“Entanglement” is a fundamental aspect of all life

“entanglement” is a fundamental aspect of all life.

https://www.facebook.com/groups/1557903417770268/?ref=ts&fref=ts

 
Schrödinger’s – Cat , was a famous thought experiment involving a (macroscopic) cat

whose quantum state becomes entangled with that of a (microscopic) quantum particle .

 

“Quantum Entanglement” is introducing us to a radical new way of seeing and understanding which profoundly impacts human thinking, feeling, sensing, knowing and being. The Quantum Creativity project would improve the completness of quantum science creating a radical visionary approach to all the life sciences on the basis of advancement in research micro-and macro entanglement relationships. So that “Quantum Creativity” is a project particularly focused on fundamentally new approach to describe as quantum entanglement as an useful concept to connect micro and macroscopic scales.

At the heart of quantum entanglement is the idea of Schroedinger (1935) of quantum superposition of objects because they may be dislocated in two places at once (or more generally giving a new geometrical configurations of space/time see 1.) In synthese when two single states A and B of different physical systems can be associated into an unique physical entangled configurations, e.g.(A + B) that becomes an allowed new state, the last represents a space-time field where each single object has no definite location as the electrons in a metallic wire.

If a measurement of the location single objects is performed, no definite prediction for the result is possible; we can only predict the quantum probability of a possible diffuse location.

Intimately related to the idea of quantum superposition known as entanglement is the notion of quantum macro-perception of light.

The light that we see represents a relationschip between quantum entanged micro & Macro correlations ; in fact visual seeing of light involves in simultaneity billions entangled photons.

It is known that the brain is able to detect only one photon but with a single photon we do not perceive the vision of light. ,

In the attempt to give a logical interpretation of the relationship between micro and macro entangled effect we can assume that the ordinary light is actually composed of “no-entanged “photons , while those photons trapped in the cavity of the ‘eye they become entangled generating our perception of light as a continuous.

In conclusion light-vision may be due to the ability of brain to see though the eyes , the entangled field that we known as the macroscopic lighting of the environment.

The above idea will be one of the research topics of “quantum creativity project” that aims to transferring and expanding the concepts of “entanglement” to the life sciences in order to reorganize a transdisciplinary unified- science by meand of creative developmental criteria, open to advancing new emerging scientific and technological future

More in general Egocreanet believe that today become important to extend quantum entanglement effect to all micro and macro scales in order to explore quantum science beyond the reductionist limits of disciplinary specialization of the traditional Quantum Mechanic physics.

 

 

Biblio on line:

1)-Triadic Quantum Energy : http://www.edscuola.it/archivio/lre/triadic_quantum%20_energy.pdf

2)- MACRO ENTANGLEMENT : http://www.zdnet.com/diamonds-demo-quantum-entanglement-on-a-macro-scale-4010024949/

Non tutti i mali vengono per nuocere!

Non tutti i mali vengono per nuocere!

di Maurizio Tiriticco

Leggo su Tuttoscuola-Focus n. 531/651 che sarebbe seria intenzione del Ministro Giannini la “trasformazione dell’esame di maturità in una specie di scrutinio di fine ciclo presieduto da un presidente esterno”.

Saranno in molti a considerare questo cambiamento una sciagura, anche perché in corso d’opera, potremmo dire! Svolte di questo tipo necessitano di tempi solitamente distesi perché le si possa affrontare con la dovuta preparazione! Mah! Ormai le nostre istituzioni scolastiche autonome – si fa per dire – sono più che abituate a dover svendere la propria autonomia di fronte a un’amministrazione centrale che è quella di sempre! Autoreferenziale e direttiva.

Tuttavia, a mio modesto giudizio, una volta tanto, la scelta del risparmio ci può consentire di imboccare la strada giusta per un rinnovo radicale non solo dell’esame ma anche delle attività di studio che lo precedono.

Com’è noto, quella indicazione dell’articolo 6 della legge 425/97, che ha riformato l’esame di maturità, secondo la quale “il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea” non ha avuto mai una concreta applicazione. Il Parlamento aveva chiesto al Paese e all’Amministrazione PI una svolta importante per allineare il nostro sistema di istruzione a quello degli altri Paesi, ma la nostra Amministrazione, di fatto, non fu capace, allora, di condurre in porto l’innovazione.

Pertanto, a tutt’oggi, dopo quasi un ventennio (sic!), le commissioni non sono ancora in grado di certificare le competenze acquisite dal candidato, ma si limitano soltanto a indicare il punteggio raggiunto nelle prove d’esame. Il che non documenta affatto che cosa il soggetto sa fare né come lo fa! E rende di fatto “illeggibile” il diploma in tutti i Paesi dell’Unione europea. E non solo!

Il fatto è che negli anni Novanta nella nostra Amministrazione non vi era una chiara consapevolezza di che cosa sia una competenza e quali innovazioni didattiche proponga e imponga. Molta acqua è passata sotto i ponti e oggi penso che, finalmente, siamo in grado di sapere che cosa è una competenza, anche perché ci viene in aiuto la definizione che ne ha data la Raccomandazione europea del 23 aprile 2008. Pertanto, dovremmo anche essere in grado di accertarla e di certificarla.

Il che consentirebbe anche di liquidare definitivamente l’aleatorietà che spesso pesa sulla procedura di un esame. In effetti, com’è noto, a volte basta un mal di testa o un colpo di fortuna a condizionare l’esito di un esame. In materia di competenze, invece, il discorso è diverso. Ciò che conta non è quindi la prova finale, ma l’esito di un monitoraggio continuo e costante sui processi dell’apprendimento/insegnamento – che è altra cosa rispetto all’usuale espressione insegnamento/apprendimento – che viene adottato con opportuni indicatori che consentono di accompagnare e sostenere giorno dopo giorno come e in quale misura date conoscenze teoriche e date abilità pratiche concorrono alla progressiva acquisizione di quelle competenze terminali che costituisco gli obiettivi concreti – operativi, come si diceva un tempo – di ogni processo che sia veramente l’esito di un processo di educazione, istruzione e formazione. Educare,istruire e formare! Si tratta di tre approcci diversi, ma contestuali, che abbiamo adottato con il varo dell’autonomia (si veda l’articolo 1 del dpr 275/99): approcci indispensabili, se vogliamo fare “apprendere per competenze” e se, veramente, intendiamo sostituire alla lezione una reale didattica laboratoriale.

Secondo tale assunto, anzi, secondo tale scelta strategica, gli indicatori dovrebbero essere fatti propri dai consigli di classe fin dall’inizio dell’ultimo triennio in sede di progettazione, e le competenze che l’alunno dovrà conseguire alla fine dovranno essere a lui note, per la condivisione che è necessaria se il percorso triennale deve avere successo. Ed è lo stesso Contratto formativo (si veda la Carta dei servizi scolastici) che impone che l’alunno sia a conoscenza del percorso da seguire e degli obiettive da perseguire.

Il riordino dell’istruzione secondaria recentemente attuato – come è noto – è sostenuto da documenti ministeriali che liquidano definitivamente la logica dei Programmi di un tempo, tutti incentrati su contenuti da apprendere, e propongono documenti diversi e innovativi, finalizzati al conseguimento di competenze, come coronamento finale di continui e progressivi apprendimenti di conoscenze e di abilità: un progressivo sapere per un altrettanto progressivo saper fare! Si tratta delle Indicazioni nazionali per i licei e delle Linee guida per gli istituti tecnici e professionali. Va sottolineato, però, che le Indicazioni sono più sfumate e meno puntuali riguardo al dettaglio delle competenze e richiederanno un lavoro non indifferente per i consigli di classe. Le Linee guida, invece, sono al proposito molto più puntuali, anche perché i diplomi che rilasciano sono molto più vicini al mondo del lavoro rispetto a quelli rilasciati dai licei.

Non so se veramente la Legge di stabilità 2014 proporrà il riordino dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione né in quali termini. In effetti sarebbe anche necessario che a livello nazionale siano date indicazioni essenziali in merito alle competenze terminali da perseguire, accertare e certificare: come di fatto avviene per la conclusione dell’obbligo decennale (si veda il dm 139/07). Ne consegue che è incerto se un modo diverso di “fare apprendere” per competenze possa essere varato in tempi brevi. E’ovvio che, più si allungano i tempi, più diventerebbe difficile per le istituzioni scolastiche, collegi e consigli di classe, adottare le misure necessarie sia per una produttiva progettazione per competenze che per l’adozione di indicatori che ne consentano un progressivo sviluppo.

I tempi sono quelli che sono e, se si va a finire dopo le vacanze natalizie, è evidente che l’innovazione risulterebbe purtroppo bruciata, almeno per la cadenza della prossima tornata di esame. Non vorrei neanche che l’innovazione si esaurisse soltanto in un aggiustamento formale, che riguardasse solo la composizione delle commissioni, senza considerare le potenzialità che potrebbe innescare, se veramente siamo convinti di un esame che certifichi competenze! E non ce lo chiede l’Europa! Lo esigono i nostri giovani che a tutt’oggi ancora si trovano tra le mani diplomi buoni soltanto per essere incorniciati! Ed è anche vero che le università, per accettare nuovi iscritti, preferiscono imporre le forche caudine delle prove di ingresso purtroppo che “leggere” e valutare ciò che un diploma dichiara, o dovrebbe dichiarare!

In conclusione, la riforma dell’esame di Stato potrebbe essere un’occasione per promuovere, anche se in tempi non brevi, un reale cambiamento! Altrimenti, la partita delle competenze sarà irrimediabilmente perduta!

Riusciranno i nostri eroi del Miur a non perderla?

Sciopero nazionale 10 ottobre 2014

Sciopero nazionale di tutto il personale docente dirigente ed A.T.A., sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, per l’intera giornata del 10 ottobre 2014: adesione

DARE CENTRALITA’ ALLA CULTURA GEOGRAFICA

Dal 57° Convegno Nazionale AIIG tre mozioni alla luce del recente documento “La buona scuola”

DARE CENTRALITA’ ALLA CULTURA GEOGRAFICA

I docenti di Geografia (dal primo ciclo scolastico all’Università) si sono riuniti a Sanremo per il loro 57°
Convegno nazionale. “La Liguria: i caratteri di un sistema regionale aperto” ha costituito il filo conduttore dei
lavori, che si sono sviluppati integrando ricerca e didattica, secondo la migliore tradizione dell’Associazione
Italiana Insegnanti di Geografia (AIIG).
Al termine dei lavori sono state approvate all’unanimità dall’Assemblea dei soci dell’AIIG tre mozioni
riguardanti sia il ruolo strategico della Geografia nella società di oggi sia la necessità che essa venga insegnata
da docenti adeguatamente formati nella disciplina.
Mozione n. 1 – L’AIIG, analizzato il documento programmatico “La buona scuola”, valuta negativamente
l’assenza di un riferimento esplicito alla disciplina “geografia” ed alla sua importanza nella formazione dei
futuri cittadini. Chiede quindi che il Miur riveda i contenuti del documento, esplicitando i valori formativi
dell’educazione geografica e, a tal fine, offre la propria collaborazione alla elaborazione dei futuri assi
strategici didattico-progettuali.
Mozione n. 2 – L’AIIG, osservata l’intenzione del Governo di valorizzare, nella scuola secondaria di II grado,
lo studio dei temi economici e del loro ruolo nella comprensione del mondo contemporaneo, indica la
disciplina “geografia economica” come la più appropriata per trattare, in chiave educativa, i temi rilevanti
della società globalizzata connessi allo sviluppo economico. Invita pertanto il MIUR a considerare la geografia
economica come disciplina caratterizzante e professionalizzante in tutti gli indirizzi scolastici in cui la
formazione su temi economici verrà ritenuta fondamentale.
Mozione n. 3 – L’AIIG, considerate le gravi irregolarità e le numerose anomalie riscontrate nell’applicazione
della nota ministeriale n. 3114 del 1° aprile 2014, rileva in numerose province la mancata attribuzione dell’ora
di geografia generale ed economica agli insegnanti specialisti della classe A39 ai fini dei trasferimenti e delle
immissioni in ruolo. Chiede pertanto al MIUR di intervenire presso gli URS e gli ATP, affinché la normativa
vigente venga correttamente applicata, chiarendo in particolare l’interpretazione autentica della espressione “in
fase residuale”. Conferma inoltre, la richiesta di superare la fase di atipicità fra classi di concorso,
riaffermando la necessità di assegnare nell’interesse primario degli studenti l’insegnamento della geografia ai
soli docenti specialisti della classe di concorso A39. A tale proposito va considerata anche l’attuale situazione
di esubero di docenti di ruolo della medesima classe.

Boicottaggio Ianes

Cara  Direttore ,

mi è stato comunicato che sulla Tecnica della scuola on line del 30 Settembre è stato ripreso  un appello di un gruppo di docenti per il sostegno  che invita a boicottare gli scritti di Dario Ianes ; ciò perchè Ianes ha pubblicato un suo libro sulla rivoluzione del docente di sostegno e sta effettuando in trentino una sperimentazione relativa all’affiancamento  ai docenti curricolari dell’80% degli attuali docenti per il sostegno, mentre prevede che il restante 20% formino gruppi  superspecializzati itineranti per le diverse scuole.

Desidero chiederti di pubblicare sulla Rivista da te diretta e, se possibile con la stessa evidenza, il mio netto disappunto e dissenso da questa forma medievale di contestazione delle idee altrui.

Io non condivido questa idea di Ianes , ripresa pure dalla ricerca della Fondazione TREELLE e della Fondazione Agnelli; anzi ho pubblicamente espresso il mio dissenso sia al tradizionale convegno biennale del centro studi Erickson  di Rimini che in miei scritti cartacei ed on line.

Però dal dissentire con argomentazioni al “boicottaggio sui libri” ci corre un abisso.Il boicottaggio è una tecnica praticata in America contro le ditte che apertamente o indirettamente favoriscono le società venditrici di armi.

Ora assimilare un libro, sia pur discutibile, ad un’arma letale, ce ne corre. A meno che i sottoscrittori dell’appello non ritengano che i libri possano costituire un’arma letale per i propri interessi ; ma allora legittimano la pratica medievale ,ormai abbandonata dal pensiero laico,  di istituire un indice dei libri vietati o peggio di bruciare i libri considerati ” pericolosi ” sulle piazze.

Non è così che si fanno le lotte culturali; ma mi pare che in questa lotta di culturale non ci sia proprio nulla.

Salvatore Nocera

Il sostegno senza gli insegnanti di sostegno

Il sostegno senza gli insegnanti di sostegno

di Cosimo De Nitto

Il dibattito e le immancabili polemiche sulla sperimentazione del Trentino guidata da D. Ianes in cui si prevede l’eliminazione degli insegnanti di sostegno in quanto figure specialistiche dimostra quanto è sentito il problema del sostegno e quanto sia distante la nostra cultura dell’inclusione e dell’integrazione (LL. 517 e 104) da quelle esperienze europee che sbrigativamente hanno risolto il problema per una via opposta alla nostra, quella dell’isolamento, della separatezza, e delle classi differenziali considerando l’handicap una “malattia”, una diversità da “curare” altrove, intralcio e anomalia che “disturba” la “normale” didattica.
La scelta del sostegno integrato nella classe e nella didattica curricolare (per quanto possibile a seconda delle difficoltà specifiche dei soggetti) si regge su due pilastri essenziali, imprescindibili e sulle relazioni tra loro:
1) l’insegnante curricolare che prende in carico pedagogico e didattico tutti gli alunni nessuno escluso;
2) l’insegnante di sostegno che favorisce e media il raggiungimento degli obiettivi specifici e personali dell’allievo all’interno degli obiettivi generali della classe.
Questo binomio è inscindibile, altrimenti si fa altro e non hanno più ragioni di essere le leggi 104 e 517, altrimenti cambia la natura stessa di questa via italiana all’integrazione/inclusione che invece è stata ed è condivisa da tutti, anzi si vorrebbe fare ancora di più e meglio.
Ci sono tre modi di distorcere e stravolgere questa linea, questa strategia che ha reso il nostro Paese all’avanguardia nel campo internazionale (finalmente!):
1) ritornare alle classi differenziali, e/o alla delega in toto agli insegnanti di sostegno o figure specialistiche;
2) gestire male tutta la partita come fanno le politiche governative. Organici sottodimensionati rispetto ai bisogni. La politica dei tagli ha penalizzato gli insegnanti di sostegno al cui organico manca circa un terzo. Genitori costretti a ricorrere ai TAR per vedere riconosciuto il diritto al sostegno. Organici mal distribuiti e mal gestiti per cui gli insegnanti sono assegnati per punteggio in graduatoria anziché per specifiche competenze richieste rispetto alla disabilità particolare. Poca o nessuna attenzione alla continuità, essenziale per questo tipo di allievi;
3) eliminare la specificità di figure e competenze di sostegno con l’idea di “distribuire” le une e le altre sulle spalle degli insegnanti curricolari, aumentati in un “organico funzionale” che allo stato delle cose è un guscio vuoto in cui nessuno sa chi-fa-che-cosa, privi di uno status giuridico che ne fissi compiti, funzioni, relazioni. Questa mi pare essere in pratica la proposta di Ianes.

Fermiamoci a riflettere un attimo. Che cos’è l’organico funzionale, qualcuno lo sa? La “buona scuola di Renzi”, per esempio, demanda ad esso il compito di eliminare il problema del supplentato e del precariato. Qualcuno ha provato a dire chi-fa-che-cosa, come normare i compiti e le responsabilità specifiche di ciascun insegnante rispetto a tutti i compiti della didattica? L’insegnante curricolare fa il sostegno come pratica didattica specifica? E’ preparato per questo compito? Dall’altro lato, l’insegnante di sostegno fa il curricolare, insegna a tutti? Con quali competenze disciplinari? Quanti anni ci vorrebbero affinché gli uni imparino il mestiere degli altri? Per fare le stesse cose poi? Non è più semplice, “economico” funzionale, praticabile che gli uni e gli altri si specializzino sempre più e facciano meglio ciò che già oggi sono chiamati a fare? E con quali criteri sarebbe assegnato questo organico funzionale? E nella secondaria cosa facciamo? Specializziamo tutto il consiglio di classe sul sostegno? E se spostiamo tutti e 110 mila insegnanti di sostegno sul curricolare e dovranno imparare discipline e didattica disciplinare cosa facciamo fare all’esercito di precari ormai super specializzati per conoscenze esperienze e competenze già pronti all’utilizzo per un inquadramento stabile? E ogni anno che arrivano in classe una o più disabilità (non vedenti, sordastri, tetraplegici, autistici, ritardi mentali ecc.) cosa facciamo? Tutti gli insegnanti si specializzano in ognuna di queste disabilità?
Lasciamo stare poi la configurazione della cabina di regia organizzativa, i poteri e le attribuzioni rispetto al territorio, alla scuola, alla singola classe, al singolo alunno, al super dirigente di istituto.
Lasciamo stare la task force dei super esperti, super visori, super presenti su tutto il territorio, che sanno tutto, ai quali sarebbe demandato, secondo il pensiero di Ianes, di dettare le linee tecniche della didattica dell’inclusione, cioè di tutta la didattica a questo punto.

La proposta di Ianes non mi convince. Di più, mi sembra piuttosto campata in aria, distrofica e strabica, farraginosa e impraticabile per la scuola, i docenti (curricolari e di sostegno), e soprattutto dannosa per coloro ai cui interessi sarebbe destinata. Questa proposta appare priva di quel criterio principe che è la fattibilità su scala universale.

Quando si è aperta la partita dei BES molti insegnanti di sostegno e curricolari, ma anche molti esperti di scuola, l’hanno criticata a fondo perché vedevano in ciò un elemento di confusione che perde i confini della disabilità, includendo in essa ogni difficoltà di apprendimento e dimenticando che l’apprendimento e la capacità di stare in relazione con gli altri costituiscono sempre e comunque difficoltà che bisogna superare senza necessariamente essere affetti di una qualche forma di patologia. In particolare hanno visto i BES come l’anticamera della eliminazione del sostegno, quello vero e riconosciuto (sulla certificazione Ianes dice delle cose molto interessanti, condivisibili delle quali bisognerebbe studiare le condizioni di fattibilità. Sappiamo tutti, infatti, il calvario dei disabili e delle loro famiglie alle prese con le ASL, la burocrazia, con le visite estenuanti e ripetute), quindi l’eliminazione degli insegnanti di sostegno in quanto figure specialistiche. I timori erano più che fondati. Dopo i BES è arrivata puntuale la proposta di Ianes e la sperimentazione del Trentino che prevede l’eliminazione del sostegno, e degli insegnanti di sostegno, nel modo in cui si è configurato fino ad oggi. Una sperimentazione che dovrebbe servire da modello per tutta l’Italia, con tutti i limiti della significatività di un campione che, in fatto di politiche scolastiche ed economiche, ha molto poca somiglianza col resto del Paese.

La partita del sostegno deve essere governata meglio: occorrono risorse, innanzitutto, in termini di organici, di organizzazione scolastica, strutture e strumenti, supporti specifici, preparazione specialistica, ma anche didattica e “culturale” degli attori protagonisti, non solo, ma di tutto l’ambiente istituzionale, sociale, territoriale intorno alle persone disabili e alle loro famiglie. Per realizzare ciò non c’è bisogno dell’eliminazione/”evoluzione” degli insegnanti di sostegno, anzi, occorre sostenere loro e gli insegnanti curricolari ancora di più e meglio. Quanto più e meglio essi svolgeranno i loro compiti tanto più e meglio passerà nella scuola e nella società tutta la “cultura dell’inclusione”.

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“L’evoluzione dell’insegnante di sostegno” (D. Ianes) Erickson Ed.

“Insegnanti di sostegno: eliminazione no, evoluzione sì.” Videointervista a D. Ianes

“Addio insegnante di sostegno?” (Silvana La Porta)

“Eliminare i docenti di sostegno, adesso si sperimenta a Trento” Redazione OrizzonteScuola.it

“I giochi sono fatti” (M. Tiriticco)

“Gli insegnanti di sostegno, Dario Ianes, e la retorica caciara” (R. Iosa)

“Dei Bes e degli H” (M. Tiriticco)

“Dibattito aperto sull’evoluzione dell’insegnante di sostegno” (S. Nocera per Associazione Italiana
Persone Down)

“Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere” (M.G. Fiore) su SPECULMMAIUS .WORDPRESS.COM

L’abolizione delle Province per una maggiore autonomia nel governo dei territori?

L’abolizione delle Province per una maggiore autonomia nel governo dei territori?

di Gian Carlo Sacchi

Il processo di riforma costituzionale è ripreso in Parlamento, ma la strada per l’approvazione definitiva si sa è ancora lunga. Il dibattito fin qui ha riguardato la riforma del Senato, trasformato nella camera delle autonomie, al quale gli attuali senatori hanno recitato il “de profundis”, rinunciando all’elettività diretta.

Il quadro costituzionale cambia con la revisione del “titolo quinto” sulla governance del nostro sistema istituzionale, soprattutto per quanto riguarda il ruolo delle Regioni, per arrivare all’abolizione delle Province ed alla riorganizzazione (unioni/fusioni) dei Comuni.

Del superamento delle province si parla da tempo; fin dall’entrata in vigore delle regioni a statuto ordinario si era posto il problema di come rendere più funzionali certi servizi secondo modalità di programmazione territoriale che si scontravano con strutture amministrative imposte dallo stato-nazione, a fronte di poteri legislativi attribuiti alle regioni stesse.

Non erano dunque le province il sindacato dei piccoli comuni, che attraverso le unioni/fusioni debbono diventare grandi, per essere in grado di adempiere alle loro funzioni secondo parametri di efficienza organizzativa ed economica, fino ad arrivare alle “città metropolitane”. Così i confini provinciali potevano essere di intralcio all’efficacia di azioni amministrative che richiedono di potersi aprire a territori di “area vasta”. Vi sono state iniziative addirittura interregionali su emergenze naturali, come ad esempio la rete degli enti locali sul fiume Po, oppure la formazione professionale proiettata ad uno scambio di qualifiche addirittura a livello europeo; tematiche che oggi vanno trattate in modo più ampio e rendono inutile la presenza della provincia come ente autonomo.

La Repubblica è strutturata in Comuni, con una dimensione adeguata, Regioni per le competenze legislative legate al territorio, ma anche qui qualche ritocco alla geografia andrebbe fatto, e lo Stato non più visto in un’ottica di gestione centralistica ma di “norme generali”, livelli di prestazioni a garanzia dei diritti sociali, valutazione dei risultati, in un’ottica di scambio internazionale, con una Camera nzionale che si preoccupa dell’equilibrio dei poteri locali. Delle province come presidio non si sente davvero la mancanza. Un risparmio che non è tanto originato dall’abbattimento dei costi della politica, ma dallo svecchiamento del nostro impianto istituzionale.

Nelle grandi aree urbane le strutture delle attuali province andranno ad irrobustire le nuove città metropolitane, nelle piccole realtà esse replicano con risorse diverse e altro personale le stesse funzioni che potrebbero essere svolte da una buona organizzazione dei Comuni. La maggior parte delle competenze sono delegate dalle regioni; queste stesse potrebbero mantenere le medesime funzioni sul territorio con uffici regionali o comunali, sempre intendendo unioni significative per numeri e rappresentatività locali. Non c’è bisogno di un altro ente per elargire contributi che i comuni stessi potrebbero già trattenere sul piano fiscale o per coordinare iniziative finalizzate alla ottimizzazione dei servizi.

In attesa che la riforma costituzionale vada in porto, siamo in una fase di transizione con una legge che deve accompagnare soprattutto i Comuni nei loro processi di riorganizzazione, che si sa non sono facili, soprattutto per questioni identitarie e manageriali, e non continuare ad amministrare al posto degli stessi, come se si trattasse di scelte politiche autonome derivanti da un mandato degli elettori.

La legge Del Rio ha cercato la dolce morte per le province, probabilmente complicando la vita ai sindaci: un bel commissario prefettizio forse sarebbe stato più sbrigativo, ma questo governo di secondo livello dovrebbe proprio essere un laboratorio per arrivare a consolidare l’assetto definitivo delle unioni/fusioni dei Comuni, in rapporto con le Regioni . Non si tratta infatti di un mandato politico e di una nuova forma di governo, ma di un servizio soprattutto in quelle realtà dove questa riorganizzazione ha bisogno di aggiustamenti o di interventi di rinforzo, cosa che magari le province prese da istinto conservativo non hanno supportato a sufficienza.

In questo periodo di elezioni delle rappresentanze comunali l’attenzione è concentrata su come si formeranno le diverse maggioranze sui territori, e si nota positivamente il prevalere di schieramenti atti a sostenere tale passaggio; quello che però rimane in dubbio è se, come ci si attenderebbe dallo spirito della revisione costituzionale, l’abolizione delle province procedesse ad un maggiore decentramento dei poteri dello Stato verso Regioni e Comuni, tolti i vincoli geografici e amministrativi intermedi. Qui occorre una verifica di coerenza di tutto il percorso, perché l’eliminazione della “legislazione concorrente” tra lo Stato e le Regioni stesse sembra riportare più competenze verso il centralismo statalista.

Non si vorrebbe che le province fossero soltanto un sacrificio sull’altare del risparmio e della semplificazione, quando invece la posta in gioco è che i territori possano contare di più.

Riforma della scuola: la campagna pubblicitaria e la legge di iniziativa popolare

da Il Fatto Quotidiano

Riforma della scuola: la campagna pubblicitaria e la legge di iniziativa popolare

 di

È normale che in un Paese democratico una riforma della scuola – che poi non è altro, in realtà, che un tentativo di revisione dello status giuridico dei docenti, sottratto capziosamente al contratto – possa essere annunciata da un video del premier, convogliata tramite un Pdf, pubblicizzata nei siti istituzionali e tramite enormi spazi concessi dai media compiacenti alle continue dichiarazioni trionfalistiche (praticamente tutti, tranne quello che mi ospita e pochissimi altri), celebrata in convegni e presunte giornate di “ascolto” modello sovietico (me la canto e me la suono, come capitò in marzo); pare – a breve – accompagnata da una vera e propria campagna pubblicitaria, e – soprattutto – verificata attraverso un sondaggio on line e non attraverso la consultazione dei soggetti in carne ed ossa, nei luoghi istituzionali deputati a questo tipo di esercizio delle democrazia o nelle piazze? Un sondaggio che individua attraverso le proprie domande un’idea di implicita condivisione di quel documento, lasciando quasi alcuno spazio alla critica e a proposte alternative? Commissionato ad una società – Cineca – che ha gestito per il Miur procedure concorsuali dell’ultimo periodo, il Tfa (con i risultati che sappiamo) e pertanto non indifferente agli esiti del sondaggio stesso?

Mentre attendiamo le strabilianti cifre che il Pd e il governo faranno certamente emergere dalla rilevazione dopo il 15 novembre – data stabilita per la chiusura delle “consultazioni” (sic!) – Puglisi, responsabile scuola di quel partito, ha affermato con la consueta misura: “Il Governo Renzi sta dando vita alla più grande operazione di ascolto della società italiana sull’educazione e l’istruzione. Lo dimostrano i 180.000 contatti ricevuti dal sito La buona scuola. Il Pd non si limiterà però solo ai contatti virtuali e i nostri circoli e i Giovani Democratici incontreranno in ogni piccolo comune e in ogni città, scuola per scuola, casa per casa, gli studenti, le famiglie, il personale scolastico, le imprese e tutti coloro che vogliono scrivere insieme la più bella pagina di cambiamento del Paese”; mentre intanto Vincenzo Pascuzzi conteggia le cifre del “sondaggio”, vi pongo un’altra domanda.

È normale che esista in questo stesso Paese un progetto di legge di riforma della scuola, presentato alla Camera e al Senato da parlamentari provenienti dai più diversi schieramenti politici, frutto di una scrittura collettiva di cittadini (docenti, genitori, studenti, Ata, e certamente anche qualcuno di quei nonni cui Renzi ammicca continuamente); che ha raccolto 100mila firme; elaborato nel 2006 come legge di iniziativa popolare; che ora – appunto – è sostenuto (in forma di disegno di legge) alla Camera e al Senato da esponenti di partiti diversi e di cui pochissimi – rispetto a quanti sono raggiunti dalla fanfara mediatica renziana – sono a conoscenza? In altre parole: è possibile che alle procedure democratiche costituzionalmente determinate per la presentazione di un percorso vengano preferite e favorite (senza passaggio dal Consiglio dei ministri; senza parere sulle previsioni di spesa) tweet e merchandising mediatico del “nuovo che avanza” seppellendo diritti e condivisione concreta: insomma democrazia?

Il 2 ottobre in Senato: conferenza stampa per illustrare la riproposizione della Legge di Iniziativa Popolare “Per una buona Scuola per la Repubblica”. Erano presenti, tra chi ha sostenuto la presentazione della Lip al Senato e alla Camera, Maria Mussini, componente del Gruppo Misto, Alessia Petraglia (Sel), Michela Montevecchi (M5S), Sergio Lo Giudice (Pd), e il Comitato di Ripresentazione della Lip. Presenti anche rappresentanti di varie associazioni e coordinamenti per la Scuola Pubblica (quella che il piano Renzi ha ormai definitivamente indicato come scuola statale e paritaria, sic!), dell’Unione degli Studenti, il responsabile scuola Prc, i segretari nazionali di Flc, Gilda, Unicobas e un rappresentante del Sindacato è un’altra cosa. Tutti concordi nel sottolineare in particolare la sintonia con il dettato costituzionale della Lip in opposizione al modello aziendalista contenuto nella proposta di Renzi: la nostra Buona Scuola della Repubblica ha per compito la formazione dei giovani sulla base dei principi costituzionali, fondamento della Repubblica italiana. E’ stato ribadito dai senatori presenti l’impegno a impedire che il ddl – ora iscritto sia al Senato che alla Camera- faccia la fine delle numerose pdl, trasformate in ddl, ma rimaste a giacere nei cassetti delle Commissioni.

Noi del Comitato per la Riproposizione della Lip abbiamo un lavoro immenso da fare, considerando la disparità delle forze in campo. È per questo che chiediamo a tutti coloro che abbiano a cuore non solo la scuola della Costituzione, ma il rispetto delle procedure democratiche, in un Paese che per il momento sembra averle smarrite, di aiutarci a diffondere il disegno di legge; proponiamo non solo a chi abbia intenzione di partecipare al sondaggio di usare gli spazi bianchi per richiamare la Lip, ma anche di stampare i contenuti del ddl, il confronto tra la Lip e il progetto di Renzi e affiggerli nelle sale docenti e nelle bacheche sindacali. Di non rinunciare – discutendo nei collegi e nelle assemblee sul Piano Renzi, con i genitori e i ragazzi – a far luce su questa opportunità alternativa che, se è vero che sente il peso del mondo altro in cui è stata concepita (epoca Moratti, poi ci sono stati Fioroni, Gelmini, Profumo e Carrozza) rappresenta senza dubbio un punto di partenza straordinario. Se l’iter parlamentare farà il suo corso, gli emendamenti saneranno il gap storico. Ma la garanzia del rispetto della Carta è la nostra stella polare.

Quei 43 mila iscritti GAE che non lavorano nella scuola

da TuttoscuolaNews

Quei 43 mila iscritti GAE  che non lavorano nella scuola  

Ma è davvero opportuno svuotare le Graduatorie ad Esaurimento (GAE) in un colpo solo immettendo in ruolo tutti i suoi iscritti dal 1° settembre 2015?

La “Buona scuola”, come si sa, ha fatto i conti per questa che si annuncia una delle più rilevanti operazioni di reclutamento nella scuola italiana, e ha previsto appunto che dal prossimo anno scolastico verranno immessi in ruolo tutti gli iscritti che sono rimasti nelle GAE: circa 140.600, oltre a 7.500 vincitori e idonei dell’ultimo concorso per un totale di 148.100 nuovi docenti.

Però, mentre i 7.500 docenti provenienti dal concorso sono stati valutati di recente, dei 140.600 si sa poco, se non che sono da anni (quanti?) inseriti nelle graduatorie permanenti trasformate poi in esaurimento.

Quanti di loro nell’attesa del ruolo, un miraggio per molti, hanno lavorato nella scuola?

Quanti, invece, dovendo comprensibilmente sopravvivere nell’attesa della chiamata, in questi anni hanno fatto altro, lavorando fuori dalla scuola nei mestieri più disparati oppure sono rimasti a casa facendo le casalinghe?

Nella Buona Scuola si dice che “negli ultimi 3 anni circa 43 mila persone iscritte nelle GAE non hanno effettuato né supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche né supplenze brevi”. 43 mila su 140.600 sono il 30%: quasi un terzo degli iscritti non lavora nella scuola statale.

Un numero da verificare, perché una parte di loro potrebbe lavorare nelle scuole paritarie.

Potrebbero essere almeno 30 mila, il 20% degli iscritti GAE, che da un tempo non definito non stanno insegnando. Docenti che forse sanno ormai poco della scuola di oggi, arrugginiti nella lunga attesa, anche se non per colpa loro. E’ opportuno che entrino stabilmente nella scuola senza filtro o controllo?

La scuola, tanto meno una Buona Scuola, non può permettersi il lusso di accogliere acriticamente tutti. Che fare allora?

Per prima cosa l’Amministrazione dovrebbe individuare e quantificare con esattezza questi docenti. Dopo di che va trovata una soluzione che contemperi le loro aspettative con i requisiti di una scuola di qualità. Proviamo a ragionarne, con la consapevolezza che si tratta di un tema delicato e ostico, ma che non può essere eluso.

“La Buona Scuola”, l’appello di Renzi agli italiani: vi prego, riempite il questionario!

da La Tecnica della Scuola

“La Buona Scuola”, l’appello di Renzi agli italiani: vi prego, riempite il questionario!

Il premier chiede di coinvolgere la cittadinanza nell’elaborazione delle linee guida: per il momento ricevute 23mila risposte, oltre 150 dibattiti già organizzati, giornate di mobilitazione; sarà la più straordinaria riforma dal basso mai fatta in Italia. Ma sino ad oggi il numero di contatti registrati sono stati inferiori alle attese.

“La campagna di ascolto sulla scuola è partita. Vi prego, vi prego, vi prego: riempite il questionario. Visitate il sito labuonascuola.gov.it” attraverso cui “stiamo scrivendo il futuro dei nostri figli, facciamolo insieme. Migliaia di persone stanno leggendo le proposte del governo (c’è tempo fino al 15 novembre, ma voi fate veloci) e ci stanno incalzando con le loro idee. Fatelo anche voi. Fare le riforme precedute da una campagna di ascolto è una delle cifre di questo governo”: è davvero accorato l’appello del premier Matteo Renzi sulla sua enews per convincere gli italiani a dire la loro sulla bozza di riforma del settore istruzione.

”Sulla scuola, però – aggiunge – è ancora più importante. E tutte le volte che entro in una scuola, da Palermo a Ferrara, mi rendo conto che la mia priorità – prima di qualsiasi manovra, riforma, rottamazione – è restituire dignità e futuro alla scuola italiana. Mi date una mano? Il sito è labuonascuola.gov.it. Per il momento 23mila risposte al questionario su internet, oltre 150 dibattiti già organizzati nei prossimi due mesi, giornate di mobilitazione in quasi tutti i comuni. Sarà la più straordinaria riforma dal basso mai fatta in Italia”.

I numeri degli interventi, a dire il vero, non sembrano altissimi. Soprattutto perché alcuni alti rappresentanti del Governo, come il Ministro Giannini, avevano parlato di milioni di interventi. A distanza di tre settimane dell’avvio della consultazione, però, siamo ancora nell’ordine di qualche migliaio. La speranza è che le parole di Renzi riescano ad aggiungere qualche zero a quelle cifre poco confortanti.

La buona scuola la fanno i bravi insegnanti

da La Tecnica della Scuola

La buona scuola la fanno i bravi insegnanti

Può sembrare una tautologia ma purtroppo molto spesso si dimentica che per fare una buona scuola non bastano riforme e proclami ma occorre avere insegnanti preparati e desiderosi di mettere a disposizione degli studenti le proprie capacità
Insegnare non è affatto facile. Pensare che affrontare la professione dell’insegnante sia difficile, soltanto per il percorso formativo che conduce un laureato ad abilitarsi all’insegnamento e poi a superare un concorso, significa banalizzare il concetto di questa delicatissima professione sociale. Insegnare significa molto di più che riuscire a superare le selezioni di un TFA, le varie prove scritte e orali e poi anche un concorso.
Insegnare significa principalmente sapere trasmettere le competenze specifiche, acquisite nel proprio corso di studi e permanentemente aggiornarle. Se non si comprende questo semplice concetto, non esisterà mai una buona scuola, ma avremo al contrario una pessima scuola. È utile ricordare che il termine scuola deriva dal verbo greco scholazein che significa avere tempo di occuparsi di una cosa per divertimento. Quindi è semplicissimo comprendere, ed è scritto nello stesso etimo della parola scuola, che insegnanti e discenti occupano il loro tempo a studiare con piacere. Il piacere dell’apprendimento risiede principalmente nella capacità comunicativa dell’insegnante, che riesce a tramettere, con  semplicità, conoscenze e competenze anche complesse. In buona sostanza per avere una buona scuola, c’è bisogno della figura di un docente esperto della sua disciplina e specializzato nella comunicazione e trasmissione del sapere specifico. Una figura in grado di  rendere semplice e piacevole ciò che semplice  non è.
L’idea singolare e miope di chi sostiene che tutti possono insegnare tutto e possono svolgere contemporaneamente all’insegnamento altre mansioni, non serve assolutamente a migliorare il livello della didattica nella scuola pubblica italiana, ma al contrario crea grossi problemi per l’apprendimento dei nostri ragazzi. È un’idea, che troppo spesso viene imposta per ragioni economiche e in nome della flessibilità, ma determina pessima qualità didattica e quindi una cattiva scuola.
Docenti in esubero che vengono dirottati in altri classi di concorso o anche in altri ordini di scuola, non sono un esempio di buona scuola. Insegnanti riconvertiti ad altri insegnamenti con corsetti di 200 ore che si trovano ad insegnare nell’età della vecchiaia, quello che non hanno mai insegnato, non è un esempio di buona scuola. Per non parlare del disastro delle classi di concorso atipiche dove al bisogno si utilizzano i docenti, per insegnare quando una materia, quando un’altra più o meno affine. La buona scuola la fanno i bravi insegnanti che hanno costruito la loro figura professionale sulla specificità dei loro insegnamenti e sull’abilità comunicativa. L’insegnante che conosce la propria disciplina, ma non la sa trasmettere, per evidenti limiti comunicativi, non fa bene alla scuola, vista come luogo di apprendimento piacevole. In quel caso si fa una cattiva scuola. Allora quali potrebbero essere le soluzioni di una giusta riforma, fatta per una buona scuola?  Smetterla di caricare di compiti aggiuntivi gli insegnanti, come se fossero onniscienti ed in grado di svolgere ogni compito contemporaneamente. Dividere le carriere di chi lavora a scuola, in carriera d’insegnamento per coloro che hanno il dono di essere bravi insegnanti ed eccellenti comunicatori e in carriera dell’organizzazione del lavoro, per coloro che amano di più gli aspetti burocratici.
Non è possibile avere docenti che contemporaneamente ti fanno l’orario scolastico, la funzione strumentale, il docente a tempo pieno nelle classi. Forse dovrebbe sorgere il sospetto che chi pensa di riuscire a fare tutto, poi rischia di svolgere qualcosa in malo modo. Eliminare le classi di concorso atipiche e introdurre le specificità degli insegnamenti, sburocratizzare i compiti degli insegnanti, e fare formazione sugli aspetti della comunicazione. Un’idea questa che restituirebbe ordine in un sistema che è fuori controllo, dove ci sono poche risorse economiche e caricate tutte sulle spalle di una parte ristretta di docenti, quella più obbediente al dirigente scolastico, uno spreco di risorse umane che andrebbero meglio gestite e ovviamente meglio pagate.

R. Cucciolla e M. Salvatore, A Sud

Dalla parte degli “esclusi”: A Sud
con Riccardo Cucciolla e Matteo Salvatore

di Carlo De Nitti

 

a_sudTramandare storie di vita, pensieri, idee, visione del mondo delle classi subalterne è sempre stata storicamente impresa ardua se non impossibile, essendo l’unico veicolo della cultura popolare l’oralità, la trasmissione oro-auricolare. Il mondo contadino meridionale e pugliese non ha fatto e non fa eccezione rispetto a tutti gli altri sud del mondo al punto da apparire ab extrinseco, muto.

Raccontare ‘il lungo silenzio’ della cultura contadina è l’obiettivo che si è posto Giovanni Rinaldi – esperto di cultura orale, autore di interessanti ed importanti ricerche in campo demo-antropologico – curando A Sud. Il racconto del lungo silenzio, recentissimamente pubblicato a Roma dalla casa editrice Squilibri. Un volume di cui è parte integrante uno splendido CD. “Un silenzio che si tentava di rompere, con la ricerca e la documentazione di feste, cerimonie e rituali popolari, con i loro canti devozionali, le pratiche magico-religiose, gli ex voto per grazia ricevuta” (p. 11).

Nel volume e nel CD, si trova il resoconto vocale di una performance vocale polifonica, che si tenne a Bari il 14 gennaio 1978, presso la Biblioteca Provinciale ‘De Gemmis’, a margine della mostra Puglia ex voto, promossa e curata da Emanuela Angiuli, di cui Giovanni Rinaldi è stato testimone diretto: il grande attore teatrale e cinematografico (chi, avendone l’età, non serba memoria della su partecipazione al film del 1973 di Florestano Vancini, Il delitto Matteotti, in cui impersonava A. Gramsci?) barese Riccardo Cucciolla (Bari, 1924 – Roma, 1999), il cantastorie garganico Matteo Salvatore (Apricena, FG, 1925 – Foggia, 2005) ed il fotografo barese Paolo Longo intrecciano parole, suoni ed immagini in uno straordinario documento che, oggi, trentasei anni dopo, non è possibile non definire storico: evocativo di esperienze individuali e collettive che mai avevano avuto modo di essere diffuse e conosciute.

Un evento straordinario in una temperie storica, culturale, economica, politica tutt’affatto diversa dall’attuale: come non ripensare, evocando il 1978, alla stagione del terrorismo che raggiunse il suo culmine con l’assassinio di Aldo Moro (1916 – 1978), ai governi di “solidarietà nazionale”, all’elezione di Sandro Pertini (1896 – 1990) al Quirinale, ai due Conclavi (che elessero rispettivamente al soglio pontificio Albino Luciani, prima e dopo poco più di un mese Karol Woytila)?

In un momento storico-politico in cui nessuno dei grandi partiti di massa, con ruoli diversi, era escluso dal governo del Paese e, quindi, le masse erano ‘nello Stato’ era, probabilmente, il momento migliore per riflettere sulla cultura contadina in tutto il Paese: come non rammemorare che, proprio nel 1978, il regista bergamasco Ermanno Olmi, realizzò il film L’albero degli zoccoli – considerato dalla critica il suo capolavoro assoluto – che vinse la Palma d’oro al 31° Festival di Cannes? Senza contare in tutt’altra prospettiva, l’attenzione che alla civiltà contadina aveva prestato, due anni prima, Bernardo Bertolucci con il suo film Novecento

Raccontare il lungo silenzio non era, e non è, finalizzato – illo tempore, ma anche oggi – alla creazione di una ‘vetrina’ (una sorta di marketing territoriale ante litteram) ma a dare voce, corpo e spazio alla testimonianza di istanze sociali e politiche individuali e collettive delle classi subalterne, storicamente escluse dalla Storia e dallo Stato (‘di classe’, si sarebbe detto un tempo), che le vede come a sé antagoniste in quanto minacciato nei suoi privilegi delle sue classi dirigenti. “E’ fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi/ con i panni e le scarpe e le facce che avevamo” (p. 15), così recitava Riccardo Cucciolla i noti versi di Rocco Scotellaro.

Anche al ricercatore etnologo le persone materia del suo studio possono apparire come qualcosa di ‘sostanzialmente convenzionale’ – come spiega il grande etnologo Ernesto De Martino (1908 – 1965), ma “io entravo nelle case dei contadini pugliesi come un ‘compagno’ […] che vuole rendersi partecipe, insieme agli uomini incontrati della fondazione di un mondo migliore” (p. 15).

In una stagione di grande engagement politico, quale quella degli anni ’70 del secolo scorso, tre uomini del sud, tre intellettuali pugliesi, si incontrano per dare voce a chi una voce non l’aveva mai avuta. Così vengono ascoltati autori come Rocco Scotellaro (1922 – 1953) – il poeta contadino, sindaco per una breve stagione del suo paese, Tricarico, in Basilicata – Ernesto De Martino, il politico meridionalista (e non soltanto) Tommaso Fiore (1884 – 1973), con l’accompagnamento di un cantastorie come Matteo Salvatore.

Giovanni Rinaldi, con la sua eccezionale testimonianza, ha consentito che questo materiale, digitalizzato, entrasse nell’Archivio sonoro della Puglia presso la Cittadella della Cultura di Bari a disposizione gratuita: il volume è un passo verso la diffusione verso un pubblico, di studiosi e non solo, sempre più vasto dei materiali sonori digitalizzati.

Leggendo questo volume ed ascoltando il CD, a chi scrive, per ragioni anagrafiche e di formazione, non può non associarlo ad uno dei propri livres de chevet: Filosofia e potere che il filosofo Giuseppe Semerari (1922 – 1996) pubblicò nel 1973. In esso, Semerari teorizzava il ‘filosofare dal basso’. Questa prospettiva – connotata da un atteggiamento radicalmente empiristico e dal riconoscimento della finitezza, complessità e precarietà dell’umano – configura la conoscenza come un processo ’transazionale’ e parte dalla pluralità dei soggetti, in vista della comunicazione reciproca, dando la priorità al ‘domandare’.

I ricercatori in scienze sociali – come il Giovanni Rinaldi testimone dell’evento che ha dato origine al volume che ora, dopo trentasei anni cura – praticavano e praticano una metodica di ricerca sicuramente molto vicina alla pratica filosofica teorizzata da Giuseppe Semerari. Altresì, pochi anni dopo quella serata evento, il decano dei sociologi italiani Franco Ferrarotti, nel 1981, pubblicava a Bari con la casa editrice Laterza il suo volume Storia e storie di vita, che assumeva un’analoga prospettiva teoretica.

A Giovanni Rinaldi va attribuito il sicuro merito di aver restituito, con il suo volume, alla più ampia fruizione e problematizzazione, anche delle giovani generazioni, di un florilegio di ‘voci del Sud’ che hanno fatto emergere, in una sera d’inverno di tanti anni fa, il lungo silenzio della civiltà contadina da leggere “con lo sguardo aperto, come espressioni di cultura senza aggettivi (alta/bassa), e ci diranno di più di quello che già conosciamo di una terra complessa, la Puglia, ricchissima di storia e di esperienze collettive” (p. 11).

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 232

Gazzetta Ufficiale

Serie Generale
n. 232 del 6-10-2014

Sommario

LEGGI ED ALTRI ATTI NORMATIVI

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 10 luglio 2014, n. 142


Regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, dell’Organismo indipendente di
valutazione della performance e degli Uffici di diretta
collaborazione. (14G00156)

 

 

Pag. 1

 

 

DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

DECRETO 18 settembre 2014


Ridefinizione del contingente delle monete d’argento da euro 5 della
Serie «Italia delle Arti – Selinunte», millesimo 2013, versione
proof. (14A07444)

 

 

Pag. 28

 

 

 

DECRETO 18 settembre 2014


Ridefinizione del contingente delle monete d’oro da euro 20 della
Serie «Flora nell’arte» Rinascimento, versione proof, millesimo 2013.
(14A07450)

 

 

Pag. 28

 

 

 

DECRETO 18 settembre 2014


Ridefinizione del contingente delle monete d’argento da euro 10 della
Serie «Europa Star Programme – Scrittori Europei» dedicata a Luigi
Pirandello, versione proof, millesimo 2013. (14A07451)

 

 

Pag. 29

 

 

 

DECRETO 18 settembre 2014


Ridefinizione del contingente delle monete d’argento da euro 5 della
Serie «Ville e Giardini Storici – Villa Adriana – Tivoli», versione
proof, millesimo 2013. (14A07452)

 

 

Pag. 30

 

 

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

 

DECRETO 10 giugno 2014


Ammissione al finanziamento del Fondo agevolazioni alla ricerca del
progetto di cooperazione internazionale «Eniac – Lab4Mems» (Decreto
n. 2003). (14A07448)

 

 

Pag. 30

 

 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

 

DECRETO 24 settembre 2014


Inserimento del codice di deontologia e di buona condotta per i
trattamenti di dati personali per scopi statistici e di ricerca
scientifica, effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale
– nell’allegato A del codice in materia di protezione dei dati
personali. (14A07474)

 

 

Pag. 33

 

 

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 

PROVVEDIMENTO 12 settembre 2014


Iscrizione della denominazione “Pescabivona” nel registro delle
denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche
protette. (14A07446)

 

 

Pag. 33

 

 

ESTRATTI, SUNTI E COMUNICATI

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

 

COMUNICATO


Cambi di riferimento rilevati a titolo indicativo del giorno 22
settembre 2014 (14A07521)

 

 

Pag. 39

 

 

 

COMUNICATO


Cambi di riferimento rilevati a titolo indicativo del giorno 23
settembre 2014 (14A07522)

 

 

Pag. 39

 

 

 

COMUNICATO


Cambi di riferimento rilevati a titolo indicativo del giorno 24
settembre 2014 (14A07523)

 

 

Pag. 40

 

 

 

COMUNICATO


Cambi di riferimento rilevati a titolo indicativo del giorno 25
settembre 2014 (14A07524)

 

 

Pag. 40

 

 

 

COMUNICATO


Cambi di riferimento rilevati a titolo indicativo del giorno 26
settembre 2014 (14A07525)

 

 

Pag. 41

 

 

MINISTERO DELLA SALUTE

 

COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
veterinario «Pestigon» 2,5 mg/ml spray cutaneo. (14A07466)

 

 

Pag. 41

 

 

 

COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
veterinario «Hypophysin LA» 35 µg/ml soluzione iniettabile per bovini
e suini e «Hypophysin LA» 70 µg/ml Soluzione iniettabile per bovini e
suini. (14A07467)

 

 

Pag. 41

 

 

 

COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
veterinario «Zodon» 88 mg, 150 mg e 264 mg compresse masticabili per
cani. (14A07468)

 

 

Pag. 42

 

 

 

COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso veterinario «Noroseal» 2,6 g sospensione
intramammaria per bovini. (14A07469)

 

 

Pag. 43

 

 

 

COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei
medicinali omeopatici per usi veterinari «Chelidonium-Homaccord
Veterinario» e «Engystol Veterinario». (14A07470)

 

 

Pag. 43

 

 

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 

COMUNICATO


Concessione dei collegamenti aerei onerati da Elba Marina di Campo –
Pisa e viceversa, Elba Marina di Campo – Firenze e viceversa, Elba
Marina di Campo – Milano Linate e viceversa. (14A07464)

 

 

Pag. 43

 

 

 

COMUNICATO


Concessione dei collegamenti aerei onerati da Pantelleria-Trapani e
viceversa, Pantelleria-Palermo e viceversa, Lampedusa-Palermo e
viceversa, Lampedusa-Catania e viceversa. (14A07465)

 

 

Pag. 43

 

 

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 

COMUNICATO


Domanda di modifica della denominazione registrata «Brocciu
Corse»/«Brocciu». (14A07447)

 

 

Pag. 44

 

 

 

COMUNICATO


Avviso relativo al comunicato riguardante la valutazione ambientale
strategica del Programma di sviluppo rurale nazionale. (14A07471)

 

 

Pag. 44

 

 

REGIONE TOSCANA

 

COMUNICATO


Approvazione dell’ordinanza n. 37 dell’11 settembre 2014 (14A07449)

 

 

Pag. 44

Nota 6 ottobre 2014, Prot. AOODGSC 5596

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana
BOLZANO
all’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca
BOLZANO
all’Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine
BOLZANO
al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento
TRENTO
al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta
AOSTA

Nota 6 ottobre 2014, Prot. AOODGSC 5596

Oggetto: Libriamoci. Giornate di lettura nelle scuole: il maggio dei libri

Nota 6 ottobre 2014, AOODGOS Prot.n. 5913

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI

Al Sovrintendente agli Studi per la Regione Autonoma della Valle d’Aosta

Al Sovrintendente Scolastico
per la Provincia Autonoma di Bolzano

Al Sovrintendente Scolastico
per la Provincia Autonoma di Trento

All’Intendente Scolastico per le scuole delle località ladine di Bolzano

All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano

 

Oggetto: Olimpiadi di Problem Solving. Informatica e pensiero algoritmico nella scuola dell’obbligo – A.S. 2014-2015

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per l’anno scolastico 2014-2015, propone le “Olimpiadi di Problem Solving. Informatica e pensiero algoritmico nella scuola dell’obbligo” rivolte all’intero ciclo della scuola dell’obbligo.

È prevista la partecipazione delle classi IV e V della scuola primaria, del triennio della scuola secondaria di primo grado, del primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado. Dal corrente anno scolastico le Olimpiadi prevedono la sezione di gara “individuale” per la scuola secondaria di I e di II grado.

Codesti Uffici vorranno cortesemente individuare, ovvero confermare un Referente regionale che curerà i rapporti con questo Ufficio, nonché con i Referenti scolastici secondo le note tecniche presenti nel Regolamento allegato.

Comunicazioni in questo senso dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica:

caterina.spezzano@istruzione.it entro il 10 novembre 2014.

Nel Regolamento allegato e sulla home page del sito http://www.olimpiadiproblemsolving.it è possibile reperire ulteriori informazioni.

Si ringrazia per la cortese collaborazione.

 

IL DIRETTORE GENERALE
f.to Carmela PALUMBO

 


 

– OLIMPIADI DI PROBLEM SOLVING –

Informatica e pensiero algoritmico nella scuola dell’obbligo

 

 

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per gli ordinamenti Scolastici e la valutazione del sistema nazionale d’istruzione – promuove, per l’anno scolastico 2014-2015, le competizioni di informatica denominate “Olimpiadi di Problem Solving”, rivolte agli alunni della scuola dell’obbligo.

 

La competizione si propone di:

  • favorire lo sviluppo delle competenze di problem solving e valorizzare le eccellenze presenti nelle scuole;
  • sollecitare la diffusione dei contenuti scientifici culturali dell’informatica come strumento di formazione (metacompetenze) nei processi educativi;
  • sottolineare l’importanza del pensiero algoritmico come strategia generale per affrontare i problemi, metodo per ottenere la soluzione e linguaggio universale per comunicare con gli altri.
  • stimolare l’interesse a sviluppare le capacità richieste in tutte le iniziative attivate per la valorizzazione delle eccellenze.

 

 

regolamento DELLE COMPETIZIONI

 

  1. Destinatari

Le competizioni riguardano la scuola dell’obbligo e si svolgono su tre distinti livelli:

  • Scuola primaria (alunni delle classi IV e V):
  • a squadre.
  • a squadre;
  • a squadre;
  • Scuola secondaria di I grado (alunni delle classi I, II e III):
  • Scuola secondaria di II grado (studenti del primo biennio):

Le prove dei tre livelli sono della stessa tipologia, ma si differenziano per i contenuti di complessità.

 

  1. Modalità di partecipazione

Le competizioni si articolano in tre fasi (istituto, regionale e nazionale) precedute da un periodo di allenamento e si svolgono:

  • a squadre costituite da quattro allievi, fra cui si raccomanda che vengano rappresentati entrambi i sessi (scuola primaria, scuola secondaria di I e II grado);
  • individuale (scuola secondaria di I e II grado).

 

Le prove hanno la durata di 90 minuti e consistono nella risoluzione di un insieme di problemi scelti dal Comitato organizzatore

La competizione è gestita da un sistema automatico sia per la distribuzione dei testi delle prove sia per la raccolta dei risultati e la loro correzione. L’adozione di questo sistema impone vincoli alla formulazione dei quesiti e delle relative risposte.

Le informazioni sullo svolgimento delle diverse fasi delle competizioni vengono comunicate tempestivamente sul sito http://www.olimpiadiproblemsolving.it.

Le scuole che intendono partecipare alle competizioni devono individuare un docente referente, il quale cura la registrazione sul sito secondo le modalità indicate nella nota tecnica allegata al presente regolamento e comunica al referente regionale l’avvenuta iscrizione.

L’elenco dei referenti regionali è disponibile sulla home page del sito.

Il referente regionale abilita la scuola accedendo alla propria area riservata.

L’abilitazione renderà attiva la password del referente scolastico.

Nel caso di Regioni dove non sia stato segnalato il referente, le funzioni per l’abilitazione delle iscrizioni sono assunte dall’amministrazione centrale.

Durante lo svolgimento delle prove (gare di istituto, gare regionali) le squadre e gli studenti partecipanti possono servirsi anche di propri dispositivi digitali collegati a internet; durante la finalissima sia a squadre che individuale è possibile utilizzare solo un computer collegato a internet.

 

 

  1. Tipologia delle prove

Ogni prova si articola in “Esercizi”, che possono essere a risposta multipla o a risposta libera: in quest’ultimo caso la risposta è una ben precisa stringa di caratteri (un numero, una sigla, una lista, un nome, ecc) la cui forma si desume dal testo dell’esercizio.

Gli esercizi saranno di difficoltà leggermente crescente col succedersi delle prove, comunque sempre commisurati da una parte all’età e alla cultura di chi deve risolverli, dall’altra all’obiettivo di favorire la nascita e lo sviluppo progressivo delle eccellenze.

Una caratteristica fondamentale delle Olimpiadi di Problem Solving è che, dopo ogni prova, insieme con la soluzione dei vari esercizi vengono forniti dei “commenti”, che costituiscono una traccia per il percorso formativo che gli insegnanti sono invitati a seguire insieme con gli allievi.

Gli argomenti proposti sono allineati con quelli adottati nelle indagini e/o nelle competizioni internazionali riguardanti la capacità di problem solving; in particolare ogni prova comprende (almeno):

  • un esercizio di comprensione di un testo italiano;
  • uno o più esercizi formulati in inglese;
  • esercizi di argomento “standard”, cioè appartenenti ad aree problematiche che si ritiene debbano far parte delle competenze e capacità di ognuno;
  • esercizi di argomento “non standard” per stimolare la creatività e la capacità di affrontare situazioni “nuove”.

 

  1. Fasi della competizione
    1. Allenamenti

Per consentire la conoscenza dei contenuti e l’approccio metodologico della competizione sono state predisposte prove di allenamento.

Agli allenamenti accedono tutti gli studenti, con le modalità ritenute più opportune dai rispettivi docenti.

Le prove sono disponibili sul sito http://www.olimpiadiproblemsolving.it.

 

  1. Gare di Istituto:

Le gare di Istituto sono utilizzate per individuare la squadra e, nel caso delle scuole secondarie di I e II grado, fino a 3 studenti che rappresenteranno l’istituzione scolastica alla gara regionale, per ogni livello di competizione.

E’ opportuno che alle gare di istituto partecipi il maggior numero possibile di squadre/studenti.

Per l’a.s. 2014-2015, la fase di Istituto si articola – su cinque prove per la sezione a squadre e su 3 prove per la sezione individuale – che si svolgono secondo il seguente calendario:

 

I prova a squadre                                                        

17 novembre 2014 (S. Primaria)

18 novembre 2014 (S. Sec. I gr)

19 novembre 2014 (S. Sec. II gr)

 

II prova a squadre                                                      

16 dicembre 2014 (S. Primaria)

17 dicembre 2014 (S. Sec. I gr)

18 dicembre 2014 (S. Sec. II gr)

 

III prova a squadre                                                    I prova individuale

21 gennaio 2015 (S. Primaria)                                                   –

22 gennaio 2015 (S. Sec. I gr)                                   19 gennaio 2015 (S. Sec. I gr)

23 gennaio 2015 (S. Sec. II gr)                                 20 gennaio 2015 (S. Sec. II gr)

 

IV prova a squadre                                                     II prova individuale

23 febbraio 2015 (S. Primaria)                                                   –

24 febbraio 2015 (S. Sec. I gr)                                   18 febbraio 2015 (S. Sec. I gr)

25 febbraio 2015 (S. Sec. II gr)                                 19 febbraio 2015 (S. Sec. II gr)

 

V prova a squadre                                                        III prova individuale

18 marzo 2015 (S. Primaria)                                                   –

19 marzo 2015 (S. Sec. I gr)                                     16 marzo 2015 (S. Sec. I gr)

20 marzo 2015 (S. Sec. II gr)                                    17 marzo 2015 (S. Sec. II gr)

 

 

Le Istituzioni scolastiche possono utilizzare una o più prove per individuare, entro il 31 marzo 2015, le squadre e gli studenti che partecipano alla successiva fase regionale.

 

  1. c) Gare regionali:

Alla fase regionale partecipa una squadra e fino a 3 studenti (per la sezione individuale della Scuola Secondaria di I e II grado) per ogni Istituzione scolastica.

Gli Istituti comprensivi partecipano con una squadra per ciascun livello previsto dalla competizione.

Per questa fase il referente scolastico effettua una specifica registrazione sul sito.

 

 

La fase regionale si svolge secondo il seguente calendario:

 

   prova a squadre                                                         prova individuale

                                                                          

15 aprile 2015 (S. Primaria)                                                   –

16 aprile 2015 (S. Sec. I gr)                                     13 aprile 2015 (S. Sec. I gr)

17 aprile 2015 (S. Sec. II gr)                                   14 aprile 2015 (S. Sec. II gr)

 

 

  1. d) Finalissima nazionale

Accedono alla finalissima nazionale a squadre per ciascun livello:

  • la migliore squadra classificata a livello regionale;
  • le prime cinque migliori squadre classificate a livello nazionale, escluse le prime di ogni regione.

 

Accede alla finalissima individuale il primo classificato di ogni regione.

 

Le gare finali, a squadre e individuale, si svolgeranno in orario diversificato.

 

La finalissima nazionale si disputerà a Roma nel mese di maggio 2015.

 


NOTA TECNICA

RUOLI E COMPITI DEI REFERENTI REGIONALI E DEI REFERENTI SCOLASTICI

 

REFERENTI REGIONALI

 

  1. promuovono e presentano il progetto alle scuole della regione;
  2. abilitano l’iscrizione delle scuole effettuata dal referente scolastico sul sito;
  3. supportano le scuole con attività e interventi che ritengono più opportuni;
  4. curano i rapporti con i referenti scolastici.

 

 

REFERENTI SCOLASTICI

 

Le scuole, all’atto dell’iscrizione, devono indicare un referente che cura i contatti con l’Organizzazione per tutte le informazioni e le comunicazioni necessarie. I rapporti organizzativi sono curati esclusivamente via email e attraverso gli appositi spazi riservati (FAQ, forum, et al) nel sito delle competizioni http://www.olimpiadiproblemsolving.it

I referenti:

  • iscrivono le scuole sul portale utilizzando l’apposito collegamento,
  • comunicano al referente regionale l’avvenuta iscrizione.

La password che il sistema genera automaticamente è abilitata da referente regionale.

I referenti scolastici:

    1. accedono all’area riservata,
    2. inseriscono la password e ACCEDONO AL PANNELLO DI CONTROLLO, da cui è possibile accedere alle sezioni per:
  1. gestire le squadre e gli studenti;
  2. gestire gli allenamenti;
  • consultare le soluzioni dei probelmi;
  1. accedere alla sezione faq;
  2. consultare le classifiche.

 

Ulteriori informazioni e/o eventuali aggiornamenti sono comunicati tempestivamente sul sito e segnalati tramite news.

Per le modalità di risposta ai diversi quesiti consultare l’apposita area della home page.