Gli stipendi degli insegnanti

Gli stipendi degli insegnanti

 di Nicola Puttilli

Può apparire sorprendente, nel contesto di misure volte ad arginare il debordante debito pubblico del nostro Paese, la raccomandazione dell’Unione Europea di procedere con sollecitudine a sostanziali aumenti di stipendio agli insegnanti. In realtà, con questo inatteso suggerimento, i commissari europei dimostrano di non essere, come sostengono i nostri lungimiranti governanti, ciechi burocrati unicamente votati al pareggio di bilancio, bensì di conoscere bene come, da più di un ventennio, funzionano le cose nelle economie della conoscenza.

Studi e ricerche di tutto il mondo sono lì a dimostrare che crescono le economie dei paesi che investono in formazione e ricerca e che la risorsa più preziosa per lo sviluppo è il capitale umano declinato in termini di competenze per il futuro (digitali e discipline “STEM” ma non solo: problem solving collaborativo, imparare ad imparare, resilienza, interculturalità, ecc.).

Solo i nostri governanti non se ne sono accorti e hanno continuato a tagliare, con coerenza degna di miglior causa, i finanziamenti alla scuola per oltre vent’anni, fino all’attuale paradosso del secondo Paese manifatturiero d’Europavergognosamente penultimo negli investimenti in formazione ( né ha cambiato linea il governo del cosiddetto cambiamento, anzi, con tagli di ulteriori 400 milioni nell’ultima legge di bilancio e la scomparsa della stessa scuola dai radar della politica che conta).

Non sorprende che in tale contesto, aggravato da una crisi ormai più che decennale che ha determinato il blocco totale dei contratti, anche gli stipendi degli insegnanti siano rimasti al palo, ultimi tra quelli dei Paesi a cosiddetta economia evoluta.

Del resto, se è vera la premessa, non può stupire la conseguenza di un sistema scolastico che arranca con forti squilibri interni, tassi ancora elevati e in aumento di dispersione e disagio nelle aree di maggior sofferenza del mezzogiorno e delle periferie urbane, analfabetismo funzionale, forti disallineamenti tra le richieste di un mercato del lavoro sempre più esigente e un’offerta formativa incapace di fornire competenze adeguate.

I tentativi di riforma che si sono succeduti nell’ultimo quarto di secolo (da Berlinguer a Renzi, passando per l’autonomia scolastica, la grande incompiuta) sono stati sistematicamente affossati da una burocrazia ministeriale tanto pervasiva e incompetente quanto del tutto refrattaria a cedere le proprie quote di potere, non meno che da una classe docente tanto innovatrice a parole quanto conservatrice nella pratica didattica e professionale quotidiana.

Nonostante, infatti, i generosi tentativi di rinnovamento presenti nella nostra scuola fin dagli ormai lontani anni ’70 (che ci ha lasciato leggi come la 820, la 517, gli stessi decreti delegati), la didattica quotidiana non si è mai sostanzialmente discostata dal solito circuito: lezione frontale, studio individuale, interrogazione, valutazione. Circuito che inevitabilmente conferma e valorizza solo alcune competenze, privilegiando, tra l’altro, quelle provenienti dal contesto socio culturale di provenienza e riproducendo di fatto i meccanismi di selezione sociale.

Lungi dal voler demonizzare la lezione frontale e lo studio individuale, che conservano la loro importanza, le esperienze dei Paesi che ottengono i migliori risultati ci parlano di una didattica che alterna la lezione frontale, non più momento centrale, alle attività laboratoriali e multimediali, ai lavori di gruppo, alle attività sportive ed espressive in spazi dedicati e attrezzati, senza mai dimenticare la dovuta attenzione alle dinamiche psicologiche e relazionali. Di altro non si tratta, in definitiva, se non della vecchia pedagogia “attiva” trasferita in contesti e ambienti di apprendimento attualizzati, così come aggiornate risultano le competenze da coltivare.

Non che non esistano esperienze simili anche nel nostro Paese, ma restano le classiche eccezioni all’incrocio, non troppo frequente, fra enti locali illuminati, dirigenti visionari ed insegnanti particolarmente preparati e motivati.

Perché l’eccezione diventi la regola ci vorrebbe una riforma, questa sì epocale, capace di stanare gli insegnanti dalla rassicurante e ripetitiva routine verso una nuova professionalità altamente qualificata, in grado di rispondere alle nuove esigenze.

Si tratta di un percorso che richiede una seria programmazione in tempi necessariamente lunghi e risorse ingenti in termini di formazione, iniziale e in servizio, di riqualificazione degli ambienti di apprendimento e di retribuzione del personale e,pertanto, di una scelta politica di indirizzo e di lungo periodo. 

Una rivoluzione copernicana del modo di insegnare non si può fare, del resto, con aumenti di poche decine di euro, pur restando la motivazione intrinseca un fattore determinante,ma con stipendi in grado di attirare le migliori energie intellettuali del Paese; così come una didattica radicalmente rinnovata non può coesistere con spazi organizzati sulla semplice moltiplicazione delle aule, in scuole, per di più, che spesso cadono a pezzi.

Un percorso di questo tipo, lontano da tempi e modi usuali della nostra politica, vuol dire recuperare decenni di ritardo sullo sviluppo scolastico del nostro Paese e mettere la scuola al centro del processo di sviluppo, come obiettivo di civiltà e di rilancio del processo economico e produttivo.

Una recente ricerca della Fondazione Agnellicalcola un risparmio di due miliardi all’anno nel prossimo decennio dovuto al decremento demografico che già da quest’anno incide sulla formazione delle classi di scuola dell’infanzia e di scuola primaria e che, nei prossimi anni, investirà anche le scuole secondarie di primo e secondo grado. Sono risorse che devono restare all’interno della scuola e non, ancora una volta, estorte per altre finalità. Una prima base, opportunamente implementa con ulteriori risorse, fino al raggiungimento della media degli investimenti europei, per un rinnovamento radicale della nostra scuola.

Sì, quindi, ad aumenti sostanziosi degli stipendi degli insegnanti come l’Europa suggerisce, ma finalmente legati a un diverso modo di fare scuola e a una diversa idea della professionalità docente, in linea con le esperienze internazionali più innovative e di maggior successo. 

Certamente si tratterebbe di un percorso lungo i cui esiti devono essere apprezzati con gradualità, l’importante è avere un progetto compiuto e cominciare con percorsi seri di formazione del personale e di riconversione e riqualificazione degli ambienti di apprendimento.

Maturità al via, conto da 130 milioni

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Ancora 48 ore e mezzo milione di maturandi italiani conoscerà il proprio destino. Alle 8.30 di dopodomani mattina, con l’apertura del plico telematico per la prova di italiano, prenderà il via l’esame di Stato 2019. Nella sua nuova veste che è stata disegnata dal governo Gentiloni e cucita addosso agli studenti dall’esecutivo Conte. Il restyling si annuncia profondo come dimostra la scelta di avviare nei mesi scorsi una doppia simulazione nazionale: gli scritti passano da tre a due e il secondo diventa misto, scompare il “quizzone”, all’orale non si può portare la tesina. Senza alcuna novità però sulla composizione delle commissioni e, dunque, sui costi dell’intera macchina organizzativa. Che dovrebbero aggirarsi anche stavolta sui 130 milioni di euro più le spese vive per carta e cancelleria che le scuole determineranno ex post.

I numeri della maturità 2019

Il dato definitivo sugli ammessi verrà reso noto nelle prossime ore quando tutti gli istituti avranno comunicato al ministero dell’Istruzione i risultati degli scrutini. Quello provvisorio supera di poco quota 520mila, di cui quasi 18mila “privatisti”. Per la prima volta si siederanno all’esame finale anche alunni con l’insufficienza in una disciplina (previa delibera motivata del consiglio di classe), mentre Invalsi e alternanza continueranno a non pesare, almeno quest’anno, sull’ammissione dei ragazzi (i percorsi scuola-lavoro rientrano all’orale sotto forma di elaborato multimediale o di relazione illustrata dal candidato). A giudicarli ci saranno 13.161 commissioni, composte da tre membri interni e tre esterni oltre al presidente, sempre esterno.

Gli scritti

Dopodomani gli studenti si troveranno di fronte sette tracce divise in tre tipologie di prove (anziché quattro) in ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e tecnologico. La tipologia A riguarda l’analisi del testo e gli autori salgono da uno a due per coprire ambiti cronologici, generi e forme testuali diversi. Con la tipologia B si propone ai maturandi un singolo testo compiuto o un estratto chiedendone l’interpretazione seguita da una riflessione personale. La tipologia C è il vero e proprio tema e può essere accompagnata da un breve testo di appoggio. Diverse polemiche ha scatenato la scelta di eliminare il tema storico che come tale non ci sarà più (anche se la materia diventa trasversale alle tracce), ma lo scorso anno l’ha scelto appena l’1,1% dei ragazzi.

Giovedì 20 giugno scatterà la seconda prova, quella d’indirizzo, della durata, in media, di sei ore (durate superiori sono previste solo per alcuni indirizzi dell’istruzione tecnica e professionale). Al classico debutta la prova mista di latino e greco (i dizionari vanno portati entrambi, uno servirà per la traduzione, l’altro per l’analisi e il commento del secondo testo) anche se la traduzione vera e propria interessa solo la prima. Allo scientifico, tocca a matematica e fisica, in proporzione al peso nelle ore di lezione. Al linguistico oggetto della seconda prova sono la prima e la terza lingua caratterizzanti il percorso di studi (per la prima lingua si richiederà un livello B2, per la terza sarà sufficiente il B1).

L’orale

Il nuovo orale rappresenta forse lo step più temuto dagli studenti. Che non potranno contare più sul conforto della tesina. Sarà la commissione a predisporre le buste con il materiale di partenza e che ciascun candidato potrà scegliere fra tre (sui dettagli della prova si veda l’altro articolo pubblicato qui sotto), sulla base delle indicazioni (vincolanti) fornite dal consiglio di classe nel documento predisposto entro il 15 maggio.

La votazione

Il punteggio finale rimane in centesimi. Si parte dal credito scolastico, fino a 40 punti (si sale rispetto ai precedenti 25). La commissione deciderà sui restanti 60: massimo 20 per ciascuna delle due prove scritte e 20 per il colloquio. Il punteggio minimo per superare l’esame resta 60 punti. La commissione d’esame può integrare il punteggio, fino ad un massimo di 5 punti, se il candidato ha ottenuto un credito scolastico di almeno 30 punti e un risultato complessivo nelle prove di almeno 50. Per la “lode” come sempre occorre l’unanimità.

Quasi un maturando su due è indeciso su cosa farà dopo il diploma

da Il Sole 24 Ore

di Scuola24

Quasi un maturando su due (47%) è indeciso su cosa fare dopo il diploma. Il 46% degli studenti aspetta la fine degli esami, mentre c’è chi addirittura rinvia ogni decisione a settembre (17%). I più decisi hanno scelto soprattutto l’università (48%) e l’alternanza scuola-lavoro (24%), ma c’è anche chi preferisce subito catapultarsi esclusivamente nel mondo lavorativo (21%). E’ quanto emerge da uno studio promosso dal Sanpellegrino Campus condotto con metodologia “Web opinion analisys” su circa 2.500 studenti alle
prese con la maturità attraverso un monitoraggio online sui principali social network, forum e community dedicate per capire il loro stato d’animo e le loro preferenze legate al percorso
post-maturità.

Con quale stato d’animo si sono presentati gli studenti all’ultimo anno di studi? Apprensione (64%) ed emozione (55%) sono i sentimenti più comuni, mentre i più ottimisti hanno affrontato l’ultimo anno con positività (49%) e determinazione (44%). A cosa è dovuto questo senso di preoccupazione? A sorpresa è il post diploma a spaventare più degli esami: quasi uno studente su due (47%) si dice insicuro su cosa fare dopo, una percentuale inferiore (39%) rispetto a coloro che sono preoccupati da scritti e orali di maturità. C’è addirittura chi
invece teme di non venir nemmeno ammesso alle prove finali (10%). Un’indecisione dovuta anche dalla mancanza all’interno del proprio istituto di un orientamento legato al mondo
lavorativo, segnalato da quasi uno studente su tre (31%).

Crescono gli alunni con Dsa, +163,4% di diagnosi per disgrafia

da Il Sole 24 Ore

di Al. Tr.

Negli ultimi anni l numero degli alunni con disturbi dell’apprendimento (Dsa) sul totale degli iscritti è costantemente cresciuto, passando dall0 0,7% dell’anno scolastico 2010/2011 al 3,2% del 2017/2018 , quando il totale ha raggiunto quota 276.109. Lo comunica il Miur, che ha appena pubblicato un approfondimento statistico sugli studenti con Dsa nelle scuole statali, paritarie e non paritarie riferito all’anno scolastico 2017/2018 .

Boom delle certificazioni
I parlano di un vero e proprio boom delle certificazioni dei disturbi, con il record di quelle per disgrafia, che hanno registrato un +163,4%, passando da 30mila a 79mila. Mentre quelle per la disgrafia sono salite da circa 94 mila a 177 mila, segnando un tasso di crescita dell’88,7%. Anche il numero di alunni con disortografia certificata è aumentato notevolmente, passando da circa 37 mila a 92 mila (+149,3%; gli alunni con discalculia sono aumentati da 33 mila a poco meno di 87 mila (+160,5%).

Alunni con Dsa per ordine di scuola
Nel 2017/2018 nella scuola primaria la percentuale degli alunni con Dsa si è attestata intorno al 2%, per la secondaria di primo grado al 5,6% e per quella di secondo grado al 4,7%. Nella scuola dell’infanzia, appena lo 0,12%.
Mediamente, la percentuale di studenti con Dsa è stata pari al 3,3% del totale degli alunni della scuola a gestione statale e al 2,3% nella scuola a gestione non statale (3,2% in media su tutte le scuole). Nella paritaria la percentuale è stata pari al 2,1% del totale.

La diffusione territoriale
Le certificazioni di Dsa sono state rilasciate soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest, in cui la percentuale sul totale dei frequentanti è stata pari al 4,8%. Percentuale elevata anche al Centro (3,9%) e nel Nord-Est (3,6%), nettamente inferiore nel Sud (1,6%).
Tra le singole regioni, i Dsa sono più numerosi in Valle d’Aosta e Liguria, entrambe con il 5,1% di alunni con disturbi, in Piemonte con il 4,8% e in Lombardia con il 4,7%. Le percentuali più contenute sono state presenti in Calabria (0,8%), Campania (1%) e Sicilia (1,3%).

Le tipologie di disturbo
Complessivamente soono 177.212 gli alunni con dislessia (disturbo nell’imparare a leggere), 79.261 con disgrafia (disturbo nell’imparare a scrivere), 92.134 con disortografia (disturbo nell’utilizzare il codice linguistico), 86.645 discalculia (disturbo nel calcolo matematico).
Il numero complessivo di alunni con Dsa, pari a 276.109 – spiega il Miur – non coincide con la somma degli alunni per tipologia di disturbo non solo perché per la scuola dell’infanzia non è riportato il dettaglio per tipo di disturbo, ma soprattutto perché gli alunni possono avere più tipologie di Dsa.

AAA cercansi commissari per l’esame di Stato

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Aaa. cercasi presidenti e commissari per l’esame di Stato di geometri e periti (sia agrari che industriali) che inizierà il 21 novembre 2019. Sulla base dei requisiti fissati in una nota del ministero dell’Istruzione pubblicata nei giorni scorsi.

Alla carica di presidente di commissione possono candidarsi i docenti universitari (di ruolo ordinario o straordinario; associati o fuori ruolo; in pensione) oppure i dirigenti scolastici di istituto tecnico. I primi dovranno consegnare la domanda cartacea all’ufficio amministrativo di competenza per gli adempimenti del rettore e sarà poi l’ateteno a inoltrare via Pec alla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione. I secondi potranno inserire la domanda online attraverso il sistema informativo Sidi. Oppure Alla carica di commissario potranno invece concorrere docenti, laureati e con contratto di lavoro a tempo indeterminato, delle scuole secondarie di secondo grado e docenti di specifiche discipline negli istituti tecnici corrispondenti. Uguale per tutti il termine entro cui candidarsi. E cioè il 24 luglio 2019.

Risorse per la formazione 2018 congelate per le Regioni non in regola con gli impegni precedenti

da Il Sole 24 Ore

di Alessandro Vitiello

In leggero anticipo rispetto all’agenda degli anni passati, con due decreti direttoriali registrati pochi giorni fa, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha stanziato e ripartito alle Regioni le risorse 2018 per il finanziamento dei percorsi finalizzati all’assolvimento del diritto-dovere nell’istruzione e formazione professionale (Dd 19 aprile 2019) e dei percorsi formativi rivolti all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e percorsi formativi rivolti all’alternanza scuola lavoro (Dd 17 maggio 2019).

Rispetto agli analoghi provvedimenti degli anni passati c’è un’importante novità. Dal 2018, infatti, i due decreti prevedono il « congelamento» delle risorse assegnate alle Regioni non in regola con la rendicontazione degli anni precedenti, e cioè specificamente che non hanno presentato come prescritto gli «impegni giuridicamente vincolanti» rispetto alle somme ricevute per le annualità pregresse. È dal 2010 – si legge nel preambolo al decreto – che per alcune Regioni si è riscontrata l’assenza o la presenza parziale di impegni giuridicamente vincolanti.

La regola
Per queste saranno emanati singoli decreti che definiranno successivamente le modalità di erogazione delle risorse. La cui regola generale per vedersele assegnare è descrivibile in tre tappe:
1) trasmissione dell’allegato di dichiarazione Igv compilata in tutte le parti e sottoscritta digitalmente dal responsabile del servizio competente allegando copia dell’atto di assunzione di impegno giuridicamente vincolante riferito alle risorse da trasferire, così come scritto nella dichiarazione;
2) presentazione di una relazione descrittiva delle attività oggetto dell’atto di assunzione di impegno sul quale è richiesto il finanziamento, secondo le indicazioni riportate negli allegati ai due decreti:;
3) trasmissione dei rapporti di monitoraggio regionale al ministero del lavoro entro il 15 novembre 2019, in modo da consentire la predisposizione del provvedimento di riparto delle risorse per l’annualità successiva (2019).
Attenzione perché dopo il 15 novembre, decorsi 30 giorni dal primo formale sollecito, alle Regioni inadempienti sarà tolto il finanziamento.

Le risorse
Le risorse sembrano essere aumentate in maniera cospicua rispetto al passato: il decreto del 19 aprile mette in campo 189.109.570 euro posti a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione. Verranno ripartite tra le Regioni per tre quarti sulla base del numero di studenti iscritti ai percorsi di istruzione e formazione professionale realizzati dalle istituzioni formative accreditate, mentre il restante 25% sulla base del numero complessivo di studenti qualificati e diplomati alla fine degli stessi.

I 125 milioni del decreto del 17 maggio, invece, sono ripartiti alle Regioni in quote pari al 60% per i percorsi formativi rivolti all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, al 25% al diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e al 15% all’alternanza scuola lavoro.

Immissioni in ruolo, i dati per regione del concorso 2018 docenti abilitati

da Orizzontescuola

di redazione

Comunicato – Il Coordinamento Nazionale Docenti Abilitati dopo sondaggio nel gruppo Facebook “C.N.D.A. Coordinamento Nazionale Docenti Abilitati”, ha elaborato una rettifica della TABELLA DATI, (allegato) precedentemente pubblicata, nella quale (da pag. 2 a pag. 25) sono indicati:

  1. Le Classi di concorso e gli USR regionali che non hanno ancora pubblicato le G.M del Concorso scuola docenti 2018;

  2. Le Classi di concorso e gli USR regionali dove le G.M sono state pubblicate ma sono da rettificare;

  3. Gli USR che hanno pubblicato Le G.M ma non hanno provveduto ad alcuna convocazione dei docenti presenti nelle relative graduatorie;

  4. Le Classi di concorso prive della Commissione d’esame;

  5. Le Commissioni nominate per alcune c.d.c che ancora non hanno calendarizzato le prove;

  6. Gli USR che non attribuiscono erroneamente i 19 punti agli abilitati TFA o attribuiscono gli stessi anche agli abilitati PAS;

  7. Le regioni che avendo convocato per la scelta dell’ambito o provincia, hanno proposto l’accantonamento della sede sul contingente dei posti riferito al 2018 e con contratti differenti;

  8. Alcune regioni che hanno fatto firmare la proposta di lavoro a tempo determinato altre a tempo indeterminato nonostante le modifiche apportate nella Legge di Bilancio secondo la quale i docenti che avessero avuto le graduatorie pubblicate dopo il 31/8/2018 dovrebbero essere tutti immessi in ruolo in data 1/9/2019 con contratto a tempo indeterminato.

Da pag. 26 a pag. 38 vengono riportati gli Avvisi di convocazione di alcuni U.S.R. Regionali a dimostrazione della diversa interpretazione del D.M. 631 da parte dei funzionari addetti alle operazioni di reclutamento per la scelta dell’ambito o provincia:

  1. Proposta di accantonamento della sede, con scelta della provincia, sul contingente dei posti riferito al 2018;
  2. Proposta di accantonamento della sede, con scelta della provincia, sul contingente dei posti riferito al 2018 e 2019;

  3. Proposta di scelta della provincia da parte dei ricorrenti o degli ammessi con riserva;

  4. Scelta della provincia non consentita ai ricorrenti o agli ammessi con riserva;

  5. Sottoscrizione della proposta di lavoro a tempo indeterminato;

  6. Sottoscrizione della proposta di lavoro a tempo determinato nonostante le modifiche apportate nella Legge di Bilancio secondo cui i docenti che avessero avuto le G.M.R. pubblicate dopo il 31/8/2018 dovrebbero essere tutti immessi in ruolo in data 1/9/2019 con contratto a tempo indeterminato.

Presidente C.N.D.A.

TABELLA DATI RETTIFICA giugno 2019

Maturità 2019, si parte: tutto quello che devono sapere i 520 mila studenti e le 13.161 commissioni

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Ancora poche ore e la nuova maturità prenderà il via: mercoledì 19 giugno, alle ore 8,30, circa 520 mila studenti si cimenteranno nella canonica prova scritta di italiano uguale per tutti, ma con delle modifiche all’impianto tradizionale.

Per essere stati ammessi alle prove, i maturandi devono avere frequentato almeno i tre quarti del monte ore previsto, oppure giustificare l’eventuale superamento della soglia del 25% di assenze con motivazioni riconosciute dal Consiglio di Classe, sulla base delle norme d’istituto; avere la sufficienza in ciascuna disciplina, compresa la condotta, o un’eventuale insufficienza che però per voto di Consiglio (con adeguata motivazione) può essere tollerata.

Le ultime indicazioni del Miur

Il Miur ha fatto sapere che quest’anno le commissioni coinvolte saranno 13.161: spetterà a loro valutare gli studenti “spalmati” su 26.188 classi.

Con un video rivolto agli studenti, il ministro Marco Bussetti ha si è rivolto agli alunni ricordandogli di non lasciare, nel corso del colloquio finale con la commissione, “nulla al caso: pensate a dare il meglio di voi stessi”, ha detto il titolare del Miur, dopo avere sottolineato che per la prima volta sono state realizzate delle simulazioni nazionali delle prove scritte, proprio per comunicare al meglio la nuova impostazione delle prime due prove.

La prima prova

I partecipanti all’Esame di Stato sono chiamati a produrre un elaborato scegliendo tra sette tracce riferite a tre tipologie di prove (fino al 2018, le tipologie di prove erano invece quattro): tipologia A (due tracce) – analisi del testo, tipologia B (tre tracce) – analisi e produzione di un testo argomentativo, tipologia C (due tracce) – riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità.

Per l’analisi del testo la novità principale riguarda il numero di tracce proposte: gli autori saranno due, anziché uno come accadeva fino allo scorso anno. Potranno essere proposti testi letterari dall’Unità d’Italia a oggi.

L’analisi e produzione di un testo argomentativo (tipologia B) proporrà ai maturandi un singolo testo compiuto o un estratto da un testo più ampio, chiedendone l’interpretazione seguita da una riflessione dello studente.

La tipologia C, il ‘vero e proprio’ tema, proporrà problematiche vicine all’orizzonte delle esperienze di studentesse e studenti e potrà essere accompagnata da un breve testo di appoggio che fornisca ulteriori spunti di riflessione.

Tra i ragazzi, da alcuni giorni è già partito il tototema: Gabriele D’Annunzio è sempre l’autore più temuto, nell’attualità si aspettano la Brexit e i temi legati all’immigrazione

La seconda prova

Poi ci sarà la discussa seconda prova multidisciplinare e quindi decisamente trasversale e più ambiti.

Al liceo classico, ad esempio, riguarderà Latino e Greco, allo Scientifico Matematica e Fisica, al Liceo delle Scienze umane verranno proposte Scienze umane e Diritto ed Economia politica per il opzione economico sociale, Discipline turistiche e aziendali e Inglese per l’Istituto tecnico per il turismo, Informatica e Sistemi e reti per l’Istituto tecnico indirizzo informatica, Scienze degli alimenti e Laboratorio di servizi enogastronomici per l’Istituto professionale per i servizi di enogastronomia.

La terza prova: l’orale

Il colloquio finale è quello che rappresenta una novità assoluta: il presidente di commissione chiederà allo studente di scegliere tra tre buste con i materiali di spunto predisposti sulla base dei contenuti affrontati durante l’anno scolastico e indicati dal Consiglio di Classe nel documento del 15 maggio.

Durante l’esame orale, che non dovrebbe durare più di 20-25 minuti, si parlerà anche delle attività e dei progetti di Cittadinanza e Costituzione.

La nuova valutazione del 2019

Così come aveva previsto la Buona Scuola, sparisce il ‘quizzone’, ovvero la terza prova scritta (basata su domande attinenti alle discipline non affrontate nel corso delle prime due verifiche sempre scritte).

Il punteggio finale si esprimerà ancora in centesimi, ma da quest’anno verrà conferita maggiore importanza al percorso svolto dai ragazzi nell’ultimo triennio, con un punteggio maggiore assegnato al credito scolastico (fino a 40 punti complessivi, mentre in passato non si poteva superare quota 25).

Per le prove scritte verranno assegnati 20 punti (gli stessi per l’orale). Per la correzione degli scritti verranno utilizzate delle griglie di valutazione nazionali.

Il punteggio minimo per superare l’esame resta fissato in 60 punti. La Commissione può motivatamente integrare il punteggio, fino ad un massimo di 5 punti, ove il candidato abbia ottenuto un credito scolastico di almeno 30 punti e un risultato nelle prove di esame di almeno 50 punti complessivi.

La paura fa 1, 2 o 3. Gli studenti terrorizzati dalle buste?

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Secondo un sondaggio condotto da ScuolaZoo, tramite il suo canale Instagram, gli studenti impegnai negli esami di Sato sarebbero più confusi che persuasi, soprattutto in riferimento alla prova orale e alle fatidiche 3 buste.

Non più la tesina ma le buste

Come è infatti noto da quest’anno i candidati non porteranno più la tesina per dare il via alle prove orali, ma dovranno affidarsi alla sorte “pescando”, come con la famosa Ruota della fortuna televisiva del compianto Mike Bongiorno, un argomento nascosto in una delle tre buste, da cui partirà poi il colloquio.

Quale busta scegliere? La 1, la 2 o la 3?

Un tiro a sorte, insomma, e, per restare sempre in argomento televisivo e i modo particolare col famoso e bravissimo Mike Bongiorno, dovranno rispondere innanzitutto alla domanda del presidente della commissione: “Quale scegli, la 1, la 2 o la busta numero 3?”.

La visione notturna del ministro

Un quiz a tutti gli effetti, voluto, come ha dichiarato “lui personalmente di persona”, il ministro: “L’idea mi è venuta durante la notte”, ma non in sogno, vogliamo sperare, in somiglianza della smorfia.

Fortuna o merito?

Una scelta voluta da Bussetti, ma forse adottata per complicare le cose e sibilare pure qualche dose d’ansia in più nel cuore dei ragazzi che devono affidarsi alla sorte e meno alla cultura, perché può capitare che, chiosa Bussetti, “studi 500 pagine” e poi ti chiedono la 501 e va tutto a catafascio. Il messaggio che passa è dunque il solito, e cioè che sarà sempre la “fortuna” a guidare e stabilire il merito, com’è d’altra parte nella nostra vecchia costumanza.

La maggioranza teme le buste

Ma, tornando alla indagine di ScuolaZoo, sembra proprio che le tre buste (che non sono dunque bustarelle, altra invenzione nostrana) introdotte per l’orale, a causa della visione notturna del ministro, spaventino il 70% dei ragazzi, mentre un buon 25% teme la seconda prova multidisciplinare. Il restante 5% invece è talmente immerso nell’ansia che non sa neanche cosa sia la cosa che più lo terrorizzi.

Il colpo di “sedere”?

Dunque la “fortuna”, e affidarsi alla “sorte” o al “caso” o al “fato” o al “destino”, come si vuole comunque chiamare il fatidico “colpo di sedere” terrorizza la maggior parte dei ragazzi.

In aumento il numero di alunni con DSA, 177 mila certificazioni di dislessia. Dati MIUR

da Tuttoscuola

Cresce il numero di alunni con disturbi specifici dell’apprendimento: dallo 0,7% del 2010/11 si passa al 3,2% del 2017/18. A renderlo noto è il MIUR che ha pubblicato l’approfondimento statistico relativo agli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento nelle scuole statali, paritarie e non paritarie. I dati si riferiscono all’anno scolastico 2017/2018. L’incremento del numero di certificazioni registrato nell’arco degli ultimi quattro anni è notevole: quelle relative alla dislessia sono salite da circa 94 mila a 177 mila, segnando un tasso di crescita dell’88,7%; le certificazioni di disgrafia sono passate da 30 mila a 79 mila, con una crescita del 163,4%. Anche il numero di alunni con disortografia certificata è aumentato notevolmente, passando da circa 37 mila a 92 mila (+149,3%; gli alunni con discalculia sono aumentati da 33 mila a poco meno di 87 mila (+160,5%).

Gli alunni con DSA per ordine di scuola

Nel 2017/2018, gli alunni con DSA frequentanti le scuole italiane di ogni ordine e grado sono stati 276.109, pari al 3,2% del totale. Nella Primaria la percentuale si è attestata intorno al 2%, per la Secondaria di I grado al 5,6% e per la Secondaria di II grado al 4,7%. Nella Scuola dell’infanzia, appena lo 0,12%. Mediamente, la percentuale di studenti con DSA è stata pari al 3,3% del totale degli alunni della scuola a gestione statale e al 2,3% nella scuola a gestione non statale (3,2% in media su tutte le scuole). Con specifico riferimento alla scuola paritaria, la percentuale degli alunni con DSA è stata pari al 2,1% del totale.

La diffusione territoriale

Le certificazioni di DSA sono state rilasciate in misura maggiore nelle Regioni del Nord-Ovest, in cui la percentuale sul totale dei frequentanti è stata pari al 4,8%. Percentuale elevata anche nelle Regioni del Centro (3,9%) e del Nord-Est (3,6%). Percentuale nettamente inferiore nel Sud (1,6%).

Tra le singole Regioni, i valori più elevati sono stati riportati da Valle d’Aosta e Liguria, entrambe con il 5,1% di alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento sul totale di alunni frequentanti; in Piemonte con il 4,8% e in Lombardia con il 4,7%. Le percentuali più contenute sono state presenti in Calabria (0,8%), Campania (1%) e Sicilia (1,3%).

Le tipologie di disturbo

Complessivamente, nel 2017/2018, 177.212 alunni presentavano dislessia (disturbo nell’imparare a leggere), 79.261 disgrafia (disturbo nell’imparare a scrivere), 92.134 disortografia (disturbo nell’utilizzare il codice linguistico), 86.645 discalculia (disturbo nel calcolo matematico).

Il numero complessivo di alunni con DSA, pari a 276.109, non coincide con la somma degli alunni per tipologia di disturbo non solo perché per la Scuola dell’infanzia non è riportato il dettaglio per tipo di disturbo, ma soprattutto perché gli alunni possono avere più tipologie di DSA.

Gli alunni con dislessia rappresentavano il 2,1% del numero complessivo degli alunni frequentanti le scuole italiane, gli alunni con disgrafia lo 0,9%, quelli con disortografia l’1,1%, quelli con discalculia l’1%.

Per tutti gli ordini di scuola il disturbo mediamente più diffuso è stato quello della dislessia: considerando nel loro complesso Primaria e Secondaria di I e di II grado, il 40,7% degli alunni con DSA aveva questa certificazione, il 18,2% disgrafia, il 21,2% disortografia, il 19,9% di disgrafia.

Nel dettaglio dei vari ordini di scuola, nella Primaria il 41,4% delle certificazioni di DSA riportava un disturbo di dislessia, il 20,2% di disgrafia, il 24,7% di disortografia e il 13,7% di discalculia.
Per la Secondaria di I grado, il 38% delle certificazioni riguardava la dislessia, il 19% disgrafia, il 23% disortografia e il 20% discalculia.
Nella Secondaria di II grado, il 42,6% riportava un disturbo di dislessia, il 16,7% disgrafia, il 18,2% disortografia e il 22,5% discalculia.

Ambienti digitali per la didattica integrata: autorizzazioni dei progetti e impegni di spesa per scorrimento graduatorie

Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020.
Risorse Premiali Programmazione 2007/2013 – Obiettivi Di Servizio – Fondo per lo Sviluppo e la Coesione ex Delibera Cipe N.79/2012.
In coerenza con l’Obiettivo specifico 10.8 – “Diffusione della società della conoscenza nel mondo della scuola e della formazione e adozione di approcci didattici innovativi (FESR)” – Avviso Pubblico Prot. n. AOODGEFID\9911 del 20 aprile 2018 per la realizzazione di ambienti digitali per la didattica integrata con gli arredi scolastici. Autorizzazione dei progetti e impegno di spesa

Pubblicazioni del 17 giugno 2019

Esami di Stato II Ciclo

Il 17 giugno, alle ore 8.30, con l’insediamento delle Commissioni d’Esame, hanno inizio gli Esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di Istruzione.


Diario d’Esame A.S. 2018-2019
Una guida, passo per passo, al lavoro delle Commissioni
a cura di Dario Cillo diario


#Maturità2019, al via mercoledì con la prova di Italiano. Ammesso il 96,3% degli iscritti

Al via mercoledì 19 giugno, con la prova di Italiano, gli Esami di Maturità per oltre 500.000 studenti. Appuntamento alle 8.30 con l’apertura del plico telematico. La password per accedere alle tracce sarà pubblicata sul sito del Ministero, www.miur.gov.it, e sui profili social.

Le commissioni d’Esame coinvolte quest’anno sono 13.161 per 26.188 classi. I candidati iscritti alla Maturità sono 520.263, di cui 502.607 interni e 17.656 esterni. Secondo le prime rilevazioni del MIUR, il tasso di ammissione all’Esame è del 96,3%(in allegato la grafica con il riparto regionale).

“La Maturità – dichiara il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti – è uno dei primi traguardi importanti della propria vita. Siamo ai nastri di partenza, adesso. Ai ragazzi dico di non avere paura. Di mantenere lucidità. Di impegnarsi e dare il massimo. Ma soprattutto di godersi il momento. Preparatevi con serenità: l’Esame di Stato è un’occasione per esprimere se stessi e quanto si è appreso nel corso di studi”.

La prima prova scritta, Italiano, avrà inizio mercoledì 19 giugno alle ore 8.30. La seconda prova è in calendario giovedì 20 giugno, sempre dalle ore 8.30.

Nei giorni delle prove scritte, è confermato il divieto tassativo per i candidati di utilizzare cellulari, smartphone, PC e qualsiasi altra apparecchiatura elettronica in grado di accedere alla rete o riprodurre file e immagini, pena l’esclusione dall’Esame.

PON – Disposizioni e manuali: Ticket assistenza verso AdG – Attivo il nuovo servizio

È attivo il nuovo servizio di ticketing verso l’Autorità di Gestione! Per uniformare e ottimizzare il flusso delle richieste di assistenza, la piattaforma GPU si arricchisce di una nuova funzionalità che consente di richiedere supporto direttamente al personale dell’AdG

Prima versione – 17 giugno 2019