ASSENZA/PRESENZA. ESSERE/FARE

ASSENZA/PRESENZA. ESSERE/FARE

Dinanzi alle dichiarazioni del sottosegretario all’istruzione si può soltanto sedersi un attimo, trasecolare e infine pensare al perché di un accanimento che non ha eguali nel mondo. Poi la mente va alla storia degli ultimi trent’anni vissuti a tamponare le falle dei tagli, di una valutazione a base di quiz, di ritorni a epoche preistoriche (vedi maestro unico, per citarne uno che ha fatto rabbrividire pure le foreste ), ma non voglio di nuovo elencare le assurdità che hanno messo in ginocchio le conquiste fatte a prezzo di studi e grandi sacrifici personali e professionali di tante insegnanti che hanno portato ad esempio la scuola elementare a diventare un ordine di scuola studiato da tanti Paesi grazie ai risultati conseguiti. Voglio invece dire chiaro e tondo che l’insegnamento ai figli e alle figlie di tutti compresi i nostri non è un lavoro come un altro. Sembra, a me che insegno, tanto normale affermarlo ancora una volta, ma pare che perfino un ingegnere (vedi dott. Reggi) non riesca a capirlo. Allora lo riaffermo, non si sa mai che qualcuno ascolti. Passi per tanta parte dell’opinione pubblica e di chi preferisce denigrare e offendere una categoria come la mia, ma una persona, a cui è stato dato un incarico tanto delicato, dovrebbe fare atto di modestia e riflettere prima di fare annunci di stravolgimenti epocali per poi nel giro di poche ore attutirli, smorzarli… Comunque ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Come maestra mi assumo la mia e qui dirò ciò che penso.

La prima considerazione è rivolta, come mi pare d’obbligo, ai bambini e alle bambine: essi hanno assoluto bisogno di staccare la spina dall’ambiente scolastico, di vivere muovendosi il più possibile insieme ai propri cari e amici. So che mi attirerò qualche strale, ma non mi interessa: io sono adulta e vaccinata, quindi affermo pure la validità dei compiti delle vacanze adeguati all’età e alla maturità: l’eseguirli a casa propria o in un centro estivo li fa pensare per qualche minuto, li fa rielaborare vissuti scolastici positivi e negativi, li tiene ancorati al senso di realtà. La ricerca di equilibrio tra svago e realtà’ di lavoro si apprende da piccoli e sarà utile per sempre. Se il ministro crede che la scuola, sempre e solo la scuola, incentivi le assunzioni di responsabilità e di apprendimento di cosa significa impegno non conosce i piccoli: essi hanno bisogno di esperienze pratiche ma anche interiori all’esterno dell’istituzione per poi su di esse e tramite esse riflettere coralmente con i compagni a scuola. Il tempo lungo delle vacanze è prezioso.

La seconda considerazione è rivolta ai genitori: essi probabilmente hanno difficoltà a gestire lavoro e accudimento dei figli. Anzi, sicuramente. Nonostante ciò non dovrebbero rivolgere le loro rimostranze verso la scuola, bensì richiedere al governo di turno di spendere denaro nella direzione di un welfare degno di questo nome…richiederlo con forza. Infatti se essi vogliono qualità d’istruzione-educazione da parte delle insegnanti e degli insegnanti, devono rendersi conto del fatto che questi ultimi non sono né badanti né animatori, che hanno necessità di ritemprare la mente e di caricarsi di esperienze al di fuori della scuola per poter arricchire il proprio bagaglio culturale e umano. E dirò di questo nelle righe che seguono, perché la terza considerazione è rivolta alle e agli insegnanti come me. In un generale clima similculturale che ammorba la vita di tutti e tutte, dilaga il mito del fare e del fare veloci. Se non si fa, sembra non esserci più il senso dell’essere.

Ebbene l’insegnante fruttuoso è invece quello che si ferma. Si ferma e rallenta, fa della propria ‘assenza’ una ‘presenza’ densa di pensiero per ognuno e ognuna dei propri studenti, per la qual cosa e proprio al contrario di ciò che vorrebbe il dott. Reggi, ha imprescindibile urgenza di periodi nei quali pensare, studiare, aggiornarsi per risolvere difficoltà relazionali e didattiche. L’ assenza da scuola gli dà modo di rielaborare percorsi, di costruirne altri, di leggere e interiorizzare sostanza e forma lontane dalla propria, di stabilire contatti umani e significativi dai quali trarre linfa nuova. L’insegnante fruttuoso vive perennemente a contatto con ogni studente, se li porta a casa, per la strada, al mare, ovunque cammini, ovunque sia. L’insegnante lavora di testa. Sempre. Anzi, durante i mesi di lavoro attivo, del fare per intenderci, quello che piace alla cultura dominante, vorrebbe poter staccare per ritrovare serenità e energie da usare nelle sfide quotidiane che il contatto con un numero crescente di ragazzi e ragazze presenta. Le soluzioni nascono dall’assenza, dal distacco dall’aula e dalle mura dell’edificio scolastico. Non a caso in alcuni Paesi si concede l’anno sabbatico. Sarebbe ora che le politiche ministeriali tenessero in alta considerazione ciò che un insegnante dovrebbe essere e diventare, invece si pensa a cosa dovrebbe fare, a quante ore dovrebbe stare in ‘presenza’ per far piacere ad altre categorie che sulla carta paiono ‘fare’ di più. Insomma, uno Stato maturo, chiamiamolo così per capirci subito, dovrebbe infischiarsene delle ‘invidie’, delle contumelie, delle piccinerie e dare grande fiducia al lavoro intellettuale alla base di un buon insegnamento e di soddisfacenti apprendimenti. In questi anni si è assistito a un proliferare di carichi senza alcun senso pedagogico e didattico, ad esempio l’obbligo della compilazione giornaliera del registro elettronico, per dirne una, l’istituto di nuove commissioni sui Bes, per dirne un’altra, adempimenti burocratici di vario tipo, progetti slegati dalla programmazione di classe…valutazione in decimi perfino alla primaria, ecc…Ebbene il risultato è stato, mi ripeto, un fare fare fare in presenza (altro che 36 ore!)…ma ricadute su un innalzamento della qualità didattica, sugli apprendimenti dei singoli, poche! Tanto è vero che sono in aumento disortografie, disgrafie, casi di bambini depressi e ipercinetici, ecc…Se qualcuno volesse riflettere sui perché scoprirebbe che gli insegnanti, i quali fino a un certo punto avevano fatto miracoli nonostante tagli a tempo, spazio, persone , non hanno più avuto il tempo di farli, di ‘rallentare’, di pensare in ‘assenza’ a ciò che serviva a questo e a quello studente metodologicamente e didatticamente, umanamente e relazionalmente, in presenza. Cari decisori, qui è in ballo molto di più di ciò che avete in mente, qui è drammaticamente evidente il rischio di ritrovarsi insegnanti demotivati, sfiduciati o, di contro, assillati dal fare per il fare e il far vedere quanto si ‘vale’ col ‘fare’, insegnanti mal disposti verso colleghi di lavoro in continua competizione. Qui ne va della sopravvivenza dell’insegnante che dà frutti a ognuno, quello fruttuoso, pensante, quello dell’essere prima del fare. Perciò è in ballo il futuro dell’istruzione, del non uno di meno di ormai antica memoria!

Claudia Fanti, maestra elementare