Prof da pensione «prigionieri» a scuola

da IL Tempo

Prof da pensione «prigionieri» a scuola        

Hanno 35 anni di insegnamento: per la legge Fornero ne servono 41 e 6 mesi I 4000 docenti si appellano a Letta: mandateci a casa e fate largo ai giovani

          Hanno inondato le poste elettroniche dei più importanti quotidiani con email praticamente uguali (cambiano solo le firme). Sono insegnanti di scuola, perlopiù dell’infanzia, e scrivono a nome dei 4000 colleghi della cosiddetta «Quota 96». Non stiamo parlando di docenti precari che reclamano un’assunzione in pianta stabile ma colleghi vicini alla soglia dei sessant’anni che vorrebbero andare in pensione. Ma non possono farlo nonostante abbiano accumulato 35 anni di lavoro che fino al 2011 bastavano e stravanzavano. Questi 4000 docenti (ma sembra che in tutt’Italia siano molti di più) sono «vittime» della legge Fornero che ha già elevato, dal 1° gennaio del 2012, l’età minima per accedere all’assegno di quiescenza da 60 a 62 anni. Nel 2014, come previsto, la forbice è aumentata: servono 63 anni e 9 mesi. Tra due anni aumenterà ancora. Inoltre chi non possiede il requisito dell’età anagrafica deve avere un’anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi entro il 31 dicembre 2014 (per gli uomini un anno in più).

Una bella botta per quei docenti che erano pronti a tagliare il traguardo accarezzando l’idea di cambiare la vita per potersi dedicare finalmente alle attività preferite e sempre accantonate, alla famiglia, ai viaggi o semplicemente all’ozio. In verità i 60enni possono anche andare in pensione se proprio insistono. ma vengono fortemente penalizzati e rischiano di perdere quasi ogni mese il 20% della pensione, circa 300-400 euro. Senza possibilità di recupero e «con questi chiari di luna – confessa un insegnante – in pochi se la sentono a rinunciare a quanto spetta loro di diritto dopo tanti anni di docenza». E così gli insegnanti si sentono ancora una volta cornuti e mazziati. Ma torniamo alle lettere di protesta che mettono il dito nella piaga: «Siamo tenuti in classe e in servizio forzato mentre centinaia di migliaia di giovani sono per strada senza lavoro». Non è una novità : nella scuola italiana , l’età media delle assunzioni è intorno ai 40 anni. Due insegnanti su tre hanno almeno 50 anni. Quelli con meno di 30 anni sono appena lo 0,5%, in Germania il 3,6%, in Spagna il 6,8%.

Insomma un corpo docente «vecchietto» che resta imbullonato alle cattedre suo malgrado anche in virtù di certi governi che a parole si impegnano a favorire l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro e nei fatti procrastinano l’uscita degli aventi diritto. Fino a rasentare il ridicolo. «È possibile che i bambini di tre anni abbiano maestre d’asilo di 61 o 62 anni?» si chiedono nella lettera i docenti ai quali non resta ora che scuotere il governo Letta affinché «si trovino le risorse per mandare in pensione gli insegnanti di Quota 96 e per rimediare all’errore del governo Monti».

«Serve un patto di turn over generazionale almeno nelle scuole» aggiungono «considerando che in Italia un giovane su tre è disoccupato». In effetti le maestre d’asilo – nonne non sono una rarità.«Francamente per lavorare in una classe di 25-28 bambini tra i 3 e 5 anni ci vogliono sì esperienza e competenze ma anche tanta energia fisica – dice un’altra insegnante – e una forte spinta motivazionale che, chi si sente arrivato al capolinea dopo una lunga carriera, non ha più». E allora che si può fare se, obtorto collo, bisogna tirare comunque avanti fino ai 6 5 anni? «Si potrebbe pensare alla creazione di ruoli alternativi alla docenza pura – spiega Maria Rita De Santis reponsabile Snals Lazio – attività di supporto, di ricerca, di progettualità innovativa oppure orientata sui rapporti con le famiglie. Ma su questo fronte nella scuola italiana stiamo all’anno zero».

Natalia Poggi