Scuola, tempo di pagelle «Finiamola con i voti»

da Corriere della Sera

L’APPELLO

Scuola, tempo di pagelle «Finiamola con i voti»

«Applicare valutazioni restrittive che delimitano una fascia d’uso è impugnabile a norma di legge»

E’ tempo di pagelle. Mi auguro che il nuovo ministro della Pubblica Istruzione voglia cancellare per sempre la valutazione  numerica quantitativa in uso nella scuola dell’obbligo. Era stata sostituita qualche anno fa dalla valutazione qualitativa più giusta e più rispettosa delle caratteristiche personali di ciascun alunno. Certo, un numero è più  semplice da scrivere mentre un giudizio è molto più impegnativo. Ma quanti problemi crea la valutazione numerica  rispetto ad una valutazione che tenga conto della giustizia distributiva e del rispetto del singolo bambino! Per esempio: un 6 e mezzo come si riporta in pagella? Come un sei o come un sette? Un giudice applicherebbe il principio in dubio pro reo e darebbe un sette. L’insegnante, invece, dà un sei. Il voto numerico è ingiusto perché non indica i punti deboli dell’apprendimento dello scolaro. Due voti uguali in  due alunni diversi possono indicare difficoltà differenti e pertanto non sono da mettersi sullo stesso piano.

Un conto è correggere la forma, altra cosa è intervenire sul contenuto, ecc… La valutazione numerica crea delle scelte valutative da parte degli insegnanti che restringono la gamma dei voti a  disposizione in una fascia definita in precedenza: il dieci si dà a Dante Alighieri, gli scolari partano dal nove. No! La valutazione è decimale. Applicare valutazioni restrittive che delimitano una fascia d’uso è  impugnabile a norma di legge.  Senza dire che la valutazione globale sintetica scritta alla fine della scheda si limita agli aggettivi:  insufficiente, sufficiente, buono, distinto, ottimo, cioè ancora ad una etichettatura limitativa come tutti gli  stereotipi. Ma la conseguenza più grave è che la valutazione sommativa esime l’insegnante dalla responsabilità del non  apprendimento dell’alunno che è sempre ascritto alla sua scarsa intelligenza, alla mancanza di applicazione, alla  insufficiente motivazione, a problemi psicologici indefiniti.  I genitori sono i clienti e gli alunni sono gli utenti. Mi chiedo perché non si ribellino a questa ingiustizia alla quale spero che il prossimo ministro della Pubblica Istruzione metta riparo ampliando il dibattito anche in chiave europea  guardando un po’ come fanno gli altri.

Alfio Centin e Cinzia Mion