Scuola, la rivolta degli addetti alle pulizie: “Vogliono licenziarci, il ministro ci aiuti”

da Repubblica.it

Scuola, la rivolta degli addetti alle pulizie: “Vogliono licenziarci, il ministro ci aiuti”

Sono 25mila e a causa dei tagli rischiano di perdere il posto a fine anno o di avere uno stipendio decurtato fino al 75 per cento. Dopo il presidio a viale Trastevere, la Carrozza ha promesso che si occuperà del caso. I sindacati: situazione insostenibile

ROMA – Come regalo di Natale, rischiano il licenziamento. Si tratta dei 25mila addetti alle pulizie che lavorano da decenni nelle scuole italiane e che, dopo molti contratti a termine, potrebbero tornarsene a casa. O, nella migliore delle ipotesi, avranno decurtato lo stipendio anche del 75%.

Nel 1999, la legge 124 stabilì che dal 1° gennaio del 2000 il personale dipendente dagli enti locali doveva passare allo Stato per la riforma Bassanini. Gli oltre 25mila addetti, che tre giorni fa hanno manifestato davanti al ministero dell’Istruzione, provengono da “due filoni”, spiega Giovanni Pirulli, segretario generale aggiunto della Cisl Fisascat. Circa 8.500 “pulizieri” erano alle dipendenze di cooperative sociali messe in piedi da comuni e province per dare un reddito di sostentamento a soggetti in difficoltà. Gli altri 17mila facevano parte di consorzi nazionali. Quando avvenne il passaggio allo Stato, il ministero dell’Economia finanziò il tutto con 540 milioni di euro. Ma contemporaneamente accantonò nella scuola quasi 12mila posti di collaboratore scolastico (bidello) sostituiti nella sola mansione delle pulizie dai 25mila pulitori delle cooperative e grandi imprese di pulizia. Poi arrivò il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che operò un primo taglio di 150 milioni portando lo stanziamento a 390 milioni l’anno. Con queste risorse gli operatori potevano contare su un congruo numero di ore lavorative settimanali variabile da 24 a 35.

Nelle scuole, la mansione delle pulizie è affidata ai bidelli che svolgono anche la vigilanza degli alunni. Mentre i “pulizieri” si limitano a mantenere puliti i locali. Le regioni con il maggior numero di addetti sono Campania, Lazio, Puglia e Sicilia che da sole assorbono il 62 per cento di tutti i pulitori presenti nelle 8mila scuola italiane. Adesso, però, in tempi di spending review, il governo vuole ridurre lo stanziamento a quello strettamente legato al risparmio degli 11.857 posti di bidello accantonati nell’organico nazionale dei collaboratori scolastici: cioè, 288milioni di euro. “In questo modo – aggiunge Pirulli – agli 8.500 pulitori provenienti dagli enti locali si propone di ridurre le ore a settimana da 24 a 6, mentre agli altri da 35 a 15. Se le cooperative non volessero licenziare nessuno, dovrebbero ridurre gli stipendi del 75 per cento ai primi e del 60 ai secondi. Insostenibile”. Concorda Elisa Camellini (segreteria Filcams Cgil): “Così si ributtano questi lavoratori nel girone infernale della disoccupazione e della precarietà. Inoltre avremo ambienti scolastici insalubri e insicuri”.

Con i contratti in scadenza al 31 dicembre, i 25mila hanno intanto ricevuto la lettera di licenziamento. Se il ministero dell’Economia dovesse

rinnovare il contratto alle condizioni prospettate – con una spesa massima di 288 milioni di euro all’anno – le ore lavorative e gli stipendi subirebbero un mega taglio. Lo scorso 12 dicembre, quando Cgil, Cisl e Uil, assieme ai lavoratori, hanno protestato in viale Trastevere, il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha fatto sapere che si sarebbe occupata personalmente della questione. La soluzione potrebbe arrivare con la legge di stabilità. Ma, al momento, tutto tace.