“Non si permetta di giudicarlo!”, se i genitori insultano i professori

da Repubblica.it

“Non si permetta di giudicarlo!”, se i genitori insultano i professori

La denuncia di una docente aggredita per aver giudicato male un tema (“Non è farina del tuo sacco”). Poi si scopre che a insultare è un agente di polizia che ora le chiede di ritirare la querela. E l’episodio diventa un caso di coscienza e “rispettabilità” dei professori

di SALVO INTRAVAIA

“Non è farina del tuo sacco”. E a scuola scoppia il putiferio: i genitori dello studente, accusato dalla docente di avere consegnato un compito “taroccato”, si presentano a scuola e aggrediscono verbalmente l’insegnante che teme anche il “contatto” fisico. Dopo mezz’ora di improperi e parole in libertà, i genitori imbufaliti perché la prof si era permessa di “screditare” l’alunno davanti alla classe vengono messi alla porta dai bidelli. E pochi giorni dopo si beccano una querela. Adesso, l’insegnante  –  che nel frattempo è stata contattata dai genitori che si sono scusati di quei minuti di “lucida follia”  –  non sa che fare: ritirare la denuncia o proseguire nell’azione giudiziaria? Anche perché, protagonista dell’ennesima aggressione nei confronti di un docente della scuola pubblica italiana, questa volta, è un servitore dello stato: un poliziotto che rischia di avere la carriera rovinata. Non un semplice cittadino.

La vicenda, che racconta la stessa insegnante  – docente di Italiano  –  si verifica in una scuola del meridione d’Italia. E potrebbe essere presa ad esempio di come sono cambiati negli ultimi decenni i rapporti tra genitori ed insegnanti. Un tempo, i genitori avallavano quasi sempre l’azione del docente. Oggi, evidentemente no. “Erano le 12,15 e mi chiama al telefono la vicepreside per dirmi  –  racconta l’insegnante in questione  –  che ero attesa da due genitori per un colloquio. Io faccio presente che avrei avuto altre due ore di lezione e che non potevo riceverli prima delle 14,15. Ma la collega mi sollecita perché i due genitori sono impazienti e non possono aspettare due ore”. Qualche giorno prima, durante la correzione di un compito di Italiano sull’articolo di giornale in prima A, la prof aveva chiesto ad un alunno: “Leggi il tuo elaborato”.

E dopo averne ascoltato la prima parte aveva aggiunto: “Non è farina del tuo sacco, andiamo avanti”. Proseguendo la lezione con la lettura di altri componimenti. Una offesa imperdonabile per i genitori che si recano a scuola per parlare con la docente. “Lei si è permessa di dire a mio figlio che il compito non era farina del suo sacco”, inveisce il papà. “Ma se non mi posso più permettere di dire ai miei alunni che i loro compiti, peraltro svolti a casa, non sono farina del loro sacco, io non posso in alcun modo esercitare il mio ruolo in classe”, fa presente la docente. A questo punto interviene la madre che “accusa” l’insegnante “di non avere voluto interrogare come volontario il figlio per recuperare un brutto voto”. A questo punto l’insegnante fa presente che non per ragioni didattiche non accetta volontari e che il compito a casa non è stato valutato a nessuno.

Ma la mamma insiste sostenendo che la prof “perseguita il figlio”. Alla discussione, che si accende, assistono anche altri insegnanti, gli alunni delle altre classi e i bidelli. Ma anche il ragazzino. Dopo oltre venti minuti di batti e ribatti la professoressa fa presente che ha ancora un’ora di lezione da svolgere e invita i genitori a rivolgersi al dirigente scolastico. E il papà dell’alunno perde la testa. “Lei non capisce niente, non capisce neanche l’Italiano, anche se insegna Italiano!”, grida in faccia alla docente.  E, col dito indice puntato quasi dentro l’occhio della malcapitata, aggiunge: “Stia attenta, io la rovino, lei mi deve ascoltare, io sono un sottufficiale di Polizia”. “Mi meraviglio  –  prova a rispondere la docente  –  lei dovrebbe rappresentare la legalità!”. “Io vengo qui  –  incalza il genitore infuriato  –  quando voglio e come voglio e lei mi deve ascoltare perché è pagata per questo”. E conclude: “Tanto voi non fate niente, in classe giocate!”.

Dopo qualche settimana, la professoressa presenta una querela contro i due genitori. E, appresa la notizia, i due si presentano al cospetto della prof. dichiarandosi pentiti e dicendo all’insegnante che una eventuale condanna avrebbe stroncato la carriera al poliziotto con gravi ripercussioni anche a livello economico. “Mi mettono a passare carte per tutta la vita”, ha spiegato alla professoressa il papà del ragazzino. Fra qualche giorno, le due parti si dovrebbero incontrare per una soluzione bonaria della questione. L’insegnante, offesa, vilipesa e quasi aggredita fisicamente non sa che fare: perdonare i minuti di follia dei due genitori e ritirare la querela o andare avanti per la propria strada a tutela della sua professionalità e di quella di tutti i suoi colleghi?