G. Capurso, La passione e le idee

La Puglia antifascista e la costruzione dello stato autoritario in Italia

di Carlo De Nitti

Se è vero che – come chi scrive queste righe ritiene che sia – “la politica fa la storia e la storia ricostruisce la politica”, come recitava tanti anni fa uno slogan ‘pubblicitario’ di una notissima editrice, è di sicuro interesse accostarsi al recentissimo volume di un valente e documento saggista come Giovanni Capurso, La passione e le idee. La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vagno a Giacomo Matteotti, che ha visto la luce a Bari nell’ottobre 2023 per i tipi di Progedit.

In questo volume, l’Autore ricostruisce, da storico, la politica di un secolo fa: esso è la prosecuzione diretta del suo precedente La ghianda e la spiga. Giuseppe Di Vagno e le origini del fascismo, pubblicato dalla medesima casa editrice barese nel 2021, ma anche ideale di Due Maestri del Sud: Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno per i tipi della casa editrice coratina SECOP, nell’ambito del progetto <Caro don Gaetano…>.

In questo volume, Lo sguardo dello storico si allarga dalla figura, centralissima nel precedente, del deputato socialista conversanese Giuseppe Di Vagno (1889 – 1921) al clima storico-politico in Puglia ed in Italia che seguì al suo delitto fino a quello, posteriore ma parallelo, di Giacomo Matteotti (1885 – 1924).

Nei quasi tre anni che intercorrono tra i due delitti – dal settembre ’21 al giugno ’24 – si afferma in Italia la dittatura fascista, che si continuerà a consolidare fino alle cosiddette “leggi fascistissime”.

Le biografie culturali e politiche di Giuseppe Di Vagno e di Giacomo Matteotti mostrano sicuramente molte analogie (non a caso, Giovanni Capurso cita lo storico greco Plutarco e Vita parallele è proprio il titolo del primo capitolo del volume), ben prima della comune la loro tragica fine per mano squadrista, a Mola di Bari come a Roma.

Dopo l’assassinio di Giuseppe Di Vagno, la Puglia diviene un laboratorio politico sulla via della costruzione di uno Stato autoritario – ancorché ammantato dalla formale vigenza dello Statuto Albertino – in cui naufraga quella “pacificazione nazionale” cui Benito Mussolini prova a giungere, impedito in ciò dallo squadrismo più facinoroso e violento, di cui pure aveva politicamente bisogno.

E’ bene non dimenticare che la Puglia fu uno dei luoghi d’Italia in cui maggiore fu la resistenza delle forze politiche espressione del movimento operaio all’affermazione del Partito Nazionale Fascista e del Fascismo come Stato autoritario. Come non rammemorare l’assedio della Camera del Lavoro di Bari Vecchia, nell’agosto del 1922, la resistenza strenua, tenace, che fu opposta dai lavoratori e dai dirigenti sindacali alle violenze squadristiche? La Camera del Lavoro di Bari fu, nel luglio 1922, sotto la guida appassionata e fattiva di Giuseppe Di Vittorio (1892 – 1957), già deputato al Parlamento, l’ultimo baluardo contro lo squadriamo fascista, che poco dopo avrebbe preso il potere con la marcia su Roma ed il relativo incarico, conferito da Vittorio Emanuele III a Mussolini, di formare il governo, sostituendo l’inetto Gabinetto Facta.

Il punto di vista privilegiato di Giovanni Capurso è la situazione pugliese, che scandaglia con precisione e perizia attraverso l’utilizzo analitico della documentazione d’archivio e delle parole e degli scritti dei protagonisti di quei “tumultuosi” anni, in Italia come in Puglia (da Giuseppe Caradonna ad Araldo Di Crollalanza, da Gaetano Salvemini ad Antonio Salandra, da Tommaso Fiore ad Antonio Lucarelli), ma anche della stampa locale e nazionale.

Sintetizza Giovanni Capurso: “A grandi linee di potrebbe affermare che, mentre i fascisti settentrionali provenivano in larga parte da una cultura politica antisocialista e anticentralista, quelli del sud erano statalisti e governativi” (p. 67).

Tra di essi, emerge nel testo la figura di Araldo Di Crollalanza (1892 – 1986), che, negli anni seguenti fu Ministro dei lavori pubblici e Senatore della Repubblica fino al decesso: egli “era un uomo riservato, altero ma non altezzoso. Era, poi, un uomo estremamente rispettato per le sue doti di mediatore e per la sua solida formazione professionale di giornalista; amava lavorare sottotraccia, non vantava particolari clientele personali né aveva mai partecipato a spedizioni punitive” (pp. 69 – 70). Caratteristiche che, unite all’onestà personale (come scrisse alla sua morte Giuseppe Giacovazzo, su <La Gazzetta del Mezzogiorno> che dirigeva) gli sono valse l’elezione prima come consigliere comunale di Bari ed ininterrottamente come Senatore della Repubblica nel Collegio di Bari dalla II alla X Legislatura.

A chi scrive piace concludere questo breve testo con le parole di Antonio Lucarelli (1874 – 1952), pronunciate il 10 giugno 1925, in occasione del primo anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti: “Giuseppe Di Vagno e Giacomo Matteotti, nella luce del martirio sono morti da socialisti, all’avanguardia della classe operaia italiana per il riscatto del lavoro, dell’oppressione dell’agraria e del capitalismo coalizzati. Ma io, sul corrusco dell’inferno e sull’etereo cielo, giuro e accetto e dico a voi tutti, qui, questa sera, convenuti, che non saranno dimenticati” (p. 112).

Invero, gli assassini di Di Vagno e Matteotti non furono mai puniti, anche nei processi celebrati dopo l’avvento della Repubblica a causa dell’amnistia voluta dall’allora Guardasigilli, Palmiro Togliatti (1891 – 1964). Sul vaticinio di Antonio Lucarelli, a chi scrive queste righe spiace constatare, nel tempo presente (gli ultimi trenta/quaranta anni?) – a distanza di quasi un secolo, forse a causa dei tanti rivolgimenti storico-politici avvenuti – una forma di amnesia del passato è avvenuta, vivendo oggi un’epoca sempre più contraddistinta da un antistorico presentismo e da un finto nuovismo.

Altresì, non vi è chi non veda in questo testo – di cui qui si è qui solo rapidamente cercato di dare ragione – un ottimo “sussidio” per l’insegnamento della storia (vero caposaldo per la trasmissione della “memoria”) nell’ultimo anno di scuola secondaria di secondo grado, coniugando esso la storia del “manuale” con la monografia di approfondimento di storia (anche) pugliese ed ampliando il discorso, “saccheggiando” la ‘bibliografia essenziale’ (pp. 117 – 123) che correda il volume.

Chi scrive, operatore della scuola da quasi quaranta anni, opina che un testo quale quello di Giovanni Capurso, La passione e le idee. La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vagno a Giacomo Matteotti sia un eccellente abbrivo per percorsi di educazione civica ai sensi della L. 92/2018, che reintroduce l’educazione civica nelle scuole: itinerari storico-politico-culturali che non possono non coinvolgere un altro “martire laico” della politica: Aldo Moro (1916 – 1978).