J. Fosse, Mattino e sera

Jon Fosse, da tante opere al Nobel

di Antonio Stanca

Giovedì 5 Ottobre a Stoccolma dalla prestigiosa Accademia Svedese il Premio Nobel per la Letteratura 2023 è stato assegnato a Jon Fosse, noto autore norvegese dalle molte qualità e applicazioni. Gli è stato riconosciuto in particolare il merito di aver composto “opere innovative teatrali e in prosa che danno voce all’indicibile”. Nel 2007 gli era stato conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine Nazionale della Repubblica Francese. Dal Daily Telegraph è stato inserito tra i 100 geni viventi. Per meriti letterari ha ottenuto di risiedere con la famiglia, moglie e figli, nella sede reale di Grotten, Oslo. Al 2012 risale la sua conversione al cattolicesimo.

Della sua vasta e varia produzione ancora poco, tuttavia, è stato tradotto in italiano e tra questo rientra il breve romanzo Mattino e sera comparso in prima edizione nel 2019 e in seconda quest’anno sempre per conto de La nave di Teseo e con la traduzione di Margherita Podestà Heir. Fosse lo aveva pubblicato nel 2000.

Nato a Strandebarm, piccola città della Norvegia, nel 1959, ha esordito nella narrativa nel 1983, a ventiquattro anni, con il romanzo Rosso, nero. Ha continuato a scrivere impegnandosi in diversi generi. Oltre che di narrativa ha scritto di poesia, di teatro, di letteratura per ragazzi, è stato saggista e traduttore. In una produzione così vasta non cambiano solo i generi ma anche i modi espressivi, gli stili. Un autore multiplo può essere considerato Fosse, capace di dire molte cose e in molti modi. Anche i motivi, i temi sono tanti ma per questi è possibile ricondurli ad alcuni che ritornano, che appaiono con maggiore frequenza quali il passaggio avvenuto ultimamente dalla vecchia alla nuova generazione, i problemi che ancora adesso sta comportando, le difficoltà insorte nei rapportiindividuali, sociali, negli scambi, nella comunicazione compresa quella in famiglia, nella coppia, le contraddizioni che la segnano e che a volte diventano senza soluzione, il movimento, il flusso che avvienenella coscienza e che porta a ripercorrere il passato, che tiene sospesi tra quanto ricordato e quanto vissuto, traprima e dopo. Sia nella produzione narrativa che in quella teatrale Fosse ha concesso molto spazio a questi problemi. Sono della più recente attualità, di essi diconomolti drammi e molti romanzi. Drammi famosi sono E la notte canta, Io sono il vento, mentre per i romanzi celebri sono diventati i due che compongono Melancholia e i molti della serie Settologia. In molti teatri del mondo vengono rappresentati i drammi, in molte lingue tradotti i romanzi. Premiati sono stati spesso gli uni e gli altri. Grande interesse riscuotono i problemi che svolgono. Anche in Mattino e sera ritornano questi problemi, in particolare quello della famiglia, dei rapporti tra genitori e figli, tra figli, anche qui si verifica quel flusso di coscienza che fa stare tra passato e presente, che fa cadere ogni limite di tempo e di luogo, anche qui compare quella che è la manieraespressiva più ricorrente nel Fosse scrittore, una lingua, cioè, ridotta al minimo, scarna, incisiva, essenziale, fatta non tanto di frasi quanto di parole dirette a cogliere le contrarietà che insorgono nei rapporti, a mostrare quantodi oscuro si agita in fondo all’animo umano, quanto vi rimane di nascosto, di non detto, di non voluto.

Di una famiglia scrive Fosse in questo romanzo, della modesta famiglia di Johannes e della moglie Erna. Vivevano ad Holmen, piccolo centro su una delle tante isole del Mare di Norvegia, e si erano trasferiti in un posto più vicino alla città, nella periferia di questa. Avevano avuto sette figli, avevano fatto molti sacrifici per loro, per provvedere ai loro bisogni ma ora erano tutti adulti, indipendenti, e i genitori, ormai vecchi, in pensione. Improvvisamente, però, succederà che Erna venga a mancare, che muoia lasciando Johannes solo nella piccola casa. Lui era stato pescatore come il padre, il nonno e tanti altri della famiglia. Anche adesso continuava a farlo ma con minore frequenza ed interesse.È diventato vecchio, non si sente sicuro, è poco convinto di quello che fa, che pensa, di come trascorre il suo tempo. Ebbene del tempo di Johannes, di una sola giornata del suo tempo, si compone l’opera del Fosse. Sembra una giornata come le altre ma è diversa. Oltre alla moglie sono morti sull’isola tutti gli amici e vicini di Johannes, lui lo sa ma mentre compie, quel giorno, la solita passeggiata mattutina gli succede di imbattersi nelle persone che sapeva morte. Sono le loro ombre, le loro figure prive di spessore, ridotte a parvenze, senza consistenza, senza corpo. Gli sembra assurdo, incomprensibile. Con loro, tuttavia, quella mattina ha i rapporti di sempre, fa le cose di sempre e questo fino a sera, fin quando non saprà che anche lui è morto, anche se di recente, che anche lui è come loro, senza corpo. Così è tutto nel romanzo. Quello che Johannes vede, le persone con le quali si trova, lui stesso, tutto quanto èsospeso tra ricordo e sogno, realtà e visione, verità e immaginazione, materia e spirito, corpo e anima, vita e morte. È un mondo finito o quasi, è una situazione carica di misteri quella che Johannes scopre anche perché non capisce come a lui sia stato concesso di percorrerla, vederla, entrare nei suoi segreti compreso quello di Dio e del suo rapporto con gli uomini. A lui, alla sua coscienzaè stato concesso di sentire quel flusso che fa rivivere,recuperare, ricostruire il passato suo e degli altri, lo continua, non lo fa finire, lo rende eterno. È la sopravvivenza dello spirito, è l’immortalità dell’anima, èla sua vita eterna quella che Fosse vuole mostrare in questo modo? Alquanto singolare, geniale esso risulta sia perché immaginato nel giro di una sola giornata sia perché capace di indicare una soluzione per un problema così difficile.