Riformare il sostegno, tra sostenitori e critici della “carriera separata”

da Redattore sociale

Riformare il sostegno, tra sostenitori e critici della “carriera separata”

L’idea di docenti di sostegno con un percorso formativo e professionale distinto e specialistico è contenuta nella proposta della Fish, da cui il governo prende spunto per la riforma. Angsa: “Favorire specializzazione, soprattutto per autismo”. Ianes: “No a ruolo blindato”

ROMA – Gli studenti disabili, specialmente quelli con autismo, hanno bisogno di docenti preparati, capaci, adeguati ad accogliere le loro esigenze e a comprendere anche coloro che comunicano con difficoltà: su questo, ormai, pare non esserci più dubbio alcuno. Tanti e grandi restano invece i dubbi su come questo obiettivi debba essere centrato e quale direzione debba seguire quella “riforma del sostegno” ormai non più rinviabile ed effettivamente in lavorazione, con la Buona scuola renziana.

Vittorio e Faraone. Il caso del bambino di Biella allontanato da scuola è solo il più recente di una lunga serie di storie infelici di mancata inclusione: ma è stato l’occasione per ridare attualità a un dibattito che, dopo essersi imposto prima dell’estate, era tornato silente e ora trova di nuovo vivacità, suscitando reazioni spesso contrastanti. Al centro di queste, c’è l’intervento del sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, che venerdì scorso, commentando il caso di Biella, si chiedeva: “che senso ha avere insegnanti di sostegno ed educatori che sono, sì, formati, ma non per quella forma specifica di autismo e quindi, impotenti, sono costretti a ricorrere a un auletta ‘speciale’, dove i compagni possono andare a trovare il bambino di turno come fosse un carcerato in orario di visita?”. E rilanciava, così, l’idea di insegnanti di sostegno specializzati, “fortemente motivati e profondamente preparati su singole disabilità”: con percorsi, carriere e cattedre, quindi, separati e distinti da quelle dei loro colleghi “curriculari”. Perché insegnare italiano è una cosa, “sostenere” un ragazzo disabile – autistico in particolare – nella sua classe e insieme ai suoi compagni è un altro lavoro.

 

Dalla proposta della Fish alla riforma del governo. Quello che Faraone ha in mente, quando riferisce la sua ferma intenzione di “eliminare le storture di un sistema del sostegno che, anche se con casi di eccellenze, spesso si mostra fallace e inadeguato”, è un progetto ben preciso, che ha un titolo, un autore e un contesto specifici: è la “Proposta di legge per migliorare la qualità del’inclusione scolastica”. L’autore è la Fish, il contesto è la Buona scuola di Renzi, con la sua delega al governo per i decreti attuativi, prevista nell’articolo 23 della riforma. Al centro di questa proposta di riforma del sostegno c’è infatti proprio la “separazione della carriere”, tramite “l’istituzione di ruoli per il sostegno – spiegava mesi fa il presidente di Fish Vincenzo Falabella – e quindi di una laurea dedicata: in questo modo, fa sostegno chi ha la vocazione a farlo, mentre attualmente questa posizione è spesso usata come tramite per diventare insegnanti curriculari”.

Questa proposta, però, divide. Da un lato, c’è chi ritiene indispensabile e non più rinviabile la forte specializzazione dell’insegnante di sostegno, tramite percorsi formativi ad hoc. Come Benedetta Demartis, presidente di Angsa Novara, che declina con più precisione quella “necessità di formazione” espressa dal sottosegretario: nel caso dell’autismo, “è necessario che gli insegnanti possano accedere a master di specializzazione Aba, perché questa è l’unica tecnica avvalorata e riconosciuta scientificamente per comunicare con i ragazzi autistici e sostenerli nel loro percorso formativo”. E visto che attualmente questi master sono pochi, costosi (fin a 3 mila euro) e quindi scarsamente accessibili, occorre che “gli uffici scolastici li attivino e ne favoriscano la frequenza da parte degli insegnanti di sostegno, rendendola obbligatoria per i nuovi docenti”. Una posizione netta, la sua, a favore dell’insegnante di sostegno “specializzato”.

Dall’altro lato, però, proprio sul fronte opposto, c’è chi proprio non manda giù questa proposta di Fish e non vede affatto di buon occhio una “carriera separata” per l’insegnante di sostegno. Mesi fa, quando questa proposta iniziava a farsi conoscere, era stato Adriano Sofri, tramite le pagine di Repubblica, a dar voce ai tanti critici di questa possibilità, paventando il rischio che gli insegnanti di sostegno fossero “condannati” a restar tali “a vita””, anche in caso di “ripensamento”. E ad essere per sempre “insegnanti di serie B”. Molto critico anche Dario Ianes, responsabile delle edizioni Erikson, che a Redattore sociale aveva espresso un secco “no al ruolo blindato dell’insegnante di sostegno”, ribadendo quello che ritiene un “principio fondamentale: prima si diventa insegnanti e poi ci si specializza. Diversamente, c’è il fortissimo rischio che meccanismi di delega del tipo ‘pensaci tu che sei specializzato’ saranno ancora più probabili”.

Parla l’insegnante di sostegno. Una posizione, quella di Ianes, che continua ad essere profondamente condivisa, come dimostra oggi il commento di Evelina Chiocca, insegnante di sostegno, alle ultime dichiarazioni di Faraone: “Come docente specializzata per il sostegno mi sto sempre più convincendo che, per promuovere e favorire l’integrazione scolastica, sia indispensabile passare su posto comune – riferisce – Per esperienza diretta e per testimonianze raccolte negli anni, mi rendo conto che un docente specializzato per il sostegno e incaricato su posto comune (o disciplinare) offre maggiori opportunità e competenze alla classe e che, di fatto, contribuisce meglio a promuovere l’integrazione scolastica. Moltissimi colleghi specializzati per il sostegno trasferitisi su posto comune, oppure assunti direttamente su posto comune, offrono alla scuola italiana un validissimo apporto all’integrazione, sicuramente con una marcia in più rispetto ad altri docenti”. Chiocca propone quindi l’idea di una “riforma ‘mista’ nell’attribuzione dei posti”: una riforma che quindi tenga conto di tutte le istanze: quelle delle famiglie, che hanno il diritto di lasciare i loro figli nelle mani di personale qualificato e preparato ad accoglierli e farli crescere; quelle degli insegnanti, che potrebbero sentire la “blindatura” sul sostegno come una limitazione “a vita”, ma anche quelle della comunità scolastica, che proprio dell’esperienza e delle competenze degli insegnanti di sostegno vorrebbe e dovrebbe avvalersi per diventare luogo inclusivo e accogliente per tutti.

Riformare il sostegno, insomma, è tutt’altro che facile: il governo sta lavorando proprio in queste settimane per attuare questa “rivoluzione” non più rimandabile. E certamente non gli sfugge quante professionalità, sensibilità e necessità siano implicate in questo delicato processo. (cl)

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Tag: Dario Ianes, La buona scuola, Davide Faraone, Inclusione scolastica, Insegnante di sostegno
 

Disabilità a scuola, Ianes: no all’insegnante di sostegno “blindato”

Il responsabile delle Edizioni Erickson contrario alla figura dell’insegnante di sostegno “a vita” che piace al governo. “Creerebbe separazione, non inclusione”. E propone “tecnici specializzati che supportino tutti gli insegnanti. E possibilità di cattedra mista”

03 giugno 2015

ROMA – “Il fine è giusto, ma i mezzi rischiano di essere controproducenti rispetto all’obiettivo dell’integrazione”: Dario Ianes, docente di Pedagogia e didattica speciale all’università di Bolzano e responsabile delle Edizioni Erickson, non vuole parlare di “controriforma del sostegno scolastico”, ma piuttosto di “modello alternativo all’impianto della riforma di Fish e Fand, su cui ‘La buona scuola’ si basa e che probabilmente ispirerà il decreto delegato”. Di ritorno da Messina, dove si è appena concluso il congresso nazionale della Sipes (Società italiana di pedagogia speciale), Ianes porta con sé una “posizione unitaria nel dire no al ruolo blindato dell’insegnante di sostegno”, destinata a riaccendere il dibattito – tutt’altro che concluso – intorno alla riforma del sostegno prevista nel ddl da poco approvato: dibattito tra quanti lo vorrebbero “a tempo” e quanti, invece, vorrebbero che diventasse “a vita”. La prima ipotesi è quella che Ianes condivide, seppur con riserva e con alcune indicazioni nel merito.

“L’impianto del ddl – spiega infatti a Redattore sociale – seppur in modo disorganico, ha dentro elementi interessanti che vale la pena valorizzare. Ma la parte della formazione universitaria specifica e del ruolo blindato sul sostegno sembrano a me e a tanti colleghi una cosa improponibile. Ed è un no unitario quello che è uscito dal congresso che si è appena concluso e che ribadiremo il 18 giugno a Bologna, durante l’incontro con le associazioni e con il ministero. Intanto, tutti i docenti di pedagogia e didattica speciale, ovvero quelli che dovrebbero fare praticamente i corsi di specializzazione previsti, sono unanimi nel sostenere un principio fondamentale: prima si diventa insegnanti e poi ci si specializza. Diversamente, c’è il fortissimo rischio che meccanismi di delega del tipo ‘pensaci tu che sei specializzato’ saranno ancora più probabili”.

Certo però che l’obiettivo di migliorare la qualità dell’inclusione, rivendicato da associazioni e famiglie, “è del tutto condivisibile, così come la richiesta di una formazione ben fatta. Tuttavia non si può raggiungere questo obiettivo specializzando solo alcuni insegnanti e blindandone il ruolo: occorre invece formare tutti gli insegnanti sull’inclusione e affiancare a questi delle figure di sistema specializzate”. E questo è il modello proposto più volte e oggi ribadito da Ianes, che lo sta sperimentando con successo in 17  classi del Trentino: “Da un lato, occorre lasciare la possibilità di passare dal sostegno alla cattedra e viceversa, dall’altro occorre creare figure di tecnici super specializzati, che non abbiano una cattedra ma svolgano un lavoro di supporto: siano, appunto, figure di sistema. Ed è questa la proposta che porteremo avanti”.

Sul rischio che il sostegno sia utilizzato come “scorciatoia per arrivare alla cattedra”, come attualmente spesso accade, Ianes ha in mente due soluzioni: “La prima, mettere a regime il sistema di reclutamento e quindi i concorsi; la seconda, valutare l’ipotesi di creare una cattedra mista, in cui l’insegnate sia impegnato per una parte delle ore sulla materia, per un’altra parte sul sostegno: una doppia specializzazione, insomma, che valorizzerebbe lo status dell’insegnante di sostegno e ridurrebbe il rischio della scorciatoia”. Quante possibilità ci sono, però, che queste indicazioni siano recepiti dalla “riforma del sostegno” che si farà nei prossimi 18 mesi? “Poche, temo – risponde Ianes – penso che il sottosegretario Faraone intenda accogliere tutto l’impianto della Fish e della Fand. Ma noi continueremo ad evidenziarne i rischi e a chiedere di aggiustarne alcuni.