I NEMICI DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA CI RIPROVANO

I NEMICI DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA CI RIPROVANO. E ALLA GRANDE!

 

Abituati, con spirito laico, ad argomentare e documentare le nostre analisi, peraltro non sempre di lieve lettura, per il dovuto rispetto di persone – come dire? – mediamente acculturate, che non meritano di essere ammannite con stantii slogan e datate parole d’ordine, non ci siamo risparmiati i rilievi critici sulla Strepitosa rivoluzione contenuta nell’ultima(?) versione del disegno di legge sulla Buona Scuola. Che si propone l’attuazione dell’autonomia scolastica a quasi vent’anni dalla propria nascita nell’ordinamento giuridico, parzialmente ricopiando – con un futuribile ipercongestionato disegno di legge delega e secondo la collauda tecnica delle scatole cinesi – norme già tutte scritte e fin’ora rimaste quiescenti.

Soprattutto – il nostro sito è lì a testimoniarlo – non meno severi, o semplicemente onesti, siamo stati nella valutazione della reale consistenza dell’ ancor più strepitoso dirigente scolastico, che la predetta autonomia dovrebbe realizzarla.

Tanto premesso, non vi è dubbio che va per intanto registrata – ed apprezzata – la dirimente chiarezza recata, sul punto, da (al momento ancora una bozza di) un testo normativo i cui principi – esplicitati de plano e/o condotti a sistema tramite un’analisi ermeneutica propria della scienza giuridica – spazzano via il coriaceo preside dalla straripante vitalità, a tutt’oggi e sempre oscillante tra gli opposti poli di terminale gerarchico di un’Amministrazione burocratica e invasiva, esecutore di disposizioni da far eseguire, ovvero leader educativo carismatico, semplice coordinatore della didattica quale primus inter pares in una conviviale comunità scolastica autoconsistente, e autoreferenziale, fondata sulla libertà dell’arte e della scienza e sul loro libero insegnamento, sciolta da qualsivoglia vincolo che non sia quello che sovranamente si determini di autoimporsi. Dunque, perché no?, elettivo: dato che, in siffatta deamicisiana visione, è puramente priva di senso ogni domanda se basti un’elezione in seno a un collegio dei docenti per attribuire competenze gestionali, organizzative, amministrative, oltre che didattiche e pedagogiche.

Il disegno di legge è inequivoco: Il dirigente scolastico, per assicurare l’autonomia funzionale dell’istituzione cui è necessariamente preposto in posizione apicale, è colui che, a tal fine, deve svolgere compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento, con responsabilità delle scelte didattiche, formative e della valutazione delle risorse umane e del merito dei docenti.

Certamente, la sua obbligata posizione di garanzia nel perseguimento della mission istituzionale va sapientemente bilanciata con la protezione dei soggetti operanti nella duplice veste di professionisti, dotati di larga discrezionalità (o di autonomia, se più piace) tecnica nel doveroso espletamento di una funzione pubblica e presidiata da principi costituzionali, e di lavoratori attributari dei comuni diritti – e incisi dei correlati doveri – della generale disciplina civilistica. Ma non si può più consentire di barare a coloro che, nella manifestazione unitaria che hanno appena celebrato in Roma, hanno replicato il consueto e consunto armamentario ideologico per depotenziare la nuova – più che rafforzata, esplicitata – figura dirigenziale, come contraltare del mantenimento di quel fitto sistema di tutela impiegatizia di personale fungibile, potendo allegare un’ulteriore legittimazione – e quindi di poter parlare anche suo nome – della ritenuta controparte, sino a ieri datoriale, oggi padronale, che ha loro regalato, complessivamente considerati, la rappresentatività assoluta nella quinta area della dirigenza scolastica.

E difatti, CGIL-CISL-UIL-SNALS E GILDA, strettamente a braccetto, diranno che:

  • La scuola non è un’azienda e la libertà d’insegnamento non può essere messa a mercato e sottoposta a premialità;
  • La progettazione dell’attività educativa delle scuole autonome va incardinata nel collegio dei docenti;
  • È inaccettabile affidare al dirigente scolastico la chiamata diretta dei docenti e l’attribuzione del salario accessorio legato alla premialità;
  • Tutto ciò che riguarda salario, orario, mobilità, estensivamente diritti e doveri del personale è materia contrattuale;
  • Riassuntivamente – giusto perché non vi siano equivoci di sorta – , per evitare danni irreparabili al nostro sistema d’istruzione l’intero disegno va rigettato.

Ovviamente, depotenziata la dirigenza scolastica, viene meno l’indispensabile corollario che ne imporrebbe la collocazione nel ruolo unico della dirigenza statale, al di fuori del quale – è forse la ventesima volta che lo evidenziamo – non vi è dirigenza, per espressa previsione de lege ferenda.

E vi è di più. Perché la CGIL ha deciso di rompere il presunto equilibrio secondo il quale un 50% della categoria sarebbe a favore di una, pur temuta, dirigenza vera e l’altro 50% – dunque un po’ meno di quanto rappresentato dalle sigle sindacali generaliste – di una, ma rassicurante, dirigenza farlocca. Ma proprio non siamo riusciti a sapere da quale fonte abbia potuto attingere o da quale fonte abbia potuto dedurre che d’ora in poi il dirigente dell’USR sceglierà a sua discrezione super professori con incarico triennale per dirigere le scuole. E così i presidi-sceriffi sono bell’e serviti: anche per loro vi sarà la scelta diretta del potere politico-amministrativo. Conviene dunque – è questo il messaggio – rimanere in un’apposita autonoma, separata area, come che essa possa essere rinumerata e ridenominata: Un Eden per contemplarvi, ancora e per sempre, un’ immortale specificità o un retrobottega in cui continuare a farvi stazionare lo scarto di tutta la dirigenza pubblica?

Ci riesce, questa volta, veramente difficile non condividere un passaggio di un’ultima intervista al nostro pirotecnico Presidente del Consiglio: che la deriva autoritaria della riforma è il nome che taluni commentatori e professori un po’ stanchi danno alla loro pigrizia. O, aggiungiamo, che restano arroccati, prosaicamente, a difesa delle comode, risalenti e parassitarie rendite di posizione.

Altrimenti (ri)detto, siamo di fronte a dei muli o a delle volpi?

Ai dirigenti scolastici la risposta.