Proclamato lo stato di agitazione e la mobilitazione della categoria dei DS

Proclamato lo stato di agitazione e la mobilitazione della categoria dei DS contro l’esclusione dal ruolo unico della dirigenza dello Stato

Il Consiglio Nazionale dell’associazione sindacale Dirigentiscuola-Confedir riunitosi il 7 settembre 2014 in Roma presso i locali della Confedir di Via Prospero Alpino ha proclamato lo stato di agitazione della categoria chiamandola alla MOBILITAZIONE generale per ottenere che il governo Renzi-Madia modifichi in Senato il testo del DDL 1557 di riforma della Dirigenza dello Stato che all’ art.10  prevede il comma di    “ esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica “.

LA DIRIGENZA SCOLASTICA NEL RUOLO UNICO!:
PROCLAMAZIONE STATO DI AGITAZIONE CATEGORIA
IL CONSIGLIO NAZIONALE DI DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR
PREMESSO
 che, dopo due mesi dal conio di accattivanti slogan e dalla proiezione di variopinte slide, seguite prima da un testo apocrifo e poi da uno semi-ufficiale, finalmente è pervenuta alla Presidenza del Senato la stesura definitiva del disegno di legge delega n. 1577, a firma del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro della Pubblica Amministrazione e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica, analisi tecnico-normativa e analisi di impatto della regolamentazione;
 che il predetto disegno di legge riguarda la Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, il cui artico 10 è dedicato alla riforma della dirigenza pubblica;
 che, contrariamente ai propositi iniziali del Governo, viene statuito che, quella esercitata nelle istituzioni scolastiche, non è una dirigenza gestionale, siccome preposta alla conduzione di strutture organizzative dotate di intrinseca complessità, tramite l’ottimizzazione di risorse umane, strumentali e finanziarie (e correlate, esclusive, responsabilità giuridicamente esigibili), per la realizzazione dello scopo predefinito dal committente politico;
 che:
1. il D.L.vo n. 165/2001, artt. 5, 17, 25 e 29 e s.m.i.,
2. il D.P.R. n. 275/99,
3. il D.I. n. 44/01,
4. le puntuali e argomentate pronunce sia della Magistratura contabile (Corte dei conti per la regione Sicilia del 4 marzo 2014,
5. la Corte dei conti nazionale-SS.UU. di controllo, adunanze del 7 aprile 2006 e del 14 luglio 2010),
6. il Consiglio di Stato (Comm. Spec. P.I., n. 529 del 16 ottobre 2003),
7. ancor prima, il mero riscontro fattuale percepibile – beninteso, se correttamente informato – dall’uomo comune,
affermano esattamente il contrario, ossia che la dirigenza scolastica è una dirigenza gestionale tanto quanto le altre dirigenze pubbliche, se non più di esse;
 che, a suggello della schizofrenia imperante in questo nostro singolare Paese, quando previsto nel citato art. 10, contrasta con le testuali affermazioni contenute nel successivo, ambizioso, programma “La buona scuola”, lanciato dal Presidente del Consiglio dei ministri, che di qui a quattro mesi dovrebbe tradursi in un decreto legge, a tenore delle quali “anche i presidi (sic!) sono prima di tutto dirigenti… pienamente responsabili della gestione generale e della realizzazione del progetto di miglioramento definito sulla base della valutazione”. E nei cui riguardi, “mantenendo e rinforzando le indiscutibili competenze gestionali necessarie per promuovere l’efficienza di una organizzazione complessa”, andranno parimenti “rinforzate le competenze professionali e ridefiniti i poteri connessi alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa”. Sicché anch’essi andranno “reclutati tramite corso-concorso affidato alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, la stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti dello Stato”;
 che la dirigenza scolastica non è neanche una dirigenza professionale, propria di chi esplica peculiari e circoscritte prestazioni tecniche, in via esclusiva o prevalente, come nel caso dei dirigenti medici del SSN o dei dirigenti tecnici del MIUR, ex ispettori scolastici (il cui possesso della qualifica dirigenziale rileva, a rigore, fondamentalmente e solo quo ad pecuniam);
 che, di conseguenza, la dirigenza scolastica, restando una sorta di ircocervo, non è compresa nel nuovo ruolo unico, neanche in un’apposita sezione speciale del medesimo;
 che, dunque, la dirigenza scolastica sarebbe una dirigenza sospesa, per la quale non valgono:
1. l’abolizione delle distinzioni tra prima e seconda fascia,
2. la conseguente mobilità sia in verticale (c.d. carriera) che in orizzontale, cioè nei diversi settori delle amministrazioni statali e, latamente, pubbliche,
3. la consustanziale omogeneizzazione-perequazione delle retribuzioni nell’ambito del ruolo unico, in esito alla riparametrazione di tutte le voci retributive;
 che, per converso, non sarà incisa da un’ordinaria valutazione dei risultati e delle prestazioni organizzative: né in positivo, a fini premiali, né in negativo, comportante extrema ratio il licenziamento;
 che, questo “apparente” trattamento di riguardo, è, in realtà, l’ennesima replica di una collaudata – e mai contrastata! – strategia per non attribuire la (una non risibile e offensiva) retribuzione di risultato;
 che, questo “apparente” trattamento di riguardo, serve solo a sanzionare che – quella scolastica – è una dirigenza farlocca, destinata a permanere imbutata nella riserva indiana per contemplarvi la propria sublime, e deteriore, specificità; contrassegnata da carichi di lavoro, e correlate responsabilità, incomparabilmente più gravosi rispetto alla restante dirigenza pubblica di – attualmente – pari seconda fascia;
 che, per conseguenza, il Governo, vorrebbe, con assurde e inesistenti “specificità” continuare a corrispondere una retribuzione pari alla metà di quella corrisposta agli altri dirigenti di pari fascia: in media 55 mila euro lordi annui per chi è specifico, a fronte di 110 mila, sempre lordi, per chi è generico!;
CONSIDERATO
che, per l’ennesima volta, vengono allegate esigenze di contenimento della spesa pubblica (nella relazione tecnica sull’articolo 10 si rimarca che “La disposizione, di natura ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”) a giustificazione di una misura iniqua, ingiusta e penalizzante per una categoria che, da 14 anni, è sistematicamente frustrata nel suo buon diritto alla perequazione, normativa ed economica, con le altre dirigenze pubbliche ed avendone sia i requisiti che le prerogative di status;
PROCLAMA
lo stato di agitazione della categoria chiamandola alla mobilitazione generale, sia sul versante politico-istituzionale che sul versante giudiziario, perché sia espunto, nell’iter parlamentare, il sintagma “Esclusione dai suddetti ruoli unici della dirigenza scolastica” e, se necessario, onde evitare equivoche interpretazioni, inserire nel corpo dell’articolo 10 il seguente emendamento:
“Sono inclusi nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato i dirigenti delle istituzioni scolastiche e educative, il cui rapporto di lavoro è parimenti regolato da un unico contratto, che terrà conto degli esigiti peculiari elementi di professionalità che ne connotano la complessa funzione, senza pregiudizio della loro piena mobilità esterna in uscita, sia in orizzontale che in verticale, e della connessa applicabilità dei generali istituti di conferimento o mancato conferimento degli incarichi, dell’effettiva adozione e dell’effettivo utilizzo dei sistemi di valutazione, nonché della già prescritta applicabilità del sistema di reclutamento e di formazione affidato alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, ex art. 17, comma 2 del d.l. 12 settembre 2013, n. 104, convertito con modificazioni dalla l. 8 novembre 2013, n. 128″.
I Dirigenti scolastici, e lo attesta la norma, hanno carichi di lavoro, responsabilità e incombenze che non hanno paragoni con gli altri dirigenti pubblici; peraltro dirigono istituzioni che “producono” uomini e cittadini oltre che un capitale invisibile: LA CULTURA il cui prezzo non ha paragone con il prodotto delle altre dirigenze pubbliche.
INVITA
le OO.SS. e le Confederazioni, incomprensibilmente e inspiegabilmente silenti:
1. a sostenere questa giusta rivendicazione, evitando chiusure corporative ed immotivate in una battaglia che dovrebbe essere di tutto il Pubblico Impiego;
2. a non ostacolare, per interessi di parte, di tutele e vantaggi pregressi, di meri calcoli finalizzati alla rappresentatività, la legittima rivendicazione della categoria.
DA’ MANDATO
al proprio Segretario Generale di inviare il presente documento, approvato all’unanimità, a tutti i rappresentanti delle Istituzioni, e di farsi portavoce presso la competenti commissioni parlamentari, delle istanze della categoria.