Covid, costerà caro ai giovani

da ItaliaOggi

di Andrea Gavosto* *direttore Fondazione Agnelli

In questi mesi di emergenza Covid-19 di scuola si è parlato moltissimo. Fin dai primi giorni del lockdown, si è discusso di virtù e vizi della didattica a distanza. Poi è partito il tormentone sui concorsi per i docenti precari, che poco riguardava la specifica emergenza. A seguire un altro tormentone, stavolta sull’esame di maturità. Infine, nelle ultime settimane il dibattito si è inferocito sulle linee guida per la riapertura della scuola a settembre.

Un tema più importante è rimasto, però, in secondo piano. Quale sarà l’impatto di medio-lungo periodo dell’emergenza Covid-19 sugli studenti direttamente colpiti? Che cosa hanno perso i ragazzi con la chiusura delle scuole?

La risposta è: questa generazione di studenti ha perso molto e l’Italia, da tempo già nelle retrovie, rischia di avere un capitale umano ulteriormente impoverito. Sappiamo che l’istruzione è un processo cumulativo; di conseguenza, la perdita di apprendimento (learning loss) di quest’anno proietterà i suoi effetti in avanti: il proseguimento degli studi sarà più difficile, come anche temiamo l’ingresso nel mercato del lavoro.

Due aspetti qualificano la perdita di capitale umano causata dal venir meno della scuola in presenza. Il primo luogo, se – com’è avvenuto – vengono meno relazioni sociali dentro e fuori la scuola, alcune competenze socio-emotive possono soffrirne: perseveranza, autostima, coscienziosità, autocontrollo, apertura all’esterno, tolleranza, capacità di collaborare. Poi c’è la perdita di conoscenze e competenze di base. Le ricerche internazionali ci dicono che l’assenza da scuola durante le vacanze estive (e quelle in Italia sono fra le più lunghe) porta a una caduta di quanto si è appreso fino a quel momento. Quest’anno si è aggiunto il dramma della pandemia, con un forte declino degli apprendimenti per le 14 settimane di chiusura delle scuole, solo in parte compensato dalla didattica a distanza.

I primi studi relativi a Stati Uniti e Inghilterra stimano una learning loss complessiva intorno al 35% per la capacità di lettura e del 50% per matematica. Sarà difficile conoscere il dato italiano, perché le rilevazioni Invalsi sono state cancellate. Ma – ne siamo certi – anche nel nostro Paese la perdita sarà importante e lo sarà ancora di più per le ragazze e i ragazzi che provengono da contesti familiari con minori risorse economiche e culturali. In ogni caso, tutti gli studenti oggi nel sistema d’istruzione rischiano un impatto negativo e permanente, in termini di minori redditi e opportunità di lavoro.

Purtroppo, la gravità di questo rischio non è stata messa a fuoco in Italia. Né, tanto meno, il governo dà segnali di volere agire con energia per porvi rimedio.

Non è stato fatto fino a oggi, perché si è deciso di finire l’anno scolastico a inizi giugno, invece di continuare le attività didattiche a distanza almeno fino a luglio inoltrato, come sarebbe stato possibile e desiderabile: la DaD non è una panacea, ma, fornendo tablet e pc a quanti più studenti possibile, la caduta degli apprendimenti poteva essere in parte contenuta. Anche nel cuore dell’estate, poco avverrà. Si è molto discusso di centri estivi, ma la logica è spesso rimasta quella del parcheggio.

Solo in pochi casi è stato messo al centro il recupero della perdita degli apprendimenti: ad esempio, nel progetto pilota Arcipelago Educativo (https://arcipelagoeducativo.it/) promosso da Fondazione Agnelli e Save the Children, con il contributo della Fondazione Bolton Hope, che in 6 città seguirà oltre 500 alunni delle primarie e delle medie, in condizione di particolare disagio.

Infine, c’è da essere pessimisti anche per settembre. L’idea da cui si era partiti era di accelerare la ripresa delle attività didattiche al primo del mese, così da impiegare le prime settimane dell’anno per il recupero di ciò che non è stato completato durante la chiusura, concentrandosi su chi è stato promosso, ma ha avuto debiti, e anche su chi in ogni caso necessiti di supporto. Di fatto, il recupero potrebbe non essere una cosa seria. A Viale Trastevere, infatti, hanno deciso addirittura di ritardare di quasi tre settimane rispetto al solito le procedure di nomina, trasferimento e mobilità dei docenti. Così, però, le scuole già in difficoltà per il rientro in condizioni di sicurezza, dovranno gestire anche un turnover elevatissimo di docenti. Con la disastrosa conseguenza che proprio gli studenti con più necessità non troveranno tutti i docenti subito in cattedra né spesso ad aiutarli nel recupero saranno gli insegnanti dell’anno prima.