FAQ Handicap e Scuola – 66

Domande e risposte su Handicap e Scuola
a cura dell’avv. Salvatore Nocera e di Evelina Chiocca


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Sono un’insegnante di sostegno a tempo indeterminato, da quest’anno mi trovo in una nuova scuola e si verifica, una cosa mai capitata in tanti anni di servizio in diverse scuole, che quasi giornalmente arrivano messaggi dove viene chiesto se qualche insegnante di sostegno è senza l’alunno in tal caso bisogna comunicarlo alla segreteria la quale chiede al docente di andare a supplire ove manca un’ insegnante di sostegno.
E’ normale una situazione del genere, c’è una normativa in tal senso, da premettere senza nessun ordine di servizio da parte del D.S. L’insegnante può rifiutarsi?

La richiesta di comunicare alla segreteria se l’alunno con disabilità è assente, rivolta al docente incaricato su posto di sostegno, è alquanto strana e inverosimile. Esiste, infatti, il registro elettronico dove, quotidianamente, sono riportate le presenze e le assenze di ogni alunno. Pertanto l’assenza di un alunno è un dato immediatamente disponibile.  Se l’alunno fosse assente, allora il Dirigente potrebbe incaricarla per effettuare una supplenza in altra classe (è prassi che si sta radicalizzando).  Lei, come docente, deve però rifiutarsi di lasciare la sua classe se la richiesta non è accompagnata da un ordine di servizio scritto, protocollato e firmato dal Dirigente scolastico, in cui siano riportati: la data, l’orario (dalle… alle…), la classe dove deve recarsi). Senza ordine di servizio lei non può lasciare la sua classe.  Se perviene un ordine di servizio scritto lei può rifiutarsi la prima volta; la seconda dovrà attenersi alle indicazioni del capo d’istituto. Chiaramente se nella vostra classe è stato predisposto un progetto, approvato in Collegio docenti, non potrà essere spostata dalla sua classe.


Sono la mamma di un bimbo con disabilità di 5 anni frequentante la classe prima della scuola primaria. Dovrebbe frequentare per 30 ore settimanali ma effettive sono 28, perché il lunedì pomeriggio il bambino ha terapia logopedica. A seguito della comunicazione dell’uscita anticipata, ho saputo che da 12 assegnate inizialmente, le ore si sarebbero ridotte a 11.30. Al mattino abbiamo fatto richiesta di entrata posticipata (8.20 anzichè 8) per 3 mesi circa perchè, attualmente, il bambino ha bisogno di seguire un rituale sul quale sto lavorando per modificarlo ma che presumibilmente proseguirà ancora per un pò.
Inizialmente richiesta accordata, ma durante l’ultimo Glo la vice dirigente mi ha velatamente consigliato di accorciare i tempi altrimenti verranno riviste ore di sostegno/assistenza.  Ci tengo a precisare che l’orario attuale, che fino a variazione dovrebbe essere il definitivo, prevede la presenza dell’Aec alle 8 di mattina solo il martedì e venerdì.
Per il resto delle mattine è presente l’insegnante di sostegno.
A questo punto mi chiedo: alla luce dei 20 minuti moltiplicati per 5 giorni (1h40min) quante ore di assistenza potrebbero toglierci? Se per le 2 ore in meno per la terapia ci hanno tolto 30 minuti, quanto potranno mai togliere per 1 h e 40?  C’è qualcosa che io possa fare per non farmi togliere le ore? Chiamare qualcuno? Qui le ore dell Aec sono gestite da Ufficio di piano e Comune.
Voi sapete consigliarmi per favore?

1) Il numero delle ore di sostegno non sono assegnate in base al numero di ore di lezione, ma in base alla gravità o meno della condizione di disabilità dell’alunno (ovvero in base alle necessità). Pertanto anche se l’alunno, come nel caso di specie, si assenta per un totale di tre ore e quaranta settimanali, egli deve continuare ad avere sempre lo stesso numero di ore di sostegno assegnate. E poi, cosa significa ridurre di 30 minuti le ore di sostegno? Da quando le ore di sostegno vengono divise in mezz’ora? Se comunque l’Ufficio Scolastico Regionale o la scuola insiste nel voler ridurre l’orario, lei si rivolga al Referente regionale per l’inclusione scolastica, operante presso l’ufficio scolastico regionale del suo territorio (in allegato le inviamo l’elenco di tutti i Referenti regionali, fra i quali potrà individuare il suo). Se la scuola dovesse ridurre le ore di sostegno, minacci con diffida il ricorso alla Magistratura.
2) Per quanto concerne l’assistenza mediante personale ad personam, invece, i Comuni normalmente pagano in base alle ore di presenza dell’alunno. Quindi potrebbe esservi una riduzione di orario di 40 minuti che però, normalmente nei bandi delle gare d’appalto vengono recuperate, ad esempio con le uscite didattiche e/o i viaggi di istruzione o con attività parascolastiche. Se anche il Comune o l’ambito territoriale intende ridurre l’orario, si rivolga alla sua associazione o ad altra realtà presente sul suo territorio, affinché intervenga a tutela dei diritti di suo figlio. Mentre per la scuola, come scritto, può minacciare con diffida il ricorso alla Magistratura, per l’eventuale riduzione di 40 minuti di assistenza non ci sembra opportuno attivare un ricorso alla Magistratura. 


A mio figlio di 8 anni spettro autistico lieve (comma 3 molto dubbioso) sono state assegnate 11 ore di sostegno ed 10 di figura educativa. Volevamo capire se noi genitori possiamo decidere dove vengano inserite le ore di sostegno visto che a livello di didattica é perfetto. Inoltre ci é stato detto dalla insegnate di sostegno che non possiamo richiedere un colloquio individuale con lei ma solo in presenza con le altre. È vero?  Per quanto riguarda la figura educativa, la neuropsichiatria ha specificato che è solo per mediare nella comunicazione. Volevamo capire che specializzazione deve avere questa figura educativa. Inoltre ci piacerebbe sapere possiamo in futuro richiedere solo la figura educativa senza sostegno dal momento che questo viene utilizzato anche per le suplenze in altri classi e ci pare una cosa assurda. 

1) Le ore di servizio del docente di sostegno sono stbilite dal Dirigente scolastico, che ha la responsabilità di definire l’orario degli insegnanti; tuttavia è possibile, previa richiesta del team dei docenti, analizzare la distribuzione delle ore in sede di GLO, tenuto conto dell’interesse primario dell’alunno, facendo cioé in modo che sia garantito e tutelato il diritto allo studio dell’alunno con disabilità.
2) Lei, in quanto genitore, ha diritto a partecipare sia ai colloqui generali sia ai colloqui individuali con ciascun docente della classe di suo figlio, secondo il calendario definito dalla scuola. 
3) L’assistente all’autonomia e/o alla comunicazione assegnato a suo figlio deve essere preparato nel saper comunicare e far comunicare suo figlio, secondo le modalità di comunicazione adottate (ad es. la comunicazione aumentativa alternativa o altro codice utilizzato). 
4) Lei può rinunciare al docente incaricato su posto di sostegno, se è certa che ciò non possa danneggiare la crescita negli apprendimenti di suo figlio, in quanto il docente di sostegno è un diritto e non anche un obbligo. Nel caso di rinuncia, l’alunno mantiene il diritto a tutti gli altri benefici riconosciuti dalla normativa per gli alunni con disabilità, come un PEI corrispondente alle sue effettive capacità, tutti gli adattamenti necessari, nonché gli ausili e/o i sussidi previsti. Solamente se toglie dalla scuola la certificazione di disabilità, allora suo figlio non sarà più riconosciuto come alunno con disabilità e perderà quindi tutti i suoi diritti come tale e verrà trattato come tutti i compagni.
5) Per quanto riguarda l’utilizzo del docente di sostegno come supplente, sappia che si tratta di prassi non lecita. Lei può contattare subito il dirigente scolastico e far presente che se continuerà a usare il docente di sostegno come supplente quando suo figlio è a scuola, allora voi genitori procederete nelle sedi opportune per discriminazione nei confronti di vostro figlio, ai sensi della legge 67/2006.


Sono un’insegnante di sostegno di un alunno che frequenta la seconda classe di un Istituto superiore di secondo grado, in possesso di legge 104 ad alta gravità art. 3, comma 3, rapporto 1:1, con una diagnosi di Ipoacusia neurosensoriale profonda bilaterale dalla nascita, con impianto cocleare per sordomutismo, ha una copertura di 18 ore di sostegno e la sua diagnosi scadrà all’inizio della classe quinta. Chiedo: è possibile che il Dottore dell’Asl non voglia firmare il PEI perché l’alunno non ha un ritardo cognitivo , dal momento che l’alunno, grazie all’insegnante di sostegno, al Consiglio di Classe e alla famiglia riesce ad avere buoni risultati? Il Dottore dell’ASL che lo segue, dal momento che non ha un deficit cognitivo, vuole togliere il sostegno. Può farlo (anche se il verbale di accertamento rilasciato dall’INPS  scade nel 2025)?

La normativa vigente, rafforzata dalla Giurisprudenza costituzionale, stabilisce che agli alunni certificati con disabilità, qualunque tipo di disabilità, spetta il sostegno. Solo se la disabilità fosse di carattere fisico non coinvolgente ad es. l’uso delle mani, ma altre parti del corpo non interessate dalle capacità apprenditive o comunicative, ci si può limitare ad assegnare un assistente per l’autonomia e per la comunicazione. I sordi profondi, addirittura con impianto cocleare, hanno avuto da sempre, ed avranno per sempre, il diritto alle ore di sostegno. Pertanto, se il medico si rifiuta di sottoscrivere il PEI, mettete pure a verbale il suo rifiuto riportando le sue motivazioni. In ogni caso voi procedete con la condivisione e approvazione del PEI, indicando le risorse per l sostegno (che saranno poi inviate come proposta all’USR). Qualora il Dirigente scolastico, basandosi sul parere del medico, rifiutasse di trasmettere le richieste indicate nel PEI all’USR, dite alla famiglia che invii una diffida allo stesso, minacciando ricorso per discriminazione ai sensi della l.n. 67/06.


Sono una docente di sostegno delle scuole secondarie superiori e seguo un ragazzo con un grave deficit cognitivo. La mia domanda è la seguente: nel caso in cui la classe effettua un’uscita didattica per la quale sono stati presi tutti gli accorgimenti del caso per permettere all’alunno di parteciparvi ma la mamma non acconsente per motivi suoi, quel giorno il ragazzo dovrà rimanere a casa o potrà venire a scuola e rimanere col docente di sostegno anche se la sua classe è assente perché è fuori?

Dal momento che la classe è assente, l’alunno dovrebbe rimanere a casa. Bisognerebbe verificare, però, se la madre ha la possibilità di tenere l’alunno con sé; qualora debba lavorare, allora la scuola potrebbe ricevere l’alunno, non necessariamente col docente per il sostegno (che sicuramente sarà impegnato con la classe per l’uscita già programmata), ma con altri docenti in servizio e disponibili, come, per esempio, i docenti incaricati su posto di potenziamento.


Sono un’insegnante di sostegno di un alunno che frequenta la seconda classe di un Istituto superiore di secondo grado, in possesso di legge 104 ad alta gravità art. 3, comma 3, rapporto 1:1, con una diagnosi di Ipoacusia neurosensoriale profonda bilaterale dalla nascita, con impianto cocleare per sordomutismo, ha una copertura di 18 ore di sostegno e la sua diagnosi scadrà all’inizio della classe quinta.
Chiedo: E’ possibile che il Dottore dell’Asl non voglia firmare il PEI perché l’alunno non ha un ritardo cognitivo , dal momento che l’alunno, grazie all’insegnante di sostegno, al Consiglio di Classe e alla famiglia riesce ad avere buoni risultati.. Il Dottore dell’ASL che lo segue, dal momento che non ha un deficit cognitivo, vuole togliere il sostegno. Può farlo (anche se il verbale di accertamento rilasciato dall’INPS  scade nel 2025)?

La certificazione della legge n. 104/892 è il presupposto per l’assegnazione delle ore di sostegno didattico. L’ASL deve tener presente che per gli studenti sordi esiste il diritto al docente specializzato, oltre che all’assistente per l’autonomia e la comunicazione, se lo studente si avvale della LIS tramite o della lettura labiale. Originariamente esistevano le specializzazioni monovalenti, tra le quali una specifica per gli studenti con disabilità uditiva. Nei corsi polivalenti un certo numero di ore di specializzazione e di tirocinio riguarda espressamente la didattica per le persone con disabilità uditiva. Quindi se nel PEI i partecipanti concordano l’assegnazione di un certo numero di ore di sostegno, non può un medico opporsi a tale decisione; siccome, è probabile che il medico si esprima contro le ore di sostegno, la sua contrarietà dovrà essere registrata a Verbale. Il fatto poi che la certificazione “scada” nel 2025, non comporta alcun problema, sia perché il sostegno viene assegnato adesso e per un anno, sia perché ormai la legge n. 114 del 2014, all’all’art. 25 comma 6-bis, stabilisce che “nelle more dell’effettuazione delle visite di revisione e del relativo iter di verifica”, le persone con disabilità “conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefìci, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura” derivanti dalla certificazione precedente sino a quando non viene comunicato l’esito della nuova visita.


Sono un’insegnante di sostegno di un bambino di terza elementare che ha diritto a 11 ore di sostegno. Non coprendo un orario completo sul bambino e seguendo un altro bambino per 11 ore in un’altra classe, ho dovuto dividere le ore equamente tenendo conto dei tempi di attenzione e delle materie da supportare. Una collega si è lamentata perché  non copro le due ore intere sulla materia ma solo una. Può la collega affermare, dopo che le faccio notare che in classe in quella mezz’ora non è da sola, che la collega in compresenza è di classe e non di sostegno quindi non è tenuta a seguire il bambino?

La sua collega di storia forse non ha pienamente chiaro il principio fondamentale dell’inclusione scolastica e cioè che l’alunno con disabilità non è delegato al docente per il sostegno, ma è alunno della classe e quindi è affidato agli interventi educativo-didattici di tutti i docenti della classe. Se così non fosse, tale alunno dovrebbe avere sempre la presenza di un docente per il sostegno  e quindi non potrebbe stare in classe senza docente, mentre la normativa prevede che in talune ore possa rimanere in classe senza docente per il sostegno, proprio perché è affidato ad ogni insegnante della classe. Nel caso descritto, peraltro, la docente incaricata per l’insegnamento della disciplina Storia ha, in compresenze, la docente incaricata su posto disciplinare. Quindi, di che cosa si lamenta?


Sono la mamma di un bambino di 8 anni che frequenta la terza classe nella scuola primaria, in possesso di legge 104 ad alta gravità art.3, comma 3, rapporto 1:1, con una forma di autismo, un 1 livello, ha una copertura di 22 ore di sostegno e 5 ore di educativa scolastica. Il mio bambino che fortunatamente capisce rientra a casa lamentando e piangendo che gioca da solo, che i compagni lo escludono perché non riesce ad interagire con gli altri bambini per un grosso problema comportamentale. Noi genitori nel primo GLO, fatto i primi di ottobre, abbiamo esposto fortemente questo problema oltre a quello che l’unica insegnante di sostegno che c’è che dovrebbe seguire nostro figlio ha da seguire, purtroppo, anche altri due bambini che hanno un programma personalizzato ma senza certificazioni. Le insegnanti ci hanno risposto che alla ricreazione i bambini si prendono per mano e vanno a giocare insieme. Abbiamo detto alle maestre che per un bambino come nostro figlio quel momento doveva essere educativo, che qualcuna di loro, maestra di ruolo, di sostegno o educatrice scolastica doveva intervenire per farlo interagire. La maestra che segue la funzione strumentale ci ha risposto che dobbiamo adeguarci alla situazione perché è una “scuola senza zaino” ed organizzata così, cioè in libera e che punta all’inclusione.  Ci domandiamo dove sia l’inclusione di cui tanto la scuola senza zaino parla.

Suggeriamo di convocare nuovamente il GLO, al fine di mettere in chiaro che, durante la ricreazione, il compito dell’assistente deve essere quello di favorire la socializzazione del bimbo. Inoltre è il caso di realizzare un breve corso di aggiornamento sull’autismo, realizzato anche per poche ore (sei o otto ore) tenuto o da un esperto della vostra associazione o dallo sportello autismo che dovrebbe essere gestito dal CTS (Centro Teritoriale di supporto all’inclusone), presente nella vostra provincia.


Posso decidere di rinunciare alle 5 ore di educativa scolastica, quindi all’ educatrice visto che durante la ricreazione  ha il solo scopo, quando è lei di turno, di  preoccuparsi solo di fare la merenda, giustamente, tralasciando quello che è il suo ruolo cioè di educare? Come devo fare? Una lettera di rinuncia spiegando i motivi al dirigente scolastico oppure una lettera al comune visto che è il comune che l’ha mandata? Come posso fare valere i diritti di mio figlio? Non dovrebbe essere integrato  invece di essere alienato?

Sono un’insegnante di scuola primaria, vorrei sapere se esiste un riferimento normativo che esplicita chi deve redigere il verbale dell’incontro GLO.

L’articolo 4 comma 8 del Decreto interministeriale 182/2020 prevede che, nel corso della riunione di GLO, venga predisposto apposito Verbale, che viene firmato da chi coordina l’incontro (il Dirigente scolastico o un suo delegato) e da “un segretario verbalizzante, di volta in volta individuato tra i presenti.” È prassi e, spesso accade, che sia chi presiede che sceglie il segretario redigente del verbale; talora si sceglie chi è più esperto nella verbalizzazione, perché oltre ad essere sintetico, è capace di evidenziare i punti essenziali del confronto e delle conclusioni.


Sono un’insegnante di sostegno di scuola primaria, con un tempo pieno di 40 ore settimanali. In questi giorni il  Dirigente ha emanato una circolare in cui ritiene un inutile spreco di risorse pubbliche prevedere la compresenza dell’insegnante di sostegno nella refezione scolastica se l’alunno disabile non usufruisce di tale servizio, ossia in assenza dell’alunno. Considerato che gli insegnanti di sostegno sono contitolari e sono assegnati alla classe dov’e’ presente l’alunno disabile, un dirigente può fare una tale considerazione e pretendere che l’insegnante di sostegno non sia presente a mensa in assenza dell’alunno che segue, pur essendo in orario di servizio?

Normalmente, in base al CCNL, imboccare gli alunni con disabilità spetta ai collaboratori scolastici; l’assistenza in mensa è affidata, di solito agli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, quando  l’alunno con disabilità è presente. Ora, se l’orario di servizio del docente incaricato su posto di sostegno comprende anche il tempo mensa, egli deve risultare in servizio e non può certo assentarsi in virtù di una circolare. Il Dirigente, per contro, potrebbe utilizzare il docente di sostegno, in caso di assenza dell’alunno,, ma sempre in mensa, in quanto l’orario di servizio del docente di sostegno corrisponde al tempo-mensa.  È forse che il caso che, alla luce della circolare del Dirigente, come Team rivediate l’orario: se ritenete che la presenza in mensa sia importante, ai fini della progettualità inclusiva, riportatelo nel PEI, mantenendo l’orario di servizio già validato dal Dirigente.  Diversamente, se ritenete sia fattibile, sempre come Team provate a concordare fra voi e a proporre un orario di servizio diverso del docente specializzato, proponendolo poi al Dirigente affinché venga formalmente riformulato.


La funzione strumentale Area Inclusione in collaborazione con il Dirigente scolastico e sentiti i singoli docenti di sostegno elabora l’orario settimanale. Tuttavia emerge che alcuni docenti di sostegno chiedano la modifica del proprio orario poiché non possono garantire la presenza per esigenze personali. Su quale base normativa le esigenze didattico – educative dello studente hanno la precedenza rispetto alle esigenze personali dell’insegnante?

L’organizzazione dell’orario scolastico deve essere finalizzata all’interesse del servizio pubblico dell’istruzione e quindi degli alunni. Solo nei casi documentati di difficoltà dei docenti, il Dirigente scolastico, nella sua discrezionalità dirigenziale circa la formulazione dell’orario, può consentire ad un prevalente interesse dei docenti.


Sono un insegnante di sostegno infanzia. Mi è stato fatto l’ orario in compresenza con l’educatore. In modo che quando lui è in classe con il bambino, io possa essere usata per le sostituzioni. Volevo sapere se questa cosa si può fare. A me è stato risposto che la dirigente con l’autonomia è libera di farlo. Altro neo. Quando il bambino non va terapia secondo la mia dirigente, lui non può venire a scuola. Oppure può venire ma deve rispettare l’ orario di entrata come quando va a terapia. Questa cosa è legittima?

Prima questione: la prassi attivata dalla Dirigente Scolastica è profondamente illegittima. Infatti, le funzioni del docente per il sostegno sono completamente differenti da quelle dell’assistente. Inoltre, quando il bambino è in sezione, togliergli anche una sola ora di quelle assegnate dall’USR è discriminazione, perseguibile ai sensi della legge n. 67/2006; pertanto, se la famiglia propone ricorso, non solo lo vince, ma ha anche diritto al risarcimento dei danni anche non patrimoniali.
Seconda questione: il bambino con disabilità, alla pari di tutti i suoi compagni, ha diritto a seguire tutte le attività proposte in sezione. Peraltro egli può assentarsi per effettuare la riabilitazione per lui necessaria. È chiaro che se un giorno la famiglia decidesse di non portarlo a riabilitazione o questa venisse sospesa o spostata, il bambino resta a scuola per tutto il tempo previsto. La scuola non può impedire al bambino di restare in sezione con i suoi compagni. Se ciò avvenisse, questa arbitraria limitazione di orario andrebbe a costituirsi come discriminazione, vietata dalla legge n. 67/06. La scuola non può costringere l’alunno alla propria comodità di spostamento del personale, perché l’alunno ha diritto sempre ad entrare a scuola senza alcuna limitazione.


Sono mamma di una bellissima bambina di 13 anni affetta da Handicap grave a cui è stato assegnato a scuola un sostegno di 18 ore settimanali.
Mi viene chiesto di ritirare mia figlia da scuola prima della fine dell’orario scolastico per impegni scolastici dell’insegnante, per adesione a riunioni sindacali, per permessi a vario titolo. Chiedo se tale richiesta sia legittima. La scuola dovrebbe attivarsi per la sostituzione.
Inoltre, parlo a nome di tante mamme che sono costrette ad andare a scuola per cambiare il pannolone ai propri figli diversamente abili in quanto la scuola NON è in possesso di personale adeguato. Ma è lecito?
Perchè i nostri figli non devono avere assicurati i propri diritti? Gli riconoscono appena 18 ore settimanali. Spesso le figure professionali (Educatrici, Assistente alla comunicazione, …) sono presenti per sole 3 ore settimanali. Io lo trovo vergognoso!

Quanto da lei denunciato è molto grave. 
1. – L’assistenza igienica degli alunni con disabilità è compito dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche, nel rispetto del genere; ciò in forza  sia della circolare n. 3390/2000 che del CCNL del 2006 e successivi (art. 47, art. 48 e tabella “A”). In base al CCNL, il Dirigente scolastico deve assegnare l’incarico ad una collaboratrice scolastica, previa riunione sindacale per individuare chi accetta di svolgere questo delicatissimo compito; qualora non si offrisse nessuno, sarà il Dirigente ad assegnare l’incarico, che non può essere rifiutato se non per gravissimi motivi (ad es. la collaboratrice è anch’essa persona con disabilità); se si rifiuta, va incontro ad una sanzione disciplinare o peggio a denuncia per inadempienza agli obblighi del suo ufficio; esiste una sentenza (che può trovare sul sito www.aipd.it/scuola, cliccando poi su “Schede normative”; lì col motorino di ricerca può cercare assistenza igienica  o obbligo di assistenza igienica o simili). Il collaboratore scolastico o la collaboratrice  scolastica appena ricevuto l’incarico ha il dovere di frequentare un corso di circa 40 ore di aggiornamento a spese dell’Ufficio scolastico regionale, al termine del quale, salendo di qualifica, riceve un aumento di stipendio di circa mille Euro l’anno, che entrano nella sua base pensionabile. In ogni caso, l’obbligo di assistenza  inizia appena ricevuto l’incarico da parte del Dirigente.
2. – La scuola non può subordinare la presenza in classe di un alunno con disabilità alla presenza in tutte le ore di un docente per il sostegno o dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione. Se riduce l’orario di frequenza, oltre a commettere una discriminazione, vietata dalla legge n. 67/06, può anche incorrere nel reato di interruzione di un pubblico servizio.
3. – Se  le famiglie vengono disturbate ovvero chiamate per recarsi a scuola per pulire i bimbi o per portarli a casa prima del termine delle lezioni, la scuola è passibile di altri reati, quali ad es. di violenza privata. Pertanto, faccia presente quanto qui detto, diffidando la scuola dal fare quanto è obbligata a rispettare della normativa; se vuole, può anche minacciare che, se entro un certo numero di giorni, non cessa da questi comportamenti contro la legge, lei si vedrà costretta a rivolgersi alla Magistratura.


Sono il padre di un bambino con una leggera forma di autismo. La neuropsichiatra ha chiesto alla scuola di infanzia di poter assistere qualche ora in presenza per valutare meglio i comportamenti di mio figlio. La scuola ha risposto che è necessario il consenso scritto di tutti i genitori. E’ possibile?  E se un genitore si oppone? Non posso far valere il diritto di mio figlio di essere curato al massimo delle nostre possibilità anche in caso di opposizione presentando magari un certificato da parte del medico?

L’accesso in una classe o in una sezione della scuola dell’infanzia per assistere alle attività “in presenza” richiede il consenso dei genitori degli altri bambini e bambine presenti, in questo caso, nella sezione della scuola dell’Infanzia. È vero che si tratta di una specialista ed è vero che intende acquisire informazioni, ma è altrettanto vero che ciò avviene in un contesto in cui sono presenti altri bambini e bambine ed è corretto che i genitori esprimano il loro consenso. Ciò significa che, con probabilità, alcuni possano opporsi (e non è possibile neppure pretendere che tengano i figli a casa per consentire l’ingresso della specialista. Peraltro, se ciò avvenisse, la rilevazione tramite l’osservazione risulterebbe parziale e non completa). Vi suggeriamo, pertanto, di chiedere al Dirigente scolastico di poter parlare con i genitori di tutti i bambini della sezione di vostro figlio; in tal modo potrete condividere le motivazioni della presenza di questa specialista, peraltro per un tempo limitato. Condividere con loro questa vostra esigenza, coinvolgendoli, contribuirà sicuramente ad una molto probabile acquisizione di consenso da parte di tutti.


Sono un’insegnante di sostegno da tre anni, con specializzazione in tale ambito da uno. Fortunatamente mi trovo ad affiancare una ragazzina che non ha particolari problematiche, perciò il consiglio di classe ha predisposto una programmazione uguale a quella del resto della classe, senza attestare obiettivi minimi nelle singole materie ma io faccio fatica a seguirla in ogni passo poiché non dispongo dei libri di testo che usano durante le lezioni in cui sono presente in orario. Mi è stato detto che, in quanto insegnante di sostegno, non mi sono garantite in dotazione copie dei libri di cui invece possono usufruire gratuitamente i miei colleghi di cattedra. Vorrei dunque conferma se tale notizia è vera oppure no e come posso muovermi per farne richiesta eventualmente. 

Nessuna legge prevede che i docenti curricolari ricevano una copia dei libri di testo adottati; ad essi, infatti, viene lasciata la “copia-omaggio” del testo che i rappresentanti propongono per la relativa valutazione. E dato che ai docenti di sostegno sono incaricati per le attività per il sostegno e non sono incaricati per l’insegnamento di una disciplina, non viene neppur preso in considerazione di poter consegnare loro una ulteriore copia. Non è pensabile, peraltro, che le case editrici debbano offrire ai docenti su posto di sostegno i libri di testo di ogni disciplina.  Per completezza, tuttavia, va detto che alcune scuole, attraverso il servizio di segreteria, richiedono, ricevendola, una copia, su richiesta dei docenti interessati; ma non sempre questo invio è gratuito. È possibile anche valutare che sia la scuola stessa a provvedere all’acquisto di copia di ogni testo (ogni testo adottato per ciascuna classe), da destinarsi poi alla biblioteca scolastica: in questo modo i docenti per il sostegno potrebbero consultare i testi senza doverli acquistare.   Però è anche corretto chiedersi: a) se i docenti per il sostegno debbano o no insegnare “individualmente”, in forma più o meno semplificata, i contenuti delle singole discipline; b) o se, invece, l’insegnamento delle discipline debba essere impartito dai docenti che hanno ricevuto l’incarico di insegnare tali discipline; c) oppure se i docenti curricolari, con il supporto dei colleghi di sostegno, intervengano per rendere i contenuti accessibili all’alunno, ovvero adattando il testo rispetto alle effettive capacità dei singoli alunni. 


Sono una docente di sostegno scuola primaria. Volevo una informazione sulle ore di sostegno per un bambino non vedente e diagnosi di retinoblastoma bilaterale  con art.3 comma 3. Il bambino frequenta la 4 elementare ha diritto a 22 ore? Se si la DS può togliere delle ore a questo bambino per darle ad altri in altre classi con la motivazione che non ha personale? 

Essendo il bambino iscritto alla classe quarta della scuola Primaria, le ore di sostegno che devono essere riconosciute sono quelle indicate lo scorso anno dal GLO.  Non va quindi fatto riferimento, in via esclusiva alla diagnosi. Il GLO potrebbe aver chiesto metà delle ore o un po’ meno di 22 ore settimanali oppure anche di più, considerate le sue capacità e potenzialità. Va quindi accertato ciò, prima di affermare che sono state erogate in misura minore. Se poi le ore risultano essere in quantità inferiore rispetto a quelle indicate nel PEI, la famiglia può presentare ricorso per otnere quelle che mancano.


Sono la mamma di un bambino a cui è stato diagnosticato lo spettro autistico, il bambino frequenta la classe seconda elementare e mentre l’anno precedente nonostante avesse cambiato 5 insegnanti di sostegno era riuscito comunque a mantenere un certo andamento quest’anno stiamo avendo dei problemi. L’insegnante di sostegno inviata dal provveditorato é al primo incarico e si é mostrata disposta a collaborare con i terapisti che gestiscono il suo comportamento ma la prima settimana di scuola per l’eccitazione nel rivedere i compagni e probabilmente persone nuove ha dato qualche pizzicotto e spinto qualcuno, per questo il giovedì della stessa settimana sono stata convocata per un glo d’emergenza, mi é stato chiesto di ridurre per la settimana successiva ad orario 8/11 che io non approvavo perché troppo breve e abbiamo optato per un rientro dolce 8/12 per una settimana con la disponibilità del dirigente scolastico il quale mi ha detto che era una mia scelta e che la settimana successiva avrei scelto se fare un’altra settimana 8/12, aumentare una mezz’ora quindi 8/12.30 o fargli fare lo stesso orario dei compagni. Contattata la scuola per comunicare la mia scelta per la settimana successiva su sono infastiditi dicendomi che sarebbe meglio parlare con la terapista e che il bambino in classe disturba la lezione! Per me questo é in accettabile anche mio figlio ha il diritto/ dovere di andare a scuola e gli altri genitori sono tutti d’accordo con me in quanto non trovano esagerato il comportamento in classe e mio figlio sta ancora imparando a parlare quindi i vocalizzi di un bambino autistico non possono precludere a mio parere il suo diritto a frequentare la scuola cosa che lui adora. Cosa posso fare perché i diritti di mio figlio vengano rispettati attenendomi a quello che la legge prevede?

Forse era il caso di effettuare un incontro iniziale, prima dell’avvio delle lezioni o nei primi giorni di scuola, per condividere alcuni aspetti, anche comportamentali, del bambino. Questo passaggio, da quanto scrive, sembra non essere stato effettuato. Resta comunque il fatto che i docenti su posto disciplinare conoscono il bambino e sorprende, pertanto, che si siano meravigliati del suo comportamento, tanto da convocare un GLO straordinario per manifestazioni del bambino che, sicuramente, andavano ulteriormente indagate (da quanto lei scrive si è trattato del primo periodo scolastico).  Va anche detto che lascia perplessi il fatto che, a fronte di una richiesta di riduzione dell’orario scolastico avanzata dalla scuola, si chieda poi ai genitori di affermare di essere stati loro a decidere; questo non è corretto. Se dovesse verificarsi nuovamente, opponetevi e chiedete che venga messo a verbale che è la scuola che richiede la riduzione dell’orario di frequenza e non voi genitori.  Ora al di là del comportamento del bambino, che comunque è ritenuto anche dagli altri genitori accettabile, la scuola deve adoperarsi per garantirgli un percorso formativo sereno e di qualità negli apprendimenti, nella socializzazione, nella relazione, nella comunicazione e nell’autonomia personale e sociale. A questo punto suggeriamo di chiedere la convocazione del GLO per adottare, congiuntamente, linee di intervento educativo, anche con il supporto o la supervisione dello specialista che partecipa all’incontro. Si può sicuramente fare scuola e garantire a tutti una didattica di qualità, agendo in sintonia e adottando le stesse modalità educative tanto a scuola quanto a casa (per questo è necessario un attento raccordo, che deve essere riportato in modo chiaro nel PEI, nella sezione 5, nella sezione 8.5 e nella sezione 9). Si potrebbe suggerire ai docenti di ricorrere ai gruppi di apprendimento cooperativo, ma qui si entra nelle azioni proprie della didattica, azioni che competono ai docenti. Sarebbe alquanto utile che il Dirigente scolastico promuovesse un corso di formazione sulle didattiche inclusive rivolto a tutti i docenti della scuola e, in particolare, ai docenti della classe di suo figlio.  Se vuole, ci tenga aggiornati.


Ho un figlio di 8 anni che frequenta la terza classe nella scuola primaria, in possesso di una 104 ad alta gravità art. 3 comma 3 rapporto 1:1 con una forma di autismo di 1 livello, lui ha una copertura di 22 ore di sostegno e 5 ore di educativa scolastica, gli è stata assegnata la maestra di sostegno e dalla prima elementare ad oggi ha la stessa maestra di sostegno. Ho necessità di avere risposte in merito al fatto che in classe di mio figlio ci sono altri casi che gravano nella classe, bambini che però non hanno certificazioni! La maestra è stata assegnata alla classe per la sola 104 di mio figlio. Già dall’ anno scorso mi sono resa conto che la maestra si doveva occupare in continuazione di questi bambini senza certificazione, togliendo tempo al mio bambino che necessità di continua attenzione considerato il grosso problema comportamentale che ha. Quest’anno già da ottobre sono venute a mancare le attenzioni più importanti al mio bambino perché lei ne deve seguire tanti, in più le è stato assegnato un nuovo ruolo, quello di vice responsabile del plesso, quindi ancora più impegnata. Mio figlio soggetto fragile è certificato dovrebbe godere al 100% del sostegno? Chi lo tutela? 

La docente per il sostegno è libera di accettare la nomina a responsabile di plesso, come ogni altro incarico coerente con la professione docente, purché non venga ridotto neppure di una sola ora il numero di ore di sostegno assegnate alla classe in quanto, in quella classe, è iscritto un alunno con disabilità.  Si aggiunga che, se in classe vi sono alunni, magari vivaci, la responsabilità di aiutarli nel percorso è in carico a tutti i docenti assegnati alla classe che sono chiamati a programmare insieme e a collaborare (questo vale per ogni alunno della classe, quindi anche per suo figlio). In altre parole, la docente incaricata su posto di sostegno può aiutare gli altri alunni, purché tale azione contribuisca a sostenere e a promuovere l’inclusione dell’alunno con disabilità. Durante la ricreazione il bambino deve essere coinvolto, esattamente come i compagni (in tal senso i docenti in servizio non possono lasciare da soli i bambini. In altre parole, se la docente di sostegno è in servizio, deve restare in giardino con la classe e non può assolutamente spostarsi). Se invece la docente di sostegno non è in servizio durante la ricreazione, tenga conto che, trattandosi di scuola primaria, per i pochi minuti di questo tipo di attività, qualunque docente della classe può sorvegliare l’alunno mentre interagisce con i suoi compagni, avendo la ricreazione una forte valenza educativa e non meramente assistenziale. Per quanto riguarda le supplenze va detto che la docente non può sostituire i colleghi durante il suo orario di servizio; non può sostituire neppure i colleghi della sua classe (quando non è in servizio, chiaramente, può fare supplenze se lo vuole).  Rispetto alle supplenze, quindi, che poi corrispondono a sottrazione di ore di sostegno, le suggeriamo di rivolgersi al dirigente scolastico e far presente che se utilizzerà ancora la docente per sostituire i colleghi, mentre lei è in servizio, voi procederete per discriminazione nei confronti di vostro figlio, ai sensi della legge 67/2006.  Infine, per quanto riguarda il materiale scolastico, tenga presente che la responsabilità di comunicare al bambino “che cosa portare a scuola” non è del solo docente di sostegno, ma anche dei docenti curricolari; dica a tutti gli insegnanti della classe (proprio a tutti) che controllino il diario di suo figlio, scrivendo che cosa deve portare a scuola il bambino il giorno dopo.


Un autistico grave, iscritto alla seconda classe della scuola secondaria di I gr. ha una copertura, tra sostegno e ose, per complessive 26 ore. Lo scorso anno, l’alunno ha frequentato sempre con orario ridotto (25 ore settimanali), in funzione della presenza dell’insegnante di sostegno/ose. Per giunta, un’educatrice privata, messa a disposizione dalla famiglia, prestava assistenza 4 ore settimanali in compresenza. Quest’anno la scuola, nonostante siano stati designati docenti e ose per le 26 ore (oltre alle 4 ore di educatrice privata), ha segnalato difficoltà nella gestione del ragazzo e proposto un orario ulteriormente ridotto a 20 ore settimanali. Che cosa può fare la famiglia in questi casi? 

L’art 12 comma 4 della legge n. 104/92 stabilisce che “nessuna condizione di disabilità” può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica. Quindi se la scuola ha difficoltà organizzative, è forse il caso di convocare urgentemente il GLO per capire come organizzarsi, affinché lo studente possa vivere serenamente il tempo-scuola. In tale contesto è bene evidenziare che, a disposizione, vi sono più risorse, per un totale di 30 ore settimanali, per cui si fatica a comprendere come possano richiedere la riduzione dell’orario scolastico (che, ricordiamo, la scuola non può richiedere).


Ho una bambina che frequenta la scuola primaria, lei ha la legge 104 e le viene assegnata l’insegnante di sostegno per 22 ore e 1 ora di assistente all’autonomia. Purtroppo capita spesso che l’insegante di sostegno debba andare a sostituire le insegnanti di altri classi (sia insegnanti di catedra o insegnanti di sostegno) per 2 ore  e la bambina rimane con la assistente. Chiedendo alle funzioni strumentali della scuola mi dicono che tolgono l’insegnante a mia figlia per quelle ore perché insegnante di sostegno e assistente non possono lavorare contemporaneamente con la bambina e quando c’è l’assistente l’insegnante di sostegno può  andare a sostituire le insegnante. È vera questa cosa?

Quanto fa la scuola è contro legge. Infatti tutta la normativa prevede che il docente sia assegnato alla classe in cui è iscritto l’alunno, proprio per la sua inclusione. In particolare le Linee guida ministeriali del 4 agosto 2009 vietano l’utilizzo improprio del docente per il sostegno: quando l’alunno è a scuola, il docente di sostegno deve lavorare  esclusivamente nella sua classe: pertanto è vietato che faccia supplenza in altre classi durante il suo orario di servizio, ed è pure vietato che porti con sé l’alunno nella classe in cui è mandato a fare supplenza. Solo se l’alunno è assente, si può valutare la sostituzione dei colleghi. È necessario far presente alla scuola che la normativa più recente impone al preside di nominare un supplente dopo il primo giorno di assenza del titolare (Nota 8 novembre 2010, Prot. n. 9839). Solo “in casi eccezionali non altrimenti risolvibili” può essere consentito chiedere al docente per il sostegno di effettuare supplenza nella propria classe (ma deve trattarsi, per l’appunto, di situazione eccezionale). 


Sono un insegnante di sostegno di un’alunna in carrozzella della secondaria superiore. Insieme ad un’altra docente abbiamo 6+6 di sostegno e le due assistenti hanno 15 ore. L’alunna ne frequenta 20. La prima domanda è: poiché potrà accadere che nelle ore di  scienze motorie la classe vada ad un campetto distante un chilometro o giù di lì ed io non ho la forza di spingere carrozzella e ragazza non me la sento proprio di portarla. Nell’eventualità descritta chi sarebbe deputato a farlo ? E‘ utile che scriva alla Preside dicendo che sono impossibilitata ad accompagnare in modo che rimanga traccia? oppure no ?
Secondo quesito : le assistenti si vogliono spalmare l’orario su 4 giorni invece che 5; lo possono fare ? Perché così rimarrebbe scoperto un giorno che noi due docenti dovremmo coprire senza l’ausilio dell’assistenza !!

L’eventuale accompagnamento in palestra, peraltro sita in luogo distante dalla scuola, non è certo compito dei docenti; esso può rientrare più propriamente nelle mansioni degli assistenti assegnati per “l’autonomia”. Siccome però il trasporto fuori dalla scuola rientra in una situazione straordinaria, sarebbe stato opportuno precisarlo al momento della richiesta degli assistenti all’Ente locale. Comunque è obbligo della scuola contattare l’Ente locale affinché questa criticità venga immediatamente risolta. Normalmente nei bandi con le cooperative per la nomina di assistenti, è indicata la norma che prevede che le ore assegnate a ciascun assistente comprendano anche quelle relative all’accompagnamento per attività fuori dall’edificio scolastico. Per quanto concerne l’orario di servizio degli assistenti, essi, pur dipendendo strutturalmente dall’Ente locale che li paga (o che dà retribuisce le cooperative che li forniscono), sono funzionalmente inquadrati nel servizio scolastico e debbono seguire le direttive degli organi monocratici e collegiali della scuola, accettando quindi ordini di servizio concernenti l’orario, nell’interesse degli alunni con disabilità ai quali sono assegnati.  Se pertanto, come nel caso descritto, è necessario che lavorino cinque giorni alla settimana anziché quattro, proprio soddisfare l’interesse dell’alunna, allora essi debbono accettare questa soluzione.


Mia figlia, con disabilità  grave  (nessuna competenza  verbale e motoria), ha frequentato  per 5 anni scuola primaria paritaria  e per 3 scuola secondaria non paritaria iscritta all’albo. In questi 8 anni NON siamo mai stati convocati  al glo, ora la scuola mi chiede  un contributo  di 5 mila euro per insegnate di sostegno come mi devo comportare? Alla primaria era inserita in un gruppo classe di 7 alunni tutti con disabilità ed un unica insegnante  di sostegno (classi abolite con la legge 517/77).

È da supporre che, all’atto di iscrizione, sia alla scuola primaria paritaria che alla secondaria di primo grado, abbia sottoscritto un contratto con la scuola e che in tale contratto fosse scritto “chi” doveva pagare l’insegnante da incaricarsi su posto di sostegno. La legge n. 62/2000 sulla parità scolastica all’ultimo comma dell’unico articolo prevede la costituzione di un fondo, incrementato dalle recenti norme, proprio per contributi alle scuole riconosciute come paritarie al fine di poter pagare i docenti per il sostegno. È la scuola che deve chiedere il contributo all’Ufficio scolastico regionale. Siccome Lei dice che, nei tre anni di scuola secondaria di primo grado, la scuola non era iscritta all’albo, è da supporre che fosse una scuola semplicemente privata e non con la parità ufficialmente riconosciuta dal Ministero; se così fosse, per questi tre anni la scuola non avrebbe potuto chiedere il contributo. Pertanto, per i cinque anni di scuola primaria, anche se nel contratto era scritto che il sostegno era a carico della famiglia, la scuola aveva l’onere di chiedere il contributo all’ufficio scolastico, eventualmente pretendendo dalla famiglia solo il pagamento della differenza. Per i tre anni di scuola secondaria di primo grado, se non avete modificato il contratto, la scuola può pretendere il pagamento totale.


Se invece nel contratto non ci fosse scritto nulla in proposito, e, addirittura, se le avessero fatto credere che lei non avrebbe pagato nulla, allora lei potrebbe impugnare il contratto per la violazione della sua buona fede. Ne parli con il suo avvocato; quindi prendete una decisione.

Sono insegnante di sostegno di ruolo nello stesso IIS da sei anni e sono fuori graduatoria d’istituto per  l’art. 21. In questo anno scolastico avrei dovuto seguire un nuovo alunno, assegnatomi dal DS, che non ha mai frequentato in quanto trasferito con la famiglia nel capoluogo di provincia. La famiglia ha chiesto il nulla osta il 21 settembre. Contestualmente il DS ha assegnato alle classi con alunni diversamente abili:  due colleghe per continuità, una collega trasferita, una collega utilizzata e tre colleghe dalle GPS prima fascia con nomina a TD. Il problema adesso è che gli insegnanti di sostegno sono nove mentre gli alunni otto. In definitiva sono io a non avere l’alunno da seguire. Chiedo se il DS deve/ può rivedere le assegnazioni dei docenti tenendo conto dell’ anzianità di servizio, della graduatoria d’istituto e della precedenza per l’art. 21. tenendo conto anche delle competenze e capacità didattico-educative acquisite in 20 anni sul sostegno. C’è un riferimento normativo in merito?

Essendo lei docente di ruolo, va considerata la normativa sulle graduatorie interne relative ai docenti soprannumerari, ovvero va rispettato l’ordine dei punteggi. La situazione verificatasi potrebbe essere determinata dal fatto che continuano a sussistere tre graduatorie monovalenti, nonostante la specializzazione sia “polivalente” dal lontano 1986. Pertanto, se lei fosse stata assegnata ad una classe in cui era iscritto un alunno di una delle tre categorie di disabilità (presenti nei tre elenchi), avendo l’alunno completato il ciclo scolastico e non essendoci altri alunni riconosciuti con la stessa disabilità, lei risulterebbe “perdente posto”, pur disponendo di una specializzazione polivalente e di punteggi superiori ai colleghi inseriti negli altri due elenchi, per i quali vi sono classi in cui sono iscritti alunni con “tipologia di disabilità” altra rispetto a quella del suo elenco. Si tratta di una evidente stortura, che  bisognerà al più presto fare eliminare dal Ministero.


Chiedo lumi e riferimenti normativi per eventuale esonero dalle verifiche scritte in lingua straniera per un’alunna non vedente che frequenta un liceo linguistico e che segue programmazione semplificata; l’alunna mi è stata assegnata quest’anno e frequenta la classe terza del liceo linguistico. Studia tre lingue, ma mi sono resa conto che ha lacune di base significative per quanto riguarda la scrittura, cioè non sa scrivere le parole correttamente nè autonomamente nè se deve fare un dettato e devo dirle lettera per lettera come fare… per non parlare della struttura della frase!  Potrebbe eventualmente compensare lo scritto con verifiche orali di letteratura?

L’art 16 comma 3 della legge n. 104/92 consente a tutti gli alunni con disabilità lo svolgimento di prove “equipollenti “. L’art 6, comma 1, del DPR n. 323/1988, regolamento per gli esami di maturità e per la valutazione degli alunni, stabilisce che le prove equipollenti possono consistere anche nella sostituzione delle prove scritte con prove orali (e viceversa), ovvero in una modalità differente di proposta della prova (per esempio test a scelta multipla; completamento; associazione, ecc.). Le prove equipollenti, sostanzialmente, si sostanziano “nell’utilizzo di mezzi tecnici o modi diversi ovvero nello sviluppo di contenuti culturali e professionali differenti”; esse devono permettere di verificare che lo studente o la studentessa abbia raggiunto “una preparazione culturale e professionale idonea”. Formalmente pertanto il ricorso alle prove equipollenti è previsto a tutela del diritto allo studio degli alunni e delle alunne con disabilità. È importante riportare questo dato nel PEI e, nel corso del 5° anno conclusivo del percorso di studi, dovrà essere precisato anche nell’allegato riservato al documento del Consiglio di classe, in modo che la Commissione si attenga a quanto indicato dal Consiglio di classe (adottando, cioè coerenti prove equipollenti).


Sono un’insegnante di sostegno nella secondaria di secondo grado. Fino all’anno scolastico 21/22 ho ricoperto il ruolo di referente per l’inclusione nella mia scuola.  Una docente di sostegno di ruolo presso la mia scuola si trova ora in aspettativa e non tornerà in servizio prima di febbraio 2023. Le sue 18 ore sono ripartite su due classi con due blocchi da 9 ore. La segreteria ha iniziato a cercare il sostituto  ed ha risposto una collega che ha chiesto di ricoprire 12 ore per completare il suo orario (insegna già per 6 ore la sua disciplina). Le 12 ore le sono state concesse, col risultato che ora in una delle due classe ci saranno almeno due insegnanti a coprire le 9 ore, dato che 3 sono della collega che ha chiesto le 12 e 6 di qualcun altro  che verrà (sempre che non sia necessario spaccare ulteriormente le 6 ore per eventuali altri completamenti). Aggiungo che in entrambe le classi ci sono già altri docenti di sostegno perchè sono frequentate da numerosi studenti con disabilità (tre studenti in una e sette nell’altra). Le domande che vi pongo sono queste: è possibile spezzettare così le ore di sostegno? Cosa ha la priorità: il completamento cattedra del collega o la gestione organica e efficace delle attività di sostegno? Esiste una normativa che possa presentare al mio dirigente così che si eviti questo problema in futuro?

Indubbiamente “spezzettare” le ore giova unicamente ai docenti, che riescono ad avere contratti di 18 ore settimanali, ma non giova agli studenti. I molti docenti che entrano in classe, infatti, possono disorientare lo studente con disabilità, come pure i suoi compagni. Esiste una modalità organizzativa per evitare tutto ciò? Sicuramente sarebbe necessaria una legge che imponga, prioritariamente, il divieto di spezzare le cattedre dei docenti incaricati su posto di sostegno; peraltro è facile intuire come con le nuove tabelle C e C1, fintanto che saranno in vigore, la possibilità di spezzare le cattedre potrà solo aumentare.  Al momento, in mancanza di una norma che vieti questa dispersione, si può fare riferimento alla “cattedra mista” o “incarico misto”. In che cosa consiste? Il Dirigente scolastico assegna le ore di sostegno, anche suddividendole, ai docenti incaricati su posto disciplinare presenti nella stessa classe in cui è iscritto l’alunno con disabilità (D.lgs. 66/17, art. 14, c. 2); ogni docente sarà pertanto incaricato per parte del suo orario su posto disciplinare e, per parte, su posto di sostegno. Questo tipo di organizzazione, peraltro (come è facilmente intuibile), favorisce anche la continuità e, soprattutto, evita il disorientamento derivante dal continuo cambio di docenti, che entrano in classe. 


Mio figlio ha appena cominciato il primo anno di un liceo. Ha diagnosi di Asperger/ autismo livello 1 ad alto funzionamento. Mio figlio attualmente mostra a scuola un forte disagio relazionale e comportamentale, soprattutto con i pari per cui preferisce il rapporto esclusivo con l’insegnante di sostegno. Al momento infatti non riesce a stare in classe per seguire le lezioni con gli altri, pertanto la scuola mi chiede di operare una scelta tra percorso differenziale (consigliato dai docenti) e percorso ordinario. Mi dicono che la normativa vigente alle scuole superiori è più stringente e implica di operare questa scelta. Personalmente non conosco la normativa in materia ma come  genitore ho l’impressione che ci sia qualcosa di discriminatorio e pregiudiziale, che non si punti realmente all’integrazione e inclusione del soggetto. Al momento il ragazzo non è in grado di affrontare la classe e i docenti ma, per come la vedo io, va aiutato a raggiungere questo obiettivo, molto gradualmente, come dicono gli specialisti. Non va discriminato né dal punto di vista didattico né dal punto di vista sociale. Scegliendo il percorso di differenziale mi sembra che questo precluda a priori il conseguimento del Diploma e non mi sento di ipotecare il futuro di mio figlio che ha difficoltà relazionali ,disagio sociale, presenta una neurodiversità, ma a livello cognitivo non ha alcun problema. Cosa dobbiamo fare come genitori, dove troviamo la normativa che regola queste scelte?

In base al Decreto Interministeriale n. 182/2020, nella secondaria di Secondo grado sono previste tre opzioni per quanto concerne il percorso scolastico:  
1.   “ordinario”, con gli stessi obiettivi di apprendimento programmati per la classe alla quale lo studente è iscritto, con il ricorso ad ausili e/o sussidi didattici, come pure prove equipollenti; a conclusione del percorso, superate le prove d’esame (strutturate con prove equipollenti), allo studente viene rilasciato il Diploma;
2.   “personalizzato”, che prevede la definizione di obiettivi di apprendimento personalizzati, coerenti con il percorso utile al conseguimento del diploma, con modalità di prove personalizzate (prove equipollenti) e criteri di valutazione personalizzati; a conclusione del percorso, superate le prove d’esame (strutturate con prove equipollenti), allo studente viene rilasciato il Diploma;
3.   “differenziato”, che prevede obiettivi di apprendimento coerenti con le effettive capacità e potenzialità dello studente, e che si discostano, a livello di conoscenze, da quelle essenziali necessarie per il conseguimento del diploma; per lo studente per il quale è adottato un PEI differenziato sono predisposte prove “non equipollenti” e criteri di valutazione personalizzati; a conclusione del percorso allo studente viene rilasciato un Attestato. 
La norma, ovvero il D.I. 182/2020, prevede la possibilità di passare in ogni momento da un tipo di percorso all’altro. 
Considerate le capacità e le potenzialità di suo figlio, le suggeriamo, almeno per il primo quadrimestre, di chiedere, durante l’incontro del GLO, che venga approntato un PEI “ordinario” o “personalizzato”, Al secondo quadrimestre deciderete se mantenerlo o se passare al differenziato.


Mio figlio frequenta la terza media e ha una disabilità grave, ha una forma di autismo grave, un ritardo cognitivo importante ed è non verbale. La mattina l’insegnante di sostegno e l’oepa si fanno trovare all’accoglienza, ma la vice preside (e purtroppo anche la dirigente è d’accordo con lei)se vede che scambio due parole con loro, gli intima di non parlarmi, secondo lei gli dovrei “passare”mio figlio come un pacco postale, senza rivolgergli la parola. Mio figlio non parla ed io sono l’unico tramite tra mio figlio e la scuola. Si può fare qualcosa? 

L’interazione comunicativa è parte costituente della dimensione umana ed è naturale, quando ci si incontra, scambiare pensieri o passare informazioni attraverso la comunicazione.  Può essere che, nel vostro caso, lo scambio avvenga in un punto della scuola di forte passaggio, creando – si tratta di ipotesi – un piccolo ingorgo; in tal caso è sufficiente spostarsi, cercando un punto con minore flusso di persone per scambiarsi, rapidamente, le informazioni necessarie. Potreste anche valutare di utilizzare un quaderno o una pagina riservata nel registro elettronico per il passaggio delle comunicazioni (resterebbero per iscritto e sarebbe più facile ricordarle); certo è che la parola resta sempre insostituibile. Invece, da un punto di vista formale, potreste inserire nel PEI, durante l’incontro del GLO, questo “tempo” dedicato al rapido passaggio di informazioni, motivandolo come funzionale ed essenziale ai fini della progettualità inclusiva. Una volta definito nel PEI nessuno potrà obiettare.


Sono funzione strumentale di un istituto comprensivo. Alla scuola primaria un docente di sostegno ha avuto l’ incarico per 24 ore settimanali su sostegno dall’ ufficio scolastico. Per 11 ore segue un alunno, mentre per le altre 11 ore è stato assegnato ad un altro alunno che però frequenta la scuola soltanto per 2 giorni a settimana ed in questi giorni è presente un altra collega di sostegno. La scuola ha deciso di utilizzare le 11 ore del docente  per le supplenze. È lecita questa decisione oppure le 11 ore devono essere ridistribuite tra gli alunni disabili della scuola?

Se il docente è stato incaricato su posto di sostegno e assegnato ad una classe, il suo orario di servizio dovrà svolgersi secondo l’incarico ricevuto. Si precisa, infatti, che in base alla Nota ministeriale 8 novembre 2010, prot. n. 9839, dopo il primo giorno di assenza il Dirigente scolastico ha l’obbligo di nominare un supplente; ciò evita l’utilizzo improprio dei docenti per il sostegno, vietato dalle Linee guida Ministeriali del 4 agosto 2009, prot. n. 4274. L’utilizzo per supplenze, quindi, nel rispetto della normativa vigente, può avvenire a fronte di “situazioni eccezionali”; si tenga presente che il docente, come specifica anche l’art. 20 del DI 182/2020 e come già avevano affermato le Linee guida ministeriali del 2009, non è assegnato ad una classe per poi essere utilizzato per la sostituzione di colleghi assenti o per “aumentare” le ore di sostegno in altre classi.  In molte istituzioni scolastiche, anche questo va detto, in assenza dell’alunno con disabilità il docente che è incaricato su posto di sostegno potrebbe essere utilizzato per estemporanee supplenze (non può, invece, essere utilizzato in modo sistematico come “tappabuchi”, ovvero in classi differenti: bisogna tener conto che il presupposto per un’efficace azione educativo-didattica è supportata non solo dalla continuità, anche temporale, ma ancor più dalla costruzione di una significativa relazione che difficilmente si attua se altamente sporadica). In merito all’alunno, vi sono condizioni che possono prevedere l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare?


Chiedo delucidazioni in merito al passaggio di un’allieva all’ultimo anno di scuola secondaria di secondo grado da un PEI differenziato ad uno semplificato alla luce del decreto interministeriale n. 182/2020 e relative Linee Guida.  Se non sbaglio, nelle Linee Guida si fa riferimento al superamento di “prove integrative” riguardanti le discipline e i rispettivi anni di corso duranti i quali è stato seguito un percorso differenziato in “apposita sessione”. Qui, si evidenzia come tale passaggio sia difficilmente realizzabile nell’ultimo anno di corso, ma resta comunque possibile? So che la decisione non spetta alla famiglia, ma ai docenti del Consiglio di Classe, che nel caso particolare si dichiarano tutti scettici rispetto al suddetto passaggio.  Qual è  la procedura formalmente corretta dopo che il Consiglio di Classe ha acquisito l’esplicita richiesta da parte della famiglia?

Le linee guida, allegate al D.I. n. 182/2020 sono stabiliscono che, su richiesta della famiglia, l’alunno debba essere sottoposto a sostenere prove integrative, relative a tutti gli anni nei quali lo studente sia stato valutato sulla base di un PEI differenziato. È il Consiglio di classe che predispone tali prove. Solo se lo studente supera tali prove, potrà essere adottato un PEI personalizzato o ordinario (art. 10 del D.I. 182/2020). Il Consiglio di Classe, anche se scettico di fronte alla richiesta della famiglia, non può negare lo svolgimento delle prove integrative. Ovviamente il tutto deve essere regolarmente  verbalizzato e, al termine dell’esito delle prove, dovrebbe tenersi una rapida riunione del GLO in cui viene indicato il passaggio al PEI personalizzato o ordinario, se l’esito è stato positivo, oppure viene confermata l’adozione del PEI differenziato, se l’esito delle prove è negativo.


Leggendo la legge 104/92 e la sentenza n. 224/2001, sono venuta a conoscenza che la disciplina all’obbligo scolastico per i disabili garantisce per almeno 8 anni l’obbligatorietà dell’istruzione. In ragione a ciò, volevo chiedervi se è possibile che un ragazzo affetto da handicap che ha appena compiuto i 18 anni possa essere obbligato a lasciare la scuola superiore, e quindi non poter concludere a pieno il ciclo di studio assieme ai suoi compagni. Dal momento che dalla nostra stessa costituzione all’art. 34 parla del diritto all’istruzione e all’art. 3 dell’eguaglianza sostanziale. A questo punto la domanda mi è sorta spontanea: ad un ragazzo handicappato maggiorenne può essere imposto di dover lasciare la scuola superiore ? 

La normativa italiana ha introdotto l’obbligo scolastico dai 6 anni fino ai 16 anni; ciò riguarda tutti i bambini e tutte le bambine, siano essi con o senza disabilità. Pertanto lo studente con disabilità, al quale le fa riferimento (ma vale anche per tutti gli altri), ha il dovere di frequentare in virtù dell’obbligo fino ai 16 anni e, esattamente come i compagni, può concludere la scuola Secondaria di secondo grado. La normativa, infatti, non solo impone l’obbligo scolastico, ma garantisce pure il diritto allo studio. Pertanto nessuno può impedire ad un alunno con o senza disabilità di abbandonare l’istruzione dopo il periodo di obbligo scolastico. Anzi, le annuali circolari sulle iscrizioni stabiliscono che gli alunni con disabilità che hanno superato l’età di 18 anni hanno diritto a completare il ciclo di studi con tutti i diritti previsti. Inoltre la normativa prevede che gli alunni hanno diritto all’istruzione permanente per gli adulti con corsi, di solito serali, nei quali agli studenti con disabilità sono garantiti gli stessi diritti dei corsi del mattino.


Un alunno con autismo grave ha frequentato la scuola primaria presso un istituto privato paritario. 
Al momento della scelta della scuola secondaria, il dirigente ha comunicato ai genitori che, se avessero voluto proseguire presso la stessa struttura scolastica, avrebbero dovuto sostenere interamente il costo dell’insegnante di sostegno.
A quel punto, obtorto collo, la famiglia ha optato per la scuola pubblica.
Perché le scuole “medie” paritarie non ricevono le medesime sovvenzioni delle “elementari” pur essendovi l’obbligo di istruzione?

L’inclusione nelle scuole paritarie non è un diritto pieno; infatti la gratuità del sostegno è subordinata all’ampiezza del fondo previsto dall’ultimo comma dell’art. 1 della legge n. 62/2000. Qualora quel fondo sia prosciugato, la scuola paritaria non può rifiutare l’iscrizione di un alunno con disabilità (pena la perdita della parità), ma non è obbligata per legge a garantire la gratuità. Pertanto alcune scuole  si accollano la spesa, altre la caricano sulle famiglie. Alcune scuole cattoliche chiedono un contributo alla Diocesi, attingendo al fondo dell’8 per mille. 
Si propone da taluni di aumentare il fondo in modo da assicurare il diritto alla gratuità a tutti i richiedenti; per ora però non c’è una proposta di legge ufficiale.


Ho una figlia disabile grave al primo anno della scuola superiore .
Mia figlia è una settimana che fa lezione in un corridoio o al bar perché non hanno individuato un posto dove farle fare le sue attività. Non c’è un obbligo della scuola di trovarle una sistemazione e non parcheggiarla come un pacco?
Può l’insegnante di sostegno rifiutarsi di restare sola con la ragazza se non abbiamo copertura sufficiente di assistenza?
Possono rifiutarsi le collaboratrici scolastiche di toccare la bambina e quindi di cambiarla quando necessita perché non vogliono responsabilità?

La scuola si sta comportando in modo del tutto illegale:
1)     sua figlia deve stare in classe con i suoi compagni, diversamente non è inclusione scolastica, ma separazione e segregazione; ciò, peraltro, è stato ufficialmente stabilito da una recente sentenza del TAR del Lazio che ha vietato l’uscita dalla classe degli alunni con disabilità (Sentenza 9795/2021);
2)     la docente incaricata su posto di sostegno deve stare in classe con sua figlia e aiutarla a seguire e comprendere le lezioni;
3)     l’assistenza igienica è compito delle collaboratrici scolastiche (ex-bidelle); ciò in forza della circolare ministeriale n. 3390 del 2000 e del contratto collettivo di lavoro del 2006 e seguenti, art 47,48 e tab.. A.  Se il collaboratore scolastico o la collaboratrice scolastica si rifiuta può essere soggetto/a a provvedimenti disciplinari, a denuncia penale e a procedimento civile per risarcimento danni. Anche il dirigente scolastico, se si rifiuta di dare l’incarico previsto dal contratto collettivo, può incorrere in denuncia per omissione di atti d’ufficio.
Ci informi sugli sviluppi.


Per un alunno con autismo grave, lo scorso ottobre, ad un mese dall’inizio della classe prima della scuola secondaria di I gr., con molte difficoltà di adattamento ai nuovi ambienti e alle nuove figure di riferimento (anche per carenza di strumenti scolastici e competenze), l’insegnante di sostegno ha inserito una nota sul registro elettronico, un “richiamo comportamentale”. Il richiamo, per giunta, è stato annotato un giorno in cui l’alunno era assente. Il ragazzino disabile “richiamato”, purtroppo, non era e non è in grado di accedere in autonomia alle informazioni del registro elettronico, né ha le capacità di comprenderne il significato. Quella nota, quindi, ha gravato esclusivamente sull’equilibrio emotivo dei genitori che, per molti mesi, si sono interrogati sull’utilità della stessa. L’insegnante, che non ha mai fatto accenno all’episodio, soltanto a fine anno scolastico, dietro richiesta specifica, ha precisato che quel provvedimento era stato registrato per parità di trattamento con i compagni. E’ così che la scuola si adopera per l’inclusione? 

La professoressa, dopo essersi confrontata con i colleghi, avrebbe dovuto avvertire prima di tutto la famiglia in merito al comportamento, a suo avviso censurabile, dell’alunno con disabilità. Senza dubbio, poi, avrebbe dovuto riportare la nota nello stesso giorno, non successivamente e ancor più nel momento in cui l’alunno era assente. Va da sé che quel provvedimento deve essere cancellato dal registro, per le irregolarità fin qui registrate, fermo restando che c’è da chiedersi se era il caso di adottare un provvedimento tale anche nei confronti dell’alunno. Riveste minore rilievo l’accesso al registro: essendo lo studente minorenne, esso è riservato ai genitori.  Sorprende tuttavia che nessun docente del Consiglio di classe si sia accorto della Nota. Possibile che non ne abbiate discusso almeno durante gli scrutini del primo quadrimestre? L’episodio è passato in sordina, fino alla fine dell’anno scolastico, evidenziando così la distrazione dei docenti curricolari e la scarsa rilevanza attribuita alla corresponsabilità ed anche alla contitolarità.  I genitori, peraltro, legittimamente si sono chiesti in merito alla valenza o meno del docente di sostegno; di fatto avrebbero dovuto porsi lo stesso quesito anche rispetto agli altri insegnanti del figlio. L’alunno, è evidente, non doveva essere oggetto di sanzioni disciplinari, bensì di interventi educativi, volti a ridurre/contenere comportamenti poco adeguati. Se il provvedimento fosse stato inevitabile per il gruppo-classe, era comunque possibile escludere l’alunno, facendo comprendere ai compagni le ragioni di tale decisione. Ormai, ad un anno di distanza, riteniamo inutile rivangare la vicenda, se non per porre maggiore attenzione, come intero Consiglio di classe, in merito agli accadimenti che interessano e coinvolgono ogni alunno della classe. 


Dei miei amici genitori di un bambino con disabilità, mi hanno informata che durante lo scorso anno scolastico avevano fatto alla scuola richiesta scritta di entrata posticipata (due giorni a settimana alle 9.30 anziché alle 8.30 per l’intero anno scolastico) del proprio figlio, causa partecipazione alle terapie. Nel caso di spostamento delle terapie, in quei giorni non è  stato permesso loro di far entrare il proprio figlio a scuola alle ore 8.30 in quanto, all’inizio dell’anno avevano fatto richiesta di entrata posticipata.

Con riferimento all’anno scolastico precedente, quanto fatto dalla scuola è grave; infatti, anche se la scuola si era organizzata a fronte dell’ingresso posticipato per tutto l’anno, il diritto alla frequenza per tutto l’orario scolastico permane e la scuola non poteva rifiutare l’ingresso in classe, al di là delle motivazioni avanzate dall’Istituzione scolastica. La scuola non poteva impedire la frequenza perché il docente di sostegno non era in servizio, dato che l’alunno ha quali insegnanti “tutti gli insegnanti della classe” e quindi sicuramente per lui, in classe, c’era sempre qualcuno. A distanza di tempo, dato che la scuola si è conclusa nel giugno scorso, potreste mandare una lagnanza all’Ufficio Scolastico Regionale, oltre che al Dirigente scolastico: nel vostro scritto fate presente che qualora dovesse ripetersi quanto accaduto lo scorso anno, sarete costretti ad agire giudizialmente per discriminazione. 
Al tempo stesso suggeriamo ai genitori di evitare di comunicare le “assenze” in anticipo, bensì di agire come normalmente avviene a scuola: a fronte di un ritardo (ingresso posticipato) o di un’uscita anticipata, suggeriamo di presentare la “giustificazione”; ciò impedirà paradossali situazioni, vedasi quale esempio quella verificatasi nel precedente anno scolastico.


Mio figlio deve frequentare la seconda superiore, è  iscritto in un liceo. Lui ha una disabilità motoria, ha un handicap grave al 100%. Oggi la rappresentante di classe è stata convocata dal dirigente scolastico che l’ha avvisata che la nostra classe a settembre verrà spostata in un’altra sede a un’ora di distanza con i mezzi pubblici, quindi dall’altra parte della città, e tutto questo senza averci avvisato prima. La mia domanda è questa: è possibile che un dirigente scolastico possa decidere senza avvisare neanche i genitori del ragazzo con disabilità, di spostare l’intera classe in una sede così distante da quella scelta inizialmente dai genitori? Il ragazzo con disabilità grave non è tutelato in questo senso? 

Lei ha pienamente ragione di lamentarsi, poiché il DS ha stipulato con lei un contratto di accoglimento nel suo istituto di un alunno con disabilità motoria; se lei, all’atto dell’iscrizione, avesse saputo quanto oggi le è stato comunicato dalla rappresentante di classe, certamente evitato l’iscrizione in quella scuola. A questo punto le suggeriamo di contattare il Referente Regionale per l’inclusione operante presso l’Ufficio Scolastico Regionale, per vedere se convince il DS a trovare un’altra soluzione per la classe di suo figlio o, in alternativa, se l’aiuta a individuare un’altra Istituzione scolastica vicina a casa sua (ovvero un altro Liceo).


Per un alunno con autismo grave, la scuola secondaria di I gr. ha fatto una segnalazione alla Procura Minori a seguito di una manifestazione di suicidio.  Nello specifico, si tratta di un episodio isolato, con manifestazione verbale in aula sostegno, alla presenza dell’insegnante.  La scuola afferma essere obbligata, in tali casi, alla segnalazione (senza però avvisare la famiglia di tale comunicazione).  A seguito di ciò, gli assistenti sociali hanno convocato (a distanza di due mesi dal fatto) i genitori.  A casa non si sono mai verificati episodi analoghi e a scuola l’alunno ha tutte le ore di frequenza coperte da insegnante di sostegno/educatore (che dovrebbero garantire la totale vigilanza).  Che cosa ci si aspetta dalla famiglia? Quali provvedimenti potranno essere adottati?

La scuola ha fatto molto male a non avvertire la famiglia, prima della segnalazione ai servizi sociali.  Comunque, il DS dovrebbe convocare urgentemente un GLO con la presenza indispensabile della famiglia e degli operatori ASL; in tale sede, considerato che si tratta, come lei scrive, di episodio isolato con manifestazione verbale, e che a casa, da quanto riferiscono i genitori, non si sono mai verificati episodi analoghi, preso atto poi che l’alunno, che è affidato alla responsabilità dei suoi docenti, lavora in classe (alla presenza del docente in servizio e dell’assistente) ed in alcuni momenti in attività individualizzate fuori dalla classe alla presenza di un docente, e quindi non è mai solo, analizzare, insieme, la sussistenza di rischio effettivo rischio e, di conseguenza, verbalizzare quanto emerso, riportando il verbale-relazione nel fascicolo personale dell’alunno. È importante, inoltre, che la famiglia accetti di sottoporre il figlio a visita medica; in tal caso non si dovrà fare riferimento alla CM 363/94.


Presto assistenza all’esame di stato all’alunno con disabilità da me seguito nel corso dell’anno, per le prove scritte, le prove orali e la correzione delle prove scritte, e vorrei porre due quesiti:
1)La normativa DL 62/17 art. 20 c 3 prevede il supporto per “la predisposizione, lo svolgimento e la correzione delle prove d’esame”, mentre nell’O.M. 64, art.24 c.4. soltanto “per la predisposizione e lo svolgimento delle prove d’esame”: come mai questa discrepanza? Resta valido quanto enunciato nel DL 62/17 art. 20 c 3?
2) Oltre ai verbali, il docente di sostegno deve firmare anche le prove e le griglie di valutazione dell’alunno da lui seguito? Se si, sia nel caso di un alunno che consegue il diploma, sia di un alunno con programmazione differenziata?

1)  Il d.lgs. 62/2017 all’art 20 comma 3 recita: “Per la predisposizione, lo svolgimento e la correzione delle prove d’esame, la commissione può avvalersi del supporto dei docenti e degli esperti che hanno seguito la studentessa o lo studente durante l’anno scolastico.” L’art. 24 dell’OM 65/2022, al comma 4, omette la “correzione delle prove” e, a differenza del d.lgs. 62/17, indica qual è la figura di riferimento (si riporta il testo integrale: “Per la predisposizione e lo svolgimento delle prove d’esame, la sottocommissione può avvalersi del supporto dei docenti e degli esperti che hanno seguito lo studente durante l’anno scolastico. Il docente di sostegno e le eventuali altre figure a supporto dello studente con disabilità sono nominati dal presidente della commissione sulla base delle indicazioni del documento del consiglio di classe, acquisito il parere della sottocommissione.”) Non si capisce perché l’OM 65 non rispecchi le indicazioni del d.lgs. 62/17, determinando evidente contrasto, con il rischio palese di interpretazione differente da commissione a commissione. Va da sé che il riferimento cui attenersi è quello dettato dal d.lgs. 62/2017.
2)  Se la commissione lo richiede sì, deve firmare anche le prove e le griglie di valutazione. Tenga presente che, in alcuni casi, il docente incaricato su posto di sostegno sottoscrive soltanto il documento del 15 maggio e i verbali della prova d’esame..



Un presidente di commissione di esami del 5 superiore può chiamare la famiglia per chiedere di portare un candidato a svolgere gli esami per alzare i crediti formativi per un futuro lavoro, anche se lui è  inabile al lavoro?

Il presidente della Commissione non può pretendere che un alunno si presenti obbligatoriamente agli esami. Può solo consigliare, prospettando, a suo avviso, gli aspetti  positivi della presentazione.


Come F.S. Inclusione mi trovo, quest’anno, a dovermi confrontare con un Presidente di Commissione d’esame che asserisce che, se l’alunno con PEI differenziato non si presenterà all’unica prova orale prevista per lui, la Commissione sarà costretta a “bocciarlo”. Questo perché, a suo dire, nella Relazione riservata che è stata fatta dal Consiglio di Classe e allegata al docuemento del 15 maggio, c’è la richiesta di “nominare la docente di sostegno per assisterlo nell’unica prova che l’alunno può sostenere (orale)”; viene anche specificato in cosa potrà consistere la prova. Infatti, sempre a suo dire, l’alunno non doveva essere ammesso agli esami, perché lei, ora, con 38/50 crediti, se il ragazzo non viene alla prova, lo “deve” bocciare. Insiste nel dire che nella relazione dovevamo specificare che “qualora l’alunno non si fosse presentato, avrebbe avuto ugualmente l’attestato dei crediti formativi”. Finora, a nulla è valso spiegare che non era necessario specificare, perché quello che lei chiede è già nel Decreto legislativo 62/2017 e nell’O.M. 64/2022 e che il reagazzo non può essere bocciato, perché di fatto non sostiene un esame per un “vero” diploma; anche perché, avendo superato i 20 anni, qualora si ritrovasse in una nuova classe quinta, non potrebbe avere né il sostegno, né l’assistenza specialistica. E’ stata fatta richiesta ad un ispettore del Ministero che però, l’unico consiglio che ha saputo dare, è stato quello di convincere la famiglia a portare l’alunno a fare la prova, così, gli si potrà attribuire un voto e ritenerlo “promosso”! E’ probabile, però, che la famiglia non lo porterà, perché spera in una bocciatura, in quanto vuole far permanere il ragazzo a scuola ancora per un anno almeno. Noi, come scuola, eravamo riusciti a far capire che non era possibile far frequentare ancora il ragazzo: ora, però,se veramente la Commissione lo bocciasse, in che situazione si troverebbe la scuola? Non potremmo garantire ore di sostegno, oppure, per farlo, dovremmo toglierle ad altri utenti che ne hanno realmente diritto; ma, nello stesso tempo, rifiutare la sua permanenza ci esporrebbe a eventuale ricorso?
Chiedo, pertanto, di sapere:
1) se l’asserzione del Presidente di commissione, in merito alla necessità di bocciatura, qualora il ragazzo non si presentasse alla prova, è corretta; se, cioè è possibile che venga presa una tale decisione;
2) Se il Consiglio e il GLO hanno agito correttamente nell’ammettere l’alunno all’esame di Stato;
3) se il Consiglio ha agito correttamente nello scrivere nella Relazione che l’alunno avrebbe svolto un’unica prova, con il docente di sostegno a supporto;
4) Se è sufficiente ritenere l’alunno “assente”, qualora non si presentasse alla prova d’esame e rilasciare l’attestato dei crediti formativi, solo da parte del Dirigente Scolastico o se, comunque, serve anche l’attestato a firma del Presidente della Commissione.

Si fa presente che lo studente potrebbe anche non superare le prove “non equipollenti” previste per l’esame di Stato, conclusivo del secondo ciclo di istruzione (evenienza possibile per ogni studente), ed è chiaro che, in tal caso, ripeterebbe l’anno scolastico e, per lui, dovranno essere garantite tutte le necessarie risorse (docente, possibile figura addetta all’assistenza); in questo caso appare evidente che le ore di sostegno devono essere richieste, garantite e destinate allo studente (e sicuramente non possono in alcun modo essere “sottratte” ad altri “studenti”). Tanto premesso, appare alquanto ovvio il fatto che, per presentarsi agli esami di Stato, lo studente doveva essere ammesso dal Consiglio di Classe (e non dal GLO, che non ha alcun titolo per esprimersi al riguardo, trattandosi di responsabilità che investe i soli docenti della classe).  E solo in ambito di “ammissione o non ammissione” all’esame di Stato poteva configurarsi l’eventuale bocciatura da parte del Consiglio di classe che, in tal caso, avrebbe proceduto con la “non ammissione”. Questo sicuramente è il senso dell’art. 20 del decreto legislativo n. 62/2017 in merito al rilascio dell’Attestato di credito formativo agli studenti “che non si presentano agli esami di Stato”. La scuola, peraltro, doveva indicare la modalità delle prove “non equipollenti”, come prevede la norma, specificando, nell’Allegato riservato aggiunto al documento del 15 maggio, gli elementi utili alla Commissione d’esame; in tale allegato il Consiglio di classe poteva quindi indicare la presenza, in sede di esame, del docente specializzato e/o di altro docente della classe e/o di altra figura ritenuta essenziale. E così è stato fatto.  Se lo studente non si presenterà all’esame di Stato giustificando l’assenza, le prove si svolgeranno in altro momento; se, invece, lo studente non si presenterà, così come prevede la norma (e come previsto per tutti questi casi), la Commissione o l’Istituzione scolastica rilascerà l’Attestato di credito formativo (art. 20, comma 5, del decreto legislativo n. 62/2017). 


Sono insegnante di sostegno e referente in una scuola media. Un alunno autistico grave, ha aggredito pesantemente l’insegnante di sostegno. Ho richiesto con urgenza un UVM per chiedere la rivalutazione diagnostica e la compresenza con insegnante sostegno- educatore. Potrei avere questa compresenza? il caso è grave, l’alunno non parla, è compromessa anche l’autonomia globale.

Certamente la valutazione dell’UVM, al fine di accertare la necessità di un assistente per l’autonomia e la comunicazione, sembra indispensabile. Si rammenta che la valutazione deve essere richiesta da parte della famiglia, che esercita la responsabilità genitoriale.  È da chiedersi come mai essa non sia stata effettuata fin dall’inizio. Sembrerebbe, da quanto lei scrive, di un episodio isolato e non di un comportamento costantemente presente. In ogni caso, oltre alla valutazione, suggeriamo di promuovere, in accordo stretto con la famiglia e con gli specialisti, un intervento educativo basato sulle capacità e potenzialità dell’alunno, da seguire con particolare attenzione da parte di tutti i docenti della classe e, ove necessario, anche del personale della scuola in essa operante. Speriamo che la docente si accontenti dell’indennizzo dell’assicurazione della scuola, evitando di chiedere quello della famiglia.


Sino ad un paio di anni fa, durante gli scrutini il DS apponeva nei tabelloni interni la dicitura “valutazione riferita al PEI Art. 15 O. M. 90 del 21-05-2001”. Dallo scorso anno scolastico questa prassi non viene più seguita. È una procedura corretta?

Per le studentesse e per gli studenti con disabilità con PEI differenziato il riferimento all’effettuazione delle prove differenziate non viene indicato nelle tabelle affisse all’Albo dell’Istituto, così come previsto dall’art. 20, comma 6, del decreto legislativo n. 62/2017, di seguito riportato: “Per le studentesse e gli studenti con disabilità il riferimento all’effettuazione delle prove differenziate è indicato solo nella attestazione e non nelle tabelle affisse all’albo dell’istituto”. Se la questione riguarda, invece, la scheda di valutazione, si fa presente che l’OM 90/2001, in virtù del D.I. 182/2020, ha perso la sua efficacia, quindi non è più applicabile. A questo punto permarrebbe il dubbio in merito a quanto indicare nella scheda di valutazione delle studentesse e degli studenti con disabilità con PEI differenziato. In assenza di indicazioni da parte del Ministero e di riferimenti nello stesso D.I. 182/2020, in considerazione del d.lgs. 62/2017, sono possibili le seguenti ipotesi: o non si scrive nulla oppure  si potrebbe inserire quanto segue: “la valutazione è conseguente alla Sentenza della Corte costituzionale n. 215/1987, che ha riconosciuto il diritto allo studio degli studenti e delle studentesse con disabilità” o, in alternativa, “la valutazione è conseguente al Parere del Consiglio di Stato n. 348/1991”


Nostro figlio quest’anno ha frequentato il terzo anno presso un istituto superiore con obiettivi differenziati. Anno decisamente “devastante”!
Vorremmo fargli cambiare scuola facendo ripetere il terzo anno presso un altro istituto con obiettivi minimi (se entrasse al quarto anno dovrebbe sostenere degli esami e non è il caso). Siamo già in accordo con l’altra scuola. Possiamo chiedere la bocciatura di nostro figlio? Come dobbiamo muoverci?

L’ammissione (promozione) o non ammissione (bocciatura) di uno studente alla classe successiva è di esclusiva competenza e responsabilità dei docenti del Consiglio di classe.  Il cambio di scuola, soprattutto se si tratta di un cambio di indirizzo, prevede il dover sostenere esami di ammissione per la stessa classe; il mancato superamento degli stessi comporta l’ammissione alla classe precedente. Infine, si tenga conto che il percorso, che voi pensate debba essere adottato, è di tipo “personalizzato”, coerentemente con quanto stabilito dal DI 182/2020 e che, in tal senso, saranno i docenti a proporvi, in base alle capacità e potenzialità di vostro figlio, se adottare un PEI differenziato o un PEI personalizzato.


Scuola secondaria di primo grado: qualora la famiglia rinunci al sostegno ma non alla 104 lo può fare in corso d’anno e con quali modalità? La scuola è tenuta a redigere comunque il PEI?

La formulazione del PEI i è conseguente alla certificazione di disabilità, come stabilisce l’art 12 comma 5 della legge n. 104/92, dalla quale dipende pure la nomina del docente specializzato per il sostegno. Pertanto fino a quando permane a scuola la certificazione di disabilità, anche se la famiglia rinuncia al sostegno didattico, la scuola è tenuta a garantire tutti i diritti previsti a tutela del diritto allo studio dell’alunno con disabilità, con relativa predisposizione del PEI.  La famiglia può rinunciare al sostegno (docente) in qualunque momento dell’anno scolastico, in quanto trattasi di un diritto e non di un vincolo; per rinunciare, è sufficiente che la famiglia comunichi la sua decisione attraverso una PEC oppure con comunicazione scritta a mano e firmata e protocollata presso la segreteria.  Se la famiglia dovesse ritenere, erroneamente, che la presenza del docente per il sostegno impedisca all’alunno di conseguire il diploma del primo o del secondo ciclo di istruzione, sbaglia, in quanto il docente incaricato su posto di sostegno, insieme ai docenti incaricati su posto disciplinare, costituisce una risorsa che consente all’alunno, il raggiungimento del successo formativo. 


Sono una docente di scuola secondaria  di secondo grado e vorrei chiedere un’informazione in riferimento ad alcuni casi di studenti per i quali sono stati individuati dei bisogni educativi speciali e sono stati redatti dei PDP. In particolare una mia studentessa di classe quarta ha frequentato pochissimo (non più di 30 giorni non consecutivi in tutto l’anno scolastico) e ha passato diversi mesi ricoverata presso diverse strutture per diagnosi di DCA. E’ attualmente ricoverata da marzo e per un periodo previsto di 10 mesi complessivi. Il pdp stilato nel mese di febbraio su “pressione” della famiglia (la pagella del primo quadrimestre non presentava alcuna valutazione a causa delle numerose assenze) ha previsto la possibilità di una specie di didattica a distanza asincrona attraverso la piattaforma di condivisione Teams. Tutti i docenti hanno approntato materiale di studio (testi, slide, videolezioni…) fruiti in autonomia dalla studentessa. Il pdp prevede che la stessa possa inviare compiti scritti, relazioni (sia scritte che orali), affrontare interrogazioni calendarizzate in anticipo con il docente in orario non scolastico secondo i tempi ritenuti opportuni dall’alunna. Ad oggi sono pochissime le valutazione assegnate e tutte sono riferite a lavori o interrogazioni su parti minime del lavoro disciplinare annuale. Nessun docente ha più di una valutazione ed è comunque riferita ad una parte frammentaria di ciò che prevede la pianificazione annuale.Le chiedo due cose: un PDP è uno strumento che può introdurre strumenti dispensativi e compensativi, ma può legittimamente spingersi ad adottare una didattica a distanza come quella descritta? In sede di valutazione finale, il Cdc può esprimere una valutazione complessiva a fronte di valutazioni singole nelle varie discipline (=un solo voto per ogni materia messo a registro), andando in deroga sui criteri previsti dal PTOF (anche in riferimento al numero dei valutazioni ritenuto congruo al fine di una valutazione complessiva?. Vorrei inoltre una conferma: mi pare che, ai fini della promozione, non si possa prescindere dal raggiungimento degli obiettivi e livelli di apprendimento e competenze previste per l’ammissione alla classe successiva…

Per quanto riguarda la validità dell’anno scolastico nella scuola Secondaria di Secondo grado, che costituisce uno dei requisiti vincolanti ai fini dell’ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato, il Collegio docenti stabilisce “per  casi  eccezionali, motivate  e  straordinarie deroghe” (riferimenti normativi: CM 20/2011, Nota 7736/2010).  La deroga, come recita il DPR 122/2009, è prevista “per assenze documentate e continuative, a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino, a giudizio del Consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati. Il mancato conseguimento del limite minimo di frequenza, comprensivo delle deroghe riconosciute, comporta l’esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione alla classe successiva o all’esame finale di ciclo” (art. 14, comma 7, del DPR 122/2009). Se quindi il Consiglio di classe dispone di sufficienti elementi di valutazione, può procedere alla valutazione della studentessa e, sulla base delle valutazioni, stabilirne l’ammissione o la non ammissione alla classe successiva. Per quanto concerne gli obiettivi di apprendimento, va chiarito che gli obiettivi si possono personalizzare esclusivamente per gli alunni con disabilità. Per tutti gli altri alunni, quindi per gli alunni con BES (terza sottocategoria, come recita la direttiva ministeriale del 27/12/2012) gli obiettivi di apprendimento coincidono con quelli previsti per la classe alla quale sono iscritti.  Per le prove effettuate in orario “non scolastico” si ritiene vi siano dubbi sulla legittimità delle stesse (le prove, infatti, devono essere effettuate in orario scolastico; questo vale per tutti gli studenti). Per l’attivazione della DDI (Didattica digitale integrata), invece, non si vedono indicazioni contrarie. Certamente, nel caso specifico, si sarebbe dovuto attivare un servizio di istruzione domiciliare, previa richiesta della famiglia o della studentessa, se maggiorenne. Chiaramente se si fosse intrapreso fin da subito un percorso di collaborazione e condivisione con i docenti della scuola in ospedale (durante la spedalizzazione) e mediante l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare in seguito (quando la studentessa era a casa), le questioni poste sulla validità dell’anno scolastico e, in particolare, sulla valutazione non si sarebbero poste. Suggeriamo di considerare tutto ciò con attenzione nella eventualità si dovessero presentare situazioni analoghe. 


Abbiamo un ragazzo disabile con invalidità totale e inabilità  lavorativa 100% , che necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Ha 22 anni e frequenta il 5 superiore, noi genitori vorremmo fermarlo fargli ripetere l’anno,e possibile. 

Avendo l’alunno un PEI differenziato, dovrebbe aver raggiunto gli obiettivi per lui programmati, che, peraltro, possono essere rivisti in qualsiasi momento durante l’anno scolastico, per essere adeguati alle sue effettive capacità. Si tenga presente che la valutazione degli alunni, e quindi l’ammissione o la non ammissione alla classe successiva o all’esame di Stato, è compito esclusivo degli insegnanti della classe. In sede di esame, poi, sarà la Commissione a stabilire se lo studente supera o non supera le prove previste. Nel caso in cui lo studente dovesse non presentarsi all’esame di Stato, la scuola rilascerà comunque l’Attestato di credito formativo.  Si suggerisce pertanto, invece di perdere un anno ripetendo la classe, di trovare un corso di formazione professionale o uno stage per vedere se lo studente sia in grado di svolgere una qualche attività. In mancanza, si dovrebbe promuovere col Comune di residenza la formulazione di un Progetto individuale, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 14 della legge n. 328/2000 con, eventualmente, la presenza anche di “un rappresentante dell’istituzione scolastica interessata”, come stabilito dall’art. 6 un docente della classe del decreto legislativo n. 66/17.


Un ragazzo disabile che compie 22 anni a ottobre e frequenta il 5 anno di scuola secondaria può essere bocciato e ripetere il quinto?

La valutazione degli alunni con disabilità, come stabilisce la normativa vigente, è effettuata dal Consiglio di classe sulla base del PEI, che contiene obiettivi di apprendimento “definiti sulla base delle effettive capacità e potenzialità dell’alunno stesso. Se gli obiettivi risultano essere non adeguati, si riscrivono durante l’anno scolastico (aumentandoli o riducendoli). Difficile, quindi, pensare che nel PEI siano stati inseriti obiettivi non raggiungibili.  Il Consiglio di classe è autonomo nel deliberare l’eventuale non ammissione alla classe successiva se dispone di valide motivazioni. Bocciare un alunno perché “con disabilità” si configura come una discriminazione nei confronti dello studente.  Non sussistendo motivazioni, lo studente sarà ammesso all’esame di Stato, conseguendo il diploma o l’Attestato coerentemente con il percorso svolto.  Piuttosto che far ripetere un anno allo studente, che perderebbe tempo ed anche i compagni di classe, sarebbe opportuno contattare dei centri di formazione professionale al fine di avviarlo, secondo le sue possibilità, al mondo del lavoro, dopo averlo iscritto alle liste speciali di collocamento.


Un bimbo che si iscrive ad una scuola dell’infanzia di un comune diverso da quello di residenza ha diritto ad avere il trasporto gratuito? Chi si accolla eventualmente la spesa? 

Si tenga presente che l’art. 28, comma 3, della legge 118/71 attribuisce al Comune di residenza la responsabilità di garantire il servizio di trasporto “gratuito”, al fine di garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità. Anche il Consiglio di Stato, nel Parere n. 403 del 15 marzo 2021, ha confermato tale indicazione, ricordando che, proprio perché finalizzato a garantire il diritto allo studio, il servizio di trasporto deve essere garantito dal Comune di residenza in forma gratuita (come stabilito dalla l. n. 118/71). Altre Sentenze ribadiscono tale principio; anche nel caso di trasporto fuori Regione. La stessa legge n. 328 del 2000, all’art. 6, conferisce al Comune di residenza la responsabilità degli interventi di assistenza ai propri cittadini. Vi sono, infine, casi in cui il comune di residenza si accorda con il Comune, ove ha sede la scuola, per una diversa ripartizione dei costi. Per un approfondimento, suggeriamo di consultare la scheda elaborata dall’avv. Nocera e pubblicata a questo link: https://www.aipd.it/site/scheda-scuola/663-il-consiglio-di-stato-ribadisce-la-gratuita-del-trasporto-scolastico-parere-403-21/


All’interno di una classe di un Istituto secondario di secondo grado (es: 4X) è presente una studentessa con disabilità. Tale classe, per alcune discipline (es: Italiano e Storia), si articola con un’altra classe (es: 4Y). Il docente incaricato su posto di sostegno, come da orario settimanale, è presente anche durante le ore in cui le due classi sono unite (es: Italiano e Storia). Considerato quanto sopra esposto, la L. 104/92 art. 13 comma 6 ed il D.P.R. 122/09 art.2 comma 5, il docente incaricato su posto di sostegno dovrà partecipare anche ai Consigli di classe ed agli scrutini della classe 4Y?

È da tener presente che il docente per il sostegno è contitolare nella classe dove è iscritto l’alunno con disabilità, ovvero della classe o delle classi alle quali è stato formalmente assegnato dal Dirigente Scolastico. Da quanto si deduce l’unione delle due classi soddisfa una progettualità strutturata dai. Consigli di classe (che possono sicuramente prevedere attività fra gruppi di classe). Se, dunque, la docente incaricata su posto di sostegno è stata formalmente assegnata, come scritto, alla sola classe 4X, allora, in quanto contitolare, deve partecipare agli scrutini di tale classe (e non dell’altra) ed anche a tutte le attività di programmazione e di verifica della classe.  Nel caso in cui fosse stata formalmente assegnata anche alla classe 4Y, chiaramente dovrà partecipare alle attività di scrutinio di detta classe (ribadiamo: solo se formalmente assegnata dal DS o su posto disciplinare oppure su posto di sostegno, in quanto nella classe citata, se assegnata su posto di sostegno, risulta iscritto alunno con disabilità).


Sono una docente di scuola primaria. Nella mia scuola verrà trattenuto un alunno disabile in gravità in classe quinta. Il dirigente, per l’ anno prossimo, prevede che all’ alunno essendo molto grave non sia assegnata una classe, ma che sia affidato ai docenti di sostegno e “che l’ alunno appartenga a tutta la scuola”. Vorrei sapere se è possibile che un alunno non abbia un gruppo classe.

Tutta la normativa italiana, dal 1971 ad oggi, è orientata all’inclusione degli alunni con disabilità nelle “classi comuni” delle scuole di ogni ordine e grado (art 12 comma 2 della legge n. 104/92); pertanto l’alunno deve assolutamente essere assegnato ad una  classe e affidato alla responsabilità professionale e giuridica di tutti i docenti di quella classe. L’art 14 comma 1 lettera C della stessa legge prevede la possibilità delle classi aperte, ma questa è una organizzazione della scuola, che vede coinvolti tutti gli alunni delle classi interessate, secondo un progetto approvato dal Collegio docenti e reso noto a tutte le famiglie (nel Piano dell’Offerta formativa triennale).  Per quanto concerne la documentazione, sono i docenti della classe, alla quale è iscritto l’alunno, che, insieme ai genitori e agli specialisti, provvedono alla formulazione del Piano Educativo Individualizzato. Sono infine i soli docenti della classe alla quale l’alunno è iscritto a provvedere alla valutazione periodica e finale dell’alunno. In conclusione, premesso che gli alunni con disabilità devono essere valutati coerentemente con i criteri di valutazione inseriti nel PEI, formulato proprio a partire dalle capacità e potenzialità dell’alunno, si tengano presenti i principi promossi anche dal decreto legislativo n. 62 del 2017, che riguarda il tema della valutazione. Il d.lgs. 62/2017 stabilisce, infatti, che “l’ammissione alla classe successiva o alla prima classe di scuola secondaria di primo grado” avvenga “anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione” (art. 3); lo stesso provvedimento  statuisce che solamente “in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione” i docenti della classe, con decisione assunta all’unanimità, possono valutare se non ammettere l’alunna o l’alunno alla classe successiva (art. 3 del d.lgs. 62/2017). La normativa vigente, in altre parole, dispone che nella scuola Primaria si ricorra alla ammissione ovvero alla non ammissione alla classe successiva e non al trattenimento.  Si tenga infine presente che perdere i compagni della propria classe, interrompere la relazione con i coetanei, può indurre a disorientamento; culturalmente poi si consoliderebbe l’idea che nascere con disabilità significa “dover restare indietro”. Mario Tortello affermava “Pensami adulto”: ed è questo atteggiamento culturale che contribuisce alla concreta realizzazione del Progetto di Vita dell’alunno. 


Sono  la F.S. per l’inclusione per la Scuola Secondaria di I grado di un  I.C. Nella nostra scuola quest’anno abbiamo adottato il nuovo modello del PEI; fino allo scorso anno la documentazione richiesta  dall’ USP per gli alunni con il sostegno (oltre al PEI)  erano la Richiesta di riconferma della deroga (parziale o totale) da redigere, di solito, nel mese di marzo e, per la fine dell’anno scolastico, la Relazione finale. Quest’anno la Relazione per riconferma della deroga non è stata richiesta. Per la fine di maggio deve essere revisionato il PEI e consegnato alla fine di giugno. La mia richiesta riguarda la Relazione Finale dovrà essere redatta anche quest’anno o la revisione finale del PEI la rende inutile?

In seguito alla Sentenza del Consiglio di Stato quanto previsto dal Decreto Interministeriale n. 182/2020 è da applicarsi dal 26 aprile 2022; pertanto sono da svolgere gli adempimenti ivi previsti. In tal senso, basta la verifica del PEI di fine anno con la richiesta delle risorse per l’anno successivo, salvo differenti indicazioni da parte del Ministero.  Si ricorda che l’art. 19 comma 7-bis del d.lgs. 66/2017, come riformato dal d.lgs. 96/2019, stabilisce che quanto previsto dall’art. 7 (che riguarda per l’appunto il cosiddetto nuovo PEI) va applicato unicamente agli alunni con disabilità nel passaggio di grado scolastico. 


Mio figlio di quasi 15 anni frequenta la prima superiore. Quasi 3 anni fa, quasi alla fine della I media, ha avuto un’emoraggia cerebrale per rottura di una malformazione, con asportazione di materia cerebrale nel lobo frontale destro. Nel 2020 gli è stato riconosciuto un handicap grave art 3 comma 3 con accompagnatoria (revisione a fine2021 rinnovata fino a fine 2022) e da quest’anno scolastico ha 18 ore di sostegno (divise tra 2 insegnanti) e ha un educatore domiciliare. Con la redazione del PEI, mettendo al corrente dei problemi comportamentali e di salute, abbiamo scelto il programma semplificato ad obiettivi minimi perché ,nonostante i gravi deficit di memoria, lettura e comprensione,scrittura, attenzione e concentrazione, ha dimostrato che l’intelligenza è stata abbastanza preservata. Dopo un primo quadrimestre che sembrava essere trascorso nei migliori dei modi con voti più che sufficienti e soprattutto la felicità (finalmente) di mio figlio d’andare a scuola, ora che siamo quasi al termine del II quadrimestre, come genitori non sappiamo come risolvere la situazione. Purtroppo con l’inizio del 2022 non riuscendolo a seguire personalmente sono emerse le criticità di Nicola. Neuropsichiatra ed educatore mi hanno fatto capire che non dovevo sobbarcarmi io il peso della scuola e si è deciso di parlare con i prof per ricordargli che ha un PEI, e che DEVONO dargli le verifiche semplificate ora che il programma è più difficile e lui si trova più in difficolta’, più tempo per terminare le verifiche se necessario e non richiedergli troppo impegno a casa perché la scuola assorbe la maggior parte delle sue energie:purtroppo hanno partecipato solo la neuropsicologa ,il coordinatore di classe e una sola professoressa di sostegno. Se gli fossero stati dati i giusti supporti di cui ha diritto non saremmo in questa situazione..

È fondamentale che allo studente siano garantite tutte le tutele a supporto del diritto allo studio, secondo quanto la norma fissa a favore degli alunni con disabilità.  Per questo le suggeriamo di chiedere un’urgente convocazione del GLO, con la presenza degli specialisti che seguono l’alunno, ed anche del Dirigente scolastico. In tale sede il medico dovrà descrivere, nel dettaglio, le effettive condizioni di salute di suo figlio e le ricadute anche dal punto di vista psicologico, nonché in relazione alle prestazioni che, in ambito scolastico, posson presentare criticità. Inoltre andrebbe ricordato che, a fronte del percorso personalizzato adottato dalla scuola, che consentirà a suo figlio di conseguire il diploma, i docenti devono predisporre (obbligatoriamente e non perché fanno un favore a suo figlio) verifiche coerenti con le capacità del ragazzo, di valore equipollente, e affrontabili; questo significa anche una riduzione delle prove oppure un aumento dei tempi, come pure la possibilità, per suo figlio, di fruire di ausili e/o sussidi. In realtà tutto ciò dovrebbe essere già presente nel PEI, che deve essere rispettato da parte di ogni docente (non può esistere inadempienza in tal senso). Ovviamente  è necessario che i docenti disciplinari sappiano  e conoscano come si predispongono e si applicano le prove equipollenti (il cui riferimento normativo è indicato all’art. 6 comma 1 del DPR 323/1998). Per quanto riguarda il supporto a casa, le suggeriamo di non rinunciare a sostenere suo figlio: è importante che possa essere supportato e se il suo aiuto, fino ad oggi, si è rivelato valido, perché sottrarlo? Sicuramente questo non significa che i docenti si affidino solo al suo lavoro; anch’essi devono agire coerentemente, aiutando suo figlio a studiare, semplificando le attività, supportandolo nella preparazione di mappe o di quanto necessario. Non rispettare il PEI o non supportarlo a scuola equivale a una forma di grave discriminazione, che deve essere assolutamente contrastata oppure perseguita (riferimento normativo: legge 67/2006). In sintesi è bene che lei continui a sostenere suo figlio, mentre a scuola i docenti devono fare la loro parte: ogni insegnante deve garantire a suo figlio, attraverso interventi educativo-didattici, il successo formativo, accompagnandolo nel percorso di formazione e applicando, rispettandoli, i contenuti del PEI. 


Vorrei sapere se esiste un termine entro il quale i consigli di classe possono deliberare la redazione di un pdp per uno studente con BES non certificato ai sensi della legge 170,  ma con disagio socioeconomico, culturale o psicologico.

La norma in materia di BES descrive nell’elenco della cosiddetta terza sottocategoria, che afferisce all’area dello svantaggio, le seguenti indicazioni: “svantaggio socio-economico, svantaggio linguistico e svantaggio culturale”. Nella terza sotto-categoria la norma non contempla lo svantaggio socio psicologico. 
Tanto premesso si fa presente che con la Nota Ministeriale 2563 del 2013 il Ministero ha detto chiaramente che “soltanto qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici, questo potrà comportare l’adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative”.  
Da ciò appare evidente che sono i docenti della classe a predisporre il PDP solo “nel momento in cui gli stessi siano concordi nel “valutare l’efficacia di strumenti specifici”; pertanto i tempi di predisposizione sono da individuarsi nel momento del riconoscimento, come formulato dalla Nota 2563/2013. 
La Nota poi aggiunge che “Non è compito della scuola certificare gli alunni con bisogni educativi speciali”, bensì “individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di particolari strategie didattiche”; anche in presenza di richieste da parte dei genitori, continua la Nota, richieste accompagnate da diagnosi che non corrispondano a certificazione di disabilità o di DSA, “il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo  cura di verbalizzare le motivazioni della decisione.”. La Nota poi precisa che la validità del Piano Didattico Personalizzato, elaborato per gli alunni riconosciuti con BES, ovvero appartenenti all’area dello svantaggio, “rimane comunque circoscritta all’anno scolastico di riferimento.”.
In altre parole, in merito alla tempistica, la norma puntualizzi “la durata dell’eventuale PDP” e non i tempi di attivazione dello stesso.
La norma non fa riferimento agli esami di Stato, le cui indicazioni sono dettate, ogni anno, da apposita Ordinanza Ministeriale. Si potrebbe ipotizzare una tempistica coerente con la fine del mese di marzo, ma chi può a priori indicare un tempo per uno svantaggio, come quello “socio-economico”, che, di fatto, potrebbe determinarsi nel mese di aprile?
Si tenga presente che, mediamente, per l’esame di Stato le indicazioni a favore di questi alunni sono limitati agli eventuali strumenti compensativi utilizzati nel corso dell’anno scolastico e indicati nel PDP.


Mio figlio ha lo spettro autistico di alto funzionamento,frequenta la seconda elementare (tempo pieno fino le 16.15) seguendo la programmazione scolastica annuale(senza adattamento personale). Fa la.terapia ABA. Ha l’insegnante di sostegno dalle 9 alle 13 (incluso orario di pranzo,durante quale dovrebbe essere seguito il training alimentare,ma non viene svolto correttamente,il che ha portato alla perdita parziale dei progressi ragiunti.) Si sono presentate delle problematiche durante le ore pomeridiane mentre il bambino resta con gli insegnanti curricolare ma anche durante le ore mattutine in cui l’insegnante di sostegno c’è. Nessuna di esse vuole assumersi la responsabilità per i comportamenti disadattivi che mio figlio ha acquisito al interno dell’istituto (quelle del mattino sostengono che il tutto accade di pomeriggio e viceversa). La mia domanda è: È previsto dalla legge la presenza dell’insegnante di sostegno pomeridiana? Quale sarebbe la variante migliore per mio bambino visto che è ben’inserito nel gruppo classe? Sono già stata avvisata dai insegnanti che nel GLHO richiesto da me sarà messo in evidenza che durante le ore pomeridiane non è possibile seguire mio figlio visto che si trova con un solo insegnante curricolare il quale non riesce a dedicarsi a lui personalmente nemmeno per pochi minuti. Premesso che la classe ha 9 alunni e mio figlio ha solo difficoltà di attenzione e concentrazione, dove è più che sufficiente fermarsi vicino a lui per 60-90 secondi e svolge tutta l’attività assegnata. 

È il GLO che stabilisce quante debbano essere le risorse necessarie affinché possa essere garantito il diritto allo studio di suo figlio. Considerato poi che la classe è costituita di soli 9 alunni, davvero risulta improbabile ed anche inverosimile che il docente in servizio durante il pomeriggio dichiari di non “riuscire” a lavorare anche con lui; tanto più che, da come lei afferma, è sufficiente accompagnarlo per 60-90 secondi, un tempo più che minimo. 
Chieda che al GLO in programma partecipi anche il Dirigente scolastico, affinché possa ricordare al docente in servizio durante il pomeriggio che deve intervenire per supportare suo figlio (sussistono tutte le condizioni affinché possa farlo e farlo bene). 
Per disporre, invece, di alcune ore di sostegno durante il pomeriggio è necessario che la docente incaricata su posto di sostegno non effettui il servizio durante il tempo-mensa, bensì di pomeriggio. Per la mensa, invece, in cui è necessario un supporto per il “training alimentare”, è possibile o nominare un collaboratore scolastico, dato che il CCNL del 2003 e successive integrazioni prevede che anche i collaboratori possano svolgere assistenza alle mense, oppure richiedere al Comune una figura addetta all’assistenza all’autonomia personale (che non può essere un docente). 
In sede di GLO affrontate le questioni esposte, indicando, come necessaria, la presenza dell’assistente, da richiedere al Comune (anche ad anno scolastico avviato), oppure del collaboratore o della collaboratrice scolastica (come da contratto).


Sono un’insegnante di sostegno di una scuola superiore. Quest’anno accompagnerò due i miei studenti al fatidico esame di Stato. Uno studente segue un percorso semplificato e conseguirà il diploma, l’altro studente segue una programmazione differenziata ed otterrà l’attestato dei crediti formativi. Anche per quest’anno è prevista la compilazione del curriculum dello studente che viene in parte preparata dalla scuola in parte è riservata per la compilazione allo studente stesso. Vorrei avere delucidazioni a riguardo: per lo studente che otterrà il diploma credo proprio che il curriculum dovrà essere redatto in ogni sua parte, ma per lo studente che segue una programmazione differenziata e che otterrà l’attestato dei crediti dovrà essere allo stesso modo compilato il curriculum dello studente?   Ci sono situazioni di percorsi differenziati molto diversi, ci sono ragazzi che hanno delle difficoltà più o meno gravi e generalizzare mi sembra riduttivo; confrontandomi a scuola mi sembra di aver capito che soltanto per  chi ottiene il diploma la scuola dovrà predisporre il curriculum. 

L’art 21 del decreto legislativo n. 62/2017 stabilisce che “al diploma”, rilasciato agli studenti in esito al superamento degli esami di Stato, venga allegato il “Curriculum” dello studente o della studentessa.  Non vi è distinzione tra gli alunni. Quindi anche per gli alunni per i quali è stato adottato il PEI differenziato deve essere predisposto e rilasciato il Curriculum, da consegnarsi, come allegato, all’Attestato. Ovviamente esso riguarderà ciò che lo studente ha fatto e quello che sa fare, anche in funzione di una sua possibile iscrizione ai corsi di formazione professionale o all’ingresso nel mondo del lavoro.  Anche per coloro per i quali non sussistessero condizioni di accesso al lavoro, in considerazione delle effettive capacità possedute, ha diritto al Curriculum ai fini dell’attuazione del Progetto di vita, di cui il percorso scolastico è parte integrante ed essenziale, come stabilito dall’art. 6 del decreto legislativo n. 66/2017. La parte riservata allo studente potrà essere compilata con il supporto dei docenti ovvero della famiglia. Portale: https://curriculumstudente.istruzione.it/ (Normativa di riferimento correlata al Curriculum: D.lgs. 62/2017; D.M. 88/2020, Nota 7116/2021).


Sono un’insegnante della scuola dell’infanzia e pedagogista clinica. Lavoro nella scuola da 12 anni e ogni anno scolastico si riaffaccia il problema relativo alla sostituzione delle insegnanti di sostegno in caso di assenza. Negli anni scorsi ho comunque trovato coordinatori impegnati a risolvere ” il meglio possibile” ( si cercavano disponibilità dell ultimo minuto, qualche collega si fermava alcune ore in più, ecc). Quest’anno mi trovo in una scuola dove la coordinatrice ritiene che non sia sostituibile la docente in caso di ferie, di malattia per pochi giorni e altro; anzi lamenta il fatto che noi insegnanti della sezione continuiamo a chiedere la sostituzione del personale.  Anche di recente ho avuto un confronto acceso dove io sostenevo che è diritto del bambino avere le ore assegnategli; inoltre costringere la sezione dei bambini dell infanzia a chiudersi in aula e l’insegnante fare mera sorveglianza (nel nostro caso si tratta di un bambino con una grave forma di autismo) è una mancanza grave per tutti i soggetti coinvolti. Ho già scritto due mail al dirigente sottolineando la mia contrarietà a questa situazione. Ma senza alcun riscontro. Come potrei essere più incisiva secondo voi? Quali sono le normative che obbligano o sollecitano il dirigente a coprire le assenze delle insegnanti di sostegno? 

Sino a qualche tempo fa vi erano circolari che impedivano la nomina di supplenti prima di 5 giorni nella scuola dell’Infanzia e Primaria e prima di 15 giorni nella secondaria di primo e di secondo grado. In seguito, esattamente l’8 novembre 2010, è stata emanata la Nota n. 9839 in base alla quale dopo il primo giorno di assenza deve essere nominato il supplente. Per approfondimenti può consultare l’apposita scheda predisposta dall’avv. Nocera, che è la n. 314, al link http://www.edscuola.it/archivio/handicap/scheda_314.pdf


Sono un insegnante e vorrei chiedere se la scuola può accettare l’iscrizione di un bambino di scuola dell’infanzia, certificato con comma 3 art. 3 legge 104/92, per l’anno in corso oltre la metà di Marzo, senza disponibilità  di ins. di sostegno?

Per gli alunni con disabilità la frequenza della scuola dell’infanzia è un diritto, come stabilito dall’art. 12, commi 1 e 2, della legge n. 104/92. Per la Corte costituzionale, inoltre, la frequenza della scuola a partire da quella dell’infanzia è per gli alunni con disabilità un diritto costituzionalmente garantito. Pertanto, l’alunno con disabilità deve essere accettato a scuola, anche ad anno scolastico avviato, e deve avere assegnato un docente per le attività di sostegno secondo il numero delle ore che il GLO indicherà nel PEI. Ovviamente il docente incaricato su posto di sostegno potrà essere un supplente temporaneo nominato sino alla fine delle lezioni.


Sono la mamma di una bimba sorda profonda con impianto cocleare bilaterale, L. 104 comma 3. Ha 5 anni e mezzo e frequenta l’ultimo anno di scuola dell’infanzia. Ha avuto per tre anni l’assistente alla comunicazione ma mai l’insegnante di sostegno. Parla bene e sente bene. La neuropsichiatra le ha fatto fare tutte le prove cognitive e risulta:- Q.i. Perfettamente in linea con l’età – nessun deficit/problema cognitivo- nessuna difficoltà verbale e udito ben compensato con impianti cocleari, eccetto lieve difficoltà nella riproduzione di non-parole trisillabe (difficoltà non emersa invece nella stessa tipologia si prova fatta in altra struttura). Per questi motivi, per l’ingresso a settembre nella scuola primaria  non sarà richiesto l’insegnante di sostegno ma il solo assistente alla comunicazione. Chiedo dunque se per la mia bambina dovrà essere stilato un PDP oppure Un PEI. G

È la certificazione che dà diritto al riconoscimento di “alunno con disabilità” e da questa dipendono tutti gli altri diritti. Il primo è il PEI (piano educativo individualizzato), che è indispensabile in quanto, in base a quanto in esso riportato e concordato, si avrà diritto alle figure professionali necessarie e al relativo numero di ore richieste per ciascuna eventuale figura. Il docente per il sostegno, quindi, è conseguenza di quanto scritto nel PEI. Se nel PEI viene concordato di non chiedere ore di sostegno (docente), non sarà richiesto; infatti si può legittimamente fare a meno di queste ore. Invece non si può fare a meno del PEI, perché esso contiene molti altri diritti, quali, per esempio, prove di verifica e criteri di valutazione personalizzati, eventuali ausili e/o sussidi, ecc. 


Mia figlia è affetta da grave handicap cognitivo per cui viene seguita alle scuole medie da un insegnante di sostegno. La stessa insegnante di sostegno è assente per malattia da due giorni e probabilmente lo sarà ancora pwr molti giorni. La scuola non ci ha comunicato nulla e stamattina ci hanno detto che la bimba sarà seguita dall’insegnante curricolare. Vorrei sapere se ciò corrisponda a quanto normativamente previsto in quanto non hanno mostrato di adoperarsi celermente per la nomina di un insegnante di sostegno che sostituisca quello assente.

Tenga presente che i docenti curricolari, anche quando il docente incaricato su posto di sostegno è in servizio, devono sempre insegnare a sua figlia, perché anche loro sono docenti di sua figlia. Tanto premesso, va precisato che quando il docente incaricato su posto di sostegno è assente, deve essere immediatamente sostituito da supplente, almeno a partire dal giorno successivo alla sua assenza (Nota 9839 dell’8 novembre 2010, Supplenze temporanee docenti). 


Sono la madre di una ragazza  di 15 anni che frequenta il liceo artistico,sta facendo valutazione per Apserger, si sospetta anche sindrome da evitamento delle richieste, precedentemente certificata ADHD più dsa e certificata da noi nel disturbo dell’umore.104comma  1, solo nove ore di sostegno. Dall’inizio dell’anno non sempre è riuscita ad andare a scuola per continui up and down dovuto da crisi depressive, per questo mi hanno assicurato che le ore di assenza non verranno contate nella valutazione scolastica. Adesso, sempre per motivi inerenti la sua condizione non esce più di casa e quindi non può frequentare. Ho chiesto alla dirigente se era possibile attivare la DAD per non farle perdere le spiegazione ed accumulare giorni di assenza ma non  star accettata, mi hanno risposto che la DAD viene attivata solo per il Covid. Ho chiesto se le interrogazioni potevano essere convertite in compiti che poi avremmo consegnato, anche questo ci è stato risposto di no. Possibile che non si possa fare nulla per sostenere mia figlia? Fra venti giorni avremo un Pei intermedio per fare richieste specifiche L sua condizione, se non venissero accolte cosa posso fare? 

Faccia presente alla Dirigente scolastica che gli alunni con disabilità hanno diritto al PEI, cioè ad un progetto didattico personalizzato che tenga conto dei personali bisogni educativi, diversi per ciascuno. Pertanto nel caso di sua figlia, le cui problematicità risultano dalla certificazione, dalla Diagnosi Funzionale, riprese poi nel Profilo Dinamico Funzionale documento quest’ultimo che, in base alla normativa vigente, è stato aggiornato a conclusione dell’ultimo anno di scuola secondaria di primo grado, e coerentemente con quanto fissato dall’art. 12 comma 9 della legge 104/92 e dall’art. 16 del D.lgs. 66/17, la scuola, nella sua autonomia organizzativa e didattica, sancita operativamente dal DPR n. 275 del 1999, può stabilire che per la studentessa, indipendentemente dalla situazione pandemica, possa fruire della didattica a distanza, proprio per le questioni esposte. Al riguardo, si rammenta che l’art. 16 del citato decreto legislativo n. 66/2017, concernente l’istruzione domiciliare, prevede che essa possa essere attivata anche tramite dispositivi informatici. Quanto alle valutazione la scuola, sempre nell’ambito della propria autonomia organizzativa e didattica, può decidere di avvalersi di “prove equipollenti” in forza dell’art 16 comma 3 l.n. 104/92, che sono le stesse indicate nell’art 20 del decreto legislativo n. 62/2017 dove sono definite “prove riconducibili a quelle ufficiali”.  In realtà le prove possono essere espletate anche tramite collegamento telematico, come avviene e avvenuto durante la Dad. Pertanto l’alunna ha diritto a seguire le lezioni e ad essere valutata coerentemente con le capacità presenti, nel rispetto della particolare situazione di salute.  Qualora ciò non dovesse avvenire, la scuola incorre in forme discriminatorie nei confronti di sua figlia, discriminazione vietata dalla l.n. 67/06, la cui applicazione, a seguito di eventuale ricorso della famiglia, comporta per la scuola non solo la cessazione della discriminazione, ma anche la condanna al risarcimento dei danni “non patrimoniali”, derivanti cioè dal solo fatto della discriminazione. La giurisprudenza, anche recentissima, ha già pronunciato sentenze di condanna in tal senso. Pertanto, nel fare riferimento a queste informazioni, le suggeriamo di provare a dialogare da subito, con garbo, con la Dirigente scolastica, sottoponendole la normativa citata; qualora vedesse irrigidimento, le faccia presente la normativa antidiscriminatoria. Se non bastasse, prima di fare ricorso al Tribunale civile, provi a chiedere l’intervento del Referente regionale per l’inclusione scolastica, operante presso l’Ufficio scolastico regionale della sua Regione.


Scriviamo in qualità di referenti  area B.E.S. di una scuola secondaria di I grado. Quest’anno scolastico abbiamo accolto un alunno con un quadro diagnostico piuttosto complesso, il ragazzo ha la sindrome di Angelman, con capacità comunicative molto limitate ed esclusivamente veicolate attraverso il programma Sym Writer e quindi la CAA. L’alunno purtroppo ha anche  delle difficoltà comportamentali, con frequenti atteggiamenti aggressivi.Sin dal primo giorno, i docenti del consiglio di classe e soprattutto il docente di sostegno assegnato, hanno avuto frequenti occasioni di confronto con la famiglia, allo scopo di agevolare al meglio l’inserimento dell’alunno all’interno della classe e dare inizio ad una programmazione condivisa.Inoltre, fino alle festività natalizie, anche per insistenza dei genitori, l’insegnante di sostegno si è interfacciata con la colleghe di sostegno e curriculari della scuola primaria frequentata dallo studente, proprio per creare un ambiente di apprendimento e inclusione sempre più consono, mettendo in pratica tutti i consigli che venivano dati, dal momento che non si conoscevano bene le sue dinamiche apprenditive e comportamentali.Malgrado ciò, la comunicazione con la famiglia è risultata da subito molto difficile poichè essa ha sempre additato i docenti come gli unici responsabili delle disfunzioni comportamentali messe in atto dallo studente; analogamente dicasi per le scelte didattiche adottate: sempre non adeguate alle potenzialità e alle capacità da loro paventate.La scuola, a fronte di ciò, ha fatto svariati tentativi per migliorare questo stato di cose: in primis, ha contattato lo specialista di riferimento, facendosi guidare nell’assimilazione delle strategie educative adottate, degli strumenti prescelti, così da renderli spendibili, fruibili, seppur in altro ambito, quale appunto quello didattico. Ciò è avvenuto, la scuola si è organizzata creando spazi e strumenti appositamente dedicati, con tutte le risorse umane possibili: docenti, assistenti etc. Ciò nonostante, il gap fra gli obiettivi didattici attesi dalla famiglia e le reali possibilità oggettivamente verificate dai docenti, si allarga sempre più, fino a creare delle vere spaccature fra le due parti, sia dal punto di vista programmatico che  educativo. Il risultato è che la famiglia richiede frequenti riunioni con il consiglio di classe (G.L.O.), allo scopo di sostituirsi alla professionalità docente, indicando le linee programmatiche e le modalità di attuazione. Eppure, allo stato attuale, i docenti hanno acquisito sufficiente esperienza per affrontare didattica e modalità di comportamento nella gestione della specifica disabilità e vorrebbero avere tempo e modo per dimostrarlo; il tutto però continua a passare in secondo piano per i genitori che non accettano assolutamente che i docenti possano avere un’autonomia nell’affrontare la vita scolastica del loro figlio.A fronte di tutto ciò le chiedo dei riferimenti normativi che  regolano questi incontri scuola-famiglia e quelli relativi all’autonomia didattica della professionalità docente, dal momento che fino ad oggi, la nostra disponibilità ed il buon senso, non sono serviti ad infondere nella famiglia alcuna fiducia. 

Purtroppo casi del genere sono frequenti nelle scuole, specie nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado. Comunque, è indispensabile che cerchiate una mediazione; ciò potrebbe avvenire tramite l’associazione di persone con disabilità alla quale la famiglia è iscritta. Se la famiglia non ha alcun collegamento con un’associazione, chiedete ai genitori  se accettano che al GLO partecipi un esperto appartenente a tale associazione e che abbia competenze per supportare il confronto e favorire non solo la comunicazione, ma anche l’Alleanza scuola-famiglia. Questo potrebbe ridurre la situazione di conflitto o, almeno, contenerla; se, invece, la famiglia appare irremovibile sulle sue posizioni, allora è indispensabile che all’incontro del GLO sia invitato un Dirigente tecnico, competente nel campo dell’inclusione, per far comprendere alla famiglia che, per quanto concerne l’insegnamento, i docenti hanno libertà tutelata dalla legge e che il dovere di valutare spetta esclusivamente a loro, fermo restando il loro obbligo di motivare in modo esauriente le decisioni di valutazione assunte.


Un dirigente può togliere un insegnante di sostegno (a tempo determinato) da un caso sol perché non ha potuto completare il ciclo vaccinale in quanto soggetto fragile? Le è stato comunque rinnovato il green pass fino a fine maggio. Il caso è una bambina autistica grave con la quale si è instaurato un buon rapporto, il dirigente vorrebbe spostare l’insegnante sul potenziamento.

La normativa sull’obbligo vaccinale per chi lavora, specie a contatto col pubblico, è assai rigida, anche nei confronti dei lavoratori che, per motivi di salute, non possono sottoporsi a vaccinazione; tali lavoratori possono svolgere attività alternative. C’è da chiedersi come mai la scuola abbia assegnato la docente all’organico di potenziamento che, in ogni caso, comporta contatti con il pubblico. Ed anche: perché adesso, nel mese di marzo, quando l’obbligo è stato introdotto nel dicembre scorso? Le suggeriamo di accertare, presso il dirigente scolastico, la motivazione dello spostamento, consultandosi con i sindacati di categoria.


Sono un’insegnante di sostegno specializzata, faccio parte dell’ istituto in cui lavoro dal 1 settembre 2021; in questi giorni bisognerà presentare la domanda per la graduatoria interna dell’istituto, ci è stato comunicato che ci saranno dei perdenti posto. Vorrei sapere se io rientro nei perdenti posto o la graduatoria del sostegno è a parte?

Se lei ha la nomina come titolare a tempo indeterminato su posto di sostegno ed è l’unica con tale incarico, potrebbe risultare perdente posto solo se l’alunno con disabilità lascia la scuola in cui lei presta servizio. Si informi, comunque, per sapere se nella sua scuola è assegnato un docente attualmente “distaccato”. Dovrebbe, infatti, valutare anche questa evenienza.


Sono un insegnante di sostegno nella scuola superiore di secondo grado.
Purtroppo, negli anni, si pone periodicamente il problema della preparazione delle verifiche per gli alunni che seguono gli obiettivi minimi.
Ci sono colleghi che predispongono le verifiche facilitate senza preventivamente condividerle e visionarle con il docente di sostegno,  cui vengono mostrate direttamente il giorno della prova.
Sono ben consapevole che la ratio dell’intera disciplina sul sostegno degli alunni con disabilità si muova in ben altra visione della massima collaborazione e condivisione tra docenti curricolari e di sostegno.
Questi ultimi, infatti, conoscono meglio le specificità e i meccanismi di funzionamento e di apprendimento degli alunni che seguono, sì da poter valutare l’adeguatezza o meno della consegna, sempre all’interno di un rapporto di lealtà e correttezza verso il collega curricolare.
Inoltre, possiede preparazione e competenze specifiche, oltre che esperienza, per facilitare le prove di verifica a vario livello.
Vorrei avere, in conclusione, un Vostro parere sul diritto del docente di sostegno di visionare preventivamente le prove di verifica scritte, oltre che di poterle predisporre, integrare e, in generale, condividerle con il docente della materia e di come poter fare per rimuovere le resistenze di certi colleghi.
Esistono indicazioni normative specifiche sul punto da poter far presenti?

Tutta la normativa inclusiva ha voluto la nomina del docente per il sostegno, proprio al fine di “sostenere ” i docenti curricolari nello svolgere l’insegnamento delle loro discipline agli alunni con disabilità e nella valutazione dei loro risultati. Lo stesso docente è pure di sostegno agli alunni con disabilità nel recepire le modalità di apprendimenti e nell’aiutarli a comprendere il senso della consegna o dell’attività, affinché possano affrontarla serenamente.  È quindi naturale che vi debba essere un accordo tra i due non tanto sui contenuti (compito dei singoli docenti disciplinari), quanto proprio sulle modalità di esposizione/organizzazione degli stessi e di approntamento delle prove per valutarne i risultati apprenditivi (in questo caso il supporto del docente incaricato su posto di sostegno è importante, ferma restando la competenza dei docenti disciplinari circa i contenuti delle stesse prove, che comunque debbono essere coerenti con quanto espresso nel PEI concordato in merito agli obiettivi di apprendimento, alle conoscenze, alle modalità di verifica e ai criteri di valutazione. Per quanto concerne la valutazione essa deve basarsi sulle effettive capacità dell’alunno (art 16 commi 1 e 2 della l.n. 104/92 per il primo ciclo di istruzione e art 16 comma 3 per il secondo ciclo di istruzione, in cui è previsto in via esclusiva un PEI semplificato o un PEI differenziato).  La valutazione degli apprendimenti relativa ai contenuti del PEI semplificato si effettua tramite prove dette “equipollenti”, la cui definizione è fissata nell’art 6, comma 1, del DPR 323/1998 (… “che possono consistere nell’utilizzo di mezzi tecnici o modi diversi ovvero nello sviluppo di contenuti culturali e professionali differenti”); i docenti disciplinari debbono, coerentemente con quanto stabilito nel PEI, definire i contenuti delle prove equipollenti, che devono essere valutate tenendo conto delle capacità e delle potenzialità dello studente, secondo le modalità di valutazione previste nel PEI (art. 20, comma 1, del d.lgs. 62/2017). È il caso di ricordare che la valutazione ha carattere formativo e ha per oggetto non solo i risultati di apprendimento, ma anche il processo formativo. La valutazione, che ha finalità “formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo” degli alunni, documentando “lo sviluppo dell’identità personale” (art. 1 del D.lgs. 62/2017), viene espressa, formalmente, con un voto in decimi, che non può fermarsi al sei, ma che, in base all’esito delle prove, può arrivare, come per tutti gli alunni, a dieci. Durante le prove lo studente può avvalersi di ausili e/o sussidi, o di ogni altra forma di supporto, così come specificato nel PEI. Nella formulazione di tali prove, mentre il docente disciplinare fissa i contenuti secondo quanto stabilito nel PEI, il docente per il sostegno lo supporta nell’individuare prove che rientrino nelle capacità dell’alunno, strategicamente improntate, tenuto conto delle modalità utilizzate.


Ho ricevuto una convocazione per una supplenza sul sostegno. Sono stata chiamata da graduatorie incrociate e non sono abilitata al sostegno.Vorrei sapere se è mio diritto sapere prima di firmare la presa di servizio qual è la diagnosi del ragazzo e se è un caso particolarmente difficile. 

La norma prevede che per essere assegnati con incarico su posto di sostegno i docenti debbano essere in possesso della specializzazione per le attività di sostegno (trattasi, infatti, di specializzazione e non di abilitazione). Esaurito l’elenco di sostegno è possibile individuare i destinatari dell’incarico fra coloro che siano privi di predetta specializzazione, esattamente come avvenuto per lei. Per ricoprire l’incarico sono richieste le competenze declinate all’art. 27 del CCNL di categoria, spesso sintetizzate con “psicopedagogicodidattiche”, competenze che garantiscono quei requisiti utili per lavorare con ogni alunno della classe (che, spesso, come è noto, possono anche presentare comportamenti complessi). Non è quindi la diagnosi dell’alunno oggetto dell’attenzione, bensì lo sono le sue competenze professionali. Lei, infatti, in quanto assegnata alla classe sarà impegnata a favorire e a promuovere il processo inclusivo, coordinandosi con i colleghi del Consiglio di classe o del Team docente. La segreteria, peraltro, non è tenuta a divulgare informazioni su dati particolarmente sensibili a persone estranee, come a un aspirante ad una supplenza, alla quale, invece, è doveroso comunicarli se accetta la supplenza, essendo, da quel momento, in quanto supplente, tenuta al dovere del segreto d’ufficio, sanzionabile penalmente, ed al quale, invece, non è tenuta sino a quando non accetta la nomina. Ora lei può accettare l’incarico come può rifiutarlo; questa è una sua decisione.


Sono una fisioterapista e lavoro nei servizi sanitari territoriali.
Con la nostra equipe seguiamo un bambino con Sindrome genetica rara con certificazione 104. Il bimbo a ottobre farà 6 anni e dovrebbe entrare alla scuola primaria, ma il suo ritardo globale non è compatibile con tale passaggio.
Abbiamo chiesto un trattenimento alla scuola dell’infanzia in accordo con i genitori e i servizi sociali.
Il dirigente scolastico non è d’accordo e vuole mandare avanti il bimbo sulla base di una decisione puramente numerica. Davanti alla relazione clinica che illustra le criticità del bimbo ha allora proposto il trattenimento ma in un’altra scuola dell’infanzia. Ma questo è possibile? O lo manda avanti o lo sposta di scuola?
C’è una normativa che tutela i bambini con handicap e che sostiene il loro percorso di crescita con gli obiettivi di continuità e inclusivita’?

L’attuale normativa stabilisce  rigidamente che l’obbligo scolastico scatta per tutti i bambini e per tutte le bambine al compimento del sesto anno di età. Solo per casi eccezionali, debitamente documentati, è consentito autorizzare, da parte del Dirigente scolastico, il ritardo di un anno nell’iscrizione alle scuola Primaria. Certo la condizione di disabilità non può considerarsi un caso eccezionale, perché allora tutte le decine di migliaia di alunni con disabilità potrebbero pensare di ritardare di un anno l’ingresso nella scuola Primaria. Solo se si dimostrasse che la particolare situazione di disabilità consiglia il ritardo, allora si potrebbe superare la  giusta resistenza del Dirigente scolastico. Tuttavia c’è da chiedersi come mai il dirigente, giustamente intransigente, lo sia solo per questa scuola, mentre sembrerebbe disponibile a una deroga se l’alunno fosse iscritto in un’altra.   Ciò lascia molto perplessi. Comunque la ragione fondamentale per la quale la normativa è così intransigente è che si vuole che l’inclusione avvenga tra coetanei, mentre il ritardo di uno o più anni rende maggiore la distanza di età e di atteggiamenti fisici e psicologici tra l’alunno con disabilità ed i suoi compagni, che diverrebbero più piccoli e quindi non sufficientemente stimolanti per la sua crescita. Si aggiungano a ciò sia l’interruzione della relazione fra compagni di sezione, con il disagio, per l’alunno con disabilità, di doversi rapportare a nuovi compagni, peraltro più piccoli per età e anche per interessi, sia le conseguenze su un piano culturale, che avallerebbero sempre più l’idea che nascere con disabilità significa restare “indietro”; si potrebbero evidenziare anche le ragioni pedagogiche, da sempre attente a porre attenzione, primariamente, all’alunno e alla necessità di rapportarsi e di crescere fra pari.


Sono la mamma di un ragazzino di 16 anni  con disturbo del comportamento,che frequenta il 2 anno  delll’istituto alberghiero, ad oggi mio figlio non legge e non scrive, l’unico suo interesse è quello di fare laboratorio sopratutto di Sala, infatti durante quelle ore lui è collaborativo e anche i professori riescono a lavorare bene, nelle altre è totalmente ingestibile. Il mio problema è che ho fatto richiesta al Dirigente di un aumento delle ore di laboratorio, ma mi sono state rifiutate con la motivazione che il ragazzino non è coperto dall’assicurazione oltre alle ore previste. Mi sono resa disponibile anche nel pagare l’assicurazione, ma mi è stato detto che non è possibile. Sono convinta,  così  come i professori di sostegno che per mio figlio possa essere un’alternativa a vivere la scuola in maniera serena….Cosa posso fare?

Sicuramente è importante che suo figlio fruisca anche di altre opportunità offerte dalla scuola, in altri momenti della giornata. Tuttavia è possibile, in sede di definizione del PEI, prevedere un monte-ore di laboratorio superiore a quello previsto nell’Offerta formativa della scuola, avendo attenzione che ciò si verifichi nelle ore in cui vi siano altre classi come la sua (nel corrente anno, le classi seconde), in modo che lui possa confrontarsi con dei coetanei. A queste ore si possono aggiungere ore di “simulazione di laboratorio”, da effettuarsi come “attività individualizzata programmata” nel corso delle lezioni ovvero come attività in piccolo gruppo eterogeneo, con alcuni compagni della classe o, direttamente in classe, creando uno spazio che lui possa utilizzare con calma e serenità, vivendo al tempo stesso quanto accade nella classe durante le ore di lezione teorica. Le simulazioni in classe possono cogliere, come contenuti, gli stessi trattati per i compagni. La risposta è nell’adottare una valida ed efficace didattica inclusiva da parte di “tutti i docenti della classe”, perché, è chiaro, un’organizzazione come quella proposta è possibile unicamente se tutti i docenti della classe collaborano attivamente.  A ciò va aggiunto che, coerentemente con la normativa vigente, il PEI è modificabile in ogni momento (si fa riferimento alle Linee guida ministeriali del 4 agosto 2009, all’art. 12 della legge n. 104/92, al DPR 24 febbraio 1994 e all’art. 7 del d.lgs. n 66/17). Pertanto, se il GLO individua come necessario per un maggior numero di ore di laboratorio, si procederà come nei punti già sopra descritti ovvero si può estendere l’assicurazione in modo che l’alunno possa fruire il maggior numero possibile di laboratorio. Si consideri, infine, che il diritto allo studio deve essere garantito esattamente come prevede la Costituzione. La motivazione di maggiori costi per la presenza di alunni con disabilità è prevista per legge e la scuola deve adeguarsi, pena ricorso per discriminazione ai sensi della l.n. 67/06.


Ho ritirato mia figlia maggiorenne dalla scuola pubblica per diverse problematiche tra cui mancata inclusione. La ragazza ha una disabilità cognitiva e nei primi due anni ha seguito una programmazione strettamente collegata alla classe ed è stato predisposto un Pei semplificato. Allo stato attuale sta proseguendo il suo iter di studio a casa (istruzione parentale) affiancata da professionisti privati e supportata da un centro studi. A giugno sosterrà l’esame di idoneità presso una scuola paritaria per l’ammissione alla classe IV. Il Pei è stato stilato dalla famiglia, dai professionisti privati e dal centro studi. Le mie domande in merito a questo percorso di studi sono le seguenti:
– Il Pei per essere valido ha necessità di essere firmato anche dall’Ausl?
– In mancanza dell’educatore durante gli esami di idoneità può essere sostenuta dalla madre che risulta insieme all’educatrice figura di sostegno nel Pei?
– La scuola, eventualmente anche pubblica in sede di esami di idoneità e anche di Stato deve attenersi al Pei elaborato dalla famiglia e dagli operatori privati?
– In sede di esame di stato chi prepara le prove equipollenti? Può contribuire anche la famiglia/educatori? Avendo necessità di sostegno durante gli scritti e gli orali (come segnalato nel Pei) durante le prove i sostegni abituali (genitore o educatore) possono affiancare la ragazza?

L’istruzione parentale comporta l’obbligo dell’alunno di presentarsi agli esami al termine di ogni anno scolastico per ottenere l’ammissione o meno alla classe successiva. La presenza dell’alunno agli esami configura concretamente l’ipotesi normativa di esame di un candidato privatista con disabilità, espressamente previsto dall’apposito DM 10.12.84, scritto per gli esami di “licenza media”, ma applicabile per analogia agli esami di maturità, come è sempre avvenuto dal 1984, data di emanazione del decreto che si allega. A seguito di tale norma, la famiglia deve prendere contatto per tempo con la scuola che sarà sede degli esami, per concordare i contenuti del PEI e le modalità di approvazione dello stesso, nonché tutti i diritti previsti  per gli studenti con disabilità, di cui all’art 16 comma 3 della l.n. 104/92 e all’art 20 del dlgs n. 62/17, compresa la nomina di un assistente  durante gli esami (che non può essere un familiare), tempi più lunghi, l’uso di ausili e/o sussidi e le prove equipollenti, la cui definizione è rintracciabile all’art. 6, comma 1, del DPR 323/1998, mai abrogato a differenza di altre norme dello stesso DPR. Se sorgono problemi con la scuola prescelta, torni a consultarci.


Vorrei avere i riferimenti normativi che regolano i rapporti scuola-neuropsichiatria.In sostanza vorrei capire se è possibile, da parte dei docenti di sostegno,  contattare la NPI per aggiornamenti sugli studenti in carico, o per consigli o chiarimenti in merito alla diagnosi o se per farlo ci vuole SEMPRE il consenso della famiglia? Qual è la normativa di riferimento?

La salute è costituita da dati particolarmente sensibili e quindi protetti dalla normativa, sia italiana che europea, sulla tutela dei dati personali. Pertanto senza il consenso dell’interessato, se maggiorenne, o di chi lo rappresenta, se minore o interdetto o sottoposto ad amministratore di sostegno, non è consentito a nessuno di accedere a tali dati o a persone o uffici che trattano tali dati. Normativa: Legge 60/2021. Decreto legge 139/2021. Decreto legislativo 101/2018. GDPR (General Data Protection Regulation – Regolamento europeo 2016/679).


Sono la mamma di un ragazzo ADHD/DOP  con 104 comma 3. Dopo aver scelto scuola superiore di 2° grado e l’indirizzo e aver ricevuto conferma che la domanda era stata accettata, la scuola mi chiama e mi dice che visto che nella stessa sezione ci sono due 104 con gravità  o noi o loro siamo fuori, ma se nessuno cede procederanno con estrazione. Ora noi siamo fuori, ma nessuno ha partecipato all’ estrazione vorrei sapere se tutto questo è  corretto e se loro possono obbligare mio figlio a fare qualcosa che non gli piace.

Questo comportamento è scorretto e illegale. L’eventuale rifiuto di un alunno con disabilità in soprannumero può essere formulato solo a fronte di certe condizioni legali, per questo
1) occorre verificare se in una delibera del Consiglio di Istituto o nel regolamento della scuola, pubblicato all’Albo dell’Istituto o nel sito web della scuola in data anteriore a quella di inizio della data delle iscrizioni scolastiche, sia stata prevista l’ipotesi da lei descritta nel caso in cui vi siano troppi alunni con disabilità iscritti alle prime classi. In questa ipotesi, il regolamento o la delibera deve prevedere espressamente i criteri di selezione degli alunni che rientrano nel numero massimo indicati per ciascuna classe;
2) e se manca una sola di queste condizioni, la scuola non può ricorrere all’estrazione a sorte, per giunta in privato.
Se mancano le condizioni descritte al punto n. 1 (Delibera del Consiglio di Istituto o Regolamento pubblicato e previsione esplicita dei criteri di selezione), la scuola non può rifiutare l’iscrizione di un alunno con disabilità, poiché tali alunni hanno tutti diritto di precedenza, secondo quanto stabilito dall’art 3 comma 3, ultimo inciso, della l.n. 104/92.
L’unica norma che fissava il numero massimo di alunni con disabilità in ciascuna classe, ovvero il D.M. n. 142/1999, è stata abrogata dal D.P.R. 81/2009 e quindi non è applicabile. 
Quindi solo se c’è la delibera di cui sopra, con le condizioni ivi indicate, allora si può fare una graduatoria e quindi escludere un alunno con disabilità. Ma anche in tal caso la scuola d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale ha l’obbligo di aiutare la famiglia a trovare una scuola, perché le prime due classi di scuola secondaria di secondo grado rientrano nell’obbligo scolastico.
Un mancato rispetto delle condizioni sopra indicate e un rifiuto ad aiutare la ricerca di altra scuola possono costituire oggetto di denuncia penale per abuso di potere e omissione di atti d’ufficio. In questi ultimi due casi però è bene rivolgersi ad un avvocato esperto.
Se invece si vuol far valere i propri diritti in sede civile o amministrativa, è bene rivolgersi prima al Referente regionale per l’inclusione scolastica operante presso il vostro Ufficio scolastico regionale e, in caso negativo, allora rivolgersi ad un avvocato civilista o amministrativista.


Sono la funzione strumentale di un istituto comprensivo. In merito alla circolare del 21 gennaio 2022 sulla presenza di alunni in presenza in casi di DAD per classe vorrei avere chiarimenti. Alla scuola primaria  un genitore ha fatto richiesta per suo figlio disabile in gravità di frequentare  la scuola in presenza mentre la classe è in DAD per la presenza di alunni positivi. L’ alunno ha effettuato il tampone ed ey negativo; inoltre  per la sua patologia non porta la mascherina, ed avendo già nel mese scorso contratto il covid non è in quarantena, ma in sorveglianza. In questo caso la scuola può garantire per lui la presenza a scuola senza mascherina FFP2? Inoltre questa circolare del ministero può essere discussa in collegio docenti deliberando modifiche in merito?

La Circolare interministeriale n. 71/2022 va coordinata con la recente normativa. Sino a tale data si deve rispettare il DL n.1/2022, secondo il quale gli alunni guariti dal virus debbono rispettare precisi termini prima di rientrare a scuola, siano essi con o senza disabilità.


Sono la funzione strumentale BES di un IC. Le scrivo perchè ho in organico un alunno con legge 104 comma 3 che sta frequentando la 3 media per la seconda volta su richiesta esplicita di entrambe i genitori e della npi (nonchè del Consiglio di classe). Ai fini dell’integrazione è stata strutturata un’aula adiacente la sua classe di appartenenza dove il ragazzo (che attualmente ha già compiuto 15 anni) lavora con la docente di sostegno insieme, a turni alterni, con alcuni compagni di classe. Sia i genitori dell’alunno che la sua neuropsichiatra infantile, sono propensi a trattenerlo nella scuola media fino all’età massima possibile. Io avevo letto di una normativa che permetteva ai ragazzi disabili gravi di poter essere alunni della scuola media fino al compimento del 18 anno di età e, se questo avveniva dopo l’inizio dell’anno scolastico, avevano il permesso di concludere l’anno scolastico. Le chiedo se c’è una normativa di riferimento perchè i genitori e la stessa neuropsichiatra sarebbero molto più tranquilli nel caso in cui il ragazzo (che non ha più molti margini di miglioramento didattico) potesse fermarsi nella scuola media fino ai 18 compiuti.

Le motivazioni con le quali viene formulato il quesito, danno immediatamente l’impressione che per quest’alunno la scuola sia vista solo come un parcheggio, dal momento che, fra l’altro, si dichiara non vi siano margini di miglioramento, in netto contrasto anche con gli assunti, riconosciuti in ambito scientifico; il quinto assunto, infatti, afferma che proprio grazie ai supporti, ovvero ai sostegni erogati, “il funzionamento della persona con disabilità intellettiva tende a migliorare”. La pedagogia e la stessa sentenza della Corte costituzionale, la n. 215 del 2017, dichiarano che “in età evolutiva non si può parlare di irrecuperabilità.” Fermo restando che la decisione di ammissione o di non ammissione alla classe successiva è da imputarsi esclusivamente alla responsabilità dei docenti del Consiglio di classe e non ad altri, pare opportuno richiamare l’importanza di una progettualità, ossia di una pianificazione del percorso, coerente, compito che viene assolto dal gruppo di lavoro nella sua interezza. Pertanto si invitano il Consiglio di classe, gli operatori socio-sanitari e la famiglia ad impostare un PEI, in cui siano indicati obiettivi, nell’ottica del Progetto di vita, che, durante l’anno, partendo dalle capacità e dalle potenzialità effettive dello studente, possano lievemente aumentare sino a raggiungere a fine anno il massimo possibile, che potrebbe anche configurarsi in un potenziamento delle abilità possedute. È noto, e gli studi e le ricerche del settore lo confermano, che a fronte di intenzionali azioni educative e mediante metodologie e/o strategie didattiche inclusive, gli apprendimenti sono sempre promossi. La progettualità inclusiva, definita e concordata nel PEI-Progetto di vita, consentirebbe allo studente di concludere il percorso nella secondaria di primo grado e di accedere, insieme ai coetanei, alla secondaria di secondo grado, dove il PEI sarà comunque sempre strutturato a partire dalle sue effettive capacità e potenzialità. Questo consentirebbe, nel percorso quinquennale del secondo grado, non solo di approfondire e potenziare i suoi apprendimenti, ma anche di aiutarlo a crescere nella socializzazione con gli stessi compagni che lo conosceranno sempre meglio e quindi potranno aiutarlo per poi riuscire a vivere in modo meno isolato, dopo la scuola. Per ottenere ciò, è indispensabile che la scuola, subito dopo l’iscrizione ad un Istituto di scuola Secondaria di secondo grado, scelto con attenzione dalla famiglia, prenda immediatamente contatti con la scuola scelta, pretendendo che l’alunno sia inserito in una classe con non più di 20 alunni, come stabilisce la norma, possibilmente senza altri alunni con disabilità, in modo che tutto il Consiglio di classe possa seriamente occuparsi dell’attuazione del suo PEI-Progetto di vita; inoltre, sin dalla fine di maggio o i primi di giugno, va richiesto un docente specializzato per il sostegno; se necessario, si rammenta anche di inoltrare richiesta di un assistente per l’autonomia e per la comunicazione con un minimo di preparazione nel campo degli interventi a supporto dell’autonomia personale e della comunicazione dello studente. Ovviamente la scuola dovrà chiedere che la Secondaria di Secondo grado preveda di svolgere all’inizio dell’anno scolastico, prima dell’avvio delle lezioni, un corso di aggiornamento di 25 ore su come tutto il Consiglio di classe dovrà operare sia per impostare un PEI adatto, sia per valutarlo rispetto alle attività svolte, sia per creare condizioni di reale inclusione, mobilitando la risorsa compagni.  Infine, qualora l’alunno avesse problemi di controllo degli sfinteri, è indispensabile chiedere alla Secondaria di Secondo grado, di prevedere la nomina di un collaboratore scolastico che abbia frequentato le prescritte 40 ore di formazione, ovvero di prevedere da subito la frequenza di tale percorso che consente, a chi vi partecipa, lo scatto al grado superiore di carriera con il diritto di un aumento di circa 1000 euro lordi annui, che sono conteggiati ai fini pensionistici.  Abbiamo scritto tutto ciò, perché è ovvio che, dopo già una ripetenza, non è culturalmente e ancor meno pedagogicamente pensabile di agire con ulteriori ripetenze, fermo restando che anche giuridicamente e praticamente non è possibile procedere con una seconda o ulteriori ripetenze, come proponete


Sono la funzione strumentale di un istituto comprensivo. Alla scuola primaria le docenti prevedono il trattenimento  per un alunno con grave disabilità della classe quinta  alla scuola primaria, quindi la non promozione alla scuola secondaria di primo grado. L’ alunno è già stato trattenuto un anno alla scuola dell’infanzia. La famiglia è favorevole al trattenimento. Chiedo se per effettuare questa scelta è necessario anche il parere favorevole del neuropsichiatria. Inoltre chiedo se la ripetizione viene considerata come una bocciatura, perché se fosse così suppongo che nella valutazione gli obiettivi dovranno risultare non raggiunti.

Premesso che la competenza e la responsabilità di ammissione o meno alla classe successiva è di esclusiva competenza degli insegnanti e non di altri, ricordiamo che l’art. 3 comma 3 del decreto legislativo n. 62 del 2017 stabilisce che, nella scuola Primaria, per procedere alla non ammissione alla classe successiva i docenti debbano esprimersi “con decisione assunta all’unanimità”. Sempre lo stesso articolo prescrive tale eventualità “solo n casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione”, ovvero a fronte di valida ed argomentata motivazione. Non va trascurato il fatto che, nel caso di specie, l’alunno ha già ripetuto un anno e che, a fronte di una eventuale non ammissione il bambino sarà costretto a cambiare gli insegnanti e i compagni sia quest’anno che in quello successivo, accentuando ulteriormente il conseguente disorientamento. Va previsto, infine, che anche uno solo dei componenti del Team di modulo possa esprimersi negativamente rispetto alla non ammissione (ovvero alla “bocciatura”); in tal caso è bene iniziare a preparare un ingresso molto accurato nella scuola secondaria di primo grado.  Vi suggeriamo di predisporre in modo che l’alunno sia in una classe con non più di 20 alunni, che abbia un docente per il sostegno specializzato, un assistente per l’autonomia e la comunicazione competente, i compagni della classe con i quali ha instaurato rapporti significativi e di far sì che i docenti siano preparati ad accoglierlo. Trattenerlo ancora un anno non gioverebbe certo alla sua crescita e nemmeno alla sua inclusione sociale, mentre nel nuovo contesto, con parte dei suoi compagni e con quelli nuovi, probabilmente potrebbe ricevere più stimoli. Se venisse ancora trattenuto si troverebbe con compagni più giovani di lui di circa tre anni: ciò renderebbe difficoltosa la socializzazione e lo stabilire interazioni significative. Gli alunni cercano i coetanei, con i quali condividono le stesse esperienze correlate sia agli aspetti di ordine fisico (il corpo che cambia e che vive nuove esperienze) sia di ordine emotivo-affettivo.


Sono un’insegnante di sostegno specializzata in servizio presso una scuola Secondaria di I Grado. Quest’anno mi è stato affidato un alunno di 12 anni che frequenta la classe 2° ed è affetto da sindrome dello spettro autistico e disturbi psicotici. Già dallo scorso anno, quando il ragazzo frequentava la classe 1° ed era seguito da un altro insegnante di sostegno, erano emerse grandissime difficoltà nell’inclusione del ragazzo a causa della sua violenza, aggressività e delle sue gravissime difficoltà di socializzazione. Per la sua sicurezza e la sicurezza degli altri alunni, quest’anno la Psicologa che lo segue ha fornito alla scuola ed alle docenti di sostegno tutte le indicazioni relative a come strutturare l’aula, l’agenda giornaliera e settimanale, la tipologia di attività da proporre, le strategie e metodologie didattiche da adottare, ecc.
Tuttavia, nonostante tutti gli sforzi messi in atto finora, il ragazzo non sembra progredire nelle capacità di autocontrollo e la sua presenza a scuola rappresenta un pericolo gravissimo sia per lui che per tutte le altre persone presenti. Trattandosi di un ragazzo di 12 anni, soggetto ad obbligo scolastico, esiste qualche possibilità di esonero dall’obbligo scolastico? È contemplata la possibilità di dichiararlo “non scolarizzabile”? Se si, cosa comporterebbe e chi dovrebbe firmare tale dichiarazione?

Quanto rappresentato è veramente assai grave. Resta comunque escluso che l’alunno possa essere dichiarato non scolarizzabile, poiché le numerose sentenze della Corte costituzionale lo vietano. Data la gravità del caso, è indispensabile convocare una riunione urgente del GLO con la presenza di tutti i componenti, che sono: tutti i docenti della classe, i genitori dell’alunno, gli specialisti dell’ASL e lo psicologo che segue l’alunno, ovvero i terapisti suggeriti dalla famiglia, compresi gli assistenti ad personam o educatori assegnati all’alunno, al fine di concordare e condividere, insieme, le strategie necessarie per agire efficacemente sul comportamento dell’alunno. Alcune strategie vi sono già state fornite dallo specialista, ma è necessario, adesso, procedere per una pianificazione e organizzazione sistematica, mediante un’accurata progettazione.  Sempre in sede di GLO vanno concordati “passaggi e azioni” utili per definire un “intervento educativo”, che non può essere ulteriormente procrastinato (vedasi Carr e altri autori). Per delineare un intervento educativo è necessaria una stretta collaborazione con la famiglia e la supervisione degli specialisti. Le azioni da mettere in atto possono sicuramente aiutare a conseguire significativi risultati. Tenga presente che in assenza di progettazione, preceduta da una adeguata rilevazione (osservazione) e ampiamente condivisa e applicata, sarà difficile pervenire a condizioni accettabili dal punto di vista comportamentale. Vi suggeriamo anche di chiedere un corso di formazione sulle strategie riguardanti gli interventi educativi a scuola a fronte di comportamenti complessi, coinvolgendo, nel percorso formativo, tutti i docenti della scuola e il personale ATA.  Nel frattempo potreste concordare un breve periodo di “distacco dell’alunno dalla scuola”, per favorire le cure e/o i trattamenti psicologici che gli specialisti potranno individuare.  Se nel vostro territorio è presente uno sportello autismo, che dovrebbe essere ospitato dal CTS della vostra rete di scuole, chiedete supporto, un consulto ed eventualmente riferimenti per il percorso formativo rivolto ai docenti e al personale ATA. Tenga presente che in ogni provincia dovrebbe essere stato già individuata una sede del CTS.


Sono la mamma di un bimbo di quasi tre anni affetto da una malattia rara e portatore di handicap grave. Io già dal marzo avevo fatto la domanda del inserimento al nido per settembre. Cosa che non e successa perché mio figlio non aveva abbastanza punti per essere preso al nido essendo io una mamma che non lavora. Ho incontrato la preside dell’asilo che mi ha consigliato di andare a parlare con i responsabili della scuola materna visto che il mio figlio avrà 3 anni fra due mesi. Anche li non potevano fare niente perché essendo portatore di handicap ha bisogno di una maestra di sostegno. Ho anche cercato di inserirlo in un nido privato. Adesso mi chiedo , ho per caso un’ultima possibilità per mio figlio?

L’art 3 comma 3, secondo periodo, della legge n. 104/92 stabilisce che  le persone certificate con disabilità, in situazione di gravità, hanno diritto di precedenza nell’accesso a tutti i servizi previsti dalla stessa legge 104. Gli asili-nido sono previsti espressamente dalla legge 104/92, come pure il diritto al sostegno. Pertanto faccia una diffida con una PEC o una raccomandata al Comune, citando questa norma, dando un termine di alcuni giorni; se  entro tale data non succede nulla, si rivolga ad un avvocato e siamo certi che Lei avrà giustizia.


Insegno nella scuola secondaria di primo grado, vorrei sapere se gli incontri GLO rientrano nelle 40 ore oppure no. E se sono obbligatori 3 Glo durante l’anno.

Formalmente gli incontri di GLO non rientrano nelle 40 ore. Gli incontri, nel corso dell’anno, sono indicativamente tre, ma è possibile chiedere altri incontri, ove ve ne fosse la necessità.


Sono un’educatrice di scuola superiore, seguo una ragazza con certificazione legge 104 comma 3. Lei non può sostenere l’esame di stato ed a scuola si stanno ponendo il problema di come agire, perché la madre non vuole continuare a farle frequentare l’anno prossimo, concluderebbe a giugno con i suoi compagni. L’insegnante di sostegno ha proposto di farla ritirare prima con la richiesta di rinuncia agli studi. Mi chiedevo se ci fosse un modo per portarla fino alla fine dell’anno?

Se la madre intende ritirarla, non c’è nulla da fare. Per farle concludere il percorso scolastico insieme ai compagni, bisognerebbe convincerla a non ritirare la figlia. Se la ragazza trae qualche vantaggio dalla socializzazione coi compagni, si potrebbe far presente alla madre che, interrompendo la frequenza scolastica, la figlia verrebbe isolata dai compagni e ciò potrebbe nuocerle; se, però, l’interazione con i coetanei è minima, ovvero vi è scarsa relazione, sarà difficile convincere la madre.  Se le perplessità del genitore sono correlate alla partecipazione all’esame di Stato, è bene chiarire che l’esame di Stato non è precluso a nessuno e non può essere certamente la condizione di disabilità motivo di non partecipazione. Chiarito dunque che la studentessa ha diritto a partecipare all’esame di Stato, come prevede la norma, in base agli obiettivi di apprendimento per lei definiti nel PEI la Commissione d’esame preparerà le prove (che, su indicazione del Consiglio di classe, possono essere “equipollenti” o “non equipollenti”), acquisendo le indicazioni specifiche dall’allegato riservato al documento del Consiglio di classe del 15 maggio, nel quale il Consiglio di classe può indicare il supporto di uno dei docenti della classe e della figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione.


Chiedo delucidazioni in merito ad una situazione creatasi nella scuola dove svolgo funzione di referente inclusione. L’alunno frequentante la classe seconda di età 15 anni quindi in obbligo di frequenza tutelato dalla legge 104 comma 1 non revisionabile, con diagnosi di deficit di attenzione con iperattività e disturbo della sfera emotiva e del linguaggio, seguito dagli assistenti sociali e dal tribunale minori con   18 ore di sostegno e 18 ore di assistenza specialistica. A seguito di CDC straordinario, dopo nota disciplinare, viene espulso, le chiedo se si può porre in atto tale provvedimento considerando la situazione dell’alunno e la tutela della 104.

In ambito scolastico, in particolare, le sanzioni disciplinari debbono avere una finalità educativa. Pertanto anche un alunno con disabilità intellettiva può subire una sanzione disciplinare, accompagnata chiaramente dalla motivazione, orientata a far comprendere la finalità educativa, ai fini di una buona socializzazione, che rientra negli obiettivi dell’inclusione scolastica. C’è da chiedersi, però, se l’espulsione, adottata dal Consiglio di classe, raggiunga o meno la finalità educativa o se non fosse stato preferibile ricorrere ad altra sanzione; in alcune scuole, per esempio, si chiede allo studente di svolgere alcune attività di servizio. Il Consiglio di classe, infatti, avrebbe dovuto tenere in debita considerazione le caratteristiche comportamentali dello studente e non certamente ignorarle. La sospensione si configura più come rinforzo negativo e, di conseguenza, non include un miglioramento. Tutt’altro! Suggeriamo di convocare urgentemente il GLO, in cui formalizzare la richiesta di ritiro della misura, ricorrendo, invece, a forme analoghe a quelle sopra descritte, orientate maggiormente ai fini educativi (come lo svolgere alcune attività di servizio a scuola). Insieme agli specialisti e ai genitori provate a declinare delle linee condivise per un intervento educativo, specificando le eventuali misure da adottarsi a fronte di comportamenti particolarmente complessi e/o socialmente poco adeguati.  A questo punto il Consiglio di classe dovrebbe ritirare integralmente la sospensione, ricorrendo a quanto concordato in sede di GLO.


Sono la mamma di un bambino autistico di 6 anni ad alto funzionamento con sindrome di asperger, art. 3 comma 3. Scrivo per il seguente motivo: mio figlio dovrebbe frequentare la prima elementare ma non sta andando perché la succursale della  scuola dove è stato iscritto non garantisce la sicurezza per via delle finestre con parapetto facilmente scavalcabile non avendo rete di sicurezza ne apertura basculante. A seguito della mia reticenza dovuta alla perfetta conoscenza dei comportamenti durante le crisi o comunque alla non percezione del pericolo, ho mandato comunicazione di istruzione parentale alla dirigente del plesso la quale non mi ha neanche risposto. La comunicazione è stata respinta anche dalla neuropsichiatra e dall assistente sociale le quali insistono che il bambino debba frequentare per forza la scuola da loro indicata. Vorrei chiedervi come posso uscire da qst situazione.

L’istruzione parentale è prevista dall’art 23 del decreto legislativo n. 62/17; la famiglia deve formulare una richiesta scritta alla scuola, obbligandosi a garantire di avere le capacità culturali di provvedere all’istruzione del figlio o a disporre di condizioni economiche per pagare uno o più docenti privati; inoltre la famiglia deve presentare il figlio ogni anno, verso la fine del mese di maggio, per sostenere le prove d’esame ai fini dell’ammissione alla classe successiva (le prove d’esame devono essere superate). A fronte della situazione da lei descritta, non è proprio possibile ottenere dal Comune un intervento volto a mettere le finestre in sicurezza, ovvero apponendo le reti, in modo che si evitino i rischi da lei paventati?  La frequenza scolastica, insieme ai compagni, è molto importante per la socializzazione, ma anche per la relazione e per la comunicazione dei nostri bimbi, tanto quanto lo sono l’educazione e l’istruzione (gli apprendimenti).


Sono un’insegnante di sostegno di scuola secondaria, le chiedo un chiarimento: alla luce delle nuove disposizioni (sentenza TAR) è necessario tutti gli anni far firmare l’articolo 15 dell’OM 90/2001 ai genitori che negli anni precedenti hanno accettato e firmato tale articolo per una programmazione differenziata? Oppure, una volta firmata la programmazione differenziata non è necessario far firmare ogni anno l’articolo 15 per ribadire?  

Ogni anno il Consiglio di classe è tenuto ad acquisire il consenso rispetto al tipo di programmazione adottata. Quindi, anche se siete certi dell’accettazione, è necessario sottoporre alla firma della famiglia il consenso per l’adozione del Pei differenziato.


Mio figlio, con disturbo dello spettro  autistico e disprassia verbale , in situazione di handicap grave (art3 comma 3 legge 104/92), necessiterebbe ( come da specifica prescrizione dell ASL) di professionista specializzato nel metodo ABA a scuola, supervisionato da altro professionista BCBA che predispone periodico programma terapeutico ABA mensile.Frequenta la classe terza delle Elementari. Il primo anno è stata assegnata insegnate di sostegno che non aveva alcuna competenza nel metodo ABA pertanto per tutto l’anno scolastico e l’intero orario  giornaliero di lezione, abbiamo affiancato la nostra terapista privata (a nostre spese). L’anno scorso fortunatamente il dirigente è riuscito ad assumere come sostegno, con contratto MAD,  la nostra professionista specializzata. Purtroppo quest’anno ha assunto la nostra terapista ABA per un paio di mesi, grazie ad una supplenza, ma ora è rientrata l’insegnante che era in congedo parentale che però non ha alcuna competenza nel trattamento ABA. Le chiedevo quali possibilità ha il Dirigente di assumere la professionista specializzata ABA di cui necessità nostro figlio considerato che questo trattamento a scuola e espressamente prescritto da certificazione medico-specialistica? La scuola non ha il dovere di eliminare tutti gli ostacoli per garantire l inclusione e le migliori condizioni per i bambini con disabilità? Può ricorrere a fondi speciali alternativi a disposizione dell istituto scolastico o messi a disposizione dall ufficio scolastico regionale o dal MIUR? Quali altre alternative ci possono essere? Altrimenti mio figlio non potrà andare a scuola perché un insegnante non formata in tale Metodo rischia di inficiare i risultati raggiunti in questi anni (da prescrizione mio figlio necessità di ALMENO 25 ore a settimana di trattamento ABA) sia a casa che a scuola. Al momento lo teniamo a casa in attesa di soluzioni.

Il metodo ABA è riconosciuto dal Ministero della Salute come terapia a favore di persone con disturbi dello spettro autistico. E, come ogni trattamento terapeutico, deve essere applicata in ambito extrascolastico. Si aggiunga anche che le competenze professionali richieste ai docenti non contemplano quelle specifiche degli operatori ABA (professionisti BCBA). Il docente è esperto in ambito pedagogico-didattiche, competenze indispensabili per lavorare nella scuola. Può quindi rivolgersi al Comune di residenza e chiedere che l’intervento ABA venga attuato presso il domicilio da un “educatore” o assistente per l’autonomia e la comunicazione esperto in ABA, ovvero in possesso delle competenze professionali con certificazione BCBA. La richiesta può essere contemplata nel Progetto Individuale, di cui alla legge 328/2000, articolo 14. Le suggeriamo di far tornare a scuola il bambino, che è soggetto all’obbligo di frequenza. Nel frattempo potreste chiedere al vostro CTS (Centro territoriale di supporto), che sicuramente gestirà anche uno sportello autismo, di offrire supporto e consulenza ai docenti della classe, in modo da ottimizzare gli interventi educativo-didattici propri del sistema scolastico. 


Sono una docente di sostegno della Scuola Secondaria di primo grado, volevo chiedervi che cosa si deve rispondere ad una docente curricolare che pretende che la docente di sostegno si sieda a fianco del l’alunno (ADHD e DOP) per consentirle di fare, in tranquillità, la sua lezione trasmissiva di un’ora.

Il docente incaricato su posto di sostegno è chiamato, insieme ai colleghi disciplinari, a promuovere inclusione nella classe. Fra le sue azioni, e certamente non è da considerarsi l’unica, vi può essere quella di sedersi accanto all’alunno con disabilità, per supportarlo nelle attività, non certo per fare da mero controllore, perché, in tal caso, tanto vale ricorrere ad altra figura professionale. La docente disciplinare che si è rivolta ad una collega, peraltro di fronte a tutta la classe, quindi sminuendo il suo ruolo, ha adottato un comportamento professionalmente ed eticamente scorretto; si deve considerare, infatti, che il suo messaggio è arrivato anche agli studenti presenti, che si sentiranno legittimati a considerare il compagno con disabilità come un “soggetto estraneo”, per di più “poco gradito e anche disturbante”. Non è un comportamento da accettare, ancor più per le ricadute descritte. Suggerirei alla collega di parlarne con il Dirigente, magari in presenza della funzione strumentale per avere maggiore supporto, in modo che lo stesso dirigente scolastico possa intervenire prendendo provvedimenti. Ci auguriamo che i percorsi formativi, che stanno partendo proprio in questi giorni, possano contribuire ad arginare questi fenomeni che mettono a dura prova una scuola che si sforza, come può, di garantire a tutti gli alunni una “inclusione reale”.


Sono un’insegnante di sostegno a tempo determinato e la contatto per chiedere informazioni a riguardo: durante le due ultime ore di supplenza in scienze sportive e motorie, ho portato nell’ultima mezz’ora gli alunni in cortile e una parte ha preso il pallone per giocare a calcio e a rugby. Sono stata richiamata dal preside, il quale ha detto che non era mio dovere portare i ragazzi all’aperto a fare educazione fisica perché nel caso in cui fosse accaduto qualcosa, gli alunni non sarebbero stati assicurati e il DS mi invierà una nota disciplinare a riguardo. Sono in torto marcio o posso fare reclamo?

Nel suo scritto lei fa presente di essere intervenuta in una classe per effettuare una supplenza nelle ore in cui, per la classe, era prevista educazione fisica; ciò significa che, per effettuare la supplenza, lei ha ricevuto un ordine di servizio scritto da parte del dirigente scolastico e ciò la autorizzava ad essere in quella classe per quell’ora specifica e a intervenire con le attività da lei reputate idonee; quindi, proprio perché autorizzata, mediante specifico incarico da parte del dirigente scolastico, lei poteva portare gli alunni in cortile, durante il suo orario, rispettando le regole che la scuola si è data (se fra queste vi fosse quella di non utilizzare il pallone per giocare a calcio o a rugby, chiaramente, si sarebbe dovuta attenere a tale regola. In assenza, il cortile, in quanto luogo destinato ad attività programmate, ma anche, durante la ricreazione, per attività ricreative da svolgersi sotto la sorveglianza o la conduzione dei docenti, poteva essere utilizzato). Per quanto riguarda l’assicurazione, essa è prevista ordinariamente (alcune scuole adottano anche una ulteriore forma di assicurazione, su base volontaria). In ogni caso, pare molto strano quanto accaduto, ancor più a fronte dei suggerimenti pronunciati dallo stesso Ministero che, a seguito della pandemia, ha proprio suggerito attività all’aperto. Si informi e ne parli con il suo sindacato.


Sono un docente a tempo determinato posso frequentare il corso tfa sostegno nei giorni in cui sono in congedo parentale o se durante l’anno fossi assente per malattia figlio ?

Se lei è assente dal lavoro in quanto si trova in malattia, non può certamente essere presente, ovvero frequentare, un corso. 


Sono un’insegnante di sostegno in una Scuola Secondaria di Secondo Grado. Le espongo: nella Scuola in cui insegno succede ogni anno che gli insegnanti di sostegno in assegnazione o in utilizzazione che non seguono un alunno/a vengono assegnati alla classe come potenziatori. Oppure vengono assegnati in quelle classi in cui, ad esempio ci sono 3 alunni con handicap e già con 18 ore di sostegno. Si è comunque diffusa nella Scuola la convinzione che un insegnante di sostegno possa essere assegnato alla classe come potenziatore. E’questo possibile? Non le sembra che ci sia un uso improprio dell’insegnante di sostegno? Addirittura, nella mia classe da poco è stata assegnata una collega in utilizzazione nella Scuola su un DSA e un alunno da poco trasferitosi i cui genitori rifiutano il sostegno (F98.0 e F 91.3 – IC 10).

La norma stabilisce che il docente per il sostegno sia assegnato alla classe, proprio perché in quella classe è iscritto un alunno con disabilità. In altre parole, se nella classe non è iscritto alcun alunno con disabilità, non viene assegnato il docente specializzato.  Rispetto alla questione esposta, si tratta di capire se i docenti specializzati presenti nella sua scuola hanno chiesto l’assegnazione provvisoria o l’utilizzo su posto disciplinare oppure su posto di sostegno.  Occorre anche rilevare che può accadere che un docente per il sostegno rimanga nella scuola in cui è in servizio anche a fronte del fatto che l’alunno con disabilità o si è ritirato o non frequenta più; se è questa la situazione, allora la scuola ha l’obbligo di segnalare il caso all’Ufficio Scolastico Regionale, affinché decida se riassegnare il docente ad altra scuola o se consentire che rimanga a disposizione per il resto dell’anno scolastico (e questo permetterebbe alla scuola di utilizzare tali docenti secondo le necessità).  Se però la famiglia di un alunno con diagnosi di DSA o anche di alunno con certificazione di disabilità rifiuta la presenza del docente per il sostegno, deve informare urgentemente il Dirigente scolastico e quell’insegnante, pur rimanendo in quella classe, non potrà occuparsi di quell’alunno. 


Sono un insegnante di sostegno, nel caso di alunno di scuola primaria con disabilità fisica grave che utilizza diversi tipi di ausili di deambulazione (per esempio carrozzina, sedia ergonomica) per i quali necessita di essere sollevato per esservi collocato durante la giornata a quale figura professionale e dipendente di quale ente spetta questa mansione? 

Il CCNl del 2016, agli artt. 47 e 48 e tab. A, stabilisce che l’assistenza per gli spostamenti degli alunni è di competenza dei collaboratori scolastici e delle collaboratrici scolastiche. Nei casi di maggiore complessità, il DS deve assegnare l’incarico ad un collaboratore che segue un corso di aggiornamento di 40 ore, al termine del quale al collaboratore viene riconosciuta una qualifica stipendiale, ricevendo circa mille euro lordi annui. Durante il corso il collaboratore dovrà sicuramente essere formato su come comportarsi in questi casi, se necessario, anche con la collaborazione di qualche altro suo collega.


Sono una docente di sostegno e volevo sapere se è possibile dare il sostegno ad un alunno con CIS ma senza L.104.

Il docente di sostegno è assegnato unicamente per i casi in cui la famiglia ha presentato la diagnosi funzionale e il verbale di accertamento (e il CIS, per gli alunni e studenti del Lazio). Per questo alunno potreste valutare, unicamente se ne sussistono le condizioni, il riconoscimento come BES, terza sottocategoria, con la stesura eventuale di un PDP (naturalmente per questo dovete acquisire il consenso e la firma della famiglia). 


Sono un padre di un figlio che va alla scuola media con 18 ore si sostegno, quest’anno la nuova Preside ha cambiato gli orari del professore di sostegno (non accettabile neanche per lui) due giorni a settimana dalle 11:00 alle 14:00 è stato inutile parlare con la preside che non vuole ripristinare il classico orario.

Al fine di promuovere l’inclusione scolastica e garantire il diritto allo studio degli alunni con disabilità, alla classe viene assegnato un docente specializzato per le attività di sostegno, la cui presenza deve garantire l’esercizio del diritto allo studio dell’alunno o dell’alunna con disabilità.  In sede di GLO potreste valutare la questione “utilizzo delle risorse a sostegno del diritto allo studio”, riscrivendo l’orario e proponendolo poi al dirigente scolastico, che dovrebbe accoglierlo. In alternativa le suggeriamo di parlare con il Referente per l’inclusione scolastica regionale, operante preso l’Ufficio scolastico regionale. 


Sono funzione strumentale dello svantaggio e inclusione. Vi scrivo in quanto ho un dubbio a cui spero siate in grado di rispondere: nel nostro Istituto sono giunte due Diagnosi Funzionali in cui gli alunni risultano certificati L.104 comma 1 ma SENZA SOSTEGNO. Ora non sappiamo come comportarci:
– Dobbiamo redigere il PEI o il PDP BES?
– Dobbiamo garantire comunque delle ore di sostegno?

Va premesso che, con molta probabilità, la non indicazione del sostegno non corrisponda a un rifiuto da parte della NPI, bensì che l’ASL, a fronte della certificazione presentata (ai sensi della legge 104/92) e della valutazione effettuata, abbia ritenuto trattarsi solo di problemi fisici e non intellettivi e quindi abbia ritenuto non necessaria la risorsa sostegno. In merito alla questione della redazione della documentazione, essendo gli alunni da lei citati certificati con disabilità, per i quali cioé le rispettive famiglie hanno presentato la Diagnosi funzionale, deve essere predisposto, per ciascun alunno, il Piano educativo individualizzato, tramite convocazione del GLO (il gruppo di lavoro composto da tutti i docenti della classe, dai genitori e dagli specialisti). I due alunni hanno diritto alle tutele previste dalla normativa vigente a favore degli alunni certificati con disabilità ai sensi della legge 104/92. Durante l’incontro per la stesura del PEI, i componenti del GLO possono valutare l’eventuale richiesta di figura addetta alla sola autonomia, ovviamente solo se ritenuta necessaria per garantire il diritto allo studio (anche se, in realtà, la Diagnosi Funzionale dovrebbe aver dato indicazioni in tal senso). 


Sono la docente di un alunno per il quale l’ anno scorso è stata richiesta ed ottenuta la le legge 104 per patologia immunodepressiva e per il quale l’ anno scorso è stata attivata la didattica a distanza perché non può frequentare la scuola in presenza per motivi di salute. Anche quest’ anno la famiglia ha richiesto la didattica a distanza proprio per la sua patologia. Ricordo che la certificazione di 104 è stata data proprio perché immunodepresso. Al di là dell’ emergenza Covid, chiedo se anche negli anni futuri all’ alunno dovrà essere garantita la didattica a distanza per garantire il diritto allo studio,  visto la non possibilità di frequentare in presenza. La dirigente scolastica è perplessa e non vorrebbe concedere la possibilità una volta finita l’ emergenza Covid all’alunno di avere la DAD. Se però vi è una certificazione per cui l’ alunno per motivi di salute non può frequentare, credo non si possa negare tale diritto.

Quando passerà la pandemia, rimane e rimarrà sempre il diritto alla didattica digitale integrata, realizzabile sia con didattica in presenza che a distanza, sia anche con il servizio di istruzione domiciliare (previsto anche oggi). Permane sempre la legge 41 del 2020, norma che prevede l’istruzione domiciliare integrata, anche a distanza, per gli alunni la cui certificazione indichi l’impossibilità di frequentare in presenza. A completamento si richiama il decreto legislativo n. 66/2017 che, all’art. 16, contempla l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare a fronte di richiesta dei genitori, corredata da documentazione sanitaria in cui si attesti che l’alunno è impossibilitato alla frequenza per un periodo pari o superiore a 30 giorni di lezione anche non consecutivi.


Cerco appiglio legale o altro che mi possa aiutare con un problema che ho con mio figlio con 104 con diagnosi di concentrazione.
La scuola con circolare vuole che i bambini lascino lo zaino a scuola, dando i libri per i compiti in base alle materie del giorno dopo.
Purtroppo lui a volte ci impiega più tempo per finire i compiti che apparentemente sembrano semplici mentre per altri, che possono sembrare più complicati, ci impiega di più.
Quindi dipende anche dalla concentrazione che riesce ad avere quel giorno.
Da ciò si evince la mia necessità di avere sempre i libri a casa senza l’obbligo di lasciarli a scuola.

Da quanto scrive, suo figlio, alunno con disabilità, frequenta una scuola che ha adottato una particolare organizzazione: le famiglie sono state informate, tramite una circolare, che i bambini devono lasciare lo zaino a scuola. Sembra una modalità adottata “dopo l’inizio dell’anno scolastico” e non, sempre da quanto si legge, una organizzazione contemplata nel Piano triennale dell’Offerta Formativa.  In ogni caso, a prescindere dalla prima o dalla seconda ipotesi, resta il fatto che, per supportare suo figlio nei compiti assegnati a casa, è necessario che voi disponiate dei materiali scolastici (libri, quaderni) che, invece, in base alla circolare citata, restano a scuola.  Che cosa fare, considerata la particolare situazione di suo figlio? Le suggeriamo di chiedere la convocazione urgente del GLO, gruppo di lavoro operativo (che fra l’altro dovrebbe essere convocato entro il 31 ottobre per la stesura del Piano educativo individualizzato); come sa la famiglia è componente effettivo del GLO e, pertanto, durante l’incontro fate presente che, per seguire il bambino nelle attività a casa, avete bisogno del materiale scolastico. Fate scrivere ciò nel PEI, aggiungendo che, nel momento in cui esce da scuola, il bambino porterà a casa lo zaino con i quaderni e i libri e che al mattino successivo, quando andrà a scuola, porterà con sé quanto necessario (e indicato dai docenti). Se dovesse trovare qualche forma di resistenza, ma riteniamo che sicuramente la scuola si mostrerà collaborativa, rammenti che la legge 18/2009, con la quale l’Italia ha recepito la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, prevede che debba essere il contesto (inteso come procedure, sistemi educativi, ausili) ad adattarsi alla persona con disabilità, e non viceversa. Se lo desidera, ci tenga aggiornati. 


E’ ancora in vigore la deroga di un anno per la validità delle diagnosi BES/DSA?

Le suggeriamo di informarsi presso l’USR. Tenga presente che per quanto riguarda gli alunni con diagnosi di DSA ciò che deve essere aggiornato è il profilo di funzionamento, mentre la Diagnosi resta sempre valida.  Stante la particolare situazione, ammesso che la norma fosse anche non prorogata, va da sé che, necessariamente, le famiglie devono rispettare gli appuntamenti delle ASL e la scuola non può che adeguarsi, restando in attesa del documento ufficiale. Per gli alunni con BES, appartenenti alla terza sottocategoria, invece, non esistono certificazioni specifiche; peraltro la norma stabilisce che il PDP, che può essere predisposto per loro, non può superare la validità dell’anno scolastico di riferimento (Nota 2563/13). 


Sono un educatrice e vorrei un’informazione per quanto riguarda la cura dell’ igiene personale dei bambini disabili. Il personale ATA si rifiuta di cambiarla e ogni volta telefonano alla mamma per mandarla a casa dicono che non sono obbligate e non devono farlo . Questa è inclusione? Questo è il terzo anno che seguo la bambina non è mai successo così frequentemente è una bambina autistica è passata dalle elementari alle medie e sicuramente sta esprimendo il suo disagio in questo modo .Cosa dice la legge?

Il CCNL del 2006/09, agli artt. 47 e 48 e Tab. A, attribuisce ai collaboratori scolastici la responsabilità dell’assistenza  igienica degli alunni con disabilità. Principio ribadito dall’art. 3 del d.lgs. 66/2017. È compito del Dirigente scolastico individuare a chi, fra i collaboratori scolastici o le collaboratrici scolastiche, affidare tale incarico; a seguito dell’incarico ricevuto, il collaboratore scolastico è tenuto a svolgere le mansioni riguardanti “l’assistenza igienica e l’igiene personale” degli alunni con disabilità (come riportato negli articoli e tabella sopra inicati). Ricevuto l’incarico i collaboratori incaricati possono chiedere al dirigente di frequentare l’apposito corso di formazione, al fine di percepire, una volta superato positivamente il corso, gli emolumenti contrattualmente previsti (utili anche ai fini pensionistici); la richiesta di frequentare questo corso può essere decisa anche da parte del D.S. Il collaboratore non può rifiutare l’incarico del DS relativo all’assistenza igienica; può, eventualmente, presentare documentazione attestante l’impossibilità ad assolvere i compiti richiesti; in tal caso il DS individuerà altro collaboratore. Se il rifiuto non è motivato, il DS farà una lettera di richiamo. 


Sono la madre di un tredicenne attualmente iscritto in terza media. Durante la pandemia ha sviluppato una forma depressiva che ha portato ad un allontanamento dalla frequenza scolastica. Attualmente è curato con psicofarmaci e seguito da neuropsichiatria infantile e psicologa della ASL locale. Purtroppo dall’inizio della scuola ha frequentato in modo saltuario per soli 4 giorni quindi su suggerimento del neuropsichiatra, con lettera protocollata alla scuola, è stato chiesto in primis l’attivazione di un Bes e a distanza di 10 giorni stata effettuata sempre dal neuropsichiatra una relazione Dove si richiede l’attivazione della didattica digitale integrata graduale Per consentire e favorire a mio figlio l’inserimento nella vita scolastica in questo particolare momento della sua crescita. Purtroppo il DS della scuola media, tramite il coordinatore di classe, ci ha fatto sapere che non può essere attivata la Dad. Seguendo l’ordinanza ministeriale relativa alla pandemia sono considerati fragili solo coloro che immunodepressi potrebbero essere contagiati. Mi domando se un disagio psicologico come quello di mio figlio non può essere contemplato nel caso della didattica digitale integrata. Se possibile gradirei una vostra risposta e riferimenti a ordinanze ministeriali o decreti. 

L’O.M. 137/2020, al fine di garantire la tutela del diritto allo studio degli alunni “con patologie gravi o immunodepressi” indica le modalità di svolgimento delle attività didattiche “tenuto conto della loro specifica condizione di salute, con particolare riferimento alla condizione di immunodepressione certificata, nonché del conseguente rischio di contagio particolarmente elevato, con impossibilità di frequentare le lezioni scolastiche in presenza”.  Non solo “alunni immunodepressi”, dunque, ma anche alunni “con gravi patologie”. Da quanto lei scrive, lo specialista che ha in cura suo figlio, considerata la particolare e grave condizione, successiva peraltro alle straordinarie misure adottate a seguito della pandemia, ha indicato quale modalità privilegiata, proprio per consentire all’alunno di poter riprendere a vivere nel contesto sociale in modo sereno, l’attivazione della didattica digitale integrata. Il medico, per la sua specifica competenza professionale, è il solo che possa esprimersi in merito allo stato di salute e le sue indicazioni, nel caso particolare da lei descritto, devono trovare soddisfazione nell’attivazione di un percorso che consenta a suo figlio di affrontare con serenità il percorso scolastico. Non basta individuare la condizione di bisogno educativo speciale, se poi non si mettono in atto azioni coerenti, che garantiscano il diritto allo studio e tutelino, al tempo stesso, la salute. L’art. 2 comma 2 dell’OM 137/2020 prevede che, nella certificazione prodotta, sia chiaramente indicata la “comprovata impossibilità di fruizione di lezioni in presenza presso l’istituzione scolastica”; per questi studenti, immunodepressi o con gravi patologie, l’art. 2 afferma che, pertanto, essi “possono beneficiare di forme di DDI ovvero di ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi predisposti”. Sempre l’OM 137/2020 ribadisce che per questi studenti, coerentemente con il decreto del Ministro dell’istruzione 26 giugno 2020, n. 39, e le annesse Linee Guida, il diritto allo studio è garantito proprio mediante queste modalità “nel rispetto dei principi di pari opportunità e di non discriminazione”. Scriva quindi una PEC al Dirigente scolastico, mettendo per conoscenza l’Ufficio Scolastico Regionale e il Ministero dell’Istruzione; alla PEC alleghi la certificazione sanitaria, contenente le indicazioni dello specialista, e chieda formalmente l’attivazione della DDI, didattica digitale integrata, ai sensi del diritto alla studio, garantito dalla nostra Costituzione, dell’OM 137/2020, del DM 39/2020 e annesse Linee guida, della legge 67/2006 (legge antidiscriminazione) e dell’obbligo scolastico, al quale suo figlio è soggetto.In alternativa potrebbe valutare l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare; resta sempre valido, infatti, quanto sancito dalla legge 41/2020, che autorizza l’istruzione domiciliare anche a distanza; ovvero potrebbe chiedere l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare, valido per tutti gli alunni della scuola italiana, per il quale dovete formulare precisa richiesta scritta corredata da certificazione sanitaria che attesti un’assenza, per motivi di salute, terapia o altro di analogo, per minimo 30 giorni di lezione, durante l’anno scolastico, anche non continuativi.


Nella mia scuola primaria c’è un alunno con 104 comma 3 con copertura di 24h e un altro alunno, la cui diagnosi è arrivata l’anno scorso, anche egli con 104 comma 3. Quest’ultimo è coperto per 14 ore dal docente di sostegno (già presente in aula con l’altro ragazzo, quindi si divide fra i due) e l’operatore (dato dal comune) per 10 ore. La madre chiede la copertura totale del sostegno oltre alle 10 ore dell’educatore.Due domande: la scuola può “dividere” l’insegnante su due alunni? È possibile richiedere un aumento di ore sulSostegno in corso d’anno? 

1) La scuola non può sottrarre ore  già assegnate ad un alunno per darle ad un altro, poiché viola il diritto del primo in modo arbitrario, neppure se lo facesse  a seguito di  una sentenza ,che assegna al nuovo arrivato un certo numero di ore di sostegno. In tal senso si è espressa la Giurisprudenza.
2)  Tenga conto che se un alunno viene certificato con ritardo o si trasferisce in corso d’anno da una scuola all’altra, egli ha comunque diritto alle ore di sostegno indicate nel suo PEI e l’ Amministrazione deve provvedere utilizzando le deroghe. In mancanza la famiglia dell’alunno può agire in giudizio.


Ho il diritto di richiedere alla scuola un PC e una Lim per mio figlio, bambino con difficoltà di linguaggio? A casa usiamo molto gli strumenti tecnologici (PC e tablet) per supportarlo nella comunicazione (anche con letture in caa) e non solo. Anche alle elementari usava la Lim. Ora, primo anno delle medie, non c’è una Lim per lui a scuola.La prossima settimana abbiamo il GLO, in tale occasione posso ribadire l’importanza di tale strumenti per il bambino (lo abbiamo già fatto presente a giugno ma c’era stato detto che nelle aulette per il sostegno non ci sono Lim).

Suo figlio ha certamente diritto al PC e alla LIM, in quanto rientrano tra gli ausili e i sussidi; ausili e sussidi sono previsti dalla legge 104/92, al fine di assicurare la migliore qualità dell’inclusione scolastica. Il fatto però che la scuola giustifichi l’assenza della LIM perché non ci sono aule di sostegno fa seriamente dubitare rispetto alla diffusione della cultura inclusiva nella stessa scuola; le aule di sostegno sono ufficialmente fuori legge almeno dalla Nota ministeriale del 4 Agosto 2009, recante Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, che, per l’appunto, vietano tali aule. La LIM, lavagna interattiva multimediale, deve essere collocata nelle normali aule, ovvero nelle aule che devono frequentare pure gli alunni con disabilità (insieme ai loro compagni), pena da parte della scuola della violazione di tutta l’immensa normativa sull’inclusione scolastica. Quanto al computer, esso può essere acquistato dalla scuola con gli appositi fondi ricevuti dall’Ufficio scolastico Regionale oppure riceverlo in uso gratuito dal CTS, il Centro di Supporto Territoriale, una rete di scuole di cui anche la sua dovrebbe far parte. Faccia presente tutto ciò alla sua scuola e, se dovessero esserci ancora problemi, ci riscriva. 


In caso di disabilità fisica, se la famiglia non condivide la diagnosi originale e non desidera che il bambino sia considerato disabile, avendo dunque un Pei ufficiale, occorre rispettare la volontà della famiglia?

Se la famiglia non vuole lo status di alunno con disabilità fisica, è libera di non presentare la certificazione. Se però vuole un assistente per il figlio, deve presentare la certificazione e chiedere che nel PEI risulti solo la richiesta dell’assistente per l’autonomia, senza alcuna modifica dei programmi, né la presenza di un docente incaricato su posto di sostegno.


Sono un’insegnante di sostegno vorrei sapere se in caso di sciopero deve essere avvisata dagli uffici di segreteria solo famiglia dell’alunna che seguo (bambina con sindrome di autismo) considerato che le mie colleghe di classe non aderiscono e io ho crocettato “non mi esprimo”.

La normativa sugli scioperi garantisce le prestazioni dei servizi essenziali. Il sostegno didattico è un servizio essenziale. Pertanto, se lei aderisce allo sciopero (e ne ha diritto), la scuola dovrà assicurare, se l’alunno è presente a scuola, le ore di sostegno, ricorrendo ad altro personale che non ha aderito allo sciopero (per esempio l’organico di potenziamento) o agli stessi docenti non scioperanti della classe. Tenga presente che se il numero dei docenti in servizio, nella giornata di sciopero, risultasse esiguo rispetto al numero degli alunni presenti, i docenti presteranno il loro servizio come sorveglianza. 


Sono una docente di sostegno, ho ancora dei dubbi. Vorrei sapere se il modello di PEI da redigere deve essere quello nuovo, oppure le scuole potranno proseguire con i vecchi modelli.

La Sentenza del TAR del Lazio del 14 settembre 2021, n. 9795, ha annullato il decreto interministeriale 182/2020 e tutti i suoi allegati (quindi anche i modelli di PEI) per illegittimità. Il Ministero, prendendo atto della Sentenza, ha dato comunicazione a tutte le scuole in data 17 settembre 2021, con la Nota n. 2044; nella Nota citata, il Ministero ha offerto alcune indicazioni, invitando a redigere i PEI già in uso nell’anno scolastico 2019-2020 e richiamando, quale riferimento, l’art. 7 del d.lgs. 66/17.


Vorrei sapere se l’alunno disabile in carrozzina deve essere accompagnato dall’insegnante specilizzata dalla classe al pulmino e da questo in classe durante le uscite e le entrate o se invece tale funzione deve essere ricoperta dal personale Ata. Conoscendo il profilo professionale sia del docente che del personale Ata contenuti nel CCNL,  l’ho fatto presente ricordando che per l’Ata si prevede che ”Presta ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale anche con riferimento alle attività previste dall’art. 47 del CCNL”.
Mi è stato risposto che questa mansione la deve svolgere la docente in quanto corrisponde alle attività connesse alla vigilanza.

Quanto le dicono circa la vigilanza non annulla affatto l’obbligo di accompagnamento materiale da parte dei collaboratori scolastici. Lei, infatti, è tenuta a vigilare l’alunno mentre avviene l’accompagnamento dalla classe al pulmino o durante lo svolgimento di una visita culturale: accompagnamento il cui compito è assegnato al collaboratore scolastico.


Sono un’isegnante di sostegno alla scuola primaria. Avrei bisogno di un chiarimento: l’orario giornaliero dell’insegnante di sostegno può essere deciso dalla capo plesso?
Il nostro orario di servizio è dalle 8.15 alle 13.40 , il bambino che seguo esce ogni giorno alle 13.20 per problemi familiari.  il mio orario si può adeguare a quello dell’ alunno oppure rimane invariato e resto a disposizione della classe togliendo così ore frontali al bambino?

L’orario dei docenti è di competenza del dirigente scolastico, non del referente di plesso. Le suggeriamo, in prima istanza, di confrontarsi con i colleghi del modulo e di parlarne poi con il dirigente scolastico. Tanto dovrebbe bastare. Se non riuscite a individuare un orario funzionale ai fini dell’inclusione, chiedete la convocazione urgente del GLO e, in quella sede, affrontate la questione, portando poi la vostra decisione al Dirigente scolastico, il quale potrà modificarlo definitivamente nel caso di gravi motivi organizzativi, ma dovrà necessariamente tenere conto dell’interesse primario dell’alunno con disabilità.


Sono un insegnante di sostegno delle scuole superiori seguo una ragazza che ha mostrato lo scorso anno grosse difficoltà nel frequentare il primo anno del liceo artistico, l’estate i genitori l’hanno inserita presso un centro diurno dove si è integrata bene, pertanto i genitori hanno deciso di non portarla a scuola, ma di farle proseguire l’inserimento totale nel centro diurno. Mi chiedo se è possibile  ritirare la ragazza da scuola (compie 16 anni a febbraio) ed eventualmente come fare, se c’è un iter normativo da seguire.

Purtroppo questi atteggiamenti familiari di sfiducia nella scuola, spesso dipendono anche da modalità di inclusione non riuscite; pertanto se la famiglia non intende riportare la figlia a scuola per l’adempimento dell’obbligo scolastico sino a febbraio, il Dirigente scolastico può soltanto segnalare eventualmente l’inadempimento per alcuni mesi dell’obbligo scolastico, al quale potrebbe seguire una sanzione pecuniaria nei confronti della famiglia, ma non può imporre, ad esempio con i carabinieri, il rientro a scuola. Potreste provare a convocare un GLO e, in quella sede, provvedere ad una organizzazione fortemente personalizzata del percorso scolastico: prevedendo modalità online, con la didattica digitale integrata oppure ipotizzando un percorso di istruzione domiciliare, facendo riferimento all’accomodamento ragionevole, di cui alla legge 18/2009. Se però la famiglia non intende riportare la figlia a scuola, il DS può, se vuole, limitarsi solo alla segnalazione dell’inadempienza.


Sono referente integrazione in una scuola superiore pongo i seguenti quesiti
1) Alla luce della sentenza del  TAR sul nuovo PEI e della nota arrivata dal Ministero alla scuola, il Dirigente è tenuto lo stesso tramite decreto a istituire i GLO? E’ sufficienti convocarli il giorno in cui si incontrano le parti per il PEI?
2)Il PEI è consigliato che venga redatto entro il 31 ottobre vero, quindi per esigenze didattiche?
3) I corsi di aggiornamenti per docenti curricolari non abilitati sul sostegno sono obbligatori? Sono organizzati dalle scuole polo?

Primo quesito: il Dirigente non deve istituire il GLO tramite decreto, modalità che non è contemplata nella composizione del d.lgs. 66/17 all’art. 9 comma 10 (cui si aggiunge il comma 11). Per quanto concerne la convocazione, ricordiamo che le Linee guida ministeriali del 2009 prevedono che il DS, prima della convocazione, si raccordi con la famiglia per fissare l’orario di incontro del GLO che, stante anche la normativa emanata in seguito all’emergenza Covid, può svolgersi in modalità online. 
Secondo quesito: per quanto concerne la tempistica il 31 ottobre è sicuramente una data da perseguirsi proprio e soprattutto per esigenze didattiche. 
Terzo quesito: i corsi di aggiornamenti rivolti ai docenti curricolari non specializzati per le attività di sostegno, come precisato nel decreto n. 188/2021, sono e restano obbligatori; si precisa che tali corsi non perdono obbligatorietà a fronte della circolare ministeriale con la quale è stato solamente precisato che i docenti, obbligati, saranno invitati a partecipare. L’obbligatorietà potrebbe decadere unicamente se lo decide una eventuale sentenza del TAR.


Desidererei sapere se è possibile, secondo la normativa vigente, che una alunna tetraplegica con altre gravi patologie, possa usufruire della DaD su espressa richiesta della famiglia.

Poiché l’alunna dispone di certificato di fragilità, in base all’Ordinanza 8 ottobre 2020, n. 134, può avvalersi della DAD. 


Sono una docente scuola infanzia con contratto part-time di 15 ore e referente unico di disabile l. 104/92 comma art.3. Ho fatto domanda di essere assegnata a una sezione a turno antimeridiano ma il dirigente ha risposto che chi ha il contratto part-time non puo’ essere impiegato a turno antimeridiano. E’ cosi’ oppure no? Qual e’ la normativa a conferma di tale risposta? Alla luce dell’organico dell’ autonomia della legge 107/15 non e’ piu’ semplice l’assegnazione al turno antimeridiano? Il fatto che sia referente unico di disabile con l.104/92 comma 3 art. 3 mi da’ la possibilta’ (preferenza) di essere assegnata al turno antimeridiano? Chiedo per favore riscontro in merito perche’ ho una situazione familiare e scolastica molto delicata. 

Essendo la scuola a tempo pieno, è molto probabile che, in relazione al suo orario di servizio, lei, come del resto i suoi colleghi, possa essere impegnata in orario postmeridiano e/o antimeridiano. In genere, in base alla contrattazione di Istituto, viene fissato il numero massimo di giorni da impegnare per effettuare il servizio postmeridiano; provi a informarsi al riguardo. In ogni caso le suggeriamo di rivolgersi al sindacato di categoria.


Sono un’insegnante di sostegno in una scuola primaria. Dovrei andare in quarta dove sono dalla prima con 2 bambini ma oggi la referente mi ha comunicato che la Dirigente mi lascia in quarta con la bambina e mi toglie dalla classe dove c’è l’altro alunno per mandarmi in prima. Chiedo se è possibile togliere la continuità che è un diritto.

Fermo restando il principio che la continuità è un diritto che interessa indistintamente “tutti gli alunni della classe” e che coinvolge, di conseguenza, tutti i docenti della classe (e non solo quello specializzato, incaricato su posto di sostegno), se un docente, come nel suo caso, è presente nello stesso Istituto, deve essere riassegnato alla classe o alle classi nelle quali ha prestato servizio l’anno precedente, proprio per garantire la continuità educativo-didattica, fondamentale, come scritto, per tutti gli alunni della classe. Questo vale per tutti i docenti. Essendo lei in possesso di titolo di specializzazione polivalente, non sussistono neppure motivazioni che possano portare ad un suo eventuale spostamento dalla classe in cui ha operato lo scorso anno. A nostro avviso risulta arbitraria la decisione comunicatale e lesiva del diritto allo studio degli alunni della classe quarta.  Che cosa fare? In prima istanza le suggeriamo di contattare il Dirigente scolastico, per avere la certezza della corretta riassegnazione (che potrebbe essere negata solamente se la famiglia ha espressamente detto no alla sua presenza, ma che, da quanto scrive, non sussisterebbe).  Con il dirigente scolastico lei può insistere sia per il fatto che lei è specializzata, ed è in possesso di un titolo polivalente, sia per il principio di continuità didattica, sancito nell’art. 1 comma 181 lettera c) n. 2 della legge n. 107/2015 (detta buona scuola). In caso di palese diniego da parte del capo d’Istituto, le suggeriamo di parlarne subito con i genitori dell’alunno con disabilità o degli alunni con disabilità, affinché scrivano una PEC alla Dirigente Scolastica mettendo, per conoscenza, l’Ufficio Scolastico Regionale e il Ministero dell’Istruzione, con richiesta di applicazione immediata del principio di continuità didattica, di cui alla legge 107/2015, art. 1, comma 181, lettera c), numero 2.   Nella lettera i genitori possono aggiungere che se non si provvederà a garantire la continuità didattica, considerato il fatto che lei presterà servizio nella stessa istituzione scolastica, essendo di ruolo e in possesso di specializzazione per le attività di sostegno, essi si vedranno costretti a rivolgersi alla Magistratura


Sono un’insegnante di un alunno disabile con programmazione differenziata, la mia domanda e’ questa: puo’ l’alunno partecipare all’esame di qualifica professionale che si consegue al terzo anno di un istituto professionale agrario, e se si, mi potete dare tutti i riferimenti normativi attuali?

Purtroppo risulta che, per i corsi integrati, la formazione professionale non accetta alunni con PEI differenziato, come avviene per le scuole. Si dovrebbe invece pretendere che tali alunni partecipino, conseguendo, essendo il percorso differenziato, l’Attestato dei crediti formativi maturati. Tuttavia non risulta che il Ministero abbia preso una posizione al riguardo. Si potrebbero avanzare quesiti, sia alla lista delle FAQ, pubblicata nel sito del Ministero, che alla Direzione Generale per lo studente e a quella per gli Ordinamenti. Se ci mandate una copia di tali quesiti, cercheremo di sollecitare le risposte.


Sono la referente per l’inclusione di un Istituto comprensivo. Un’alunna in ingresso alla scuola primaria, certificata in base all’articolo 3, c. 3 della L 104/92, necessita di un pasto semiliquido. Quest’anno, per ragioni legate alla pandemia, il Comune fornirà il servizio mensa attraverso un lunch box recapitato nel plesso e costituito da 2 panini. La richiesta dei genitori dell’alunna di un pasto speciale  è stata respinta. E’ corretto? Quali soluzioni possono esserci/si sono adottate in situazioni simili?

Poiché l’alunna è stata iscritta l’alunna nel mese di febbraio, nel momento in cui la scuola veniva informata delle particolari necessità dell’alunna, avrebbe avrebbe dovuto immediatamente informare il servizio mensa in merito a questa necessità imprescindibile; non avendolo fatto a tempo debito, la scuola deve farlo ora, in modo che servizio provveda di conseguenza, pena la sua inadempienza al contratto di mensa e conseguente denuncia per discriminazione nei confronti della scuola.


Ho un bambino affetto dalla Sindrome genetica rara, che frequenta la quarta elementare e che, l’anno prossimo, passerà in quinta. Ha un sostegno di 22 ore purtroppo con una maestra che, fin dalla prima elementare,  durante questi quattro anni, si è dimostrata non adatta per le necessità e bisogni che ha il ragazzo più che altro nel comportamento. Il problema l’ho fatto presente al dirigente sia a chi era in carica fino al anno scorso sia al nuovo dirigente che diciamo ha “usato un po’ del suo potere “ per far sì che io non la disturbassi più di tanto (io e mio figlio siamo stranieri). Vorrei sapere se io come famiglia e come soluzione estrema posso rinunciare al sostegno per questa quinta elementare ritenendo che l’attuale maestra di sostegno, che è di ruolo, porta più danno  al ragazzo che aiuto, e se, alla nuova iscrizione dell’anno prossimo alle medie, mio figlio potrà di nuovo usufruire del sostegno? Esiste questa possibilità senza avere altre  ripercussioni?

La presenza del docente di sostegno dovrebbe essere una garanzia di qualità del percorso formativo degli alunni con disabilità, non certo un ostacolo. Tenga, tuttavia, presente che i risultati raggiunti da suo figlio sono frutto dell’azione di tutti i docenti della classe e non di uno soltanto: infatti tutti gli insegnanti della classe sono insegnanti di suo figlio e sono tutti egualmente responsabili anche degli aspetti educativi. In altre parole, se dal punto di vista educativo, come lei scrive, vi è un fallimento, esso è da attribuire a tutti i docenti, non ad uno soltanto. In base al principio sancito nella sentenza del Consiglio di Stato n. 245 del 2001, se non si riesce a realizzare un valido rapporto educativo tra allievo e docente per il sostegno, si può chiedere la sostituzione del docente, indipendentemente dalla sua  capacità professionale, che può anche essere massima, ma può succedere che non si riesca a realizzare il richiesto rapporto educativo con l’allievo. Pertanto, per il prossimo anno, le suggeriamo di non chiedere di rinunciare al docente di sostegno, bensì di chiedere la sostituzione dell’attuale, citando gli estremi della sentenza sopra indicata. Quanto a richiedere il sostegno per la scuola secondaria di primo grado, sicuramente lei ha sempre il diritto di richiederlo, poiché trattasi di un diritto, anche quando, per qualche anno precedente, si sia rinunciato al sostegno.


Sono la docente di sostegno da 3 anni di una bimba gravemente ipovedente. A settembre andtrà alla primaria e l’Unione Ciechi ed io stessa abbiamo convenuto sulla necessità di farle avere un banco ergonomico. Ad oggi nessuna risposta che indichi a chi attiene l’acquisto del banco. Io pretendo che abbia un banco che salvaguardi la sua schiena e la favorisca nella letto- scrittura. Dunque chi deve comprare il banco?

I banchi speciali sono giuridicamente qualificati come “arredo scolastico”. L’assegnazione degli arredi scolastici è di competenza dei Comuni per le scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di Primo grado; pertanto dica al Dirigente Scolastico che inoltri immediatamente la richiesta al Comune sede della scuola o al consorzio di Comuni di cui fa parte il comune dove la scuola ha sede.


Sono un insegnante precario e da qualche settimana ho saputo di aver superato lo scritto del concorso straordinario bandito.  A breve sarò invitato a inserire l’ordine di preferenza di tutte le provincie della regione. Purtroppo ho una sorella con 104 che assisto e sinceramente sarebbe impossibile per me seguirla a 300 km di distanza. Fino ad ora mi sono sempre arrangiato lavorando ad una distanza accettabile ma mi chiedevo se ora ho diritto a qualche “agevolazione”. E’ vero che ho i genitori ma sono over 70. 

L’art 33 della legge n. 104/92 stabilisce che il lavoratore, che assiste persona con disabilità grave ex art 3 comma 3 l.n. 104/92, la quale non abbia altro parente in grado di assisterla, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede più vicina al domicilio della persona da assistere. “Ove possibile” significa che, ad esempio, esistano sedi libere nei pressi del domicilio dell’assistito. Comunque lei può chiedere la sede più vicina. In mancanza, può chiedere l’assegnazione provvisoria per motivi di famiglia nello stesso comune dell’assistito, se esistono sedi disponibili in quel comune. Potrà poi chiedere il trasferimento dopo il primo anno o quando, dopo altri anni di assegnazione provvisoria, si renderà libera la sede da lei richiesta.


Sono una docente della scuola primaria. In questi giorni dobbiamo rivedere i criteri per la formazione delle graduatorie in caso di domande eccedenti il tempo pieno per l’ anno 2021-22. La famiglia con alunno disabile grave art. 3 comma 3  legge 104/92 ha la precedenza assoluta per l’ iscrizione al tempo scuola richiesto anche se l’ alunno non è residente/domiciliato nel comune in cui afferisce la scuola nella quale dovrebbe iscriversi?

Trattandosi di scuola statale, se l’alunno è certificato con art. 3 comma 3, ha diritto di precedenza assoluta, anche se la sua residenza è in un comune diverso. 


Sono entrata di ruolo nel corrente anno scolastico su sostegno DH (assegnato dal ministero ). Sono risultata perdente posto (siamo in due ad essere entrate con il sostegno DH) e rientrata nel mio Circolo come sostegno sugli psicofisici dopo la domanda di trasferimento condizionata.  La referente sul sostegno mi ha comunicato che perderò il mio alunno, che daranno alla collega, in quanto sono rientrata con altra dicitura. Ora, premesso che è la prima volta che sento parlare di tale procedura e avendo un titolo polivalente, vorrei chiedere se vi è una normativa di riferimento in cui viene sancita tale procedura e cosa posso fare per restare nella mia classe.

Se un docente, pur perdente posto, resta nella stessa scuola, deve essere riassegnato alla classe o alle classi nelle quali ha prestato servizio, proprio per garantire la continuità educativo-didattica, fondamentale per tutti gli alunni della classe. Questo vale per tutti i docenti. Peraltro essendo lei in possesso di titolo di specializzazione polivalente, le affermazioni della funzione strumentale sono prive di fondamenta. La figura responsabile dell’assegnazione dei docenti alla classe è il dirigente scolastico; ed è sua la responsabilità, anche se delega altri per coadiuvarlo. 
In prima istanza le suggeriamo di contattare il Dirigente scolastico, per avere la certezza della corretta riassegnazione (che potrebbe essere negata solamente se la famiglia ha espressamente detto no alla sua presenza).
Con il dirigente scolastico lei può insistere sia per il fatto che il suo è un titolo polivalente, sia in base al principio di continuità didattica, sancito nell’art. 1  comma 181 lettera C n. 2 della legge n. 107/2015, la legge detta buona scuola. 
In caso di palese diniego, le suggeriamo di parlarne subito con i genitori dell’alunno con disabilità o degli alunni con disabilità, affinché scrivano una PEC al Dirigente Scolastica mettendo, per conoscenza, l’Ufficio Scolastico Regionale e il Ministero dell’Istruzione, con richiesta di applicazione immediata del principio di continuità didattica, di cui alla legge 107/2015, art. 1, comma 181, lettera c), numero 2.  
I genitori possono aggiungere che se non si provvederà al garantire la continuità didattica, considerato il fatto che lei presterà servizio nella stessa istituzione scolastica, essendo di ruolo, si vedranno costretti a rivolgersi alla Magistratura. 


Sono un’insegnante di sostegno scuola secondaria II grado vorrei gentilmente sapere come dovrebbe svolgersi il colloquio orale di una candidata esterna diversamente abile considerando che i candidati interni diversamente abili che seguono una programmazione per obiettivi minimi possono svolgere il colloquio orale dell’esame di stato sapendo prima lo snodo da trattare, l’UDA di Ed Civica da trattare, e il testo di Italiano da analizzare. (prova equipollente scelta dal consiglio di classe). In questa situazione particolare, la candidata esterna diversamente abile è una ex- allieva  che seguiva una programmazione per obiettivi minimi e che ha effettuato l’interruzione di frequenza prima del 15 marzo 2021 e pertanto è già conosciuta dal consiglio di classe; io sono la sua insegnante di sostegno del corrente anno scolastico.Il colloquio della candidata dovrebbe riguardare gli snodi interdisciplinari oppure solo il programma disciplinare del 5 anno? Se si può parlare degli snodi se ne potrebbero assegnare solo uno o due su dieci? E’ possibile avere l’ex insegnante di sostegno ( cioè io) al colloquio orale?In realtà è una situazione particolare perchè è un’alunna che per problemi di salute ha scelto di ritirarsi e adesso ha presentato domanda per effettuare gli esami di stato da esterna. Potete aiutarmi a capire come agire?

Per i candidati privatisti con disabilità normalmente si applica, per analogia, quanto stabilito dal decreto ministeriale del 10 dicembre 1984 concernente gli esami di candidati privatisti con disabilità di licenza media, che le alleghiamo. Segua queste indicazioni. È da ritenere che lei possa essere assistente per gli esami, come è previsto dal decreto. Quanto al contenuto del colloquio, riteniamo che si debba seguire lo stesso schema dei colloqui dei candidati interni, ovvero quanto indicato dall’Ordinanza ministeriale in merito, avendo quale riferimento il PEI, sicuramente già predisposto a inizio di anno scolastico.


Sono la mamma di un bambino disabile certificato art.3 comma 3.Mio figlio frequenta la quarta elementare e quest’anno è stato un anno proficuo grazie ad un insegnante di sostegno che è riuscito a farlo addirittura leggere e scrivere (cosa che gli insegnati degli anni precedenti non erano riusciti a fare). Tra loro si è creato un bellissimo rapporto. Il bambino è sereno e va volentieri a scuola.Pertanto volevo chiedere se c’è la possibilità che lo stesso insegnante venga riconfermato anche il prossimo anno, insegnante precario che è stato “pescato” dalle GPS.Può il dirigente scolastico, a seguito anche di una mia richiesta scritta motivata e suffragata da relazioni degli specialisti, riconfermare lo stesso docente?

Purtroppo manca ancora una norma applicabile per ottenere quanto lei chiede. Non resta che sperare che non venga nominato altro precario con punteggi maggiori dell’attuale insegnante. Se però ciò dovesse accadere, l’unica possibilità è di verificare se il nuovo docente nominato nella scuola di suo sia disposta a prendere il posto nella scuola dove è stato nominato l’attuale docente. Se i due docenti fossero d’accordo, basta parlare con i due Dirigenti scolastici; se anche loro fossero d’accordo, dovrebbero richiedere e confidare nell’ottenere l’autorizzazione allo scambio. Questo è quanto possibile fare. 


Sono una docente dichiarata temporaneamente inidonea a seguito di mia richiesta di cambio mansione. Ora sono utilizzata in qualità di addetta al servizio biblioteca, svolgendo le mie 36 ore settimanali. Usufruisco da poco dei benefici della L 104/92 per mia madre e mi è capitato di voler chiedere 3 ore di permesso (avendo letto che per il personale ATA, in base all’art 32 del CCNL 2016-18, può fruire del frazionamento in ore dei tre giorni di permesso di cui all’art.33, c.3 L104/92), ma mi è stato risposto che nel mio caso si applica l’art 15 c.6 che prevede che per i docenti i permessi possano essere fruiti solo in giorni. E’ una delle diverse situazioni in cui, stando in questo limbo tra le due categorie di lavoratori, regna la confusione su come applicare la normativa. Mi potreste essere d’aiuto?

Dal momento che il suo stato giuridico è stato tramutato in quello di personale ATA con conseguente modifica dell’orario di servizio e delle funzioni da svolgere, riteniamo che a lei debba applicarsi la normativa sui permessi a ore e non quella dei permessi a giorni, riguardante esclusivamente i docenti, che hanno un orario di servizio particolarmente legato alla didattica; infatti ciò non dovrebbe valere per chi non svolge più attività didattica. Se vuole essere certa, si informi col suo sindacato.


Sono una docente della primaria. La legge vieta la presenza di 2 alunni con disabilità grave nella formazione delle classi prime. Nel nostro istituto abbiamo soltanto una classe a tempo di 40 ore ed una classe a tempo di 30, ed abbiamo 2 alunni in gravità ed entrambi hanno scelto l’ iscrizione a 40 ore per le future classi prime della primaria. Cosa possiamo fare? Dobbiamo vedere se nel PEI viene consigliata dalla neuropsichiatra uno specifico tempo scuola? Se le famiglie avessero entrambe necessità di un tempo scuola lungo, come dobbiamo muoverci? 

Il DPR 81/2009 ha abolito la norma che fissava il numero massimo di alunni con disabilità per classe; pertanto è lecito che, in una classe, siano presenti più alunni con disabilità. Esistono, è vero, delle sentenze che impongono la presenza di un solo alunno, ma, in questo caso, dovrebbe essere la famiglia a inoltrarlo. Per quanto riguarda la composizione delle classi, trattasi di competenza e responsabilità della scuola, non di altri (come il neuropsichiatra o altre figure ancora). I genitori, invece, devono poter scegliere per i propri figli il tempo-scuola che desiderano; e questo la norma lo prevede. Si ricorda infine che, in base all’art. 5 del DPR 81/2009, la classe in cui sono iscritti uno o più alunni con disabilità deve essere formata da 20 alunni (massimo 22).


Sono un’insegnante di sostegno con ancora mille dubbi. Vorrei avere la conferma del fatto che ne caso di un alunno con PEI non si debba farne menzione dello stesso nel giudizio finale.

Solo per gli alunni della secondaria di secondo grado per i quali sia stato adottato un PEI differenziato va esplicitato il richiamo al fatto che la valutazione è effettuata in base al PEI. Diversamente, nel giudizio finale, non è necessario fare richiamo al PEI.


Un’alunna che ha compiuto a gennaio 22 anni che segue una programmazione con obiettivi differenziati che non ha mai ripetuto nel ciclo della scuola secondaria di secondo gradi e si trova in classe quinta può essere non ammessa all’esame per consentirle di ripetere l’anno? Fino a che età può frequentare la scuola?

La scuola accompagna gli alunni con disabilità nel loro percorso verso l’adultità: è un passaggio delicato e importante, che non va procrastinato nel tempo, ma vissuto, esattamente come avviene per i coetanei. Peraltro, la non ammissione non può essere concordata a tavolino o utilizzata in modo strumentale. Tenga presente che, normalmente, con il PEI differenziato non è possibile ripetere l’anno; infatti la ripetenza è prevista a fronte del mancato raggiungimento degli obiettivi fissati nel PEI. Ora, gli obiettivi descritti nel PEI differenziato non corrispondono a quelli ministeriali, sono cioè tarati sulla base delle effettive capacità dell’alunno e possono essere modificati in qualsiasi momento per adeguarli alle sue effettive capacità e potenzialità; pertanto lo studente raggiunge sempre gli obiettivi del suo PEI e, quindi, non può ripetere. Invece di pensare alla ripetizione, sarebbe molto più efficace e utile far predisporre per lui, nell’ottica del Progetto di Vita, un Progetto Individuale, come indicato nell’art. 14 della legge n. 328/2000 e richiamato dall’art 6 del decreto legislativo n. 66/17. Queste norme prevedono che, su richiesta dell’interessato o della famiglia, il Comune di residenza convochi una conferenza di tutti i servizi necessari a garantire, in base alla legge stessa, una buona qualità di vita dell’alunna con disabilità; al tavolo di lavoro prendono parte la famiglia, la studentessa e gli operatori sociosanitari, che seguono l’alunna, come pure tutti i soggetti pubblici e privati o del privato sociale che sia opportuno e necessario coinvolgere. Questa progettualità è molto più utile che fare ripetere un anno, poiché alla fine dell’anno di ripetenza, la questione del Progetto di Vita si ripresenterebbe comunque; meglio avviare la progettualità da subito.


Sono una docente della scuola primaria. Nel mio Istituto, in questi giorni dobbiamo rivedere  i criteri per la formazione delle graduatorie in caso di domande eccedenti il tempo pieno per l’ anno 2021/22 poiché dall’ ufficio scolastico abbiamo avuto la comunicazione che le future classi prime della primaria saranno soltanto 2 e non 3.  Quindi avremo 1 sezione a tempo di 40 ore( invece di averne due come avevamo fino a quest’ anno) e 1 sezione a tempo di 30 ore. Questo ci porta a dovere rivedere i criteri per a formazione delle graduatorie in caso di domande eccedenti il tempo pieno. Quello che però mi preme chiedere è sapere cosa è previsto per gli alunni disabili. Ho visto che le iscrizioni degli alunni disabili non possono essere rifiutate: ma oltre a questo le famiglie hanno la precedenza anche nella scelta del tempo scuola che l’ alunno dovrà frequentare oppure nella graduatoria la scuola deve attribuire  un punteggio per l’ alunno con disabilità.

Se l’alunno ha la certificazione di gravità, ai sensi dell’art 3 comma 3 della legge n. 104/92, egli ha la precedenza assoluta, come scritto nello stesso comma 3. Se la scuola si rifiuta di rispettare tale comma, minacciate ricorso al Tar per violazione di legge, chiedendo la sospensiva del provvedimento di rifiuto.


Sono un’insegnante di sostegno di un istituto superiore e mi sto trovando in difficoltà nel capire se, per gli alunni certificati che si sono iscritti al primo anno della scuola superiore (quindi passeranno dalla terza media al primo liceo) è necessario redigere il PEI provvisorio. 
In quali casi e per quali alunni la scuola superiore deve convocare il GLO e redigere il PEI provvisorio (entro il 30/06)?

Il PEI provvisorio è redatto al fine di definire le proposte di sostegno didattico o di altri supporti necessari per sviluppare il progetto di inclusione relativo all’anno scolastico successivo. 
In base all’art. 16 del Decreto interministeriale 182/2020, il PEI provvisorio, che deve essere elaborato entro il 30 giugno, è da predisporsi unicamente per gli alunni neocertificati, ossia per coloro che hanno ricevuto una certificazione di condizione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica:
–        sono alunni in ingresso nella scuola per la prima volta (i bambini della scuola dell’Infanzia o, se non hanno frequentato la scuola dell’infanzia, i bambini che accedono alla primaria)
–        sono alunni già frequentanti la scuola. 
Sempre l’art. 16, al comma 3, prescrive le sezioni da compilarsi ai fini della stesura del PEI provvisorio: 
a. Intestazione e composizione del GLO;
b. Sezione 1 – Quadro informativo, con il supporto dei genitori;
c. Sezione 2 – Elementi generali desunti dal Profilo di Funzionamento;
d. Sezione 12 – PEI provvisorio per l’a. s. successivo;
e. Sezione 4 – Osservazioni sull’alunno per progettare gli interventi di sostegno didattico;
f. Sezione 6 – Osservazioni sul contesto: barriere e facilitatori.
Nota bene: la elaborazione del PEI è sempre di pertinenza della scuola di destinazione, fatta eccezioni per gli alunni la cui certificazione è consegnata dalla famiglia alla scuola nei mesi terminali dell’ultimo anno di ciascun segmento scolastico, ovvero dopo il 31 marzo. In tal caso, per la stesura del PEI, viene convocato un docente dell’ordine e/o grado di scuola successivo. 


Avrei necessità di un parere circa il caso di un’alunna diversamente abile, con difficoltà di apprendimento, frequentante la terza media per la seconda volta, seguita per 6 ore settimanali da un’insegnante di sostegno. La ripetenza della terza classe è stata una scelta condivisa e fortemente voluta dalla famiglia, in quanto l’alunna all’epoca appariva ancora molto immatura, non pronta per affrontare il percorso alla scuola superiore. Ovviamente, prima che si deliberasse per la ripetenza, nei diversi incontri con la madre della ragazza, la scuola ha sottolineato che l’eventuale ripetenza avrebbe avuto senso solo se la ragazza avesse frequentato, migliorando così le sue scarse e precarie abilità sociali.
Gli obiettivi riportati sul PEI sono infatti riferiti all’inserimento e socializzazione e alla frequenza scolastica. Purtroppo anche quest’ anno non è andata meglio degli altri anni, anzi, siamo a 77% di assenze. Secondo lei dovremmo comunque ammetterla all’esame di Stato, considerato che ha già ripetuto?
In questo caso, considerato che difficilmente sarà in grado di sostenere un esame minimamente sufficiente, si può dare attestato formativo o solo per il fatto che è presente, avrà di diritto il diploma?

La scuola deve sicuramente impegnarsi per promuovere la socializzazione, ma deve anche garantire gli apprendimenti, fissando obiettivi di apprendimento coerenti con le effettive capacità dell’alunno con disabilità. Nel PEI, dove si descrivono gli obiettivi educativi, e fra questi anche la socializzazione, vanno obbligatoriamente indicati gli obiettivi di apprendimento. 
In merito a quanto accaduto lo scorso anno scolastico, si rammenta che la responsabilità della non ammissione non è imputabile in alcun modo alla famiglia; la decisione dell’ammissione o meno all’esame di Stato è in capo unicamente ai docenti del Consiglio di classe.
Per quanto concerne l’anno scolastico in corso, l’ammissione all’esame di Stato resta ancora di responsabilità esclusiva del Consiglio di classe. Quali prove proporre durante gli esami che, quest’anno, consistono in un’unica prova orale? Bisogna fare riferimento agli obiettivi di apprendimento descritti nel PEI: le prove devono essere coerenti con il PEI, ossia con quanto effettivamente svolto (d.lgs. n. 62/2017, legge n. 104/92). Superate le prove d’esame, lo studente consegue regolare titolo di studio.
In considerazione di quanto da lei scritto, ovvero dei risultati non pienamente positivi, avreste dovuto provvedere, in corso d’anno, a modificare gli obiettivi. La bocciatura è di per sé pedagogicamente non coerente. Nel caso specifico va detto che un’ulteriore ripetenza risulterebbe ancor più inopportuna, in quanto avvalorerebbe la logica del parcheggio. Il suggerimento, pertanto, è di predisporre, coerentemente con quanto indicato nel PEI, le prove d’esame e di rilasciare, superate le prove, il relativo titolo di studio. Se lo studente dovesse non presentarsi all’esame, si procederà con il rilascio dell’attestato di credito formativo.


Sono la mamma di un ragazzo con handicap grave  100% che frequenta l’ultimo anno di un liceo. Al g.l.h.o. di dicembre su mia richiesta e approvazione dell’asl ho chiesto la permanenza di un altro anno scolastico, tutti hanno approvato all’unanimità, ora hanno cambiato idea senza nessuna altra riunione. Non ho firmato il pei e non intendo firmarlo. C’e qualche normativa che può aiutare mio figlio , nel permanere un altro anno?

Dipende dal percorso scelto per lo studente e indicato nel PEI di suo figlio: 
–        se si tratta di PEI semplificato (ovvero ordinario o personalizzato), suo figlio potrebbe non farsi interrogare in questi ultimi giorni, impedendo così ai docenti di poterlo valutare e rischiando, di conseguenza,  di non essere ammesso agli esami (certamente se i docenti già dispongono di sufficienti elementi di valutazione, la questione non si porrà). Se viene ammesso, dovrebbe fare scena muta in sede d’esame; in questo modo la Commissione, non disponendo di elementi per valutarlo positivamente, potrebbe indicare esame non superato e quindi lo studente dovrebbe ripetere l’anno. Se invece non si presenta agli esami, verrà promosso automaticamente, conseguendo un Attestato di credito formativo, ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. 62/2017;
–        se si tratta di un PEI differenziato, allora sarà praticamente non possibile ipotizzare una ripetenza, in quanto gli obiettivi fissati nel PEI, che risultano adeguati alle capacità del ragazzo, possono anche essere ridotti in qualunque momento e, pertanto, egli potrà solo raggiungerli ed essere ammesso all’esame di Stato; superate le prove “non equipollenti”, per lui predisposte, sarà promosso e riceverà l’Attestato di credito formativo. Per completezza si ricorda che se suo figlio non si dovesse presentarsi agli esami di Stato, la scuola provvederà comunque a rilasciargli  l’Attestato di credito formativo, ai sensi del già citato art. 20 del d.lgs. 62/2017.


Sono una docente di una scuola superiore di secondo grado.  La pubblicazione e condivisione dei Pei sulla bacheca docenti del registro elettronico scolastico è atto rispettoso della legge oppure i Pei devono essere custoditi e consultati in cartaceo, presso la segreteria, dato che in essi ci sono dati sensibili?  Nel caso si possano condividere sulla Bacheca Docenti, il D.S. non dovrebbe richiedere in forma scritta, con Circolare ai docenti tale adempimento?

L’accesso  al registro elettronico della classe deve essere consentito solo ai docenti e ai genitori della classe; ovviamente i genitori possono avere accesso solo alle informazioni che riguardano, rispettivamente, i propri figli e non possono accedere ai dati degli altri alunni.  Dovete assicurare le protezioni elettroniche in tal senso. Infatti dovrebbe già esservi un piano di sicurezza elettronica della scuola e un incaricato della sicurezza elettronica, che ha la responsabilità in caso di  facile accesso a chi non ne ha diritto con conseguenze di sanzioni gravi da parte del Garante della tutela dei dati personali.


Alla scuola secondaria di primo  grado  in cui insegno,  sono stati assegnati due insegnanti  come potenziamento anticovid.  Nei primi mesi dell’anno scolastico,  , essi sono stati  utilizzati  , anche, per seguire una “classe incubatrice ” di circa una ventina di ragazzi da alfabetizzare, assieme ad altri colleghi curriculari. L’esperienza   si è conclusa   con le vacanze di Natale. Ora, ,però,  da alcuni mesi,  l’attività  (classe incubatrice) ė ripresa,   per solo sei (6) alunni.Questo impiego  dei due docenti , a mio avviso, crea problemi nella gestione delle supplenze. A volte, poiché  i due colleghi di potenziamento sono occupati a svolgere lezione ai sei alunni, le supplenze sono “affidate” ad insegnanti di sostegno, nonostante il loro ragazzo diversamente abile  sia presente.Cortesemente chiedo,  ė giusto  utilizzare le risorse anti covid  in queste … mansioni?Si può  usare l’insegnante di sostegno come … tappabuchi?

La scuola, nella sua autonomia, può decidere come e quando utilizzare i docenti del potenziamento, ma non può assolutamente togliere il docente per il sostegno all’alunno con disabilità; non può cioè sottrarre ore di sostegno, facendogli svolgere supplenze. Ciò è espressamente vietato non solo dalle Linee guida ministeriali del 4 Agosto 2009, ma è anche in palese contrasto con tutta la normativa e con la cultura inclusiva italiana. L’autonomia scolastica è di carattere amministrativo e non può modificare disposizioni di legge che hanno una forza gerarchica superiore; e le norme in materia stabiliscono che se ad un alunno viene assegnato un certo numero di ore (per il quale talora si deve ricorrere ai Giudici), quel numero di ore non può essere ridotto dalla scuola per nessun motivo, perché esso è previsto per legge; neppure le leggi possono modificarlo, perché è garantito da numerosissime sentenze della Corte costituzionale.


Nella nostra scuola (paritaria) c’è una bimba con handicap a cui erano state assegnate 10 ore settimanali di sostegno,  due ore al giorno dal lunedì al venerdì.  Poi la famiglia ha deciso di farla frequentare da subito solo dal mercoledì al venerdì.  Noi abbiamo mantenuto le due ore giornaliere in quanto le altre 3 ore sono coperte dall operatore . La bambina infatti fa l orario antimeridiano dalle 8 alle 13.00. Ora la mamma ci chiede, a partire dalla settimana prossima di far frequentare la bimba anche il martedì,  la scuola ha provveduto ad assegnarle le due ore di sostegno,  ma non essendoci disponibilità di operatore del ulss la mamma sostiene che la scuola deve farsi carico delle restanti due ore quelle che la bambina non usufruisce il lunedì. Mi chiedo se la richiesta è lecita dal momento che è una scelta della famiglia non farla frequentare il lunedì. Ultima domanda se l’ulss non ha personale a disposizione ed essendo la bambina non autonoma (è in carrozzina) l’insegnante di sezione può prendersi la responsabilità di tenerla in classe senza supporto per garantire a tutti i bambini sicurezza?

Riteniamo che, se un certo numero di ore di sostegno sono state assegnate in considerazione dell’orario scolastico pieno e se la famiglia, per suoi motivi, ritiene di far frequentare la figlia per un numero di ore inferiore, allora, proporzionalmente, debba ridursi il numero delle ore assegnate. Inoltre, se trattasi di bimba con sedia a ruote, non pare necessaria la presenza per tutte le ore di frequenza in classe dell’assistente per l’autonomia, dal momento che la bambina, nella sua sezione, normalmente non dovrebbe spostarsi di posto. Se c’è un problema di sicurezza dei compagni, allora non è più problema di autonomia dell’alunna, ma di evitare che essi vadano a sbattere contro la sedia ferma ed allora trattasi di problema organizzativo della scuola e di intervento, posto a cura dei docenti della sezione. 


Vorrei sapere se nel caso di PEI curricolare l’insegnante specializzata può esigere di visionare preventivamente le prove delle verifiche scritte delle varie discipline, pur essendo stata informata sull’argomento oggetto della prova e sulla tipologia della prova (che ricalcano gli esercizi svolti sia in classe che a casa in preparazione del compito), malgrado la contrarietà del docente curricolare referente?

Una volta concordato tra docente per il sostegno e docente curricolare quali debbano essere i livelli e le modalità di organizzazione delle singole prove, il docente per il sostegno potrebbe anche non visionare le stesse. Se però la trasformazione delle prove in forma equipollente risultasse difficoltosa o complessa per il docente curricolare, è chiaro che il docente per il sostegno non solo deve vedere le prove, ma deve intervenire operativamente, esattamente come avviene talora in sede di esame di Stato su richiesta espressa del presidente di commissione. In sintesi, il docente per il sostegno può chiedere al collega di prendere visione delle prove per una maggiore sicurezza in relazione alla loro coerenza con il principio di “prove equipollenti, di cui all’art 6 comma 1 del dpr n. 323/1987.


Un docente riconosciuto invalido civile al 67% può continuare ad esercitare tale professione ?

Una decisione di tal genere dipende dall’esito della visita medico-legale, visita alla quale egli può sottoporsi spontaneamente salvo che, come avviene in taluni casi, non sia richiesta dal DS. È, infatti, la Commissione medico-legale che decide se  il docente è totalmente inabile rispetto a una determinata attività professionale, se può svolgere un’altra, rientrante nelle sue scelte professionali (ad esempio: biblioteca o lavoro in segreteria), oppure se sia definitivamente inabile a qualunque attività lavorativa. 
Nel primo caso il docente o va in biblioteca o in Segreteria; nel secondo, viene messo in pensione anticipata.


Dopo aver avuto il sostegno da quando il mio bimbo ha iniziato la materna (per ritardo psico motorio legge 104 art. 3 comma 3 certificato) fino alla prima elementare, quest’anno una nuova neuropsichiatra facendo la rivalutazione ha stabilito ( avendo definito che è affetto da autismo Asperger livello 1) che il sostegno non è necessario ma gli basta solo una adp. Le insegnanti invece sostengono la necessità del sostegno perché organizza e programma le attività rimodulando con i docenti le lezioni per aiutarlo ed integrarlo.. puo’ gestire anche altri bambini cosa che una adp non può fare ad es. per poter creare delle situazioni ad hoc per dargli modo di interagire con i pari (la sua grossa difficoltà).
La scuola vuole avere il sostegno, anche una riduzione ma almeno qualche ora, la neuropsichiatria no. 
Anche noi genitori vorremmo il sostegno, anche ridurlo ma gradatamente per vedere come andrà. Come possiamo fare? La scuola senza sostegno non lo vuole in carico ..a rimetterci sarà mio figlio. Potete consigliarmi se c’è un modo per tutelarlo?

A questo punto è necessario convocare urgentemente il GLO; durante l’incontro potete verbalizzare le diverse posizioni. Al termine, siccome gli orientamenti didattici sono di competenza dei docenti contitolari della classe e le osservazioni dell’ASL, che partecipa ai lavori del GLO, risultano essere un contributo, riportate nel verbale l’indicazione dell’ASL come pure la volontà dei docenti e della famiglia. E dato che gli insegnanti ritengono necessarie le risorse, allora nel verbale dovrà essere motivato il  non accoglimento del suggerimento fornito dall’ASL (ossia la non richiesta di ore di sostegno), ciò ai sensi dell’art. 4 comma 9 del DI 182/2020.


Vorrei sapere se la relazione finale che viene redatta a fine anno dal docente di sostegno, deve essere firmata dal solo docente di sostegno o anche dall’intero cdc.

Se vogliamo rispettare la normativa inclusiva, secondo la quale l’alunno con disabilità è uno di tutti gli alunni della classe ed è quindi alunno di tutti i docenti della stessa, la relazione  finale per l’alunno con disabilità deve essere elaborata congiuntamente da tutti i docenti del Consiglio di Classe e dagli stessi firmata; altrimenti si legittimerebbe la delega dl progetto inclusivo, illegale, purtroppo assai diffusa nelle nostre scuole, al solo docente per il sostegno da parte dei colleghi curricolari.


Sono una docente di scuola secondaria superiore, referente Dipartimento Sostegno e BES/DSA. Le scrivo per avere alcuni chiarimenti su come procedere in merito al caso di una candidata esterna all’Esame di Stato che dovrà sostenere le prove preliminari nel mese di maggio. Trattasi di studentessa che già ebbe a frequentare il nostro Liceo ma che si ritirò nell’a.s. 2018/2019 per gravi problemi di salute psicofisica. Al tempo, fu steso un PDP per alunno BES non DSA che prevedeva numerose misure dispensative e compensative. Ora la ragazza ha 20 anni e si presenta come privatista, dopo aver superato il 4° anno presso altra scuola, fornendo soltanto un foglio di INVALIDITA’ CIVILE, L. 102/2009, art. 20. Le domande sono le seguenti:
1) Da parte della coordinatrice: “Chiedo solo se non sia vincolante che la normativa prescriva di consegnare la documentazione contestualmente all’iscrizione presso l’USR e se sussista un obbligo da parte della scuola anche in assenza di tale presentazione”
2) Io vorrei avere chiarezza su come procedere, sia nella richiesta di eventuale altra documentazione sanitaria all’interessata, cui attenersi e dalla quale trarre una relazione da consegnare al Presidente di commissione, in caso di ammissione all’Esame di Stato, sia sulla necessità di stendere un nuovo PDP (anche se suppongo che non ci competa, trattandosi di privatista). 

Se la candidata chiede di avvalersi della normativa sulla disabilità, allora deve produrre, oltre alla certificazione di invalidità già presentata, l’accertamento ai sensi dell’art. 3 della legge 104/92 che, unitamente alla certificazione di invalidità della Commissione INPS, dà diritto ad essere riconosciuto alunno con disabilità, e la Diagnosi Funzionale rilasciata dall’ASL. 
Senza la certificazione dell’art 3 della legge n. 104/92 e senza la Diagnosi Funzionale, documento che delinea gli ambiti in cui tale diritto deve esplicarsi, la candidata non può avvalersi del riconoscimento di “studentessa con disabilità”, da cui scaturirebbe il suo diritto a formulare, con la scuola dove sosterrà gli esami da privatista, il programma per lo svolgimento degli esami con relative prove equipollenti, e ad avvalersi, per analogia, dei criteri per gli esami dei candidati privatisti con disabilità nella scuola media (Decreto Ministeriale 10 dicembre 1984).
Se la studentessa, invece, fornisse alla scuola la diagnosi di DSA, allora potrebbe beneficiare dei soli strumenti compensativi, in quanto agli esami di Stato sono vietate le misure dispensative.
Se, altra ipotesi, dovesse rientrare in un riconoscimento come studentessa con Bes, per svantaggio socio-economico-linguistico-culturale, non si potrà fare ricorso a nulla, in quanto la normativa prevede questo riconoscimento unicamente per gli alunni interni, riconoscimento peraltro rimesso rimessa ad una decisione autonoma del Consiglio di classe, decisione concordata con la famiglia


Sono un’insegnante di sostegno della scuola secondaria di primo grado e quest’anno mi sono ritrovato a seguire un ragazzo down che frequenta la classe seconda. Il suddetto alunno disabile compirà il prossimo mese 18 anni, vorrei cortesemente sapere se il prossimo anno avrà diritto a completare il suo ciclo di studi pur avendo compiuto 18 anni 

L’obbligo scolastico si conclude a 16 anni, ossia dopo dieci anni di frequenza e ciò si verifica, ordinariamente, nella secondaria di secondo grado. L’obbligo formativo, invece, si conclude al compimento del diciottesimo anno di età; quindi dopo i 18 anni lo studente non potrà accedere ai percorsi diurni, ma potrà sicuramente iscriversi ai corsi serali, previsti per gli adulti.


Sono docente di un alunno con certificazione 104 dall’ infanzia. Frequenta la classe quinta della scuola primaria, per cui a settembre passerà alla scuola secondaria di primo grado. Tutti gli anni, anche questo è bastato compilato il vecchio modello del PEI. Ho un dubbio. Per il passaggio alla scuola secondaria dobbiamo compilare il nuovo modello del PEI provvisorio?

Il PEI Provvisorio non è previsto per gli alunni già certificati per i quali è stato predisposto un PEI per l’anno scolastico in corso. 

Il Pei provvisorio, come stabilito dall’art. 16 del Decreto interministeriale 182/2020, è redatto entro il 30 giugno per gli alunni neo-certificati nel corso dell’anno scolastico o per alunni certificati di nuova iscrizione; la redazione del PEI provvisorio è stata introdotta “allo scopo di definire le proposte di sostegno didattico o di altri supporti necessari per sviluppare il progetto di inclusione relativo all’anno scolastico successivo”.


Il dirigente del mio Istituto non vuole consentire la frequenza in presenza con un piccolo gruppo per l’ inclusione agli alunni con Bes C ma solo ai Bes A e C.  Leggendo la nota di chiarimento del 12 marzo, però si evince che la frequenza in presenza è prevista per tutti  gli alunni con bisogni educativi speciali senza distinzione. Mi potete dare delucidazioni in merito. 

La norma stabilisce la frequenza degli alunni con disabilità in condizioni di “reale inclusione” (piccolo gruppo eterogeneo); inoltre, in generale, parla di BES e quindi prevede la frequenza non solo degli alunni con disabilità certificata e con diagnosi di DSA, ma anche degli alunni “non con BES” come pure di alunni con BES “transitori”, riconosciuti cioé dal Consiglio di classe o dal Team docente, per i quali sia stato predisposto un PDP (cfr. Nota 2563/2013). 


Mio figlio ha un disturbo dello spettro autistico con pattern ipercinetico e difficoltà dell’attenzione, art. 3 comma 3 della legge 104, e frequenta la classe seconda della scuola dell’infanzia.
A gennaio la neuropsichiatra dell’Asl ha compilato la diagnosi funzionale e la stessa è stata trasmessa a scuola per la richiesta del docente di sostegno e del personale Asacom (quest’ultima è stata fatta per l’anno scolastico corrente in quanto i comuni hanno fatto una proroga). L’assistente Asacom è arrivata per 10 ore settimanali (per quest’anno scolastico), ovviamente il docente di sostegno arriverà l’anno prossimo. Attualmente nella classe di mio figlio è in corso un’attività di osservazione e supporto ai docenti e all’assistente da parte della psicologa del centro dove il bambino fa la terapia. Il bambino ha difficoltà nelle attività al tavolo (deficit di attenzione), nelle relazioni (comunica farfugliando) e nel tratto grafico. Le maestre dicono che lo trattano come gli altri, che deve fare le stesse cose degli altri, sono titubanti nell’usare i rinforzi (un libro illustrato, una macchinina, una canzone) perchè lo vedono gli altri bambini, non vogliono che l’assistente sia sopra al bambino perche’ deve imparare a fare da solo. A quanto ho capito non vogliono che si faccia tutto questo in assenza di Pei! Cosa dice la normativa riguardo le strategie da adottare per un bambino con 104 ma senza docente di sostegno? Si puo’ comunque redigere il Pei, anche ad Aprile? Chi decide le ore che devono essere attribuite a mio figlio? Dipende dal comma?
Stiamo cercando di fare il possibile per aiutare i docenti curriculari (incontro asl-scuola, osservazione psicologa, Asacom, consigli) ma incontro resistenze da parte loro a causa dell’assenza di questo documento.

Va precisato che anche nel mese di marzo, se richiesto, l’insegnante di sostegno deve essere fornito dall’Ufficio Scolastico Regionale, in quanto la normativa stabilisce che appena depositata a scuola la certificazione, ovvero copia del Verbale di accertamento e della Diagnosi Funzionale, per l’alunno scatta il diritto al sostegno. Se invece la famiglia è disposta, per quest’anno, a rinunciare al docente per il sostegno, è libera di farlo; comunque il PEI deve essere formulato dai docenti della classe, nell’apposita riunione del GLO con la partecipazione della famiglia e degli operatori sociosanitari, che seguono l’alunno, compresa, pertanto, anche l’esperta del metodo ABA. Non è, infatti, la presenza del docente incaricato su posto di sostegno a determinare la stesura del PEI, bensì la presenza della documentazione sanitaria che, una volta consegnata, determina per la scuola  l’obbligo di chiedere e nominare un docente da incaricarsi su posto  di sostegno e, anche senza di lui, di formulare un Piano Educativo Individualizzato. 


Abbiamo ricevuto al richiesta da parte di un genitore di bambino portatore di handicap motorio di adeguare il bagno per diversamente abili presente nella scuola, appena ristrutturato, per modellarlo alle esigenze del figlio.
Nella fattispecie ci chiede di posizionare un wc di dimensioni ridotte e di abbassare il piano del lavandino e l’altezza del rubinetto.
Siamo piu che disponibili ad aiutare il bambino (scuola primaria) ma ci chiediamo se adeguando le dimensioni del bagno alle esigenze del piccolo ci ritroviamo poi con un bagno non a norma.
Esiste una normativa specifica per le scuole materne e primarie ovvero delle deroghe?

Il DPR 24 luglio 1996, n. 503Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, all’art. 8 fissa specifici criteri ai punti 4.1.6. e 8.1.6.; nei punti indicati, infatti, sono precisati i criteri di accessibilità in relazione al “w.c.” e al “lavato”.  Per la questione esposta, comunque, potreste rivolgervi all’Ufficio Tecnico che ha curato la messa a norma del bagno.


Sono la madre di un bambino che frequenta la classe 5ª primaria.
Mio figlio usufruisce dell’insegnante di sostegno, in quanto in possesso di una diagnosi di disabilità cognitiva di grado lieve. (I test hanno rivelato una forte disomogeneità e squilibrio tra l’intelligenza verbale, in media, e l’intelligenza non verbale, non in norma).
A parte questo, volevo segnalare che mio figlio è l’unico alunno della sua classe a poter frequentare in presenza, in virtù dell’ultima nota del miur, che ha escluso la frequenza in presenza ai figli degli operatori sanitari, forze dell’ordine ed insegnanti.
Ho dunque chiamato l’insegnante di sostegno (arrivata a scuola da una settimana circa in sostituzione della precedente) per sapere come viene gestita l’interazione di mio figlio con il resto della classe in dad. (Vista l’età dei bambini, segnalo che molti genitori assistono alle lezioni e, in questo modo, vengono a sapere che mio figlio è in classe in quanto disabile.)
Mi viene detto, dall’insegnante in questione,che mio figlio non viene inquadrato o al massimo viene inquadrato per pochi secondi, però viene chiamato per NOME a rispondere, dalla maestra curricolare di turno.
Mi chiedo dunque se posso segnalare il caso al garante della privacy, perché ora sarà resa pubblica a tutti i genitori della classe, con tanto di identità, lo stato di disabilità di mio figlio. 

La Nota ministeriale emanata il 7 marzo 2021, in perfetta consonanza con la normativa precedente, stabilisce il diritto alla frequenza in presenza in condizioni di reale inclusione degli alunni con disabilità e di alcuni compagni della classe, creando un piccolo gruppo eterogeneo di alunni, dei quali, la scuola deve aver acquisito la disponibilità dei genitori. Rispetto a ciò, pertanto, deve far presente alla scuola che le condizioni di reale inclusione devono essere garantite.
In relazione alla questione della violazione della privacy, non riteniamo che sussista; i compagni, infatti, avranno sicuramente già raccontato ai propri genitori di avere un compagno “speciale” o “con disabilità” e quindi la cosa dovrebbe esser nota .
Quello che è importante, invece, è che i docenti facciano lezione a suo figlio e a un piccolo gruppo di compagni in presenza a scuola e che, contemporaneamente, si colleghino con il resto della classe, che si trova a casa, proprio per garantire condizioni di reale inclusione.


Sono un’insegnante di sostegno di una scuola secondaria di secondo grado. Vorrei sottoporre un quesito alla Vs attenzione in merito alla redazione del PEI. Nell’istituto frequentano due ragazzi con la L 104 privi di Diagnosi Funzionale non avendo fatto richiesta dell’insegnante di sostegno: è obbligo redigere per ciascun ragazzo il PEI in ogni caso?

Se la famiglia non presenta alla scuola copia della Diagnosi Funzionale edanche copia del Verbale di accertamento, la scuola non può chiedere il docente di sostegno e, sicuramente, non può redigere il Piano educativo Individualizzato, previsto per chi, in seguito agli accertamenti della legge 104/92, è riconosciuto come “alunno con disabilità”, mediante produzione, per l’appunto, del Verbale di accertamento e della relativa Diagnosi Funzionale.


In questi giorni le scuole di ogni ordine e grado sono state chiuse in alcune regioni. Nella mia provincia ancora non abbiamo avuto chiusure, ma nell’ eventualità che ciò avvenisse, vi chiedo come si dovrà comportare la scuola per erogare il servizio educativo agli alunni diversamente abili? Io seguo un caso di un alunno autistico che non beneficerebbe assolutamente della didattica a distanza. Nei precedenti DPCM era prevista la scuola in presenza per alunni con disabilità insieme ad un piccolo gruppo di compagni. Sarà ancora possibile? 

La normativa sul diritto allo studio in presenza con alcuni compagni, anche in zone rosse, è ribadita dal nuovo DPCM del 2 marzo 2021 agli artt. 21 e 43. La frequenza in presenza deve garantire “condizioni di reale inclusione”; al riguardo si richiamano la Nota 343/2021, firmata dal Capo Dipartimento prof. Bruschi,  il Piano scuola, allegato al DM 39/2020, il DM 89/2020 e l’art. 12 comma 2 della legge 104/92.


Sono un assistente sociale. Si è rivolta a me una mamma di due gemelline nate a dicembre che il prossimo anno scolastico dovrebbero frequentare la prima elementare. La mamma vorrebbe posticipare, non solo per l età ma anche per qualche problema che la neuropsichiatra ha certificato. Il rinvio è possibile, solo che la scuola chiede i certificati di invalidità, che lei e il marito non vogliono fare. E’ possibile che non si possa fare questo posticipo di frequenza senza certificato di invalidità? 

La normativa vigente consente, in via eccezionale e documentata, il trattenimento alla scuola dell’Infanzia per un ulteriore anno scolastico, e per non più di un anno, per i soli alunni adottati, previo specifico iter e a fronte del parere favorevole del dirigente scolastico. Da quanto da voi scritto, non sussistono le condizioni per una richiesta, seppur straordinaria.


Un allievo con una diagnosi di handicap art. 3 comma 3 e una programmazione differenziata sia negli obiettivi, in caso di trasferimento da una scuola superiore a un’altra deve necessariamente sostenere l’esame integrativo per le materie non frequentate precedentemente?

Così come per tutti gli altri studenti, se previsto, si procede a esami integrativi. Il PEI differenziato non necessariamente corrisponde a obiettivi totalmente differenti da quelli della classe. Lo conferma anche il Consiglio di Stato che, in una sua decisione, stabilisce che lo studente non debba sostenere le prove integrative su tutte le materie del nuovo istituto, ma solo su quelle ritenute necessarie dalla nuova scuola.


Dal momento che in questi giorni si sta predisponendo la richiesta per l’organico di sostegno per l’a.s. 2021-22, avrei bisogno di sapere come comportarmi per la richiesta della cattedra relativa ad un alunno con disabilita’ i cui genitori hanno richiesto la ripetenza al Cdc della terza scuola secondaria di primo grado in cui e’ iscritto il figlio. 
La cattedra che gli dovra’ essere assegnata al momento non la posso richiedere?
Dovrò fare una richiesta in deroga dopo lo scrutinio del secondo quadrimestre?

Fermo restando che la scuola  non può, prima dello scrutinio finale, prevedere la non ammissione di un alunno, ritengo che dobbiate indicare in organico di diritto l’alunno in uscita. Se poi dovessero sussistere gli estremi per una non ammissione all’esame di Stato, decisione di competenza esclusiva del Consiglio di classe che valuta se l’alunno ha raggiunto o meno gli obiettivi fissati nel PEI (la non ammissione non può e non deve essere decisa dalla famiglia), allora chiederete in organico di fatto lo stesso numero di ore o di più se già non gode della cattedra completa, secondo la normativa sulle deroghe.
Dovrete però anche chiedervi, in caso di non ammissione, come mai l’alunno non abbia raggiunto gli obiettivi del suo PEI: forse gli obiettivi erano troppo alti? Perché in tal caso avreste dovuto ridurli; forse perché troppo bassi; perché in tal caso avreste dovuto modificarli.


Ho bambina con handicap che fa la seconda elementare. Il comune non vuole dare amia figlia l’assistente alla persona e, a scuola, il dirigente non vuole fare domanda per l’educatrice aba alla comunicazione, perché dice che, per il covid, non può fare entrare persone a scuola per la sicurezza degli alunni. Io non so cosa fare.

Il DM 39/2020 e il DM 89/2020, come pure il DPCM 3 novembre 2020 e la Nota 1990/2020 ribadiscono che gli alunni con disabilità e parte dei loro compagni di classe, anche in caso di zona rossa, hanno diritto a frequentare la scuola in presenza. Sia in presenza che, eventualmente, in didattica a distanza, all’alunno deve essere garantita la figura professionale che, in forza dell’art. 13 comma 3 della legge 104/92, è professionalmente capace di farlo comunicare e quindi di realizzare il suo diritto allo studio.  Se nel PEI è prevista la figura professionale, di cui all’art. 3 c. 3 della legge 104/92, allora il Dirigente Scolastico deve rivolgersi al Comune e chiedere che venga garantita tale figura; se invece tale figura non è prevista nel PEI, allora il DS non potrà richiederla. È necessario pertanto che, come genitori, chiediate la convocazione del GLO e, in tale sede, chiediate la presenza della figura dell’assistente.  Se il GLO non dovesse accogliere la vostra richiesta, assicuratevi che venga messo a verbale e, quindi, potete procedere ricorrendo alla Magistratura, affinché venga garantita la vostra richiesta. 


Non trovando normativa in merito chiedo cortesemente di sapere se i giorni di sabato e domenica, giorni in cui il centro fisioterapico non presta le cure essendo chiuso al pubblico, sono inclusi od esclusi dal computo dei 30 giorni di congedo.

Nel corso di ogni anno i soggetti destinatari del beneficio e secondo le modalità indicate dall’art. 7 del D.lgs. 119/2011 possono fruire, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni. Durante il periodo di congedo, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Risulta evidente che il sabato e la domenica siano esclusi dal computo dei 30 giorni di congedo straordinario, come lo sono tutte le festività e le giornate nelle quali, per legge, non ci sono prestazioni lavorative.


Avrei bisogno di un Vostro aiuto nell’interpretazione del Decreto 182 del 29/12/2020 avente per oggetto “Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66”.
Nello specifico, mi riferisco all’articolo 4, comma 4 che recita “Il GLO è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza”.
Leggendo il decreto e in particolare l’articolo 3 comma 1 “Il GLO è composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe e presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato. I docenti di sostegno, in quanto contitolari, fanno parte del Consiglio di classe o del team dei docenti” e l’articolo 3 comma 2 “Partecipano al GLO i genitori dell’alunno con disabilità o chi ne esercita la responsabilità genitoriale, le figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica, che interagiscono con il gruppo classe e con l’alunno con disabilità nonché, ai fini del necessario supporto, l’unità di valutazione multidisciplinare” mi sembra di comprendere che membri del GLO saranno il dirigente scolastico e il consiglio di classe, mentre sono considerati partecipanti i genitori, le figure professionali (interne o esterne alla scuola) e il rappresentante dell’unità di valutazione multidisciplinare della ASL di residenza.
Alla luce di questa considerazione e leggendo quanto recita l’articolo 4, comma 4, mi chiedo:
– il GLO è da considerarsi valido anche se i genitori sono impossibilitati a parteciparvi?
– Il GLO è valido anche se il rappresentante dell’unità di valutazione multidisciplinare è impossibilitato a parteciparvi? 
– dato che l’approvazione del PEI è di pertinenza del GLO, considerati anche gli apporti degli altri partecipanti (genitori, professionisti, unità di valutazione multidisciplinare), mi chiedo se in caso di assenza di questi ultimi il GLO sarà validamente costituito e potrà approvare il PEI. 
–  relativamente all’articolo 4 comma 4, mi chiedo se il GLO è validamente costituito anche se non sono presenti tutte le componenti (membri o partecipanti) oppure è valido anche se tutte le componenti sono presenti ma non tutte esprimono il proprio parere, “la propria rappresentanza”, in merito ai punti all’ordine del giorno relativi alla convocazione del GLO.

Concordiamo sul fatto che molti articoli del decreto siano scritti molto male e che vadano riscritti per assicurare chiarezza a tutti. Il GLO, così come declinato all’art. 3 comma 1 del D.I. 182/2020,  è composto dai docenti della classe presieduti dal D.S.; partecipano ai lavori del GLO, come specificato dalla Linee guida e dal D.I. all’art. 3 comma 2, i genitori, e, previa autorizzazione del D.S., un rappresentante nominato dell’ASL, professionisti interni alla scuola, come i collaboratori scolastico o un rappresentante del Nuovo GLI o la funzione strumentale, professionisti esterni alla scuola, come gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione o un rappresentante del GIT, il Gruppo per l’Inclusione Territoriale non ancora operativo; agli incontri del GLO, a titolo consultivo e non anche decisionale, può partecipare uno specialista proposto dalla famiglia, previa autorizzazione del DS. 
Va precisato che il GLO non è un organo collegiale; tuttavia se una componente, regolarmente convocata, non partecipa, le sue riunioni sono egualmente valide.
Una delle questioni più delicate potrebbe riguardare il mancato accordo, ossia la difficoltà a individuare un “accomodamento ragionevole” in sede di definizione di PEI. Alcuni, fra cui l’avv. Nocera, sostengono che, in questi casi, o si arriva a una votazione oppure è necessario introdurre una norma che preveda l’istituzione di una piccola commissione, composta dal D.S., dalla famiglia e da un ispettore che la presiede, che assume le decisioni; in mancanza, la situazione rimarrebbe bloccata ed il PEI non potrebbe essere approvato.


Sono una docente di sostegno . Ho inviato un certificato per 4 gg. Le mamme degli alunni diversamente abili che seguo mi chiedono dopo quanti giorni viene nominato un supplente o vi è un docente sostituto. Io non so rispondere perché mi accorgo che scuole diverse hanno comportamenti diversi sulla nomina del sostituto del docente di sostegno.  Ho letto poi la sentenza della corte d’appello che dichiara interruzione di pubblico servizio la mancata nomina anche di un solo giorno

La normativa più recente, contenuta nell’ultima circolare sulle supplenze, stabilisce che nelle scuole di ogni ordine e grado, il DS deve nominare il supplente dopo il primo giorno di assenza; ciò perché nominare un supplente lo stesso giorno in cui il titolare comunica di assentarsi non è semplice. Probabilmente la Sen tenza da lei citata riguardava un comportamento omissivo del DS, protrattosi a lungo, e il giudice avrà voluto calcare la mano. Comunque, anche durante il primo giorno, i docenti assenti sono sostituiti i docenti a disposizione o con i docenti del potenziamento, in quanto la classe non può, per quelle ore, rimanere priva di docenti.


Sono un’insegnante di sostegno di scuola primaria che ha bisogno di un chiarimento rispetto alla valutazione degli alunni diversamente abili in situazione di gravità (art. 3 comma 3) che non riescono a seguire il programma della classe. Ho un alunno molto grave con un PEI quasi totalmente individualizzato. L’alunno presentando una diagnosi clinica molto grave non riesce ad effettuare nessuna forma di valutazione né scritta né orale. Il team docente pertando partendo da quanto dettagliato nel PEI  cerca di assegnare una valutazione che non sia demotivante ma che metta in evidenza gli sforzi fatti dal bambino e i progressi che sta facendo. Durante lo scrutinio nel redigere il giudizio globale la scrivente come altri colleghi di sostegno nella stessa situazione al termine del giudizio abbiamo riportato la seguente dicitura:
I suoi progressi sono stati significativi raggiungendo in maniera soddisfacente gli obiettivi di apprendimento prefissati nel piano educativo individualizzato.  Oppure in modo più semplice la valutazione è stata effettuata in base al PEI.
A seguito di ciò mi è stato comunicato che questa dicitura è discriminante.
Ho letto nelle varie normative, che questo va riportato ma vorrei capire se solo nella S.S.I.G o S.S.II.G. essendo previsto un esame finale e un diploma,oppure se posso per normativa riportarlo anche alla scuola primaria. Visto che il bambino segue ad esempio una programmazione di fine scuola dell’infanzia inizio prima pur essendo inserito in una classe terza di scuola primaria, ritengo che apporre da qualche parte che la valutazione va fatta in base al PEI sia essenziale. Potete chiarirmi le idee?
Inoltre vorrei capire come gestire la situazione rispetto alla lingua inglese. Il bambino non verbalizza, per ora il team docente sta valutando solo la presenza in classe e la partecipazione all’ascolto di canzoncine in lingua. Con il team di classe pensiamo che il bambino dovrebbe essere esonerato dalla valutazione per la lingua straniera ma a livello normativo come posso tutelarlo?

La progettazione del percorso scolastico di un alunno con disabilità deve essere effettuata sulla base delle effettive capacità e potenzialità dell’alunno, evitando di associare la disabilità a una forma di “incapacità”. Dal punto di vista pedagogico, l’alunno va riconosciuto come persona. Il docente deve assumere un atteggiamento coerente in tal senso, anche nel linguaggio.  Dovendosi formulare un PEI sulla base delle sue effettive capacità dell’alunno, così come stabilito dall’art. 16 comma 2  della legge n. 104/92, come insegnanti della classe dovete indicare e specificare nel PEI gli obiettivi adatti a lui e, di conseguenza, valutarlo sulla base di questi. Anche ildecreto legislativo n. 62/2017 stabilisce che la valutazione deve essere effettuata sulla base del PEI, principio ripreso dall’Ordinanza Ministeriale 172/2020 che, all’art. 4 comma 1, puntualizza quanto segue: “La valutazione delle alunne e degli alunni con disabilità certificata è correlata agli obiettivi individuati nel piano educativo individualizzato predisposto ai sensi del dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66”. Per quanto concerne l’aggiunta nella scheda di valutazione  della dicitura “valutazione effettuata in base al PEI”, dato che essa non modifica nulla rispetto alla valutazione, che si basa sul PEI, come risulta agli atti, non occorre aggiungerla. Stando al nuovo PEI, che sarà adottato il prossimo anno scolastico, come fissato dalla Nota 40/2021 e come precisato nei webinar promossi dallo stesso Ministero, dal prossimo anno scolastico, e non anche dall’attuale, si potrà esprimere una valutazione per aree disciplinari o per discipline o per gruppi disciplinari. Secondo l’avv. Nocera la suddivisione in aree disciplinari è possibile già a partire dal corrente anno scolastico, in quanto l’art. 21 comma 1 del DI stabilisce che il modello di PEI in esso adottato e le relative indicazioni a corredo debbano essere applicate già dal corrente anno scolastico.


Sono mamma di un bambino autistico, con Legge 104 , iscritto ad una scuola paritaria. Durante l’anno in corso l’insegnante di sostegno ha lasciato il posto per incarico nello statale . Mio figlio al momento è senza sostegno ma è comunque assistito dalle assistenti alla comunicazione per tutto il tempo della sua permanenza scolastica .
Le mie domande sono :
1 la scuola paritaria che ha regolarmente accolto un alunno disabile è obbligata, come è prassi nello statale, a provvedere  alla ricerca di un sostegno?
2 nel caso in cui il sostegno non si trovi essendo a febbraio ormai state assegnate quasi tutte le cattedre come si deve procedere?
3 spiegazioni e normativa circa il diritto di rifiutare il sostegno . Essendo quest’ultimo un diritto e non un obbligo .

Le scuole paritarie, proprio in forza della legge n. 62/2000, hanno l’obbligo di adeguarsi alla normativa delle scuole statali, in tema di garanzia del diritto allo studio degli alunni con disabilità, pena la perdita della parità scolastica. Quindi la scuola paritaria, come le scuole statali, deve provvedere alla nomina di un docente per il sostegno dopo il primo giorno di assenza del titolare, come espressamente previsto nell’ultima circolare sulle supplenze. Nella legge di Bilancio, peraltro, lo Stato ha stanziato maggiori somme proprio a favore delle scuole paritarie per la nomina di docenti per il sostegno e quindi anche per le supplenze; in tal caso, il DS deve chiedere il relativo importo quando comunica la nomina del supplente, dal momento che le scuole paritarie scelgono liberamente i docenti ed i supplenti senza  basarsi sulle graduatorie Quanto alla rinuncia o alla sostituzione del docente per il sostegno, ci si basa sui principii contenuti nella sentenza del Consiglio di Stato n. 245/2001. Se si rinuncia al sostegno, essendo il sostegno un diritto e non un obbligo, l’alunno mantiene comunque tutti i diritti degli alunni con disabilità, quali la predisposizione del PEI, le modalità di verifica e i criteri di valutazione personalizzati, le prove equipollenti (se in scuola secondaria), l’eventuale presenza dell’assistente all’autonomia  e alla comunicazione, etc. Se invece si chiede la sostituzione del docente di sostegno, con la motivazione contenuta nella sentenza citata, ovvero di “non essersi realizzato un valido rapporto educativo tra docente ed alunno”, allora la famiglia può chiedere la nomina di un altro docente. Infine, se la famiglia ritira formalmente la certificazione di disabilità e la documentazione correlata, allora l’alunno sarà considerato come alunno “non con disabilità” e il suo percorso formativo sarà lo stesso previsto per la classe alla quale egli è iscritto; oppure se la famiglia concorda con i docenti di far deliberare loro il riconoscimento di “alunno con BES” (ossia alunno con svantaggio socio-economico-linguistico-culturale), allora il Consiglio di classe redigerà un Piano didattico personalizzato a favore dell’alunno, che così potrà fruire, a discrezione dei singoli docenti, di strumenti compensativi e/o di misure dispensative e/o di criteri di valutazione eventualmente personalizzati (Nota 2356/13), fermo restando che gli obiettivi disciplinare sono gli stessi previsti per la classe frequentata. Si rammenta che la condizione “BES” è una condizione transitoria e non può pertanto perdurare per l’intero ciclo scolastico.


Seguo un alunno con programmazione differenziata che quest’anno frequenta l’ultimo anno di scuola superiore. Con la didattica a distanza l’alunno è stato poco presente o meglio è stato quasi del tutto assente. Non ha mai amato particolarmente la scuola e la didattica a distanza non ha fatto altro che allontanarlo ancora di più. Ora, con il ritorno in presenza, lui si rifiuta di rientrare continuando ad accumulare giorni di assenza. Una tale situazione a cosa porta? Bocciatura? Nella nostra scuola c’è il problema che non c’è una quarta classe, futura quinta, quindi sarebbe eventualmente impossibilitato a rifrequentare il prossimo anno. E comunque resta la non volontà del ragazzo di frequentare la scuola. Come traghettarlo verso la fine di questo anno? Sarebbe possibile un ritiro da scuola per evitare la bocciatura e farlo presentare direttamente agli esami? Se si, cosa succederebbe se agli esami non si presentasse? Il ragazzo, in tutti questi anni , si è sempre categoricamente rifiutato di entrare in classe quindi dubito fortemente che possa presentarsi di fronte ad una commissione d’esame.

Qualunque soluzione pensiate di adottare come Consiglio di Classe, essa deve essere assunta e discussa in sede di GLO, con la presenza della famiglia e dello specialista dell’ASL che segue l’alunno e che lo conosce.  In relazione alle assenze, si tenga presente che il DPR n. 122/09 prevede che esse possano essere sanate con la presentazione di un certificato medico, che le giustifica, coerentemente con le deroghe fissate dal Collegio Docenti. In merito alla possibilità di un ritiro dello studente, che dovrebbe presentarsi poi agli esami di Stato, si tenga conto che, prima degli stessi, egli dovrà sostenere le prove integrative relative al quinto anno, nel quale non ha avuto il giudizio di ammissione agli esami. Infine, se lo studente con disabilità non dovesse presentarsi agli esami, la scuola provvederà a rilasciargli l’Attestato di Credito formativo conclusivo del secondo ciclo di istruzione, come previsto dall’art. 20 del D.lgs. 62/2017. Lo studente potrebbe poi iscriversi ai corsi serali per gli adulti e beneficiare dei diritti previsti per gli alunni con disabilità, a eccezione del sostegno didattico, avendone già fruito nei cinque anni di frequenza della scuola secondaria di secondo grado. 


Sono un collaboratore scolastico. Essendo residente con i miei due nonni uno dei quali con legge 104 comma 3 art 3 volevo chiedervi se mi spetta il congedo straordinario in quanto unico convivente e residente con loro.

Se lei è l’unica persona che può prestare assistenza a suo nonno, sicuramente può prendere i 3 giorni  di permesso retribuito; essendo anche convivente con il nonno, può fruire anche dei due anni di congedo retribuito. Parli con il suo datore di lavoro e dichiari, mediante una autocertificazione, che lei è l’unico a poter assistere suo nonno, non essendovi altri congiunti che possano occuparsi di lui.


Relativamente agli alunni e alle alunne con disabilità e quindi con Pei, nel nostro istituto comprensivo stiamo procedendo con delle descrizioni più personalizzate delle dimensioni dei livelli, in particolar modo descrivendo meglio le autonomie e le risorse che posso essere messe in atto (soprattutto per le disabilità più severe), mantenendo quindi i livelli delle linee guida e scegliendo per loro gli obiettivi dai relativi PEI. Stiamo procedendo bene? E’ possibile inserire nella descrizione dei livelli la breve premessa: “In conformità con quanto espresso nei Pei, l’alunno/a è in grado. di….”, e per gli alunni con altri tipi di Bes e con PDP, “In conformità con quanto stabilito nel PDP, l’alunno/a …”; la domanda è se sia possibile citare Pei e Pdp sulle schede di valutazione senza ledere la privacy delle famiglie. 

In conformità al d.lgs. 62/2017 non va fatta menzione del PEI o del PDP nella scheda di valutazione. Se ciò, attualmente, è chiarissimo e inconfutabile per gli alunni con BES, senza certificazione (terza sottocategoria, per riprendere un’infelice espressione della normativa vigente), e per gli alunni con diagnosi di DSA ai sensi della legge 170/2010, per i quali gli obiettivi corrispondono interamente a quelli definiti per la classe alla quale sono iscritti (e ciò deriva proprio dalle norme citate), ciò, come precisa l’avv. Salvatore Nocera, rientra in una condizione di possibilità per gli alunni con certificazione ai sensi della legge 104/92, e unicamente per loro, in quanto solo per loro è previsto un percorso personalizzato (ovviamente non vi è applicazione se gli obiettivi sono identici o se si discostano lievemente da quelli della classe).  Il problema della privacy, infatti, si pone in quanto l’Ordinanza sulla valutazione nella Primaria, che introduce i giudizi, limitatamente al corrente anno scolastico, 2020-2021, e al prossimo anno scolastico, 2021-2022, prevede che nella scheda di valutazione siano indicati gli obiettivi; trattandosi chiaramente di “obiettivi” per lo più diversi, unicamente per gli alunni con disabilità, e appurato che il d.lgs. 62/17 stabilisce che non sia fatta menzione nella scheda di valutazione che essa è effettuata sulla base del PEI, emerge la questione violazione della privacy. Secondo l’avv. Nocera, come detto, tale rischio non sussisterebbe, in quanto la scheda viene rilasciata solo alla famiglia, che è libera di mostrarla o di tenerla nascosta. Il problema si può porre nel passaggio di scuola, ossia nel momento in cui il fascicolo personale dell’alunno viene trasmesso alla nuova scuola. Anche in questo caso, tuttavia, se la famiglia non vuole far sapere alla nuova scuola che il figlio è “alunno con disabilità”, può ritirare dal fascicolo della scuola precedente la documentazione apposita, prima che il DS trasmetta il fascicolo alla scuola. Qualora, invece, la famiglia voglia mantenere la qualifica di “alunno con disabilità”, non c’è violazione della privacy, poiché il passaggio di documentazione è un atto necessario, senza il quale l’alunno non può far valere i suoi diritti nella nuova scuola e coloro che consulteranno la documentazione, ossia i docenti della classe alla quale l’alunno sarà iscritto, sono tenuti sia per contratto professionale che per legge al mantenimento della riservatezza, ossia al segreto d’ufficio, pena, in caso di violazione, di denuncia penale.


Nella scuola di cui ho assunto la dirigenza lo scorso anno, è iscritto un bambino disabile alla classe attualmente alla classe quarta. Il bambino ha una grave patologia che lo costringe a stare a letto. recepisce solo suoni. I docenti mi riferiscono che impossibile qualsiasi approccio didattico. La famiglia non vuole nessun docente a casa e rifiuta qualsiasi percorso integrativo. La motivazione, ben comprensibile , e che  il ragazzo corre un rischio  elevato se contagiato, a causa elle condizioni cliniche preesistenti, sottostanti la disabilità. Come posso procedere al riguardo considerato che sono responsabile dell’organizzazione dell’inclusione degli alunni con disabiltà e della vigilanza sull’attuazione di quanto deciso nel PEI, nonchè dell’obbligo scolastico. 

Va detto che per ogni persona sussistono sempre le condizioni di apprendimento, purché la persona sia sollecitata attraverso strategiche e intenzionali azioni promosse, in questo caso, dai docenti della classe; va ricordato che l’integrazione scolastica, oggi inclusione scolastica, ha quale obiettivo «lo sviluppo delle potenzialità» della persona con disabilità «nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione» (art. 12 comma 3 della legge 104/92).  Ora, la questione di fondo è che la famiglia, per legittime motivazioni, rifiuta la presenza a casa di personale docente. Non viene meno, tuttavia, l’obbligo scolastico, al quale anche l’alunno è soggetto. Come procedere? Facendo riferimento agli obiettivi indicati nel PEI, ed eventualmente “modificando” quanto in esso già stabilito, la scuola deve attivare la modalità “a distanza”, invitando i genitori a rendere il bambino partecipe alle proposte che tutti i docenti della classe promuovono a favore dei loro alunni.  Le attività saranno coerenti con le capacità dell’alunno e facendo riferimento alle sue potenzialità (per esempio si possono proporre suoni, rumori, momenti di silenzio, attività ritmiche, suoni modulati con la voce, ritmi scanditi con le mani, con i piedi, con parte del corpo, coinvolgendo contestualmente tutti i compagni della classe).   L’eventuale modifica del PEI richiede la convocazione, online, del Gruppo di lavoro (nel caso in cui gli specialisti non si presentassero o chiedessero di posticipare eccessivamente l’incontro, ovvero non dessero alcuna disponibilità nell’immediato, l’incontro avrà comunque luogo e le decisioni assunte saranno formalizzate nel PEI).  Se la famiglia, nonostante la convocazione del GLO e la proposta di attività fattibili con modalità online, rifiutasse anche questa modalità, in qualità di capo di Istituto faccia presente alla famiglia che la mancata frequenza dovrà essere segnalata alle autorità competenti e che lei, pertanto, provvederà in tal senso. 


Sono un assistente specialistico, volevo sapere se, in caso di assenze frequenti e programmate di un insegnante di sostegno, a noi assistenti possono essere affidati 2 alunni. Le premetto che faccio questo lavoro da 6anni e nell’emergenza si fa, ma quando le assenze sono sistematiche e programmate, l’unica soluzione della scuola è quella di affidare 2 alunni ad 1 assistente. 

Nel momento in cui un docente incaricato su posto di sostegno si assenta, per malattia o altra motivazione, il Dirigente scolastico è tenuto a sostituirlo con un supplente dopo il primo giorno di assenza, come stabilito dalla Circolare ministeriale Prot. 38905 del 2019. Non può l’assistente all’autonomia e/o alla comunicazione – o assistente specialistico – sostituire un docente, in quanto trattasi di figura professionale diversa, i cui compiti e competenze differiscono da quelli del docente. Lei, pertanto, deve rifiutarsi di sostituire gli insegnanti assenti, facendo presente al dirigente scolastico che la sua presenza è correlata ad un alunno, al quale lei è personalmente assegnata, e che lei, in quanto lavoratore, deve seguire quanto previsto dal suo contratto. Se il DS dovesse insistere con tale impropria e illegittima prassi, le suggeriamo di far intervenire il responsabile dei servizi da cui lei dipende, affinché lei, come dipendente, possa essere tutelata. 


In qualità di Funzione Strumentale Inclusione della mia scuola,vista l’O.M. 172/2020volevo porLe il seguente quesito:- è possibile far riferimento esplicito al PEI dell’alunno, nella scheda di valutazione (nella descrizione del livello o nel giudizio descrittivo personalizzato o nel giudizio globale )inserendo la seguente espressione : IN RIFERIMENTO AGLI OBIETTIVI  PEI E ALLE CARATTERISTICHE PSICOFISICHE .

Nella scheda di valutazione, come prevede la normativa vigente, non si fa riferimento al PEI. Tale richiamo è previsto unicamente nella secondaria di secondo grado per gli studenti per i quali è stato adottato il percorso differenziato  Negli altri casi, percorso semplificato nella secondaria di secondo grado e nella scuola primaria e secondaria di primo grado, invece, il riferimento al PEI, nella scheda di valutazione come pure all’ALBO dell’istituto non è previsto e non è neppure consentito (rif. normativi D.lgs. 62/2017, Legge 67/2006 e normativa sulla privacy).  Ora, il problema della privacy si pone in quanto l’Ordinanza sulla valutazione nella Primaria, che introduce i giudizi, limitatamente al corrente anno scolastico, 2020-2021, e al prossimo anno scolastico, 2021-2022, prevede che nella scheda di valutazione siano indicati gli obiettivi; trattandosi chiaramente di “obiettivi per lo più diversi”, emerge la questione violazione della privacy. Secondo l’avv. Nocera tale rischio non sussisterebbe, in quanto la scheda viene rilasciata solo alla famiglia, che è libera di mostrarla o di tenerla nascosta. Il problema si può porre nel passaggio di scuola, ossia nel momento in cui il fascicolo personale dell’alunno viene trasmesso alla nuova scuola. Anche in questo caso, tuttavia, se la famiglia non vuole far sapere alla nuova scuola che il figlio è “alunno con disabilità”, può ritirare dal fascicolo della scuola precedente la documentazione apposita, prima che il DS trasmetta il fascicolo alla scuola. Qualora, invece, la famiglia voglia mantenere la qualifica di “alunno con disabilità”, non c’è violazione della privacy, poiché il passaggio di documentazione è un atto necessario, senza il quale l’alunno non può far valere i suoi diritti nella nuova scuola e coloro che consulteranno la documentazione, ossia i docenti della classe alla quale l’alunno sarà iscritto, sono tenuti sia per contratto professionale che per legge al mantenimento della riservatezza, ossia al segreto d’ufficio, pena, in caso di violazione, di denuncia penale. 


Sto raccogliendo informazioni per dare risposte rispetto ad un caso appena pervenuto al nostro servizio tramite i servizi sociali di residenza di un minore, diversamente abile , che compirà 16 anni a settembre 2021.Il ragazzo convive con una disabilità gravissima e il quadro generale della sua salute sconsiglierebbe assolutamente la frequenza di una scuola. L’iscrizione avrebbe dovuto essere effettuata durante lo scorso anno scolastico, ma la famiglia per una serie di problemi non ha provveduto e nessuno ha “segnalato” l’inadempienza fino ad ora. L’assistente sociale che ha appena iniziato a seguire la famiglia mi ha contattato per individuare la soluzione da preferirsi. Anzitutto volevo chiedere quando termina l’obbligo scolastico per questo ragazzo?  Mi sto preoccupando delle eventuali sanzioni soprattutto nei confronti di una famiglia straniera che è stata fino ad ora “dimenticata.” Se i servizi sociali individuassero un centro diurno idoneo ad accoglierlo si potrebbe assolvere l’obbligo in questo modo chiedendo una deroga rispetto all’iscrizione ad una scuola o ad un centro di formazione professionale?

L’obbligo scolastico si conclude dopo dieci anni di frequenza, quindi comprende anche il primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, ovvero fino al compimento del sedicesimo anno di età. Come provvedere all’iscrizione, considerato che pare essere sfuggita a tutti? Perché se è vero che la famiglia non ha provveduto all’iscrizione è anche altrettanto vero che nessuno ha sollecitato la frequenza.  A questo punto, la famiglia può presentare domanda di iscrizione, magari accompagnata da un certificato dello psicologo o dal Neuropsichiatra dell’ASL; tale domanda deve essere accolta proprio perché per l’alunno sussiste l’obbligo scolastico.  Per quanto riguarda poi, il suo percorso, coerentemente con il PEI che dovrà essere elaborato in tempi brevi, considerata la particolare situazione di salute da lei descritta, potrebbe essere attivato un servizio di istruzione domiciliare, servizio che la famiglia può chiedere alla scuola, accompagnando la richiesta con un certificato medico rilasciato da un sanitario ospedaliero. Si potrebbe anche far riferimento all’art. 16 del d.lgs. n. 66/17, immediatamente applicabile con la formula “nelle more dell’emanazione del regolamento previsto dallo stesso articolo 16”, come recita la legge n. 41/2020 e, coerentemente con quanto in esso previsto, prevedere il servizio di istruzione domiciliare in base al PEI. Questo per i restanti mesi di scuola, ossia fino a giugno. Nel mese di settembre, compiendo i 16 anni, lo studente non sarà più soggetto all’obbligo scolastico.   L’assolvimento dell’obbligo scolastico è possibile unicamente presso un’istituzione scolastica pubblica o mediante istruzione parentale o presso corsi di istruzione professionale o di apprendistato. 


Sono assistente amministrativo e a dicembre scorso mi sono operato a un seminoma. Ho fatto richiesta della 104 e dell’invalidità civile. Oggi è arrivato il verbale della 104 con riconoscimento di gravità:art. 3 comma 3 e dell’invalidità civile :  INVALIDO con TOTALE e permanente inabilità lavorativa: 100% art.2 e 12 L 118/71. Vorrei presentare la 104 per usufruire della precedenza nel trasferimento e dei 3 giorni di permessi mensili, ma ho paura che la scuola mi chieda anche l’invalidità civile e siccome ho  un invalidità al 100%, il dirigente scolastico mi licenzia. Secondo voi i miei timori sono giusti?

L’espressione “invalidità assoluta al lavoro” è un’espressione che si trascina da decenni ed è riportata pure per le persone che si avvalgono della legge n. 68/99 relativa al collocamento obbligatorio. Può serenamente presentare domanda di trasferimento, dei giorni di permesso e di congedo straordinario di due anni senza che nessuno possa licenziarla; il rischio del licenziamento si ha solamente quando si sia dichiarati inidonei allo svolgimento dell’attività professionale per la quale si è stati assunti; ma anche in tal caso c’è prima la possibilità di essere destinato ad altra mansione. Si tenga in contatto con il suo sindacato.


Sono il papà di un bambino autistico di anni 7 che frequenta la 2 classe primaria.Nonostante la certificazione di gravità, mio figlio ha già cambiato 2 insegnanti di sostegno (uno ogni anno scolastico se si esclude la scuola dell’infanzia in cui ne ha cambiati 3). Tale alternanza, crea nel bambino disorientamento e insicurezza che mal si concilia con la “funzionalità” di questi bambini che, come saprete, mal digeriscono i cambiamenti e le novità.Senza volermi dilungare, chiedo gentilmente una risposta alle mie domande:
1) l’insegnante di sostegno, non di ruolo, può permanere nello stesso incarico cioè con lo stesso bambino per più anni o per l’intero ciclo scolastico dell’alunno (tutti i 5 anni della primaria)?
2) a mio figlio sono state riconosciute 14 ore di sostegno. Ma per i bambini autistici con gravità se non erro è prevista per legge l’intera copertura dell’orario ovvero il massimo delle ore.

Per quanto riguarda la continuità, essa deve riguardare tutti i docenti della classe in cui è iscritto suo figlio, in quanto tutti i docenti della classe sono suoi insegnanti; ciascun docente della classe deve impegnarsi per garantire a suo figlio, così come agli altri alunni della classe, il diritto allo studio.
Per quanto concerne le ore di sostegno, è da considerarsi che la Sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010, riconosce agli alunni certificati con comma 3 il rapporto uno a uno che, nella scuola Primaria, corrisponde a 22 ore settimanali. Il GLO può, tuttavia, chiedere un monte-ore diverso, proprio in considerazione delle capacità e potenzialità dell’alunno; se come GLO lo scorso anno avete indicato 22 ore settimanali, ovvero il rapporto uno a uno, allora vanno garantiTe 22 ore; questo significa che, in quanto genitori, potete presentare ricorso al TAR affinché vengano assegnate le ore previste e necessarie.

Sono un’insegnante di sostegno e referente “disagio e disabilità”, presso un I.I.S. Abbiamo un alunno che frequenta la 5,  ha compiuto 20 anni, con programma differenziato, e con un progetto autonomia per l’ingresso in un certo diurno. Accertati da parte del consiglio di classe del raggiungimento/obiettivi pei, ci sarà un promozione. I genitori, con minacce verbali, ci impongono la bocciatura. L’alunno  è già stato fermato 1 anno in quarta sempre su minacce. Chiedo informazioni/aiuto in merito a quanto sopra. Siamo obbligati alla bocciatura? 

La decisione di ammissione o di non ammissione alla classe successiva è di competenza dei docenti del Consiglio di classe. La famiglia può inoltrare richiesta, ma non può in ogni caso influenzare la decisione del Consiglio di classe, come non può – e non deve assolutamente – minacciare il Consiglio di classe. Comunicate alla famiglia che la valutazione sarà effettuata secondo quanto previsto nel PEI, come del resto prevede la normativa vigente. E dato che per lo studente è stato adottato un PEI differenziato, la bocciatura, di fatto, risulta incoerente; per cui l’alunno sarà regolarmente ammesso all’esame di Stato. 


Nella mia scuola, un istituto professionale di secondo grado, alcuni colleghi si ostinano a non fornire le mappe degli argomenti spiegati agli allievi dsa-BES. Se la famiglia ne lamenta la carenza, ripetono che il ragazzo deve costruirsele in autonomia e che la scuola non è tenuta a fornirle. Spesso ci si trova di fronte a ragazzi con poco autonomia, con difficoltà di apprendimento non in grado di predisporre una mappa. Mi chiedo chi ha ragione? La famiglia nel dire che è compito della scuola fornire le mappe per ogni disciplina o dei colleghi che rimandano alle famiglie?

La tecnica più efficace per apprendere e memorizzare testi, basata sul funzionamento naturale della memoria, fondamentale per risolvere problemi e vedere possibilità, per creare nuove soluzioni, per memorizzare e per pianificare (T.Buzan) fa riferimento alle mappe concettuali e alle mappe mentali. Le mappe sono una rappresentazione grafica e, pertanto, fanno leva sulla «memoria visiva», aiutano a organizzare la conoscenza, facilitano il «recupero» delle informazionie promuovono l’apprendimento (J. Novak). Le mappe mentali, in quanto tali, sono leggibili e fruibili, come insegna Buzan, unicamente da chi le ha create. E questo porta al nodo della questione. La costruzione di una mappa è un processo che viene sviluppato in ambito scolastico da parte dei docenti, chiamati a “insegnare” anche le strategie proprie del metodo di studio. Per rispondere al quesito posto, va detto che è compito degli insegnanti promuovere azioni coerenti, ovvero insegnare “che cosa è la mappa, in che modo si struttura, le differenti modalità di organizzazione, in che modo si utilizza”, facendo ricorso alle strategie proprie di un approccio metacognitivo e presentando le differenti articolazioni (qui citiamo, quale esempio, le mappe concettuali e le mappe mentali). Saranno poi gli studenti, attraverso l’esperienza, ovvero costruendo mappe in relazione a differenti contenuti, a individuare l’impostazione per loro più efficace e più vantaggiosa, avendo quale riferimento la guida esperta dei singoli docenti. Va detto, per completezza, che non tutti gli studenti desiderano rapportarsi o utilizzare questa forma di organizzazione, ma è altrettanto vero che per moltissimi studenti le mappe risultano particolarmente efficaci.  Se i docenti della scuola pensano di non riuscire a promuovere l’apprendimento di questa strategia, potrebbero chiedere al dirigente di attivare un corso di formazione, al fine di potenziare l’efficacia del loro insegnamento a favore di tutti gli alunni della classe.


Sono un genitore con figlio in situazione di disabilita’ riconosciuta art.3 comma 3 l.104. In questo anno scolastico ho richiesto la DAD per mio figlio che e’ anche soggetto fragile, anche se la scuola alla quale e’ iscritto svolge tuttora lezioni in presenza. Volevo sapere se posso avvalermi del congedo straordinario covid, retribuito al 50%, che spetta in caso di DaD a seguito di chiusura per emergenza degli edifici scolastici.

Purtroppo questo congedo è espressamente previsto per chiusura della scuola a causa della pandemia; non è questo il Suo caso; forse se fà certificare Suo figlio come alunno “fragile” ai sensi e con le modalità dell’ordinanza ministeriale n. 134/2020, potrebbe ottenere il contributo. Però chieda al Suo medico di famiglia o al pediatra di libera scelta del figlio.


Sono una docente di sostegno presso una scuola primaria a tempo pieno (orario 8.05- 16.15). Volevo chiedervi se la famiglia può presentare una domanda per la riduzione oraria dato che il bambino non riesce più a tenere questi ritmi scolastici così lunghi. L’alunno frequenta la classe quarta e non credo sia proficuo per il suo benessere portarlo in altra scuola a tempo normale dove deve ricostruire nuove amicizie, subire una nuova integrazione . È ben inserito nel gruppo classe con i suoi compagni con cui sta da 4 anni per 8 ore al dì, ma il problema, che è emerso soprattutto questo anno, è la fatica che il bambino compie nel resistere fino alle ore 16 a scuola. A questo punto vi chiedo se i genitori potrebbero appellarsi a qualche legge che consente loro di avere una riduzione oraria senza cambiare la classe. 

Sicuramente è bene che i bambini possano crescere insieme ai loro coetanei, evitando, per quanto possibile, di interrompere la relazione fra pari (si pensi in tal senso alla negatività dei trattenimenti o delle bocciature), proprio perché i legami che si creano fra i bambini sono importanti sia per il processo di sviluppo che per gli apprendimenti. È anche vero, però, che quando una famiglia cambia città, i figli cambiano scuola. Nella situazione descritta è evidente che il tempo-scuola risulta eccessivo per l’alunno con disabilità e che, di conseguenza, i genitori stanno valutando di cambiare Istituto al fine di garantire un tempo-scuola più aderente e meno stressante per il figlio. La riduzione dell’orario scolastico a causa di una condizione derivante dalla fatica dell’alunno non trova motivazione alcuna e risulta, invece, discriminante nei confronti dell’alunno che non potrà partecipare alle attività programmate per i suoi compagni. Non è sicuramente questo il suggerimento che la scuola può dare alla famiglia. Il cambio di scuola, che sicuramente comporterà novità per il bambino e cambio di docenti e di compagni, potrà offrire quale beneficio il riuscire a vivere serenamente tutto il tempo di frequenza e, di conseguenza, a instaurare nuove e significative relazioni. 


Queste, https://www.edscuola.it/archivio/handicap/hfaq_pea.html, sono aree di intervento di un docente di sostegno o di personale educativo-sanitario?

Quelle da lei indicate sono voci tratte da indicazioni riguardante il “Personale educativo assistenziale nelle scuole”, ovvero il personale addetto all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione degli alunni con disabilità (così come specificato dalla legge 104/92 all’art. 13 comma 3).  Per quanto riguarda il personale addetto all’assistenza e/o all’autonomia personale degli alunni con disabilità si è in attesa dell’emanazione di un provvedimento che indichi, a livello nazionale, compiti, competenze e percorso formativo di dette figure professionali. 


Mio figlio è portatore di handicap psichiatrico e frequenta la seconda media, a partire da quest’anno gli hanno ridotto l’orario ad un’ora al giorno cosa che io ed anche la sua psichiatra ritieniamo insufficiente. Specifico che data la disabilità mio figlio ha la cattedra piena dell’insegnante di sostegno più l’educatore specialistico per 5 ore settimanali (il massimo nel mio comune). Può una scuola ridurre a tal punto l’orario scolastico? Cosa posso fare? Purtroppo la scuola è l’unico presidio educativo rimasto attivo in periodo covid e noi ci sentiamo soli ed abbandonati.

Se la riduzione è stata fatta senza una serie e coerente motivazione, analizzata e concordata da tutti i componenti in sede di GLO, essa è da ritenersi certamente illegittima. Se, invece, è stata adottata dal GLO con vostra dichiarata e motivata opposizione, allora potete fare ricorso, citando anche la legge 67/2006 per discriminazione. La condizione di disabilità non è motivazione per ridurre l’orario scolastico. Riteniamo semplicemente assurdo assegnare soltanto un’ora al giorno: ciò comporta un’esclusione dal percorso formativo che la Costituzione garantisce e assicura a tutti. 


Sono il papà di un bambino autistico di anni 7 che frequenta la 2 classe primaria.Nonostante la certificazione di gravità, mio figlio ha già cambiato 2 insegnanti di sostegno (uno ogni anno scolastico se si esclude la scuola dell’infanzia in cui ne ha cambiati 3). Tale alternanza, crea nel bambino disorientamento e insicurezza che mal si concilia con la “funzionalità” di questi bambini che, come saprete, mal digeriscono i cambiamenti e le novità. Senza volermi dilungare, chiedo gentilmente una risposta alle mie domande:
1) l’insegnante di sostegno, non di ruolo, può permanere nello stesso incarico cioè con lo stesso bambino per più anni o per l’intero ciclo scolastico dell’alunno (tutti i 5 anni della primaria)?
2) a mio figlio sono state riconosciute 14 ore di sostegno. Ma per i bambini autistici con gravità se non erro è prevista per legge l’intera copertura dell’orario ovvero il massimo delle ore.

Per quanto riguarda la continuità, essa deve riguardare tutti i docenti della classe in cui è iscritto suo figlio, in quanto tutti i docenti della classe sono suoi insegnanti; ciascun docente della classe deve impegnarsi per garantire a suo figlio, così come agli altri alunni della classe, il diritto allo studio.
Per quanto concerne le ore di sostegno, è da considerarsi che la Sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010, riconosce agli alunni certificati con comma 3 il rapporto uno a uno che, nella scuola Primaria, corrisponde a 22 ore settimanali. Il GLO può, tuttavia, chiedere un monte-ore diverso, proprio in considerazione delle capacità e potenzialità dell’alunno; se come GLO lo scorso anno avete indicato 22 ore settimanali, ovvero il rapporto uno a uno, allora vanno garantire 22 ore. Questo significa che, in quanto genitori, potete presentare ricorso al TAR affinché vengano assegnate le ore previste e necessarie.


Vorrei sapere qual è la procedura per fermare un bambino disabile in quinta elementare e se deve ugualmente iscriversi alla prima media

Lei deve necessariamente iscrivere suo figlio alla secondaria di primo grado, in quanto ancora non si può prevedere quale possa essere l’esito della valutazione degli insegnanti della classe in cui attualmente è iscritto suo figlio. L’eventuale non ammissione alla classe successiva, da parte dei docenti contitolari della classe quinta della scuola Primaria, dovrà essere assunta all’unanimità. Più che pensare alla ripetenza, noi le proponiamo di pensare ad una buona preparazione di ingresso nella scuola secondaria di primo grado, dove suo figlio potrà frequentare e mantenere il rapporto con buona parte dei suoi compagni. Quindi parli con i docenti attuali, affinché prendano contatti con i colleghi della scuola media per preparare bene questo ingresso, informandola su come è il clima organizzativo ed inclusivo. 


Mio figlio ha 13 anni e frequenta la seconda media. Ha104 e invalidità.
Da questa settimana inizia un laboratorio di teatro che si tiene durante le ore scolastiche. Una di questa ore sarebbe coperta dalla insegnante di sostegno. Mio figlio sinceramente non ha bisogno di essere seguito durante il laboratorio in quanto è autonomo sia dal punto di vista motorio, sia per quanto riguarda la comprensione e partecipazione al laboratorio. Per questo ho chiesto all’insegnante di sostegno se si potesse spostare l’ora del laboratorio in modo da coprire una lezione attualmente scoperta e lei mi ha risposto che è tenuta a rimanere con mio figlio durante il laboratorio. Ma se la sua presenza non risulta utile, non avrebbe più senso che spostasse quell’ora anche per dare senso al suo ruolo di sostegno?

Lei non deve chiedere alla docente di spostare l’orario, poiché il docente non può modificare il suo orario di servizio. Il compito è del Dirigente scolastico che, su proposta del GLO, può intervenire per modificare l’orario; pertanto, se effettivamente ritiene fondata la sua richiesta, chieda una riunione urgente del GLO; in tale sede esponga la questione e il suo punto di vista, chiedendo di modificare l’orario del PEI. Se vi è unanime consenso, il DS provvederà a modificare l’orario, a meno che non sussistano motivazioni di carattere pedagogico-didattico che determinino il mantenimento dell’attuale orario. Se la motivazione, a suo parere, non si configurasse fondata, ovvero in assenza di seria motivazione, il rifiuto alla sua richiesta può essere impugnabile avanti la Magistratura. 


Sono coordinatore di una prima classe in un istituto alberghiero. Ad ottobre abbiamo redatto il PEI con obiettivi minimi per un’alunna non grave. Martedì 15 dicembre u.s. è stato tolto il sostegno all’alunna. Possiamo continuare con il PEI oppure conviene stilare un PDP?

Se oltre al docente di sostegno è stata ritirata anche la documentazione, ossia se la famiglia espressamente ha dato indicazioni affinché la figlia non sia più individuata come alunna con disabilità, allora il Consiglio di classe può valutare di predisporre un PDP, acquisito il consenso della famiglia.  Se invece la famiglia ha semplicemente rinunciato al docente di sostegno, lasciando la documentazione agli atti senza altra rinuncia esplicita, allora l’alunna continua ad essere considerato alunna con disabilità e fruisce dei benefici previsti dalla normativa in materia; di conseguenza i docenti della classe insieme ai genitori e agli specialisti devono predisporre il PEI. 


Sono il papà di un ragazzino autistico certificato art.3 comma 3. A breve dovrebbe essere attivata l’istruzione domiciliare per mio figlio in quanto soggetto in stato di fragilità; l’assistente specialistico/comunicazione potrà recarsi presso il ns domicilio?

L’assistente, che viene assegnato a scuola per l’autonomia e/o la comunicazione, presta il suo servizio presso la sede scolastica, ma non dipende dalla scuola, bensì dal Comune (per le scuole del primo ciclo di istruzione) o dalla Regione o altro ente cui essa abbia dato la delega per la nomina (per la scuola secondaria di secondo grado). Ad oggi non esiste un profilo professionale nazionale e quindi i requisiti e la relativa nomina variano da Ente locale a Ente locale, i quali spesso danno in appalto questa figura alle cooperative. Si informi, pertanto, su come si procede nella sua zona. 


Sono referente in un istituto alberghiero. Stamattina è arrivata la mamma di un alunno disabile (art 3.comma1) che ha consegnato la certificazione della commissione INPS che ha REVOCATO la 104/92 a settembre. La mamma ha affermato che la lettera le è giunta durante le vacanze di Natale. Ho fatto compilare una dichiarazione alla madre sul fatto che la missiva le è stata consegnata in forte ritardo. Comunque la domanda che vi pongo è la seguente: il docente di sostegno (prossimo alla pensione) che, per continuità, è stato assegnato all’alunno che frequenta il terzo anno, che fine farà?

Se nella vostra scuola non ci sono alunni con disabilità con un numero di ore inferiore a quello che era stato richiesto nel PEI, dovreste segnalare il caso all’USR, che deciderà se far permanere il docente presso il vostro Istituto o se assegnarlo ad altra scuola


Sono la mamma di un bimbo autistico che questo anno finisce le elementari ma io da genitore posso fare richiesta, essendo la maestra di sostegno di ruolo, di farla spostare alle medie che sono nello stesso complesso?

Affinché un’insegnante abilitato per la scuola Primaria possa insegnare nella scuola secondaria di primo grado, è necessario che la docente sia in possesso di abilitazione all’insegnamento per tale ordine di scuola (in questo caso la secondaria).   Se in possesso di tale requisito, il docente dovrebbe fare richiesta di utilizzazione nella nuova scuola; tale richiesta deve essere autorizzata dall’Ufficio Scolastico Regionale e ripetuta per tutta la durata della scuola secondaria di primo grado (ossia per tre anni). Se queste condizioni possono realizzarsi, ne parli con il Dirigente scolastico attuale e procedete. Però lo stesso problema potrebbe ripresentarsi nel caso lei intendesse mantenere lo stesso docente anche per la scuola secondaria di secondo grado. In realtà è bene valutare le possibilità e le opportunità derivanti anche dal cambiamento; per sua figlia cambiare docente in ciascun ordine e grado di scuola non può che giovarle, per non rimanere dipendente sempre dalla stessa figura; è molto importante per i nostri ragazzi che crescano in autonomia.


Sono un insegnante di sostegno e sto vivendo un’urgenza professionale. I genitori di un alunno disabile con 104 comma 1, attualmente iscritto alla classe V della scuola primaria, hanno espresso la volontà di far restare il ragazzo nella classe V anche il prossimo anno, per compensare il ritardo cognitivo del bambino e rafforzare gli apprendimenti che con difficoltà sono stati portati avanti durante la didattica a distanza. Gli insegnanti sono concordi con la volontà genitoriale, ma è legalmente possibile trattenere il ragazzo nella primaria?

Lo scorso anno, in seguito alla situazione emergenziale e alle difficoltà connesse alle attività didattiche svolte con l’uso del computer, il Ministero aveva consentito che il Dirigente scolastico, previa attenta valutazione e in via straordinaria, valutasse la possibilità di reiscrizione. Coerentemente il Ministero, considerando l’ipotesi di una situazione analoga anche per il corrente anno scolastico, ha previsto, nel Piano scuola 2020-2021, la frequenza in presenza per gli alunni con disabilità e per altri alunni della stessa classe, in modo da garantire “condizioni di reale inclusione”; per questo già a partire dai primi di settembre i dirigenti scolastici hanno acquisito la disponibilità da parte delle famiglie per la frequenza in presenza a fronte di eventuale sospensione delle lezioni. Sono state cioè create e curate le condizioni per garantire il diritto allo studio degli alunni con disabilità.  Accanto a queste utili informazioni, va detto che per l’alunno con disabilità viene predisposto un Piano educativo individualizzato, in cui sono declinati obiettivi educativo-didattici personalizzati, cioè “su misura”, ovvero coerenti con le sue capacità e con le sue potenzialità. Ed è su questi obiettivi che tutti i docenti della classe sono chiamati a lavorare. Pertanto è praticamente impensabile che l’alunno non raggiunga gli obiettivi per lui individuati, a meno che i docenti non abbiano sbagliato a predisporre la parte educativo-didattica: in tal caso occorre urgentemente rivedere gli obiettivi del PEI, convocando il GLO.  Si aggiunga che lascia alquanto perplessi pensare a una bocciatura quando l’anno scolastico non è ancora giunto a metà; forse i genitori sono preoccupati per la nuova scuola e questo è normale; ma ciò non deve impedire al bambino di proseguire il percorso formativo insieme ai suoi coetanei.  Infine, si abbia accortezza del fatto, e ciò è ampiamente dimostrato, che restare un anno in più in una classe difficilmente può colmare o compensare un “ritardo cognitivo”, riprendendo la vostra espressione; se così fosse, allora ciò varrebbe per tutti gli alunni con disabilità. Vi invitiamo a guardare all’alunno e a pensare al suo Progetto di Vita, che può trovare applicazione coerente proprio nell’opportunità di crescere con i suoi coetanei. “Pensami adulto”: sia questo il presupposto, il riferimento che guida le azioni e le scelte, anche quando i timori per il futuro potrebbero far pensare a scorciatoie che, in realtà, influiranno negativamente sull’alunno, tanto dal punto di vista dell’autostima, del senso di autoefficacia, della motivazione, come pure dal punto di vista culturale. 


Vorrei sapere se anche i docenti annuali precari possono usufruire del congedo straordinario retributo di 2 anni della legge 104. Io in particolare sono docente di scuola primaria con contratto al 30/06 e ho un figlio di 8 anni con handicap in situazione di gravità (L.104 art. 3 comma 3). 

Purtroppo il congedo straordinario biennale spetta ai docenti di ruolo, poiché è certo che possono prenderli in quanto hanno tutta la durata del loro rapporto. Occorrerebbe verificare se, per i docenti precari, sia possibile prenderlo in proporzione alla durata del contratto a tempo determinato. Ne parli con il suo sindacato.


Sono una mamma, vorrei sapere come comportarmi in caso l’insegnante di sostegno (che dopo 2 mesi tra malattie per depressione e esaurimento) non da’ segno di voler impegnarsi nel lavorare bene con mio figlio che, anzi, è peggiorato dall’inizio dell’anno. Vorrei a questo punto aumentare le ore all’assistente scolastico pagando personalmente se necessario e rinunciare al sostengno. Si può? 

La  sentenza del Consiglio di Stato n. 245/2001 stabilisce che quando si prova che non si è riusciti ad instaurare un valido rapporto educativo, indipendentemente dalla professionalità del docente, si ha diritto a chiedere la sostituzione del docente per il sostegno. Pertanto lei scriva al Dirigente la richiesta di sostituzione, motivandola come sopra, senza scendere nei dettagli in merito alla professionalità o meno della docente attuale. Per la conferma dell’attuale docente, questo è più difficile, poiché quest’insegnante ha un contratto a tempo determinato; deve però chiedere al Dirigente scolastico se in graduatoria, per l’eventuale nomina, ci sono solo docenti non specializzati; infatti solo se ci sono docenti specializzati, il D.S. deve nominare loro; ma,se ci sono solo docenti non specializzati, nessuno può pretendere la nomina in sostituzione dell’attuale che quindi può essere confermata, specie se ha in graduatoria un punteggio maggiore o pari al primo nella graduatoria di istituto. Lei può insistere in base al principio di continuità didattica, sancito nell’art. 1  comma 181 lettera C n. 2 della legge n. 107/2015, la legge detta buona scuola. Se lo desidera, ci tenga informati degli sviluppi.


Siamo insegnanti di sostegno, e referenti del disagio, di una scuola superiore di secondo grado. Abbiamo bisogno di chiarimenti e delucidazioni riguardo ad una questione che si è presentata in questi giorni. La madre di uno studente, affetto da una malattia rara (104/92 art3 c.3), che frequenta il liceo scientifico nel nostro Istituto, e  segue   una programmazione curriculare per obiettivi fondamentali, ha fatto richiesta, all’intero consiglio di classe, considerata la situazione attuale e lo stato di ansia del figlio, di poter sostenere in tutte le discipline soltanto prove scritte anche dove è  prevista una prova orale. La stessa madre sostiene che  il figlio, sembra non essere in grado di sopportare lo stress dovuto all’impatto emotivo della prova orale.Gli insegnanti del consiglio di classe sono scettici dal voler accettare tale situazione, in particolare ci sono insegnanti che rifiutano un tale cambiamento, considerando impossibile poi poter valutare lo studente in modo regolare. Riflettendo sulla situazione ci sembrava di poter dire che forse si tratta di una situazione analoga, quella che a volte si presenta in riferimento ai dsa, richiedendo  prove orali compensative di prove scritte. Ci sembra anche di poter dire che  essendoci un pei, se il consiglio di classe è d’accordo e lo studente riesce ugualmente a raggiungere gli obiettivi fondamentali possa esser fattibile. Vorremmo un chiarimento normativo in merito, in particolare, riuscire a dare una spiegazione plausibile all’intero consiglio di classe. Inoltre crediamo che comunque debba essere convocato un pei intermedio, coinvolgendo anche lo specialista che segue lo studente.

La madre, legittimamente, ha fatto presente lo stato emotivo del figlio, rivolgendosi al Consiglio di classe, affinché fosse preso in debita considerazione il suo vissuto, che non poteva chiaramente essere ignorato.  Si tenga conto, inoltre, che per gli alunni con disabilità la normativa vigente prevede percorsi appositamente strutturati, coerenti con le loro capacità e potenzialità, per cui anche le prove dovranno seguire analoga impostazione. Nella scuola secondaria di secondo grado va considerato il fatto che un PEI semplificato (ovvero per obiettivi fondamentali come da voi denominato) non può essere disgiunto da “prove equipollenti”, il cui concetto giuridico si rinviene nel DPR n. 323/98 all’art 6 comma 1. Ciò significa che le modalità di verifica, ovvero le prove, possono essere proposte tutte in forma scritta. Non è necessario che vi sia condivisione con lo specialista, dato che la competenza, in questo ambito, spetta al Consiglio di classe e, soprattutto, considerato il fatto che le prove equipollenti (il cui valore è identico a quello delle prove somministrate agli altri alunni) non costituiscono una modalità facoltativa, bensì vincolante nell’azione dei docenti. È sicuramente opportuno convocare il GLO e, in tale sede, precisare che per tutte le discipline sono adottate prove equipollenti, come stabilisce la normativa vigente a fronte di un PEI semplificato, in ottemperanza anche con quanto disposto dall’art. 16, comma 3, della legge 104/92, in base al quale gli alunni con disabilità della scuola secondaria di secondo grado hanno diritto a “prove equipollenti”. 


Sono un docente specializzando sul sostegno e ho un dubbio: può la famiglia volere a tutti costi che il proprio figlio segua un percorso differenziato, nonostante il cdc ammetta la possibilità di seguire un percorso semplificato (obiettivi minimi)? Se sì, quali sono i riferimenti normativi?

L’art 15 dell’O.M. n. 90/01, ai commi 3, 4 e 5, stabilisce che la famiglia è parte determinante nella scelta del PEI; nel caso in cui la famiglia opti per un PEI semplificato, contro il parere del Consiglio di classe, il provvedimento statuisce che essa debba essere formalmente informata che il figlio, nel caso non raggiungesse gli obiettivi del PEI semplificato, potrebbe non essere ammesso alla classe successiva. Nulla prevede, invece, nel caso in cui fosse la famiglia a chiedere, o addirittura pretendere, un PEI differenziato, e ciò contro il parere del Consiglio di classe. Occorrerebbe quindi comprendere le motivazioni che sostengono verso tale orientamento. Considerato, tuttavia, che la norma esige il consenso della famiglia unicamente a fronte dell’ipotesi di un PEI differenziato, formalmente non sussistono le condizioni perché il Consiglio di classe debba chiedere il consenso per un PEI semplificato. Ne consegue che il Consiglio di classe adotterà la programmazione semplificata, esattamente come ha previsto, facendo riferimento alle capacità e alle potenzialità dello studente. Si tenga inoltre presente che la stessa OM 90/2001 prevede che, dopo aver adottato un PEI differenziato (ovviamente acquisendo il parere favorevole della famiglia), il Consiglio di classe, considerate le capacità dell’alunno, possa passare a un PEI semplificato senza necessità di consenso, bensì sulla base dei dati oggettivamente ricavati durante il percorso di apprendimento dello studente, coerentemente con ciò che debbono fare i docenti. Per completezza, è bene considerare che, in molti casi, una richiesta come questa può essere puramente strumentale richiesta nei primi quattro anni della scuola secondaria di secondo grado, in quanto utilizzata per facilitare il percorso dell’alunno, per poi, una volta giunti all’ultimo anno, procedere con il rifiuto del differenziato e la richiesta del passaggio al semplificato. Questo tipo di richieste strumentali sono orientate al conseguimento del diploma; quando lo studente non viene ammesso agli esami di Stato, come potrebbe accadere in considerazione del percorso effettuato, ovvero perché risulta quasi impossibile che possa colmare le lacune dei primi quattro anni in pochi mesi, allora capita che la famiglia, affiancata da un avvocato, possa fare ricorso al TAR, ottenendo in cinque giorni la sospensiva con l’ammissione agli esami di Stato; quindi vessa la commissione, dicendo che se il figlio non verrà promosso, procederà mediante ricorso al TAR, facendo riconvocare la commissione per Ferragosto. Qualche commissario cede e procede con la promozione. Ora la decisione di adottare a un Pei semplificato, soprattutto se riconosciuto come percorso fattibile da parte del Consiglio di classe, non dovrebbe sottostare ad alcuna decisione se non a quella dei docenti della classe, che conoscono l’alunno e sanno quali sono le sue capacità. 


Al termine dell’a.s. 2019/2020, come previsto dalla L. 41/20 e dalla nota MIUR prot. 793 dell’8 giugno 2020 in merito alla possibile reiscrizione alla medesima classe di un alunno, il CdC, in sede di scrutinio finale, a seguito di espressa richiesta della famiglia, sentito il parere del GLO e dei docenti di sostegno assegnati all’alunno, delega il DS all’iscrizione alla stessa classe dell’alunno diversamente abile con l’obiettivo di recuperare abilità, competenze ed obiettivi di inclusione non raggiunti a causa della sospensione delle attività in presenza. A seguito della delibera viene pubblicato all’albo della scuola il Tabellone con la valutazione finale nel quale si evince la non ammissione dell’alunno. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, dopo qualche giorno di frequenza, improvvisamente. il nuovo DS, senza informare ufficialmente i due CdC, trasferisce l’alunno alla classe successiva senza tenere conto di quanto deliberato dal CdC nell’anno precedente. Dopo più di due mesi, ai primi di dicembre, altrettanto improvvisamente, l’alunno viene riportato alla classe precedente seguito dai due docenti di sostegno. Si può prima non tenere conto di quanto deliberato nell’anno precedente e poi spostare nuovamente l’alunno dopo tanto tempo?

Quanto avvenuto è molto probabilmente dovuto a un errore del nuovo DS, il quale, non avendo tenuto conto della normativa applicata dal suo predecessore, ha ripristinato la decisione adottata nell’anno scolastico precedente nel momento in cui si è accorto dell’errore. E proprio perché si è accorto dell’errore, il nuovo DS non poteva che adottare il nuovo provvedimento di reiscrizione dell’alunno, come ripetente, in ossequio alla legge n. 41/2020, emanando un provvedimento di annullamento della propria decisione in autotutela.


La questione afferisce la richiesta di un genitore di un alunno
frequentante la scuola dell’Infanzia  affetto da sindrome autistica e
seguito da un docente di sostegno per 25 ore settimanali.  Va premesso
che il nostro Istituto ha  previsto la presenza degli operatori ABA
nel momento in cui i genitori ne facciano richiesta e che tali
operatori sono stati richiesti ed assegnati all’alunno in sede di GLI.
Mentre negli anni scorsi è stata concessa l’accesso alle aule ai
predetti operatori , da quest’anno nel rispetto delle norme Covid, è
stato stabilito che gli operatori effettuino i loro interventi , in
presenza dell’insegnante di sostegno, per un tempo definito,  in
un’aula dedicata.  I genitori ritengono illegittime tali disposizioni
e pretendono la presenza degli operatori ABA ritenuti gli artefici
principali  in grado di realizzare la piena integrazione dell’alunno
in classe . Alla luce di quanto esposto  si pongono le seguenti
domande:
1.       Per l’accesso degli operatori ABA in sezione era previsto,
sia passato sia  oggi, il consenso di tutti gli altri genitori ed in
mancanza anche di un solo consenso gli operatori possono accedere alle
aule?
2.       Pur avendo il nostro Istituto  aderito ad un accordo
riportato nel PTOF può un insegnante di classe all’inizio dell’anno
scolastico non accettare o meglio non ritenere fondamentale la
presenza degli operatori ABA nella sezione?
3.       E’ corretta la scelta del Dirigente  che ha vietato
l’accesso in aula  agli operatori,  sia in questo particolare momento
epidemiologico ,  nel rispetto del Protocollo di prevenzione contagi,
sia in futuro in assenza di epidemia COVID?
4.       Quale ruolo dovrà svolgere un operatore ABA che affianca un
docente di sostegno e quali compiti dovrà svolgere?
5.       Infine un genitore può pretendere che un collaboratori aiuti
il proprio figlio, seppur disabile, all’aiuto per i servizi igienici
oppure risulta preminente il divieto di contatto in questa fase
emergenziale.

1 – È  da tener presente un aspetto fondamentale: se l’esperto ABA è stato nominato quale figura per l’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione, coerentemente con il profilo indicato dall’art. 13 comma 3 della legge 104/92, e quindi opera come in qualità di assistente ad personam, egli ha l’obbligo  di stare in classe per tutte le ore assegnate, adottando tutte le misure di sicurezza previste e vincolanti per il personale della scuola in materia di prevenzione di Covid; essendo queste figure addette all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione, non serve l’autorizzazione dei genitori degli altri alunni. Se invece è stato richiesto quale figura “in più”, ossia in aggiunta, da parte della famiglia, è bene sapere che una sentenza del Tribunale di Bologna del 22/12/2013 ha stabilito la presenza di un educatore professionale specializzato esperto ABA-VB, munito di certificazione BCBA, e di un supervisore, sempre specializzato esperto ABA-VB e munito di certificazione BCB, ovvero esperti che erogano la terapia ABA, per un totale di tre ore mensili presso il domicilio e tre ore mensili nel plesso scolastico in funzione di “guida” degli operatori che interagiscono con il bambino (https://aipd.it/wp-content/uploads/2014/01/Trib.-Bologna_20-12-2013_ABA-a-scuola.pdf). La supervisione a scuola, chiaramente, si effettua “non come attività diretta sull’alunno”, ma come accompagnamento e condivisione con il personale docente.  Chiaramente questa figura non può stare in classe né effettuare terapie, perché si configurerebbe come riabilitatore e la riabilitazione è vietata a scuola.
2 – Se è stato concordata la presenza per alcune ore e per alcune settimane, fino a quando l’esperto conferma che i docenti riescono a comunicare con l’alunno, ovvero sanno adottare adeguatamente le strategie di intervento possibili per la figura del docente, tale modalità potrà attuarsi, senza necessaria previa autorizzazione di terzi, dato che ciò è autorizzato in via di principio, come detto al punto precedente, da sentenze della Magistratura.
3 – In questo periodo di pandemia, l’eventuale esperto dovrà rispettare tutte le misure di sicurezza previste per il personale della scuola e, quindi, stanti le condizioni di contesto, compresa la produzione dell’obbligatoria autocertificazione, potrà accedere al plesso scolastico per le ore concordate nel rispetto delle misure di sicurezza previste e adottate dalla scuola in materia di prevenzione di Covid.
4 – L’operatore ABA, di per sé, non affianca il docente specializzato; non si tratta, infatti, di un passaggio di consegne a qualcuno, bensì di una “supervisione” in relazione a come procedono le modalità di intervento, che peraltro saranno state concordate e descritte nel PEI; il docente a scuola svolge la funzione del docente e non quella del terapista ABA che compete a figure specializzate e dotate di tali competenze. 
5 – In nessun caso, sia che trattasi di assistente per l’autonomia e la comunicazione, sia che si tratti di un esperto esterno, egli deve svolgere assistenza igienica, essendo tale compito assegnato in via esclusiva, da parte del Dirigente scolastico, ai Collaboratori scolastici in forza del CCNL del 2003 e successivi art 47,48 e Tab. A, nel rispetto del genere (d.lgs. 66/17, art. 3).


Ho una figlia affetta da sindrome di down, certificata co3 art. 3 l. 104/92, la diagnosi funzionale del Centro Riabilitativo la valuta con gravità medio lieve, area del linguaggio ritardo medio, il Pei della scuola la definisce con “ritardo del linguaggio grave”, è possibile per legge questa discrepanza di valutazione? La valutazione della equipe di terapisti che la segue non dovrebbe essere vincolante nella stesura del PEI?

Il PEI non è un documento clinico, né una cartella clinica, pertanto non deve riportare la definizione diagnostica, che peraltro si trova già agli atti della scuola, nel fascicolo personale dell’alunna. È improprio, pertanto, riportare nel PEI una diagnosi. Suggeriamo di far omettere questo dato. Nella descrizione iniziale, invece, laddove si delinei il profilo iniziale dell’alunna, può essere utile richiamare le modalità di funzionamento, in quanto consentono di capire come calibrare l’intervento pedagogico-didattico. Va tuttavia precisato che fra valutazione diagnostica, quella formulata dall’ASL, e valutazione pedagogica possono esserci delle divergenze. A scuola, senza dubbio, prevale quella pedagogica. Nel caso da lei riportato lascia perplessi il fatto che la situazione, da parte della scuola, preveda un peggioramento e non una lettura che descriva le effettive capacità e le potenzialità di sua figlia, riferimenti indispensabili per impostare un’efficace  azione formativa sia sotto il profilo pedagogico che didattico. 


Per quanto riguarda gli studenti con disabilità e gravissimo ritardo mentale, quindi non in grado di fare didattica, la scuola può predisporre una pagella ad hoc da consegnare alle famiglie che sostituisce la valutazione sul tabellone? Nel tabellone risulterebbe soltanto il voto di condotta, il credito dello studente, nessun voto sulle singole discipline. La valutazione verrebbe consegnata con una pagella a parte  con un giudizio per aree disciplinari previste dal Pei. Vorrei sapere se è legale.

Il concetto di “non scolarizzabilità” è stato bandito non solo dalle norme, che negli anni Settanta del secolo scorso stabilirono che gli alunni con disabilità frequentassero le “classi comuni” e non quelle differenziali o speciali allora attive, ma anche dalle ricerche in ambito pedagogico e neuroscientifico. È appurato che tutti apprendono. La scuola del terzo millennio non può guardare alle persone riconoscendole unicamente se coincidono con lo standard; logica in contrasto anche con la prospettiva multifattoriale introdotta da ICF, ma già presente in Italia grazie agli approcci pedagogici propri della pedagogia generale e di quella speciale in particolare. Tutti apprendono, se qualcuno insegna loro; mentre il “fare didattica” è azione che appartiene al docente, impegnato nel sollecitare gli apprendimenti negli alunni, mediante specifiche strategie e metodologie.  Si aggiunga, infine, che la sentenza della Corte costituzionale n. 215/1987 stabiliva che, in età evolutiva, nessuno può considerarsi non scolarizzabile. Tanto premesso, ricordiamo che l’art 20 del decreto legislativo n. 62/17 stabilisce che non bisogna assolutamente evidenziare la situazione di disabilità; pertanto, nei tabelloni esposti, così come nella scheda di valutazione, che è la stessa che viene consegnata a tutti gli alunni della scuola, non potete lasciare un “vuoto” nello spazio relativo ai voti (che, ricordiamo, vanno espressi in decimi). Lo studente deve essere valutato sulla base degli obiettivi individualizzati fissati nel PEI. L’articolo 16 comma 1 della legge n. 104/92 stabilisce che è legittima la riduzione o la sostituzione parziale dei contenuti di talune discipline. Pertanto se durante il tempo-scuola avete fissato obiettivi anche distanti dalle discipline impartite, adottando contenuti differenti, proposti con attività individualizzate e coerentemente collegate alla classe, vanno attribuiti i voti rispetto a quelle attività, seguendo, per l’attribuzione degli stessi, gli spazi riservati a ciascuna disciplina corrispondente al relativo tempo-scuola. Trattandosi di un PEI differenziato, e vale esclusivamente in questo caso, nella sola scheda di valutazione, ovvero in calce ad essa, va inserita l’indicazione che la valutazione è riferita al PEI; nei cartelloni, ovvero all’Albo dell’Istituto, invece, vanno scritti unicamente i voti e non va riportata alcuna dicitura, come stabilito all’art. 20, comma 6, del decreto legislativo 62/2017 (“Per le studentesse e gli studenti con disabilità il riferimento all’effettuazione delle prove differenziate è indicato solo nella attestazione e non nelle tabelle affisse all’Albo dell’istituto”).


Sono padre di un bambino affetto da sindrome dell’X fragile, non verbale con L.104 art.3 c.3 che frequenta la 1° media. Si reca a scuola con lo scuolabus, partendo dal paese di residenza e spostandosi dove ha sede il plesso della scuola. Percorre circa 12 Km all’andata e 12 al ritorno con una permanenza sul mezzo di 15 minuti. Sullo scuolabus non è presente nessun tipo di sorveglianza, solo l’autista. Domando se è regolare questa disposizione per il viaggio. O se è obbligo di legge avere una figura per l’assistenza sul mezzo.

Se sul mezzo, scuolabus, non vi è una persona adulta (accompagnatore), i bambini, di altezza inferiore a m. 1,50, devono indossare le cinture di sicurezza (come stabilito dall’art. 172 del codice della strada). Se ritenete indispensabile la sorveglianza sul mezzo di trasporto, è bene che ne facciate esplicita richiesta al Comune, che eroga il servizio ed è responsabile di esso. 


Vorrei sapere se è legittimo che i docenti di sostegno incontrino il neuropsichiatrica senza la presenza dei genitori.

Ufficialmente non è legittimo, poiché per legge i problemi dell’alunno vanno trattati in presenza dei genitori, come pure in sede di GLO al quale hanno diritto di partecipare anche i genitori. Se però i docenti della classe desiderano avere dei chiarimenti circa la documentazione sanitaria prodotta, possono avere dei contatti con un esperto sanitario che segue il caso, previo consenso della famiglia: tale contatto potrà avvenire in modo informale per ulteriore informazione, a condizione che l’operatore sanitario sia disponibile a fornirla, trattandosi di rispetto della privacy che viene tutelata proprio quando i lavori si svolgono in GLO.


Sono il padre di una ragazza che quest’anno si è iscritta al primo anno
anno di liceo. Lei ha la 104 art.3 comma 3. Fino allo scorso anno nelle
media usufruiva di 12 ore ore di sostegno, un po pochine ma con queste
riusciva ad andare avanti. Quest’anno, nella nuova scuola le hanno
portate a 9 ore, che noi genitori riteniamo insufficienti. Mi hanno
riferito che il PEI, che hanno elaborato, ma noi genitori non abbiamo
visto, non fa che fotografare la situazione, devo intendere che sono
state riportate 9 ore nel documento. La dottoressa della ASL, non ha
potuto partecipare alla riunione del GLHO anche se aveva chiesto di
poter essere presente perché, piuttosto che  che concordare con lei la
data, la scuola l’ha avvisata con strettissimo anticipo e non potendo
disdire gli appuntamenti già presi con i pazienti, le è stato
impossibile partecipare. Mi sapreste dare un consiglio su cosa potrei fare per fare in modo che ottenga un numero maggiore di ore?

Il PEI è un documento che deve essere elaborato congiuntamente dai componenti del GLO, il gruppo di lavoro costituito da tutti i docenti della classe, dai genitori dell’alunna con disabilità, dagli specialisti ASL. La scuola ha convocato lo specialista, che pur avendo chiesto di spostare la data, considerato lo scarso preavviso, non è stato ascoltato, ma la scuola aveva il dovere di convocare anche voi genitori.  Vi suggeriamo di scrivere subito una mail di diffida al Dirigente scolastico della scuola e all’Ufficio scolastico regionale, in cui, brevemente, descrivete come sono andate le cose e cioè che voi genitori non siete stati convocati all’incontro del GLO e che quindi non avete potuto partecipare, come vostro diritto e dovere, alla elaborazione del PEI; aggiungete anche che è stato predisposto un documento, in forma illegittima considerata la mancata convocazione di voi genitori e che, quindi, chiedete immediatamente convocazione del GLO, in tempi stretti, per elaborare congiuntamente il Piano educativo individualizzato a favore di vostra figlia.  Durante l’incontro del GLO potrete discutere sia in merito alla programmazione (nel caso non vi avessero chiesto il tipo di percorso per vostra figlia, ovvero se trattasi di Pei semplificato o di PEI differenziato; con il primo consegue il titolo di studio, con il secondo il solo Attestato), che in merito alle ore di sostegno da chiedersi per il prossimo anno scolastico.  Sempre in sede di GLO, ovvero durante l’incontro di elaborazione del PEI, potete rivedere le ore di sostegno per l’attuale anno scolastico, chiedendo una integrazione; sarà poi il dirigente scolastico a inoltrare la richiesta all’USR competente. Nel caso non dovessero accogliere le vostre richieste, chiedete che ciò venga messo a verbale; in tal modo, nel caso voleste fare ricorso al TAR, avreste ragione per poter ottenere l’annullamento. Teneteci informati


Sto prendendo la qualifica regionale di operatore assistente educativo a disabili. Con questo potrei lavorare nelle scuole? So che quella che prendo io vale un punto ata, come cs; ho anche qualifica regionale sab haccp … questo corso x disabili che sto facendo sarebbe un ex osa 600 ore  D.Lgs. 13/13 (già D.Lgs. 845/78)

Manca in Italia un profilo professionale nazionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione. Pertanto ogni regione stabilisce per proprio conto quale sia il corso di formazione. Il titolo, che le sarà rilasciato al termine del corso che sta seguendo, certamente sarà da lei utilizzabile per svolgere nelle scuole della sua Regione l’attività di assistente, nominato dagli Enti locali o inserito in cooperative convenzionate con gli Enti locali. Quanto alla possibilità di utilizzare in altre regioni la qualifica, che le verrà rilasciata al termine del corso di formazione, questo dipenderà da quanto stabilito dalla Regione in cui deciderà di lavorare e se la Regione riterrà sufficienti i contenuti del corso che sta seguendo. Le consigliamo pertanto di farsi rilasciare al termine del corso un attestato dal quale risulti quali materie ha studiato e per quante ore ciascuna, in modo da  offrire alle altre regioni la sua esatta  situazione professionale; a completamento della sua documentazione, inoltre, potrà aggiungere anche la certificazione degli anni in cui avrà svolto questa attività nella sua o in altre regioni.


Sono il papà di una minore disabile, handicap grave, legge 104 art.3 comma 3, che frequenta la classe 3 di una scuola primaria.  Ai fini dell’elaborazione del PEI, l’insegnante di sostegno si rifiuta di scrivere sul PEI le nostre proposte/suggerimenti:
1. Assegnazione dell’insegnante di sostegno con rapporto 1:1 e sopratutto la quantificazione delle ore di sostegno
2. La neccessità, per tutta la durata dell’orario di frequenza scolastica per l’anno scolastico 2020/2021, dell’Assistenza Qualificata per L’Autonomia e la Comunicazione (come da certificato medico e da PDF, visto le diverse disabilità e purtroppo la bambina non è verbale) Tale figura è indispensabile per l’inclusione scolastica della bambina e per supportare gli interventi finalizzati allo sviluppo di ulteriori competenze e per la comunicazione.
3. Inoltre, gradiremmo che sia inserita e sviluppata una strategia per la prevenzione e la gestione di comportamenti problematici, veri e propri comportamenti di autolesionismo che spesso risultano distruttive anche per oggetti e materiali scolastici. Ho scritto al dirigente scolastico, richiedendo di utilizzare il nuovo formato del PEI – ICF, ma a tutt’oggi non ho avuto risposta; cosa posso fare per risolvere questa situazione? Visto il diniego da parte dell’insegnante, non abbiamo firmato il PEI. Come posso far valere i dirittidi mia figlia? 

Il PEI è elaborato congiuntamente dal GLO, il gruppo di lavoro formato da tutti gli insegnanti della classe (e non dal solo docente di sostegno), dai genitori e dagli specialisti che seguono l’alunna, ed anche, se presente, dall’assistente alla comunicazione. Per le sue richieste, che vanno discusse e condivise in sede di GLO, le suggeriamo di chiedere urgentemente la convocazione del GLO ai fini dell’elaborazione del PEI. In tale sede potrà sottoporre le sue richieste a tutto il gruppo di lavoro e, insieme, potrete concordare che cosa inserire nel PEI. Infine, per quanto riguarda il nuovo modello di PEI, esso non è ancora utilizzabile, in quanto mancano i provvedimenti attuativi. 


Si presenta al nostro istituto la richiesta, per ora informale, da parte dei un genitore di alunno certificato L. 104/92, affetto daTetraplegia spastica, nato nel 2005, di permanenza presso la scuola secondaria di 1 grado per un ulteriore anno scolastico. La richiesta è stata suggetita dall’equipe medica che lo segue. L’alunno ha già effettuato n. 2 anni di permanenza alla scuola primaria. Chiedo se sia possibile rispondere affermativamente al genitore e quali requisiti/documentazione siano eventualmente da richiedere.

I trattenimenti e le bocciature, ai quali di solito siamo contrari, non facilitano l’inclusione, dal momento che gli alunni con disabilità perdono i contatti coi compagni coetanei e si trovano negli anni successivi con compagni più giovani di loro, dai quali ricevono minori stimoli all’inclusione. La richiesta di trattenimento informale, inviatavi dalla famiglia, ma vale anche se ne pervenisse una formale, non vincola in alcun modo la scuola, né la obbliga a procedere con il trattenimento dell’alunno. È il Consiglio di classe, e solamente il consiglio di classe, che, sulla base di oggettive valutazioni, coerenti con il PEI, procede con l’ammissione o la non ammissione alla classe successiva o agli esami di Stato. E dato che il PEI è elaborato sulle effettive capacità e potenzialità dell’alunno, è alquanto improbabile che sussistano le condizioni per una non ammissione. Ora, considerato che disponiamo unicamente di un’indicazione diagnostica, che nulla dice in merito alle capacità e alle potenzialità effettive dell’alunno, non è escluso che, ammesso all’esame di Stato, l’alunno possa superare le prove d’esame, coerenti con il PEI per lui predisposto; in tal caso potrà conseguire il diploma e procedere con il percorso nella secondaria di secondo grado. Si aggiunga infine, per completezza di informazione che, a seguito dell’O M n. 90/01 art 11, commi 11 e 12, che agli alunni con disabilità, che a conclusione della secondaria di primo grado non conseguono il diploma, la scuola rilascia un attestato, che è titolo idoneo per iscriversi alle scuole secondarie di secondo grado, al solo fine di esercitare il diritto allo studio e ricevere agli esami di maturità un altro attestato conclusivo. In sintesi, suggeriamo ulteriormente di evitare la ripetenza e fare andare avanti l’alunno.


Sono una mamma di una bambina di otto anni con sostegno non riuscendo a stare attenta alla didattica a distanza per causa cognitiva ho chiesto alla dirigente di avere il sostegno in presenza mi è stato detto che non è possibile in questa situazione di emergenza intanto la bambina non sta seguendo la dad è possibile far ripetere l’anno scolastico visto che in questi due anni di scuola primaria non ha capito nulla?

È incredibile il comportamento della DS. Infatti il DPCM del 3 Novembre 2020 e la Nota ministeriale 1990/2020, che ha chiarito il contenuto del DPCM, stabiliscono che gli alunni con disabilità, e vale anche per gli alunni che si trovano nelle zone rosse, hanno diritto a seguire la didattica in presenza insieme ai loro compagni di classe, che lo desiderano, e in presenza dei docenti della classe; in presenza i docenti svolgono la lezione sia al piccolo gruppo di alunni, che è in classe, sia ai compagni che sono a casa e che si collegano online.  Le suggeriamo di contattare urgentemente per telefono l’Ufficio scolastico regionale, nello specifico il referente per l’inclusione scolastica o la Segreteria del Direttore scolastico regionale, per pretendere il rispetto di queste due ultime norme.


Ho richiesto, tramite emailPEC, l’assegnazione di una unica insegnante specializzata a sostegno di mio figlio. In tale richiesta ho ulteriormente richiesto anche la compresenza di uno dei tre terapisti A.B.A. di cui mio figlio si avvale. Vengono assegnate due insegnanti di sostegno, anziché una, non solo, totalmente prive della necessaria specializzazione, ma anche prive di esperienza di insegnamento. Per quanto riguarda la compresenza del terapista A.B.A. mi viene semplicemente risposto che: “non è possibile”, senza produrre alcuna giustificazione.Decido, di comune accordo con la madre di mio figlio, di non mandarlo più a scuola, considerata l’oggettiva incapacità delle due insegnanti di gestire mio figlio. Il dirigente di istituto, venuto a conoscenza di questa situazione, provvede, in appena 24 ore, a rimpiazzare le due insegnanti con una unica, anch’essa priva della necessaria preparazione, ma, per lo meno, animata da buon senso e buona volontà. Per veder riconosciuto il “diritto” ad avere la compresenza del terapista A.B.A., ho fatto intervenire, presso il dirigente di istituto, la psichiatra del centro di neuropsichiatria infantile che segue mio figlio da sette anni. Anche lei ha avuto la stessa risposta: ”non è possibile”, senza giustificare il motivo. Alla luce di quanto esposto e in considerazione del fatto che, in altri istituti è stata permessa la compresenza, mi chiedo perché sia negata a mio figlio la possibilità di avere un adeguato “continuum scolastico” – come viene beffardamente sbandierato dal “sistema scuola” – senza, per altro, fornire una plausibile giustificazione, trincerandosi, altresì, dietro quel meschino comportamento del tipo: “in questa scuola si fa come dice il dirigente”. Chiedo, pertanto, se ho ulteriori margini di manovra per veder riconosciuto quello che io reputo un DIRITTO per mio figlio.

Per gli alunni con autismo la Giurisprudenza ha stabilito più volte che è possibile avere per qualche ora settimanale la presenza in classe di un esperto nella comunicazione, come stabilito dall’art. 13 comma 3 della legge n. 104/92 e dall’art 139 del decreto legislativo  n. 112/1998 (il personale assunto in conformità alle disposizioni della legge n. 104/92 è, per contratto, addetto all’autonomia e/o alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità).  Se, invece, la sua richiesta riguarda il “riabilitatore”, ovvero il terapista ABA, non è legittimo che questa figura svolga riabilitazione in classe. Pertanto le suggeriamo di precisare in una lettera, da inviare al Dirigente scolastico, i motivi e i compiti della presenza della persona da voi indicata come “terapista ABA”; se tale figura è chiamata a svolgere compiti afferenti l’autonomia personale e/o la comunicazione di vostro figlio, parimenti a quelli dell’assistente, chiedete che la scuola si rivolga al Comune, cui spetta assegnare  gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione. Eventualmente potete chiedere la convocazione del GLO per indicare le ore di “assistenza”, affinché il DS sia supportato da una legittima indicazione da parte del gruppo di lavoro. 


Sono il papà di un bambino autistico (lg104 art.3 comm.3) che sta frequentando il secondo anno di una scuola dell’infanzia paritaria. Assunta l’insegnante di sostegno tramite graduatoria. Il giorno della video conferenza con la famiglia e la terapista, questa insegnante si è presentata senza un programma, e senza una idea di cosa far fare al bambino.Con tanta perplessità abbiamo cominciato a notare i piccoli dettagli.La mattina si trova a fare l’ingresso da un’altra classe, il pomeriggio si trova in un’altra classe ancora a gestire l’uscita dei bambini (con mio figlio presente e sotto l’osservazione della maestra di sezione)Parlando con la terapista, che ha partecipato all’incontro citato in precedenza, abbiamo deciso di richiedere un rapporto giornaliero fatto di video e foto, per vedere cosa faceva il bambino durante le ore mattiniereLa docente di sostegno non ci ha mai aggiornato sul lavoro del bambino ne quando lo andavamo a riprendere il pomeriggio e ne la mattina quando lo portavamo( in quelle poche volte che si trovava a fare ingresso e uscita nella sez. di mio figlio) Arrivando al dunque, abbiamo visto che nel materiale inviato sia a noi che alla terapista, lei per due mesi ha riproposto esercizi che mio figlio faceva già l’anno scorso,  che a ripetutamente fatto a casa durante il lockdown. Miglioramento a livello scolastico zero, fino a quando la stessa insegnante di sostegno è risultata positiva al covid, ed è arrivata una sostituta all’altezza.Parlando con il dirigente scolastico, abbiamo chiesto espressamente di lasciare questa sostituta, come definitiva per questo anno.La risposta è stata che è una cosa molto difficile  e il contentino è stato un affiancamento di 4 giorni tra insegnante di sostegno e quella supplenza. La maestra di sostegno è alla sua prima esperienza con bambini dell’infanzia, ma si nota anche in alcuni episodi che c’è una situazione di leggerezza da parte sua nel creare un progetto per aiutare il bambino a migliorarsi. C’è qualcosa che si può fare per porre fine a questa situazione? e dare merito a chi invece ha fatto solo due settimane di supplenza e ha fatto molto di più che la sostegno in due mesi? senza avere un programma inesistente da parte della docente di sostegno, anzi è stato richiesto di preparare un programma dalla supplente per tutto l’anno scolastico del bambino. e omunque in data 01/12/2020 il PEI neanche l’ombra di stesura… 

Va detto che il successo o l’insuccesso scolastico non va attribuito a un solo insegnante, ma a tutti gli insegnanti della sezione. Voi non avete fatto alcun riferimento agli altri docenti, che pure sono insegnanti a pieno titolo di vostro figlio. L’incontro per la elaborazione del PEI deve avvenire con la presenza di tutti i docenti della sezione, dei genitori e degli specialisti. Ora, trattandosi di scuola paritaria, la scuola potrebbe decidere di interrompere il rapporto di lavoro con la docente da voi indicata come non poco adeguata e assumere l’altra. 


Può una preside decidere come impiegare l’insegnante di sostegno o la decisione spetta al glh?

Come impegnare l’insegnante per il sostegno spetta al GLO, secondo i criteri indicati nel PEI. Il DS si limita ad assegnare il docente alla classe, ma non può decidere da solo l’orario da destinarsi alle attività di sostegno, che devono essere formulate nell’interesse esclusivo dell’alunno.


Sono un insegnante di sostegno in un istituto superiore. Quest’anno causa la situazione contingente oltre la didattica stiamo svolgendo molte attività on-line e anche le procedure burocratiche risentono di questa situazione. La nostra scuola ci ha dato indicazioni, una volta redatti PDP e PEI, di inserirli su registro elettronico condividendoli con gli insegnanti della classe e con l’allievo interessato  (non con i genitori). Ho obiettato che questi documenti in tal maniera sarebbero diventati facilmente stampabili, e sarebbero stati visibili anche dall’allievo con disabilità, cosa che mi sembrava ancora meno opportuna, soprattutto nel caso di minori. Mi è stato risposto che la legge è rispettata e che un ragazzo con disabilità non aveva le competenze per accedere, quindi l’avrebbero fatto i genitori (sic!). 

Il Piano educativo individualizzato non deve e non può essere elaborato dal solo docente di sostegno e neppure dal solo Consiglio di classe. Il compito della predisposizione del PEI è del GLO, i cui componenti sono tutti i docenti della classe in cui è iscritto l’alunno con disabilità, i genitori dell’alunno con disabilità, gli specialisti che seguono l’alunno con disabilità. All’incontro potrebbe anche partecipare l’alunno stesso, diretto interessato, secondo il principio di autodeterminazione. Appare evidente che quanto le è stato richiesto di fare non rientra nella procedura contemplata dalla norma. Pertanto faccia presente al DS che deve convocare formalmente i componenti del GLO e che solo durante l’incontro programmato sarà elaborato congiuntamente il Piano educativo individualizzato. 


Sono una collaboratrice  scolastica  ho la Legge 104 da più di 5 anni per mio padre  affetto da SLA. È  un H24 vive a casa con la mamma  che ha 73 anni, io sono l ‘unica figlia  che può assisterlo vivo nello stesso paese ma non ho la residenza con lui, ho fatto la richiesta x la 104 lunga ma non mi è  stata concesso. La DS mi ha risposto che non essendo residente con lui non posso usufruire  di 104 lunga (solo i tre giorni al mese) volevo  sapere da voi se devo cambiare  la residenza  x avere questo  diritto? Potete darmi delle giuste informazioni ? 

Solo se trasferisce la sua residenza presso la residenza di sua madre può fruire del congedo di due anni, in quanto così è stabilito dalla normativa (Decreto legislativo n. 151/2001, Testo Unico sulla normativa di tutela della famiglia).


Sono una docente di sostegno di ruolo in una scuola media.Nella mia classe ci sono 16 alunni di cui 2 diversamente abili con diagnosi e caratteristiche completamente differenti, per questo motivo sono stati assegnati a questa classe 2 docenti di sostegno (io e una collega)Volevo sapere se c’è una normativa che stabilisce che 2 docenti di sostegno non possono stare in compresenza nelle stesse ore. Mi spiego meglio: so perfettamente che nell’economia dell’orario scolastico è meglio distribuire le ore di sostegno in modo tale che gli alunni siano seguiti nel maggior numero di ore possibile, ma so anche che la priorità va data alle esigenze scolastiche dell’alunno e non ad altro. Preciso infatti che la richiesta di compresenza è dettata dal fatto che, in alcune discipline, uno dei due alunni segue una programmazione differenziata.

Nella scuola Secondaria di Primo Grado, così come nella Primaria, la programmazione non può essere differenziata, possibilità che, invece, è prevista nella scuola Secondaria di Secondo grado, come risulta dal confronto tra l’art. 16 comma 2 della legge n. 104/92 e dell’art 15 commi 3, 4 e 5 dell’O.M. n. 90/2001. Pertanto, in sede di GLO, come Consiglio di classe, è possibile proporre solamente la programmazione semplificata o individualizzata. Per quanto riguarda l’orario di servizio del docente di sostegno è bene che venga strutturato sulla base delle necessità degli alunni e non dalla copertura, pedagogicamente e strategicamente irrilevante.  Se riscontrate problemi nella definizione dell’orario, si convochi il GLO e, in tale sede, si fissi l’orario che risulti più efficace per garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità, compito che appartiene a tutti gli insegnanti della classe, non solo a quello di sostegno, e proprio perché appartiene a tutti i docenti della classe, per espletare tale compito ci si avvale della presenza e del supporto del docente incaricato su posto di sostegno. Così organizzato, ovvero coerentemente con le necessità dell’alunno, l’orario potrebbe determinare più presenze nella stessa ora, ma il primo principio da soddisfare è il diritto allo studio e all’integrazione scolastica dell’alunno con disabilità, non altre logiche. 


Vorrei sapere se l’assistente alla comunicazione  di un alunno ipovedente fa parte del consiglio di classe per tutti gli alunni o solo relativamente allo studente che segue.

L’assistente è nominato esclusivamente per l’alunno con disabilità e non fa parte del Consiglio di classe, che è composto da soli docenti. L’assistente è convocato, con gli altri componenti, in sede di GLO per la elaborazione del PEI.


Sono la mamma di un bimbo con certificazione per un disturbo lieve dello spettro autistico. Il bambino ha 6 anni ma abbiamo chiesto un anno di permanenza presso la scuola materna in cui ha un sostegno da due anni. Volevo chiedervi se ci sono delle norme per il PEI e dove le posse trovare, inoltre se le insegnanti contattano le terapiste private del bimbo hanno bisogno di una nostra autorizzazione scritta visto che è un minore, ma comunque credo che i genitori debbano essere coinvolti sempre non come succede ogni tanto!!!

È bene che i bambini proseguano il loro percorso formativo insieme ai coetanei con i quali, come dimostrano le ricerche pedagogiche, si sviluppano interazioni positive significative, utili per la crescita, lo sviluppo, la partecipazione alla vita sociale, in una parola, funzionali all’attuazione del progetto di vita, cui mirano le azioni formative in ambito scolastico, familiare e sociale. Per quanto riguarda il PEI, piano educativo individualizzato, le norma di riferimento sono costituire dalla legge 104/92, dal DPR 24 febbraio 1994, dalle Linee guida ministeriali del 4 agosto 2009, prot. n. 4274, dal D.lgs. 66/17 (e D.lgs. 96/19). Quanto alla possibilità che i docenti contattino operatori privati che seguono l’alunno, è bene che ciò sia previsto nel PEI e che venga richiesto il consenso della famiglia di volta in volta, ossia ogni volta si renda necessario un incontro. Infine, per la questione riguardante relativa ai contatti fra docenti della scuola e terapiste private che seguono il bambino, è necessario che i genitori autorizzino, per iscritto, tali contatti e che sia indicata la possibilità che i docenti della classe contattino operatori privati che seguono l’alunno. La scuola non può parlare del minore con figure esterne alla scuola o che non fanno parte, come in questo caso, della sezione in cui è iscritto il bambino, senza aver acquisito la necessaria autorizzazione da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale


Sono la Referente per il sostegno di una scuola media. In riferimento a una vostra risposta riguardo a un’alunna con patologia gravissima che non frequenta più la scuola dalla 4^ classe della primaria (ora è iscritta in seconda media) preciso che l’alunna è in stato vegetativo (si trova presso il proprio domicilio) con scarsissimo/nullo residuo intellettivo. Pertanto, vista la gravità della situazione, la famiglia, contattata dalla scuola, non è disponibile a realizzare né una forma di istruzione in ospedale né didattica a distanza, come da voi indicato, in quanto l’alunna è impossibilitata a partecipare a qualsiasi attività per quanto individualizzata. Inoltre per la famiglia sarebbe gravoso impegnarsi anche in questo tipo di attività visto tutto ciò che comporta la situazione di estrema gravità. La Scuola come deve procedere?

La scuola convochi un GLO on-line con la presenza necessaria dell’ASL e pervenga alla conclusione che l’alunna è, attualmente, impossibilità a seguire qualunque tipo di attività proposta dalla scuola, sospendendo così, per ora, l’obbligo scolastico dell’alunna. Ciò anche al fine di evitare la contravvenzione pecuniaria a carico della famiglia.


Sono una docente di sostegno di scuola secondaria superiore e volevo chiedervi delle precisazioni sulla redazioni di un pei. Il ragazzo ha un ritardo cognitivo lieve ed è stato inserito in un primo anno di un istituto professionale. La maggior parte del consiglio di classe sta optando per un pei differenziato. Volendo tentare la carta del pei curriculare, volevo capire se la riduzione prevista dei compiti, verifiche etc può essere del 30% in meno rispetto alla classe, visto che l’attuale carico di lavoro non è retto da lui. Nel caso in cui venga specificato nel pei il ricorso a forme grafiche, privilegiare il canale verbale piuttosto che scritto etc se degli insegnanti non si attengono, cosa succede? posso prevedere l’utilizzo di un dizionario digitale per le lingue straniere o chiedere l’esenzione dalle stesse senza pregiudicare il suo percorso?

È da tener presente che un pei semplificato non può andare disgiunto dalle prove equipollenti, il cui concetto giuridico si rinviene nel DPR n. 323/98 all’art 6 comma 1. Comunque è indispensabile che l’alunno, sia pur in modo semplificato (coerentemente con quanto disposto dall’art. 16, comma 1, della legge n. 104/92) svolga tutte le discipline, così come stabilito dall’art 20 del decreto legislativo n. 62/17.


Sono mamma di un bambino con disabilità grave e insegnante precaria di scuola primaria con contratto al 30/06. Vorrei sapere se posso usufruire del congedo straordinario retributo di 2 anni della legge 104. Lo chiedo perché sembra che sia quasi un’utopia riuscire a capire se mi spetti o meno: la segretaria del mio istituto afferma di no, il sindacato sostiene di sì, un avvocato esperto in diritto scolastico dice di no, l’Inps mi comunica che non c’è una regolamentazione precisa. Un altro avvocato afferma che io possa prendere il congedo ma a zero retribuzione, perché quest’ultima spetta solo ai docenti di ruolo. Potreste darmi una risposta certa? 

Purtroppo il congedo straordinario di due anni spetta solo ai docenti di ruolo. Occorrerebbe vedere le circolari dell’INPS relative a tale istituto per averne conferma.


In accordo con la famiglia, si è deciso di differenziare il percorso scolastico della mia allieva in quinta perché non riuscirebbe ad affrontarlo.
Vorremmo però farle affrontare l’esame differenziato con i compagni perché sta vivendo un bel percorso di inclusione e quindi non vorremmo precluderle questa esperienza.
La mia domanda è: se affronta l’esame differenziato può prendere il diploma fra qualche anno?
Nel mio stesso istituto c’è il corso serale che potrebbe riconoscerle i crediti dei quattro anni, è possibile conseguire il diploma regolare? E’ possibile farlo con l’insegnante di sostegno o quel percorso si considera chiuso?
C’è una normativa specifica per questa tematica?

Se per la studentessa, fino ad oggi, è stato adottato il PEI semplificato, non si capisce perché la previsione dell’esame di Stato debba indurre un Consiglio di classe a fare, proprio l’ultimo anno, una scelta differente. È in contrasto con il percorso dell’alunna la quale, peraltro, si riproporrebbe di conseguire il diploma in seguito. Sembra, come dice il detto popolare, un voler allungare il brodo. A che pro? Vi suggeriamo di mantenere, come avete fatto per gli altri quattro anni, il percorso semplificato e, invece, di impegnarvi per accompagnare la studentessa verso questo importante traguardo che, per tutti gli studenti, è l’esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione. Fra l’altro tenga conto che, se la studentessa dovesse iscriversi al serale, non fruirebbe più del sostegno, di cui ha beneficiato nei cinque anni di scuola secondaria. Si troverebbe, di conseguenza, da sola a doversi preparare all’’esame di Stato: perché metterla in questa inutile e assurda situazione?


Insegno in una scuola secondaria di secondo grado come docente di sostegno di un ragazzo con ritardo medio-grave. Il mio orario prevede 9 ore. così  distribuite: 4  tra italiano e storia, 3 di matematica, 2 di scienze, 2 di geografia.  Conclusa la redazione del Profilo dinamico, ho inviato via email una copia  ai colleghi del CdC  e contestualmente, ho chiesto loro un “appuntamento” per mettere a punto la programmazione, che prevede obiettivi differenziati. La collega di diritto ed economia ha ritenuto corretto inviare solo all’educatrice  (forse perchè io non copro le sue ore) la programmazione della classe . Quando ne ho preso visione, mi è sorto il dubbio che preferisse adottare nella sua disciplina un piano per obiettivi minimi e le ho chiesto chiarimenti. Mi ha risposto di aver consegnato “i minim” all’educatrice perché si potesse orientare meglio sugli argomenti, che  io avrei poi dovuto semplificare in base ai miei materiali. Non solo, mi ha chiesto anche di preparare le verifiche scritte per l’alunno. Quindi, 1) io non ho diritto ad un colloquio di confronto sul programma, non ho diritto a ricevere la programmazione, ma 2) ho il dovere di semplificare gli argomenti di una disciplina che non seguo e su cui non ho nessuna competenza disciplinare.. Vi chiedo: esiste una normativa che definisca in maniera chiara e inequivocabile ruolo e compiti del docente curricolare e del docente di cattedra? P.S. Tengo a precisare che finora non mi sono tirata indietro, provvedendo io a fornire il materiale di diritto all’educatrice.

Indubbiamente vi è molta confusione e non solo in merito al ruolo e ai compiti del docente, ma anche a quello della figura addetta all’assistenza, in questo caso l’educatrice. Il Profilo dinamico funzionale e il Piano educativo individualizzato sono documenti non di esclusiva competenza del docente specializzato, bensì di tutti i componenti del GLO (docenti della classe, genitori, specialisti ASL, con la partecipazione dell’assistente o educatore).  Il PDF, che viene aggiornato, e il PEI, che viene redatto annualmente in sede di GLO, possono essere proposti in “traccia” al gruppo di lavoro, per rendere più agevole il momento dell’incontro e pervenire a una condivisione. La parte riguardante la progettazione didattica è trattata dagli insegnanti della classe e non dal solo docente di sostegno. Prima di stabilire il tipo di programmazione per l’alunno i docenti del Consiglio di classe necessariamente si confrontano (e a questo confronto non partecipa l’educatore, in quanto non è componente del Consiglio di classe e non può entrare nel merito della progettazione didattica). Solo dopo aver concordato quale percorso intraprendere, ovviamente si auspica un accordo condiviso, diversamente sarà la linea prevalente a decidere quale percorso adottare, fermo restando che ogni decisione deve caratterizzarsi per l’impostazione pedagogica, quindi essere attenta e rispettosa dell’alunno con disabilità, e quindi avere quale prospettiva l’attuazione del progetto di vita, si prosegue con il resto, perché la scelta del curricolo implica la definizione degli obiettivi da conseguire, dei contenuti da trattare, ecc., ossia l’esplicitazione di ogni elemento correlato alla programmazione. In sintesi, lei non doveva dare per scontato un percorso differenziato, come pure la collega non doveva inviare materiale riservato riguardante un suo alunno, nello specifico la progettazione didattica, ad una figura esterna al Consiglio di classe, in questo caso l’educatrice, la quale non ha alcun titolo in merito ad essa. Che cosa fare? Chiarire la situazione, senza alcun dubbio, ma anche concordare in Consiglio di classe il tipo di percorso. Se tutto il Consiglio di classe opta per un differenziato, dovete acquisire l’autorizzazione da parte dei genitori, da contattare rapidamente. Se tutto il Consiglio di classe opta per un PEI semplificato (i cui contenuti sono globalmente riconducibili ai piani di studio, in base all’OM 90/2001), allora dovete specificare, per ciascuna disciplina, i contenuti, le modalità di verifica, i criteri di valutazione come pure eventuali ausili o sussidi didattici di cui si avvale lo studente.  Delineata la traccia, va convocato il GLO e, in tale sede, pervenire a una condivisione, condivisione formalizzata attraverso la firma del documento da parte di tutti i componenti del GLO.


Sono un docente di sostegno didattico e sono stato contattato da alcuni genitori che lamentano la mancata assegnazione del docente di sostegno specializzato (l.104/92) per il proprio figlio/a con disabilità sensoriale (vista e udito). Ai ragazzi con tali disabilità viene assegnato solo il facilitatore della vista/udito fornito da cooperative del territorio. Personalmente ho verificato che i dirigenti scolastici (forse per carenze di risorse) tendono ad assegnare ai ragazzi solo il facilitatore. A mio modesto avviso l’assegnazione del docente di sostegno sarebbe necessaria per i seguenti motivi:
a) si eviterebbe la probabile violazione dell’art. 13 comma 3 della a l. 104/92 che arrechi un pregiudizio non patrimoniale risarcibile legato alla maggiore difficoltà dello studente con disabilità sensoriale di fruire dell’offerta formativa (mancato rispetto dei diritti Costituzionali).
b) si escluderebbe la mancata applicazione della Sentenza 5851/2018 del Consiglio di Stato a favore degli alunni affetti da cecità e ipovisione che prevede l’assegnazione del docente specializzato con specifiche competenze.
c) l’assegnazione del facilitatore non esclude affatto che l’attività di sostegno debba svolgersi con docenti muniti di specifica specializzazione.
d) il facilitatore non è componente del Consiglio di classe e non potrebbe redigere il PEI.
Per sgomberare il terreno da dubbi chiedo il vostro autorevole parere.
L’assegnazione del docente specializzato è obbligatorio per le disabilità sensoriali? La provincia di Trento può derogare la L. 104/92 e assegnare il solo facilitatore? Come si dovrebbero comportare le famiglie interessate per garantire il diritto all’inclusione scolastica dei propri figli con disabilità sensoriali?

La presenza del docente specializzato, fin dall’avvio del percorso scolastico, è sicuramente strategica ai fini dell’inclusione e dell’impostazione di un percorso che consenta successivamente allo studente, in particolare nella scuola di secondo grado, di procedere eventualmente con il solo supporto del facilitatore esperto tiflologo. L’assegnazione del docente specializzato alla classe in cui è iscritto uno studente con disabilità sensoriale, infatti, è vincolante e nessuna Regione o Provincia, autonoma o non autonoma, può derogare agli obblighi fissati dalla legge n. 104/92. Si ricorda che la legge 104/92 all’art. 2, che fissa i “Principi generali”, stabilisce espressamente che “la presente legge detta i principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza” e “di riforma economico-sociale della Repubblica” e afferma che essa si applica anche nella Regione Trentino Alto Adige. Di conseguenza, eventuali accordi o delibere emanate dalla Provincia che risultino in contrasto con questi principi sono da considerarsi illegittimi. Pertanto le famiglie possono pure impugnare sia la mancata nomina del docente per il sostegno, inoltrando ricorso anche per discriminazione nei confronti del figlio, ai sensi della legge 67/2006, e per interruzione di pubblico servizio, nonché per inadempienza e mancato rispetto delle norme di tutela a favore dell’inclusione scolastica del figlio, così come possono impugnare pure gli Atti di delibera o di accordo come atto presupposto. 


È legittimo che il dirigente decida di mettere in servizio l’insegnante di sostegno quando il bambino è assente, lasciando scoperte delle ore in cui è presente ed è con l’educatore? Mi spiego meglio, per questo anno scolastico sono state riconosciute a mio figlio, che ha diagnosi di spettro autistico grave, 25 ore di sostegno e 6 ore di sostegno socio educativo con assistente alla comunicazione. Il bambino frequenta la scuola dell’infanzia per 25 ore durante la mattina, pertanto insegnante ed educatore sono in compresenza per due giorni. Tra loro c’è armonia e massima collaborazione. Ora con l’inizio delle attività pomeridiane, la dirigente ha messo la maestra, nei due giorni di compresenza, in servizio nel turno pomeridiano, durante il quale, mi ripeto, il bambino non frequenta, togliendoci di fatto 6 ore di sostegno. È legittimo tutto questo? La giustificazione datami è che le due figure sono complementari, che il bambino non è da solo e che l’insegnante è un’insegnante di classe. 

Va precisato che le due figure, quella del docente e quella della figura addetta “all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità”, non sono fra loro complementari, in quanto assolvono compiti fra loro differenti. Queste due figure non sono neppure interscambiabili, come se l’una valesse come l’altra. Sono entrambe sicuramente importanti, per il ruolo ricoperto e per la specificità del loro intervento. Pertanto se a suo figlio spettano 25 ore di sostegno queste debbono essergli garantite, perché gli sono state riconosciute proprio per includerlo nella sezione alla quale egli è iscritto (non sono state assegnate ad altri). Quindi se suo figlio frequenta solo al mattino, le 25 ore debbono essere fruite tutte da lui e si svolgeranno, per le ore previste, in compresenza con l’assistente, secondo le attività programmate.


Sono una docente di sostegno presso un Istituto Superiore di Secondo grado. Vorrei sottoporre alla vostra attenzione il seguente quesito: cosa succede se un docente rifiuta di firmare il PEI,  mentre il resto del Consiglio di Classe e i genitori sono d’accordo con quanto scritto e dichiarato nel PEI? Il PEI è stato discusso durante il GLO alla presenza dei genitori e dei docenti  del Consiglio di Classe. Il ragazzo segue una programmazione per obiettivi minimi. Come si deve procedere per legge se è solo un docente a non voler firmare il PEI?

Il PEI è frutto della condivisione fra i componenti del gruppo di lavoro e, da quanto scrive, l’accordo è stato sostanzialmente raggiunto. Non si conoscono le motivazioni del rifiuto del docente da lei citato e neppure se si tratta di un docente incaricato su posto disciplinare o su posto di sostegno; indicazioni almeno generali avrebbero potuto aiutare a focalizzare la situazione. Sicuramente va acquisita a verbale la decisione del docente che ha espresso diniego di firma. 


Sono Referente per il sostegno in una scuola media. In una seconda è iscritta un’alunna che ha una grave patologia, è intubata e i genitori riferiscono che non può fare nulla, anche se si attivasse l’istruzione domiciliare. Inoltre con l’emergenza Covid sarebbe molto rischioso per l’alunna che gli insegnanti si recassero a casa. I genitori non intendono fare nulla e l’alunna non frequenta la scuola già dalla quinta della scuola primaria. La situazione è segnalata all’USP che ha comunque assegnato le ore di sostegno. Quale comportamento deve avere la scuola?

Intanto la scuola deve richiedere il certificato medico, che giustifica le assenze e che rende valido ugualmente l’anno scolastico. Sarebbe il caso di parlare con il medico curante per valutare se sia possibile realizzare una forma di istruzione in ospedale, mantenendo l’alunna a casa, in quanto i docenti di questo tipo di istruzione sono più esperti anche nel campo della prevenzione della salute. Va tuttavia aggiunto, considerata la particolare situazione, se avete considerato di attivare una modalità di incontro  con l’alunna attraverso il collegamento con il computer. Il genitore potrebbe costituire l’elemento “ponte” fra la scuola e la figlia e, in questo modo, grazie ad attività personalizzate, l’alunna potrebbe partecipare alle attività proposte dalla scuola insieme ai suoi compagni e alle sue compagne. In base all’OM 134/2020, infatti, è consentito attivare, a fronte di condizioni di fragilità degli alunni, forme di frequenza interamente a casa con quotidiani collegamenti con il computer (didattica a distanza), forme miste (in parte a scuola e in parte a casa, sempre collegati mediante internet) o interamente in presenza a scuola.


Sono una insegnante di sostegno. Quest’anno lavoro in una scuola nuova ed ho necessità di avere dei riferimenti normativi che chiariscano cos’è il Pei è quando va compilato. Mi è stato detto di redigere quest’anno 20/21 il PEI per l’anno prossimo 21/22 ed io devo lavorare sulle indicazioni del Pei del precedente anno19/20.  Io non credo che siano indicazioni corrette  ma, probabilmente sino ad ora mi sarò sbagliata e merito lo scontro con il gruppo dei colleghi di sostegno. Potreste aiutarmi in tal senso per chiarire eventualmente se sono fortemente in errore, con  indicazioni che non lasvisno margine di interpretazione, se il Pei quest’anno io lo redigerò per il 2020/21 o lo dovrò compilare per il 2021/22?

Come stabilisce la normativa vigente, il PEI, piano educativo individualizzato, è elaborato congiuntamente da tutti i componenti del GLO (come indicato nell’art. 9, comma 10 del decreto legislativo n. 66/17). Il GLO formula il PEI per l’anno scolastico in corso, 2020-2021, documento che deve essere predisposto non oltre la fine del mese di ottobre.  Per quanto riguarda i contenuti del PEI, documento che viene scritto per ogni nuovo anno scolastico, dovete fare riferimento alle capacità e alle potenzialità dell’alunno, considerati i suoi interessi e le sue attitudini, e avendo presente anche il suo comportamento e le sue manifestazioni, nonché le influenze dei fattori contestuali. La progettazione riguarda l’anno scolastico in corso, per quel che riguarda il PEI che il GLO elabora entro ottobre, e non può attingere da pregresse situazioni o da ipotetiche future condizioni, ancora ignote, considerato che state ancora lavorando per il raggiungimento degli obiettivi dell’anno scolastico in corso che è ancora agli inizi. Per ulteriori informazioni e chiarimenti ci scriva. Cercheremo di accompagnarla in questo suo nuovo percorso.


Sono la mamma di un ragazzo diversamente abile che frequenta il secondo anno di liceo. A scuola mi hanno proposto la didattica a distanza che ho accettato perché mi avevano garantito verbalmente che avrebbero organizzato un orario adatto alle esigenze. Purtroppo ciò non è avvenuto. Vi chiedo se il Dirigente scolastico può organizzare un adatto alle esigenze e se posso, eventualmente ciò non si verificasse, chiedere di optare per la didattica in presenza.

Suo figlio ha diritto a chiedere un orario adatto a sé, purché coincida con il normale orario scolastico. In mancanza, suo figlio ha diritto alla didattica in presenza “in situazione di reale inclusione” (deve, cioé, poter andare a scuola insieme ad alcuni compagni e compagne della sua classe, scelti d’intesa con le loro famiglie), come scritto nel DPCM del 3 Novembre scorso, e come puntualizzato, in modo dettagliato, nella Nota del Ministero Prot. n. 1990 del 5 Novembre 2020; infatti il dpcm ha stabilito che la didattica in presenza per gli alunni con disabilità vale anche nelle zone indicate come rosse. Si fa presente che la Nota 1990/2020 contiene anche la procedura che il dirigente scolastico deve seguire per attivare il piccolo gruppo di alunni della classe di suo figlio, proprio per assicurare concrete condizioni di reale inclusione. 


Per allievi differenziati e con obiettivi minimi c’è il diritto di ricevere un supporto pomeridiano di aiuto per studiare a casa? A chi devono rivolgersi le famiglie?

Gli alunni con disabilità, normalmente, non hanno assistenti educativi domiciliari; solo gli alunni ciechi e quelli sordi possono ricevere a casa il pomeriggio alcune ore di assistenza per l’autonomia e per la comunicazione, che viene normalmente svolta anche a scuola. Si può comunque fare richiesta al Comune per ottenere alcune ore pomeridiane di aiuto personale ai sensi dell’art 9 della l.n. 104/92; però questa prassi è poco diffusa.


Sono la mamma di un alunno con disabilità che frequenta la scuola primaria e sono anche Presidente del Consiglio d’Istituto.
Da ogginella nostra regione le classi seconde e terze della Sec. I Gr. sono in DDI e per alcune classi, vista la normativa vigente (ed in particolare DM 39, DM 89, DPCM 3 novembre e relativa nota 1991/2020) deve essere garantita ad alunni disabili la didattica in presenza in modalità effettivamente inclusive e cioè con un gruppetto di compagni (selezionati dando priorità a BES, fragilità socio-culturali e figli di genitori lavoratori essenziali) a me sembre che in questi casi si configuri DDI complementare alla didattica in presenza, per cui il DM 89 prescrive:” Nel caso di attività digitale complementare a quella in presenza, il gruppo che segue l’attività a distanza rispetta per intero l’orario di lavoro della classe salvo che la pianificazione di una diversa scansione temporale della didattica, tra alunni in presenza e a distanza, non trovi la propria ragion d’essere in motivazioni legate alla specificità della metodologia in uso.”
Ora poiché i docenti sono comunque tenuti a fare il loro orario regolare ed in presenza, per queste classi ci si aspetterebbe che venga erogato il normale orario scolastico, o mi sbaglio?

Siamo dell’avviso che la didattica in presenza per i casi previsti dal DPCM del 3 novembre scorso e dalla Nota ministeriale n. 1990 del 5/11/2020 debba seguire l’orario fissato in precedenza, svolgendosi in contemporanea la didattica a distanza per il resto della classe. Se i componenti del Consiglio di Istituto, d’intesa col Dirigente scolastico, ritengono di ridurre l’orario della didattica a distanza, come previsto dalle Linee guida sulla Didattica Digitale Integrata, allegate al DM 89/2020, allora potrebbe porsi il problema di adeguare anche l’orario della didattica in presenza. Altrimenti, se la didattica a distanza mantiene l’orario ordinario, non è legittimo ridurre l’orario solo per il piccolo gruppo eterogeneo, di cui è parte l’alunno con disabilità, che frequenta in presenza.


Sono una docente specializzata sul sostegno. Le scrivo perché mi trovo paradossalmente dinnanzi  ad una situazione a mio avviso anomala che vorrei risolvere. Quest’anno sono stata assegnata ad una classe con un alunno presunto diversamente abile, presunto perchè ho appreso che ha una diagnosi e L.104/’92 scaduta nel 2017, ciò significa che ha fatto l’ultimo anno di elementare e tre anni di scuola media senza rinnovarla. Ora, iscritto al primo anno di scuola secondaria di secondo grado, le chiedo: ha diritto al docente di sostegno? Tra l’altro la famiglia ha rilasciato alla scuola solo delle dichiarazioni, anche poco chiare, ma non alcuna documentazione valida ad attestare la formale richiesta della diagnosi e L.104/’92 all’ASL di competenza. Ha diritto o no al docente specializzato? So che esiste la L.del 2014 che non fa decadere il diritto acquisito negli anni precedenti, ma in questo caso abbiamo un periodo piuttosto lungo durante il quale la famiglia non ha rinnovato la certificazione. 

La legge n. 114/2014 vale solo nel caso che, sottoposto a visita di revisione, l’alunno non venga chiamato; ma se l’alunno non si presenta alla data stabilita, perde totalmente la qualifica di persona con disabilità e deve risottoporsi ad una nuova visita collegiale medico-legale. Le suggeriamo, quindi, di rivolgersi al Dirigente scolastico, affinché egli chieda alla famiglia le nuove certificazioni conseguenti alla visita che doveva avvenire nel 2017 o nel periodo successivo. Se i genitori sono in attesa della convocazione per la visita e non sono ancora stati convocati, non resta che attendere. Se i genitori sono stati convocati, ma non si sono presentati, allora la documentazione presente è da ritenersi non valida. Se, infine, i genitori non producono nulla, in quanto non possiedono alcuna documentazione, allora l’alunno non potrà essere considerato come alunno con disabilità e, di conseguenza, non può avere diritto al sostegno e a ogni altro beneficio derivante. 


Nella mia scuola primaria è presente un alunno con certificazione 104 in gravità. È un alunno fragile,  fin dall’ inizio dell’ anno scolastico fino a ha frequentato le lezioni in presenza. Da alcune settimane è ricoverato all’ ospedale per motivi legati alla sua patologia. Per lui e’ stata attivata la didattica digitale integrata. Tra qualche giorno, la madre ha riferito che l’ alunno tornerà a scuola. La scuola in questo caso deve avere da parte della famiglia il certificato del pediatra che attesta  dopo un’ attenta valutazione la necessità per l’  alunno della scuola in presenza. Credo che la famiglia nonostante lo stato di fragilità del figlio, non abbia intenzione di rinunciare alla scuola in presenza. Ho letto l’ ordinanza della ministra Azzolini sugli alunni disabili in fragilità. Come dobbiamo comportarci?

La famiglia consegnerà alla scuola il necessario certificato per il rientro in classe e l’alunno frequenterà regolarmente. Non è la condizione di fragilità motivo per non frequentare, bensì, ove presente e documentata la condizione di alunno con fragilità, consente l’attivazione della DDI in forma integrale, cioè con la frequenza interamente da casa, oppure alternata, ovvero in parte a casa e in parte in presenza in classe, o interamente in classe. L’ordinanza 134/2020  è finalizzata a consentire la possibilità di fruire le lezioni in modalità di didattica digitale integrata, ovvero di percorsi di istruzione integrativi predisposti dalla scuola.


Sono insegnante di scuola primaria ed insegno in una seconda. Nella mia classe ho un bambino con 104, con spettro autistico. Abbiamo il sostegno e l’educatrice che coprono tutta la settimana, meno il martedì pomeriggio che rimane scoperto. Il genitori si oppongono, forti del loro essere docenti, al fatto che il bambino possa uscire un’ora ,ma anche meno, la mattina con l’insegnante di sostegno per cercare di consolidare alcuni apprendimenti, pretendendo con la forza di tenerlo in classe anche in condizione di forte stress e malgrado l’opinione della neuropsichiatra. Il bambino non sa ancora fondere le sillabe ed riconoscere la quantità. I genitori ritengono che il bambino soffra a livello emotivo di questa breve uscita e che a casa riporti tutto lo stress vissuto a scuola. Il bambino ha imparato a interagire con noi e con i compagni, anche se è esclusivo ed ossessivo nelle frequentazioni; se non ha l’insegnante di sostegno accanto, disturba i compagni e cerca di attirare l’attenzione in tutti i modi, è oppositivo e spesso finge di non ascoltare o non aver capito, (portare la mascherina, ad esempio, o togliersi dal davanti della lim) cambiando subito idea se gli diciamo che parleremo con il padre o la madre di questa sua opposizione. A questo punto piange in modo straziante pregando di non dirlo ai genitori. Come arginare la prepotenza di queste persone che non capiscono che stanno facendo un danno al loro figlio?

Molto spesso, a scuola, gli alunni con disabilità vengono condotti fuori dall’aula per motivazioni non coerenti con il percorso formativo. La preoccupazione dei genitori, con molta probabilità, è dovuta al fatto che ciò possa accadere anche al figlio. Appare quindi legittimo tutelare il figlio, secondo le forme possibili. Si deve allora ricercare nella fiducia reciproca la possibilità di porre in essere azioni efficaci e valide tanto per l’alunno che per i compagni, in un’ottica di reale inclusione. Da quanto lei scrive rispetto alle azioni promosse dalla scuola si avverte una certa esclusività nel rapporto “docente di sostegno e alunno”, a svantaggio del bambino stesso che, senza la presenza del docente specializzato, pone in essere comportamenti che vengono interpretati come “disturbo”, ma che potrebbero essere forme di richiesta di attenzione. Concretamente è opportuno che, come docenti della classe, rivediate la progettazione programmata, in particolare nel ruolo e nel rapporto “docenti-alunno con disabilità”, coinvolgendo anche il gruppo-classe, creando cioè, le condizioni affinché il bambino possa lavorare  insieme a tutti i docenti della classe e non in forma esclusiva con quello di sostegno e, al tempo stesso, interagire maggiormente con i compagni. Per quanto riguarda, invece, l’intervento individualizzato, esso può essere previsto per specifiche attività, ma deve essere programmato e inserito nel PEI. Da quanto scrive non si capisce se questo intervento sia finalizzato alla stanchezza o ad approfondimenti relativi agli apprendimenti. Se gli interventi individualizzati riguardano la stanchezza, allora è bene che prevediate, in classe, momenti di pausa, anche frequenti; non è necessario uscire dall’aula (e non avrebbe senso uscire un’ora alla mattina, ma andrebbero previsti più momenti, quando necessario). Se, invece, l’intervento individualizzato è determinato dalla necessità di approfondire alcuni contenuti relativi agli apprendimenti in essere, come prima ipotesi vi suggeriamo di prevedere che tali interventi siano proposti in presenza di un piccolo gruppo eterogeneo di alunni della classe: in quanto attività riguardante gli alunni della classe può essere programmato serenamente. In ogni caso, all’interno del PEI vanno indicati i seguenti dati: con chi esce l’alunno (con un piccolo gruppo eterogeneo di compagni e con l’insegnante in servizio), quando e per quanto tempo (indicare il giorno e l’orario), perché (obiettivi che motivano l’attività al di fuori dell’aula).  È altamente probabile che la famiglia, di fronte a questa forma di organizzazione, esprima consenso. In ogni caso, vi suggeriamo di convocare un GLO, quindi i genitori e gli specialisti che seguono il bambino, oltre a tutti i docenti della classe, invitando, se possibile e dopo aver chiesto il consenso alla famiglia, un esperto del CTS territoriale, che si occupa dello sportello autismo (se presente) oppure il rappresentante dell’associazione alla quale la famiglia è iscritta. In questa sede proponete le ipotesi sopra descritte (attività fuori dall’aula in piccolo gruppo eterogeneo o intervento individualizzato, sempre guidato dal docente in servizio). Solo in questo modo potrete raggiungere quell’alleanza necessaria per agire per il meglio nei confronti dell’alunno, in una condizione di condivisione.


Nella mia scuola primaria vi è un’ alunno con certificazione 104 in situazione di fragilità certicficata, per il quale la scuola ha chiesto ore di sostegno in deroga ad agosto quando è pervenuta tutta la documentazione. Ancora l’alunno non ha il docente di sostegno perché le deroghe dall’ ufficio scolastico non sono arrivate. La madre ha voluto per lui la didattica integrata che la scuola riesce a garantire per alcuni giorni settimanali con personale covid. La madre si lamenta che all’ alunno viene negato il diritto allo studio perché non ha il docente di sostegno. Ma in questo caso cosa deve fare la scuola oltre a pressare l’ ufficio scolastico per avere le ore in deroga? Faccio presente che nella nostra scuola sono scoperti ancora diversi posti di sostegno che non sono in deroga.

Non ha precisato se per l’alunno è stata presentata o meno la Diagnosi funzionale. La sola certificazione di disabilità, priva di diagnosi funzionale, non dà automaticamente diritto alle risorse previste, fra cui il docente di sostegno. Per quanto riguarda le attività in Didattica digitale integrata, esse devono essere effettuate dai docenti della classe, alla quale l’alunno deve collegarsi; da quanto scrive, si evince che il collegamento sia autonomamente effettuato dal personale su potenziamento, quindi non in collegamento con la classe. Ora, ipotizzando che siano stati consegnati alla scuola il verbale di accertamento e la diagnosi funzionale, il personale del potenziamento, utilizzato per le attività di sostegno, dovrebbe trovarsi nella classe dell’alunno, proprio per garantire l’esercizio del diritto allo studio. Tenga infine presente che in una situazione di gravi carenze di personale docente per tutti gli alunni, la scuola deve organizzarsi per dare a ciascuno ciò che può, garantendo pari opportunità anche agli alunni con disabilità, utilizzando docenti del potenziamento o supplenti, ad esempio di docenti per il sostegno messisi a disposizione; ciò in attesa che vengano assegnate le deroghe richieste e documentate  anche in base alla legge n. 111/2011, art. 19, comma 11.


Sono un insegnante di sostegno, il mio alunno quest’anno non ha fatto ingresso a scuola, causa covid-19 e anche l’anno scorso , a sentire la collega che lo ha seguito, ha frequentato poco, sempre per la pandemia,  ora avendo pochi elementi e non avendo conosciuto il bambino devo stilare la programmazione annuale nel PdF?

L’alunno con disabilità ha quali docenti tutti gli insegnanti della classe; lei, in quanto docente incaricata su posto di sostegno, è docente di tutti gli alunni della classe che le è stata assegnata. Il Piano educativo individualizzato, è questo il documento che viene formulato per ciascun anno scolastico (e non il PdF da lei citato che ancora non esiste, e, in ogni caso, trattasi di documento di competenza dell’ASL, non della scuola), viene elaborato congiuntamente da tutti i docenti della classe (quindi non solamente da parte sua), dai genitori e dagli specialisti ASL, durante l’incontro di GLO, gruppo operativo, di cui fanno parte. È quindi necessaria la convocazione del GLO per predisporre il Piano educativo individualizzato.  Da quanto scrive l’alunno non frequenta la scuola, quindi sarà sicuramente collegato in modalità online (attività sincrona) con formulate attività in modalità asincrona; di conseguenza lei ha conosciuto questo alunno e saprà anche, avendo lavorato insieme ai docenti curricolari e all’alunno stesso, chi è, che cosa è capace di fare, quali sono le sue potenzialità. Diversamente non si comprenderebbe la sua presenza nella classe.A completamento, le suggeriamo  quanto segue: tutti voi, docenti della classe, dovete contattare i genitori per un colloquio (modalità che la scuola prevede come obbligatoria), in modo da acquisire altre utili informazioni, anche per proseguire l’attività di didattica digitale integrata in modo coerente e puntuale.


Sono una docente di scuola secondaria superiore. Mi trovo a dover valutare un alunno con PEI semplificato, per obiettivi minimi. Vorrei sapere come devo fare a valutarlo. E’ vero che essendo una programmazione per obiettivi minimi la valutazione corrispondente sia il 6 e non possa raggiungere valutazione superiori se non raggiungendo obiettivi superiori ai minimi? Per obiettivi minimi si intendono quelli della programmazione disciplinare, che delineano il livello di sufficienza per tutta la classe o sono obiettivi calibrati sull’alunno che gli consentano un percorso atto alla sue capacità? La prova di verifica deve essere uguale a quella degli altri alunni della classe? Mi è stato riferito di doverla impostare con un ordine crescente di difficoltà degli esercizi, esplicitare fin dove deve essere svolta per raggiungere la sufficienza, sia per l’alunno H che per il resto della classe, stessa verifica. Esiste una normativa a cui posso fare riferimento? Possibile che per l’alunno H la “perfezione “ debba corrispondere al 6?

L’OM 90/2001, all’art. 15, stabilisce che, nella scuola secondaria, il Consiglio di Classe adotti un PEI i cui obiettivi sono “globalmente riconducibili ai programmi ministeriali” finalizzato al conseguimento del Diploma; tale Pei prende il nome di “semplificato”. Non esiste, nella norma, la dicitura “obiettivi minimi”; ed è proprio questo utilizzo improprio che induce a confusione perché i docenti, non avendo predisposto una progettazione articolata, non sanno come procedere.  Nello specifico, se gli obiettivi non dovessero coincidere interamente con quelli previsti per la classe cui è iscritto l’alunno con disabilità, ma se sono “globalmente riconducibili ai piani di studio”, allora devono essere esplicitati per ciascuna disciplina e accompagnati, sempre per ciascuna disciplina, con relativi “modalità di verifica e criteri di valutazione”.  Il Piano individualizzato è tale perché contiene la declinazione di questo percorso, definito sulla base delle capacità, delle potenzialità, delle attitudini e degli interessi dell’alunno; per ciascuna disciplina del percorso di studio devono essere definiti gli obiettivi da raggiungere nel corso dell’anno, come pure vanno specificate le modalità di verifica (che, in quanto riferite a un PEI semplificato, hanno valore equipollente, ovvero possono essere: scritte, pratiche, orali, o miste, ecc.; possono essere a risposta chiusa, aperta, vero-falso, associazione, abbinamento, ecc.;  possono avvalersi di un codice diverso da quello alfabetico; possono richiedere tempi più lunghi per l’esecuzione, ovvero possono essere proposte in più tempi; possono prevedere l’utilizzo di attrezzature tecniche e sussidi didattici e ogni altra forma di ausilio tecnico necessario) e i criteri di valutazione. Una progettazione così organizzata, rispettosa della dignità di ciascun alunno, lascia spazio a tutti i voti in decimi utilizzabili, compreso il 10.  Norme di riferimento: legge 104/92, D.lgs. 62/2017, art. 318 del d.leg. 29/71994, DPR 122/2009.


Nella mia scuola il Dirigente, se il docente curriculare è assente per malattia o altro, ha disposto che il docente di sostegno, essendo docente della classe, deve connettersi e fare al suo posto la videolezione magari per ripassare alcuni contenuti. È legittima la richiesta? 

La decisione del dirigente è legittima solo limitatamente al primo giorno di assenza; infatti la normativa sulle supplenze stabilisce che il Dirigente ha l’obbligo di chiamare un supplente dopo il primo giorno di assenza, come stabilito dall’articolo 1, comma 333, della legge 190/14, espressamente richiamato dal secondo paragrafo della circolare n. 38905/19.


Sono la mamma di una bimba autistica di sei anni, alunna di classe prima di una primaria la cui preside, riportandosi alla valutazione delle condizioni di contesto, ha sospeso i progetti in presenza. Ho già mandato una mail con la richiesta di motivare tale decisione, senza risposta. Come posso muovermi per riprendere a fare questi laboratori due volte la settimana?

Anche il DPCM 3 novembre 2020 riprende gli stessi principi. All’art. 1, comma 9, lettera s), il DPCM citato contempla la “possibilità di svolgere le attività in presenza”, al fine di “di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità”, coerentemente con quanto previsto dal D.M. n. 89/2020 e dall’O.M. n. 134/2020, garantendo “il collegamento on line degli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata”. La valutazione di contesto rientra nelle competenze e nella responsabilità del capo d’Istituto; se non sussistono le condizioni per garantire la frequenza in presenza, la scuola non attiverà le attività in presenza; invece, laddove le condizioni possono consentirlo, la scuola attiva le attività in presenza avvalendosi di tutti i docenti della classe e consentendo la frequenza di un piccolo gruppo di alunni della medesima classe, compreso l’alunno con disabilità. A completamento delle indicazioni citate, si rammenta la Nota 1990/2020, pubblicata proprio ieri, 5 novembre 2020.


Sono una docente della secondaria secondo grado. Quest’ano c’è stato l’ingresso di una alunna certificata legge 104 con diritto al sostegno, ma la famiglia ha scritto una mail, poi protocollata, in cui rinuncia al docente di sostegno. La ragazza ha disabilità fisiche ma non cognitive. Come ci comportiamo con il PEI? È da fare oppure no? E se sì, chi lo deve redigere? Il Consiglio di classe con tutte le problematiche che ne derivano? Oppure è meglio fare un PDP? Oppure visto che rinunciano al sostegno, ma non alla certificazione, non si produce nulla e viene trattata alla pari dei compagni?

Lo stato giuridico di “alunno con disabilità” deriva dalla certificazione medico legale dell’INPS e non dalla presenza dell’insegnante per il sostegno.  La nomina del docente per le attività di sostegno così come l’eventuale assegnazione dell’assistente per l’autonomia e per la comunicazione rientrano nelle conseguenze della certificazione a supporto del diritto allo studio.  Subito dopo aver ricevuto dalla famiglia la documentazione specifica (ovvero il verbale di Accertamento e la Diagnosi funzionale, rilasciate dall’ASL), la scuola formula, in sede di GLO, il Profilo Dinamico Funzionale e quindi, per ciascun anno scolastico, il PEI, piano educativo individualizzato, in cui vengono descritti, per ciascuna disciplina, gli obiettivi da conseguirsi nell’anno, e in cui vengono fissate le risorse che il DS dovrà richiedere per l’anno successivo. Avendo la famiglia rinunciato al docente per il sostegno, questa figura non verrà richiesta in sede di GLO. Tuttavia se la famiglia lo riterrà, potrà chiedere il sostegno negli anni successivi. Al momento la scuola deve rispettare la decisione della famiglia.  In sintesi, se la famiglia rinuncia a qualche risorsa, ciò a probabile rischio per l’alunna, l’alunna rimane “con disabilità” e quindi le devono essere garantiti tutti i diritti previsti dal suo status.  Il PEI per l’anno in corso deve essere regolarmente elaborato congiuntamente dai componenti del GLO, come previsto dalla normativa vigente. Il GLO è il gruppo di lavoro costituito da tutti i docenti della classe, dalla famiglia e dagli specialisti che seguono l’alunna.


Vorrei sapere se i posti disabili ubicati fuori ad una scuola, possano essere riservati agli alunni o accompagnatori. Capita sempre di trovare i posti occupati tutto il giorno, quindi non da persone che vanno o lavorano a scuola, e questo mette in difficoltà noi gentiori nel dover accompagnare a scuola bimbi che hanno delle difficoltà.

Se il posto reca la tabella che indica che quel posto è riservato ai disabili, nel momento in cui lo trovate occupato da macchine prive di contrassegno per disabili, chiamate, telefonicamente, l’ufficio dei vigili urbani del vostro comune, indicando orario e numero di targa. Quindi chiedete se possono venire subito per la rimozione; se non possono, intanto la segnalazione è stata fatta e debbono elevare contravvenzione. Dopo il prelievo da parte del carro-attrezzi e/o dopo aver ricevuto la contravvenzione, i proprietari dovrebbero smettere di occupare illegalmente il posto riservato alle persone con disabilità.


Sono una docente specializzata sul sostegno con anzianità di servizio di 30 anni. Le scrivo perché mi trovo paradossalmente dinnanzi  ad una situazione a mio avviso anomala che vorrei risolvere. Quest’anno sono stata assegnata ad una classe con un alunno presunto diversamente abile, presunto perchè ho appreso che ha una diagnosi e L.104/’92 scaduta nel 2017, ciò significa che ha fatto l’ultimo anno di elementare e tre anni di scuola media senza rinnovarla. Ora, iscritto al primo anno di scuola secondaria di secondo grado, le chiedo: ha diritto al docente di sostegno?? Tra l’altro la famiglia ha rilasciato alla scuola solo delle dichiarazioni, anche poco chiare, ma non alcuna documentazione valida ad attestare la formale richiesta della diagnosi e L.104/’92 all’ASL di competenza. Ha diritto o no al docente specializzato? So che esiste la L.del 2014 che non fa decadere il diritto acquisito negli anni precedenti, ma in questo caso abbiamo un periodo piuttosto lungo durante il quale la famiglia non ha rinnovato la certificazione. 

Se la certificazione reca la dicitura ” rivedibile “, è l’INPS (e non l’ASL ) che deve convocare a visita collegiale; e sino a quando non verrà rilasciata la nuova certificazione, vale quella attuale, anche se sono trascorsi molti anni. Se, invece, l’alunno convocato non si reca alla visita medico-legale, allora essa decade e necessita di una nuova certificazione medico-legale.


L’insegnante di sostegno in questione non è specializzato, cioè non ha un titolo specifico per il sostegno. L’alunno, con disabilità medio-grave, alla prima superiore, lo rifiuta, non vuole andare a scuola, perché l’insegnante non si adegua al metodo seguito in precedenza e consolidato, perchè non è efficace nella didattica.Di conseguenza, dall’inizio dell’anno scolastico l’alunno ha subito una regressione nell’apprendimento e nella socializzazione.
I genitori hanno chiesto la sostituzione di quell’insegnante con uno specializzato nel sostegno, ma il DG sostiene di non poterlo sostituire, perchè ormai assegnato a quella scuola. Come è possibile ottenere che all’alunno sia assegnato un insegnante diverso e specializzato?

La Sentenza del Consiglio di Stato n. 245 del 2001 stabilisce che si può pretendere la sostituzione di un docente per il sostegno, se si prova che non si è realizzato un valido rapporto educativo.  Utilizzi questo criterio, parlandone anche col Referente Regionale per l’inclusione scolastica operante presso il vostro ufficio scolastico regionale.


Sono un insegnante di scuola primaria in classe prima. In tale classe c’è un bambino con diagnosi di handicap grave in progressione, domanda di richiesta per il sostegno e consiglio di trattenimento alla Scuola dell’infanzia. La famiglia  oltre a non avere seguito il consiglio, non ha fatto neppure richiesta per il sostegno. Ora sarebbe intenzionata a farlo, vista la gravità della situazione. Le chiedo, siamo ad ottobre, se sarà possibile avere un insegnante di sostegno in corso d’anno.

La scelta della famiglia di non trattenere il bambino alla scuola dell’infanzia è corretta e va rispettata. I bambini imparano insieme ai coetanei, e ciò è stato confermato anche dalle ricerche pedagogiche. Sbagliato, invece, è pensare a questi alunni come fossero incapaci di apprendere. Si tratta di un grave pregiudizio. Non si capisce, da quanto scrive, se la famiglia ha presentato la Diagnosi funzionale oppure no; la Diagnosi Funzionale è il documento che consente al DS di chiedere le risorse necessarie, fra cui il docente di sostegno, se previsto (non è la famiglia che richiede il docente). La condizione di disabilità potrebbe interessare la sola sfera fisica e non anche le capacità intellettive. In ogni caso, dato che la famiglia pare intenzionata a procedere con una valutazione, bisogna attendere la documentazione e se sarà prevista la presenza di un docente per il sostegno, in base alla Diagnosi funzionale, che la famiglia consegnerà alla scuola, il Dirigente inoltrerà richiesta agli uffici competenti. Ciò è possibile anche in corso d’anno.


Ho un dubbio che riguarda l’ uso del nuovo PEI a partire già da quest’anno perché non capisco se vi siano  le linee guida attuative

Il nuovo modello di PEI, ancora in bozza, non può essere utilizzato per l’anno scolastico in corso, mancando ancora le norme che lo rendono attuativo. 


La mia scuola sta per ridurre la didattica in presenza. Gli alunni frequenteranno per 1 solo giorno a settimana. I genitori dei ragazzi disabili gravi chiedono la frequenza continua in presenza per il 100% delle ore, con la consapevolezza che la classe non sarà sempre presente. È possibile accogliere questa richiesta? A quale  riferimento normativo possiamo fare affidamento per aiutare queste famiglie?
È importante per me avere una normativa di riferimento perchè i docenti di sostegno potrebbero protestare affermando  che sarebbero gli unici a venire a scuola tutti i giorni e a rischiare di più la salute..

Dal momento che il DPCM del 25 Ottobre 2020 stabilisce che almeno il 75% degli alunni debbano frequentare a distanza, non è possibile accogliere questa richiesta. Però con la Didattica digitale integrata, ovvero con la modalità in contemporanea della didattica in presenza al 25%, tra cui l’alunno con disabilità, e la didattica a distanza, il 25% è sempre presente in classe. Anche se dovessero cambiare fisicamente i compagni di classe, è legittimo che l’alunno con disabilità rimanga sempre a scuola in presenza.


Sono un’insegnante curricolare di scuola primaria, nella mia ora di compresenza sono stata obbligata a fare supplenza ad un caso grave perché assente l’insegnante di sostegno. La scuola mi può obbligare a farlo?

Il DS ha l’obbligo di nominare un supplente solo dopo il primo giorno di assenza. Pertanto, essendo lei in compresenza, è stata individuata per supplire il docente incaricato su posto di sostegno assente. D’altra parte un insegnante può essere sostituito solamente da un docente, non da altre figure, In quanto supplente, lei ha sostituito una collega assegnata ad una classe, in cui è iscritto un alunno con disabilità. Può il D.S. utilizzarla per questo? Certamente, in quanto lei appartiene all’organico dell’autonomia e, come ogni altro docente, è chiamata a intervenire anche nelle classi in cui sono iscritti uno o più alunni con disabilità. Peraltro se nelle classi alle quali lei è stata assegnata come docente di posto comune sono iscritti alunni con disabilità, lei, per contratto, deve insegnare anche a questi alunni, perché sono “suoi alunni”.


Ho dei dubbi sulla legittimità di una proposta fatta dalla DS della scuola in cui lavoro. Sono un insegnante di sostegno II grado. Oggi, alla luce dell’ordinanza regione Liguria abbiamo avuto un collegio straordinario per la bozza del piano di DDI da approvare nel prossimo Collegio. La DS ha letto le linee guida dell’agosto 2020, rispetto alla presenza degli alunni con disabilità a scuola in questi termini: anche se la classe che frequenta l’alunno fosse a casa in DaD, l’alunno viene a scuola, in presenza del solo insegnante di sostegno. Io le ho fatto notare che occorrerebbe intanto valutare caso per caso e che cmq non credo che possiamo stare solo noi docenti di sostegno a scuola e i docenti curricolari con la classe a casa; quanto meno anche il docente curricolare dovrebbe essere presente a scuola e da scuola appunto fare il collegamento in DaD con il resto della classe. Mi sembra non solo fortemente discriminante per l’alunno, ma non contrattualmente previsto per noi docenti di sostegno. Scusi la lunghezza della mail. Può darmi qualche chiarimento normativo al riguardo? E’ giusta la sua richiesta? e se non fosse, dettata dalla situazione emergenziale del momento, non creerebbe un precedente?

Il decreto 39 del 26 Giugno 2020, recante le linee guida per la riapertura dell’anno scolastico, espressamente stabilisce che gli alunni con disabilità debbano essere “in presenza” ma “in condizione di reale inclusione“. Pertanto la disposizione della regione Liguria, che è identica a quella già criticata dalla FISH Campania, dal CIIS e dai sindacati scuola della Campania, è illegittima in quanto ignora l’espresso riferimento alla situazione di reale inclusione per questo è stato richiesto in Campania che gli alunni con disabilità rimangano a scuola non con il solo docente per il sostegno ma anche con almeno un gruppetto di compagni senza disabilità e i docenti curriculari che, a turno, possono fare lezione in classe che sia contemporaneamente anche a distanza per gli altri alunni.


Dalla lettura del nuovo Pei nazionale (bozza) pag. 13 riporta la proposta del numero di ore di sostegno alla classe per l’anno successivo. Queste ore di sostegno alla classe si sommano alle ore assegnate all’allievo certificato con legge 104 (evidenziate nel glo con la collaborazione della famiglia e inserite nel pei)? E sono da intendersi come ore aggiuntive a supporto degli allievi in difficoltà di apprendimento dsa/bes? Oppure  il dlgs 66/2017 integrato dal dlgs 96/2019, concepisce il supporto del docente di sostegno dato esclusivamente alla classe dove è inserito l’allievo certificato?

Il nuovo modello di PEI, ancora in bozza, non può essere utilizzato per l’anno scolastico in corso, mancando ancora le norme che lo rendono attuativo. Tanto premesso, salvo modifica delle linee guida o del provvedimento interministeriale, che potrebbero essere modificati, stando alle bozze, la proposta di ore di sostegno per l’anno successivo non si aggiungono a nulla perché sono la risultanza delle osservazioni durante tutto l’anno scolastico e quindi alla fine si propone un certo numero di ore per l’anno successivo, che può essere identico, minore o maggiore di quello dell’anno in corso. Comunque mai potrebbero essere ore assegnate ad alunni con DSA o con BES, in quanto non previsto dalla legge


Sono la mamma d’un bambino autistico certificato con l 104 art.3 comma 3.Lui ha 8 anni e frequenta la scuola elementare. Quest’anno, come i due precedenti,  mi hanno ribadito che gli erano state assegnate 22 ore di sostegno e 7 di educatore. Purtroppo, per bisogni terapeutici, lui non frequenterà uno dei due pomeriggi a scuola. Detto questo, mi sarei aspettata che togliessero le ore di quel pomeriggio da quelle integrate dell’educatrice. Invece a mio malgrado ho visto che sono state tolte al sostegno, per mandare questa persona in un’altra classe. Alla mia richiesta di spiegazioni mi è stato detto che mio figlio ha a suo nome soltanto 9 ore di sostegno e che le restanti 13 sono a disposizione del istituto. Che adesso la scuola le avrebbe garantito 17 di sostegno e 7 di educatore. Lui nel PEI dell’anno scorso ne ha 21 di sostegno e 5 di educatore (riduzione dalle 30 ore di frequenza sempre per motivi terapeutici)
Vorrei sapere come posso fare per fargli riavere quelle ore a mio bambino se fosse possibile. Mi serve chiedere della documentazione alla scuola per argomentare la mi richiesta o per un eventuale ricorso? O bastano la sua gravità, il PEI e la diagnosi funzionale?

Le ore di sostegno, concordate in sede di GLO (il gruppo costituito da tutti docenti della classe, dai genitori dell’alunno e dagli specialisti dell’ASL), non possono essere ridotte di numero unilateralmente. Pertanto, inviate una PEC alla scuola, chiedendo in base a quale norma ha ridotto, da sola, il numero delle ore di sostegno concordate in sede di GLO. Sempre nella mail, invitate la scuola a non ridurre le ore assegnate, perché, in tal caso, vi vedreste costretti a rivolgervi alla Magistratura. Assegnate un termine, ad es. cinque giorni, per una risposta.


Sono la mamma di una bimba di 6 anni nata prematuramente a 28 settimane. Fin dal primo anno della scuola materna, essendo nata a dicembre, è stato deciso in accordo con le maestre e con il centro di riabilitazione che la segue  di fermarla un anno in più. Alla scuola dell’infanzia ha avuto sempre l’insegnante di sostegno ( prima 15 ore, ora 12 ore). In questo anni la bimba , che fortunatamente ora sta bene fisicamente è migliorata moltissimo, tanto che non si nota differenza tra lei e gli altri bambini della classe. Le ultime due estati ha frequentato centri estivo in piena autonomia. Noi genitori vorremmo togliere l’insegnante di sostegno con l’ingresso alla primaria, ma le maestre e l’equipe del centro insistono per tenerla ancora, nonostante abbiano ammesso che la bimba è al limite della norma.  A dicembre inoltre avremo la revisione della 104, ma causa Covid probabilmente la visita slitterà. Qual è l’iter da seguire per rinunciare all’insegnante di sostegno? Possiamo fare richiesta noi genitori, nonostante parere sfavorevole del centro di riabilitazione?

Il docente per il sostegno è un diritto, non un vincolo; pertanto la famiglia può rinunciarvi. Come fare? È sufficiente che scriviate una lettera al Dirigente scolastico e, per conoscenza, all’Ufficio Scolastico Regionale in cui, in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sulla minore, comunicate la rinuncia al docente per il sostegno. In questo modo, fin dal momento in cui depositerete la lettera agli atti della scuola, il docente di sostegno verrà tolto, ma, in relazione all’alunna, la scuola procederà come “alunna con disabilità”, prevedendo la stesura di Piano educativo individualizzato, con obiettivi individualizzati e ogni altra forma ritenuta necessaria in sede di GLO (il gruppo di lavoro costituito dai docenti della sezione, nella scuola dell’infanzia, e dai docenti della classe, nella primaria, dai genitori e dagli specialisti ASLI).  Se invece volete che vostra figlia sia considerata “non con disabilità”, allora dovete anche provvedere a comunicare che, dalla data in cui inviate la lettera, la documentazione a fascicolo viene da voi ritirata e la bambina non sarà più considerata con disabilità. È un vostro diritto, pertanto, se questa è la vostra volontà, potete procedere. 


Vorrei sapere se un educatore scolastico appartenente ad una cooperativa sociale della provincia può essere assegnato dall’Asl ad un bambino BES non certificato dalla legge 104, per intenderci ad un bambino senza docente di sostegno e senza PEI ma con PDP poiché BES…

L’assegnazione di un educatore, ovvero di una figura professionale che non ha la qualifica di assistente per l’autonomia e/o per la comunicazione personale”, è possibile anche per alunni che non siano certificati con disabilità sulla base di norme regionali e del diritto allo studio che riguarda tutti gli alunni.


Nella mia scuola una secondaria superiore vengono organizzati Glho durante la mattina alla presenza del referente del sostegno,  i docenti di sostegno assegnati all’alunno, i genitori, il coordinatore di classe, in assenza degli operatori dei servizi socio_sanitari referenti in quanto si dichiarano non disponibili e, in applicazione del dlgs 66/2017 l’allievo certificato secondo il principio dell’autoderminazione. Mi risulta che i decreti attuativi del suddetto decreto sull’inclusione, integrato dal dlgs 96/2019, non sono ancora stati emanati. Pertanto è leggittima la partecipazione dell’allievo certificato al glho? Inoltre senza gli operatori dell’Asl ha senso organizzare il glho? 

L’incontro del GLO, gruppo di lavoro, deve tenersi fuori dall’orario delle lezioni, come stabilito nell’ultimo paragrafo delle Linee guida ministeriali del 4 agosto 2009, proprio per consentire la partecipazione: di entrambi i genitori, per quanto possibile, di tutti i docenti della classe, che sono insegnanti dell’alunno con disabilità, degli specialisti ASL, ovvero delle figure formalmente componenti il GLO. Si tenga presente che, in base alla legge 41/2020 e al recente DPCM 13 ottobre 2020, all’articolo 1, comma 6, lettera r), gli operatori sanitari, ossia gli specialisti dell’ASL, come pure eventuali altri interlocutori territoriali (ad esempio degli Enti locali) e gli insegnanti possono partecipare anche a distanza (in modalità online).  Per quanto riguarda l’alunno con disabilità, indipendentemente da quanto indicato dal D.lgs. 66/17 che lo prevede, nulla vieta la sua partecipazione ad un incontro in cui si trattano questioni che lo riguardano, ammesso che i genitori, che ne esercitano la responsabilità genitoriale, consentano e/o richiedano la sua presenza.


Si parla di PEI Differenziato ma poco di PEI misto, solo alcuni cenni, e mi chiedo se il PEI misto ossia e se non sbaglio sia una tipologia che per alcune materie gli obiettivi e i contenuti sono differenziati, alcuni talvolta riconducibili alla programmazione curriculare ma per altre discipline gli obiettivi siano gli stessi della programmazione della classe. Scusate se ho fatto confusione. Mi chiedo allora se un PEI misto  progettato per due anni consecutivi sia legittimo  anche nella classe terza nella scuola secondaria di primo grado al conseguimento del diploma finale. 

Tenga presente che la differenza tra PEI differenziato e Pei semplificato vale unicamente per la scuola secondaria di secondo grado, come espressamente indicato dall’articolo 15 dell’Ordinanza Ministeriale n. 90 del 2001 e come ripreso dall’art. 20 del D.lgs. 62/2017.  La legge 104 del ’92, all’articolo 16 comma 2, prevede che, limitatamente alla scuola del primo ciclo di istruzione, il PEI debba essere formulato sulla base delle effettive capacità dell’alunno, il quale, se raggiunge quegli obiettivi, ha diritto al diploma. Pertanto nella scuola del primo ciclo di istruzione, e quindi anche nella scuola secondaria di Primo grado, si adotta unicamente il PEI semplificato o individualizzato. Per quanto riguarda l’esame di Stato della scuola secondaria di Primo grado si fa riferimento anche all’art. 11, dal comma 1 al comma 6,  del D.lgs. 62/2017. In base all’art. 11 in sede di esame di Stato la sottocommissione, sulla base del PEI (relativo alle attività effettivamente svolte durante l’anno scolastico), predispone prove “differenziate”, idonee a valutare il progresso dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziale; le prove differenziate hanno valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale. A ciò si aggiunga che gli studenti con disabilità, in sede d’esame di Stato, possono fruire delle  “attrezzature tecniche e dei sussidi didattici e di ogni altra forma di ausilio tecnico loro necessario, utilizzato nel corso dell’anno scolastico per l’attuazione del PEI”. 


Vi scrivo in quanto mamma di un ragazzo ormai di 13 con disabilità, sta completando el scuole medie inferiori presso un istituto montessoriano privato, ha un percorso scolastico interamente montessoriano, ora però devo scegliere la scuola superiore, come faccio a richiedere il sostegno ? Quando devo farlo?questa scuola essendo privata aveva un sostegno adatto a lui e  nessun operatore, come funzionano le scuole superiori? Leggo di altri educatori, noi siamo fuori dal circuito asl , in quanto il nostro centro territoriale è completamente inadeguato, è seguito da terapista privato e medici di un centro  di riferimento nazionale, quindi non abbiamo alcun aggancio istituzionale a centri diurni o altro .

Deve necessariamente prendere contatti con la sua ASL di competenza e richiedere all’unità multidisciplinare del centro di Neuropsichiatria infantile di prendere in carico suo figlio, allegando la certificazione di “accertamento dell’handicap” che le ha rilasciato la commissione medico-legale dell’INPS.  Quando poi iscriverà suo figlio alla scuola secondaria di secondo grado (al riguardo potrebbe chiedere dei consigli al referente per l’inclusione scolastica dell’ufficio scolastico della sua regione per il quale si allega l’elenco nazionale), le suggeriamo di chiedere al Dirigente Scolastico di convocare un incontro del GLO, gruppo di lavoro, al quale far partecipare almeno una funzione strumentale per l’inclusione, un docente della scuola privata frequentata da suo figlio, oltre ovviamente agli specialisti dell’ASL che hanno curato la presa in carico di suo figlio (con la formulazione della Diagnosi Funzionale), ai docenti della classe, alla quale sarà iscritto suo figlio, e lei, in quanto genitore, ovvero entrambi i genitori. Questo incontro è finalizzato alla predisposizione di una “traccia di PEI” in cui andranno indicate le risorse per il successivo anno scolastico: le ore di sostegno (docente), l’eventuale presenza di una figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale di suo figlio (solo se necessaria), eventuali ausili e/o sussidi o altro, che possa essere utile per suo figlio (per esempio l’eventuale assistenza igienica, se necessario). A settembre del prossimo anno, ossia all’inizio del nuovo anno scolastico, quando suo figlio inizierà la frequenza della classe, che non deve avere più di 20 alunni (DPR 81/09 articolo 5, comma 2), il DS deve convocare il gruppo di lavoro operativo (GLO) per la formulazione di del PEI, contenente la progettazione annuale (ovvero gli obiettivi programmati per suo figlio). Al GLO partecipano i genitori, tutti i docenti della classe alla quale sarà iscritto suo figlio, gli specialisti ASL e, solo se presente, l’assistente ad personam. Anche in tale sede, oltre alla progettazione annuale, è bene che, in linea di massima, indichiate le ore di sostegno necessarie per il successivo anno scolastico.


Sono un’insegnante di sostegno della scuola primaria. Lo scorso anno mi sono trasferita in una nuova scuola e nella domanda ho selezionato solo i posti psicofisico e udito, escludendo il posto vista. Ho ottenuto il trasferimento sullo psicofisico ma, malgrado ci fossero molti bambini disabili senza  insegnante di sostegno, sono stata assegnata senza possibìlità di replica, ad un allievo con codice vista. I genitori hanno preteso di avere me come insegnante e anche se questo potrebbe sembrare una dimostrazione di stima, in realtà mi creano sempre problemi, anche con la Dirigente. In realtà il bambino ha un lieve problema di vista, ma un accentuato ritardo che la famiglia non accetta. Nonostante le continue lotte, la famiglia non vuole assolutamente rinunciare a me, ma io vorrei a tutti i costi svincolarmi, perchè subisco sempre umiliazioni e accuse ingiuste. La Dirigente non vuole spostarmi per non scontentarli. A questo punto mi chiedo se posso fare valere il fatto che non avevo chiesto il posto Vista, oltre a citare i fatti avvenuti finora. Se ci fosse stato solo quel posto… io non avrei avuto il trasferimento, eppure lo scorso anno al Sindacato mi dissero che non avrei potuto fare nulla. A vostro avviso ho ragione io o loro?

I docenti specializzati conseguono un titolo “polivalente”, ciò significa che il docente specializzato può essere assegnato a qualsiasi caso. Altra questione, invece, è la difficoltà di relazione con la famiglia; tenga conto che è bene che lei si rapporti alla famiglia insieme ai suoi colleghi, che sono anch’essi insegnanti dell’alunno con disabilità e sono corresponsabili del suo percorso formativo. Suggeriamo di convocare un GLO nel corso del quale concordare insieme le modalità di azione evidenziando eventuali criticità e anche come affrontarle. L’alleanza scuola-famiglia è fondamentale, ma essa è possibile unicamente se a rapportarsi con la famiglia sono, come deve essere, tutti i docenti. Pertanto le suggeriamo di rimanere a lavorare con questo alunno, anche perché lei stessa dice che il problema di vista è “lieve


Sono un’insegnante di sostegno della scuola primaria, ho un bimbo gravemente disabile (ritardo psicomotorio e emiplegia).
Vivo su un’isola e i servizi sanitari sono quasi nulli, per non parlare dell’assistenza. Ho chiesto al Comune  come poter richiedere l’assistenza educativa specialistica per il bambino, come richiesto dal CIS, per completare anche l’orario di sostegno frequentando il bambino un tempo pieno. Mi è stato risposto che saranno date quindici ore settimanali di assistenza specialistica per tutto l’istituto. Allora vi chiedo, c’è una normativa che tuteli e garantisca un minimo di ore al bambino? E visto che l’unica risorsa che ha il bambino è l’insegnante di sostegno, quali altri tipi di assistenza dovrebbe garantirgli il Tsmree?

L’assistente, come previsto dall’art. 13 della legge 104/92, è assegnato all’alunno con disabilità per compiti di assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale. Questa figura non è assegnata per “completare le ore del docente di sostegno” e neppure per “coprire dei buchi”.  La richiesta dell’assistente, se ritenuta effettivamente necessaria, è formulata in sede di elaborazione del PEI da parte dei componenti del GLO; se durante l’incontro per la stesura del PEI evidenziate questa necessità, formalizzatelo e fatelo presente al dirigente scolastico; sarà poi il DS, in quanto suo compito, rivolgersi all’Ente locale per chiedere le risorse necessarie. A ciò si aggiunga che il docente di sostegno è assegnato alla classe per promuovere il processo inclusivo, come peraltro ribadisce l’art. 13 comma 3 della legge 104/92, assolvendo i compiti indicati dal CCNL di categoria; le suggeriamo, pertanto, proprio perché il processo inclusivo nella scuola prevede la partecipazione e il coinvolgimento corresponsabile di tutti gli insegnanti della classe di favorire, mediante una progettazione condivisa, la piena e fattiva presa in carico dell’alunno con disabilità da parte di ciascuno dei suoi colleghi.


Sono una docente non specializzata sul sostegno che opera da anni con passione in questa missione, pur essendo di ruolo su altra classe di concorso sempre nella secondaria di secondo grado. Vorrei sapere se è lecito che la DS abbia arbitrariamente deciso di ridurmi le ore (da 15 a 9) su un ragazzino che seguo da tre anni per indirizzarmi su altri due casi e contemporaneamente aver inserito per 6 ore una collega, di prima nomina anch’essa non specializzata.

Le suggeriamo di parlarne subito con i genitori dell’alunno, affinché scrivano una PEC alla Dirigente Scolastica mettendo, per conoscenza, l’Ufficio Scolastico Regionale, per chiedere immediatamente l’applicazione del principio della continuità didattica, di cui alla legge 107/2015, art. 1, comma 181, lettera c), numero 2.  Se la richiesta partisse da lei, in quanto docente, potrebbe essere interpretata come interesse personale suo e non come un diritto che deve essere garantito all’alunno con disabilità e, al tempo stesso, alla classe in cui egli è iscritto.  A completamento esprimiamo apprezzamento per la passione che svolge da anni nella scuola in qualità di docente; le ricordiamo, tuttavia, che non si tratta di una missione. Gli alunni con disabilità hanno diritto, al pari degli altri, di avere docenti professionalmente competenti, in grado di accompagnarli nel percorso formativo insieme ai coetanei, per la realizzazione di una società fattivamente inclusiva.


Mio figlio con autismo cert leg 140 art 3 comma 3, frequenta il primo anno della scuola di infanzia comunale.
Non essendo stata nominata la insegnate di sostegno mi hanno detto che non riescono a seguirlo nel modo più’ corretto e invece di frequentare la scuola per tutto il giorno 8,30 – 15 lo tengono solo dalle 10,30 alle 12.00.
Ha disturbo dello spettro autistico per disturbo del linguaggio ma e’ un bambino tranquillo e ha bisogno di integrazione con gli altri bambini ma con la richiesta\imposizione della scuola mi sembra che venga discriminato. La scuola puo’ fare questo? posso pretendere di portarlo negli orari come gli altri bambini? Mio figlio e’ affiancato anche da una assistente del comune che lo segue presso la scuola in aggiunta alle ore max previste di sostegno. Come mi devo comportare?

Lei può sicuramente pretendere che la scuola tenga il bambino per tutto l’orario scolastico, esattamente come tutti gli altri alunni; se la scuola si rifiuta di tenere il bambino, potrebbe procedere per discriminazione, perseguibile ai sensi della legge 67/2006. Lo faccia presente alla scuola e dica anche che la legge n. 104/92, all’art 12 comma 4, stabilisce che nessuna condizione di disabilità può essere causa di esclusione o di riduzione dell’orario scolastico. La scuola deve provvedere a garantire la presenza di un docente incaricato su posto di sostegno, che deve essere nominato fin dal primo giorno di scuola. Non può un’assistente sostituire il docente di sostegno, bensì essere presente, se necessario, per intervenire a favore dell’autonomia e/o della comunicazione personale per il tempo previsto.


Rispetto alla Richiesta di educazione parentale avanzata dalla famiglia di un ragazzo diversamente abile iscritto in prima media il Dirigente Scolastico quali obblighi  normativi deve assolvere?

Quando i genitori decidono di avvalersi dell’istruzione parentale devono presentare al D.S. un’apposita dichiarazione, da rinnovare anno per anno, circa il possesso della capacità tecnica e/o economica per provvedere all’insegnamento parentale (ovvero una comunicazione preventiva, che deve essere fatta pervenire al D.S. del territorio di residenza)., Il minore è tenuto a sostenere un esame di idoneità all’anno scolastico successivo fino al compimento del 16° anno. La scuola che riceve la domanda di istruzione parentale è tenuta a vigilare sull’adempimento dell’obbligo scolastico dell’alunno. A controllare non è competente soltanto il dirigente della scuola, ma anche il sindaco. Riferimenti normativi: oltre a quanto stabilito dalla Costituzione e dall’art. 23 del D.lgs. 62/17, si rimanda al D.M. 489/2001, art. 2, comma 1: “Alla vigilanza sull’adempimento dell’obbligo di istruzione provvedono secondo quanto previsto dal presente regolamento:
a)     il sindaco, o un suo delegato, del comune ove hanno la residenza i giovani soggetti al predetto obbligo di istruzione;
b)  i dirigenti scolastici delle scuole di ogni ordine e grado statali, paritarie presso le quali sono iscritti, o hanno fatto richiesta di iscrizione, gli studenti cui è rivolto l’obbligo di istruzione


Il preside può far svolgere 18 ore ad un insegnante di sostegno in segreteria, ovviamente con il consenso dell’insegnante stesso, quale norma permette ciò?

Non risulta alcuna norma che consenta ciò, ancor più adesso che, nelle classi, mancano i docenti per il sostegno.


Sono la mamma di un bimbo di tre anni nello spettro autistico che da questo anno frequenta una scuola materna paritaria. Dal 1 settembre mio figlio è stato certificato e alla scuola hanno assegnato una maestra di sostegno con 5 ore settimanali. Da questa settimana mio figlio si è fermato anche per la nanna. Oggi la coordinatrice della scuola mi ha fermato per dirmi che mio figlio può restare a scuola soltanto le ore assegnate per la maestra di sostegno dicendomi che l’altra maestra non può badare a lui da sola. Vorrei sapere se la scuola può chiedermi di lasciare mio figlio a scuola soltanto le ore assegnate dall’INPS e non l’orario che abbiamo scelto. 

Sono la mamma di un bimbo di due anni e 10 mesi.  Questo anno abbiamo fatto l’iscrizione alla scuola d’infanzia. L’iscrizione è stata accettata, abbiamo pagato la prima rata . Nel frattempo è arrivata la conferma che nostro figlio è autistico (causa Coronavirus abbiamo soltanto una parte del referto medico rilasciato dall’ospedale) . Abbiamo informato la scuola e loro ci hanno detto che per mancanza fondi la scuola non può prendersi cura di un bimbo disabile e ci hanno invitato  a rinunciare al nostro posto alla scuola . In questo momento le graduatorie sono già chiuse, i posti occupati. Abbiamo iniziato a fare delle richieste in varie scuole ma tutte con risposte negative – quelle paritarie/convenzionate non hanno posti per bimbi disabili (ci santo tanti posti disponibili per i bimbi normali) – invece nelle statali/comunali non ci sono posti disponibili.. Noi ci troviamo all’inizio di un percorso molto difficile , quello del autismo , e abbiamo trovato già i primi “muri”… Vorrei sapere se la scuola può cancellare l’iscrizione .

La legge n. 104/92 stabilisce, all’art 12 comma 4, che nessuna disabilità può essere causa di esclusione o di riduzione della frequenza scolastica. Pertanto lei può pretendere che suo figlio resti a scuola per tutto l’orario previsto, ovvero concordato (9/15.30), o, addirittura, per tutta la durata delle lezioni; sarà compito della scuola trovare, se necessarie, altre ore di sostegno o altre forme di supporto alla sezione. Ci tenga informati.


Sono un docente di sostegno didattico e sono stato contattato da alcuni genitori che lamentano la mancata assegnazione del docente di sostegno specializzato (l.104/92) per il proprio figlio/a con disabilità sensoriale (vista e udito). Ai ragazzi con tali disabilità viene assegnato solo il facilitatore della vista/udito fornito da cooperative del territorio. Personalmente ho verificato che i dirigenti scolastici (forse per carenze di risorse) tendono ad assegnare ai ragazzi solo il facilitatore. A mio modesto avviso l’assegnazione del docente di sostegno sarebbe necessaria per i seguenti motivi:
a) si eviterebbe la probabile violazione dell’art. 13 comma 3 della a l. 104/92 che arrechi un pregiudizio non patrimoniale risarcibile legato alla maggiore difficoltà dello studente con disabilità sensoriale di fruire dell’offerta formativa (mancato rispetto dei diritti Costituzionali).
b) si escluderebbe la mancata applicazione della Sentenza 5851/2018 del Consiglio di Stato a favore degli alunni affetti da cecità e ipovisione che prevede l’assegnazione del docente specializzato con specifiche competenze.
c) l’assegnazione del facilitatore non esclude affatto che l’attività di sostegno debba svolgersi con docenti muniti di specifica specializzazione.
d) il facilitatore non è componente del Consiglio di classe e non potrebbe redigere il PEI.
Per sgomberare il terreno da dubbi chiedo il vostro autorevole parere.
L’assegnazione del docente specializzato è obbligatorio per le disabilità sensoriali? La provincia di Trento può derogare la L. 104/92 e assegnare il solo facilitatore? Come si dovrebbero comportare le famiglie interessate per garantire il diritto all’inclusione scolastica dei propri figli con disabilità sensoriali?

Lei ha perfettamente indicato le motivazioni per le quali la Provincia autonoma ha l’obbligo di nominare un docente specializzato, oltre, se necessario, a un assistente per l’autonomia e per la comunicazione. Infatti l’art. 13 comma 3 della legge n. 104/92 è chiarissimo prevedendo che, nelle scuole di ogni ordine e grado, debbano essere “garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati” oltre che, ove necessario, la nomina di figure addette all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale degli alunni con disabilità “fisici o sensoriali”. La normativa nazionale non può essere modificata da eventuali norme regionali o di Province autonome e neppure da eventuali accordi interni a livello regionale o di Province autonome.  Pertanto se lo desidera può diffidare la scuola e il Dipartimento della Conoscenza (omologo dell’Ufficio Scolastico Regionale nelle altre regioni d’Italia) a rispettare l’articolo 13 citato, che non è stato formalmente modificato da nessuna legge e che è stato applicato in numerose recenti sentenze anche del Consiglio di Stato


Ho una bambina con mutismo selettivo e disturbi dell apprendimento che avrebbe dovuto iniziare la secondaria di primo grado.  Successivamente alla chiusura della scuola per covid, la bambina ha iniziato a manifestare ansia per il cambiamento che avrebbe dovuto affrontare al ritorno e cioè il passaggio dalla primaria alla secondaria.Ho scritto alla scuola e ho intrattenuto un colloquio con una professoressa e la psicologa privata dove si richiedeva un momento di accoglienza per la bambina più intimo con alcuni insegnanti e per far vedere l ambiente dove sarebbe stata inserita. Tutto sembrava essere stato accordato quando ad una settimana dalla inizio l insegnante dice che non si può più fare per la sanificazione. Ora tempo addietro era stato anche presentato un progetto di introduzione progressiva alla parola che la scuola ha rifiutato per questioni di sicurezza. Ultima questione da capire per me è quella relativa insegnante di sostegno dove il neuropsichiatra ha specificato fosse una figura femminile per evitare troppi cambiamenti ma non.mi è stata risposta e continuo a sentirmi nominare una figura maschile. Dopo tutto ciò che la bimba non è ancora andata a scuola mi hanno proposto un progetto ponte da me richiesto al famoso gruppo ins neuropsichiatria etc… sempre lasciato un po’ vagamente nel nulla…. Cosa devo fare per essere ascoltata?

Essendo ormai iniziata la scuola, dovete immediatamente convocare un GLO, con la partecipazione anche di uno dei docenti della scuola primaria (della classe frequentata lo scorso anno), che possa aiutare i colleghi della scuola secondaria di primo grado a comprendere i bisogni educativi dell’alunna. Potreste avviare da subito l’avvicinamento alla classe con alcune ore giornaliere di frequenza, al fine di pervenire ad una frequenza normale; è importante avviarla da subito, anche per facilitare l’inclusione con i coetanei che, diversamente, potrebbero vedere come un corpo estraneo l’arrivo tardivo della compagna. Quanto alla figura femminile della docente per il sostegno, si suppone che ciò non sia determinante, se almeno uno dei docenti curricolari dello stesso genere possa rendersi maggiormente presente nel percorso formativo dell’alunna. Va infatti considerato e non trascurato che tutti gli insegnanti della classe sono insegnanti di sua figlia e tutti, in quanto corresponsabili, devono garantire la presa in carico


Mi è stata assegnata una ragazzina in quinto superiore che dall’inizio dell’anno non frequenta e, sentendo la sua ex docente di sostegno, pare che quest’anno non frequenterà mai perché vorrebbe cambiare scuola. Mi chiedo:
1) se non frequenta, a fine novembre come faccio a presentare PEI? Mi viene da pensare che non posso presentarlo a fine novembre non avendo avuto modo di conoscere la ragazzina;
2) se dovesse decidere di trasferirsi in una scuola di un’altra città, io dovrei per forza seguire la ragazzina o potrei rifiutarmi e rimanere a disposizione della scuola dove presto attualmente servizio?

Le suggeriamo di contattare il Dirigente scolastico o la Funzione Strumentale del suo Istituto, affinché solleciti la famiglia a comunicare se intende mandare la figlia a scuola o se, invece, pensa di cambiare scuola. In questa seconda ipotesi, se la scuola è nello stesso comune, lei deve seguire l’alunna. Nel caso in cui la scuola non si trovasse nello stesso territorio comunale, le sue ore saranno restituite all’USR che potrebbe, ma non è detto che sia così, valutare di lasciarle nella sede attuale. In entrambe le ipotesi il PEI, piano educativo individualizzato, deve essere formulato possibilmente non oltre il mese di ottobre; il PEI non è di competenza del solo docente incaricato su posto di sostegno, bensì del gruppo di lavoro (GLO), che è costituito da tutti i docenti della classe, dai genitori e dagli specialisti dell’ASL che seguono l’alunna. Durante l’incontro del GLO, che deve essere convocato dal Dirigente scolastico, la famiglia dovrà comunicare che cosa intende fare. A completamento tenga presente che l’alunna non è affidata in via esclusiva al docente per il sostegno, ma è alunna di tutti gli insegnanti della classe. 


Sono una mamma di un bambino autistico di 6 anni non verbale. Dal secondo giorno di scuola è arrivato il sostegno per mio figlio con mia richiesta specifica della docente perché ha seguito mio figlio due anni nella scuola dell’infanzia e con l’approvazione della referente del sostegno per una continuità e serenità del bambino è avvenuta. Purtroppo dopo 3 giorni mi hanno tolto l’insegnante di sostegno dicendomi che non riusciva a coprire le ore scolastiche essendo in allattamento, cosa non vera. Ora la docente del sostegno è su due bambine e mio figlio è rimasto senza e devo aspettare un’altra assegnazione e tutto questo con una telefonata senza convocazione, destabilizzando mio figlio. La mia domanda è possono per legge fare questo?

Se è vero che spetta al Dirigente scolastico assegnare i docenti alle classi, questo potere non può essere esercitato violando le leggi; in particolare è stato violato il principio di continuità didattica, fissato dall’art. 1 comma 181, lettera C n. 2, della legge n. 107/2015. Pertanto le suggeriamo di inviare una PEC o una Raccomandata al Dirigente scolastico, facendo presente quanto le abbiamo scritto, aggiungendo che se non provvede a riattivare la continuità didattica entro 5 giorni, voi genitori vi vedrete costretti a rivolgervi alla Magistratura. Parli anche con il Referente Regionale per l’Inclusione Scolastica operante presso l’Ufficio Scolastico Regionale del suo territorio. Le alleghiamo l’elenco nazionale dei referenti regionali, che hanno il compito di garantire la qualità dell’inclusione scolastica.


Ai fini dell’esame finale del primo ciclo, sono valide le  certificazioni di  DSA effettuate  presso centri accreditati? E quelle rilasciate da professionisti privati possono essere accettate sole se coinvolgono equipe? E ln questo  caso la diagnosi deve essere convalidate dal Gruppo Disturbi Specifici dell’Apprendimento (GDSAp) della propria ASL?

La diagnosi di DSA può essere rilasciata dal servizio pubblico e dai soggetti accreditati; nel caso in cui il servizio pubblico non potesse garantire il rilascio della diagnosi in tempo utile per l’attivazione delle misure didattiche e delle modalità di valutazione previste, le Regioni possono prevedere percorsi specifici per l’accreditamento di ulteriori soggetti privati (in modo che questi possano, una volta accreditati, rilasciare idonea certificazione). Nelle more del completamento di queste misure di accreditamento, le Regioni individuano misure transitorie (al riguardo, pertanto, dovete fare riferimento a quanto stabilito dalla vostra Regione). (Conferenza Stato Regioni del 25 luglio 2012). Per i centri privati, anche se composti da équipe, la certificazione deve essere convalidata dall’ASL.


Interpretiamo bene la legge 62/ 2017 che prevede la possibilitá di richiedere, per alunni con DSA,  l’esonero sia dalla prima lingua straniera che dalla seconda lingua straniera durante l’anno e anche all’esame senza avere ripercussioni  sul conseguimento del diploma finale? Come si deve organizzare la scuola per le ore di frequenza dedicate alle lingue straniere durante l’anno? Possono essere utilizzate potenziando altre discipline? Eventualmente con quali  docenti farebbero questo lavoro?

Per gli alunni con diagnosi di DSA il percorso scolastico coincide esattamente con quello della classe alla quale sono iscritti (non esiste una riduzione). La richiesta di esonero dall’insegnamento delle lingue straniere o di dispensa dalla valutazione dello scritto delle lingue straniere, misure previste dal DM 5669/11, è presentata dai genitori o dallo stesso studente al Team docente o al Consiglio di classe (la richiesta è supportata dalla diagnosi che indica una delle due voci: esonero o dispensa); è il Team docente o il Consiglio di classe ad accogliere o meno tale richiesta.  Per la Primaria, il Primo e il Secondo grado: unicamente per gli studenti per i quali il Team docente o il Consiglio di classe abbia accolto la richiesta di esonero, la scuola deve organizzare un “percorso differenziato” (coerente, come tempi, con le ore di insegnamento delle lingue straniere); il percorso differenziato, che non coincide con il potenziamento di altre discipline in quanto “percorso differenziato”, va descritto nel PDP; per questi studenti saranno organizzati percorsi, anche laboratoriali, di cui saranno incaricati prioritariamente i docenti del potenziamento, ma potrebbero essere coinvolti anche gli insegnanti della classe. Esame di Stato nel primo ciclo di istruzione: come stabilito dall’art. 11, comma 13, del Decreto legislativo 62/2017 (decreto valutazione, a giudizio di molti di noi assurdo e illegittimo, perché consente il conseguimento del diploma senza sostenere l’esame in tutte le discipline), in sede di esame di Stato:
–       lo studente per il quale è stata accolta la richiesta di “esonero” invece delle prove d’esame della lingua straniera affronterà “prove differenziate” e, superate tutte le prove, conseguirà regolare titolo di studio; 
–       lo studente con dispensa, invece, effettuerà una prova orale sostitutiva della prova scritta della lingua straniera; anche per lui, superate le prove, vi è il conseguimento del titolo di studio.


Per alunni con disabilità che hanno un PEI per aree come deve essere presentata la scheda di valutazione? I voti devono essere espressi obbligatoriamente in decimi o si posso utilizzare altre modalità? La scheda deve presentare la lista delle aree indicate nel PEI o deve riportare comunque le discipline?

Per gli alunni con disabilità del primo ciclo di istruzione il percorso scolastico va organizzato coerentemente con il tempo-scuola. Partendo poi dalle capacità e dalle potenzialità dell’alunno, per i singoli momenti scolastici andranno declinati gli obiettivi da raggiungere nel corso dell’anno scolastico. La scheda di valutazione è la stessa dei compagni. La valutazione riportata sotto ogni voce disciplinare è coerente con le attività effettivamente svolte e descritte nel PEI (si tratta di percorso individualizzato). I voti, coerentemente con quanto stabilito dal Decreto legislativo 62/2017, sono espressi in decimi (questo vale per TUTTI gli alunni della scuola). Solamente per la scuola Primaria è possibile avvalersi del giudizio, ma limitatamente alla valutazione finale, come indicato dalla legge 41/2020. 


Vorrei sapere se un bimbo di scuola primaria classe prima con 16 ore di sostegno distribuite solo nel turno di mattina può essere nel pomeriggio (scuola di tempo pieno) seguito solo dal docente di classe e dal personale AEC. Preciso che comunque non è garantito neanche il distanziamento ed il bimbo gira di continuo tra i banchi avvicinandosi spesso senza mascherina

Trattandosi di un alunno certificato con disabilità con articolo 3 comma 3 è strano che in una classe prima della scuola primaria siano state assegnate solamente 16 ore di sostegno, anziché 22, ovvero in rapporto 1:1, come stabilito anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010. Un minor numero di ore di sostegno è giustificabile unicamente se ciò è stato concordato nel PEI da parte dei componenti del GLO.  In via di principio non è vietato che l’alunno, per alcune ore, sia in classe senza la presenza del docente incaricato su posto di sostegno, in quanto tutti i docenti sono suoi insegnanti e devono occuparsi del suo percorso formativo; non è neppure vietato che l’alunno sia presente in classe nel momento in cui sono in servizio il docente di posto comune con l’eventuale presenza dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione (figura che, da quanto lei scrive, dovrebbe essere stata indicata nel PEI).  Quanto alla mascherina, la normativa vigente prevede che gli alunni con disabilità siano esonerati da tale obbligo. Se il bambino tende a non rispettare le distanze, avvicinandosi ai compagni, si suggerirà agli altri bambini di indossare la mascherina nel momento in cui il bambino si avvicina e, al tempo stesso, si insegnerà all’alunno a disinfettarsi ripetutamente le mani. Suggeriamo anche di aiutare tutti nell’uso della mascherina, inventando e creando giochi, in modo da incentivare il bambino e i compagni di classe a indossarla non come costrizione, ma anche come modalità ludica. Contestualmente vi suggeriamo di parlarne con gli operatori dell’ASL che seguono il caso o comunque con l’operatore dell’ASL che si occupa della prevenzione del contagio nelle scuole.


Sono un’insegnante precaria di sostegno primaria. Vorrei sapere se esiste una normativa che preveda l’acquisto di materiale scolastico speciale, poiché la scuola dove insegnò non ha nulla di adatto e siamo noi insegnanti di sostegno a dover acquistare il materiale per far lavorare i bambini ad esempio autistici. 

La scuola dispone di proprio materiale, che viene acquistato a inizio anno scolastico (materiale di facile consumo), da utilizzarsi a favore di tutti gli alunni della scuola. Per gli alunni con disabilità, inoltre, viene stanziata, sempre a inizio di anno scolastico, un’apposita cifra per l’acquisto di specifici materiali, che è possibile richiedere in segreteria. Provi a contattare la funzione strumentale del suo Istituto. Si fa presente che, per altri o specifici materiali è possibile rivolgersi al CTI o CTRH o CTS, ovvero i centri territoriali di supporto. Tenga conto che presso i CTS può trovare anche molto materiale acquistato dal Ministero, proprio per la pandemia.


Sono madre di un ragazzo non vedente di 14 anni  che avrebbe dovuto iniziare il liceo il 24 settembre. Purtroppo 2 giorni prima che iniziasse la scuola è caduto ed è ingessato e costretto a casa fino al 6 ottobre. Ho avvisato subito la referente del sostegno e ho chiesto un supporto da parte della scuola anche se non hanno conosciuto mio figlio. Avrei pensato magari ad altre forme di accoglienza o a videolezioni e conoscenza con gli strumenti informatici. Ho chiesto di conoscere l’insegnante di sostegno per fare il punto della situazione, sapendo bene che bisogna coordinarci sugli ausili compensativi e su tutto il pacchetto che porta la disabilità visiva. Il referente mi dice di starmene tranquilla dandomi risposte vaghe. Non sono ancora riuscita a parlare con l’ ins. di sostegno e francamente non riesco a capire se c’è o non c’è. Possibile che non ci sia un supporto da parte della scuola?

Le consigliamo di prendere nuovamente contatti con il Dirigente scolastico; nel caso non dovesse darle udienza, provi nuovamente con la funzione strumentale per l’inclusione. Lei può chiedere la convocazione urgente del GLO con la presenza, oltre di voi genitori, di almeno un docente della scuola secondaria di primo grado (alla quale era iscritto vostro figlio) e con la partecipazione di tutti i docenti del nuovo Consiglio di classe e degli operatori sociosanitari che seguono vostro figlio, per un primo scambio di informazioni, utili al fine della formulazione del PEI definitivo. Se poi questa sua richiesta venisse disattesa, prenda contatto con il Referente Regionale per la disabilità operante presso l’Ufficio Scolastico Regionale (USR), affinché intervenga presso la scuola.


Sono una docente di sostegno, nella mia scuola in più di un’occasione, nella richiesta dell’organico sul posto sostegno, chiedono personale sul potenziato. Però mi chiedo, se le unità dei docenti assegnati non riescono a coprire tutti i casi presenti nell’Istituto, è possibile usare uno degli insegnanti sul potenziamento? Inoltre un Dirigente Scolastico può decidere di assegnare sul potenziamento un docente di sostegno titolare, pur essendoci un  numero considerevoli di alunni H, togliendo anche la continuità? Quali sono i criteri per cui un dirigente scolastico chiede, nella richiesta di organico, docenti di sostegno da utilizzare sul potenziamento il quale, a sua volta, dovrà limitarsi a fare supplenze (non solo su posti di sostegno) all’interno della propria scuola.

Appare assai strano che vengano sottratte le ore di sostegno assegnate agli alunni con disabilità per utilizzarle come ore di potenziamento. Le ore assegnate ai singoli alunni con disabilità, infatti, sono intangibili, in quanto vengono assegnate alla classe, al fine di assicurare una buona inclusione dell’alunno con disabilità nella classe alla quale egli è iscritto. Non per nulla molte famiglie per ottenerle debbono promuovere costosi ricorsi giurisdizionali sempre con esito positivo. In questo caso, le famiglie degli alunni, che subiscono decurtazione di ore, debbono diffidare il Dirigente Scolastico dal farlo, minacciando ricorsi.


Sono un’ insegnate di scuola dell’ infanzia e quest’ anno ho ottenuto assegnazione provvisoria su sostegno… Il 24/09 primo giorno di scuola la mamma della bambina assegnatemi comunica che per quest’anno la bambina su indicazione della pediatranon frequenterà perché soggetto a rischio causa covid…
Chiedo : la mia assegnazione potrà essere revocata o sarò a disposizione della scuola?

Se l’alunna non frequenta per motivi di salute, la scuola, previa richiesta formale da parte della famiglia corredata da documentazione sanitaria, potrebbe promuovere “attività a distanza”, ovvero in modalità mista (in parte a distanza e in parte in presenza), in base alla richiesta presentata dalla famiglia. Si tratta di capire se tale istanza sarà promossa in quanto “alunna riconosciuta con fragilità” o per altre motivazioni. Al riguardo, attendete indicazioni da parte del D.S. Per quanto riguarda il docente incaricato su posto di sostegno – in quanto docente della sezione (della scuola dell’infanzia) – potrebbe essere utilizzata per interventi presso il domicilio dell’alunna (se previsto nella richiesta della famiglia) oppure, insieme ai colleghi di sezione, potrà attivare forme di attività a distanza. Se la famiglia non dovesse richiedere l’istruzione domiciliare, allora lei dovrebbe essere a disposizione dell’Ufficio Scolastico Regionale, che la può assegnare ad altra scuola dove sia presente un alunno con disabilità; solo eccezionalmente l’USR potrebbe decidere di lasciarla in questa scuola ad esempio per sostenere ulteriormente altri alunni con disabilità.


Mia figlia iscritta alla seconda media non può ancora frequentare la scuola visto che al momento  non ha un insegnante di sostegno. Però le assenze sono conteggiate dalla scuola. Cosa devo fare? Che tipo di certificato medico devo fare?,

Così come la scuola segna le assenze, allo stesso tempo deve evitarle anche se manca il sostegno o l’assistenza. Sua figlia ha diritto a stare a scuola indipendentemente dalla presenza del docente incaricato su posto di sostegno, perché sua figlia, come tutti i compagni, è alunna di tutti i docenti della classe.  Se le fanno storie per la frequenza, dica alla scuola che l’art. 12 della legge n. 104/92 al comma 4 stabilisce che la condizione di disabilità non può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica.  Quindi se non vogliono accettare sua figlia, invii subito una lettera di diffida alla scuola citando quanto le abbiamo scritto e, per conoscenza, all’Ufficio Scolastico Regionale (USR) precisando che se non dovesse intervenire per fare entrare sua figlia a scuola, sarà costretta a rivolgersi ai carabinieri.


Nella mia scuola, una secondaria superiore, partendo dalla frase che “l’assegnazione del docente di sostegno avviene alla classe”, per quest’anno le ore di sostegno sono assegnate alla classe e non all’allievo disabile. Nello specifico in una classe di n°4 allievi certificati  sono state date 20 ore di sostegno ripartite a due docenti specializzate. La scuola non vuole procedere all’assegnazione delle ore al ragazzo disabile e all’assegnazione dei docenti di sostegno all’allievo. È corretto procedere in questo modo?

Il docente incaricato su posto di sostegno è assegnato alla classe, ma per assicurare l’inclusione dei singoli alunni in tale classe! Le ore di sostegno riguardano i singoli alunni: pertanto se nel PEI è indicato un certo numero di ore, questo non può essere ridotto, pena il ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/2006. La Corte di Cassazione ha stabilito che il numero delle ore di sostegno indicate nel PEI non sono modificabili dall’Ufficio Scolastico Regionale; la Corte costituzionale, con la Sentenza n. 80/2009, ha ribadito che il numero delle ore di sostegno non può essere ridotto per motivi di risparmio della spesa pubblica e di bilancio. Pertanto mostrate al Dirigente scolastico tali norme e sentenze; nel caso il D.S. non intendesse modificare quanto stabilito, inviate una diffida al DS e all’Ufficio Scolastico Regionale tramite PEC, dando un termine di 7 giorni per accogliere la vostra richiesta; trascorso inutilmente il quale comunicate che farete ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n.67/2006 per discriminazione, facendo presente che già esistono numerose sentenze in tal senso con condanna dell’amministrazione alla rifusione delle spese e al risarcimento dei danni.


Sono la mamma di un bambino di quarta elementare cn certificazione grave. Da PEI redatto a chiusura anno scolastico 2019-2020, sono state concordate collegialmente dal GLO 22 ore di sostegno. Questo anno scolastico è iniziato invece con 16. La comunicazione mi è stata data dall’insegnante di sostegno, che è stata impiegata su altri due alunni, per le 6 ore sottratte alla classe di mio figlio. Vorrei prima un colloquio con la dirigente e poi procedere alla richiesta di accesso agli atti. È corretto ritenere responsabile la dirigente scolastica? 

La Cassazione ha stabilito che il numero di ore di sostegno assegnate nel PEI è vincolante per l’Amministrazione; pertanto né l’Ufficio Scolastico Regionale né il Dirigente Scolastico possono ridurre tale numero. Lo faccia presente e se il Dirigente Scolastico non dovesse ristabilire il numero di ore indicate nel PEI, allora invii una diffida alla scuola ed anche all’Ufficio Scolastico Regionale, dando un termine (ad esempio una settimana), trascorso inutilmente il quale potrà rivolgersi ad un avvocato e inoltrare ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/06


Avrei necessità di sapere se per un alunno Down è strettamente necessario che la famiglia consegni il Profilo funzionale alla scuola per avere il sostegno.
La questione è abbastanza problematica, poiché i genitori stranieri arrivati in Italia a luglio non sono riusciti a far valutare il caso dai Servizi preposti. La segreteria della scuola ha inserito tutti i dati in suo possesso all’Ambito Territoriale( sistema Dad@), ma con scarsi risultati.

La normativa per il sostegno richiede necessariamente, oltre alla certificazione ai sensi della legge 104/92 (“accertamento dell’handicap”), anche almeno la Diagnosi Funzionale, che può essere rilasciata a seguito di una visita presso una ASL o, eccezionalmente, richiedendo una visita a domicilio. Senza Diagnosi Funzionale non è possibile richiedere il sostegno. Dite, quindi, al dirigente scolastico di contattare immediatamente il direttore amministrativo e sanitario della ASL.


Chi deve fornire il banco idoneo per un alunno diversamente abile frequentante la scuola secondaria di secondo grado?

I banchi sono classificati come “arredo scolastico”: pertanto la fornitura spetta all’Ente locale proprietario dell’immobile dove è ubicata la scuola o che ne assicura la fruizione. Anche i banchi “speciali” debbono essere forniti dall’Ente che assicura la manutenzione dell’immobile. Se trattasi di arredo particolare, potrebbe essere necessario rivolgersi all’ASL per la fornitura di ausili specifici.


Può il docente di sostegno abilitato all” insegnamento delle materie giuridiche ed economiche svolgere ore di educazione civica? Se si, quando?

È il dirigente scolastico che assegna gli incarichi ai docenti, stabilendo l’orario per l’insegnamento delle discipline, previste nel curricolo del percorso dell’istituzione scolastico; altrettanto dicasi per l’orario da svolgersi su posto di sostegno: è il dirigente che lo definisce.  Va da sé che se il docente, che per parte del suo orario svolge l’incarico su posto di sostegno, per altra parte delle sue ore potrà essere individuato, avendone le competenze, come docente di educazione civica e, pertanto, egli effettuerà tale insegnamento rivolgendosi a tutta la classe.  Si fa presente, infine, che l’insegnamento di educazione civica viene affidato ai docenti di discipline economico-giuridiche (classe di concorso A46).


Sono un docente di sostegno in un istituto alberghiero. Il responsabile dell’UOMI ha inviato il calendario degli incontri con alunno, genitori e docente di sostegno. Tutti gli incontri sono nel pomeriggio inoltrato, presso l’UOMI, quando i docenti hanno finito il loro orario di servizio. E’ possibile?

La convocazione del GLO per l’elaborazione del PEI non è compito dell’ASL, o dell’UOMI, bensì del Dirigente scolastico il quale, in base alle Linee guida del 2009, deve sentire la famiglia per raccordarsi in merito all’orario dell’incontro.  Nel caso descritto potrebbe esservi stato un contatto tra il Dirigente scolastico e il Direttore Amministrativo dell’ASL (o UOMI), in cui avranno concordato orari e sede delle riunioni dei GLO. Per tutti i docenti sarebbe stato opportuno che gli incontri del GLO si svolgessero a scuola. Per legge alle riunioni di GLO devono partecipare tutti i docenti della classe ed è vietata la partecipazione del solo docente per il sostegno Parlatene con il Dirigente scolastico e concordate con lui la data degli incontri, sentita la famiglia; se l’UOMI potrà parteciparvi, anche tramite videoconferenza, bene, diversamente risulterà assente. In ogni caso potete contattare il sindacato di categoria.


Sono un insegnante di sostegno di una scuola media. Vorrei sapere se fosse possibile richiedere, per un’ alunna diversamente abile, l’istruzione parentale. La famiglia, a causa di esigenze sanitarie covid19 , vorrebbe stabilire la concessione della suddetta istruzione  .
Io sono  La sua insegnante di sostegno e volevo sapere come potevamo comportarci. Vorrei sapere se necessita comunque della  Compilazione del PEI e le differenze che potevo riscontrare nella compilazione di questo pei  ICF…

L’istruzione parentale è possibile per ogni alunno; essa è regolata dall’art. 23 del decreto legislativo n. 62/17. In caso di istruzione parentale, i genitori dell’alunno sono tenuti a presentare comunicazione preventiva annuale al Dirigente scolastico del territorio di residenza; nella loro comunicazione i genitori devono precisare che scelgono questo tipo di istruzione, dando la prova che possiedono la cultura per istruire la figlia o di avere i mezzi economici per farla istruire da docenti privati.  Se la scuola accetta, la famiglia si deve impegnare, nella stessa richiesta scritta, a presentare annualmente la figlia come privatista agli esami di fine anno per l’ammissione alla classe successiva. Il Dirigente scolastico e il sindaco del comune di residenza (o un suo delegato) vigilano sull’adempimento dell’obbligo di istruzione (Decreto Ministeriale 13 dicembre 2001, n. 489). Quanto al PEI, esso non può essere firmato dai docenti della classe, in quanto l’alunna non è iscritta presso l’istituzione scolastica, ma devono essere il docente o i docenti privati, scelti dalla famiglia, che, d’intesa con i genitori e con gli specialisti, lo redigono (a meno che la famiglia non abbia le competenze sufficienti e necessarie per la formulazione del PEI: in tal caso lo elaborerà congiuntamente con gli specialisti dell’ASL). Quello con orientamento ICF non è ancora stato pubblicato. Quando lo sarà, potrete appurare che sarà redatto ancora sulla base della Diagnosi Funzionale e che, insieme e prima del PEI, dovrà essere elaborato (o aggiornato se già presente nel fascicolo dell’alunna) il Profilo dinamico funzionale; questo perché mancano ancora gli atti applicativi della norma legislativa che stabilisce che la documentazione, che supporta il nuovo PEI, sia elaborata secondo i classificatori internazionali dell’OMS, ovvero l’ICD, giunto alla undicesima edizione, e l’ICF, il classificatore internazionale del funzionamento della disabilità e della salute.


Ho un bimbo certificato 104 art 3 comma 3, disfagico, iscritto al primo anno di materna. Ho semtito parlare di protocollo sanitario che la scuola deve richiedere alla ulss di competenza. In cosa consiste?

Alcune scuole hanno preteso che gli alunni con disabilità debbano presentare un certificato apposito, rilasciato dall’ASL, che dichiari se possono o no entrare a scuola senza rischi. Nel Lazio questo orientamento è stato bloccato e quindi bastano le normali norme di sicurezza, previste per tutti: temperatura presa a casa, prima di andare a scuola, inferiore a 37,5°, mascherina e distanza di sicurezza (per suo figlio, va precisato, non sussiste l’obbligo della mascherina, in quanto di età anagrafica inferiore ai 6 anni). Tenga presente che la bozza di Ordinanza ministeriale, di imminente emanazione, stabilisce che il compito di chiedere al medico di famiglia (o pediatra) il riconoscimento di alunno con fragilità è della famiglia (non della scuola).  La famiglia, una volta ricevuta conferma di tale condizione (alunno con fragilità), lo comunica alla scuola per iscritto, allegando la documentazione ricevuta dalle competenti strutture socio-sanitarie.  Se nella scuola, alla quale ha iscritto suo figlio, insistono nel voler applicare il protocollo di cui parla, chieda in base a quale norma.


Sono la mamma di due bambini disabili di nove anni con grado di disabilita’ art 3 comma 3 legge 104/92. A causa del distanziamento in classe, la classe dei miei figli deve essere spostata un un’altro plesso più grande. La vecchia scuola è tutta al piano terra e per l’entrata e l’uscita i miei figli sono autonomi. L’aula di destinazione si trova al primo piano senza ascensore e i miei figli devono essere accompagnati, presi per mano per salire e scendere le scale. In più gli orari sono distorti dal fatto che nella nuova scuola si entra 30 min prima che nella vecchia e dovrei lasciare l’altra mia figlia davanti alla scuola almeno 40 min prima dell’entrata. Da qui i miei figli entrerebbero cronicamente in ritardo, gli si nega la normalità dell’ingresso con gli altri bambini, e oltre a questo si acuisce la differenza percepita per il fatto che devono essere accompagnati. In una scuola di 5 classi elementari più una materna è stata spostata la classe con più portatori di handicap 3 il motivo ufficiale si riferisce solo al numero degli alunni. Finisco un un’aula da 16 persone con 13 alunni, la maestra, tre di sostegno e un’educatore… che non ci sono e quindi devo essere io ad accompagnarli in classe. Datemi un consiglio

Data la situazione assai complessa, una soluzione potrebbe essere quella di concordare con la scuola dei due bimbi che appena lei arriva un collaboratore scolastico venga a prenderli all’ingresso e li accompagni in classe, salendo le scale, ovviamente muniti di guanti e di mascherina. In tal modo, lei potrebbe accompagnare sua figlia all’altra scuola, aspettando l’orario di apertura della stessa. Ci tenga informati degli sviluppi.


Sono una docente di scuola primaria. Un’ amica con alunno con disabilità grave (immuno-depresso) che frequenta la scuola dell’ infanzia mi ha riferito che la scuola del figlio ha chiesto a lei di firmare una liberatoria per sollevare la scuola da qualsiasi responsabilità nel caso in cui il figlio contragga il Covid. Vorrei sapere se è lecito fare questa richiesta da parte della scuola. Inoltre vorrei sapere se per alunni disabili dell’infanzia è possibile attivare l’ istruzione domiciliare.

In base alle indicazioni, fino a oggi emanate, e vista anche la bozza dell’Ordinanza ministeriale relativa agli “alunni con fragilità”, tale riconoscimento è valutato e certificato dal Pediatra o dal medico di famiglia, in raccordo con il dipartimento di Prevenzione territoriale. La famiglia dell’alunno dovrà inviare comunicazione scritta in merito “alla condizione di fragilità del figlio” alla scuola, allegando la documentazione ricevuta dalle competenti strutture socio-sanitarie.  Sempre la bozza dell’Ordinanza prevede che per gli alunni “con fragilità” si potranno attivare forme di Didattica digitale integrata oppure “ulteriori modalità di percorsi di istruzione integrativi” (va evidenziato il fatto che vengono citate unicamente le classi e non le sezioni, che sappiamo appartenere alla scuola dell’infanziaI.


Sono la mamma di un bambino di 7anni e mezzo affetto da sindrome di down frequentemente la 3 elementare. Premetto che mio figlio ha già il sostegno di 22 ore. Quest’anno visto la situazione covid ho chiesto alla preside che mio figlio fosse seguito esclusivamente per le 22 ore dall’insegnante di sostegno visto lo stretto contatto che il bambino deve avere per essere seguito e visto che l’anno passato è stato seguito da 2 insegnanti e un educatrice sempre nelle 22 ore. La risposta è stata che la mia richiesta non può essere effettuata per carenza di organico. Mi chiedo è così? Posso fare qualcosa per tutelare mio figlio?

In base alla certificazione di disabilità può chiedere sia lo stesso numero di ore di sostegno erogate lo scorso anno scolastico, sia che esse siano svolte da un unico docente. Per la prima richiesta, nel caso non dovesse essere accolta, lei potrà ricorrere al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/2006; per la seconda sarà più difficile, poiché se ciascuno dei due docenti dello scorso anno era impegnato anche in altra classe, con un altro alunno, non si potrà interrompere la continuità per darla a figlio. Se, però, uno dei due dovesse non essere vincolato alla continuità perché, per esempio, l’altro alunno è uscito da quell’ordine di scuola, allora il Dirigente scolastico deve assegnarlo, per tutte le ore, a suo figlio.