quelli dell’acronimo BRICS – Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica. Abbiamo sempre discusso sull’insegnamento della storia molto eurocentrica, sull’ampliamento a realtà diverse, ma che i nostri studenti debbano conoscere la storia dei paesi emergenti tanto da farne una trattazione mi sembra troppo.

E’ vero che nelle Indicazioni Nazionali per i Nuovi Licei la Storia per il V anno è dedicata all’età contemporanea e  una piccola parte riguarda anche “la rinascita della Cina e dell’India come potenze mondiali” ma, a parte il fatto che tali indicazioni non riguardano ancora le V classi,  sfido chiunque a trovare una classe che abbia svolto in maniera approfondita tali temi.

Quindi la traccia di argomento storico non è svolgibile. Perché si toglie allo studente bravo la possibilità di esporre la propria preparazione su argomenti studiati?

Anche il saggio nell’ambito storico- politico con l’indicazione secca Omicidi politici, che senso ha? che deve fare lo studente, tentare per ciascun periodo proposto dai testi un’analisi delle motivazioni e delle conseguenze degli atti omicidi inquadrati in situazioni storiche diversissime, insomma approfondire storicamente e meditatamente? Servirebbe una trattazione complessa, non alla portata degli studenti. Se non si fa questo,  si finisce per blaterare sulla cattiveria umana e sui misteri politici di alcuni omicidi?

Anche questa proposta ha avuto poco successo. Insomma, fuori due.

Sull’Analisi del testo, insomma il tema letterario, ogni anno gli studenti si esercitano sul tototema.

Sarà Pirandello quest’anno? Invece i nostri esperti li spiazzano, forse perché temono che gli studenti abbiano qualcosa da copiare.

Claudio  Magris, l’autore inconsapevolmente proposto ha detto con ironia: “Ora chiedo l’indulgenza degli studenti, e spero non mi maledicano mandandomi a quel paese”.

E’ proprio così. Chi è Magris, uno Yogurt? ha detto uno studente spiritoso.

Certo, gli studenti potevano far riferimento al tema del “viaggio” spesso presente in molti approfondimenti e “tesine”per gli esami di Stato reperibili su tanti siti per studenti (le tesine, altro obbrobrio da cassare per legge), e possono copiare benissimo, come hanno fatto, come confessano sui propri siti.

Nei casi migliori hanno fatto riferimento a tanti autori, da Omero a Dante, a Saba.

Ma l’interpretazione complessiva del testo con il “riferimento ad altri testi di Magris”  richiesta dagli esperti è fuori dalla portata degli studenti.

Gli esperti credono che il curricolo di scuola lo preveda? Insomma, Magris è nei programmi, per dirla brutalmente?

Allora gli studenti si  rivolgono ad altro, all’ambito artistico letterario su individuo e società di massa in cui tra Lascia o Raddoppia, Pasolini, Montale, qualcosa si può dire, sia pure con difficili accostamenti tra testi così differenti, dalla folla di Elias Canetti alle  speranze di Remo Bodei. Difficilissimo percorso se solo si storicizzano i testi, solfe ormai remote di inguaribili passatisti.

Oppure ci si accosta all’ambito tecnico scientifico  alla traccia sul cervello e sulla ricerca, gettonatissima, tanto dai testi qualcosa si ricava, qualcosa si scrive.

Qualcun altro tenta l’ interessantissima e difficilissima traccia su Stato, Mercato, Democrazia

che farebbe tremare le vene e i polsi a qualsiasi studioso che se ne occupi.

Ma scrivono almeno, tanto fra poco faranno i test di ammissione che sono altra cosa, altra questione.

Il tema di ordine generale è una chicca, è la cifra ideologica, scopertissima, delle larghe intese.

Una frase del fisico Frjtiof Capra che dagli organismi cellulari si sposta agli individui per la lode della Cooperazione al fine di  progredire. E se non voglio cooperare con Gasparri, regredisco?

E allora un appello, un invito a chi si occupa di scuola.

Come si scriva nelle prove d’esame e a scuola, con quale livello di approfondimento e di argomentazione,  lo dicono anche varie ricerche tra cui quelle degnissime dell’Accademia della Crusca: difettano gli studenti nell’argomentare, nel presentare una tesi e sostenerla, accostano spesso frasi e riflessioni senza connettivi logici di segnale. Recriminano le Università sulle abilità di scrittura dei propri studenti, così i commissari in varie prove di concorso.

Tuttavia il MIUR che investe danaro nelle ricerche,  non ne tiene conto per discuterne con gli insegnanti, per riflettere sul  percorso di scrittura a scuola, per migliorare  e anche per modificare le tracce d’esame che hanno una fortissima retroazione sulla didattica e sono viste nelle stessa ricerca inutilmente dense di testi da commentare o a cui far riferimento, spesso anch’essi mal collegati tra loro.

Che fare allora?

– si può, a partire dalle ricerche, discutere del curriculum di scrittura nelle scuole superiori, attività inversamente proporzionale all’età degli studenti e ritenuto compito degli insegnanti di Italiano, si può dare un’occhiata anche a quello che fanno all’estero, in Francia per esempio nel BAC, non per essere esterofili ma per confronto, si possono ridiscutere le tipologie delle prove d’esame o sono infallibili in uno spazio temporale lunghissimo?

– A breve termine, visto che lavori di ricerca non se ne parla da tempo e vanno bene solo i tablet per modernizzare la scuola, chiediamo almeno qualche traccia che umilmente sondi il lavoro fatto a scuola, la profondità dello stesso. Altrimenti non so a che serva svolgere bene un programma di Italiano, Storia, Filosofia nella scuola, se lo svolgimento di un compito d’esame sia estraneo nella maggior parte dei casi al curricolo reale svolto e gli studenti devono mostrare abilità varie che sfociano spesso in un chiacchiericcio indotto. Così gli studenti sono tutti sullo stesso piano, alla caccia di quello che potranno scrivere su tematiche rimacinate dai dibattiti televisivi, che sono le più scelte, o alla ricerca di poter cavare qualcosa dai documenti di riferimento, giustapposti, sfiorati, per cavarne qualcosa da scrivere.