La rivoluzione dei disabili

da Scuolanapoletana

La rivoluzione dei disabili

Franco Buccino

La storia di molte persone con disabilità comincia con mancati interventi nei primissimi mesi e anni di vita. Si osserva, si nota, si teme, e non s’interviene. I problemi che accumulano a livello fisico o psichico o intellettivo, sembrano solo la conseguenza della cosiddetta menomazione, e non si comprende che spesso il vero handicap lo mettiamo noi sulla loro strada con tanti ingiustificati ritardi.

In nome del tristo concetto di normalità, spesso queste persone sono abbandonate. Arrivano a scuola già segnate, isolate, differenziate. Sono condannate alla diversità; si ergono nei loro confronti barriere ancora più temibili di quelle architettoniche. Non si programma e non si pianifica per loro, se non tentativi di riportarle alla “normalità”. Senza convinzione. E così non ci stupiamo che quasi nessuno riesca a “recuperare”. Anche quando si spende per loro e per la loro integrazione, spesso lo si fa come atto dovuto o per mettersi a posto con la coscienza, ma rimanendo del tutto scettici su possibili risultati. Quanti di loro che in questi giorni fanno l’esame di maturità sono destinati al diploma: pochissimi. Per tutti gli altri c’è l’attestato, un pietoso surrogato. L’uguaglianza la dichiariamo, ma troppo spesso non la pratichiamo. Alle persone con disabilità destiniamo risorse; ma i mancati risultati dipendono da loro o dalla Natura, pensiamo dentro di noi. Una volta i disabili erano un peso di cui liberarsi, oggi sono un peso di cui farci carico, ma sempre un peso. È questo l’atteggiamento culturale più diffuso. Di peggio c’è solo chi riesce a lucrare sulla loro pelle: qualche volta, per via dei sussidi, ne approfittano cinici familiari o avidi enti di Terzo Settore. Ma famiglie e associazioni, di norma, sono gli unici luoghi in cui le persone con disabilità sono vissute e trattate come persone uguali alle altre.

A proposito di associazioni, il mondo delle persone con disabilità è abbastanza ben organizzato, direttamente loro o quelli che li tutelano e li rappresentano. Un mondo articolato, con posizioni e visioni spesso molto diverse. Semplificando forse un po’ troppo, si potrebbe dire che ci sono due posizioni classiche: quella di chi si ferma a rivendicazioni soprattutto di tipo personale, a strumenti, sussidi e assistenza, di chi al massimo bada alle politiche di settore; e quella di chi va oltre, di chi fa rivendicazioni più politiche, rispetto alla qualità della vita, ma anche al diritto di cittadinanza e al suo esercizio. Sono due posizioni rispettabilissime. Il destino individuale da cui con qualche difficoltà cerchiamo di astrarci quando facciamo politica, rimane presente e concreto per le persone con disabilità. Un marciapiede ostruito da tavoli sedie e gazebo, pensiline bancarelle segnali stradali, che ci costringe a scendere sulla strada per superare l’ostacolo, blocca una persona in carrozzella e la costringe a tornare indietro. Un wc non attrezzato impedisce a tanti disabili la possibilità di andare in bagno in quel luogo. E chi potrà capire i genitori che vivono il disagio dei figli disabili a scuola senza l’assistente materiale, o che si disperano pensando al destino dei figli gravemente disabili quando loro non ci saranno più (lo chiamano il “dopo di noi”).

Ma ci sono tante persone con disabilità che non si rassegnano ad essere considerate diverse, a essere solo assistite; che rivendicano un’uguaglianza effettiva, le stesse opportunità per tutti i cittadini. Ci sono tanti genitori e tutori di ragazzi con disabilità che a scuola non vogliono solo integrazione, ma crescita umana e culturale. Persone con disabilità che vogliono un lavoro che le renda autonome; partecipare alle grandi battaglie culturali e ideali. E che anche nel mondo associativo del terzo Settore non vogliono stare nel recinto della loro specificità che li isola e li rende soli; anche nei tavoli istituzionali gli sta stretto rappresentare in esclusiva il mondo della disabilità. Insomma sono convinti che la rivoluzione culturale che sognano li deve vedere protagonisti insieme a tutti i cittadini attivi. Le due posizioni non sono in antitesi, anzi si completano e si rafforzano reciprocamente. La scelta dipende da loro, ma anche da noi.

AL MINISTRO BUSSETTI

DIRIGENTISCUOLA AL MINISTRO BUSSETTI

 

Egregio Ministro Bussetti,

non appena avvenuto il Suo insediamento, personalmente e a nome di DIRIGENTISCUOLA, sindacato rappresentativo nell’area dirigenziale Istruzione e Ricerca, Le ho partecipato la viva soddisfazione per essere stata attribuita ad una persona della scuola militante la responsabilità d’un Dicastero così complesso e cruciale per i destini della Nazione. E Le ho chiesto un incontro per prospettarLe i problemi della dirigenza scolastica, chiedendole, contestualmente, la riapertura dei diversi tavoli di confronto sospesi con lo scioglimento delle Camere.

Da allora sono trascorsi quarantacinque giorni, che L’hanno vista impegnata nel tentativo – commendevole, benché al momento interlocutorio – di trovare una soluzione al complicato problema delle maestre diplomate; e in quello, riuscito ma non condivisibile, di smantellare una legge votata dal Parlamento della Repubblica, cancellando tramite accordi con chi rappresenta i lavoratori, ma ambisce a farsi abusivo portatore dell’interesse generale del Paese, le parti qualificanti della legge 107/15: la mobilità triennale fondata sugli ambiti territoriali, la chiamata per competenze e il bonus premiale, tutti funzionali all’attuazione del PTOF: senza dar mostra di prefigurare i correlati correttivi che non siano la regressione delle istituzioni scolastiche al loro assetto pre-autonomistico e la derubricazione dei loro dirigenti a primi tra i pari di una fantomatica Comunità educante; che però restano – a mani nude – i soli intestatari di una responsabilità giuridicamente esigibile riguardo l’obbligo, per queste conviviali comunità, di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività e del raggiungimento degli obiettivi, costituenti parametri – e vincoli – della stessa libertà d’insegnamento (art. 21, comma 9, legge 59/97).

DIRIGENTISCUOLA vorrebbe sapere se anzitutto Lei condivide il giudizio di qualche gongolante sigla sindacale che ha accompagnato la firma dei summenzionati accordi con soddisfatte dichiarazioni per essere stati neutralizzati i poteri dei dirigenti scolastici inemendabili nepotisti (la chiamata per conoscenza) e corrotti.

E vorrebbe poi conoscere le Sue determinazioni:

  • sul silenzio dell’ARAN riguardo il nuovo contratto d’area, che tra l’altro scadrebbe tra cinque mesi, le cui trattative sono state inopinatamente interrotte dopo il pur promettente primo, ed unico, incontro del 14 maggio;

  • sulla necessità o meno di dover promuovere interventi legislativi, certamente selettivi ma soprattutto coraggiosi, per focalizzare l’azione della dirigenza scolastica sull’organizzazione dei processi d’insegnamento e dei luoghi dell’apprendimento, sgravandola di una congerie crescente di compiti impropri, nella rincorsa parossistica e stressante delle tante emergenze per le quali non ha il tempo materiale per corrispondervi, non possiede – non può umanamente possedere – le dovute capacità tecniche e, men che mai, può disporre delle risorse finanziarie e professionali – in termini di un middle management istituzionalizzato – per farvi adeguatamente fronte, in primis su problema scottante della sicurezza;

  • e, ancor prima e in ragione della Sua specifica esperienza, sull’oggettiva urgenza d’un efficace coordinamento delle strutture ministeriali, centrali e territoriali, spesso procedenti in modo erratico e tra di loro scollegate; che, in luogo di supportare le istituzioni scolastiche nel perseguimento del proprio scopo istituzionale, le trattano come uffici terminali meramente adempitivi e sulle quali scaricare le inefficienze del sistema.

Sia riguardo i predetti auspicati provvedimenti normativi che gli occorrenti interventi di razionalizzazione, DIRIGENTISCUOLA ha elaborato non episodiche riflessioni e consequenziali proposte, pienamente disponibile a illustrarglieLe in uno spirito di massima collaborazione.

Nel reiterarLe la richiesta d’incontro, porgo i miei deferenti ossequi.

Attilio Fratta, segretario nazionale DIRIGENTISCUOLA.

Linee Programmatiche del dicastero del ministro Bussetti

Linee Programmatiche del dicastero del ministro Marco Bussetti: prime considerazioni della FLC CGIL

Sulle Linee Programmatiche del dicastero del ministro Marco Bussetti, presentate oggi in Senato, davanti alle commissioni VII di Camera e Senato congiunte, riportiamo le nostre prime considerazioni.

Concordiamo con il ministro sul fatto che la scuola non abbia bisogno dell’ennesima riforma.

Doveroso l’impegno per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche. Altrettanto giusto ridare centralità ai docenti, al personale ATA, ai dirigenti scolastici e ai ricercatori. Bene la valorizzazione degli accordi sindacali sottoscritti nelle ultime settimane, con i quali abbiamo ottenuto buoni risultati a parziale risarcimento degli effetti negativi della Legge 107/15 (l’abolizione della chiamata diretta e l’accordo sulle assegnazioni provvisorie), tuttavia i toni ci sono sembrati fin troppo timidi. La Buona Scuola deve essere superata in molti punti, dove non sono sufficienti dei semplici accorgimenti.

E soprattutto ci vogliono investimenti: in nessun passaggio il ministro ha spiegato come intende recuperare fondi per l’Istruzione e la Ricerca, per la formazione, per il reclutamento, per l’inclusione. Non vorremmo che il mondo della conoscenza, considerato da tutti a parole il centro propulsore dei diritti di cittadinanza, dell’innovazione e dello sviluppo continui a rimanere senza risorse.

La vera riforma della scuola deve passare attraverso il riscatto sociale ed il rilancio economico del mondo dell’Istruzione e della Ricerca: il ministro ne ha parlato, senza però presentare proposte concrete e senza un impegno esplicito a farlo con il prossimo Ccnl.

Si tratta di una prima analisi di bisogni che ci è parsa priva nella proposta ma che verificheremo alla prova dei fatti: sui diplomati magistrali non è stata consegnata una soluzione concreta che chiarisca come e quando chiudere questa vertenza; dell’alternanza scuola-lavoro non è stato detto se continua a rappresentare un obbligo calato dall’alto o diventa finalmente una opportunità che nasce dai bisogni delle scuole; del concorso per DSGA -già definito dalla Legge di Bilancio 2018 – non sono state date indicazioni di termini temporali. Non si è parlato di semplificazione, non si è parlato di potenziamento degli organici e della restituzione del tempo scuola tagliato dalla riforma Gelmini. Si è parlato vagamente di una riforma del reclutamento dei docenti, ma non si è detto di voler abrogare il limite dei 36 mesi posto dalla legge 107 ai contratti del personale a tempo determinato.

Sul tema dell’inclusività è invece grave che il ministro Bussetti non abbia menzionato il diritto all’istruzione dei figli degli immigrati che tutti i giorni cercano nel nostro Paese e nei banchi di scuola, nell’università, nelle Accademie e Conservatori, il loro riscatto umano e sociale. Non possono essere dimenticati, perché l’inclusività è un valore universale ed assoluto: altrimenti è altra discriminazione.

Nell’inviare al ministro i nostri auguri per il suo mandato, ci aspettiamo a breve una convocazione per un confronto sui provvedimenti legati all’avvio dell’anno scolastico e sulle linee di indirizzo.

Scuola, per i docenti il rischio della pensione con un anno di ritardo

da Il Messaggero

Scuola, per i docenti il rischio della pensione con un anno di ritardo

Chiediamo che tutto si risolva in tempi brevi spiega Anna Fedeli della Flc Cgil e chi ha diritto alla pensione possa andarci

ROMA Una corsa contro il tempo all’Inps per mettere ordine tra le richieste di pensionamento dei docenti della scuola. Tra i problemi più complessi da risolvere ci sono le discrepanze nel conteggio dei giorni lavorativi: tra un anno solare e un anno commerciale, nell’arco dei 40 anni di carriera, viene a mancare all’appello un anno scolastico. E allora, se davvero per i docenti si tratta di restare un altro anno in cattedra, la situazione si complica. Ma è importante che si risolva quanto prima: il caos provocato dal boom di richieste di pensione, 33500 tra docenti e personale ata contro le 26mila dello scorso anno, dovute agli effetti della riforma Fornero e il passaggio per la prima volta della lavorazione delle pratiche all’Inps sta fermando l’iter verso la pensione per migliaia di persone.


RICOSTRUIRE LE CARRIERE

Fino allo scorso anno infatti tutto era nelle mani degli uffici scolastici regionali che conoscevano le carriere più complicate da ricostruire, da quest’anno l’onere spetta all’Inps che, tra l’altro, conta gli anni di lavoro sulle 52 settimane e non in base agli anni di servizio in classe, come sempre fatto per il mondo della scuola. «L’anno scorso siamo riusciti a risolvere la questione dei pensionamenti nella scuola e spero riusciremo anche quest’anno, anche se i numeri sono maggiori ha spiegato ieri a Radio24 il ministro Bussetti – l’Inps lavora rispetto a regole che non sono le stesse degli uffici scolastici provinciali. La prima cosa che ho fatto appena arrivato è stata incontrare i vertici dell’Inps e il presidente Boeri che si sono subito attivati. Poi esiste il problema legato all’anagrafe contributiva che doveva essere risolto. Ci sono tante situazioni quasi paradossali: per esempio, calcolando l’anno commerciale e non solare ci sono 5 giorni lavorativi in meno all’anno e, per 40 anni di servizio, diventano 200 giorni, sono le regole del ministero. Quindi i docenti che pensavano di avere gli anni per poter andare in pensione devono fare un anno in più di servizio; alcuni addirittura lo hanno saputo all’ultimo momento. È un tema non è di oggi ma che c’è da anni, si doveva già prevedere, è un argomento a cui tengo tantissimo, si tratta dei diritti fondamentali dei lavoratori». Bussetti ha elogiato gli uffici scolastici provinciali che «hanno lavorato in modo indefesso» ma, ha aggiunto, «purtroppo sono calcoli che adotta l’Inps e a cui ci dobbiamo adeguare».
Una novità poco gradita ovviamente dai docenti: quelli in attesa di pensione si ritrovano con un’amara sorpresa mentre i precari in attesa che si liberi posto con il turn over temono che la cattedra di ruolo si allontani. vedono allontanarsi la cattedra. «Chiediamo che tutto si risolva in tempi brevi spiega Anna Fedeli della Flc Cgil e chi ha diritto alla pensione possa andarci. Gli uffici scolastici sono sotto organico e sappiamo bene che ce la stanno mettendo tutta».
Lorena Loiacono

Maestri, 4 mesi di lavoro ancora

da ItaliaOggi

Maestri, 4 mesi di lavoro ancora

Dl Dignità concede 120 gg per attuare le sentenze di licenziamento dei diplomati magistrali. Il governo cercherà nel frattempo una soluzione definitiva

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

I diplomati magistrali ante 2002 che lavorano per effetto di provvedimenti del Tar o del Consiglio di stato nell’infanzia o primaria non saranno licenziati subito. L’amministrazione si prende120 giorni di tempo per dare attuazione alle sentenze di merito a mano a mano a mano che ne verrà a conoscenza. Lo prevede il decreto legge intitolato «Misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» varato dal governo nella riunione del consiglio dei ministri n. 8 del 2 luglio scorso. In particolare, il decreto prevede si veda ItaliaOggi del 6 luglio scorso) che i docenti muniti del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, che risulteranno titolari di contratti di lavoro a tempo indeterminato e determinato per effetto di provvedimenti dei giudici amministrativi, saranno licenziati entro 120 giorni dalla comunicazione delle sentenze di rigetto dei ricorsi che saranno emesse all’esito della fase di merito. L’amministrazione avrà 120 giorni di tempo per dare esecuzione alle sentenze, per non pregiudicare l’ordinato avvio dell’anno scolastico. Circa 40 mila i potenziali interessati.

I 120 giorni di ritardo nell’attuazione delle pronunce saranno applicati anche ai depennamenti di coloro che sono stati inclusi nelle Gae, sempre per effetto di sentenze cautelari o di merito, a mano a mano che interverranno le sentenze di rigetto dei ricorsi. Contestualmente al depennamento saranno applicati anche i licenziamenti dei docenti che, nel frattempo, saranno stati assunti a tempo determinato, tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento o delle graduatorie di istituto di I fascia dalle quali siano stati depennati. Tutti i maestri licenziati saranno inseriti nella II fascia delle graduatorie di istituto.

Il licenziamento riguarderà tutti gli insegnanti che perderanno la causa, a prescindere dal fatto che nel loro contratto di lavoro sia stata apposta la cosiddetta risolutiva espressa. Vale a dire: una condizione secondo la quale il docente sarebbe stato licenziato se, all’esito della fase di merito del giudizio in corso, il giudice avesse rigettato il ricorso.

Per contro, il licenziamento non sarà applicato nei confronti dei diplomati magistrali che hanno ottenuto l’immissione in ruolo per effetto di sentenze definitive, ormai passate in giudicato, che continueranno a prestare servizio come docenti di ruolo. E non sarà applicato nemmeno nei confronti dei diplomati magistrali che risulteranno in servizio con contratti a tempo determinato, per effetto dell’inclusione nelle graduatorie a esaurimento o di istituto di I fascia disposte dai giudici, sempre per effetto di sentenze passate in giudicato. Questi soggetti conserveranno anche il diritto a permanere nelle graduatorie a esaurimento e nelle graduatorie di istituto di I fascia che da esse derivano.

Il governo ha motivato il provvedimento con la necessità di assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2018/2019 e di salvaguardare la continuità didattica degli alunni. Ed ha fatto riferimento all’articolo 14, comma 1, del decreto legge 669/96, che consente all’amministrazione di dare esecuzione alle sentenze entro 120 giorni decorrenti dalla data di comunicazione del provvedimento giurisdizionale al ministero dell’istruzione. Il differimento si è reso necessario perché la procedura per dare esecuzione alle sentenze è molto complessa e l’udienza di merito della maggior parte dei ricorsi pendenti si terrà l’11 luglio prossimo. Pertanto, con ogni probabilità, i giudizi andranno a sentenza a ridosso dell’inizio delle lezioni o ad anno scolastico inoltrato.

In verità, i 120 giorni di tempo serviranno anche al governo, lo ha ammesso il ministro Marco Bussetti, per trovare una soluzione definitiva che eviti i licenziamenti in questione allo scadere dei 120 giorni. Una soluzione che dovrà tenere insieme le ragioni dei ricorrenti e quelle dei controinteressati. E su cui uno spiraglio dovrebbe aprirsi già in sede di conversione in legge del decreto. Si tratta di inserire una norma ponte per disciplinare tutte le fasi transitorie del nuovo reclutamento. Nel frattempo restano molto critici i sindacati: il dl non serve affatto a risolvere il problema, l’accusa.

Medie decisive per il futuro

da ItaliaOggi

Medie decisive per il futuro

Chi va male rischia di arrivare tardi o mai al diploma. Il Censis mette sotto accusa anche l’orientamento: i giovani non sono indirizzati negli studi

Emanuela Micucci

Servizi di orientamento formativo che aiutino i giovani a scegliere i percorsi scolastici e lavorativi che ne valorizzino al meglio i talenti e le competenze fuori dai rigidi schemi prefissati. È la via indicata recentemente dal Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare, che fotografa i giovani italiani in trappola tra una scuola e una società bloccate. L’ipoteca sul loro futuro inizia dal percorso scolastico.

Già alle medie. Il voto ottenuto all’esame di III media seleziona rigidamente le scelte future dei ragazzi. Dati alla mano, la sintesi del Censis è impietosa: se sei bravo alle medie, sei bravo alla maturità; al contrario, se sei scarso alle medie, sarai scarso alla maturità, alla quale arriverai con ritardo o forse mai.

Nell’ultimo anno scolastico, infatti, solo il 22% di chi ha preso 6 alla licenza media è andato al liceo, gli altri si sono iscritti agli istituti tecnici o professionali. La quota dei liceali però raddoppia tra chi consegue 7 (40,4%) e cresce con l’aumentare del voto: il 62,9% di chi prende 8, l’81% di chi ottiene 9, il 90,9% di chi merita 10 e il 94,2% dei 10 con lode. Considerati gli studenti che hanno conseguito la licenza media nell’anno scolastico 2010/2011, dopo 5 anni, il 69% di quelli che hanno preso 6 come voto all’esame finale non è ancora arrivato al diploma di maturità, come il 37,4% di chi ha preso 7, contro solo il 16,9% di chi ha preso 8, appena il 6,5% di chi ha meritato 9 e il 2,8% di chi ha conseguito 10 o 10 con lode.

Passando all’università la situazione non cambia: la selezione sociale è rigida e predeterminata in base al percorso di formazione iniziale. Anzi, dal voto scolastico che annuncia precocemente i successi o i fallimenti dei giovani. Così, nell’anno accademico 2016/17 si è immatricolato all’università il 21,8% degli diplomati che alla maturità hanno preso 60, il 33,4% di quelli che hanno ottenuto un voto tra 61 e 70, il 47% di quelli che ne hanno conseguito uno tra 71 e 80, il 61,9% di quelli che ne hanno meritato uno tra 81 e 90, il 72,2% degli studenti che si sono diplomati con un voto tra 91 e 99, l’83,4% se hanno preso 100 e il 91,3% se hanno ottenuto anche la lode.

Di fatto, il sistema scolastico riflette e conferma le performance iniziali dei giovani. «È per questo che possono rivelarsi molto utili servizi di orientamento in grado di informare i giovani per favorire le scelte migliori», sottolinea il Censis. «Quello dell’orientamento è un tema chiave. Non se ne parla abbastanza», ricorda il ministro dell’istruzione Marco Bussetti. «Troppi abbandoni o perdite di tempo sono il frutto di scelte fatte senza avere le idee chiare».

La conferma arriva anche nella ricerca del lavoro. Basti vedere le azioni messe in campo per trovarlo nel 2017 dai 15-34enni: ben l’84,9% si è rivolto ad amici e conoscenti, l’80,7% ha inviato curriculum e fatto colloqui, il 75,4% ha consultato offerte sui giornali o sul web, solo il 26,4% è entrato in contattato con un centro per l’impiego, il 16,5% si è rivolto a un’agenzia interinale. Non solo.

Un milione e mezzo di giovani svolge un lavoro inadeguato rispetto al proprio titolo di studio. Demansionata è l’occupazione che trovano quasi 4 giovani diplomati e laureati di 15-34 anni su 10. In particolare, lo scorso anno ha riguardato il 41,2% dei diplomati e il 32,4% dei laureati. Al top del sottoinquadramento i liceali diplomati che non sono andati all’università: uno su due, il 50,1%. «Serve», aggiunge Bussetti, «un raccordo maggiore fra scuola, università, istituti tecnici superiori, mondo delle professioni».

Il grande flop dei fondi Pon

da ItaliaOggi

Il grande flop dei fondi Pon

Da rendicontare ancora 340 milioni. Scuole in difficoltà, nuove richieste di proroga

Emanuela Micucci

Ritardi nella spesa molto pesanti, continue richieste delle scuole di proroghe nell’avvio dei progetti. È concreto il rischio di perdere cospicue risorse previste dai fondi Pon-Per la Scuola 2014-2020. Se a lanciare l’allarme finora erano stati soprattutto i sindacati, ora la conferma arriva direttamente dal Miur. Nell’ultima riunione del comitato di sorveglianza del Pon è stata approvata la relazione attuativa 2017, dove si legge che al 31 dicembre scorso erano stati assunti impegni per 1.2227.461,11 euro, cioè solo il 41,4% delle risorse complessivamente stanziate, di cui 919.372.823,68 euro a valere sul Fondo sociale europeo (Fse) e 307.887.594,09 euro sul Fondo per lo sviluppo regionale (Fers).

L’avanzamento della situazione aggiornato al 26 aprile non cambia lo stato dell’arte. Infatti, è stato impegnato il 47,5% di 3.019.299.259 euro programmati, pari a un 1.435.445.793,82 euro, e solo il 9,6% è stato effettivamente erogato per i 33.821 progetti approvati (290.241.515,29 euro). Mentre la rendicontazione è ferma addirittura al 3,7%, cioè 11.080.803,61 euro. E l’importo certificato a uno scarso 8.6% (260.214.515,29 euro).

Nel dettaglio sono stati autorizzati 21.184 progetti per l’Asse I, relativo tra l’altro ai 10 avvisi su competenze, istruzione e apprendimento permanente, per 1.974.482.443 euro programmati di cui solo il 51,9%, pari a 1.025.473.703,85 euro sono stati impegnati e appena l’1,8% erogati, cioè 37.791.941,43. Irrisorie le percentuali di importo certificato, lo 0,7%, e di quello rendicontato, lo 0,2%.

Simile la situazione per l’Asse II, quello sulle infrastrutture per l’istruzione, ossia i laboratori musicali, coreutici e sportivi, la messa in sicurezza degli edifici scolastici e i laboratori professionalizzanti. A fronte degli 860.862.816 euro programmati sono stati autorizzati 12.556 progetti impegnando solo il 36,9% dell’importo previsto (309.087.446,01 euro) ed erogandone il 26.9%, pari a 214.0240.842,10 euro. Va meglio la rendicontazione che sale all’8,8%.

Ed è ancora più alta per gli Assi III, relativo alla capacità istituzionale e amministrativa, dove arriva al 15,2%, e l’Asse IV sull’assistenza tecnica, dove raggiunge il 18,1%. Una situazione che mette a rischio molte risorse. Infatti, per evitarne la perdita è necessario rendicontare all’Unione europea 344.346.886 euro entro il 31 dicembre 2018. Ma mancano ancora 233.266.082,39 euro.

Sul banco degli imputati secondo i sindacati l’emanazione nel 2017 (e poi questo anno) di un numero rilevante di avvisi. Si pensi ai 10 lanciati il 31 gennaio 2017 per altrettanti azioni per una scuola più aperta, inclusiva, innovativa (Asse I). Una procedura che metteva in discussione uno dei pilastri della precedente programmazione dei Pon 2007-13: quell’integrazione degli interventi tra le risorse provenienti dal Fse e quelle del Fesr che consentiva di prevedere sia attività formative sia interventi infrastrutturali, concentrando le risorse su pochi ma ben finanziati avvisi.

«La parcellizzazione degli interventi è stata chiaramente determinata dalla precisa volontà politica di utilizzare le risorse del Pon come amplificatore di vari interventi previsti dalla legge 107/15», commenta la Fcl-Cgil. Risultato: ritardi nella spesa molto pesanti, continue richieste delle scuole di proroghe nell’avvio dei progetti, se non di rinunce.

È accaduto recentemente per i progetti dei laboratori musicali, coreutici e sportivi, autorizzati ormai un anno fa, a luglio 2017, per i quali il 30 maggio scorso, a seguito delle numerose richieste delle scuole, è stata posticipata al 31 ottobre la scadenza per la conclusione, inizialmente fissata al 30 aprile.

Il dossier, con le richieste di rivedere le procedure, è sul tavolo del ministro Marco Bussetti.

Sanzioni disciplinari docenti, il 18 luglio sindacati all’ARAN

da Orizzontescuola

Sanzioni disciplinari docenti, il 18 luglio sindacati all’ARAN

di redazione

Si completa il contratto 2016/18 con la sequenza contrattuale prevista dall’art. 29. I sindacati sono stati convocati all’ARAN per il 18 luglio.

Nuovo codice disciplinare docenti

Si tratta della sequenza per il nuovo codice disciplinare per i docenti, ove definire la  tipologia delle infrazioni disciplinari e le relative sanzioni, nonché l’individuazione di una procedura di conciliazione non obbligatoria.

La sessione negoziale deve concludersi entro il mese di luglio 2018.

E’ l’articolo 29 del Contratto a disciplinare quanto detto sopra:

Le parti convengono sulla opportunità di rinviare ad una specifica sessione negoziale a livello nazionale la definizione, per il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, nonché l’individuazione di una procedura di conciliazione non obbligatoria, fermo restando che il soggetto responsabile del procedimento disciplinare deve in ogni caso assicurare  che l’esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell’insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, la libertà di insegnamento. La sessione si conclude entro il mese di luglio 2018.

Rinnovo contratto, sanzioni disciplinari a docenti se si usano social non per scopo educativo

Il testo del Contratto 2016-2018

Obbligo scolastico, compiti dei dirigenti scolastici e sanzioni ai genitori

da Orizzontescuola

Obbligo scolastico, compiti dei dirigenti scolastici e sanzioni ai genitori

di redazione

Il Miur, con apposita nota, ha invitato i dirigenti scolastici a continuare nell’opera di controllo dell’obbligo scolastico degli studenti iscritti nel proprio istituto.

Obbligo scolastico

La legge n. 296/2006 ha esteso l’obbligo scolastico sino a ricomprendere l’istruzione impartita per almeno 10 anni, al fine di far conseguire un titolo di studio di scuola secondaria di II grado o una qualifica professionale di durata almeno triennale entro i 18 anni di età.

Compiti dei dirigenti scolastici

I dirigenti vigilano sull’obbligo scolastico degli alunni, inviando gli elenchi degli iscritti ai Comuni e verificando la frequenza degli stessi nel corso dell’anno scolastico.

In caso di violazione del suddetto obbligo, relativo ad alunni di scuola primaria, i dirigenti devono sporgere tempestivamente denuncia per iscritto.

I dirigenti scolastici, infine, sono invitati a favorire la riduzione della dispersione scolastica, intraprendendo ogni utile iniziativa anche con le istituzioni del territorio.

Sanzioni alle famiglie

L’inosservanza dell’obbligo scolastico è punita con una multa ai genitori sino a 30 euro, ai sensi dell’articolo 731 del codice penale, norma che riguarda soltanto gli alunni della scuola primaria.

Perché norma penale solo per la primaria

Nell’articolo seguente, commentando una sentenza della Cassazione, abbiamo spiegato perché, pur essendoci un obbligo per almeno 10 anni, è punito penalmente soltanto il mancato rispetto nella scuola primaria:

Con l’entrata in vigore della legge 212 del 2010, che ha abrogato alcune disposizioni prima vigenti, la Suprema Corte fa notare che “è venuta meno la previsione che consentiva di estendere l’ambito applicativo dell’art. 731 cp” – che punisce i genitori che non ottemperano all’obbligo di far istruire i figli – “anche alla violazione dell’obbligo scolastico della scuola media inferiore”.

“Attualmente, dunque” – osservano i giudici – la riforma del 2003 “stabilisce l’obbligo scolastico per almeno dodici anni a partire dalla iscrizione alla prima classe della scuola primaria (già scuola elementare) o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età; e, tuttavia, nessuna norma penale punisce l’inosservanza dell’obbligo scolastico della scuola media anche inferiore”. Per ovviare a questa situazione serve una norma ‘ad hoc’ perchè quella che punisce i genitori che non mandano i figli alle elementari – sottolinea la sentenza 50624 della Terza sezione penale – non può essere estesa con una “inammissibile interpretazione analogica ‘in malam partem’”.

nota Miur

Bussetti, domani presenterà linee programmatiche Miur

da Orizzontescuola

Bussetti, domani presenterà linee programmatiche Miur

di redazione

Miur – Domani, mercoledì 11 luglio, alle ore 14, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, interverrà al Senato, davanti alle Commissioni 7ª (Istruzione pubblica, Beni culturali) del Senato e VII (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera, in sede congiunta, per l’illustrazione delle Linee programmatiche del MIUR.

L’audizione sarà trasmessa in diretta sul sito del Senato, www.senato.it.

Roma, 10 luglio 2018

Bussetti, 11 luglio audizione in Parlamento

Chiamata diretta, assegnazione scuola incarico triennale a docenti primo ciclo sino al 13 luglio

da Orizzontescuola

Chiamata diretta, assegnazione scuola incarico triennale a docenti primo ciclo sino al 13 luglio

di redazione

Il Miur, dopo il superamento della chiamata diretta. con nota n. 29748 del 27/06/2018, ha fornito istruzioni per il passaggio da ambito a scuola per il personale docente che ha ottenuto (e otterrà) il trasferimento su ambito.

Assegnazione sede docenti primo ciclo

Indicazione scuola partenza 

Secondo quanto indicato dall’Amministrazione, dal 28 giugno al 5 luglio, i docenti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado hanno inserito su istanze online la scuola di partenza, ossia quella da cui l’UST partirà per l’assegnazione dell’incarico triennale in una istituzione scolastica dell’ambito in cui sono stati trasferiti.

Per coloro i quali non hanno indicato la scuola di partenza, gli Uffici partiranno dalla prima scuola dell’ambito, secondo l’ordine dei bollettini ufficiali.

Assegnazione scuola di incarico triennale

Dal 28 giugno al 4 luglio, gli UST hanno provveduto all’assegnazione della scuola di incarico triennale ai docenti trasferiti su ambito usufruendo di una delle precedenze previste dall’articolo 13 del CCNI sulla mobilità.

Dal 9 luglio al 13 luglio, gli UST procederanno all’assegnazione della scuola di incarico triennale a tutti i docenti trasferiti su ambito senza precedenza.

Per coloro i quali non hanno indicato la scuola di partenza su Istanze OnLine, come suddetto, gli Uffici partiranno dalla prima scuola dell’ambito, secondo l’ordine dei bollettini ufficiali.

Avviso Miur

Il Miur, ai fini dell’assegnazione della scuola di incarico triennale, ha comunicato alle istituzioni scolastiche la disponibilità della funzione per l’elaborazione della proposta di incarico, fornendo apposite indicazioni.

Secondo ciclo

La procedura che porterà all’assegnazione della scuola di incarico triennale ai docenti della scuola secondaria di II grado trasferiti su ambito inizierà il giorno stesso in cui si conosceranno gli esiti della mobilità, ossia il 13 luglio e terminerà il 27 (vi dedicheremo un’apposita scheda).

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da La Tecnica della Scuola

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Nota 11 luglio 2018, AOODGPER 32043

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione generale per il personale scolastico – Ufficio III
Reclutamento del personale docente ed educativo

Agli Uffici Scolastici Regionali
Loro Sedi
Agli Ambiti Territoriali Provinciali
Loro sedi

Nota 11 luglio 2018, AOODGPER 32043

OGGETTO: D.D.G. 11 luglio 2018 n. 1069. Integrazione graduatorie di istituto del personale docente, in attuazione del D.M. 3 giugno 2015 n. 326.