Il corsivo come antidoto ai tablet: il progetto nelle scuole elementari

da Corriere.it

Il corsivo come antidoto ai tablet: il progetto nelle scuole elementari

L’esperimento realizzato in due scuole romane ha dimostrato come la scrittura manuale possa migliorare apprendimento e memoria affievolite dall’uso dei mezzi elettronici

di Valentina Santarpia

Tablet, computer, telefonini: hanno cambiato il nostro modo di scrivere, di percepire, di apprendere. In negativo, soprattutto se si guarda ai bambini e ai ragazzi. Secondo le ultime ricerche delle neuroscienze, alla diffusione dei mezzi digitali corrisponde una diminuzione della memoria, della capacità di orientamento spaziale e una meno precisa percezione delle relazioni temporali. Da un punto di vista educativo la diminuzione della capacità di scrittura manuale appare spesso associata a una più limitata capacità di coordinamento percettivo-motorio: è come dire che si osserva una sorta di rottura del rapporto tra pensiero e azione. Mentre, da un punto di vista puramente scolastico, calano le proprietà lessicali e sintattiche, diminuisce la memoria, sbiadisce l’apprendimento. E non è solo teoria: lo dimostra un progetto pilota, condotto in due scuole di Roma, una di Ostia e l’altra della periferia est, che ha coinvolto 386 studenti di scuola elementare. I bambini della III, IV e V classe sono stati invitati a scrivere in corsivo ogni giorno, da gennaio ad aprile, una frase, di 4, 5 o 6 righe, in proporzione all’età. I temi prescelti erano quanto più possibile neutri, per non avere implicazioni di carattere religioso, sanitario, sociale. «I risultati sono stati sorprendenti», rivela Benedetto Vertecchi, pedagoga e linguista, uno dei promotori dell’esperimento.

Dalla sperimentazione ai risultati

L’esito della ricerca, che ha prodotto in 4 mesi oltre 25 mila documenti scritti a mano, sarà presentato il 28 novembre. Ma Vertecchi ci anticipa la piccola scoperta: «Col passare dei giorni, i ragazzi hanno imparato ad usare espressioni sempre più efficaci, con poche parole adatte e non giri lessicali. E’ migliorata la sintassi, l’ortografia, la scrittura in sé: c’è stato un andamento che è simile a quello che si verifica quando si apprende una lingua straniera. All’inizio i bambini avevano bisogno di molte parole per esprimere un concetto, poi sono andati via via migliorando fino a perfezionare la propria capacità di elaborazione». Il progetto, finanziato con i residui di un fondo europeo, ha trovato enormi riscontri anche tra i professori, che, dopo aver constatato la povertà indotta dai nuovi mezzi usati dai bambini, hanno valutato sul campo i miglioramenti: «La ricerca semplificata dei motori internet aveva appiattito le loro capacità, ma è bastato spingerli a usare la parola scritta per ricostituire un piccolo patrimonio», conclude Vertecchi. Che potrebbe adesso portare il progetto all’attenzione del Ministero dell’Istruzione per valutare la possibilità di estenderlo in tutta Italia. Perché «nulla dies sine linea», come scrive Plinio il Vecchio riprendendo Apelle: l’espressione, usata per ribattezzare la ricerca, ricorda la necessità che il pittore ogni giorno esercitasse la sua abilità per tracciare almeno un segno. Successivamente la frase è passata a designare le righe di un messaggio alfabetico. Ed è in questo senso che è sembrato bene esprimere l’intento perseguito dall’esperimento.