Archivi categoria: Decreti ministeriali

Decreto Ministeriale 15 dicembre 2009, n. 95

Decreto Ministeriale 15 dicembre 2009, n. 95

Cessazioni dal servizio – Trattamento di quiescenza – Indicazioni operative

Decreto Ministeriale 4 novembre 2009, n. 84

Decreto Ministeriale 4 novembre 2009, n. 84

Criteri e parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2009/10, in applicazione dell’art. 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (registrato alla Corte dei conti, reg. 7, Foglio n. 15 del 25 novembre 2009)

Decreto Ministeriale 3 novembre 2009

Decreto Ministeriale 3 novembre 2009
D.Lgs 165/2001, art. 19 commi 5-bis e 6 – Decreto applicabile immediatamente agli Uffici dell’Amministrazione Centrale, per i quali entra in vigore il 5 novembre 2009 il D.M. 27 luglio 2009 contenente l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale dell’Amministrazione Centrale

Decreto Ministeriale 3 marzo 2009, n. 26

IL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

VISTA la legge 10 dicembre 1997 n. 425, avente ad oggetto “Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”;

VISTA la legge 11 gennaio 2007,n.1, recante “Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e l’università”; in particolare, l’art. 1, capoverso art. 3, comma 6 che ha sostituito l’art. 3, comma 6 della legge 10 dicembre 1997, n. 425, relativamente alle modalità di attribuzione del punteggio alle diverse prove d’esame, compreso il credito scolastico; e, altresì, l’art. 3, comma 1, ai sensi del quale i nuovi punteggi del credito scolastico si applicano ai candidati agli esami di Stato a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009;

VISTO il Regolamento applicativo della citata legge 10 dicembre 1997,n. 425, emanato con D.P.R. 23 luglio 1998 n. 323, per le parti compatibili con le disposizioni di cui alla suddetta legge 11 gennaio 2007,n. 1;

VISTO, in particolare, l’art. 13 del richiamato DPR 23 luglio 1998,n. 323, concernente la predisposizione delle certificazioni e dei relativi modelli integrativi del diploma da rilasciare in esito al superamento degli esami di Stato;

CONSIDERATO che dette certificazioni, ai sensi del comma 1 dell’art. 13 del suddetto DPR 23 luglio 1998,n,323, che fa riferimento anche alle esigenze connesse con la circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione Europea, devono attestare: l’indirizzo e la durata del corso di studi, la votazione complessiva ottenuta, le materie di insegnamento comprese nel curricolo degli studi con l’indicazione della durata oraria complessiva a ciascuna destinata, nonché le conoscenze, le competenze e le capacità anche professionali acquisite e i crediti formativi documentati in sede d’esame;

VISTO l’art. 12 del sopra indicato D.P.R. 23 luglio 1998, n. 323, avente ad oggetto i crediti formativi;

VISTO il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e, in particolare, l’art. 8, che prevede la definizione, da parte del Ministro della Pubblica Istruzione, degli obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, e l’art. 10 che prevede l’adozione da parte del Ministro della Pubblica Istruzione di nuovi modelli per le certificazioni, le quali, indicano le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili;

VISTO il decreto ministeriale in data 26 gennaio 2006,n.8, concernente le certificazioni ed i relativi modelli da rilasciare in esito al superamento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore;

RAVVISATA, pertanto, la necessità di modificare i modelli del diploma e delle relative certificazioni integrative, al fine di renderli conformi a quanto stabilito dalla legge 11 gennaio 2007, n. 1; in particolare, a quanto previsto dall’art. 1, capoverso art. 3, comma 6 in materia di attribuzione del punteggio alle diverse prove d’esame e di attribuzione del credito scolastico;

DECRETAArt. 1

1. Le certificazioni di cui all’art. 13 del D.P.R. 23 luglio 1998 n. 323 attestano:
a) – l’indirizzo e la durata del corso di studi, le materie di insegnamento comprese nel curricolo degli studi con l’indicazione della durata oraria complessiva a ciascuna destinata;

b) – la votazione complessiva assegnata all’esame di Stato, la somma dei punti attribuiti alle tre prove scritte, il voto assegnato al colloquio, l’eventuale punteggio aggiuntivo, il credito scolastico, i crediti formativi documentati;

c) – le ulteriori specificazioni valutative della Commissione, con riguardo anche a prove sostenute con esito particolarmente positivo.

2. I diplomi e le relative certificazioni integrative devono riportare anche la menzione della lode di cui alla legge 11 gennaio 2007, n. 1, di seguito all’indicazione del voto, qualora attribuita dalla Commissione di esame.

Art. 2

1. Gli elementi di cui all’art. 1, lettera a), del presente decreto, nonché, per i candidati interni, quelli relativi al credito scolastico e ai crediti formativi, sono forniti dall’Istituto sede di esami.

Art. 3

1. I modelli del diploma e delle certificazioni integrative del diploma sono conformi rispettivamente agli allegati A e B, facenti parte integrante del presente provvedimento.

Art. 4

1. Le disposizioni di cui al presente decreto hanno carattere permanente.

IL MINISTRO
MARIASTELLA GELMINI


Allegato

Decreto Ministeriale 16 marzo 2007

MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

Decreto Ministeriale 16 marzo 2007
(in GU n. 155 del 6 Luglio 2007)

Determinazione delle classi delle lauree universitarie.

IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

Visto l’art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni;
Visto l’art. 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341;
Visti gli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25;
Visto l’art. 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 ;
Vista la legge 19 ottobre 1999, n. 370 ed in particolare l’art. 6, comma 6;
Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
Visti il decreto del Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica 23 dicembre 1999 concernente la rideterminazione dei settori scientifico-disciplinari, e successiva rettifica, nonche’ il decreto del Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica 4 ottobre 2000 concernente la rideterminazione e l’aggiornamento dei settori scientifico-disciplinari e la definizione delle relative declaratorie, ed il decreto ministeriale 18 marzo 2005;
Vista la Dichiarazione di Bologna del 19 giugno 1999 e i Comunicati di Praga del 19 maggio 2001, di Berlino del 19 settembre 2003 e di Bergen del 20 maggio 2005, relativi all’armonizzazione dei sistemi dell’Istruzione superiore dei Paesi dell’area europea;
Preso atto, in particolare, di quanto il Comunicato di Bergen prevede circa gli schemi di riferimento per i titoli e circa la specificazione degli obiettivi didattici in termini di risultati di apprendimento attesi;
Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 30 aprile 2004, prot. 9/2004, relativo all’anagrafe degli studenti ed al diploma supplement;
Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 27 gennaio 2005, n. 15, e successive modificazioni, relativo alla banca dati offerta formativa e alla verifica del possesso dei requisiti minimi;
Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 11 ottobre 2004 e successive modificazioni, con il quale sono stati costituiti i tavoli tecnici al fine di rideterminare le classi dei corsi di studio ai sensi del decreto ministeriale n. 270/2004, composti dai presidenti delle conferenze dei presidi delle facolta’ interessate e dai presidenti degli ordini professionali interessati;
Sentita la Conferenza dei rettori delle universita’ italiane (CRUI) per quanto riguarda il termine di cui all’art. 13, comma 2 del decreto ministeriale 270/2004 e vista la mozione della stessa Conferenza del 7 marzo 2006;
Visti i pareri del Consiglio universitario nazionale (CUN), resi nelle adunanze del 14/15 e del 20/21/22 dicembre 2005 e nell’adunanza dell’11 gennaio 2006;
Visti i pareri del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), dell’1/2 settembre 2005 e del 3 febbraio 2006;
Acquisiti i pareri della VII Commissione permanente del Senato della Repubblica e della VII Commissione permanente della Camera dei deputati, resi rispettivamente il 21 febbraio 2006 ed il 1° marzo 2006;
Rilevato che il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 16 marzo 2006 concernente la determinazione delle classi di laurea e’ stato restituito con osservazioni dalla Corte dei conti con nota del 5 maggio 2006, prot. n. 106/1994 e che lo stesso e’ stato ritirato dal Ministro dell’universita’ e della ricerca con nota 3741.8.7 Gab. del 22 maggio 2006;
Ritenuto opportuno procedere ad alcune modifiche ed integrazioni nel testo del decreto stesso;
Sentita la Conferenza dei rettori delle universita’ italiane (CRUI) per quanto riguarda il termine di cui all’art. 13, comma 2 del decreto ministeriale n. 270/2004;
Visto il parere del Consiglio universitario nazionale (CUN), reso nell’adunanza del 4 e 5 ottobre 2006;
Visto il parere del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), dell’8 novembre 2006;
Acquisiti i pareri della VII Commissione permanente del Senato
della Repubblica e della VII Commissione permanente della Camera dei deputati, resi rispettivamente il 17 gennaio 2007 ed il 18 gennaio 2007;

Decreta:

Art. 1.
1. Il presente decreto definisce, ai sensi dell’art. 4 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, le classi dei corsi di laurea individuate nell’allegato, che ne costituisce parte integrante, e si applica a tutte le universita’ statali e non statali, ivi comprese le universita’ telematiche.
2. Le universita’, nell’osservanza dell’art. 9 del predetto decreto ministeriale, procedono all’istituzione dei corsi di laurea individuando, in sede di ordinamento didattico, le classi di appartenenza. Non possono essere istituiti due diversi corsi di laurea afferenti alla medesima classe qualora le attivita’ formative dei rispettivi ordinamenti didattici non si differenzino per almeno 40 crediti.
3. Qualora l’ordinamento didattico di un corso di laurea soddisfi i requisiti di due classi differenti, l’universita’ puo’ istituire il corso di laurea come appartenente ad ambedue le classi, fermo restando che ciascuno studente indica al momento dell’immatricolazione la classe entro cui intende conseguire il titolo di studio. Lo studente puo’ comunque modificare la sua scelta, purche’ questa diventi definitiva al momento dell’iscrizione al terzo anno.
4. I regolamenti didattici di ateneo, disciplinanti gli ordinamenti didattici dei corsi di studio di cui al comma 1, sono redatti in conformita’ alle disposizioni di cui all’art. 11 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 e del presente decreto.
5. In attuazione del comma 4 le universita’ modificano i vigenti regolamenti didattici di ateneo a decorrere dall’anno accademico 2008/2009 ed entro l’anno accademico 2009/2010. A decorrere dall’anno accademico 2010/2011 le classi di laurea di cui al decreto ministeriale 4 agosto 2000 (Gazzetta Ufficiale n. 170 del 19 ottobre 2000) sono soppresse, fatto salvo quanto previsto nell’art. 7.
6. Le modifiche sono approvate dalle universita’ in tempo utile per assicurare l’avvio dei corsi di laurea con i nuovi ordinamenti all’inizio di ciascun anno accademico.
7. Le modifiche possono riguardare anche singoli corsi di laurea ma devono comunque prevedere l’adeguamento contemporaneo di tutti i corsi di laurea attivati nella medesima classe.
8. L’attivazione di corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto deve prevedere la contestuale disattivazione da parte dell’ateneo dei paralleli corsi di laurea afferenti alle classi di cui al decreto ministeriale 4 agosto 2000.
9. Le universita’ di norma attivano corsi di studio con i nuovi ordinamenti di cui al presente decreto, mediante apposite deliberazioni, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, tenendo conto delle esigenze che insegnamenti corrispondenti ad almeno 90 crediti siano tenuti da professori o ricercatori inquadrati nei relativi settori scientifico-disciplinari e di ruolo presso l’ateneo, ovvero in ruolo presso altri atenei sulla base di specifiche convenzioni tra gli atenei interessati. Nessun professore o ricercatore di ruolo puo’ essere conteggiato in totale piu’ di due volte per insegnamenti comunque tenuti in corsi di laurea o in corsi di laurea magistrale, sia nel proprio che in altri atenei.

Art. 2.
1. I regolamenti didattici di ateneo disciplinano le modalita’ attraverso le quali un corso di laurea puo’ essere realizzato con il concorso di piu’ facolta’ della stessa universita’ o di piu’ universita’.

Art. 3.
1. Per ogni corso di laurea, i regolamenti didattici di ateneo determinano il numero intero di crediti assegnati a ciascuna attivita’ formativa, specificando quali di esse contribuiscono al rispetto delle condizioni previste negli allegati al presente decreto. A tale scopo, limitatamente alle attivita’ formative previste nelle lettere a) e b) dell’art. 10, comma 1, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, sono indicati il settore o i settori scientifico-disciplinari di riferimento e il relativo ambito disciplinare.
2. I regolamenti didattici di ateneo stabiliscono il numero di crediti da assegnare ai settori scientifico-disciplinari ricompresi in ambiti disciplinari per i quali il numero stesso non sia specificato nell’allegato.
3. Limitatamente alle attivita’ formative caratterizzanti, qualora negli allegati siano indicati piu’ di tre ambiti disciplinari per ciascuno dei quali non sia stato specificato il numero minimo dei relativi crediti, i regolamenti didattici di ateneo individuano per ciascun corso di studio i settori scientifico-disciplinari afferenti ad almeno tre ambiti, funzionali alla specificita’ del corso stesso, ai quali riservare un numero adeguato di crediti.
4. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea devono assicurare agli studenti una solida preparazione sia nelle discipline di base che in quelle caratterizzanti, garantendo loro la possibilita’ di un approfondimento critico degli argomenti anche evitando la dispersione
del loro impegno su un numero eccessivo di discipline, di insegnamenti o dei relativi moduli. Devono altresi’ assicurare agli studenti la possibilita’ di svolgere tutte le attivita’ formative di cui all’art. 10, comma 5, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, fissando, per quelle previste alle lettere a) e b), un numero minimo totale di crediti rispettivamente pari a 12 e a 18.
5. Per quanto riguarda le attivita’ formative autonomamente scelte dallo studente, ai sensi dell’art. 10, comma 5, lettera a) del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, i regolamenti didattici di ateneo assicurano la liberta’ di scelta tra tutti gli insegnamenti attivati nell’ateneo, consentendo anche l’acquisizione di ulteriori crediti formativi nelle discipline di base e caratterizzanti.
6. I regolamenti didattici di ateneo determinano i casi in cui la prova finale e’ sostenuta in lingua straniera.
7. Nel definire gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea, le universita’ specificano gli obiettivi formativi in termini di risultati di apprendimento attesi, con riferimento al sistema di descrittori adottato in sede europea, e individuano gli sbocchi professionali anche con riferimento alle attivita’ classificate dall’ISTAT.
8. Relativamente al trasferimento degli studenti da un corso di laurea ad un altro, ovvero da un’universita’ ad un’altra, i regolamenti didattici assicurano il riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti gia’ maturati dallo studente, secondo criteri e modalita’ previsti dal regolamento didattico del corso di laurea di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere adeguatamente motivato.
9. Esclusivamente nel caso in cui il trasferimento dello studente sia effettuato tra corsi di laurea appartenenti alla medesima classe, la quota di crediti relativi al medesimo settore scientifico-disciplinare direttamente riconosciuti allo studente non puo’ essere inferiore al 50% di quelli gia’ maturati. Nel caso in cui il corso di provenienza sia svolto in modalita’ a distanza, la quota minima del 50% e’ riconosciuta solo se il corso di provenienza risulta accreditato ai sensi del regolamento ministeriale di cui all’art. 2, comma 148, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.

Art. 4.
1. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea, l’elenco degli insegnamenti e delle altre attivita’ formative di cui all’art. 12, comma 2, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, secondo criteri di stretta funzionalita’ con gli obiettivi formativi specifici del corso.
2. Le universita’ garantiscono l’attribuzione a ciascun insegnamento attivato di un congruo numero intero di crediti formativi, evitando la parcellizzazione delle attivita’ formative. In ciascun corso di laurea non possono comunque essere previsti in totale piu’ di 20 esami o valutazioni finali di profitto, anche favorendo prove di esame integrate per piu’ insegnamenti o moduli coordinati. In tal caso i docenti titolari degli insegnamenti o moduli coordinati partecipano alla valutazione collegiale complessiva del profitto dello studente con modalita’ previste nei regolamenti didattici di ateneo ai sensi dell’art. 11, comma 7, lettera d) e dell’art. 12, comma 2, lettera d) del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270.
3. Gli atenei possono riconoscere, secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 7 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, le conoscenze e le abilita’ professionali certificate individualmente ai sensi della normativa vigente in materia, nonche’ le altre conoscenze e abilita’ maturate in attivita’ formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l’universita’ abbia concorso. Il numero massimo di crediti formativi universitari riconoscibili e’ fissato per ogni corso di laurea nel proprio ordinamento didattico e non puo’ comunque essere superiore a 60.

Art. 5.
1. Ciascun credito formativo universitario dei corsi di laurea corrisponde a 25 ore di impegno medio per studente.
2. I regolamenti didattici di ateneo determinano altresi’ per ciascun corso di laurea la quota dell’impegno orario complessivo che deve rimanere riservata a disposizione dello studente per lo studio personale o per altre attivita’ formative di tipo individuale. Tale quota non puo’ comunque essere inferiore al 50% dell’impegno orario complessivo, salvo nel caso in cui siano previste attivita’ formative ad elevato contenuto sperimentale o pratico.
3. Gli studenti che maturano 180 crediti secondo le modalita’ previste nel regolamento didattico del corso di laurea, ivi compresi quelli relativi alla preparazione della prova finale, sono ammessi a sostenere la prova finale e a conseguire il titolo di studio indipendentemente dal numero di anni di iscrizione all’universita’.

Art. 6.
1. Le universita’ rilasciano, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, i titoli di laurea con la denominazione della classe di appartenenza e del corso di laurea, assicurando che la denominazione di quest’ultimo corrisponda agli obiettivi formativi specifici del corso stesso.
2. I regolamenti didattici di ateneo e i regolamenti dei corsi di studio non possono prevedere denominazioni dei corsi di studio e dei relativi titoli che facciano riferimento a curricula, indirizzi, orientamenti o ad altre articolazioni interne dei medesimi corsi.
3. Le universita’ provvedono inoltre a rilasciare, ai sensi dell’art. 11, comma 8 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, e con le modalita’ indicate nel decreto ministeriale 30 aprile 2004, prot. 9/2004 e successive integrazioni, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio, un certificato che riporta, anche in lingua inglese e secondo modelli conformi a quelli adottati dai Paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo.

Art. 7.
1. Ai sensi dell’art. 13, commi 5 e 6 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, le universita’ assicurano la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti didattici previgenti, agli studenti gia’ iscritti ai corsi alla data di entrata in vigore dei nuovi ordinamenti didattici e disciplinano altresi’ la facolta’ per i medesimi studenti di optare per l’iscrizione ai corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto.
2. Nel primo triennio di applicazione del presente decreto modifiche tecniche alle tabelle delle attivita’ formative indispensabili relative alle classi di corsi di laurea contenute nell’allegato sono adottate con decreto ministeriale, sentito il CUN.
Il presente decreto sara’ inviato ai competenti organi di controllo e sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 16 marzo 2007

Il Ministro: Mussi

Registrato alla corte dei conti il 5 giugno 2007
Ufficio di controllo preventivo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 4, foglio n. 30

Decreto MEF 24 maggio 2005

Decreto Ministero Economia e Finanze 24 maggio 2005
(in GU 28 maggio 2005, n. 123)

Aggiornamento degli importi fissi dell’imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative, ai sensi dell’articolo 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto l’art. 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come modificato dall’art. 7, comma 1, lettera a), numero 3), del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, il quale dispone che gli importi in misura fissa dell’imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative diversi da quelli contenuti negli allegati da 2-bis a 2-sexies alla medesima legge sono aggiornati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze i cui effetti decorrono dal 1° giugno 2005;

Visto l’art. 1-bis, comma 10, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, concernente la disciplina dell’imposta di bollo;

Visto il decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 1992, recante approvazione della tariffa dell’imposta di bollo;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, concernente la disciplina delle tasse sulle concessioni governative;

Visto il decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1995, n. 303, recante approvazione della nuova tariffa delle tasse sulle concessioni governative;

Considerato che, al fine di dare attuazione alla disposizione di cui all’art. 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, occorre aumentare gli importi in misura fissa dell’imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative diversi da quelli contenuti negli allegati alla legge 30 dicembre 2004, n. 311, come modificata dal decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, in misura tale da conseguire gli obiettivi economici stabiliti dal predetto comma 300;

Decreta:

Art. 1.
Aggiornamento degli importi in misura fissa dell’imposta di bollo

1. L’importo dell’imposta di bollo stabilito in misura fissa di euro 11,00 dalle disposizioni vigenti anteriormente alla data di pubblicazione del presente decreto e’ elevato a euro 14,62.
2. Alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, recante disciplina dell’imposta di bollo, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
196 del 21 agosto 1992, e modificata dall’art. 1-bis, comma 10, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’art. 13, commi 1 e 2, le parole «lire 2.500» sono sostituite dalle seguenti: «euro 1,81»;
b) all’art. 14:
1) le parole «euro 1,29» sono sostituite dalle seguenti: «euro 1,81»;
2) le parole «lire 4.000» sono sostituite dalle seguenti: «euro 2,58»;
3) le parole «lire 7.000» sono sostituite dalle seguenti: «euro 4,65»;
4) le parole «lire 10.000» sono sostituite dalle seguenti:
«euro 6,80»;
c) all’art. 28 le parole «lire 600» sono sostituite dalle seguenti: «euro 0,52».

Art. 2.
Aggiornamento degli importi delle tasse sulle concessioni governative

1. Alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, recante disciplina delle tasse sulle concessioni governative, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 1995, sono apportate le seguenti modifiche:
a) le parole «Ammontare delle tasse in lire», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti «Ammontare delle tasse in euro»;
b) all’art. 1, lettera a), la parola «60.000» e’ sostituita dalla seguente: «40,29»;
c) all’art. 1, lettera b), la parola «4.000» e’ sostituita dalla seguente: «2,58».

Art. 3.
Decorrenza

1. Il presente decreto ha effetto a decorrere dal 1° giugno 2005 e sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

Roma, 24 maggio 2005

Il Ministro: Siniscalco

Decreto Ministero Funzione Pubblica 1 dicembre 2000

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Visto l’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione della disciplina in materia di pubblico impiego;

Visto l’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, il quale, nel più ampio quadro della delega conferita al Governo per la riforma della pubblica amministrazione, ha, tra l’altro, specificamente conferito al Governo la delega per apportare modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, recante nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della predetta legge n. 59 del 1997;

Visto, in particolare, l’articolo 58-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 27 del predetto decreto legislativo n. 80 del 1998; Visto il decreto del Ministro della funzione pubblica 31 marzo 1994, con il quale è stato adottato il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 58-bis del predetto decreto legislativo n. 29 del 1993;

Ritenuta la necessità di provvedere all’aggiornamento del predetto codice di comportamento alla luce delle modificazioni intervenute all’articolo 58-bis del decreto legislativo n. 29 del 1993; Sentite le confederazioni sindacali rappresentative;

Decreta

Art.1

Disposizioni di carattere generale

1. I principi e i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa. I dipendenti pubblici – escluso il personale militare, quello della polizia di Stato ed il Corpo di polizia penitenziaria, nonché i componenti delle magistrature e dell’Avvocatura dello Stato – si impegnano ad osservarli all’atto dell’assunzione in servizio.

2. I contratti collettivi provvedono, a norma dell’art.58-bis, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, al coordinamento con le previsioni in materia di responsabilità disciplinare. Restano ferme le disposizioni riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti. 3. Le disposizioni che seguono trovano applicazione in tutti i casi in cui non siano applicabili norme di legge o di regolamento o comunque per i profili non diversamente disciplinati da leggi o regolamenti. Nel rispetto dei principi enunciati dall’articolo 2, le previsioni degli articoli 3 e seguenti possono essere integrate e specificate dai codici adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’articolo 58-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

Art.2

Principi

1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione. Nell’espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della legge e persegue esclusivamente l’interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell’interesse pubblico che gli è affidato.

2. Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d’ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione.

3. Nel rispetto dell’orario di lavoro, il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento delle proprie competenze, si impegna ad adempierle nel modo più semplice ed efficiente nell’interesse dei cittadini e assume le responsabilità connesse ai propri compiti.

4. Il dipendente usa e custodisce con cura i beni di cui dispone per ragioni di ufficio e non utilizza a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio.

5. Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l’amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola l’esercizio dei diritti. Favorisce l’accesso degli stessi alle informazioni a cui abbiano titolo e, nei limiti in cui ciò non sia vietato, fornisce tutte le notizie e informazioni necessarie per valutare le decisioni dell’amministrazione e i comportamenti dei dipendenti.

6. Il dipendente limita gli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese a quelli indispensabili e applica ogni possibile misura di semplificazione dell’attività amministrativa, agevolando, comunque, lo svolgimento, da parte dei cittadini, delle attività loro consentite, o comunque non contrarie alle norme giuridiche in vigore.

7. Nello svolgimento dei propri compiti, il dipendente rispetta la distribuzione delle funzioni tra Stato ed Enti territoriali. Nei limiti delle proprie competenze, favorisce l’esercizio delle funzioni e dei compiti da parte dell’autorità territorialmente competente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.

Art.3

Regali e altre utilità

1. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, neanche in occasione di festività, regali o altre utilità salvo quelli d’uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio.

2. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, regali o altre utilità da un subordinato o da suoi parenti entro il quarto grado. Il dipendente non offre regali o altre utilità ad un sovraordinato o a suoi parenti entro il quarto grado, o conviventi, salvo quelli d’uso di modico valore.

Art.4

Partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni

1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al dirigente dell’ufficio la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere non riservato, i cui interessi siano coinvolti dallo svolgimento dell’attività dell’ufficio, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati.

2. Il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni ed organizzazioni, né li induce a farlo promettendo vantaggi di carriera.

Art.5

Trasparenza negli interessi finanziari

1. Il dipendente informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti di collaborazione in qualunque modo retribuiti che egli abbia avuto nell’ultimo quinquennio, precisando: a) se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi,. abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione; b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio. Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria.

Art.6

Obbligo di astensione

1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero: di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi; di individui od organizzazioni con cui egli stesso o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito; di individui od organizzazioni di cui egli sia tutore, curatore, procuratore o agente; di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il dirigente dell’ufficio.

Art. 7

Attività collaterali

1. Il dipendente non accetta da soggetti diversi dall’amministrazione retribuzioni o altre utilità per prestazioni alle quali è tenuto per lo svolgimento dei propri compiti d’ufficio.

2. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con individui od organizzazioni che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti all’ufficio.

3. Il dipendente non sollecita ai propri superiori il conferimento di incarichi remunerati.

Art.8

Imparzialità.

1. Il dipendente, nell’adempimento della prestazione lavorativa, assicura la parità di trattamento tra i cittadini che vengono in contatto con l’amministrazione da cui dipende. A tal fine, egli non rifiuta né accorda ad alcuno prestazioni che siano normalmente accordate o rifiutate ad altri.

2. Il dipendente si attiene a corrette modalità di svolgimento dell’attività amministrativa di sua competenza, respingendo in particolare ogni illegittima pressione, ancorché esercitata dai suoi superiori.

Art.9

Comportamento nella vita sociale

1. Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino. Nei rapporti privati, in particolare con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, non menziona né fa altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione, qualora ciò possa nuocere all’immagine dell’amministrazione.

Art.10

Comportamento in servizio

1. Il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né affida ad altri dipendenti il compimento di attività o l’adozione di decisioni di propria spettanza.

2. Nel rispetto delle previsioni contrattuali, il dipendente limita le assenze dal luogo di lavoro a quelle strettamente necessarie.

3. Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio. Salvo casi d’urgenza, egli non utilizza le linee telefoniche dell’ufficio per esigenze personali. Il dipendente che dispone di mezzi di trasporto dell’amministrazione se ne serve per lo svolgimento dei suoi compiti d’ufficio e non vi trasporta abitualmente persone estranee all’amministrazione.

4. Il dipendente non accetta per uso personale, né detiene o gode a titolo personale, utilità spettanti all’acquirente, in relazione all’acquisto di beni o servizi per ragioni di ufficio.

Art.11

Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in diretto rapporto con il pubblico presta adeguata attenzione alle domande di ciascuno e fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell’ufficio. Nella trattazione delle pratiche egli rispetta l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto motivando genericamente con la quantità di lavoro da svolgere o la mancanza di tempo a disposizione. Egli rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde sollecitamente ai loro reclami.

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa.

3. Il dipendente non prende impegni né fa promesse in ordine a decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio, se ciò possa generare o confermare sfiducia nell’amministrazione o nella sua indipendenza ed imparzialità.

4. Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotta un linguaggio chiaro e comprensibile.

5. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in una amministrazione che fornisce servizi al pubblico si preoccupa del rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall’amministrazione nelle apposite carte dei servizi. Egli si preoccupa di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.

Art.12

Contratti

1. Nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, il dipendente non ricorre a mediazione o ad altra opera di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto.

2. Il dipendente non conclude, per conto dell’amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato nel biennio precedente. Nel caso in cui l’amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali egli abbia concluso contratti a titolo privato nel biennio precedente, si astiene dal partecipare all’adozione delle decisioni ed alle attività relative all’esecuzione del contratto.

3. Il dipendente che stipula contratti a titolo privato con imprese con cui abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell’amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell’ufficio.

4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente competente in materia di affari generali e personale.

Art.13

Obblighi connessi alla valutazione dei risultati

1. Il dirigente ed il dipendente forniscono all’ufficio interno di controllo tutte le informazioni necessarie ad una piena valutazione dei risultati conseguiti dall’ufficio presso il quale prestano servizio. L’informazione è resa con particolare riguardo alle seguenti finalità: modalità di svolgimento dell’attività dell’ufficio; qualità dei servizi prestati; parità di trattamento tra le diverse categorie di cittadini e utenti; agevole accesso agli uffici, specie per gli utenti disabili; semplificazione e celerità delle procedure; osservanza dei termini prescritti per la conclusione delle procedure; sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni.

Art.14

Abrogazione

1. Il decreto del Ministro della funzione pubblica 31 marzo 1994 è abrogato. Il presente decreto sarà comunicato alla Corte dei Conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 1.12.2000.

Decreto Ministeriale 6 marzo 1997, n. 176

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Decreto Ministeriale 6 marzo 1997, n. 176
(in GU n. 144 del 23.6.1997)

Regolamento recante norme per lo svolgimento degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di agrotecnico.

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Visto l’art.1, comma 2, della legge 6 giugno 1986, n. 251, nel testo modificato dall’art. 1 della
legge 5 marzo 1991, n. 91, che istituisce l’esame di Stato per il conseguimento dell’abilitazione
all’esercizio della libera professione di agrotecnico;
Vista la legge 8 dicembre 1956, n. 1378, e segnatamente l’articolo 3, il quale prevede che, mediante
decreto del Ministro della pubblica istruzione, siano adottate norme regolamentari per disciplinare i
programmi e lo svolgimento degli esami per l’abilitazione all’esercizio delle libere professioni;
Visto l’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione;
Sentito il Collegio nazionale degli agrotecnici;
Udito il parere del Consiglio di Stato n. 1269/1994, espresso nella adunanza generale del 24 ottobre
1996;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell’art. 17, comma 3,
della citata legge n. 400/1988 (nota n. 3374 del 4 marzo 1997);

A D O T T A
il seguente regolamento:

Art. 1
Sessioni e sedi di esame
1. Gli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di agrotecnico hanno
luogo ogni anno in unica sessione indetta con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione
pubblicata, entro il 30 giugno di ogni anno, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
2. Le prove di esame hanno inizio in tutte le sedi nello stesso giorno previsto dall’ordinanza
ministeriale e proseguono secondo il calendario stabilito a norma degli articoli seguenti.
3. Salvo quanto previsto nel successivo art. 10, gli esami si svolgono in sede regionale o
interregionale, a seconda del numero dei candidati che presentano la domanda, nelle città sedi degli
istituti professionali di Stato per l’agricoltura di volta in volta indicati nell’ordinanza di cui al
precedente comma 1.
4. I candidati possono presentare domanda di ammissione agli esami soltanto all’istituto
professionale di Stato per l’agricoltura sede regionale od interregionale di esame, di cui all’elenco
allegato all’ordinanza annuale indicata nel precedente comma 1. Detta domanda viene inoltrata
all’istituto prescelto per il tramite del Collegio nazionale degli agrotecnici, che attesterà altresì il
soddisfacimento dei requisiti di cui all’articolo 1, comma 2 della legge 6 giugno 1986, n. 251 e
successive modificazioni.
5. Il contributo di lire 3.000 e la tassa di lire 10.000, previsti dall’articolo 4 della legge 8 dicembre
1956, n. 1378, e successive modificazioni, sono versati dai candidati in favore dell’istituto
professionale di Stato per l’agricoltura prescelto come sede di esame.
6. L’ordinanza ministeriale di cui al comma 1 indicherà, per ciascuno degli istituti sedi di esame, i
numeri dei conti e le modalità di pagamento delle somme di cui al precedente comma 5.

Art. 2
Requisiti di ammissione
1. Nell’ordinanza ministeriale di cui al comma 1 del precedente art. 1 saranno indicati i requisiti di
ammissione agli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di
agrotecnico ai sensi dell’art. 1 della legge 6 giugno 1986, n. 251, e successive modificazioni.
2. A tal fine è considerato equipollente al requisito di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d), della
predetta legge 6 giugno 1986, n. 251, nel testo modificato dall’articolo 1 della legge 5 marzo 1991,
n. 91, il possesso del diploma universitario di cui all’art. 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341,
ottenuto al termine degli specifici corsi universitari disciplinati dal decreto ministeriale 15
novembre 1991 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 108 dell’11 maggio 1992) e
successive modificazioni ed integrazioni.

Art. 3
Domande di ammissione
1. Le domande di ammissione agli esami devono essere indirizzate all’istituto professionale di
Stato per l’agricoltura prescelto come sede di esame, redatte in carta legale e, unitamente ai
documenti di rito, inviate mediante raccomandata con avviso di ricevimento, entro il termine
stabilito dall’ordinanza ministeriale, al Collegio nazionale degli agrotecnici. Le domande di
ammissione possono essere altresì, presentate direttamente al Collegio nazionale degli agrotecnici,
ottenendone apposita ricevuta.
2. Le domande si considerano prodotte in tempo utile purchè spedite a mezzo raccomandata con
avviso di ricevimento entro il termine indicato dall’ordinanza ministeriale che indice la relativa
sessione di esame; a tal fine fa fede il timbro dell’ufficio postale accettante.
3. Non sono ammessi agli esami i candidati che abbiano spedito la domanda con i documenti oltre
il termine di scadenza stabilito, quale ne sia la causa, e coloro i quali risultino sprovvisti dei
requisiti prescritti di cui all’articolo 2.
4. L’esclusione può avere luogo in qualsiasi momento, quando ne siano emersi i motivi, anche
durante lo svolgimento degli esami.

Art. 4
Modalità di presentazione della domanda
1. Nella domanda di ammissione agli esami, corredata della documentazione prevista dal
successivo art. 5, i candidati debbono indicare:
a) cognome e nome;
b) luogo e data di nascita;
c) la residenza anagrafica e l’indirizzo al quale desiderano che vengano loro inviate le
eventuali comunicazioni relative agli esami;
d) l’istituto professionale agrario presso il quale è stato conseguito il diploma di agrotecnico
e l’anno scolastico relativo;
e) il certificato comprovante il possesso di uno dei requisiti di cui all’articolo 1, comma 2,
lettera d), della legge 6 giugno 1986, n. 251, nel testo modificato dall’art. 1 della legge 5 marzo
1991, n. 91;
f) la dichiarazione sotto la propria responsabilità, pena l’esclusione in qualsiasi momento
dagli esami, di non aver prodotto per la stessa sessione altra domanda di ammissione ad una diversa
sede in esame;
g) data e firma.
2. La firma dei candidati apposta in calce alla domanda deve essere autenticata, a norma delle
vigenti disposizioni.

Art. 5
Documentazione
1. Alla domanda di ammissione agli esami devono essere allegati i seguenti documenti rilasciati
con l’osservanza delle vigenti disposizioni sul bollo:
a) diploma di maturità professionale di agrotecnico in originale o copia autentica;
b) un breve curriculum in carta semplice, sottoscritto dal candidato, relativo all’attitività
professionale ed agli eventuali ulteriori studi compiuti dopo il conseguimento del diploma di
maturità;
c) eventuali pubblicazioni di carattere professionale;
d) ricevute da cui risulti l’avvenuto versamento della tassa di ammissione agli esami nella
misura di L. 96.000 dovuta all’erario e del contributo nella misura di L. 3.000 dovuto all’istituto
professionale di Stato per l’agricoltura sede di esame, a norma della legge 8 dicembre 1956, n. 1378
e successive modificazioni;
e) un elenco sottoscritto su carta semplice dei documenti, numerati in ordine progressivo,
prodotti a corredo della domanda.

Art. 6
Adempimenti del Collegio nazionale degli agrotecnici
1. Subito dopo il termine di scadenza per la presentazione delle domande stabilito dalla relativa
ordinanza ministeriale, il Collegio nazionale degli agrotecnici verifica la regolarità delle domande
ricevute ed utilmente prodotte e, compiuto ogni opportuno accertamento di competenza, trasmette
al Ministero della pubblica istruzione, ai fini di una sollecita determinazione del numero delle
commissioni esaminatrici da nominare, un telegramma o un telefax con il numero dei candidati
ammessi a sostenere gli esami, facendolo seguire dall’elenco nominativo dei candidati stessi.
2. Le domande prodotte dai candidati, con allegata la relativa documentazione, e gli elenchi di cui
al paragrafo precedente vengono consegnati dallo stesso Collegio nazionale degli agrotecnici agli
istituti professionali di Stato per l’agricoltura sedi degli esami, prima dell’insediamento delle
commissioni esaminatrici e secondo le modalità stabilite dall’ordinanza ministeriale che indice la
relativa sessione di esame.
3. Ciascuna domanda dovrà in ogni caso contenere la certificazione relativa al possesso di almeno
uno dei requisiti di cui alla legge 6 giugno 1986, n. 251, e successive modificazioni.

Art. 7
Commissioni esaminatrici
1. Le commissioni esaminatrici sono nominate con decreto del Ministro della pubblica istruzione e
sono composte dal presidente e da quattro membri.
2. Il presidente viene scelto nelle seguenti categorie:
a) professori universitari di ruolo ordinario o straordinario;
b) professori universitari associati o fuori ruolo.
I professori universitari di cui alle lettere a) e b) possono essere scelti anche fra coloro che si
trovino in pensione.
3. Due dei membri della commissione vengono scelti tra i docenti laureati di ruolo di discipline
agrarie, che insegnino da almeno un quinquennio o abbiano insegnato per un pari periodo negli
istituti professionali di Stato per l’agricoltura. Tali membri vengono scelti nell’ambito di terne di
nominativi segnalate dal Collegio nazionale degli agrotecnici, in numero corrispondente ai
commissari da nominare.
4. Gli altri due componenti la commissione sono scelti tra gli agrotecnici iscritti nell’albo
professionale, nell’ambito, di terne di nominativi, segnalate dal Collegio nazionale degli
agrotecnici, in numero corrispondente ai commissari da nominare.
5. Nelle sedi in cui l’ordinamento italiano riconosce il bilinguismo viene assicurata una
composizione della commissione tale da consentire ai candidati lo svolgimento degli esami nella
lingua materna.

Art. 8
Sostituzioni
1. Con lo stesso decreto di nomina di cui al precedente articolo il Ministro della pubblica istruzione
designa per ciascuna commissione anche quattro membri supplenti nell’ambito di terne di
nominativi segnalati dal Collegio nazionale degli agrotecnici, in numero corrispondente ai
commissari da nominare, di cui due scelti nella categoria dei docenti aventi i requisiti indicati al
comma 3 del precedente articolo e due nella categoria degli agrotecnici iscritti all’albo
professionale di cui al comma 4 del precedente articolo.
2. In caso di assenza all’atto dell’insediamento della commissione o di successivo impedimento di
qualcuno dei commissari, il presidente dispone con proprio provvedimento la relativa definitiva
sostituzione, nominando il membro supplente scelto in via prioritaria nella categoria
corrispondente.
3. Alla eventuale sostituzione dei presidenti delle commissioni esaminatrici provvede il Ministro
della pubblica istruzione.
4. In caso di accertata urgenza e necessità ed al fine di assicurare il regolare svolgimento degli
esami, il Ministro della pubblica istruzione – ferma restando la scelta tra le categorie ivi menzionate
– può disporre deroghe dal possesso degli ulteriori requisiti indicati nel precedente art. 7.

Art. 9
Funzionamento delle commissioni
1. Viene costituita una commissione esaminatrice per ciascuna sede regionale o interregionale, cui
vengono assegnati non meno di 25 e non più di 50 candidati.
2. Qualora in qualche sede di esame i candidati iscritti risultino rispettivamente in numero inferiore
o superiore ai limiti indicati, è data facoltà al Ministro della pubblica istruzione di costituire
commissioni esaminatrici per candidati provenienti da diverse sedi o più commissioni operanti nella
medesima località.
3. Nella prima seduta la commissione elegge nel proprio seno il componente al quale affidare le
funzioni di segretario.
4. Tutte le decisioni della commissione vengono adottate con la presenza di tutti i membri e
deliberate a maggioranza.
5. A conclusione di ciascuna seduta viene redatto processo verbale letto e sottoscritto dal
presidente e da tutti i commissari.
6. Ai componenti le commissioni esaminatrici sono corrisposte le indennità stabilite dalla legge 8
dicembre 1956, n. 1378, e successive modificazioni e, quando spetti, il trattamento economico di
missione previsto per i dipendenti statali. Ai componenti le commissioni esaminatrici residenti in
una località diversa da quella ove si tengano le riunioni compete, se dipendenti della pubblica
amministrazione, il normale trattamento di missione in base alla qualifica o livello funzionale di
appartenenza, mentre per gli estranei all’amministrazione statale e per il personale a riposo, diverso
dai professori universitari, tale trattamento va determinato con riferimento a quello goduto dal
personale in attività di servizio nei limiti e con le modalità previste dall’articolo 28 della legge 18
dicembre 1973, n. 836.
7. Ai professori universitari collocati a riposo si applica, per quanto riguarda, l’eventuale
trattamento di missione, il disposto della legge 24 gennaio 1958, n. 18.

Art. 10
Prove di esame – Valutazioni
1. Gli esami consistono in due prove scritte o scritto-grafiche, ed in una prova orale.
2. Gli argomenti che formano oggetto delle prove di esame sono indicati nel successivo art. 18.
3. La valutazione delle prove viene effettuata dalla commissione esaminatrice sulla base di un
massimo complessivo di 100 punti, dei quali 20 sono assegnati a ciascuna delle prove scritte o
scritto-grafiche e 60 alla prova orale.
4. Sono ammessi a sostenere la prova orale i candidati che conseguono una valutazione di almeno
12/20 in ciascuna delle prove scritte o scritto-grafiche.
5. L’abilitazione all’esercizio della libera professione è conseguita solo da parte dei candidati
ammessi a sostenere la prova orale, che riportino in tale prova una valutazione di almeno 36/60.
6. La valutazione complessiva attribuita ai candidati che conseguono l’abilitazione all’esercizio
della libera professione di agrotecnico è costituita dalla somma delle votazioni ottenute nelle prove
scritte o scritto-grafiche e nella prova orale, ed è espressa in centesimi.

Art. 11
Svolgimento delle prove di esame
1. Il tempo assegnato ai candidati per lo svolgimento delle prove scritte o scritto-grafiche viene
indicato nell’ordinanza ministeriale con la quale è annualmente indetta la relativa sessione d’esame.
2. I temi, unici per ciascuna prova, vengono inviati dal Ministero della pubblica istruzione.
3. La valutazione degli elaborati ha inizio il giorno feriale successivo al termine della seconda
prova scritta o scritto-grafica e si effettua collegialmente. Di norma vengono valutati giornalmente
non meno di 10 elaborati.
4. Per lo svolgimento delle prove orali vengono convocati giornalmente non meno di 5 candidati in
almeno 4 sedute settimanali, esclusi i giorni festivi.
5. L’elenco e le votazioni dei candidati ammessi a sostenere le prove orali ed il calendario relativo
alle prove stesse vengono notificati, entro il giorno successivo al termine della correzione degli
elaborati, mediante affissione all’albo dell’istituto sede degli esami.
6. Le prove orali sono pubbliche ed hanno inizio non oltre il quindicesimo giorno dall’affissione
dell’elenco di cui al comma precedente.
7. Non sono consentite prove suppletive e pertanto i candidati che risultino per qualsiasi motivo
assenti anche ad una sola delle prove scritte o scritto-grafiche sono esclusi dalla relativa sessione di
esami.
8. I candidati che, per comprovati e documentati motivi sottoposti tempestivamente alla valutazione
discrezionale e definitiva della commissione esaminatrice, non siano in grado di sostenere la prova
orale nel giorno stabilito possono dalla commissione stessa essere riconvocati in altra data.
9. La convocazione degli anzidetti candidati deve avvenire, di norma, nei giorni già stabiliti in
calendario. Al riguardo la commissione può eccezionalmente fissare – tenendo presenti sia le
esigenze prospettate dagli interessati, sia la necessità di una conclusione in tempi ragionevoli del
procedimento – eventuali sedute supplementari.

Art. 12
Annullamento di prove di esami
1. Le commissioni esaminatrici verificano il possesso da parte dei candidati dei requisiti prescritti
per l’ammissione agli esami e vigilano sul regolare svolgimento delle prove.
2. Nei casi in cui venga accertata la mancanza o la irregolare documentazione di uno dei requisiti
indicati nel precedente art. 2 o nei casi in cui si verifichino frodi o comportamenti contrari alle
norme relative ai doveri dei candidati durante lo svolgimento delle prove, le commissioni
esaminatrici dispongono, con provvedimento motivato, l’annullamento delle prove e l’esclusione
degli interessati dal proseguimento degli esami.
3. Dopo la chiusura della sessione di esame tale potere di annullamento spetta al Ministro della
pubblica istruzione, il quale può anche disporre in qualsiasi momento l’annullamento collettivo di
parte o di tutte le prove di esame, qualora emergano motivi di irregolarità sostanziali o procedurali
verificatisi nello svolgimento delle stesse.
4. I casi di frodi o di comportamenti contrari alle norme relative ai doveri dei candidati durante lo
svolgimento delle prove vengono segnalati al collegio locale degli agrotecnici che ha rilasciato
l’attestazione circa il possesso dei requisiti di cui alla legge 6 giugno 1986, n. 251, e successive
modificazioni, per l’adozione dei provvedimenti di competenza, che possono prevedere anche
l’eventuale esclusione degli autori da una o più sessioni di esami.

Art. 13
Pubblicazione dei risultati delle prove orali
1. La valutazione della prova orale viene deliberata dalla commissione giudicatrice per ciascun
candidato subito dopo la conclusione del relativo esame.
2. I risultati delle prove orali vengono affissi al termine di ciascuna seduta giornaliera.

Art. 14
Candidati non abilitati
1. I candidati che non conseguono l’abilitazione, come pure quelli dichiarati assenti o esclusi dal
proseguimento degli esami, debbono ripetere, qualora si ripresentino ad una successiva sessione,
tutte le prove previste dal presente regolamento e sono tenuti a pagare nuovamente per intero la
tassa ed il contributo indicati nel precedente art. 5, essendo comunque esclusa la possibilità di
chiedere il rimborso o di avvalersi di quelli già versati.

Art. 15
Adempimenti conclusivi
1. Entro il giorno successivo a quello previsto dal calendario come conclusivo delle prove orali, la
commissione esaminatrice riassume i risultati delle prove d’esame e redige l’elenco dei candidati
dichiarati abilitati all’esercizio della libera professione di agrotecnico, con l’indicazione del voto
complessivo attribuito a ciascuno di essi e costituito dalla somma dei voti riportati nelle prove
scritte o scritto-grafiche e nella prova orale.
2. Copie di tale elenco vengono affisse all’albo dell’istituto sede degli esami ed in quello dei
competenti collegi locali degli agrotecnici.
3. Gli atti relativi all’espletamento della sessione, dopo la sua chiusura, vengono consegnati dalla
commissione esaminatrice all’istituto sede d’esame, presso il quale sono conservati a disposizione
del Ministro della pubblica istruzione per i periodi di tempo previsti dal secondo e terzo comma
dell’art. 101 del regio decreto 4 maggio 1925, n. 653.
4. Gli istituti di cui al precedente comma 3 provvedono tempestivamente a trasmettere al Ministero
della pubblica istruzione gli elenchi dei candidati che hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio
della libera professione di agrotecnico ai fini degli adempimenti di competenza.

Art. 16
Diplomi e certificazioni
1. I diplomi relativi al conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della libera professione di
agrotecnico sono firmati per il Ministro della pubblica istruzione e rilasciati, in unico esemplare, dal
preside dell’istituto professionale di Stato per l’agricoltura presso il quale hanno avuto luogo gli
esami, su modulo fornito dal Provveditorato generale dello Stato.
2. In caso di perdita del diploma originale può essere rilasciato dal preside dell’istituto soltanto un
certificato sostitutivo dello stesso, in conformità della procedura prevista dalle vigenti disposizioni
per i diplomi di maturità.
3. I diplomi ed ogni altra certificazione possono essere rilasciati dallo stesso preside, solo previa
presentazione di domanda in carta legale e di attestazione, da parte degli aventi diritto,
dell’avvenuto versamento della tassa di L. 9.000 a favore dell’erario e di L. 10.000 a favore
dell’istituto, a norma dell’art. 8 della legge 8 dicembre 1956, n. 1378, e successive modificazioni, e
del precedente art. 1.

Art. 17
Liquidazione dei compensi ai commissari
1. Le competenze spettanti ai componenti delle commissioni esaminatrici a norma dell’articolo 5
della legge 8 dicembre 1956, n. 1378, e successive modificazioni, vengono liquidate dagli istituti
professionali di Stato per l’agricoltura di cui al precedente articolo 3, in conformità di quanto
previsto per gli esami di maturità dall’articolo 6 del decreto-legge 21 giugno 1980, n. 267,
convertito, con modificazioni , nella legge 23 luglio 1980, n. 383.
2. I fondi occorrenti vengono accreditati dal Ministero della pubblica istruzione, a seconda delle
necessità e nel rispetto delle vigenti procedure di contabilità dello Stato.

Art. 18
Programma di esame
1. La prima prova scritta verterà su questioni di tecnica della produzione, sia vegetale che animale,
o di trasformazione dei prodotti.
2. Potranno essere richiesti: l’illustrazione di criteri di scelta di ordinamenti, di tecniche colturali,
di sistemi di allevamento, di miglioramento genetico, di interventi fitoiatrici, di processi di
trasformazione, nonché la comparazione di possibili alternative nell’ottica della ottimizzazione dei
processi o degli interventi, il tutto in relazione ai rapporti con il mercato ed agli indirizzi di politica
agricola nazionale e comunitaria.
3. La seconda prova scritta o scritto-grafica riguarderà l’illustrazione e l’analisi di problemi relativi
ai miglioramenti fondiari ed agrari ed ai connessi aspetti economici, oppure l’illustrazione e
l’analisi delle funzioni amministrative e contabili delle aziende agrarie, ivi compresa la formazione
del bilancio, il diritto tributario e quello del lavoro.
4. Durante le prove è consentita soltanto la consultazione di manuali tecnici e l’uso di strumenti di
calcolo non programmabili e non stampanti.
5. Il colloquio verterà sui diversi aspetti delle competenze previste dal regolamento professionale.
6. Sarà richiesta, oltre la conoscenza degli aspetti tecnici riguardanti i diversi contenuti,
l’illustrazione delle considerazioni economiche e degli aspetti normativi inerenti i problemi che
saranno sottoposti all’analisi dei candidati.
7. Potranno inoltre essere discussi aspetti tecnici relativi alle pubblicazioni presentate.

Art. 19
Norme finali
Per quanto non previsto dal presente regolamento si applicano, nella parte compatibile, le seguenti
norme:
1) decreto ministeriale 9 settembre 1957, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 novembre 1957, n. 271;
2) le modificazioni al suddetto decreto contenute nei seguenti provvedimenti:
decreto ministeriale 10 gennaio 1958, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 gennaio 1958, n. 12;
decreto ministeriale 2 marzo 1959, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 marzo 1959, n. 57;
decreto ministeriale 3 dicembre 1962, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 febbraio 1963, n. 46;
decreto ministeriale 6 gennaio 1963, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 ottobre 1963, n. 273;
decreto ministeriale 10 settembre 1966, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 giugno 1967, n. 142;
decreto ministeriale 7 febbraio 1970, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 luglio 1970, n. 191;
decreto ministeriale 1° febbraio 1974, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 luglio 1974, n. 179;
decreto ministeriale 27 settembre 1976, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 1977, n. 8;
decreto ministeriale 18 luglio 1977, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1977, n. 331;
decreto ministeriale 26 settembre 1978, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1979, n. 90;
articolo unico, decreto ministeriale 5 ottobre 1981, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 agosto
1982, n. 214;
decreto ministeriale 14 ottobre 1982, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1982, n. 325;
3) decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, convertito con modificazioni nella legge 5 aprile 1969, n. 119,
relativo al riordinamento degli esami di maturità, di abilitazione e di licenza della scuola media.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.

Roma, 6 marzo 1997

Il Ministro

Decreto Interministeriale 31 dicembre 1983

Decreto Interministeriale 31 dicembre 1983
(in GU 17 gennaio 1984, n. 16)

Individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale.

IL MINISTRO DELL’INTERNO
di concerto con
IL MINISTRO DEL TESORO
e
IL MINISTRO DELLE FINANZE

Visto il decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1983, n. 131, concernente provvedimenti per la finanza locale per il triennio 1983-85;
Visto l’art. 6, terzo comma, del predetto decreto-legge col quale il Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze, sentite l’Associazione nazionale dei comuni italiani, l’Unione delle province d’Italia, l’Unione nazionale comuni e comunità enti montani, è autorizzato ad emanare, entro il 31 dicembre 1983, un decreto che individui esattamente le categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale, per i quali gli enti locali sono tenuti a chiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato;
Considerato che ai sensi del primo comma dello stesso art. 6 sono comunque compresi fra i servizi a domanda individuale gli asili nido, i bagni pubblici, i mercati, gli impianti sportivi, i trasporti funebri, le colonie ed i soggiorni, i teatri ed i parcheggi comunali;
Ritenuto che ai sensi del combinato disposto dell’ultimo comma del medesimo art. 6 e dell’art. 3 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito in legge 26 febbraio 1982, n. 51, sono invece esclusi dalla disciplina ivi prevista i servizi gratuiti per legge statale o regionale, quelli finalizzati all’inserimento sociale dei portatori di handicaps, quelli per i quali le vigenti norme prevedono la corresponsione di tasse, diritti o di prezzi amministrati ed i servizi di trasporto pubblico;
Ritenuto altresì che per servizi pubblici a domanda individuale devono intendersi tutte quelle attività gestite direttamente dall’ente, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale, che vengono utilizzate a richiesta dell’utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale;
Ritenuto che non possono essere considerati servizi pubblici a domanda individuale quelli a carattere produttivo, per i quali il regime delle tariffe e dei prezzi esula dalla disciplina del menzionato art. 6 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55;
Sentite le associazioni di cui al secondo comma del presente decreto;

Decreta:

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1983, n. 131, le categorie dei servizi pubblici a domanda individuale sono le seguenti:

1) alberghi, esclusi i dormitori pubblici; case di riposo e di ricovero;
2) alberghi diurni e bagni pubblici;
3) asili nido;
4) convitti, campeggi, case per vacanze, ostelli;
5) colonie e soggiorni stagionali, stabilimenti termali;
6) corsi extra scolastici di insegnamento di arti e sport e altre discipline, fatta eccezione per quelli espressamente previsti dalla legge;
7) giardini zoologici e botanici;
8) impianti sportivi: piscine, campi da tennis, di pattinaggio, impianti di risalita e simili;
9) mattatoi pubblici;
10) mense, comprese quelle ad uso scolastico;
11) mercati e fiere attrezzati;
12) parcheggi custoditi e parchimetri;
13) pesa pubblica;
14) servizi turistici diversi: stabilimenti balneari, approdi turistici e simili;
15) spurgo di pozzi neri;
16) teatri, musei, pinacoteche, gallerie, mostre e spettacoli;
17) trasporti di carni macellate;
18) trasporti funebri, pompe funebri e illuminazioni votive (2);
19) uso di locali adibiti stabilmente ed esclusivamente a riunioni non istituzionali: auditorium, palazzi dei congressi e simili.

(2) Numero così sostituito dal comma 4 dell’art. 2, D.M. 1° luglio 2002.
Successivamente, il citato comma 4 dell’art. 2, D.M. 1° luglio 2002 è stato abrogato dall’art. 4, D.M. 16 maggio 2006, il quale ha inoltre disposto il ripristino dell’originaria formulazione del presente numero.

Decreto Ministeriale 1 febbraio 1975

Equipollenza di titoli finali di studio conseguiti da lavoratori italiani e loro congiunti emigrati nelle scuole straniere corrispondenti agli istituti italiani di istruzione secondaria di II grado o di istruzione professionale

(S.O. alla G.U. 1 marzo 1975, n. 58)

Premessa

IL MINISTRO PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE
d’intesa con
IL MINISTRO PER GLI AFFARI ESTERI

Veduto l’art. 5 della legge 3 marzo 1971, n. 153, concernente iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionale, da attuare all’estero a favore dei lavoratori italiani e loro congiunti;

Ritenuta la necessità di stabilire le modalità per il rilascio delle dichiarazioni di equipollenza, ai sensi del citato art. 5, dei titoli finali di studio conseguiti nelle scuole straniere corrispondenti agli istituti italiani d’istruzione secondaria di secondo grado dai lavoratori italiani e loro congiunti emigrati, con titoli di studio italiani;

Ritenuta la necessità di determinare le prove integrative eventualmente ritenute necessarie per ciascun tipo di titolo di studio straniero; Udita la commissione prevista dal quarto comma del già citato art. 5;  Udito il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

Art. 1.- Domanda.

I lavoratori italiani e loro congiunti emigrati che aspirano ad ottenere la dichiarazione di equipollenza con titoli di studio italiani, ai sensi dell’art. 5 della legge 3 marzo 1971, n. 153, dei titoli finali di studio conseguiti all’estero nelle scuole straniere, corrispondenti agli istituti italiani d’istruzione secondaria di secondo grado, e che abbiano, secondo gli ordinamenti dei rispettivi paesi, il riconoscimento legale degli studi e degli esami, possono presentare domanda ad un provveditore agli studi di loro scelta.

Art. 2.- Contenuto della domanda.

La domanda redatta secondo il modello allegato, deve contenere: cognome, nome, luogo e data di nascita del richiedente; 

l’indicazione precisa del titolo di studio finale italiano (d’istruzione secondaria di secondo grado), con la specificazione – per i titoli di istruzione tecnica e professionale – del tipo o indirizzo o specializzazione o qualifica prescelta, rispetto al quale si chiede la equipollenza;

l’indicazione del titolo finale di studio straniero del quale l’interessato chiede l’equipollenza, con la precisazione dell’istituto legalmente riconosciuto, località e preciso indirizzo, e dell’anno scolastico di conseguimento;

la dichiarazione, sotto la propria personale responsabilità, che, in ordine al precitato titolo di studio straniero, non è stata già conseguita equipollenza con altro titolo di studio italiano, ne è stata o sarà presentata domanda di equipollenza ad altro provveditorato agli studi. Nella domanda devono, altresì, essere dichiarati; il possesso della cittadinanza italiana; la condizione di lavoratore emigrato o suo congiunto: il periodo (o i periodi), con date precise, di permanenza all’estero in qualità di  lavoratore italiano o suo congiunto;

l’attuale residenza e il preciso recapito, al quale l’interessato desidera ricevere le comunicazioni relative alla domanda. L’amministrazione non risponde dei disguidi dovuti all’omessa comunicazione dei cambiamenti eventualmente intervenuti nel predetto recapito.

La domanda deve essere datata e recherà la firma del richiedente; nel caso che l’interessato sia minorenne e non emancipato, la domanda deve essere controfirmata dal padre o da chi ne fa le veci.

Art. 3.- Documenti.

Alla domanda devono essere allegati i seguenti documenti:

a) titolo di studio rilasciato dalla scuola straniera, accompagnato dalla traduzione in lingua italiana, certificata conforme al testo straniero dall’autorità diplomatica o consolare italiana ovvero da un traduttore ufficiale (ai sensi dell’art. 17, comma secondo e terzo, della legge 4 gennaio 1968, n. 15); la firma del capo di istituto che ha rilasciato il titolo suddetto sarà legalizzata dalla predetta autorità diplomatica o consolare;

b) dichiarazione della predetta autorità indicante, oltre alla precisazione sulla posizione giuridica dell’istituto o scuola (statale o legalmente riconosciuta con la chiara indicazione del gestore), l’ordine e il grado degli studi ai quali il titolo si riferisce secondo l’ordinamento vigente nel paese in cui è stato conseguito. Potranno, altresì, essere indicati, ai fini di una più esauriente conoscenza, gli effetti per il proseguimento degli studi o per l’assunzione a posti di lavoro o di impiego che vengono riconosciuti al titolo del quale si chiede l’equipollenza dalla normativa vigente nel paese in cui esso è stato conseguito;

c) certificato di cittadinanza italiana;

d) attestazione dell’ufficio consolare, dal quale risulti lo stato di lavoratore italiano, o suo congiunto emigrato;

e) per i congiunti di lavoratori italiani: stato di famiglia, dal quale emerga chiaramente la sussistenza di tale rapporto;

f) curriculum degli studi seguiti dal richiedente, distinto per anni scolastici, possibilmente con l’indicazione delle materie, per ciascuna delle classi frequentate con esito positivo, sia all’estero, sia eventualmente, in Italia. Detto curriculum, redatto e firmato dall’interessato, indicherà, oltre agli studi svolti, l’esito favorevole di esami finali da lui sostenuti o eventuali esperienze di lavoro da lui maturate in connessione col titolo del quale si chiede la equipollenza.
Per quanto riguarda il corso di studi del titolo finale del quale si richiede l’equipollenza, l’interessato dovrà, inoltre, allegare il programma delle materie oggetto del corso stesso (1).
Detto programma, rilasciato dalla scuola ove il candidato ha seguito gli studi o dalle competenti autorità educative nazionali o locali straniere, dovrà essere accompagnato dalla relativa traduzione in lingua italiana certificata conforme come sub a). Qualora i succitati uffici stranieri non rilasciassero certificazione al riguardo le autorità diplomatiche o consolari italiane potranno desumere il programma in questione dalle pubblicazioni ufficiali dei relativi Stati esteri (1);

g) ogni altro titolo o documento, anche in copia fotostatica, che il richiedente ritenga, nel proprio interesse, di produrre a prova dei dati riportati nel curriculum di cui alla precedente lettera f), accompagnati da relativa traduzione in lingua italiana, certificata come sub a);

h) eventuali atti (anche in copia fotostatica) ritenuti idonei a provare la conoscenza della lingua italiana (quali: attestazione di frequenza di corsi con insegnamento in lingua italiana, o di corsi di lingua italiana, oppure partecipazione ad attività culturali italiane, oppure prestazioni lavorative presso istituzioni o ditte o aziende italiane, ecc.) per i fini di cui al successivo art. 7;

i) elenco in duplice copia dei documenti e titoli presentati.

Art. 4.- Rinvio della presentazione di alcuni documenti.

L’aspirante può rinviare la presentazione del certificato di cittadinanza italiana, o, per i congiunti di lavoratori, dello stato di famiglia, al momento dell’eventuale rilascio della dichiarazione di equipollenza, rilascio che viene, pertanto, condizionato alla presentazione degli atti medesimi.

Art. 5.- Accertamenti.

Circa i dati contenuti nella domanda di ammissione e nella documentazione annessa, potranno, agli effetti della dichiarazione di equipollenza, essere disposti eventuali accertamenti, e richieste integrazioni oppure la regolarizzazione formale degli atti presentati.

Il candidato che non risulti in possesso dei prescritti requisiti decade da ogni diritto.

Art. 6.- Corrispondenza dei corsi e titoli di studio.

L’equipollenza con un diploma italiano di maturità classica, scientifica, magistrale, linguistica, tecnica, professionale e di arte applicata può essere disposta soltanto nei riguardi di corrispondenti titoli finali di studio stranieri dell’istruzione secondaria superiore. Alla data del riconoscimento dell’equipollenza l’aspirante dovrà essere di età non inferiore ai 18 anni. L’equipollenza per i titoli finali conseguiti da candidati privatisti potrà essere richiesta quando i titoli siano stati conseguiti alle stesse condizioni previste dall’ordinamento italiano.

Non potrà essere richiesta l’equipollenza per i titoli inerenti alle arti ed alle professioni ausiliarie delle professioni sanitarie, per le quali esiste normativa speciale.

Ciascun aspirante non potrà ottenere più di una equipollenza (1).

Art. 7.- Presupposti per la dichiarazione di equipollenza.

Il provveditore agli studi: esamina la domanda e la documentazione allegata ai sensi dei precedenti articoli; 

verificata l’esistenza dei prescritti requisiti (condizione di lavoratore emigrato o suo congiunto, possesso della cittadinanza, possesso del titolo finale di studio secondario);

accertata, specie per quanto attiene alle materie caratterizzanti, la sostanziale corrispondenza nei programmi e nei contenuti, fra il corso di studio compiuto all’estero e quello relativo al titolo finale italiano rispetto al quale è stata richiesta l’equipollenza; analogo accertamento dovrà essere effettuato quando si tratti di privatisti;

tenuto conto dei necessari livelli formativi, anche alla luce di attività pratiche svolte dal richiedente;

riscontrata, infine, dagli atti (come da precedente art. 3) una adeguata conoscenza della lingua italiana, rilascia la dichiarazione di equipollenza, secondo il modello allegato al presente decreto (1).

Nelle valutazioni di cui al precedente comma, il provveditore agli studi può avvalersi della consulenza di capi di istituto e di insegnanti di istituti di istruzione secondaria di secondo grado per le materie di pertinenza del titolo in esame, nonché delle organizzazioni professionali di categoria, di camere di commercio, industria, agricoltura ed artigianato, nonché delle autorità diplomatiche o consolari.

Il provveditore agli studi esprimerà un giudizio o votazione finale corrispondente a quello attribuito nelle scuole italiane, sulla base dei giudizi e votazioni conseguiti nel Paese a cui il titolo si riferisce e dei risultati delle eventuali prove integrative, di cui al successivo art. 9, superate. Le dichiarazioni di equipollenza già rilasciate dovranno, su richiesta degli interessati, essere integrate dal giudizio o votazione finale (2).

Art. 8.- Istruttorie.

Il provveditore agli studi, ove, attraverso l’esame degli atti di cui ai precedenti articoli, accerti il sussistere dei presupposti per l’equipollenza non già per il titolo italiano indicato nella domanda ma per altro affine, può proporre all’aspirante una rettifica della propria istanza, con l’obbligo, per quest’ultimo di far pervenire la propria adesione entro un mese dalla data di recensione della proposta, pena la decadenza. 

Ove, viceversa, accerti in maniera inequivocabile la assoluta insussistenza dei necessari presupposti, a norma dell’art. 7 del presente decreto, per la dichiarazione di equipollenza sia rispetto al titolo italiano indicato nella domanda sia per altro affine, comunica all’aspirante l’esito negativo della domanda.

Resta ferma, naturalmente, in tal caso, la validità del titolo straniero per quegli effetti, per i quali la legge o accordi internazionali abbiano già previsto una utilizzazione ai fini delle ammissioni alle università.

Ove, peraltro, sempre sulla base degli elementi in suo possesso, ritenga che l’equipollenza possa essere rilasciata previo superamento di una o due prove integrative, dà notizia di tale condizione al candidato, con le indicazioni di cui ai successivi articoli: art. 9 e art. 10.

Le decisioni adottate dal provveditore agli studi sono impugnabili per motivi di legittimità.

Art. 9.- Eventuali prove integrative.

La prova, o le prove integrative ritenute eventualmente necessarie ai fini della dichiarazione di equipollenza sono per ciascun tipo di titolo di studio, indicate nella tabella annessa al presente decreto.

Non possono, comunque, essere richieste prove in ordine a materie o gruppi di materie per le quali tali prove non sono previste dalle norme che disciplinano l’esame di Stato per il conseguimento del titolo italiano rispetto al quale è richiesta l’equipollenza.

Qualora il provveditore agli studi ritenga di non avere sufficienti elementi per decidere sull’equipollenza richiesta o sulle prove integrative da stabilire, sottopone la questione al Ministero della pubblica istruzione, il quale, compiuto un ulteriore esame degli atti e sentito, ove occorra, il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, fornisce le indicazioni necessarie.

Sulla base di tali indicazione il provveditore adotta i provvedimenti conseguenti.

Per i fini previsti dagli articoli 8 e 9 del presente decreto, il provveditore agli studi può avvalersi della consulenza di cui al secondo comma del precedente art. 7.

Art. 10.- Modalità per lo svolgimento delle eventuali prove.

Il provveditore agli studi, caso per caso, dà notizia agli interessati della prova o delle prove integrative da sostenere, nonché della prova e del luogo di svolgimento delle prove stesse.

Fra la comunicazione e la data di svolgimento deve intercorrere un periodo di almeno un mese; è in facoltà dell’aspirante chiedere un intervallo maggiore purché la durata non sia superiore ai quattro mesi.

Le prove saranno organizzate in modo da non interferire col normale andamento della vita scolastica e in particolare con le operazioni di scrutinio e di esami.

Art. 11.- Commissioni.

Il provveditore agli studi nomina, per la prova o le prove integrative di cui al precedente art. 9, una commissione esaminatrice per ciascun tipo di titolo di studio italiano rispetto al quale sia stata richiesta la equipollenza. 

Può nominare una sola commissione per prove integrative, diverse, anche se queste siano riferite a diversi tipi di titoli di studio.

Le commissioni devono essere presiedute da un preside di scuola secondaria ed essere composte da due professori di istituti di istruzione secondaria di secondo grado, docenti delle materie oggetto delle prove o di materie affini. Se necessario, possono essere nominati membri aggiunti in relazione allo specifico contenuto tecnico della materia.

La eventuale spesa graverà sui fondi messi a disposizione per gli esami di maturità.

Art. 12.- Ripetizione delle prove.

Nel caso di esito negativo, l’aspirante può, nel termine di un mese dalla comunicazione di tale esito, chiedere di ripetere la prova o le prove ritenute necessarie ai fini dell’equipollenza, da svolgersi con le stesse modalità previste nei precedenti articoli: art. 8 e art. 9.

Nel caso di esito nuovamente negativo, la dichiarazione di equipollenza non potrà essere più rilasciata, né potrà in alcun modo essere rinnovata la domanda.

Art. 13.- Rilascio delle dichiarazioni.

Il documento comprovante l’equipollenza è rilasciato dal provveditore agli studi a norma del settimo comma dell’art. 5 della legge 3 marzo 1971, n. 153. Delle dichiarazioni di equipollenza rilasciate, il provveditore tiene apposito registro, con la osservanza delle cautele inerenti alle attestazioni dei titoli di studio, e dà comunicazione al Ministero della pubblica istruzione, ai fini della pubblicazione nel Bollettino ufficiale.

Art. 14.- Restituzione documenti.

Nel caso di esito negativo della domanda di equipollenza o delle eventuali prove integrative, il candidato può ottenere la restituzione dei documenti presentati, salvo che l’amministrazione debba trattenerli in rapporto all’istruttoria di eventuali ricorsi.

Art. 15.- Istruzione artistica.

Nei riguardi di coloro che hanno conseguito all’estero un titolo finale di studio nelle scuole straniere corrispondenti agli istituti italiani d’istruzione artistica si applicano le norme della legge 12 dicembre 1951, n. 1563, fatta eccezione per la maturità di arte applicata, di cui alla legge 14 settembre 1970, n. 692, per la quale si applicano le disposizioni del presente decreto.

Il Ministro per la pubblica Istruzione
MALFATTI

Il Ministro per gli affari esteri
RUMOR