Chiudiamola qui!

Chiudiamola qui!

di Maurizio Tiriticco

Caro Raffaele! E caro Dario e caro Augusto, che ospitate sempre puntualmente i miei scritti! Mi sono stancato di essere costantemente offeso dal Signor Iosa che insiste nel darmi del Lei e non capisco perché!

Finiamola qui! Forse non riesco ad esprimermi! Non credo di essere un kapò, solo se dico pane al pane e vino al vino. Il mio rispetto per l’essere umano e per ogni vivente è altissimo. E’ una scelta di vita e una scelta civile e politica, da quando, subito dopo la guerra, mi iscrissi al PC!

Odio le semplificazioni terminologiche.

Nella legge 517/77 scrivemmo puntualmente “hancicappati”! E, di fatto, per certi versi anticipammo la legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104 che riguarda testualmente “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. Se la parola “handicappato” non è più di moda perché “è offensivo” e “riduttivo”, io non c’entro nulla e, purtroppo, temo tanto che la nostra attenzione verso ogni diversità (penso anche ai tanti bambini stranieri che sempre più si iscriveranno nella scuola dell’obbligo… anzi, una ministra con parole meno “mirate” e “certe” ha adottato il termine di diritto/dovere all’istruzione!!! Perché il termine “obbligo” non è “bello”!) verrà sempre meno in forza di scelte politiche ed economiche irresponsabili!

So – e lo sa anche il signor Iosa – che i BES sono sempre esistiti, anche se non li chiamavamo così! In effetti, tutta la normativa relativa alla “programmazione educativa e didattica” (vedi i “nuovi” programmi della scuola media del 1979 e della scuola elementare del 1985) insiste sulla necessità di avviare processi di insegnamento/apprendimento che tengano conto in primo luogo delle “esigenze del contesto socio-culturale e delle situazioni di partenza degli alunni”. Di qui la problematica della individualizzazione e/o della personalizzazione (sono concetti che danno luogo a diverse interpretazioni e soluzioni didattiche, ma che, comunque, pongono al centro l’alunno con tutti i suoi concreti bisogni educativi). Vorrei anche capire perché solo ora ci accorgiamo che ogni alunno ha i suoi “speciali” bisogni educativi. Quando sappiamo – proprio in forza della normativa pregressa sopra indicata – che ogni alunno è speciale. E non vorrei tirare in ballo anche Don Milani che nel lontano 1967 insegnò a professoresse – e a professori come me – come si deve insegnare in una scuola in cui i Gianni sono più numerosi dei Pierini.

E concludo! Ritengo che la scelta di fare di ogni insegnante anche un insegnante di sostegno – almeno così ho letto da fonte autorevole e, se sbaglio, mi si corregga – significhi di fatto la LIQUIDAZIONE di quella scelta umana e civile che, non senza difficoltà, abbiamo adottato fin dagli ormai lontani anni Settanta! Ci si dica chiaramente e senza giri di parole che non ci sono soldi – o che non si vogliono trovare – e che si vogliono liquidare figura ruolo e funzione dell’insegnate di sostegno! E le ricadute saranno gravissime! Non sono gravi le mie parole!!!