A difesa della professionalità dei docenti con compiti tutoriali

Comunicato a difesa della professionalità dei docenti con compiti tutoriali (art.11 DM 249/2010)

L’ANFIS, associazione che rappresenta i formatori di insegnanti che sono o saranno chiamati a svolgere le funzioni tutoriali nella formazione iniziale degli insegnanti e i professionisti della formazione iniziale e in servizio rivolte al personale docente della scuola,
rilevate le recenti vicende relative all’attuazione del D.M. 10 settembre 2010, n. 249 e alcune iniziative intraprese sia sul piano operativo, sia su quello regolamentare in materia, con il presente comunicato intende affermare quanto segue.

Riteniamo inaccettabile ogni proposta che chieda agli insegnanti vincitori di selezione per gli incarichi tutoriali definiti dall’art.11 del DM 249/2010, di svolgere una attività aggiuntiva che ecceda il limite delle 36 ore settimanali (corrispondenti a 18 ore convenzionali di lezione frontale in classe) che non sia una scelta consapevole del docente, che esplicitamente la accetta, (ricordiamo che il limite è fissato nell’insegnamento a 24 ore di lezione frontale, corrispondenti a 48 ore di lavoro settimanale) e che non sia remunerata in aggiunta allo stipendio contrattuale riconosciuto dal CCNL vigente.

Riteniamo altresì ugualmente inaccettabile qualsivoglia ordine di servizio o proposta in violazione delle norme vigenti in materia di lavoro e di quelle che disciplinano le modalità di selezione, di erogazione del servizio e di orario di lavoro dei tutor coordinatori e dei tutor dei tirocinanti così come disposto dal D.M. 10 settembre 2010, n. 249 e dal D.M. 8 novembre 2011.

Chiunque abbia superato la selezione all’incarico di tutor coordinatore ha il diritto di pretendere, così come disposto dalla normativa vigente in materia, di essere collocato in posizione di esonero parziale dall’insegnamento come condizione per esercitare la funzione e per erogare qualunque tipo di servizio presso l’università. Invitiamo quindi tutti coloro che si trovano in tale posizione a denunciare eventuali abusi e a chiedere all’amministrazione scolastica di compiere gli atti legittimi e necessari per mettere in condizioni gli insegnanti tutor di poter esercitare la loro funzione. Chiunque sia stato selezionato per l’incarico di tutor dei tirocinanti ha il diritto di pretendere che gli sia riconosciuta una remunerazione aggiuntiva per la prestazione di lavoro erogata in aggiunta al normale orario di servizio di insegnamento, così come regolato dal CCNL Scuola vigente. Denunciamo in via preventiva l’assenza di iniziativa da parte di chi dovrebbe tutelare e garantire i diritti degli insegnanti relativamente alle posizioni delle figure con compiti tutoriali. Pur riconoscendo i legittimi diritti degli aspiranti all’abilitazione all’insegnamento e idealmente appoggiando le loro istanze per ottenere nei tempi legittimi il completamento del percorso di formazione, diffidiamo chiunque dal mettere in atto iniziative finalizzate a eludere o raggirare il regolare impiego dei tutor coordinatori in ottemperanza alle leggi e ai regolamenti vigenti; diffidiamo altresì chiunque dall’adottare misure compensative che non rispettino quanto la legge prevede a garanzia della qualità del tirocinio e della professionalità degli insegnanti e ci riserviamo di adottare ogni iniziativa legittima per la difesa della funzione tutoriale nell’ambito della professionalità degli insegnanti e per la tutela della qualità della formazione iniziale degli insegnanti e del tirocinio formativo attivo.

 

LICENZIAMENTI USR PUGLIA

LICENZIAMENTI USR PUGLIA

Vittoria dell’Anief su tutta la linea: il Miur ammette l’errore dei propri dirigenti regionali.

Il direttore generale Luciano Chiappetta scrive all’Ufficio scolastico pugliese per chiudere la questione facendo adottare le norme vigenti e il buon senso: non si può rimuovere nessun lavoratore già assunto a tempo indeterminato, nemmeno per fare spazio ai colleghi vincitori dei ricorsi ai giudici del lavoro per l’accertato abuso dello Stato dei contratti a termine.

 

Alla fine la montagna non partorirà nemmeno il proverbiale topolino. A farlo intendere è il direttore generale del Miur Luciano Chiappetta, che con la nota inviata l’8 marzo scorso all’Usr della Puglia ha intimato agli improvvidi dirigenti dell’amministrazione regionale pugliese di rendere nulla la Circolare con cui il 29 gennaio hanno indicato ai propri Ust la necessità di sollevare dall’incarico il personale – docenti e Ata – assunto in passato, per fare spazio ai colleghi vincitori dei ricorsi ai giudici del lavoro a seguito dell’accertato abuso dello Stato dei contratti a termine stipulati nei loro confronti. Chiappetta ha ricordato, come indicato a chiare lettere dall’Anief con le forti pressioni rivolte all’amministrazione scolastica e confluite nell’esposto-denuncia inviato alla Procura della Repubblica una settimana fa.

 

Il dottor Chiappetta non ha potuto fare altro che ammettere la realtà: “non si potrà procedere al licenziamento dell’ultimo assunto in ruolo nell’anno scolastico di riferimento indicato nella sentenza”, ha scritto il direttore generale del Miur. Quindi, se si è immessi in ruolo per ordine del giudice non conta il piano autorizzatorio delle assunzioni. I dirigenti della Puglia si possono mettere l’anima in pace: nella pubblica amministrazione il metodo Marchionne non può trovare seguito. Un concetto, tra l’altro, già annunciato qualche giorno prima dal Ministro Profumo. Anche perché l’incomprensibile azione autoritaria di cancellazione d’ufficio di decine di assunzioni, figlia di un uso arbitrario del potere di licenziamento, sarebbe stata certamente condannata dai Tribunali del lavoro.

 

Ancora una volta viene premiata a pieni voti l’azione legale dell’Anief”, commenta Marcello Pacifico, presidente del giovane sindacato: “da una parte far assumere i ricorrenti, le cui sentenze rendono loro giustizia, evitando di mantenerli illegalmente nella precarietà chissà ancora per quanto tempo; dall’altra, mantenere in ruolo tutti coloro che sono stati assunti per merito, nessuno escluso”.

 

“Un successo – continua Pacfico – che segue i tanti altri ottenuti dal nostro sindacato negli ultimi anni: dalle centinaia di sentenze favorevoli ai ricorrenti Anief sui mancati trasferimenti a ‘pettine’ da una provincia all’altra, con conseguenti assunzioni in ruolo con tanto di retrodatazione, agli indennizzi da capogiro rivolti ai precari cui sono stati negati gli scatti automatici e il diritto al lavoro nei mesi estivi; da migliaia di ripescaggi di candidati al concorso a cattedra, a seguito dell’imposizione di regole prive di fondamento come quella di imporre una soglia a 35/50 anziché a 30/50, fino ai tanti ricorsi vinti per la reiterata violazione dell’Italia della direttiva comunitaria 1999/70/CE sull’abuso di precariato”.

 

Estensione dei contratti: 8 mensilità riconosciute

Estensione dei contratti: 8 mensilità riconosciute grazie all’ANIEF

 

Il Giudice del Lavoro di Brescia dà ragione all’ANIEF e riconosce il pieno diritto all’estensione dei contratti a tempo determinato stipulati “erroneamente” dal MIUR al 30 giugno di ogni anno, ribadendo che se i posti ricoperti con contratto a termine sono vacanti, la scadenza corretta del contratto è il 31 agosto.

 

In accoglimento del ricorso patrocinato dall’Avv. Paolo Lombardi, legale di fiducia dell’ANIEF sul territorio, il Tribunale di Brescia accoglie il ricorso ANIEF e, ribadendo che “l’Amministrazione non ha alcuna discrezionalità nell’individuare la durata dei contratti a termine”, dichiara nullo “per violazione di una norma imperativa” il termine apposto dal MIUR a ben quattro contratti stipulati da un nostro iscritto su posti vacanti. I contratti, così come richiesto dal legale ANIEF, sono stati quindi integrati con il corretto termine del 31 agosto di ogni anno “con tutte le conseguenze giuridiche ed economiche”.

 

Il MIUR, che a volte sembra “dimenticare” che i contratti a tempo determinato su posti vacanti e disponibili devono essere sempre stipulati con termine al 31 agosto di ogni anno, ha ricevuto dall’ANIEF l’ennesimo “promemoria” in Tribunale con una condanna a pagare in favore del ricorrente le mensilità di luglio e agosto non corrisposte per ben 4 anni scolastici e le spese di soccombenza in giudizio quantificate in 1.500 Euro.

ECO-ECONOMIA del BENESSERE – tavola Rotonda al Workshop NUTRA SCIENZA

ECO-ECONOMIA del BENESSERE – tavola Rotonda al Workshop NUTRA SCIENZA
28/Marzo 2013 – c/o Provincia di Firenze

La ECO-Economia del Benessere guarda al modo di funzionamento effettivo del sistema economico proiettato su la crescita del benessere psico-fisico della popolazione e pertanto tende ad  individuare  la configurazione ottimale di equita’ distributiva delle ricchezze per attuare un profondo  cambiamento di un sistema economico tradizionale e le condizioni di trasformazione concettuale come premessa desiderabile da soddisfare per realizzare una piu elevata qualita’ della vita e dell’ ambiente. (1)

La riconfigurazione del sistema economico in un sistema in grado di raggiungere il massimo benessere collettivo, non persegue come unico parametro l’efficienza economica determinata dalla crescita del guadagno monetario rispetto agli investimenti di capitale, ma riguarda principalmente l’ efficienza del sistema economico rispetto allo sviluppo piu’ complesso del benessere individuale e sociale.

Scrisse a tal proposito E. F. Schumacher (1911-1977) , 1975, p. 43

“L’economista moderno è abituato a misurare il livello di vita dall’ ammontare del consumo annuo, dando sempre per scontato che un uomo che consuma di più stia meglio di un uomo che consuma di meno. Un economista buddista considererebbe questo atteggiamento del tutto irrazionale; poiché il consumo è semplicemente uno strumento per il benessere dell’uomo, il fine dovrebbe essere quello di ottenere il massimo di benessere con il minimo di consumo”.

L’Eco-Economia intesa come “Green -economy” , in relazione alla sostenibilita dello sfruttamento del Suole e come “Blu-Economy”, in relazione alla sostenibilita di risorse del Mare e delle Acque, pone il problema che le risorse naturali non sono illimitate ;  pertanto la sostenibilita dello sviluppo non puo’ limitarti a soddisfare  i crescenti bisogni delle generazioni attuali perche essi tendono a compromettere ogni effettiva possibilita di sopravvivenza per le generazioni future.

Il benessere individuale e sociale  con ogni probabilita non potra essere piu’ inteso a disprezzo di uno sfruttamento illimitato dell’ ambiente che vada oltre le sue possibilità di recupero vitale  della efficienza riproduttiva.  Pertanto il nuovo paradigma concettuale e sperimentale della “Eco-Economia del Benessere” necessita di stabilire una necessaria disponibilita cosciente al cambiamento delle tradizionali concezioni della economia correlate ad un costante aumento  dei consumi e degli sprechi che hanno la loro base cognitiva su la competitivita e il profitto.

Iniziamo con il dire che la misurazione della Economia in termini di Prodotto Interno Lordo (PIL) che purtroppo si continua a perseguire coerentemente con le errate concezioni di sviluppo quantitativo che vedono il successo nella crescita esponenziale del profitto finanziario .  tale concezione non è certissimamente piu’ adatta a misurare in nessuno modo il benessere socio-economico . (3) E’  un fatto arcinoto, fin dalla forte denuncia di Bob Kennedy, che il Prodotto Interno Lordo (PIL) e’ stato concepito per essere un indicatore di performance quantitativa dell’economia di mercato e che pertanto non serve in alcun modo per valutare il benessere comune ma solo per danneggiarlo. (4)

Eppure il suo uso improprio come misura della economia dello sviluppo  continua ad essere un’abitudine stupidamente dominante  tra politici ed economisti e giornalisti che sproloquiano a vario titolo di questioni socio-economiche contemporanee. E’ del tutto evidente che tale atteggiamento mentale che si associa alla misura del PIL,  contrasta nettamente con la crescente esigenza di rimodulare la economia per uscire dalla crisi perdurante ed irreversibile al fine di poter migliorare la  qualità della vita e dell’ ambiente nelle modalita innovative a cui fa riferimento la ECO-ECONOMIA del BENESSERE .

In un tale contesto la tavola rotonda a conclusione del Work Shop sul tema : ” INNOVARE LA BIO-ECONOMIA PER I FUTURI ORIZZONTI NUTRIZIONALI”  trattera di come ’attuale modello consumistico, che vede nella cura delle malattie un elevato business farmaceutico-sanitario, si comporti in modo diametralmente opposto alle esigenze di favorire la prevenzione della salute. Tale gap tra esigenza di benessere e business poggia fortemente sulla primaria , incongruenza del PIL ,da cui discende che e’ economicamente meglio ammalarsi che l’ evitare il malessere e la malattia. Ciò indubitabilmente corrisponde a generare un impatto  negativo anche a livello ambientale, datosi che la prevenzione delle malattie metaboliche ed auto-immuni in gran parte dipende dalla corretta alimentazione ad elevata qualita’ dei prodotti alimentari e dell’ ambiente di coltivazione , che nel loro insieme permettono di non ammalarsi e vivere sani e con buone prospettive di invecchiamento attivo e di realizzare un ambiente produttivo sulla base dei innovativi principi delgli orizzonti futuri della sostenibilita eco-economica

Paolo Manzelli ( EGOCREANET onlus di R&S ) <egocreanet2012@gmail.com>  21/MARZO/2013 https://www.facebook.com/groups/195771803846822/permalink/424231177667549/

–Biblio on Line
(1)- ECO-ECONOMIA DEL BENESSERE /EGOCREANET – https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=18256
(2)-  Schumacher Center For New Economics :  http://centerforneweconomics.org/
(3) I paradossi del PIL:  http://www.provincia.bergamo.it/oggetti/42841.pdf
(4) Bob Kennedy 1968: http://www.youtube.com/watch?v=grJNlxQsqtE

MIUR sconfitto dal Pettine

MIUR sconfitto dal Pettine ANIEF

 

Nei tribunali di tutta Italia il MIUR continua ad essere quotidianamente sconfitto dai ricorsi Pettine promossi dall’ANIEF e paga l’ostinazione dimostrata in questi anni con ripetute e ingenti condanne alle spese di giudizio. Grazie all’intervento dei nostri legali, coordinati dagli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, i docenti che si sono rivolti con fiducia al nostro sindacato stanno finalmente ottenendo giustizia.

 

Negli ultimi giorni ammontano a 6 le sentenze ottenute dai legali ANIEF che hanno portato ad altrettante sconfitte del MIUR nel contenzioso attivato contro le “code della vergogna”. In tutte le sentenze è stato riconosciuto senza ombra di dubbio il pieno diritto dei nostri iscritti all’inserimento “a pettine”, ossia in base al punteggio effettivamente posseduto, nelle graduatorie 2009/2011 e non in coda con conseguente diritto a vedersi riconosciuta la retrodatazione giuridica ed economica della nomina in ruolo. Le sentenze, tutte di identico tenore, sono state ottenute dall’ANIEF grazie al prezioso e professionale intervento degli Avvocati Giovanni Rinaldi e Maurizio Ragusa presso il Tribunale di Torino, dell’Avv. Simona Fabbrini presso il Tribunale di Prato, dell’Avv. Michele Ursini presso il Tribunale di Bari, dell’Avv. Generoso Perna presso il Tribunale di Napoli, dell’Avv. Giuseppina Rizza presso il Tribunale di Siracusa, dell’Avv. Paolo Lombardo presso il Tribunale di Brescia, dell’Avv. Salvatore Russo presso il Tribunale di Lucca.

 

Con la vincente azione legale promossa dall’ANIEF, altri 8 nostri iscritti hanno ottenuto finalmente quanto era stato loro negato dal MIUR sin dal 2009, quando erano stati relegati “in coda” nelle graduatorie ad esaurimento senza alcun rispetto per la professionalità e il punteggio posseduto e acquisito nel corso dei tanti anni di lavoro svolto. Tale ingiustizia, ora sanata grazie all’intervento dell’ANIEF, è costata al MIUR il pagamento di complessivi 13.250 € per le spese di giudizio.

Spostamento 24 punti

Spostamento 24 punti: il Tribunale di Sassari dà ragione all’ANIEF

 

Nuova vittoria ANIEF sui ricorsi volti ad ottenere lo spostamento dei 24 punti SSIS: il Giudice del Lavoro di Sassari conferma in sede cautelare quanto già ottenuto dagli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli al TAR Lazio in favore di una nostra iscritta e ribadisce il diritto allo spostamento dei 24 punti da una graduatoria all’altra così come da sempre sostenuto dal nostro sindacato.

 

L’Avv. Marcello Frau, legale di riferimento dell’ANIEF sul territorio, ci trasmette una nuova ordinanza di accoglimento che impone al MIUR di confermare lo spostamento dei 24 punti SSIS nella graduatoria di effettivo interesse della ricorrente. La docente, già ricorrente al TAR Lazio con l’ANIEF, era destinataria di ordinanza cautelare del tribunale Amministrativo che ora il Giudice del Lavoro ha pienamente confermato ritenendo sussistente la “fondatezza della pretesa fatta valere” anche “alla luce delle difese svolte e del quadro normativo di riferimento”.

 

L’annosa questione che interessa molti nostri iscritti sta prendendo al Giudice del Lavoro la piega auspicata dall’ANIEF grazie anche all’attenta azione dei nostri legali che hanno dimostrato, come sempre, una profonda e determinante conoscenza delle problematiche affrontate in giudizio.

Incontro di domani ad Aran conferma timori già espressi

Scuola, Mascolo (Ugl): “Incontro di domani ad Aran conferma timori già espressi ”

“Per domani, 13 marzo, è previsto all’Aran un incontro in cui si discuterà dell’individuazione delle risorse da destinare al riconoscimento degli scatti di anzianità del personale della scuola. Una convocazione che arriva proprio a pochi giorni dalla lettera scritta dalla Federazione proprio su questo problema”.

Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, spiegando che “probabilmente la nostra denuncia aveva un fondamento: le risorse non sono ancora state individuate anche se restrizioni economiche le scuole le hanno già subite”.

“I lavoratori hanno bisogno di risposte su tanti aspetti e non di continuare a veder penalizzate le loro professionalità, così come i servizi offerti agli studenti e alle loro famiglie”.

Caro Maurizio…

Caro Maurizio,

permettimi di dire che questa volta non mi ritrovo con le tue critiche al regolamento del Servizio Nazionale di Valutazione. Non voglio entrare nella discussione sulle modalità della sua promulgazione, che lascio commentare agli esperti di diritto amministrativo, ma mi focalizzo sul merito del provvedimento, che alla fine è quello che interessa a noi tutti che ci occupiamo di questo problema e aspettiamo l’istituzione del SNV ormai da troppo tempo.

Credo innanzitutto che questo provvedimento abbia un pregio importantissimo: esso delinea finalmente una strategia per la valutazione della scuola italiana, che va oltre la mera somministrazione di prove di apprendimento. Non identifica, come è accaduto negli ultimi 10 anni, la valutazione con la mera  somministrazione di test, ma detta le linee per un sistema complesso, nel quale, oltre alla rilevazione degli apprendimenti, gioca un ruolo importante la rilevazione e l’analisi di tutti quegli elementi, riguardanti il contesto, le risorse, i processi ed i prodotti che permettono di formulare un giudizio più complessivo sull’attività della scuola. Infatti i test Invalsi forniscono utili ed importanti informazioni sui risultati raggiunti dalle scuole, ma occorre andare oltre la fotografia che viene scattata ogni anno per interpretare i risultati alla luce dei diversi contesti di riferimento, e soprattutto utilizzarli per avviare delle azioni di miglioramento della qualità dell’offerta formativa, individuandone gli aspetti di forza e di debolezza, così da valorizzare i primi e risolvere i secondi.

Il Regolamento  imposta dunque una strategia di sistema che si basa, come le più valide iniziative internazionali e la metodologia sperimentata a suo tempo dal Comitato di valutazione di Trento, sull’intreccio tra autovalutazione di istituto e valutazione esterna e sull’integrazione tra analisi quantitativa e qualitativa e tra i diversi strumenti (test, indicatori, osservazione diretta, interviste, focus group, ecc.). Su questa linea si muovono i più avanzati paesi europei, come Inghilterra, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Ceca, che hanno regolarmente introdotto attività di autovalutazione e di valutazione esterna delle scuole, che hanno permesso di rafforzare la consapevolezza di presidi e docenti sui problemi da affrontare. Anche il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno formulato una Raccomandazione agli Stati membri perché venga garantita la qualità dell’istruzione e della formazione professionale, per mezzo della valutazione e perseguendo il miglioramento continuo. Il nostro Paese è tra i pochi che ancora non si erano mossi in questa direzione.

Altro aspetto importantissimo di questo provvedimento è la finalizzazione della valutazione al miglioramento della scuola: questa indicazione, espressa con chiarezza, sgombra finalmente il campo da dubbi e sospetti riguardo l’eventualità sull’uso punitivo o premiale dei dati della valutazione.

Infine finalmente viene impostato un raccordo funzionale tra i diversi organismi (Invalsi, Indire, Ispettori), che dovranno interagire sulla base di ruoli chiaramente definiti.

Non voglio affermare che questo provvedimento sia immune da aspetti critici: a parte il ricorrente problema del finanziamento di queste attività (la valutazione esterna costa!), credo che il problema più rilevante sia l’aver inserito in questa procedura anche la valutazione dei capi d’istituto. Se si vuole ottenere un’autovalutazione assolutamente libera da secondi fini non si può immaginare che i risultati di questa vengano utilizzati per valutare il lavoro dei Dirigenti scolastici, altrimenti il rischio di inquinamento dell’attività è molto forte.

Non sono invece d’accordo quando si lamenta l’insufficienza del dibattito in materia ed il mancato coinvolgimento del mondo della scuola: tu sai meglio di me che sono più di 20 anni che il mondo della scuola è stato coinvolto in questo dibattito, da quando Mattarella pose con forza il tema nella Conferenza Nazionale della scuola: da allora sono state istituite innumerevoli comitati e commissioni per discutere di questo tema, è stato più volte rinnovato l’Invalsi, con atti che hanno coinvolto pure il Parlamento, per non parlare dei convegni e di tutti gli altri dibattiti sull’argomento. Certo, non si può affermare che la cultura della valutazione sia diffusa tra tutti i docenti ed i dirigenti; l’applicazione del Regolamento andrà sostenuta da un’attività di accompagnamento, monitoraggio, sperimentazione e formazione, ed importantissimo sarà il ruolo che giocheranno Indire ed Invalsi sotto questo aspetto. Ma ritengo che questo provvedimento raccolga, pur con i limiti che ho rilevato, quanto di meglio è uscito dal dibattito e dalle esperienze nazionali ed internazionali sulla materia.

Giorgio Allulli

12/03/2013 – Garanzie assicurative a copertura delle attività svolte dal Responsabile Unico del Procedimento

Oggetto: PON FESR “Ambienti per l’Apprendimento” – Asse II “Qualità degli ambienti scolastici” e POR FESR delle Regioni appartenenti all’obiettivo Convergenza – Garanzie assicurative a copertura delle attività svolte dal Responsabile Unico del Procedimento – Integrazioni e chiarimenti in merito alla nota prot. n. AOODGAI/1262 del 29/01/2013

Nota n. 2833 del 8 marzo 2013

La valutazione c’è, i fondi no

da ItaliaOggi

La valutazione c’è, i fondi no

Alessandra Ricciardi

La macchina è pronta. Toccherà ora metterci la benzina perché il nuovo sistema di valutazione della scuola italiana possa camminare (si veda ItaliaOggi di sabato). «Senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica», è la clausola di invarianza della spesa che informa il regolamento definitivamente varato dal consiglio dei ministri di venerdì scorso.

E infatti non c’è un euro in più per un sistema che dovrà monitorare e supportare circa 8 mila scuola. Mancano gli ispettori, ne serve uno per ogni nucleo ispettivo: in servizio ce ne sono una trentina, contro una pianta organica di oltre 330. Nel 2008 è stato bandito un concorso per 145 posti, ma solo 80 candidati hanno superato gli scritti e sono in attesa degli orali. E poi vanno reclutati gli esperti che collaboreranno all’attività di supporto dei nuclei (due esperti e un ispettore è la composizione prevista). Il tutto nell’ambito delle risorse già disponibili. Insomma, se portare a casa il regolamento è stata un’impresa per il ministro Francesco Profumo, tra i rilievi del Cnpi, quelli del Consiglio di stato e, non meno importanti, le contrarietà della Cgil e del Pd, riuscire ad alimentare la macchina sarà l’impresa che toccherà al prossimo governo. Certo non aiuta la situazione di incertezza politica, a cui si aggiunge il sempre precario equilibrio dei conti pubblici italiani. Condizioni che secondo rumors dell’amministrazione di viale Trastevere potranno facilmente condurre a uno slittamento dell’avvio a regime della valutazione. Anche per attendere la conclusione del progetto Vales, la sperimentazione in corso presso 300 scuole che dovrà fornire gli indicatori di valutazione. Progetto che a questo punto potrebbe essere esteso ad altri istituti dal prossimo settembre. Si guadagnerebbe così un anno di tempo, utile anche per mettere a punto le relazioni con il mondo della scuola dove non tutti sono entusiasti del sistema proposto. Il nuovo modello di valutazione esterna del rendimento delle scuole ha l’obiettivo di rendicontare i miglioramenti degli istituti e di supportare le scuole in difficoltà, così come accade in molti paesi europei. Il sistema si compone di tre gambe: l’Invalsi, l’istituto che attualmente si occupa di rilevare gli apprendimenti degli studenti, l’Indire, l’istituto di ricerca per l’autonomia scolastica, e gli ispettori. Ma saranno le scuole il punto di partenza del processo attraverso procedure di autovalutazione che saranno svolte con il supporto informatico del ministero e che dovranno valutare i progressi degli studenti tra l’ingresso e l’uscita, anche alla luce del contesto sociale ed economico. L’Invalsi, che individuerà le scuole da sottoporre a verifica in base ai rapporti, definirà gli indicatori di efficienza a cui gli istituti e i loro dirigenti dovranno rispondere, mentre l’Indire dovrà favorire i processi di innovazione in ambito didattico, in particolare agendo sul versante della formazione dei docenti. I dati sull’andamento degli apprendimenti saranno rilevati attraverso test di valutazione che si faranno su base censuaria in II e V elementare, I e II media, II superiore (dove già accade ora), e poi in V superiore. Ogni scuola dovrà stilare il proprio piano di miglioramento delle perfomance. In base ai risultati raggiunti, i direttori scolastici regionali valuteranno i dirigenti scolastici per i successivi incarichi e per la quota di salario accessorio. Nessuna ricaduta, invece, per gli stipendi dei docenti. Resta critica la Flc-Cgil guidata da Mimmo Pantaleo: «È davvero incredibile l’arroganza di questo governo che in limine mortis licenzia il regolamento». Pollice verso anche di Gilda degli insegnanti: «Troppa fretta», dice il coordinatore Rino Di Meglio, «c’è il rischio di aggravio di lavoro per i docenti». Per la Cisl scuola il giudizio è invece positivo anche se, puntualizza il segretario Francesco Scrima, « ora servono risorse per far funzionare il sistema in modo che sia veramente di aiuto alle scuole». Invita a dare «centralità al lavoro dei docenti, superando», dice il segretario Massimo Di Menna, «un assetto di verifica di stampo burocratico/procedurale che è fortemente penalizzante».

Cl@ssi 2.0? Meglio chiuderle

da ItaliaOggi

Cl@ssi 2.0? Meglio chiuderle

di Mario D’Adamo

Viale Trastevere non dà retta all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, (Ocse), alla quale il ministro dell’istruzione Profumo aveva chiesto una valutazione sul piano nazionale della scuola digitale, e incrementa il numero delle cl@ssi 2.0 invece di ridurle e puntare tutto su scuol@ 2.0.

Il piano, secondo il comunicato reso pubblico il 5 marzo sul sito del ministero, «presenta numerosi punti di forza e interesse, seppur in un quadro nel quale non mancano problemi e criticità», ma sarebbe stato meglio invertire i termini e ammettere che la valutazione è stata negativa, mentre ridotto è il numero degli elementi positivi, per lo più confinati nelle buone intenzioni, nella disponibilità del personale e in vaghe prospettive di crescita. E non si tratta di guardare al bicchiere mezzo vuoto, poiché agli attuali ritmi per l’estensione del piano a tutte le classi, con tanto di tablet e lavagne Lim per tutti, dovranno passare almeno quindici anni, quando ne saranno trascorsi ventisette dall’annuncio del 2001 delle tre “I” del ministro Moratti e del presidente del consiglio Berlusconi. Per l’Ocse, infatti, è un grosso limite che le risorse annuali a disposizione del piano siano così scarse da rappresentare l’1 per mille del budget del ministero dell’istruzione, anche se in cifre assolute la somma è pur sempre elevata, trenta milioni di euro, solo cinque per ogni alunno. Troppo ridotto il numero delle classi coinvolte nei progetti cl@sse 2.0 (416) e scuol@ 2.0 (14+15), poche le risorse didattiche digitali a disposizione dei docenti, non sufficiente lo sviluppo professionale del personale, quest’ultimo punto compare solo nella versione inglese del rapporto. Tra i punti di forza c’è «la volontà dell’Amministrazione di incrementare l’uso delle tecnologie e di internet nelle scuole italiane». L’obiettivo sarebbe in sintonia con quello di altri paesi, che però hanno superato l’Italia non tanto nella volontà di dotare le scuole di strumentazioni, le buone intenzioni non ci mancano, quanto nell’assegnazione concreta di risorse. In Gran Bretagna, infatti, ben l’ottanta per cento delle classi può contare già oggi su strumenti didattici e digitali. È positivo poi che la Lim, lavagna multimediale interattiva, possa essere utilizzata a costi iniziali non elevati e sia compatibile con tutti i metodi di apprendimento e didattici, e che si sia «rivelata (_) una sorta di cavallo di Troia che incoraggia la maggior parte dei docenti a incrementare l’uso delle tecnologie (internet e PC) nella loro attività professionale». È anche positivo l’approccio utilizzato per l’introduzione del piano: non un’imposizione dall’alto, destinata a creare resistenze, ma una risposta alle richieste di adesione che volontariamente provengono dalle scuole. Ciò dovrebbe ridurre al minimo il rischio che le nuove tecnologie non siano utilizzate, ma l’osservazione non è sostenuta con dei dati che smentiscano le lamentele di genitori e alunni che vedono deperire le Lim. E infine, sono positive le procedure di acquisto delle lavagne, dei pc e dei portatili attraverso gruppi di acquisto temporanei costituiti dalle scuole e sostenute da Consip. Sono tutti elementi, però, destinati a non far fare un passo in avanti alla diffusione del piano, se contemporaneamente alle scuole non saranno aumentati i finanziamenti, è la raccomandazione principale dell’Ocse, che si spinge a suggerire «di concentrare le risorse su Scuol@ 2.0 e interrompere l’iniziativa Cl@sse 2.0». Ma è una raccomandazione che, senza affermarlo, il ministero è costretto a respingere, avendo già stipulato il 18 settembre scorso una serie di accordi con le regioni, che prevedono dal prossimo anno scolastico l’installazione di altre 4.200 lavagne interattive e l’attivazione di altre 2.700 cl@ssi 2.0 e solo 17 scuole 2.0.

Precari da assumere, contrordine di viale Trastevere

da ItaliaOggi

Precari da assumere, contrordine di viale Trastevere

di Antimo Di Geronimo
Assumere i docenti che hanno maturato il diritto al’immissione in ruolo perché sono stati inseriti a pettine nelle graduatorie per ordine del giudice. Ma senza licenziare quelli che sono già stati assunti per diritto di graduatoria. E recuperare il numero di immissioni in ruolo in più sottraendole da quelle che saranno autorizzate il prossimo anno. É questo il responso della direzione generale per il personale del ministero dell’istruzione, che ha risposto così all’ufficio scolastico del Piemonte con una nota emessa il 25 febbraio scorso (1656). Il provvedimento, che porta la firma del direttore generale Luciano Chiappetta, reca un’interpretazione diametralmente opposta a quella adottata dall’ufficio scolastico regionale per la Puglia in riferimento ad un caso analogo (si veda Italia Oggi del 5 marzo 2013). Va detto subito, però, che tra la direzione generale del personale del ministero e le direzioni generali degli uffici scolastici regionali non vi è alcun rapporto gerarchico. E dunque, i direttori regionali (che sono pari grado rispetto ai capi delle direzioni generali collocate presso l’amministrazione centrale) possono legittimamente discostarsi dall’orientamento assunto dalla direzione centrale. Resta il fatto, però, che l’esistenza di un parere di fonte ministeriale potrebbe avere un certo peso davanti al giudice. E potrebbe far pendere la bilancia in favore dei lavoratori che dovrebbero essere licenziati dall’ufficio scolastico barese. Cha non hanno alcuna intenzione di accettare il verdetto dell’ufficio periferico data la posta in palio, forti anche dell’appoggio unanime dei sindacati. Insomma, la matassa si ingarbuglia sempre di più.

Uno studente su quattro non fa i corsi di recupero

da LaStampa.it

Uno studente su quattro non fa i corsi di recupero

Sondaggio di Skuola.net: le scuole nona ttivano i corso e il 50% sceglie lo studio fai-da-te
roma

Circa un migliaio di studenti delle superiori son ostati coinvolti in un sondaggio di Skuola.net da cui è emoerso che uno studente su quattro con il “debito”, non dispone di corsi di recupero organizzati dalla scuola. E uno su due preferisce lo studio fai-da-te rispetto alla frequenza delle lezioni pomeridiane salva-insufficienze.

Circa il 25% degli intervistati ha dichiarato che nella propria scuola non sono stati attivati i corsi di recupero dei debiti formativi. Ma anche laddove ci sono, non per tutti sono sufficienti: uno studente su dieci prende ripetizioni e frequenta i corsi, mentre il 5% prende lezioni private e snobba le attività messe a disposizione dalla sua scuola per recuperare le insufficienze. Ma il dato più significativo è quello del fai-da-te: quasi uno studente su due preferisce colmare le lacune studiando da solo piuttosto che prendendo parte alle attività di recupero scolastiche.

In realtà, fino a qualche tempo fa, vigeva un’ordinanza (la cosiddetta ordinanza Fioroni, 92/2007) che rendeva obbligatorio per le scuola attivare questo tipo di corsi. Ma ora questo obbligo non esiste più perché – spiega Skuola.net – l’ordinanza in questione, come ha confermato il ministero dell’Istruzione, non è stata rinnovata.

Normativa cogente a parte, se le scuole volessero attivare i corsi, avrebbero comunque i soldi per farlo. Lo assicura al portale Antonio Cannoletta, della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica: «nell’erogazione del Fondo d’Istituto, quest’anno è stata evidenziata la priorità che le scuole devono rispettare nell’utilizzazione delle risorse assegnate ed erogate per il cosiddetto Fis per le attività didattiche di recuperò».

In sostanza questo significa che il Ministero ha fornito alle scuole i fondi necessari all’attivazione dei corsi di recupero e queste, nella gestione di tali fondi, devono proprio dare priorità a tutte le attività che consentano agli studenti di recuperare le loro insufficienze a scuola.

Il fondo d’Istituto è destinato all’azzeramento

da Tecnica della Scuola

Il fondo d’Istituto è destinato all’azzeramento
di Lucio Ficara
Ecco arrivare l’accordo ARAN-sindacati che sblocca la partita incrociata tra gli scatti di anzianità maturati nel 2011, ma congelati, e le risorse del fondo d’Istituto da consegnare alle scuole
La convocazione dell’Aran, rivolta ai sindacati, è fissata per domani 13 marzo ed è finalizzata alla firma del contratto che recepisce l’accordo siglato tra le parti, esclusa la Flc Cgil, di destinare circa il 30 % delle risorse del FIS allo sblocco degli scatti di anzianità maturati nel 2011.
La convocazione fatta dall’Aran ai sindacati è l’ultimo atto burocratico di questa vicenda, che segue il via libera dato dalla Corte dei Conti sull’intera operazione. E’ utile sapere , per fare chiarezza su questa vicenda, che non si tratta dello sblocco totale degli scatti di anzianità, ma semplicemente di uno sblocco parziale, limitato soltanto all’annualità 2011, mentre gli scatti rimangono bloccati per il 2012.
Tutto questo mentre si discute già di bloccare gli scatti per l’annualità 2013 e il contratto collettivo nazionale fino al 2014. Il meccanismo di recupero delle risorse finanziarie, per permettere il pagamento degli scatti maturati nel 2011, è, a parere della Flc Cgil, a dir poco discutibile, perché fatto totalmente sul salario accessorio del personale scolastico.
Tale meccanismo del recupero degli scatti se fosse applicato anche per l’annualità al 2012 , ma questo l’accordo che verrà sottoscritto domani non lo prevede , dimezzerebbe il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, dunque le disponibilità del salario accessorio, che continuando di questo passo nel 2014 si azzererebbe, se, come sembra orami certo , il blocco verrà reiterato anche per il prossimo biennio.
Quindi si può affermare che il fondo d’Istituto è destinato all’azzeramento e di conseguenza la scuola italiana perderà la sua autonomia, che rimarrà solo sulla carta. Tuttavia senza fare allarmismi, ma informando sulla realtà delle cose, bisogna prendere atto della situazione ed avviare le contrattazioni di Istituto con responsabilità e serietà.
Adesso che la Corte dei Conti ha certificato l’esistenza dei fondi da destinare alla contrattazione, sarà possibile firmare i contratti integrativi d’istituto utilizzando per intero tutte le risorse finanziarie previste per le singole scuole.

1 studente su 4 non fa i corsi di recupero

da Tecnica della Scuola

1 studente su 4 non fa i corsi di recupero
di P.A.
Circa il 25% degli studenti recupera le insufficienze da solo o grazie alle ripetizioni private. Questo perché nelle scuole non sono stati attivati i corsi di recupero. A sostenerlo un’indagine di Skuola.net con un campione di circa 1000 alunni
Da un sondaggio di Skuola.net: “Debiti: cosa fai per recuperare?” e al quale hanno partecipato circa un migliaio di studenti delle scuole superiori emerge che 1 studente su 4, tra quelli che ha preso il debito, non dispone di corsi di recupero organizzati dalla scuola. Mentre uno su due preferisce lo studio fai da te rispetto alla frequenza delle lezioni pomeridiane.
“Mai avuti” corsi di recupero, risponde invece qualcuno e a quanto pare non sarebbe l’unico, commenta il sito degli studenti, visto che circa il 25% degli studenti ha dichiarato che nella propria scuola non sono stati attivati i corsi di recupero dei debiti formativi. Anche laddove questi ci sono, non per tutti sono sufficienti: uno studente su dieci prende ripetizioni e frequenta i corsi, mentre il 5% prende lezioni private e snobba le attività messe a disposizione dalla sua scuola per recuperare le insufficienze. Ma il dato più significativo è quello del fai da te: quasi uno studente su due preferisce colmare le lacune studiando da solo piuttosto che prendendo parte alle attività di recupero scolastiche.
In realtà, le scuole non sono obbligate ad attivare i corsi nonostante i fondi per farlo ci siano e a dirlo, dichiara Skuola.net, è il Ministero dell’Istruzione stesso, consultato sulla vicenda.
Fino a qualche tempo fa vigeva un’ordinanza che rendeva obbligatorio per le scuola attivare questo tipo di corsi, si tratta dell’Ordinanza Ministeriale 92/2007, art. 2, più comunemente conosciuta come Ordinanza Fioroni. In questa era possibile leggere che: “Le istituzioni scolastiche hanno l’obbligo di attivare gli interventi di recupero e, nell’ambito della propria autonomia, individuano le discipline e/o le aree disciplinari che necessitano degli interventi. Esse determinano altresì le modalità di organizzazione e realizzazione precisandone tempi, durata, modelli didattico-metodologici, forme di verifica dei risultati conseguiti dagli studenti, criteri di valutazione, nonché modalità di comunicazione alle famiglie”.
Insomma per le scuole era obbligatorio attivare i corsi di recupero per permettere agli studenti di recuperare le loro insufficienze in maniera più semplice e, soprattutto, gratuita. Ma ora non più.
Infatti, il Ministero dell’Istruzione ha specificato che l’Ordinanza Fioroni non è stata rinnovata. Nonostante questo, il Miur, con la voce di Antonio Cannoletta, della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica, ha specificato che: “Nell’erogazione del Fondo d’Istituto, quest’anno è stata evidenziata la priorità che le scuole devono rispettare nell’utilizzazione delle risorse assegnate ed erogate per il cosiddetto FIS per le attività didattiche di recupero”.
In altre parole, continua Skuola.net, questo significa che il Ministero ha fornito alle scuole i fondi necessari all’attivazione dei corsi di recupero e queste, nella gestione di tali fondi, devono proprio dare priorità a tutte le attività che consentano agli studenti di recuperare le loro insufficienze a scuola. Insomma, stando alle parole del Ministero: “Si può affermare che le scuole sono nella condizione di poter fornire agli studenti il necessario supporto didattico ai fini del recupero e che il Ministero ha provveduto alla erogazione dei fondi necessari per l’attuazione delle misure di recupero previste dalle norme”.