Education education education!

Education education education!
A quando oltre Casati e Gentile?

di Maurizio Tiriticco

Non è vero che Renzi ha fatto il verso a Tony Blair nel suo recente viaggio negli Stati Uniti, quando ha voluto sottolineare l’importanza dell’educazione oggi, e non solo nei Paesi ad alto sviluppo. Tony Blair a Brighton nel 2001 ebbe a dire tra l’altro: “La nostra priorità numero uno negli investimenti è e rimarrà l’istruzione… I bambini con una buona istruzione sbocciano. I bambini con un’educazione povera vivranno per sempre con questa tara. Quanto talento, e capacità, e potenzialità sprechiamo? Quanti bambini non sapranno mai che, nella vita, una buona istruzione non solo fa guadagnare di più, ma che l’arte e la cultura allargano l’immaginazione e gli orizzonti? Un’istruzione scadente è una tragedia personale e uno scandalo nazionale.” Sottolineo: uno scandalo nazionale!
Ma, procediamo con ordine.
Una volta in fabbrica c’erano le tute blu e i colletti bianchi, gli operai e gli impiegati. Oggi ci sono solo le tute bianche, un mix di manualità e di operazioni cognitive di alto livello. L’automazione e la robotica hanno ridotto sempre più la fatica manuale – tranne rare eccezioni, ovviamente – ed esaltato quella intellettuale. Per non dire del lavoro dei campi: non esiste più il contadino di un tempo che guarda il cielo e la luna per dare giù con zappa e aratro! E l’informatica, da parte sua, rende sempre più dignitoso, interessante e creativo quel lavoro che una volta era degli impiegati di serie B, delle “mezze maniche” e delle dattilografe, femmine ovviamente, che nella scuola elementare obbligatoria avevano imparato più a scrivere in “bella calligrafia” che a comprendere un testo: ovviamente senza nulla togliere alla necessità di una scolarizzazione intensiva e generalizzata.
E sono obsoleti, forse, gli stessi concetti di fabbrica, di campagna e di ufficio! La fabbrica di Ford e dell’ingegner Taylor, e anche quella delle human relations, il movimento avviato da Elton Mayo negli anni Trenta del secolo scorso, sono una sorta di reperti, ormai completamente assorbiti e superati dalle nuove organizzazioni del lavoro. E, negli uffici, computer, e-mail e altre mille diavolerie elettroniche propongono ed impongono modalità sempre nuove di lavorare, anche in virtù di un progressivo superamento delle distanze di spazio e di tempo. E quei gran palazzi romani di fine Ottocento e inizio Novecento costruiti come ministeri – il cuore dell’apparato amministrativo di uno Stato allora moderno – si stanno a poco a poco svuotando! L’immateriale sta liquidando, a poco a poco, il materiale! E… l’umano! La prospettiva fantascientifica dell’uomo che crea la macchina e della macchina che uccide l’uomo è forse reale? Non so! Ma è certamente vero che l’era dei contratti a tempo indeterminato è chiusa! Purché la flessibilità non coincida con la precarietà! E Renzi lo ribadisce sempre!
In parallelo, la consapevolezza sempre più diffusa che i diritti dell’uomo non sono l’enunciazione di una lontana rivoluzione, liberté, égalité, fraternité, ma la ragione fondante di una società autenticamente avanzata e democratica, ha reso inaccettabile il fatto che, da un lato, vi siano lavori umili, quelli relegati ai “vili meccanici”, e, dall’altro, lavori dignitosi, quelli delle cosiddette professioni liberali. Da questa consapevolezza discende che il lavoro non è sofferenza, ma un diritto e un dovere di ciascuno di noi! E non è un caso che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro.
Tutte queste problematiche riguardano, purtroppo, solo il nostro mondo occidentale, figlio di almeno quattro rivoluzioni, quella inglese, quella francese, quella americana e quella russa, che hanno comportato anche la progressiva affermazione di quei diritti dell’uomo che, a mio vedere, vanno anche oltre tutti i credi religiosi. Non è un caso che il Presidente Azeglio Ciampi ritiene la nostra Costituzione la sua Bibbia laica. Sono con lui! La nuova religione civile – se vogliamo chiamarla così – fondata sui diritti e i doveri dell’uomo, è in grado di riassumere e superare tutti i credi di questo mondo. E’ la laicità che ci rende veramente liberi! Sono problematiche che in qualche misura investono anche le potenze emergenti del BRICS. Purtroppo non attengono a quel mondo in cui si tagliano teste, si crocifigge, si lapida e si tortura con l’avallo di credenze e di leggi che da noi abbiamo liquidato per sempre. Anche grazie al martirio di un Bruno e alla tenacia di un Galileo! Martiri tenaci che ci hanno liberato dal sonno della ragione! Da noi, in Occidente, ha vinto il libero pensiero, ha vinto la civiltà, ha vinto l’Umanità con la U maiuscola.
A fronte di queste problematiche, immani e caratterizzanti del nostro tempo, non quello dei nostri nonni, come risponde l’education della nostra scuola? E’ noto a tutti! I percorsi sono tre e si sono succeduti nel tempo in forza di aggiunte successive: a) un percorso di prima alfabetizzazione, grosso mosso la scuola primaria e la media; b) un percorso per i figli di papà, quello che da sempre intende formare una classe dirigente, ma quella che non c’è più, quella dei tempi di Checco e Nina; c) due percorsi tecnico-professionali, uno più impegnativo e l’altro per i “meno dotati”, come si suol dire.
E questo approssimato insieme dovrebbe essere un SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE, come due ministri, uno di sinistra e uno di destra lo hanno voluto definire, per legge? E ambedue sono ingloriosamente caduti! La definizione è restata, ma, oltre questa, nulla di veramente nuovo sotto il sole! E allora, il richiamo di Renzi è corretto, ma… Un MA grosso così! La Buona scuola del PD è un documento che affronta e mette in discussione i nodi cruciali della nostra scuola? Nodi che si sono sedimentati nel corso dei decenni, a partire dal 1861? Mi chiedo: perché il regime fascista produsse un ministro che riformò profondamente la scuola per renderla funzionale a quel regime? Perché il regime repubblicano nei primi decenni riformò la nostra scuola obbligatoria, che permise alla popolazione intera di alfabetizzarsi in concorso con il boom economico sociale e culturale degli anni Sessanta e Settanta? E perché dopo quella innovazione il poco che seguì (le riforme della scuola media ed elementare, il Progetto 92, il PNI, le sperimentazioni assistite, ecc.), invece di andare oltre, è andato a poco a poco perdendosi?
E perché oggi, con un governo che si propone di durare mille giorni e oltre, non troviamo il coraggio di rimettere in discussione l’intero assetto del nostro Sistema di istruzione? Il maquillage serve a poco, se continuiamo a giocherellare rendendo meno spiacevoli quei tre percorsi che inchiodano al passato la nostra scuola, invece di aprirla a un avvenire in cui l’educazione, quella vera e che investa tutti, non uno di meno, sia veramente in grado di EDUCARE, FORMARE e ISTRUIRE! Education innanzi tutto! Replicata tre volte! E non a caso! Prima che il mondo cambi ancora!
E noi non ce ne accorgiamo! Grazie alla Buona scuola!