Voti, conta più lo status che l’apprendimento

da ItaliaOggi

Voti, conta più lo status che l’apprendimento

L’andamento rilevato dai ricercatori del pisa: innovare la valutazione

Emanuela Micucci

Femmina, status sociale medio alto, buona socializzazione. É l’identikit dello studente che riceve dai professori voti più alti di quello che meriterebbe. A disegnarlo è un recente Focus di PISA (n.26 www.oecd.org/pisa/pisainfocus), che ha rilevato la tendenza dei docenti è assegnare voti più alti alle ragazze e agli studenti con condizioni socioeconomiche più elevate rispetto ai ragazzi e agli alunni svantaggiati, nonostante vadano ugualmente bene a scuola e abbiano atteggiamenti positivi simili verso l’apprendimento. Una tendenza tanto diffusa dappertutto. E che premia un profilo di studente simile all’alunno ideale delineato da altri Focus.

Eppure, la raccomandazione dei ricercatori PISA è promuovere pratiche di valutazione che premino attitudini e comportamenti che aiutano gli alunni a imparare, separando conoscenze da comportamento. Anche perché, spiegano, «gli studenti spesso basano le proprie aspettative sui loro studi e sulle loro carriera lavorativa proprio sui voti scolastici e gli stessi sistemi scolastici usano i voti per orientare e selezionare verso corsi di studio superiori e per entrare all’università». Così, analizzando i 17 Paesi partecipanti a PISA 2009, hanno cercato di individuare come i diversi sistemi educativi usano i voti e se li attribuiscono correttamente. I risultati sono preoccupanti, appunto. Se il 95% degli studenti, tranne i coreani, frequenta istituti che misurano i loro apprendimenti con prove preparate dai docenti e ne esprimono la valutazione in voti, le modalità con cui le scuole in ogni Paese usano le votazioni sono diverse. Non solo. All’interno delle scuole di uno stesso Paese cambiano i modi di assegnazione dei voti. Ancora di più.

Differiscono i modi usati dai diversi sistemi educativi per indicare risultati negativi dell’anno scolastico o di una materia. In Austria, Croazia, Ungheria, Polonia, Repubblica Slovacca e Serbia le insufficienze sono indicate da un solo voto, che non permette ai ragazzi di sapere quanto sono lontani dalla sufficienza. Altrove, come in Italia, Belgio e Singapore, si fissa la sufficienza alla metà della scala di votazione, così da far comprendere quanto manca per raggiungerla. Scala dei voti molto ampia in Irlanda (da 1 a 100) e Islanda. Ci sono Paesi poi che formulano giudizi (sufficiente, buono, molto buono, eccellente): è il caso di Austria, Polonia, Ungheria, Repubblica Slovacca.

Non va meglio per il numero di alunni promossi o bocciati. Infatti, le percentuali di insufficienze sono alte in Italia, Singapore, Nuova Zelanda e Macao, dove almeno il 20% degli studenti le ha ricevute. Al contrario sono scarse in Austria, nel Belgio fiammingo, Islanda, Irlanda, Polonia, ma anche Croazia, Ungheria, Repubblica Slovacca, Serbia: qui meno del 5% merita insufficiente. Mentre l’oltre 30% di insufficienze al I quadrimestre registrate in Portogallo è coerente con l’ampio numero di ragazzi che ha ripetuto una classe durante la carriera scolastica.

Si differenziano cioè meglio, secondo gli studiosi, le performance degli alunni in Paesi che hanno un sistema di votazione con un numero limitato di voti e che usano modalità di classificazione chiare come nel caso dei giudizi. L’urgenza, però, «è allineare le politiche sull’attribuzione di voti con framework generali di valutazione».