N. Terranova, Gli anni al contrario

Un difficile confronto

di Antonio Stanca

Presso Einaudi è ricomparso il romanzo Gli anni al contrario, pubblicato la prima volta l’anno scorso dalla stessa casa editrice. L’ha scritto Nadia Terranova che, nata a Messina nel 1978, vive a Roma ed è giunta a quest’opera dopo aver scritto cinque libri per ragazzi, alcuni illustrati. Il romanzo rappresenta il suo esordio nella narrativa e con esso ha vinto i premi Bagutta Opera Prima, Brancati, Fiesole, Grotte della Gurfa, Viadana e Viadana Giovani.

Abilissima si è mostrata la Terranova nel costruire una vicenda ambientata in Italia negli anni tra il 1977 e il 1989, una vicenda di amore e di morte. Capace è stata di narrarla con un linguaggio molto semplice, molto appropriato anche se tramite un discorso continuamente frammentato, diviso in brani, in paragrafi. Ci sono sempre pause, intervalli nella narrazione, non c’è un movimento unico che tutta la comprenda insieme ai suoi sviluppi. E’ una forma espressiva insolita che ha procurato delle critiche alla scrittrice ma che non ha impedito che il romanzo fosse apprezzato.

Questo dice del rapporto d’amore che nasce tra Giovanni e Aurora, entrambi studenti universitari nel 1977 a Messina. Lui è più avanti negli anni e indietro negli studi ma messosi con lei, che è stata sempre brava, riuscirà a recuperare. Entrambi sono di buona famiglia. Giovanni ha perso tempo per l’attività politica che ha svolto da quando si è unito con quei gruppi di estrema sinistra che avevano voluto continuare gli ideali di protesta, lo spirito di contestazione che era esploso nel 1968. Giovanni e gli altri dei gruppi erano convinti che la rivoluzione si dovesse fare, che fosse necessaria e che per essa ci si dovesse impegnare in Italia e all’estero. Nonostante le contrarietà, le preoccupazioni della famiglia egli aveva continuato in questa attività perché convinto che bisognava preparare la rivoluzione, che non si doveva aver paura dei pericoli.

Ma quando si metterà con Aurora, quando riprenderà gli studi, sembrerà che voglia abbandonare questi impegni. A conferma della nuova condizione verranno il matrimonio, la casa a Messina, la laurea per entrambi, la nascita di Mara e i doveri coniugali. Col tempo, però, succederà che in Giovanni riemerga il vecchio spirito del rivoltoso, del ribelle, che ritornino i collegamenti con i vecchi compagni di lotta politica e che la nuova vita con la moglie, la figlia, la casa, gli sembri un limite, un ostacolo per quella che aveva sempre sentito come una missione. Si allontanerà da casa prima per poco, poi per molto tempo, vi ritornerà, se ne andrà: comincerà per lui quell’interminabile oscillazione tra luoghi, pensieri, propositi sempre diversi, tra persone, azioni, situazioni che saranno opposte tra loro e che gli procureranno uno stato di tale inquietudine da farlo passare dal vizio ossessivo del fumo all’uso di droghe prima leggere, poi sempre più pesanti. Non ci sarà più la casa né Aurora né Mara per Giovanni, vivrà lontano da loro. Quando comparirà sarà solo per poco e per confermare la gravità della situazione che si è creata. Giovanni si separerà da Aurora e mentre sfumano a livello locale, nazionale e mondiale i progetti di lotta continua, di rivoluzione totale, si troverà egli a vivere in una comunità contadina perché vuole disintossicarsi. Qui scoprirà di essere malato di Aids, morirà e l’ultimo legame con la famiglia rimarrà quel precedente scambio di lettere che sempre, ovunque si era trovato, era avvenuto tra lui e la piccola figlia.

Aurora, la bella e brava ragazza che insieme a Giovanni aveva sognato una vita di affermazioni, di successi, si era dovuta, anche se lentamente, convincere del dramma che stava investendo la sua famiglia. Aveva sempre creduto possibile una soluzione, aveva sempre sperato, cercato un’alternativa ai pensieri che la torturavano. All’insegnamento aveva aggiunto un’attività di ricerca presso l’Università ma niente le aveva evitato di assistere, vecchia, alla fine di ogni aspirazione, di ogni sogno, di ogni speranza.

Una vicenda vera, reale sembra quella vissuta da Giovanni, Aurora e la piccola Mara e che la Terranova sia riuscita a farne il motivo di un romanzo è merito soltanto suo, della sua capacità d’immaginazione, di osservazione che l’ha fatta andare oltre la realtà, le ha fatto trasformare persone e situazioni comuni nei termini di un difficile confronto, quello tra la volontà e il destino, l’anima e il corpo, la vita e la morte, l’uomo e la storia.