METASTASI BUROCRATICA E MENTALITÀ NOTARILE

METASTASI BUROCRATICA E MENTALITÀ NOTARILE
 
Che la scuola italiana sia infestata da una invadente burocrazia è cosa che si ripete e si sente spesso, troppo spesso per essere un mero luogo comune. Sembra però opportuno passare dal fastidio personale, dall’idiosincrasia soggettiva che può anche sembrare frutto di snobismo intellettuale, a una riflessione più compiuta sull’ argomento, alla ricerca di elementi più corposi e oggettivi per affrontare, se non dirimere, la questione.
 
In genere l’ostilità verso questo genere di adempimenti viene motivata col fatto che  “toglie tempo” ad altre più pertinenti e gratificanti operazioni. Ma il punto non sembra essere questo, o almeno soltanto questo.
 
La burocrazia con la sua mole di moduli cartacei ed elettronici è in verità l’antitesi della cultura e della relazione umana, che sono i due cardini sui quali ruota la professione dell’insegnante. Ognuno di noi può verificare questa verità riflettendo prima di tutto su quali fossero, in tempi più o meno lontani, le motivazioni per le quali scelse ciò che poi è diventato. Esclusa ovviamente la sacra auri fames, rimangono per l’appunto una disposizione intima al sapere (in questa o quell’altra disciplina secondo inclinazione) e il desiderio di concorrere alla crescita culturale e umana dei propri simili, che nel momento del reciproco incontro abbisognano di competenti e credibili punti di riferimento.
Nessuno, che si sappia, ha mai desiderato diventare insegnante per il piacere di compilare materialmente il registro, annotando con assiduità e precisione assenze argomenti voti. Se un collega ci confessasse di aver covato questo segreto piacere, lo considereremmo un pervertito, nel senso etimologico di “deviato, allontanato” da ciò che è comunemente percepito come giusto. Perversione della specie feticismo, avente cioè come oggetto qualcosa che di norma si considera al di fuori del campo degli umani piaceri.
 
Proseguendo nel ragionamento, e nella speranza di toccare finalmente il cuore della questione, proponiamo questa osservazione: la burocrazia scolastica come la si concepisce oggi genera una realtà fittizia (si perdoni l’apparente contraddizione) la quale produce una conseguente forma mentis.
La realtà burocratica è una realtà in cui i diversi termini devono meccanicamente corrispondersi l’uno con l’altro, nel mentre, al di là dell’immoto quadrante del modulo, palpitano sogni, speranze, vita.
Basti pensare alle certificazioni di qualità applicate agli istituti scolastici: nulla dicono davvero di quanto sarebbe utile per capire se una scuola funziona, ossia se gli insegnanti svolgono il loro lavoro con competenza e passione, se gli studenti si impegnano ad apprendere,  se il dirigente si comporta con prudente saggezza e assicura ai membri della comunità l’unicuique suum. Niente del genere: non basta la sfilza di storte sillabe e numeri indecifrabili esposta sui siti scolastici, per quanto essa possieda quel qualcosa di scientistico e insieme di arcano che può colpire e indurre l’ingenuo genitore a iscrivere il figlio. “Épater le bourgeois”, diceva Baudelaire.
 
Schematismo meccanicismo autoreferenzialità: queste le caratteristiche delle incombenze burocratiche in uso. Non per nulla non figura più, nel novero degli attuali incombenti, la “relazione finale” sull’andamento classe. E il motivo è semplice: essa cercava  di dare conto di una realtà, e per giunta di una realtà in movimento, ossia di narrare la storia di un piccolo gruppo umano durante un anno di scuola, con le sue inerzie, i suoi progressi, i limiti intrinseci che aveva superato, le lacune colmate e non colmate, le stesse relazioni fra i suoi giovani membri che in positivo o in negativo condizionavano il profitto.  Ora, tutto questo contraddice la catafratta schematicità del Modulo (la maiuscola non è casuale) che non può ammettere se non dati oggettivi che si confermano a vicenda.
Per lo stesso motivo sono spariti i giudizi individuali che le Commissioni d’Esame elaboravano per ciascun candidato, e che talora erano dei piccoli saggi di analisi e perfino di introspezione: il protocollo neopositivista di matrice anglosassone sotteso alla nostra modulistica non li ammette più.
 
Accade talora, è vero, che l’incomprimibile vita si ribella all’inerzia e alla stasi. Si tratta di ribellioni di straforo, per così dire, ma che pure regalano qualche consolazione. Ad esempio noi insegnanti sappiamo tutti a cosa servano le infestanti “griglie di valutazione” che accompagnano la correzione delle prove più importanti: a niente. Tanto è vero che ogni insegnante che vuole fare buon uso del suo intelletto (quasi tutti) si comporta come segue: formula mentalmente una valutazione globale, tenendo conto dei diversi elementi e aspetti della prova, e successivamente suddivide il voto in tanti dati numerici quante sono le voci della griglia. Dalla vita, insomma, alla morte.
 
Ma sono, dicevamo, ribellioni di straforo, espedienti di sopravvivenza.
La verità è, come dicevamo, che la burocrazia produce una forma mentis burocratica, tanto più ove si consideri il costante travaso di incombenze di tale genere dagli uffici delle segreterie ai docenti, segnatamente ai coordinatori di classe. Ed è una forma mentis che ci deresponsabilizza, perché ci fa concentrare su aspetti puramente formali, su conti che devono tornare. Lo studente – l’essere umano – ne resta fuori.
Non è il modulo, dunque, che si adatta alla vita, ma la vita (scolastica) che oggi si adatta al modulo, diremmo parafrasando Marx, il quale non poteva immaginare che la forma più raffinata di alienazione non è quella da lui indagata nelle pagine del Capitale, ma quella che sarebbe toccata a noi docenti della funestissima scuola-azienda che tutti i governi degli ultimi venti anni hanno contribuito a edificare.
 
Il Presidente  Angelo Ruggiero
Il responsabile della Comunicazione Alfonso Indelicato
 

Sostegno, riparte la “caccia” ai 40mila docenti

Redattore Sociale del 08-07-2018

Sostegno, riparte la “caccia” ai 40mila docenti. Anief: “Basta rattoppi”

L’appello del presidente nazionale dell’associazione nazionale insegnanti e formatori, Marcello Pacifico, al ministro dell’Istruzione: “Spetta a questo governo prendersi in carico il problema: bisogna assolutamente aumentare le immissioni in ruolo”.

ROMA. Mentre un altro anno scolastico si sta chiudendo con gli ultimi esami di stato, torna all’orizzonte, come ogni anno, il tema della mancanza di docenti di sostegno che costringe gli uffici decentrati del Miur a sottoscrivere circa 40mila contratti annuali. “Si tratta dei cosiddetti posti ‘in deroga’ – spiega una nota dell’Anief, l’associazione nazionale insegnanti e formatori -, con termine del servizio collocato al 30 giugno dell’anno successivo, benché siano cattedre vacante e disponibili. Una vergogna, legalizzata cinque anni fa con la Legge Carrozza 128/13. Prima della loro sottoscrizione, però, gli uffici scolastici provvedono a coprire una parte dei posti liberi assegnandoli al personale già di ruolo”.

Per l’Anief, però, “è ora di finirla con i rattoppi. L’unico modo per sciogliere il nodo del sostegno nella scuola pubblica italiana rimane quello di introdurre del personale competente su tutti i posti vacanti e disponibili”. A rivolgersi al ministro dell’Istruzione Bussetti, è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. “Essendo tutti quei posti privi di titolare, il ministro Bussetti è bene che si adoperi per superare quanto previsto dalla legge 128/13 che blocca gli organici a quelli complessivamente attivati dieci anni prima, quando il numero di alunni con disabilità certificata era quasi la metà di quella attuale, visto che siamo arrivati ad oltre 250mila iscritti. Considerando che il decreto legislativo 66/2017, in vigore dal prossimo 1° gennaio, non ha minimamente affrontato questo problema, tentando invece di introdurre elementi di medicalizzazione della disciplina di cui nessuno sentiva il bisogno, spetta a questo governo prendersi in carico il problema: bisogna assolutamente aumentare le immissioni in ruolo, procedendo con l’abrogazione dei posti in deroga e con l’assunzione immediata su almeno 40 mila posti vacanti e disponibili”. In caso di inadempienze sul corretto monte ore di sostegno da attribuire agli alunni con disabilità anche per il prossimo anno scolastico, infine Anief ricorda a famiglie, docenti e dirigenti scolastici che sono invitati a segnalare ogni mancata tutela dei diritti degli stessi alunni all’indirizzo sostegno@anief.net

Inclusione allo studio

Redattore Sociale del 08-07-2018

Inclusione allo studio: la Lombardia apre un tavolo con il governo sui disabili sensoriali

MILANO. “La scuola ha un ruolo fondamentale per promuovere la dignità delle persone con disabilità”. Lo dice l’assessore regionale lombardo alle Politiche sociali, abitative e disabilità Stefano Bolognini, nel suo intervento d’apertura al convegno “Studenti con disabilità e Dsa nelle lauree e nei percorsi abilitanti: criticità e prospettive”. Il dibattito, in programma per tutta la giornata all’Auditorium Testori di Palazzo Lombardia, punta a mettere in evidenza i vari aspetti della tematica legata al diritto allo studio, all’interno del quadro europeo e internazionale.

“Per sue competenze la Regione promuove direttamente l’inclusione negli studi di primo e secondo grado per gli studenti con disabilità, ivi compresi i disabili sensoriali”, continua Bolognini, annunciando l’avvio di “un’interlocuzione con il ministero competente per affrontare queste tematiche”. L’assessore sottolinea che la Lombardia “è impegnata a promuovere, garantire e proteggere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali alle persone che hanno disabilità di qualunque tipo, non solo per quello che riguarda il ciclo di studi ma, più in generale, per tutte le esperienze che devono affrontare nella vita, permettendone un pieno inserimento nel mondo del lavoro”. (DIRE)

Scuole belle e sicure, il governo cancella la task force di Renzi: sono 5 i miliardi ancora non spesi

da la Repubblica

Scuole belle e sicure, il governo cancella la task force di Renzi: sono 5 i miliardi ancora non spesi

Italiasicura/Scuole era la “Struttura di missione per la riqualificazione dell’edilizia scolastica”, confermata da Gentiloni, per la quale erano stati stanziati 10 miliardi. L’ex premier: “Un un errore azzerare le competenze per riportarle ai ministeri”

Salvo Intravaia

Il governo Conte smantella Italiasicura/Scuole, la “Struttura di missione per la riqualificazione dell’edilizia scolastica” messa in piedi dal governo Renzi. Quella che dal 2014 ha consentito, con tutti i pregi e i difetti di una macchina complessa e farraginosa, di stanziare ben 10 miliardi di euro (più di quanto non sia stato fatto nei vent’anni precedenti) per la costruzione di nuove scuole, per la messa in sicurezza dei tantissimi plessi vecchi e non adeguati alle norme, per il controllo dei solai pericolanti e per l’adeguamento alle norme per la salvaguardia dell’ambiente rendendo gli edifici scolastici italiani un po’ più “verdi”. Quella, avviata quattro anni fa e tenuta in vita dal governo Gentiloni. Quella che in meno di un quinquennio ha permesso oltre 2mila interventi in 15 regioni. Ma che adesso il governo Giallo-Verde ha deciso di mettere in soffitta, ridistribuendo probabilmente le competenze tra i soggetti che se ne occupavano prima della creazione di un osservatorio dedicato.

La notizia è sullo stesso sito dedicato agli interventi sull’edilizia scolastica. “Come già anticipato sui nostri canali social – si legge – il lavoro di ItaliaSicura/Scuole finisce qui: il governo in carica non ha rinnovato il mandato della Struttura di missione per la riqualificazione dell’edilizia scolastica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”. E la domanda sul futuro di tutti i finanziamenti ancora non spesi è d’obbligo: che fine faranno i 5 miliardi di euro stanziati ma ancora non spesi? E, soprattutto, come intenderà governare gli interventi sui 42mila plessi scolastici sparsi in ogni angolo del Paese il nuovo esecutivo? Perché il ruolo principale della Struttura vicinissima alla Presidenza del consiglio era proprio quella di coordinare gli interventi e i finanziamenti sugli edifici scolastici italiani. Evitando, come avveniva in passato, che della materia se ne occupassero diversi ministeri e che la mano destra non sapesse cosa faceva quella sinistra.

E’ il pensiero di Matteo Renzi che con un post ha ricordato la creazione delle ‘sue’ Strutture di missione, una per l’edilizia scolastica, l’altra per il dissesto idrogeologico. “Unità di missione – dice – che hanno segnato una svolta”, cancellate “con un blitz notturno dal governo Conte-Salvini”. “Avevano una loro autonomia, una loro specifica attenzione. Quella fatta è una scelta del tutto legittima, anche se personalmente mi sembra un errore: azzerare le competenze per riportarle ai ministeri mi sembra un azzardo. Mi auguro che anche senza strutture dedicate il nuovo governo possa fare meglio di quanto abbiamo fatto noi, perché noi facciamo il tifo per l’Italia”.

In questi anni, spiegano dall’ufficio in questione, “sono stati avviati e monitorati oltre 12mila cantieri, sono stati edificati oltre 300 nuovi edifici scolastici in tutta Italia e le task force edilizia scolastica hanno monitorato sul campo oltre 2.100 interventi in 15 regioni. ItaliaSicura/Scuole ha inoltre compiuto un’azione quotidiana di supporto e guida per le amministrazioni locali che hanno sempre trovato nell’ufficio un punto di riferimento”. Inoltre, con l’operazione #Sbloccascuole, avviata da #Italiasicura nel 2014 e replicata fino al 2018, è stato possibile allentare “i vincoli di bilancio degli Enti locali per 1.196 milioni di euro che hanno finanziato oltre 1.000 interventi di edilizia scolastica”.

Tutte le indagini sul patrimonio edilizio che accoglie ogni giorno quasi 8 milioni di alunni e un milione e 200mila tra docenti, dirigenti e personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) dicono che, nonostante lo sforzo prodotto dai governi precedenti, la strada da percorrere per mettere in sicurezza tutte le scuole italiane è ancora lunga. A testimoniarlo gli incidenti (crolli di soffitti e distacchi di intonaci) che continuano a minacciare la salute di bambini, studenti e insegnanti. Oltre metà degli edifici scolastici del Belpaese (il 55 per cento) sono stati costruiti prima del 1975.

Il Miur sull’argomento precisa: “Dal Ministero assicurano che la cancellazione della struttura di Missione “non comporterà alcun arretramento sul tema dell’edilizia scolastica, che resta una priorità sulla quale ci saranno presto comunicazioni specifiche. Il Ministero porterà avanti il lavoro sull’edilizia e lo farà anche attraverso l’Osservatorio dedicato che riunisce i Ministeri  competenti e tutti gli attori coinvolti. Inoltre presso il Ministero esiste una apposita direzione competente che continuerà ad occuparsi del tema anche rafforzando la propria azione”.

ANP ai ministri: la messa in sicurezza degli edifici scolastici sono un problema di estrema gravità

da Orizzontescuola

ANP ai ministri: la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la qualità delle strutture edilizie sono un problema di estrema gravità

di redazione

Comunicato ANP – Egregi signori Ministri, l’ANP, associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola, costituita nel 1987, è l’organizzazione sindacale maggioritaria dei dirigenti delle istituzioni scolastiche.

Facendo seguito alla precedente nota, inviata l’11 maggio u.s. al Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca e al Ministro dell’interno, riteniamo opportuno richiamare la Vostra attenzione, sul problema della sicurezza nei luoghi di lavoro e, in particolare, sulla sicurezza nelle scuole.

L’ANP sottolinea che il problema della sicurezza nelle scuole è di estrema gravità. Riguarda circa otto milioni di studenti, per lo più minori, circa un milione di lavoratori e non può essere risolto riferendosi a controlli su presunte inadempienze organizzative dei dirigenti scolastici.

Le soluzioni delle problematiche relative alla messa in sicurezza degli edifici scolastici e alla qualità delle strutture edilizie, non sono più rinviabili: una media di 44 crolli all’anno, una scuola su quattro con manutenzione inadeguata e solo il 3% in ottimo stato di manutenzione.

Non dobbiamo attende una tragedia per renderci conto dell’urgenza della questione. Il 23% delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato. La media nazionale di investimento in manutenzione straordinaria annua per singolo edificio degli ultimi 5 anni è di 20.535 euro. Oltre il 41% delle scuole si trova in zona sismica 1 e 2 e solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica. La metà delle scuole non ha mai ricevuto dall’ente proprietario il certificato di idoneità statica, di collaudo statico, di agibilità e di prevenzione incendi. Gli impianti elettrici sono completamente a norma in meno di un’aula su quattro e

soltanto nel 15% delle palestre e nel 9% delle mense. Nel 18% delle scuole a più piani, non sono presenti scale di sicurezza, né vi sono uscite di sicurezza sui corridoi.

È di tutta evidenza che se non si interviene in modo deciso sugli Enti Locali cui destinare risorse economiche adeguate per gli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici, a nulla serviranno controlli e sanzioni.

La vicenda dell’adeguamento degli edifici scolastici alla normativa antincendio è emblematica: decorso inutilmente il termine per la messa a norma (31 dicembre 2017) quasi nulla è cambiato. Peraltro, il 18 aprile 2018, il Ministero dell’interno ha diramato una nota che sembra indirizzare l’attività di controllo a carico dei dirigenti scolastici con la pretesa che siano solo questi ultimi a dover risolvere le diffuse e vistose carenze edilizie con misure di carattere meramente organizzativo, non considerando che la proprietà degli immobili è degli Enti locali.

Altre dovrebbero essere le strade: sarebbe molto agevole avviare un percorso legislativo che permetta un adeguamento con scadenze progressive alle norme di sicurezza antincendio nelle attività scolastiche. La progressività consentirebbe di avviare un percorso con garanzie di fattibilità, con scadenze controllabili e verificabili dai cittadini.

L’ANP, inoltre, non comprende le ragioni dell’inaspettata chiusura della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per la messa in sicurezza e la riqualificazione degli edifici scolastici che da quattro anni svolgeva un ruolo di supporto e di accompagnamento per l’utilizzo dei fondi dedicati alla sicurezza delle scuole.

Onorevoli Ministri, l’ANP chiede ai decisori politici di porre la massima attenzione sulla questione della sicurezza degli edifici scolastici che accolgono quotidianamente per molte ore milioni di cittadini (studenti e lavoratori), al fine di colmare il divario esistente tra la qualità delle strutture scolastiche e le prescrizioni di legge.

Restiamo a disposizione per qualunque approfondimento.

Il Presidente nazionale Antonello Giannelli

Sostegno, Bussetti “aumentare il personale specializzato”

da Orizzontescuola

Sostegno, Bussetti “aumentare il personale specializzato”

di redazione

La via è stata tracciata, ma i primi passi compiuti vanno in direzione opposta. Dopo l’ìntesa con i sindacati, che di fatto porterà alcuni insegnanti di ruolo ad essere utilizzati per un anno sul posto di sostegno anche senza titolo, si riaccende la polemica.

Assegnazione provvisoria su sostegno senza titolo

L’intesa sulle assegnazioni provvisoire prevede che gli insegnanti di ruolo possano richiedere anche posto di sostegno pur non essendo in possesso del titolo purché stiano per completare il corso di sostegno oppure abbiano prestato servizio su sostegno almeno per un anno, anche a tempo determinato.

L’assegnazione avverrà previo accantonamenti dei posti per i docenti specializzati, compresi i docenti precari delle graduatorie ad esaurimento e graduatorie di istituto, elenchi aggiuntivi compresi.

Dunque a venir meno non è il numero di insegnanti con titolo che il prossimo anno potranno dedicarsi agli alunni con disabilità, ma la seppur flebile continuità didattica che si cerca di assicurare alle famiglie. Le cattedre dei docenti di ruolo infatti vengono assegnate prima rispetto a quelle dei precari e dunque si potrà avere un rimescolamento dei posti. Non è certo assicurato che il docente precario riesca a riprendere l’anno successivo lo stesso posto, ma in questo modo il quadro si complica ancora di più.

Pochi gli insegnanti di sostegno

La verità è che il personale specializzato su sostegno è sempre insufficiente, a causa del mantenimento dei posti di sostegno ancora al 30 giugno nonostante le deroghe ci siano ormai ogni anno nel numero di decine di migliaia. Colpa dei trasferimenti da sostegno alla materia, ebbe a dire la Fedeli. Pochi gli insegnanti di sostegno. Fedeli: appena hanno la possibilità passano al posto comune, ma specializzandi del III ciclo andranno subito in ruolo, ci sono 10.011 posti

Abbiamo richiamato la risposta della Fedeli per sottolineare come, pur consapevoli della problematica (era il dicembre 2017), nulla sia stato fatto in proposito.

Anche il Ministro Bussetti condivide la necessità di un numero più elevato di insegnanti specializzati. In occasione della presentazione dell’Osservatorio per l’inclusione ha dichiarato “L’inclusione scolastica è una priorità. La via maestra per garantirla è aumentare il personale specializzato. Dobbiamo lavorare in questa direzione”

Ricordiamo che le indicazioni del decreto legislativo 66/2017 entrano in vigore con il 1° gennaio 2019, e dunque è necessario trovare al più presto le risposte che molti alunni e le loro famiglie attendono da tempo.

ITP in II fascia graduatorie di istituto, secondo no del Consiglio di Stato

da Orizzontescuola

ITP in II fascia graduatorie di istituto, secondo no del Consiglio di Stato

di redazione

A distanza di pochi giorni, arriva una nuova ordinanza del Consiglio di Stato in risposta alla richiesta dei docenti in possesso di diploma ITP di essere inseriti nella II fascia delle graduatorie di istituto.

L’ordinanza è la n. N. 03087/2018 pubblicata il 6 luglio 2018, in cui il Consiglio di Stato discute la riforma dell’ordinanza cautelare del T.a.r. Lazio – Roma – Sez. III-bis n. 535 del 2018.

Nell’ordinanza si legge “Rilevato che: – questa Sezione, seppure in fase cautelare, ha già escluso che l’appartenenza alla categoria di docenti “ITP” sia titolo equipollente all’abilitazione all’insegnamento, ai fini dell’inserimento nella II fascia del personale docente delle graduatorie di circolo e di istituto (cfr. ex multis Sez. VI, ordinanza 6 aprile 2018 n. 1587);

P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), respinge l’appello cautelare. Spese compensate”.

Si tratta ancora di decisioni non definitive. Una risposta più chiara arriverà quando si conoscerà l’esito del ricorso discusso il 5 luglio scorso.

Graduatorie istituto, itp fuori da seconda fascia. Ordinanza del Consiglio di Stato

ATA terza fascia, problemi graduatorie assistenti tecnici

da Orizzontescuola

ATA terza fascia, problemi graduatorie assistenti tecnici

di redazione

Numerosi candidati ci segnalano che, in alcune delle province in cui le graduatorie ATA di III fascia sono già state pubblicate, mancano quelle relative alle aree degli assistenti tecnici.

Miur sollecita Uffici Scolastici a pubblicazione graduatorie

Il Miur ha inviato agli Uffici Scolastici una nota con la quale ha sollecitato la pubblicazione delle graduatorie provvisorie. La tempistica indicata nella nota del 17 maggio non è stata rispettata, per cui potranno esserci dei ritardi anche nelle definitive.

Provincia per provincia, ecco le graduatorie provvisorie ATA III fascia valide per il triennio 2018/21.

Graduatorie assistenti tecnici

Anche laddove le graduatorie sono state pubblicate, non mancano problemi. In alcune province infatti è stata riscontrata la mancata elaborazione telematica di alcune graduatorie di Assistenti Tecnici.

In quel caso i giorni utili per il reclamo devono partire dalla data di pubblicazione delle graduatorie relative

Mancata visualizzazione su Istanze on line

Ricordiamo che in questi giorni si registra un malfunzionamento del sistema di Istanze online per cui non bisogna fare affidamento solo a quest’ultimo per il controllo delle graduatorie, ma è consigliabile monitorare i siti delle scuole scelte.

Docenti italiani lavorano più dei colleghi europei, ma stipendi più bassi. I dati

da Orizzontescuola

Docenti italiani lavorano più dei colleghi europei, ma stipendi più bassi. I dati

di redazione

Eulalia Grillo, Comitato “ P.P.Pasolini”, Possibile Bologna – Uno dei temi più “caldi” dell’estate, in ambito scolastico è la richiesta di equiparazione degli stipendi degli insegnanti italiani a quelli dei colleghi europei.

Scorrendo le tabelle in allegato, infatti, appare evidente che alcuni dei luoghi comuni più spesso riportati da coloro che intendono giustificare una razionalizzazione continua della spesa sul capitolo Scuola e Istruzione sono facilmente confutabili.

Da una rapida occhiata ai grafici elaborati dalla Uil Scuola su dati Eurydice, si evince facilmente che l’orario di lavoro dei docenti italiani non è, come si racconta, nettamente inferiore a quello dei colleghi europei: le ore di lezione in Italia sono superiori alla media europea sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3) e uguali nella secondaria inferiore (18 contro 18,1).

Altro aspetto, spesso fonte di paragone inappropriato con i colleghi dell’Unione, è quello che concerne il monte ore degli alunni per anno scolastico, che in Italia è nettamente superiore a quello degli altri Paesi Europei grazie ad alcune specificità del nostro sistema scolastico, quali, ad esempio, il tempo pieno alla scuola primaria e i rientri pomeridiani come opzione oraria nella scuola secondaria di I grado. Queste specificità, dalle quali non si può prescindere per una equiparazione seria con gli altri Paesi, incidono anche sul rapporto tra alunni e insegnanti, necessariamente più alto in Italia, visto che i nostri studenti trascorrono più tempo a scuola dei compagni europei.
Di seguito la tabella con la comparazione degli stipendi dei docenti italiani con quelli degli insegnanti degli altri Paesi Europei; si evidenzia la differenza tra la retribuzione di base e quella a fine carriera, suddivisa per ordine di scuola.

Il dato del nostro Paese ci mostra come le retribuzioni iniziali dei nostri docenti assicurino un tenore di vita al di sotto di quello medio italiano.

Se saltano i pensionamenti addio ad assunzioni e mobilità: i pasticci fra scuole e INPS

da La Tecnica della Scuola

Se saltano i pensionamenti addio ad assunzioni e mobilità: i pasticci fra scuole e INPS

Quando non ci sono idee, vince l’inerzia

Quando non ci sono idee, vince l’inerzia

di Gabriele Boselli

Dalle conferme sulla valutazione di sistema e dalle tracce dei temi per l’esame di Stato, per ora continua il ventennale vuoto di idee; come per la “buona scuola” renziana, non ci sarà una “riscrittura” teleologica ma un semplice “tagliando”, come si fa con un’auto che sostanzialmente ci piace e che vogliamo solo conservare.

Stasi

Di solito l’identità del giorno s’intuisce sin dal primo mattino, anche se è vero che le turbolenze indotte dalle mutazioni climatiche spesso fanno sbagliare. Ciò riconosciuto, abbiamo per ora le non-dichiarazioni di Conte in materia scolastica nel discorso programmatico e un primo flatus vocis del nuovo ministro dell’Istruzione dalla sede molto significativa scelta per la sua prima importante uscita pubblica (la Banca d’Italia). Dai primi non-atti di un ministro forse divenuto tale –come il suo premier- proprio per la mancanza di personale peso politico (1), traspare una sostanziale continuità con la subcultura MIUR degli ultimi vent’anni. Non che prima ci fossero forti motivazioni ideali, ma il nulla sembrerebbe continuare.

Primi segni di immobilità: le sovrabbondanti tracce (più che tracce, quasi temi svolti) per l’esame di Stato licenziate dal nuovo ministro: nell’insieme costituiscono un manifesto assai coerente dell’assiologia e della vuota politica scolastica che ha colpito la scuola ormai da troppo tempo. Sono tutti brani marcati “amici della Fedeli” su cui il successore non ha voluto effettuare alcun intervento, come sarebbe stato possibile almeno per la prima prova.

Anche sul tema della valutazione di sistema è pubblicamente confermato pure il predominio della solita tardopositivistica filosofia INVALSI: oggettivismo appena un po’ mascherato, test che valorizzano il pensiero convergente a scapito di quello divergente, non considerazione delle capacità critiche. Chi pensa che dopo trent’anni potesse verificarsi anche qualche pur timido segnale di cambiamento per adesso ha poco da aspettarsi poiché, parafrasando Gorgia, un pensiero non c’è, se vi fosse non sarebbe conoscibile e se fosse conoscibile non verrebbe comunicato. Ignorando la lezione della metodologia fenomenologica ed ermeneutica, si continuerà a operare con i test. Si rifilerà di nuovo la storia delle disparità territoriali e intercolastiche; i giornali continueranno con le classifiche; quel che è peggio, le capacità superiori dell’intelligenza –quelle critiche e creative- se si persiste con la metodologia attuale continueranno a non essere prese in considerazione e dunque scoraggiate.

Applausi pertanto in coro dalle vecchie consorterie del MIUR e da gran parte dei media.

Dopo Scott. Suggestioni villeneuviane per legislature a venire (a.D. 2049)

Come in un film. A differenza di chi ha guidato sinora il Ministero (nessun riferimento dunque ai ministri), molti insegnanti e ispettori e alcuni dirigenti la capacità di pensare e un’idea di scuola eroicamente le hanno coltivate e le coltivano. Tanti di loro consegnano ai giovani doni per orientarsi nella cultura di un domani ( a.D. 2049?) non dominato da una mediocre, strapotente retorica dell’economia e della tecnica ma innervato dall’intera estensione del campo culturale, scienza e tecnica comprese. Tanti nelle scuole padroneggiano sia la carta che l’infosfera, sia la cronaca che la storia; interessati a generare capacità di conoscere, non stanno a perdere troppo tempo nell’innestare nel cervello dei ragazzi competenze utili al domani quanto i vuoti a perdere.

Seguendo l’invito dei docenti, dei dirigenti e degli ispettori più allergici alle circolari romane, i giovani sapranno comunque orientarsi in uno spazio globale in cui, senza più la protezione di frontiere e di normative nazionali, servirà non un pensiero conforme ma un pensare originale e innovativo, non tanto il possesso di competenze ma la capacità di intendere la struttura generativo-trasformazionale del conoscere. La scuola, a prescindere da viale Trastevere, consegnerà le chiavi anche per comprendere gli effetti voluti e quelli collaterali dell’intelligenza artificiale e del post-umano. L’ A.I. è la questione cardinale, nella ricerca, nell’economia, nella politica (penso all’utilizzazione dell’ A.I. nelle elezioni americane) e nella scuola. Alle vecchie e nuove élites del potere scolastico più altolocato la portata reale cosa è ignota e invece occorrerebbe intenderne il valore.

Negli ultimi vent’anni di MIUR colonizzato dai “quartierini” sono stati ignorati i mutamenti più profondi del paesaggio culturale e scientifico. Nei prossimi trent’anni forse i programmi ministeriali prenderanno atto della rivoluzione già in corso nella matematica e nelle scienze del mondo fisico: es. forme-matrici per comprendere le interazioni di campo, fisica sub-atomica esplorata in quegli acceleratori del CERN cui pure collaborano nostri scienziati, informatica a base quantistica….

Permanendo come sembra la cultura dei soliti think tank sopravviventi a qualsiasi cambiamento politico, dopo il celebre tunnel Gelmini cosa dovremo vedere? Qualcosa di analogo se non si prenderà atto come nell’ultimo decennio si sia determinata nei mondi ignoti ai perenni ghost writers del potere un’accelerazione del sapere paragonabile a quella dei primi vent’anni del secolo scorso e come questa  inizi a produrre i primi risultati anche in termini di tecnologie. E’ stupendo quel che sta maturando anche nelle scienze della vita (studi sul genoma e biotecnologie per l’uomo, gli animali e l’agricoltura; ingegneria genetica, nuove tecnologie diagnostico-terapeutiche e nuovi farmaci). Le ipermigrazioni (2), le dinamiche sociali, economiche e scientifiche stanno incrementando la loro potenzialità di positiva o (quanto?) negativa trasformazione del mondo.  Di fronte a fenomeni nuovi per natura massa e vettorialità occorrerebbe un pensiero nuovo per comprenderli e regolarsi di conseguenza senza “protezioni” retoriche. Nelle scuole e in molte università i docenti lo stanno già producendo; MIUR e INVALSI finora accreditano e promuovono il pensiero compilativo e meramente applicativo, quello del sì e del no, del monocromatismo senza colori e senza sfumature, delle forme semplicistiche della semplicità.

La resistenza al cambiamento della cultura, delle scienze e dell’economia solidificatasi nel palazzone romano e attualmente senza segni evidenti di discontinuità nei nuovi padroni si attenuerà? La politica scolastica non-vedente dell’ultimo ventennio verrà archiviata?


(1) come si fece ai suoi tempi con la Gelmini, quando si prese una sconosciuta senza seguito per dirottare tranquillamente altrove le risorse destinate alla scuola

(2) spostamenti caotici di grandi masse di persone da un punto all’altro del globo con nuovi tipi di conflitto sociale e mutazioni del paesaggio antropico, culturale e materiale

I due Paesi del test Invalsi: al Sud il 50% dei ragazzi non conosce bene l’italiano «Così la scuola è iniqua»

da Corriere della sera

I due Paesi del test Invalsi: al Sud il 50% dei ragazzi non conosce bene l’italiano «Così la scuola è iniqua»

Le differenze con i coetanei del Nordest. Calabria maglia nera

Gianna Fregonara

È vero che i test Invalsi non sono dei compiti in classe e che non servono a valutare complessivamente uno studente: ma il paradosso resta, in un Paese dove alle medie si promuove il 97% dei ragazzi. Perché anche quest’anno i risultati del test nazionale disegnano un’Italia in cui uno studente su tre non arriva ad avere in terza media «risultati adeguati» o, per dirla con il direttore dell’Istituto di valutazione Roberto Ricci, «almeno sufficienti» in italiano. Per non parlare della matematica in cui il 59,9% degli studenti è sopra il livello di guardia e dunque due studenti su cinque sono insufficienti. L’allarme riguarda soprattutto il Sud. Perché nel Nord, nel Nord-Est soprattutto (macroregione che comprende anche l’Emilia Romagna) le cose vanno a gonfie vele per gli studenti, tanto che poi alle superiori gli istituti tecnici sfornano diplomati che nel test di valutazione hanno risultati migliori dei coetanei liceali del Sud.

È la Calabria la regione con i risultati peggiori, insieme a Campania, Sicilia e Sardegna: quasi il 50% è al di sotto della sufficienza in italiano e in matematica si arriva addirittura al 56%. «È come se gli studenti di questa regione fossero un anno indietro rispetto ai loro coetanei, due rispetto ad alcune regioni del Nord come il Trentino», spiega ancora Ricci. «Quello che rileviamo è un grave problema di iniquità del sistema — spiega la presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello — dovremmo poter offrire a tutti gli studenti le stesse opportunità ma i dati dimostrano che da scuola a scuola, soprattutto al Sud, ci sono grandissime differenze di rendimento». Secondo Ajello, così come aveva indicato anche una delle ultime ricerche Ocse, bisognerebbe puntare a programmi per incentivare, anche economicamente, i prof con più esperienza ad andare nelle scuole con i risultati peggiori. Ora avviene il contrario. Il ministro Bussetti pensa che«bisognerà prendere provvedimenti con sincerità e realismo», ma per ora preferisce «riflettere sui risultati» e proporre di allargare le rilevazioni dell’Invalsi anche alla geografia.

La novità di quest’anno però è che per la prima volta si è testato il livello di inglese di bambini e ragazzi. Alle elementari, dopo cinque anni di corsi di lingua, raggiunge il livello A1 il 92,4% dei bambini: si tratta della prova di lettura, mentre in quella di ascolto la percentuale dei «promossi» scende al 78,6. Purtroppo alle medie invece l’insegnamento dell’inglese non funziona: due studenti su tre al Sud non riescono a raggiungere il livello A2. I risultati delle prove di lingua segnalano invece un traguardo per gli studenti immigrati: in inglese il loro risultato (ragazzi nati in Italia con almeno un genitore straniero) è migliore di quello degli italiani, mentre in italiano e matematica quest’anno sono stati meno bravi dello scorso anno. «Sarà perché non si è potuto copiare?», si chiedono all’Invalsi, visto che i test sono stati fatti per la prima volta al computer e nessun professore ha potuto dare l’aiutino?

Invalsi 2018, in Calabria un tredicenne su due non sa l’italiano. Inglese, gli immigrati meglio degli italiani

da Corriere della sera

Invalsi 2018, in Calabria un tredicenne su due non sa l’italiano. Inglese, gli immigrati meglio degli italiani

In media solo il 65 per cento dei ragazzi delle medie ha un livello sufficiente di italiano. Ma le differenze tra regioni sono molto elevate. Bene il Nord Est. Inglese, in quinta elementare il 90 per cento è preparato.

Gianna Fregonara

Terza media, solo due studenti su tre sono sufficienti

I risultati dell’Invalsi 2018 che gli studenti di seconda e quinta elementare, di terza media e di seconda superiore hanno sostenuto in primavera, mostrano molti dati interessanti e alcuni paradossi. Il primo risultato sul quale riflettere è numerico: come è possibile che con una percentuale praticamente del 100 per cento di promossi in terza media al test invalsi di italiano ottengano «risultati adeguati o più elevati», cioè dalla sufficienza piena in su, soltanto il 65,6 per cento degli studenti? Va addirittura peggio in matematica dove i «promossi», cioè coloro a cui è riconosciuto un livello di competenze matematiche sufficiente o più alto sono il 59,9 per cento.

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Il tonfo del Sud

I dati generali sono spiegabili in parte con le grosse differenze tra regione e regione. In Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna più della metà degli studenti sono ad un livello inferiori a quello richiesto dalle indicazioni nazionali. addirittura in queste regioni ci sono differenze fortissime tra scuola e scuola. Un risultato che interroga sull’equità del sistema scolastico italiano: davvero le scuole danno le stesse opportunità a tutti i bambini? «Bisognerebbe intervenire scuola per scuola dove ci sono problemi – spiega Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi – magari con professori specializzati in situazioni difficili. Ci vorrebbe un piano che incentivasse anche economicamente i professori migliori ad accettare le sfide in posti difficili». Il ministro Bussetti ammette che «ci vorranno interventi».

Guai a chi copia

quest’anno le prove Invalsi nella scuola media e superiore sono stati fatti al computer: ai ragazzi venivano mostrate domande differenti prese in una gigantesca banca dati dell’Invalsi che si trova online. Questa novità ha di fatto azzerato il cheating, cioè ha impedito ai ragazzi di copiare e ai professori di dare l’aiutino.

Quanto conta la famiglia di origine

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L’Italia connessa

Il fatto che la prova al computer non abbia creato alcun problema, o comunque abbia sollevato problemi che sono stati rapidamente risolti, significa che almeno dal punto di vista della connessione il sistema scolastico italiano è abbastanza organizzato. Soltanto in alcune scuole sull’Appennino ci sono stati disagi. Per il resto tutte le scuole sono riuscite a far sostenere gli esami agli studenti

Il successo dell’inglese alle elementari

quest’anno per la prima volta sono stati fatti i test di inglese per capire il livello dei bambini delle elementari e delle medie. Buona la performance dei più piccoli. In quinta devono poter essere al livello A1 del quadro di riferimento europeo: il 92,4 per cento dei bambini di quinta lo ha superato in lettura e il 78,6 nella prova di ascolto. Al Nord i ragazzi sono risultati più preparati che al Sud.

Ma alle medie…indietro tutta

Ma al contrario il risultato delle scuole medie è stato molto deludente: In media il test di lettura lo hanno superato in tre su quattro (livello A2) e quello di ascolto il 56,1 per cento. In Calbria, Campania e Sicilia solo un ragazzo su tre ha superato il test.

Invalsi 2018, il divario Nord-Sud si potrebbe risolvere così

da La Tecnica della Scuola

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