Libri di testo, la qualità conta più del prezzo

da Il Sole 24 Ore

Libri di testo, la qualità conta più del prezzo

di Romano Luperini

Dei libri di testo a scuola si parla solo per dire che costano troppo. Ovviamente la questione del prezzo di vendita è molto importante. Seguendo lo spirito della norma costituzionale, essi dovrebbero essere gratuiti nella scuola dell’obbligo, e per le superiori sarebbe giusto consentire la detrazione fiscale, come da anni chiedono le associazioni dei genitori e degli editori.

Non si discute invece della qualità dei libri di testo e della funzione, ancor oggi decisiva, che essi hanno nella formazione delle giovani generazioni. Attraverso l’insegnamento della letteratura e della storia, per esempio, passa l’educazione alla identità, nazionale e oggi anche europea, dei cittadini italiani. Per secoli, a partire dal Risorgimento, lo studio della letteratura e della storia ha formato la cultura e la coscienza civile. La Storia della letteratura italiana di De Sanctis è nata come testo scolastico, e proprio l’assunzione a capostipite di questo capolavoro ha determinato la continuità del genere e l’originalità della manualistica della letteratura italiana in Europa. Di fatto studiare la letteratura è stato un modo per confrontarsi con l’evoluzione della società italiana, per capirne il carattere e lo spirito. Negli ultimi trent’anni l’orizzonte si è allargato e lo studio della letteratura è diventato un capitolo dello studio della cultura europea, dei suoi sviluppi e delle sue radici. Si è diffuso un approccio didattico di tipo non solo civile o tecnico-formale, com’era stato sino allora, ma tematico-culturale e antropologico, e i manuali hanno dato un contributo decisivo a questa svolta. Anche cambiamenti radicali nella impostazione didattica, come il passaggio dallo storicismo postbellico allo strutturalismo e poi all’approccio ermeneutico e tematico degli ultimi anni, sono stati resi possibili dai nuovi manuali, ai quali peraltro hanno lavorato non casualmente insigni studiosi (ricordo, fra gli ultimi, Cesare Segre). D’altra parte il rinnovamento è stato imposto dai fatti. Il processo di unificazione europea e quello stesso della globalizzazione hanno determinato il superamento del limite nazionale, mentre lo sviluppo delle specializzazioni tecniche e delle risorse elettroniche hanno indotto a rivedere il tradizionale carattere specialistico e retorico delle discipline storico-letterarie e a ricorrere anche all’ausilio dei nuovi strumenti audiovisivi.

In questa situazione fare un manuale scolastico che sia all’altezza dei tempi è compito arduo, molto difficile e impegnativo. Come testimone, in quanto autore di un fortunato manuale di letteratura italiana nei licei, posso attestare che negli anni novanta il lavoro che feci per elaborarlo è stato il più impegnativo e il più gravoso della mia non breve carriera. Ci lavorai ininterrottamente per sei anni, coordinando un gruppo di insegnanti e di giovani studiosi, alcuni dei quali specialisti in discipline un tempo ignorate in questo tipo di manuali, come la musica, il cinema, la letteratura comparata, la storia dell’arte, ma divenute nel frattempo indispensabili.

Fare un manuale, insomma, comporta oggi sia una capacità di semplificazione e di divulgazione di un ampio spettro di conoscenze, sia una complessità di approcci che esige studi specifici e adeguata preparazione. Improvvisare manuali, magari autogestiti da gruppi di insegnanti e di studenti che operano in orario curricolare, può essere un buon esercizio didattico per verificare delle conoscenze, ma non può certo sostituire un libro di testo che tali conoscenze fornisca in modo aggiornato e innovativo.

Si può dunque capire la recente iniziativa dell’AIE (associazione italiana editori) chiamata Libro in chiaro che intende offrire alla scuola e alle famiglie una sorta di carta d’identità, e insieme di marchio di qualità, che certifichi le ragioni di ogni libro scolastico, il progetto da cui nasce, il rapporto fra digitale e cartaceo che propone. Potrebbe sembrare una azione puramente difensiva perché pone l’accento sul momento squisitamente produttivo del lavoro editoriale. Ma il momento produttivo è decisivo non solo sul piano economico, ma anche su quello culturale. Si pensi alla fortuna attuale del marchio del Made in Italy, ritenuto fondamentale nel mondo per la capacità, tutta italiana, di salvaguardare, insieme alla funzionalità, il gusto del bello e il senso della storicità (è questo, si dice giustamente, il segreto dell’italian theory). Ebbene, credo che uno dei meriti specifici dell’editoria scolastica stia proprio nella sua capacità di fondere questi aspetti diversi.

Se è indubbiamente vero che il genere saggistico del manuale di storia letteraria, di storia e di filosofia quale si è affermato in Italia ha caratteri propri, non facilmente riscontrabili in altri paesi, ciò non significa che si tratti di una tradizione superata e da sostituire con qualche bignami non importa se veicolato per via informatica. Viviamo anni difficili, e pericolosi, di cambiamenti epocali in cui si riaffacciano dogmatismi religiosi e tentazioni autoritarie. In questa situazione diffondere in Europa un tipo di cultura e di civiltà che consideri i testi artistici come documento storico da custodire e come monumento estetico da interpretare liberamente e mostri come la scommessa di senso di qualunque testo (non solo letterario) sia complessa e problematica, mai dogmatica, è stato impegno meritorio e originale della scuola italiana e della sua manualistica. Difendere la storicità e la problematicità dell’insegnamento umanistico attestando che la verità non è un assioma ma un processo e dunque un prodotto storico in continua elaborazione, è stato il contributo specifico che esse hanno dato e danno alla formazione democratica delle giovani generazioni nel nostro continente.