Perché sono per Matteo, nonostante tutto

Perché sono per Matteo, nonostante tutto

di Maurizio Tiriticco

La nostra Repubblica democratica è fondata sul lavoro! Nessuno ne dubita, ma… il lavoro non è un atto di fede! La Costituzione non è un vangelo, proprio perché si tratta di un documento che nasce da una visione laica della vita e non fideista. Il lavoro è un diritto e un dovere in una società democratica e va tutelato, sollecitato e, soprattutto, promosso: non c’è alcun dubbio! Anche perché la libertà e l’eguaglianza dei cittadini in uno Stato democratico e laico costituiscono il suo stesso fondamento. Si tratta di principi di civiltà, prima di tutto, oltre che costituzionali, che il Governo, con la G maiuscola, investito da una maggioranza parlamentare, deve perseguire e garantire… sempre.
Il lavoro, però, non è “dato”, ma è e deve essere “costruito” giorno dopo giorno. Il fatto che dal ’47 ad oggi le lotte per il lavoro ci siano sempre state dimostra che non è sufficiente l’articolo uno di una costituzione a garantirlo. E tutti coloro che sostengono che questo articolo uno sia solo un’affermazione fine a se stessa dimostrano che leggono una carta costituzionale come se dovesse essere un testo sacro. In effetti, la “sacralità” della nostra Carta non viene dall’alto, ma da un “patto terreno” che cittadini liberi, dopo secoli di invasioni, dominazioni, divisioni, monarchie e dittature, hanno sottoscritto per garantire a se stessi a alle generazioni future un avvenire di stabilità sociale e di sicurezza personale.
Ed è un patto che in effetti si costruisce giorno dopo giorno e in contesti che cambiano giorno dopo giorno. Il mondo globalizzato non è più quello della cortina di ferro e della paura dell’atomica. E nei Paesi cosiddetti avanzati gli stessi processi lavorativi sono profondamente cambiati. Non c’è attività, oggi, che non richieda quote alte e significative di conoscenze e di competenze. D’altra parte, però, in forza delle immigrazioni forzate, coesistono purtroppo larghe fasce di lavoro nero, di nuovo bestiale sfruttamento che credevamo di avere finalmente liquidato. Si tratta di contraddizioni assolutamente tipiche dell’età contemporanea che investono l’intero pianeta e con le quali occorre adottare strategie sempre nuove per combatterle e superarle.
A fronte di queste complesse contraddizioni a volte si oppone la miopia di certi quadri dirigenti che adottano strumenti di analisi che non sono più funzionali a comprendere, ad aggredire e risolvere problemi che giorno dopo giorno si fanno sempre più impellenti. Mi sembra che a volte si guardi a certi problemi più con l’occhio del prima che con quello del dopo. Un solo esempio: abbiamo sempre detto che la garanzia del lavoro sicuro è data dal contratto a tempo indeterminato e, se poi si tratta di un lavoro pubblico, la garanzia diventa certezza. E su questa consapevolezza si sono innescate da sempre tutte le aspettative della offerta di lavoro e l’intero assetto normativo e contrattuale: nonché il “pezzo di carta” che ti garantisce per la pensione e per la vita. Oggi, però, in contesti produttivi totalmente diversi rispetto a ieri, tale consapevolezza ha ancora ragion d’essere? O non costituisce un freno rispetto a traguardi nuovi che dobbiamo raggiungere?
In altri termini, non si rischierebbe di rincorrere un “passato” che ormai, giorno dopo giorno, va a morire? La globalizzazione è una sfida che nuovi gruppi dominanti sovranazionali ci impongono. E allora, più che difendere ad oltranza un posto di lavoro che non esiste più, non occorrerebbe “inventare” lavori “altri”? E così raccogliere e vincere le nuove sfide? Le nostre città, i nostri beni culturali, le nostre spiagge non potrebbero essere l’oggetto di una nuova sfida che, se sapessimo raccogliere e promuoivere, potremmo vincere su uno scacchiere sovranazionale?
Abbiamo provato ad essere una tra i primi Paesi industriali! Quel tipo di mondo dell’immediato dopo guerra ce lo imponeva! E per molti anni abbiamo vinto e abbiamo retto! Nel settore chimico, in quello dell’elettricità, dell’acciaio, della meccanica, delle raffinerie petrolifere, nel settore agricolo, e così via. E’ inutile lamentarsi se certi prodotti, alimentari e non, oggi “cacciano” i nostri! Il mercato globale e la rapidità delle comunicazioni e dei trasporti sono oggi quello che sono. Pertanto, più che “difendere” l’indifendibile, è opportuno “produrre oggetti” che abbiano mercato. Il turismo dei russi e dei cinesi è in continuo aumento! Allora, invece di preoccuparci di far pagare salato un servizio – tanto hanno soldi da spendere – apprestiamo servizi di ospitalità di alto livello. E’ la stessa vocazione economica del nostro Paese che deve assumere nuovi indirizzi. E creare, oggi per domani, posti di lavoro sicuri perché soltanto specifici, nostri.
In tale ottica, ciò che è accaduto lo scorso sabato, la competizione tra Piazza San Giovanni e la Leopolda, mi preoccupa fortemente. La piazza del sindacato non può limitarsi a difendere posti di lavoro che, obtorto collo, nel nostro Paese non potranno più essere remunerativi, ma deve indicare e offrire soluzioni nuove! Non si difendono i lavoratori illudendoli che certi lavori potranno trovare ancora posto nel nostro Paese! Un sindacato, oggi; deve andare oltre la sua stessa ragion d’essere! Il lavoro oggi si difende perseguendo e costruendo attività nuove e che siano veramente competitive. E noi possiamo competere – e come – nei settori dei beni culturali e del turismo. Ma, se facciamo andare in malora Pompei e non siamo capaci di attrezzare e rendere appetibili i chilometri di spiagge del nostro Sud, continueremo soltanto a piangerci addosso. E non lamentiamoci se i Bronzi di Riace non li vede nessuno e gli Uffizi sono presi d’assalto.
E i Civati, i Fassina, i Cuperlo, i Bersani, che amo profondamente, sono intellettualmente in grado di comprendere e condividere discorsi e aspettative di questo tipo, però… la bandiera vuole la sua parte! I distinguo, a volte, sono più forti della ricerca della verità. E, di fatto, costringono le Serracchiani, le Pinotti, le Guidi, le Madia – ohibò, anche differenze di genere! – a difendere posizioni che, invece, dovrebbero essere perseguite unitariamente e sostenute. Proprio perché gli orizzonti che si aprono sono complessi e solo con un forte spirito unitario (non a caso, c’era una volta “L’Unità”, il giornale fondato da Gramsci e da Togliatti) si possono prevedere e perseguire.
I distinguo e i punti e virgola dei “maschietti del PD non mi convincono! Lo confesso! Sono per la Boschi, anche se ha detto quella grossa stupidaggine che preferisce Fanfani a Berlinguer! I campanilismi italici sono duri a morire! Lo so! Anche Renzi e i renziani hanno i loro limiti, e anche profondi, però, fiutano il nuovo! Gli altri rischiano di spolverare il vecchio!
E lo dice uno che alla Buona scuola degli anonimi autori renziani non ha risparmiato critiche!

28 ottobre Relazione variazione nota Aggiornamento DEF in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 28 ottobre, delibera la Relazione di variazione della nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Def)

Relazione di variazione alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha deliberato la Relazione di variazione della nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Def) che rivede gli obiettivi programmatici di finanza pubblica riportati nel Documento Programmatico di Bilancio per il 2015 (Draft Budgetary Plan – DBP) inviato alle istituzioni europee.

La modifica, a seguito delle osservazioni formulate dalla Commissione Europea nella valutazione dei Documenti Programmatici di Bilancio per il 2015, recepisce gli effetti delle misure aggiuntive che il Governo italiano ha indicato nella lettera inviata il 27 ottobre scorso dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, al vice presidente della Commissione Ue, Jyrki Katainen, per rafforzare lo sforzo fiscale per il prossimo anno.

Il miglioramento complessivo del deficit atteso per il 2015 è pari a circa 4,5 miliardi di euro che porta l’indebitamento netto nominale al 2,6% del PIL. L’indebitamento netto strutturale registrerà un miglioramento di poco superiore allo 0,3%, sostanzialmente in linea con quanto richiesto dalle istituzioni europee.

La struttura del disegno di legge di stabilità per il 2015 rimane immutata prevedendo, in continuità con i provvedimenti adottati nel corso del 2014, interventi  per rilanciare la crescita economica supportando la domanda aggregata e la competitività del Paese.
La relazione passa ora all’esame delle Camere.

Stabile sede e organizzazione: nuova circolare

Stabile sede e organizzazione: nuova circolare

La circolare del 28 Ottobre (Prot.24468) fornisce, alla luce delle nuove forme contrattuali introdotte nella legislazione, le indicazioni operative da rispettare per la verifica dei  requisiti di “stabile sede e organizzazione”. In particolare, sulla base degli elementi e delle informazioni messe a disposizione dal beneficiario, la circolare fornisce chiarimenti in merito alle modalità di svolgimento delle verifiche a cura dell’Istituto convenzionato, dell’Esperto scientifico e dell’Unità di Controllo di I livello (UniCo).

Elezioni RSU Scuola

Si voterà il 3, 4 e 5 marzo 2015

Elezioni RSU Scuola

Entro il 6 febbraio la presentazione delle liste. L’accordo sottoscritto oggi all’Aran.

Oggi, presso la sede dell’Aran le organizzazioni sindacali e l’Aran stessa, hanno sottoscritto il protocollo per la definizione del calendario delle votazioni per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie del personale dei comparti del lavoro Pubblico.

Per la Uil ha partecipato Antonio Foccillo, per la UIL Scuola, Pino Turi.

In apertura la UIL aveva posto una pregiudiziale pesante alla firma del protocollo per il rinnovo delle RSU, quella che le elezioni delle RSU riguardassero tutto il lavoro pubblico comprese le aree della dirigenza e che la presidenza dell’Aran avrebbe dovuto assumere posizioni in tal senso, visto che il “tavolo” sulla dirigenza tutt’ora aperto,  registra resistenze e posizioni rigide e pregiudiziali alla loro effettuazione.

Un atto politico che ha registrato l’impegno della Presidenza dell’Aran a partire dalla riunione del giorno 5 in cui è convocato il tavolo della dirigenza  e che ha consentito alla UIL la firma del protocollo per il rinnovo delle RSU, con una nota a verbale per marcare il proprio disappunto rispetto all’indicazione di non consentire lo scrutinio alla conclusione delle operazioni di voto e a volerlo, inspiegabilmente rinviare al giorno successivo, nonostante gran parte del tavolo si fosse espresso in senso contrario.

Il protocollo ripropone sostanzialmente lo scadenzario precedente.
Le principali scadenze elettorali sono:
– il 6 febbraio 2015 il termine ultimo per la presentazione delle liste elettorali
–  il 3, 4 e 5 marzo 2015 le votazioni
– il 6 marzo 2015 lo scrutinio.

Sarà possibile, inoltre, apportare modifiche al regolamento entro il 30 novembre 2014.
Si voterà secondo lo stesso calendario in tutte le scuole ed in ogni ufficio pubblico.

CONFERENZA STAMPA UNITARIA SINDACATI SCUOLA #SBLOCCACONTRATTO

I segretari generali dei sindacati scuola hanno indetto per giovedì 30 ottobre alle ore 10.30 in piazza Monte Citorio una conferenza stampa per illustrare gli esiti della campagna nazionale #sbloccacontratto, promossa per dare voce al personale della scuola ingiustamente penalizzato due volte con il blocco del contratto e degli scatti di anzianità.
Saranno presenti:
–          Domenico Pantaleo – segretario generale FLC CGIL
–          Francesco Scrima – segretario generale CISL SCUOLA
–          Massimo Di Menna –segretario generale UIL SCUOLA
–          Rino Di Meglio – Coordinatore nazionale GILDA UNAMS
–          Achille Massenti – segretario vicario SNALS CONFSAL

>> Qui di seguito la lettera inviata al Presidente del Consiglio Renzi

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca
Al Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione

In queste settimane, gentile Presidente del Consiglio, oltre 250.000 docenti, ATA e dirigenti della scuola hanno apposto la loro firma, mettendo nero su bianco anche nome, cognome, scuola di servizio, per ricordare al Governo che hanno un contratto scaduto e non rinnovato dal 2007, che gli aumenti per anzianità, gli unici possibili, sono fermi, e che fino al 2019 non sono previsti aumenti di stipendio. Una ingiusta, doppia penalizzazione.
La raccolta delle firme è stata fatta nelle scuole, da chi nelle scuole lavora.
Indicano a Lei e al Governo che occorre davvero cambiare orientamento sulla scuola e iniziare a valorizzare chi ogni giorno la fa funzionare con esiti di qualità. Siamo certi che modifiche vanno introdotte già nella legge di Stabilità.
#sbloccacontratto è la campagna promossa da tutte le organizzazioni sindacali rappresentative del comparto per dare voce a chi lavora a scuola.
Il giorno 30 ottobre 2014 alle ore 10,30 in piazza Monte Citorio avrà luogo una conferenza stampa per far conoscere l’ampiezza del risultato ottenuto, le sue motivazioni e i suoi esiti.
Ricordiamo che le disposizioni che rinviano ulteriormente il rinnovo dei contratti e bloccano gli scatti riguardano un settore considerato centrale per lo sviluppo del Paese. Le retribuzioni sono ferme e largamente al di sotto della media europea nonostante sia cresciuta nel tempo la complessità del lavoro scolastico.
In questo scenario il Governo porta in discussione ipotesi di modifiche, anche sostanziali, dell’organizzazione del lavoro, della stessa struttura retributiva sulle quali, al di là delle molte riserve di merito, la sede appropriata e legittima di discussione e decisione è quella negoziale, in cui realizzare il necessario coinvolgimento del personale che tali modifiche è chiamato ad attuare .
L’avvio del negoziato per il rinnovo del contratto costituirebbe sicuramente un’opportunità da cogliere sia riguardo a una non più rinviabile valorizzazione del lavoro nella scuola, sia per sostenere adeguatamente i processi di innovazione del sistema, nell’ottica di una politica di investimento in conoscenza che proprio la situazione di crisi in cui versa il Paese richiede come urgente e necessaria.
In attesa di conoscere tempi e modi per la consegna dei pacchi con le 250.000 firme, Le porgiamo distinti saluti.

Scrima: “Il sindacato che fa democrazia, rinnovo RSU dal 3 al 5 marzo”

Scrima: “Il sindacato che fa democrazia, rinnovo RSU dal 3 al 5 marzo”

Si voterà dal 3 al 5 marzo 2015 in tutte le scuole per il rinnovo delle RSU. Negli stessi giorni saranno interessati al voto tutti i settori del lavoro pubblico. Un grande appuntamento di democrazia che basterebbe da solo a fare giustizia di qualche infelice battuta sulla rappresentatività del sindacato.

Al nostro premier vorremmo ricordare che nel 2012 partecipò al voto l’80% del personale scolastico, che si espresse a larghissima maggioranza di consensi (oltre il 70%) per le organizzazioni confederali. Le stesse organizzazioni che ieri sono state invitate a “farsi eleggere” (da chi eletto non è) per avere il diritto di trattare.

Le elezioni RSU sono un evento di grande significato e valore, un’occasione preziosa che il sindacato ha di rinsaldare la sua presenza diffusa e capillare sui luoghi di lavoro; ma è soprattutto la disponibilità di tanti lavoratori ad assumere direttamente ruoli di rappresentanza e di contrattazione a farne un momento di democrazia autentica e partecipata.

La campagna per il rinnovo delle RSU si avvia mentre è in atto una mobilitazione della categoria che rivendica la giusta attenzione da parte di una politica prodiga di parole e avara di fatti. Investire su scuola e formazione, valorizzare il lavoro del personale docente, ata e dirigente sono esigenze alle quali da troppo tempo non si dà risposta. All’aggravio dei carichi di lavoro fa riscontro il congelamento delle retribuzioni e in qualche caso (personale ata e dirigenti) la loro decurtazione. L’ipotesi contenuta nel disegno di legge di stabilità, di rinnovare i contratti per la sola parte normativa, suona per questo come una vera e propria provocazione.

Vogliamo un rinnovo contrattuale vero, che affronti e risolva da subito un’emergenza retributiva non più rinviabile, dando nel contempo alle scuole le risorse indispensabili a sostenere un’offerta formativa efficace e di qualità, anche attraverso la contrattazione d’istituto che resta per noi un fattore decisivo per “incrementare l’efficacia e l’efficienza del servizio”, esplicitamente richiamati nel nostro contratto come obiettivi delle relazioni sindacali.

Per una valorizzazione del lavoro nella scuola, e nell’intero settore pubblico, attraverso una politica mirata di investimento e il rilancio della contrattazione, saremo in piazza l’8 novembre, a Roma; il primo atto di una mobilitazione che sollecita da parte del governo attenzione e disponibilità a un confronto vero.

Roma, 28 ottobre 2014

Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola

Dai Bit agli Atomi

CONGRESSO NAZIONALE AICA 2014

Dai Bit agli Atomi:

Rilancio della Manifattura e Nuove Competenze Digitali

                                                                                                                                                  Milano, 13 Novembre 2014

Palazzo Turati – Sala Consiglio – Via Meravigli, 9 – 20123 Milano

 

Siamo lieti di invitarti al 51° Congresso Nazionale AICA 2014, che quest’anno affronta il tema dai “Dai Bit agli Atomi: Rilancio della Manifattura e Nuove Competenze Digitali” con l’intento di mettere a fuoco l’imprescindibile ruolo giocato dalle nuove competenze digitali richieste alle piccole imprese e alle società artigiane di qualità, per supportare lo sviluppo dell’industria manifatturiera del nostro Paese.  (www.aicanet.it/congresso2014)

Le interazioni fra i principali attori del cambiamento tecnologico del Paese non mancheranno nel ricco programma del Congresso 2014, che intende offrire una visione scientifica, attuale e prospettica dei molti temi tracciati, tra cui citiamo: lo sviluppo dei Makers, i FabLab, la Manifattura Digitale, le testimonianze di imprese di successo, le azioni di sostegno all’innovazione digitale.  

 

Il Congresso ospiterà dei relatori di eccezione, tra cui Riccardo Donadon, fondatore e presidente di H-Farm, Stefano Micelli, docente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Stefano Firpo, del Ministero Sviluppo Economico  e Paolo Gennaro, Amministratore Delegato di AVIO.GE

Nel corso del Congresso, saranno presentate alcune ricerche promosse da AICA sul tema della manifattura digitale e delle competenze, fra cui: una ricerca sull’”additive manufacturing” in Italia ed una corrispondente ricerca  sullo stato dell’arte nel mercato statunitense e la nuova ricerca di AICA  e SDA Bocconi sul Costo dell’Ignoranza Informatica nelle imprese manifatturiere.

Il programma completo della giornata è disponibile all’indirizzo:  http://www.aicanet.it/congresso2014/programma-congresso-aica-2014

Legge di Stabilità, per l’istruzione coperta corta. Tagli a università e enti ricerca

da IlFattoQuotidiano.it

Legge di Stabilità, per l’istruzione coperta corta. Tagli a università e enti ricerca

Il governo Renzi ha trovato i soldi per stabilizzare 150mila docenti precari ma non per l’alternanza scuola-lavoro e la promessa svolta meritocratica nello sviluppo di carriera. Il ministero dovrà rinunciare, nel 2015, a 250 milioni. E la sforbiciata agli atenei incassa già la bocciatura del Consiglio universitario nazionale

 

Il lavoro è sempre più digitale ma la scuola non se ne accorge

da Corriere.it

Il lavoro è sempre più digitale ma la scuola non se ne accorge

In Italia, nonostante la crisi, il 22% delle posizioni resta vacante per mancanza di competenze digitali. Il divario parte sui banchi: 6 computer ogni 100 studenti rispetto ad una media Ue di 16. «Strumenti e formazione degli insegnanti per ripartire»

Carlotta De Leo

Cinquecentomila posti di lavoro disponibili in Europa. E il 22% delle posizioni aperte nel nostro Paese resta vacante per la mancanza di competenze digitali. Il paradosso della crisi – quello legato al gap tra formazione e occupazione o, ancor prima, al fallimento delle politiche di orientamento – esplode nei dati di una recente ricerca di Modis che fotografano la carenza di professionisti dell’Ict (con l’unica eccezione del Belgio) che si accompagna al cronico calo degli iscritti alle facoltà tecnologiche nel Vecchio Continente. Tanto che nel 2015, l’anno prossimo, saranno mezzo milione i posti scoperti. E nel 2020 vi saranno da 730.000 a oltre 1,3 milioni di posti di lavoro vacanti, a seconda dei possibili scenari economici.

176mila posti di lavoro nel 2020

Oggi in Italia sono ben oltre 20 mila i posti di lavoro per figure con alte competenze tecnologiche che restano vacanti. Ma l’esplosione che si prevede, stando al report fornito da Empirica, è che si possa arrivare ad 84 mila nel 2016, per crescere omogeneamente fino a 176 mila nel 2020. «Dai dati emerge la diminuzione tendenziale di posti di lavoro nel settore Ict, mentre cresce la richiesta di figure con ampie competenze in information technology in altri settori: da i 675 mila professionisti nel 2012 agli 808 mila previsti nel 2020» spiega Giancarlo Grasso, vicepresidente di Anitec, l’associazione nazionale che raccoglie le industrie di informatica, telecomunicazioni ed elettronica di consumo.

Internet pervasivo

Insomma, se prima il digitale era un ambito ristretto a una cerchia di professionisti-smanettoni, ora è la chiave principale per trovare lavoro in qualunque settore. «Un analfabeta digitale difficilmente troverà persino un lavoro manuale, figurarsi una posizione apicale in una azienda» sentenzia Grasso. Non a caso, l’istituto di ricerca Idc stima che entro il 2015 un buon livello di competenze digitali sarà richiesto per la quasi totalità delle posizioni di management. «Le capacità digitali sono pervasive. Non dobbiamo pensare solo al lavoro nelle aziende Ict: ormai l’uso cosciente delle nuove tecnologie, serve per qualunque settore e, in generale, per essere cittadini nella nuova società. E, viceversa, la mancanza di cultura digitale è un freno per il Paese» aggiunge Grasso.

Cresciamo meno degli altri

Ma qual è lo stato delle competenze digitali in Italia? Sempre secondo il report Empirica, dal 2009 al 2010 c’è stata una crescita del 9% di cittadini con elevate competenze digitali, soprattutto nell’uso della rete, arrivando al 12% nel periodo 2011-2012, ponendo l’Italia all’11° posto in Europa. Tuttavia, la crescita media europea nell’ultimo dei due periodi analizzati si è assestata al 13,67%, portando l’Italia in 14° posizione. «Come dire: cresciamo, ma meno degli altri. E questo si ripercuote anche sulla competitività delle nostre imprese» dice Grasso.

Investimento nella scuola

Per recuperare terreno, l’unica cosa da fare è ripartire dalla scuola. Ma, altro paradosso, se guardiamo a quello che avviene sui banchi il gap tra noi e gli altri paesi europei, il gap si allarga. Le ultime statistiche dell’Ocse non lasciano dubbi: sei computer ogni 100 studenti rispetto ad una media europea di 16 (peggio solo Romania e Grecia). La percentuale di studenti iscritti ad istituti scolastici dotati di apparecchiature con tecnologia di alto livello e con connessione ad internet a banda larga è del 6% rispetto ad una media europea del 37%. «Dobbiamo ripartire da qui. Investire nella scuola non vuol dire solo dotarla di mezzi come la banda larga o la lavagna interattiva, ma formare gli insegnanti che nella maggior parte dei casi hanno un’età media elevata – dice Grasso – Ci vuole un grande sforzo, anche economico, ma è molto più costoso non far niente».

La piattaforma europea

Il tema animerà l’evento conclusivo della campagna europea eSkills for Jobs 2014 – Making a career with Digital Technologies, che si terrà a Roma il 30 ottobre e che vedrà la partecipazione del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini insieme con i responsabili di grandi aziende come Cisco, telecom, Google e Microsoft. L’evento si colloca fra le iniziative della Grand Coalition for Digital Jobs che vuole creare una piattaforma europea sul tema delle competenze digitali per portare avanti iniziative congiunte pubblico-private per ampliare la consapevolezza sul valore delle competenze digitali in termini opportunità occupazionali e di carriera.

Nata in Italia la maggior parte degli alunni stranieri

da Il Sole 24 Ore

Nata in Italia la maggior parte degli alunni stranieri

di Francesca Milano

È avvenuto il sorpasso: gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia hanno superato gli studenti nati all’estero e poi arrivati in Italia. Il dato, che segna il primato delle seconde generazioni, emerge dal report statistico diffuso dal ministero dell’Istruzione e relativo all’anno scolastico 2013/2014.

I dati complessivi
Gli alunni nati in Italia da genitori stranieri sono in costante crescita: nel 2013/2014 sono aumentati dell’11,8% rispetto all’anno precedente (oltre 802mila in totale), facendo così registrare il sorpasso: rappresentano ormai il 51,7% del totale degli alunni figli di migranti.
In totale, nelle scuole italiane il 9% degli studenti è straniero: il 90% di questi frequenta una scuola statale (contro l’87% degli italiani). I dati dimostrano che esiste ancora un sensibile divario per quanto riguarda i risultati scolastici: a partire dalle scuole medie, solo il 90,6% degli studenti stranieri viene promosso, mentre la percentuale sale al 96,8% per gli italiani. Esiste però una differenza anche tra stranieri nati in Italia e stranieri arrivati in Italia successivamente: il 95,4% degli alunni di “seconda generazione” consegue risultati migliori nell’ammissione all’esame di Stato del I ciclo.

La preferenza per gli istituti tecnici
Per quanto riguarda le superiori, gli stranieri continuano a preferire gli istituti tecnici (38,1%) e professionali (29,2%). La scelta dell’istruzione tecnico-professionale riguarda il 41,1% degli alunni figli di migranti nati in Italia e il 38,1% per i nati all’estero anche se rispetto agli anni passati si rileva un incremento di iscritti al liceo scientifico (15,% dei nati in Italia e 10, 3% dei nati all’estero). Sul fronte dei risultati, il 36,3% degli stranieri mostra un ritardo del percorso scolastico, contro l’11,2% degli italiani.

Il paese di provenienza
Ma da dove vengono gli alunni stranieri (o i loro genitori, in caso di seconde generazioni)? La maggior parte proviene da Romania, Albania, Marocco, Cina, Filippine, Moldavia, India, Ucraina e Perù.
I dati del ministero mostrano che la regione che ospita più alunni di cittadinanza non italiana è la Lombardia, con 197.102 presenze. L’incidenza maggiore, però, si registra in Emilia Romagna dove gli studenti con cittadinanza non italiana sono il 15,3% del totale (seguono Lombardia e Umbria con il 14%).
A livello comunale, il primato per la più alta concentrazione di alunni figli di migranti si segnala Pioltello (in provincia di Milano), con oltre il 30% di studenti stranieri.

I genitori possono chiedere l’accesso alle prove d’esame dei figli

da Il Sole 24 Ore

I genitori possono chiedere l’accesso alle prove d’esame dei figli

di Andrea Alberto Moramarco

La scuola non può negare la richiesta del genitore di leggere la prova scritta svolta dal figlio durante gli esami, motivata sulla base del diritto-dovere di vigilare sulla sua istruzione ed educazione. Lo ha sancito il Tar Lecce nella sentenza 2597 del 20 ottobre 2014 .

Il caso
La vicenda si riferisce alla richiesta da parte dei genitori di una minore di prendere visione del tema di italiano svolto dalla propria figlia in occasione degli esami. La coppia aveva motivato la richiesta sulla base «del diritto-dovere spettante al genitore di vigilare sull’istruzione, l’educazione e la salute pisco fisica, nonché sulla crescita della minore». L’istituto scolastico non riteneva però sussistente alcun interesse giuridicamente rilevante da tutelare, anche in considerazione del fatto che la minore era stata promossa con dieci e lode.

L’accesso non può essere negato
In seguito al ricorso presentato dai genitori, il Tar ritiene la richiesta della famiglia dell’alunna meritevole di tutela ai sensi della disciplina in materia di accesso agli atti e ai documenti detenuti dalla Pa. Per i giudici infatti la richiesta di accesso del genitore alla prova scritta degli esami del proprio figlio non ha ragione di essere negata. E ciò a prescindere dai risultati scolastici riportati, più che ottimi nel caso di specie. La richiesta dei genitori infatti non è pretestuosa, anzi i giudici affermano che «l’esercizio della potestà genitoriale implica senz’altro la possibilità di esercitare una vigilanza sugli orientamenti culturali che una minorenne va formandosi attraverso il consueto percorso scolastico». E la lettura del tema della propria figlia equivale a «concedere al genitore attento la possibilità di avere cognizione piena dei gusti, delle aspettative, degli orientamenti culturali che una minore va acquisendo e sviluppando in un ambiente chiamato a compartecipare alla crescita e alla maturazione dell’individuo, ivi incluse le aspettative di vita che, spesso, sfuggono ad un sano dibattito in ambito strettamente familiare».

Scompaiono 90 coordinatori provinciali per l’educazione fisica e sportiva

da Il Sole 24 Ore

Scompaiono 90 coordinatori provinciali per l’educazione fisica e sportiva

di Franco Portelli

Non ci saranno più i coordinatori dei progetti di avviamento della pratica sportiva presenti, fino ad oggi, in ogni provincia. Queste figure professionali, in genere insegnanti di educazione fisica, non potranno più essere esonerati dall’insegnamento per svolgere questa funzione. Ci si dovrà accontentare del supporto di un solo coordinatore per regione. Così prevede il comma 4 dell’articolo 28 del testo dell’ex finanziaria.

Il ruolo svolto finora
L’attività motoria, fisica e sportiva è impegnativa anche perché non si svolge soltanto all’interno delle singole istituzioni scolastiche, ma richiede momenti di aggregazione nell’ambito di diverse dimensioni territoriali. Proprio per questo, l’amministrazione aveva scelto di definire e creare sul territorio le condizioni più idonee a supporto e in funzione dello svolgimento di questa attività. La complessità e l’ampiezza dei servizi e dei compiti, la loro natura che presuppone specifiche professionalità, ha indotto gli ex Provveditori agli studi a delegare queste funzioni a una specifica figura professionale. Diversi i compiti assegnati, tra questi: l’esame tecnico dei programmi formulati per il potenziamento delle attività sportive destinate agli alunni, la cura dei rapporti con gli enti locali per la promozione di attività sportive, l’assistenza e collaborazione con le scuole, l’organizzazione di iniziative e manifestazioni sportive interscolastiche in ambito provinciale. La presenza di docenti così utilizzati presso le sedi periferiche dell’amministrazione scolastica si è stabilizzata nel tempo, sino a concretizzare una apposita funzione, quale quella del Coordinatore per l’educazione fisica e sportiva. Neanche lo spostamento delle funzioni, relative alla programmazione delle attività sportive scolastiche e alle azioni da intraprendere per il loro perseguimento, passate dagli Uffici provinciali ai titolari degli Uffici scolastici regionali, avevano fatto venir meno la presenza dei coordinatori. E ciò perché le attività da porre in essere hanno essenzialmente una dimensione attuativa di livello provinciale. Dal 2015 cambierà questa organizzazione, garantendo il solo supporto di una figura per regione.

I numeri dell’operazione
I coordinatori attualmente nominati sono 108 docenti di educazione fisica, di questi 90 operano negli Uffici scolastici territoriali e 18 negli Uffici scolastici regionali. Il taglio degli esoneri per i 90 docenti operanti nelle province determinerà un risparmio annuo, a regime, di circa 3 milioni di euro. Per il 2015, tenuto conto che gli attuali coordinatori rimarranno in servizio per l’anno scolastico in corso, il risparmio è limitato a circa 1 milione di euro (4 mesi da settembre a dicembre 2015).

Allarme dei sindacati: solo 11 milioni per l’alternanza scuola-lavoro

da Il Sole 24 Ore

Allarme dei sindacati: solo 11 milioni per l’alternanza scuola-lavoro

di Eugenio Bruno

Allarme fondi per l’alternanza scuola-lavoro. A lanciarlo sono stati ieri i sindacati. Prima la Flc Cgil che ha sottolineato come nell’anno scolastico 2014/2015 ci siano a disposizione solo 11 milioni contro i circa 20 del 2013/2014; poi l’Anief che ha rilanciato: «I 5mila euro che verranno assegnati nel 2015 a ogni scuola superiore per le attività di alternanza, sono quelli che 15 anni fa venivano assegnate a ogni classe». Numeri che mal si sposano con l’intenzione dichiarata del governo di rafforzare le esperienze in azienda.

L’allarme della Flc Cgil
Per il sindacato di Corso d’Italia le risorse destinate dal Miur alle attività di alternanza scuola lavoro «sono solo 11 milioni di euro e sensibilmente inferiori rispetto allo scorso anno che erano pari a 20.600.00 euro e a quelle 2012-2013 di 26.790.000». Il segretario Mimmo Pantaleo parte da questi numeri per osservare: «Tutta la partita dell’alternanza viene gestita in maniera autoreferenziale senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali». A suo giudizio tale atteggiamento accentua «l’idea che deve essere finalizzata unicamente a dare risposte alle richieste del mercato del lavoro e che i percorsi debbano essere co-progettati con le imprese».

L’Anief rilancia
Sull’importanza formativa delle esperienze in azienda si sofferma anche l’Anief . Al fine di evidenziare che «il Governo continua a predicare bene ma a razzolare sempre peggio». A proposito degli 11 milioni citati dalla Flc Cgil, il sindacato guidato da Marcello Pacifico aggiunge che «sono stati ripartiti in proporzione al numero degli iscritti nelle
classi seconde, terze e quarte dei diversi ordini di scuola». E che quindi saranno così suddivisi: «6 milioni di euro per gli istituti tecnici; 4 milioni di euro per gli istituti professionali; 1 milione di euro per i licei». Per Pacifico si tratta di cifre davvero esigue, ormai quasi simboliche, visto che dovranno essere ripartite tra i circa 2mila istituti scolastici superiori interessati. «Ogni scuola superiore – spiega – riceverà, in media, 5.500 euro. Se si dividerà questo finanziamento per le varie classi terze, quarte e quinte di ogni istituto, ne consegue che a ognuna arriverà appena qualche centinaio di euro». Da qui il paradosso che nel 2015 i fondi che ogni scuola superiore riceverà per le attività di alternanza sono gli stessi «che 15 anni fa venivano assegnate a ogni classe interessata alle stesse attività di collegamento scuola-lavoro».

Le preoccupazioni di Forza Italia
L’opposizione ha fatto proprio l’allarme delle organizzazioni sindacali. La responsabile Scuola e università di Forza Italia, Elena Centemero, ha chiesto all’esecutivo di chiarire quanto prima. «Si fa un gran parlare di integrazione tra percorso educativo e sistema economico-imprenditoriale, di obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro e di sistema duale – fa notare – ma se si taglia sulla possibilità di avviare progetti seri per preparare i nostri giovani alle richieste che vengono dal mondo del lavoro, allora ciò che resta sono, come al solito, solo parole e retorica». Da qui il suo appello al ministro Stefania Giannini e al premier Matteo Renzi a chiarire quanto prima le loro intenzioni.

I propositi del governo
Se confermati, questi numeri getterebbero più di un’ombra sulla riuscita del piano messo a punto dal governo in materia di alternanza. Stando alle linee guida presentate a inizio settembre l’esecutivo vorrebbe renderla obbligatoria negli ultimi tre anni degli istituti tecnici ed estenderla di un anno nei professionali con percorsi di almeno 200 ore l’anno (oggi se ne fanno circa 90). Per riuscirci servirebbe un centinaio di milioni che al momento non sono stati reperiti. Sul punto il disegno di legge di stabilità si limita infatti a stabilire che le risorse del fondo per la Buona scuola (1 miliardo nel 2015 e 3 miliardi nel 2016) vadano anche ai progetti di alternanza scuola-lavoro. Ammesso e non concesso che le risorse non vengano interamente assorbite dal maxi-piano per l’assunzione, a partire dal prossimo anno scolastico, di 148.100 docenti precari.

“Libriamoci”: tre giornate lettura nelle scuola

da La Stampa

“Libriamoci”: tre giornate lettura nelle scuola

Il 29, 30 e 31 ottobre autori e attori leggeranno libri ad alta voce negli istituti di tutta la penisola
roma

Nelle scuole di tutta Italia sarà la settimana di “Libriamoci”, l’iniziativa frutto del protocollo d’intesa tra Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e il Ministero dell’Istruzione che trasformerà il 29, 30 e 31 ottobre in tre giornate di lettura per gli istituti della penisola.

 

«Faremo una cosa nuova, mai fatta, e già centinaia di scuole hanno aderito», ha spiegato il ministro della Cultura Dario Franceschini intervenendo al convegni «Il futuro del libro – Idee a confronto per superare la crisi dell’editoria», aperto dalla presidente della Camera Laura Boldrini.

 

Nel corso della tre giorni saranno diversi le personalità della cultura – a cominciare da Ennio Morricone – che leggeranno libri ad alta voce nelle scuole italiane per una manifestazione che, ha osservato Franceschini, mira a rinnovare e rafforzare il ruolo della lettura in Italia. E, ha aggiunto il ministro, «stiamo lavorando per portare anche i quadri nelle scuole, il primo sarà la Madonna di Costantinopoli di Mattia Preti» che sarà ospitato «in un scuola napoletana».

 

Il ministro sottolinea poi come «la carta dell’investimento sulla cultura non sia solo sulla valorizzazione del patrimonio che abbiamo ma anche in quella delle industrie italiane creative».

 

Le battaglie per una ripresa di tutto il settore editoriale italiano, secondo il ministro, sono «tre: la difesa del libro su carta, la difesa delle librerie, e la difesa della lettura ed quest’ultima è la più fondamentale».

Il diploma di maturità? Un libretto delle competenze. E la legge c’è già

da La Tecnica della Scuola

Il diploma di maturità? Un libretto delle competenze. E la legge c’è già

La “vera” riforma degli esami di stato è già legge da quattro anni e se applicata sarebbe una rivoluzione. In tutti i sensi

Tuttavia per ora è solo scritta, ma se fosse resa operativa declasserebbe il problema dei commissari interni o esterni, compresi tutti i riti connessi agli esami di stato.

La legge, fa presente Il Corriere della Sera, risale al 1997 ed è la n° 425 del ’97 e poi ribadita col dpr 89/2010, all’art. 11: valutazione e titoli finali.

Qui, scrive Il Corriere, è detto a chiare lettere che “il diploma è integrato dalla certificazione delle competenze acquisite dallo studente al termine del percorso liceale”.

Un vero cambiamento di rotta rispetto al “semplice” diploma che attesta il superamento dell’esame attraverso un voto, che nulla diceva sulle reali competenze dello studente (in greco, in economia aziendale, in matematica, o in quello che ha studiato per cinque anni).

Una certificazione, redatta in base all’Allegato A della stessa legge, che fotografa conoscenze e competenze acquisite, sottoscritte dai singoli docenti che, secondo “scienza e coscienza”, sarebbero quindi chiamati ad apporre idealmente la loro firma sotto tale certificazione di competenza.

In pratica quello che in tanti diciamo da anni e che potrebbe essere il primo passo verso la tanto invocata meritocrazia. Se per un verso dunque la riforma dell’esame è già legge, dall’altro nessuno ne parla, nè qualcuno pensa a esumarla dalla polvere

In pratica, spiega il Corriere, il diploma verrebbe a caratterizzarsi come un vero e proprio “libretto” delle competenze, quelle appunto descritte nel dpr sopra citato, e nelle linee guida degli istituti tecnici (dpr 88/2010) e degli istituti professionali (dpr 87/2010).

Le competenze, raggruppate in aree disciplinari, devono registrare il livello di apprendimento in quel determinato gruppo di materie.

Così lo studente uscirà dall’istituto con il suo diploma e la sua ancor più utile certificazione, sulla quale il docente di Costruzioni o di Matematica dovrà scrivere la reale competenza in materia; poi saranno problemi del diplomato iscriversi ad Ingegneria con valutazioni appena sufficienti nelle materie di indirizzo.

A questo punto scatta la professionalità più intrinseca del docente curricolare che dovrà scrivere il vero e senza lasciarsi trasportare da nostalgie o buonismi di varia natura