Il dirigente scolastico nel sistema
delle sanzioni disciplinari (*)
Francesco
G. Nuzzaci
Il dirigente scolastico in azione
Illustrata la disciplina legale e compendiata quella contrattuale, si può ora
procedere con un approccio più operativo, considerando però l’una e l’altra
come implicito riferimento.
La più analitica ripartizione dei
contenuti, secondo lo schema che segue, dovrebbe meglio conseguire lo scopo di rendere
più confidenziale uno strumento che il dirigente scolastico deve
obbligatoriamente (ben)usare realizzandosi nel caso concreto le cogenti
previsioni di legge.
1. La distribuzione delle competenze
Dal complesso delle disposizioni
dell’art. 55-bis del D. Lgs. 165/01,
sino alla sanzione della sospensione dal servizio e dallo stipendio per non più
di dieci giorni, la competenza è attribuita al dirigente scolastico, ovvero
all’UPD se la sanzione da comminare è
superiore.
Sia nella prima ipotesi che nella
seconda i fatti devono essere ritenuti di rilevanza disciplinare.
Fatti non sono
le notizie vaghe, le voci generiche, le mere supposizioni, il sentito dire:
possono – e devono – diventarlo previa
un’informale istruttoria che li metta in ordine per una definizione di senso,
una volta che si sia avuto un riscontro documentale con dichiarazioni,
testimonianze et similia.
Dopodiché occorre sottoporli al
vaglio della loro rilevanza disciplinare,
secondo un criterio di ragionevolezza, avendosi a disposizione sino a dieci
giorni per la segnalazione all’UPD, e contestuale comunicazione all’interessato
(con immediatezza ed entro le quarant’otto ore qualora si versi nella
fattispecie della falsa attestazione della presenza in servizio con qualunque
modalità fraudolenta posta in essere); ovvero sino trenta giorni se si
deve direttamente procedere con la
contestazione degli addebiti.
Con il che è soddisfatto il principio
della tempestività dell’azione
disciplinare.
Determinatisi per la predetta
rilevanza, necessita poi – con una
valutazione ex ante – ipotizzare la
sanzione irrogabile in combinato riferimento alle fattispecie legali codificate
nel D. Lgs. 165/01, al Codice di comportamento dei pubblici dipendenti ex
D.P.R. 62/13, al D. Lgs. 297/94-Testo unico della scuola per il personale
docente ed educativo, ovvero al Codice disciplinare per il personale ATA, che
dovrà fungere da parametro anche per i docenti in ordine ai criteri di personalizzazione della sanzione.
Come si ricorderà, vanno valutati:
–
l’intenzionalità e la concreta addebitabilità del comportamento;
– il grado di negligenza e d’imperizia
dimostrata, e la prevedibilità o meno dell’evento;
– la rilevanza dell’infrazione e
dell’inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
–
le responsabilità connesse alla posizione ricoperta ;
–
l’entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli
utenti;
–
l’eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti.
Compiuta la preliminare indagine
istruttoria, il dirigente scolastico rimetterà senz’altro gli atti all’UPD
quando prefiguri una sanzione edittale minima di undici giorni di sospensione
dal servizio sino al licenziamento.
Mentre un’attenzione aggiuntiva
s’impone quando egli deve o meno direttamente procedere, qualora le ipotizzate
sanzioni arrivino alla misura massima della sospensione dal servizio per più di dieci giorni. Ed è il caso:
– della violazione degli obblighi
concernenti la prestazione lavorativa che abbia comportato la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento del danno, sanzionata nell’art. 55-sexies,
comma 1 del D. Lgs. 165/01 con la sospensione dal servizio da tre giorni a tre
mesi;
–
del rifiuto di collaborazione o di dichiarazioni false o reticenti da
parte di colui che, per ragioni di ufficio o di servizio, sia a conoscenza di
informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, che incorre
nella sospensione dal servizio sino a un massimo di quindici giorni, ex art.
55-bis, comma 7 del D. Lgs. 165/01;
– della sospensione dall’insegnamento
o dall’ufficio fino a un mese del personale docente per atti non conformi alla
funzione o per gravi negligenze, violazione di segreti d’ufficio, omessa
vigilanza sugli alunni, ex art. 494 del D. Lgs. 297/94.
Sicché – come già a suo tempo
chiarito dalla c.m. 88/10, Indicazioni e
istruzioni per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in
materia disciplinare – dovrà egli operare
una scomposizione della fattispecie valutando se l’entità della sanzione applicabile
in rapporto alla gravità dell’infrazione in concreto commessa dal dipendente può
essere contenuta entro la sospensione dal servizio non superiore a dieci
giorni. E solo qualora vi sia motivata incertezza dovrà trasmettere
gli atti all’UPD.
2. La sospensione cautelare
Essa investe direttamente il
dirigente scolastico sia nei casi in cui è obbligatoria, sia nei casi in cui è
facoltativa.
E’ obbligatoria, e va disposta entro
quarant’otto ore contestualmente alla segnalazione all’UPD, in caso di falsa
attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante
strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi e delle presenze;
ovvero in caso di procedimento penale restrittivo della libertà personale o
inerente ai delitti di cui al D. Lgs. 235/12 (c.d. decreto anticorruzione, art.
7, comma 1 e art. 8, comma 1, lettera a)
e alla legge 97/01 (art. 3, comma 1 e art. 4, comma 1).
E’ facoltativa in concomitanza con un
avviato procedimento disciplinare che possa comportare la sospensione dal
servizio (anche per un solo giorno), laddove si ritenga necessario dover
espletare (ulteriori) accertamenti sui fatti addebitabili al dipendente. Non
può superare i trenta giorni, con conservazione dello stipendio.
Sia i provvedimenti di sospensione
cautelare obbligatoria che facoltativa vanno prontamente inviati all’USR per la
convalida, che deve avvenire massimo entro dieci giorni, pena la loro decadenza
ex tunc e unitamente ai connessi
effetti nel frattempo prodottisi.
3. L’obbligatorietà dell’azione disciplinare
Al di là degli obblighi di
segnalazione all’UPD e della sospensione cautelare, per il dirigente scolastico
l’azione disciplinare inizia con la contestazione degli addebiti, una volta che
sia stata conclusa la previa indagine
istruttoria.
Mette conto ricordare che essa non
può essere sospesa nel caso si intersechi con un procedimento penale, possibile
solo se le sanzioni prefigurabili superano i dieci giorni di sospensione dal
servizio.
E’ quindi fuori luogo la deprecabile
fretta che induce, anche i dirigenti
scolastici di lungo corso e non solo neo-immessi in ruolo, ad attivarsi prontamente
nella contestazione degli addebiti nel timore di essere, a loro volta,
sanzionati.
Pertanto, riprendendo quanto dianzi dedotto, è
bene spendere qui qualche parola in più.
Il timore a volte sorge anche a fronte di ciò
che appare appena un po’ anomalo, o di accadimenti che dovrebbero essere
trattati con un semplice colloquio e un pizzico di buona volontà.
I due termini appartengono al noto medico e
autore di numerosi studi sul burn out,
Vittorio Lodolo Doria, nel riferire l’allucinante episodio, uno dei tanti, che
può ben essere assunto a valore paradigmatico.
A fine primo quadrimestre una docente
dimentica di registrare il voto di un’alunna, con la conseguenza di doversi
questa sottoporre al corso di recupero.
In seguito alla sua rimostranza, la docente
ammette la svista e provvede prontamente a
registrare il voto, facendo quindi venir meno la necessità del predetto
recupero.
Ciò nonostante, la dirigente scolastica,
venuta a conoscenza della cosa, decide di avviare il procedimento disciplinare,
contestando alla docente di:
a) aver
determinato pregiudizio nel rapporto fiduciario tra scuola e famiglia;
b) aver determinato pregiudizio nel rapporto
fiduciario tra insegnante e dirigente scolastico;
c) aver
compromesso l’immagine e il prestigio della stessa istituzione scolastica;
d) aver
denotato scarso rispetto e noncuranza verso le aspettative degli studenti;
e) aver
denotato scarsa attenzione al momento della valutazione.
Non è qui necessario ripercorrere le
perpsicue, puntuali e condivisibili controdeduzioni dell’inizialmente
esterrefatta e poi risoluta docente, dal momento che la dirigente, in un barlume
di resipiscenza, le ha accolte, disponendo l’archiviazione del procedimento e rendendo
– crediamo, almeno per quella volta –
non necessario l’intervento della Neuro.
Che l’abbia fatto per convinzione o per timore
di essere evocata anche nella prospettata sede penale per quel che poteva
integrare gli estremi di un’azione vessatoria, non è dato di saperlo e comunque
possiamo qui prescinderne.
E’ infatti semplicemente intuitivo che in
materia disciplinare occorre un supplemento di attenzione, non disgiunta da una
dote di equilibrio e di buon senso. E’ una regola generale, che impone un
ulteriore scrupolo quando investe docenti ed educatori. Perché viene coinvolta
l’intera sfera di soggetti socialmente sovraesposti, che possono subire un
pregiudizio della propria autorevolezza presso gli alunni, le famiglie,
l’intero ambiente delle sue molteplici relazioni.
E se ci si determina per l’azione successiva –
sia che si avvii il procedimento disciplinare, ritenuta la propria competenza (infra), sia che poi si irroghi la
sanzione –, occorre essere consapevoli che il soggetto passivo è sempre
pienamente facoltizzato, per definizione, a chiedere, oltre all’annullamento
della sanzione disciplinare inflittagli e rimozione di tutti i suoi effetti con
la restitutio in integrum, il
risarcimento dei danni subiti – beninteso, da provare – sia patrimoniali che non patrimoniali, in cui
la giurisprudenza ricomprende il danno morale (quale mero dolore o patema
d’animo interiore), il danno biologico (consistente nella comprovata lesione
dell’integrità psico-fisica accertata in sede medico-legale e legata da un
nesso di causalità con l’ingiusta
sanzione), il danno esistenziale (quale alterazione peggiorativa della
personalità e da cui derivi uno sconvolgimento delle abitudini di vita, in
conseguenza dell’ingiusta violazione
di valori della persona costituzionalmente tutelati).
E’ ben vero che il diretto destinatario
dell’impugnata sanzione e dell’eventuale domanda risarcitoria in seguito al suo
annullamento da parte del giudice del lavoro non è la persona del dirigente
scolastico, bensì – per il c.d. nesso di immedesimazione organica –
l’Amministrazione. Tuttavia occorre tenere in mente che:
– il nesso di immedesimazione organica viene
meno quando il dirigente abbia ictu
oculi agito per fini personali, per ripicca
o per futili motivi;
– l’Amministrazione, che abbia integralmente
soddisfatto la propria obbligazione risarcitoria se risultata soccombente,
potrà esercitare l’azione di rivalsa dopo essere riuscita a provare in giudizio
il dolo e/o la colpa del dirigente scolastico, se questi ritenga di doversi
opporre. In particolare, a voler prescindere dal dolo, viene in rilievo la
colpa, sia specifica (per violazione di disposizioni normative) che generica
(per inosservanza di precauzioni doverose e venendo così meno il dovere di
perizia e di prudenza).
Prima di consegnare al giudizio del lettore
quale delle due, o tutt’ e due, fattispecie avrebbero potuto essere riferite alla
nostra dirigente – qualora si fosse indotta ad irrogare la sanzione
disciplinare e questa fosse stata cassata dal giudice del lavoro –, è bene
ritornare sul significato dell’obbligo sancito nell’art. 55 bis, comma 2 del D. Lgs. 165/01.
Esso impone al dirigente di contestare senza indugio al proprio dipendente gli addebiti una volta che sia venuto
a conoscenza di comportamenti disciplinarmente sanzionabili, ovvero di
informare entro dieci giorni dalla
notizia del fatto il superiore Ufficio competente per i procedimenti
disciplinari: qualora egli non abbia qualifica dirigenziale, appartenendo alla,
residuale, categoria dei c.d. presidi incaricati. Ovvero se la sanzione
irrogabile superi i dieci giorni di sospensione dal servizio con privazione
della retribuzione.
E occorre altresì chiarire la statuizione del
successivo comma 3, art. 55-sexies, circa
le conseguenze del mancato esercizio e
della decadenza dell’azione disciplinare,
dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del
procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito
disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate in relazione a condotte
aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare.
Per questo secondo aspetto – il mancato
esercizio e/o la decadenza dell’azione disciplinare – un’adeguata diligenza soccorrerà il dirigente
nel renderlo avvertito del rischio di avviare procedimenti non ancorati a puntuali riscontri fattuali aventi un’oggettiva
consistenza, precisi e concordanti, in esito ad una previa e informale
istruttoria: sulla falsariga di quel che avviene in materia penale, i cui
principi devono ritenersi applicabili in materia disciplinare, parimenti di
natura sanzionatoria e perciò involgente stringenti esigenze di garanzia per
l’incolpato.
E’ noto che, ricevuta la notitia criminis, il Pubblico ministero incarica la polizia
giudiziaria di una preliminare e sommaria indagine allo scopo di verificarne la
consistenza e quindi di essere in grado di reggere in giudizio. Solo se l’esito
è positivo egli eserciterà l’obbligatorietà
dell’azione penale con invio all’indagato dell’informazione di garanzia,
l’equivalente della contestazione degli addebiti, che da questo momento assume
la qualifica di imputato.
Dalla predetta istruttoria non ci si
potrà esimere neanche se si è di fronte a condotte
aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, non fosse altro per
verificare l’insussistenza di cause di esclusione della responsabilità, quali
la legittima difesa, l’esercizio del diritto, l’adempimento del dovere, lo
stato di necessità, il caso fortuito.
Solo da questo momento – e siamo al
primo aspetto – si configura il fatto disciplinarmente rilevante e si dovrà
procedere senza indugio, o con
formale contestazione degli addebiti (nel caso che, con una valutazione ex ante sia prefigurabile una sanzione
massima di sospensione dal servizio e dallo stipendio per non più di dieci
giorni) o con rimessione degli atti al competente Ufficio per i procedimenti
disciplinari e dandone contestuale comunicazione all’incolpato.
4. Il principio di tipicità delle sanzioni
Qualora debba attivarsi l’azione
disciplinare a fronte di condotte aventi oggettiva
e palese rilevanza disciplinare,
la procedura da seguire è quella rigorosamente prevista dalla legge, così come
la stessa legge – e il contratto in funzione integrativa – individuano la corrispondente
sanzione. In ciò consiste la loro tipicità o numerus clausus.
Pertanto, più che nulle, sono
semplicemente inesistenti contestazioni verbali, così come le c.d. mere riservate o provvedimenti formali
variamente denominati – di nuovo libero conio oppure rivenienti da prassi più o
meno consolidate – quali dichiarazioni di biasimo, diffide, ammonizioni et alia.
Dovrà quindi procedersi con formale
contestazione degli addebiti, acquisita al protocollo, nutrita da fatti, con
documentazioni o evidenze a supporto, seri-precisi-concordanti, dandosi così
modo all’incolpato di far valere con altrettanta puntualità le sue
controdeduzioni, per poi di conseguenza e con adeguata motivazione determinarsi
per l’archiviazione del procedimento oppure irrogandosi la sanzione.
Si rammenta che gli atti d’avvio e di
conclusione del procedimento disciplinare, nonché l’eventuale provvedimento di
sospensione cautelare del dipendente, vanno comunicati – in via telematica e
con l’adozione di un codice identificativo a tutela della privacy –
all’Ispettorato per la funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri entro venti giorni dalla loro adozione, seguendo le procedure dalla
stessa emanate e collegandosi al sito pdisciplinari@pec.governo.it
In aggiunta, deve ritenersi vigente,
nell’ambito della scuola,la nota
prot. n. 916 del 23.05.12, del Dipartimento dell’istruzione, nel punto in cui
ha specificato che i dirigenti scolastici, per gli attivati procedimenti
disciplinari di loro competenza, entro cinque giorni dalla contestazione degli
addebiti – e sempre nello stesso termine per ciascuna delle fasi successive –
devono comunicare all’UPD di riferimento:
- contestazione
degli addebiti;
- eventuale
provvedimento di sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di
procedimento penale;
- provvedimento
di archiviazione ovvero di applicazione della sanzione;
- qualifica
rivestita dal dipendente;
- indicazione
della scuola in cui presta servizio;
- natura
giuridica del rapporto (a tempo indeterminato o determinato).
In entrambi gli adempimenti
(rispettivamente, entro venti giorni ed entro cinque giorni) il nominativo del
soggetto deve essere sostituito con un codice identificativo (numerico o
alfanumerico) del procedimento attivato, a tutela della riservatezza.
Inoltre, per finalità di
coordinamento e monitoraggio nazionale, nonché di eventuale referto agli organi
di controllo, con cadenza semestrale (entro il 30 giugno ed il 31 dicembre di
ogni anno), i dirigenti scolastici dovranno inviare all’indirizzo di posta
elettronica procedimentidisciplinari.scuola@istruzione.it,
sempre e solo in formato elettronico, il riepilogo dei dati già comunicati
all’Ispettorato per la funzione pubblica e all’USR.
5. Il diritto di difesa
Fatta salva la disciplina del wistle blower – di cui all’art. 54-bis del D. Lgs. 165/01 e nei limiti ivi
indicati: ante – sin dall’atto di
notifica della contestazione degli addebiti l’incolpato ha il pieno diritto di vedere le carte, ovvero di acquisire tutto
ciò su cui si è fondato il procedimento disciplinare che lo incide.
Il che è a dire che non occorrono
autorizzazioni o consensi di chicchessia, né sono conferenti i richiami alla
tutela della privacy (sarà chi richiede e riceve la documentazione a doversi
preoccupare di utilizzare i dati in misura non eccedente il suo pieno diritto
alla difesa), né le ragioni di – generica – segretezza documentale sottratta al
diritto di accesso.
6. Il criterio di proporzionalità
Poche parole per richiamare, e
rimarcare, quanto già considerato nel punto 5.1. a proposito delle previe incombenze istruttorie,
significandosi che non può affidarsi al mero intuito né alle cangianti
disposizioni umorali sia l’obbligato inquadramento della fattispecie sanzionatoria
– già nell’atto di contestazione degli addebiti – che la misura dell’eventuale
sanzione.
Il riferimento è dunque il Codice
disciplinare per il personale ATA (i cui
principi-criteri di proporzionalità possiedono una valenza generale) inserito
nel CCNL, e per i docenti la disciplina contenuta negli articoli 492-508 del D.
Lgs. 297/94.
E, nella circostanza, si rende
avvertiti che l’uno e l’altra devono in via pregiudiziale essere pubblicati sul
sito dell’istituzione scolastica, a valere come affissione nelle sedi o luoghi
di lavoro, diversamente risultando radicalmente nulli sia il procedimento
disciplinare avviato che l’eventuale sanzione inflitta.
7. L’eventuale procedura conciliativa
Svolgendo la previsione legale, il
CCNL del comparto Istruzione e Ricerca regola all’articolo 17 la determinazione concordata della sanzione,
altrimenti detta conciliazione.
La procedura, che non riveste natura
obbligatoria, può applicarsi in tutti i casi in cui non è previsto il
licenziamento disciplinare, ma la sanzione concordata non può essere di specie
(o tipologia) diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo,
e non è soggetta all’impugnazione.
La proposta può essere avanzata da
ciascuna delle parti entro il termine dei cinque giorni successivi
all’audizione a difesa e contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle
risultanze del contraddittorio, infine la misura della sanzione ritenuta
applicabile.
La disponibilità della controparte ad
accettarla va comunicata entro i cinque giorni successivi dal ricevimento della
proposta. Diversamente riprende il decorso dei termini sospesi per l’ordinaria
prosecuzione del procedimento disciplinare e non è più possibile attivare la procedura conciliativa.
A proposta accettata, entro tre giorni
il dirigente scolastico convoca il dipendente, con eventuale assistenza di un
procuratore o suo rappresentante sindacale, e si formalizza l’accordo raggiunto
in un apposito verbale.
In ogni caso la procedura
conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla
contestazione e comunque prima che venga inflitta la sanzione.
8. Il rispetto dei termini e delle procedure
A differenza della rigida regolazione
del primigenio D. Lgs. 150/09, la novella apportata dal D. Lgs. 75/17, che si
legge nell’art. 55-bis del D. Lgs. 165/01-Testo unico del pubblico impiego,
statuisce che la violazione dei termini e
delle disposizioni sul procedimento
disciplinare – fatta salva la responsabilità per dolo o colpa grave del
soggetto attivo – non determina né l’invalidità degli atti né delle sanzioni
irrogate, ad una duplice condizione:
– che vengano rispettati i soli
termini perentori dei trenta giorni per la contestazione degli addebiti,
decorrenti dalla conoscenza del fatto disciplinarmente rilevante e dei centoventi
giorni per la conclusione del procedimento, decorrenti dalla data della
predetta contestazione;
– che non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto
di difesa del dipendente e le modalità di esercizio dell’azione disciplinare risultino comunque compatibili con il principio di tempestività, il cui onere
probatorio ricade ovviamente sull’Amministrazione.
Tal che, entro questi limiti, può ora
sempre recuperarsi un procedimento disciplinare in ipotesi erroneamente avviato
dal dirigente scolastico ed invece di competenza dell’UPD, o all’opposto da
quest’ultimo pervenuto in seguito alla segnalazione di rito ma ravvisato come
rientrante nella competenza del dirigente scolastico, quindi a questi
restituito.
9. Fattispecie differenti
Così come le varie forme di
responsabilità conosciute dall’ordinamento possono concorrere prendendo corpo
in un unico fatto, le fattispecie di seguito sintetizzate registrano parimenti
interferenze o sovrapposizioni con la responsabilità disciplinare, ma se ne
differenziano concettualmente e – sotto l’aspetto sostanziale – per la distinta
natura, per le peculiari procedure riguardo il loro accertamento, per i diversi
esiti cui mettono capo.
9.1. Il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale
La giurisprudenza, conformemente al
dato normativo, ha chiarito che il trasferimento per incompatibilità ambientale
non ha carattere disciplinare, perché prescinde da specifiche censure movibili
al soggetto per un comportamento antidoveroso posto in essere con dolo o colpa.
Per la Corte di cassazione (sez.
lavoro, n. 21031 del 18.10.16, n. 2143 del 27.01.17 e n. 11833 del 04.05.17)
l’istituto è riconducibile alle ragioni tecniche, organizzative e produttive di
cui all’art. 2103 del codice civile. Sicché la situazione di incompatibilità
deve essere valutata e motivata secondo un criterio oggettivo, indipendentemente dalla colpevolezza o dalla
violazione di doveri d’ufficio del lavoratore, la cui presenza nella
struttura sia causa di disfunzione e disorganizzazione, perciò non compatibile con il normale svolgimento
dell’attività lavorativa.
Che il trasferimento non abbia natura
punitiva è confermato dal fatto che esso può anche essere disposto
nell’interesse del dipendente al fine di garantire la sua salute fisica e
psichica, anche contro la sua volontà.
Nel caso di specie il dirigente
scolastico è competente per un lavoro istruttorio che si conclude con la
richiesta all’Amministrazione di valutare l’opportunità di porre in essere
l’inerente procedura. Nel contempo, ricorrendo una situazione di gravità, potrà
emanare un provvedimento cautelare di allontanamento dal servizio in via
d’urgenza, senza contraddittorio, e subito sottoponendolo alla convalida
dell’Amministrazione (l’Ufficio scolastico regionale).
Una volta che sia stato adottato il
provvedimento del trasferimento d’ufficio, il giudice del lavoro davanti al
quale può essere impugnato non può entrare nel merito delle scelte datoriali, potendo solo verificare la
sussistenza o meno delle esigenze di carattere oggettivo delle ragioni addotte,
sì che risulti escluso ogni intento punitivo o discriminatorio.
9.2. L’insufficiente rendimento e l’incapacità didattica
Come accennato poc’anzi, il primo può
astrattamente sovrapporsi alla fattispecie figurante nell’art. 54-quater del D. Lgs. 165/01 (ante), che commina la sanzione del
licenziamento disciplinare, per reiterata
violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa … rilevata dalla costante valutazione negativa
della performance del dipendente per ciascun anno nell’ultimo triennio;
mentrela seconda – prevista
nell’articolo 512 del D. Lgs. 297/94, ma accanto al persistente insufficiente rendimento – prescinde dagli elementi soggettivi
del dolo o della colpa, pertanto priva di connotazione disciplinare.
Difatti, secondo la giurisprudenza
(vedasi da ultimo Corte d’appello di Bolzano, sez. lavoro, sentenza 01.06.19,
che richiama una nutrita serie di conformi pronunce rese sia in sede
amministrativa che civile), l’incapacità didattica è riconducibile a una
inettitudine grave e permanente a svolgere le mansioni inerenti la funzione
esercitata, manifestatasi nel corso del
rapporto ed incidente sulla causa della relazione negoziale intercorrente tra
l’insegnante e l’amministrazione statale.
Per contro, il persistente
insufficiente rendimento è riconducibile a un comportamento volontario consistente in una consapevole
violazione dei doveri d’ufficio e delle corrette modalità di svolgimento del
rapporto, analogamente a quanto si
verifica per i comportamenti che assumono rilievo per i profili disciplinari.
Ma al di là degli aspetti
qualificatori – ovvero di sussunzione del persistente
insufficiente rendimento nella fattispecie codificata nel sopracitato articolo
54-quater del D. Lgs. 165/01 – non
può di certo sostenersi la sua non sanzionabilità, ciò che significherebbe la quiescenza a tempo
indeterminato di una norma imperativa, sino a quando – e se – non venga
costruito il dispositivo della performance, a sua volta implicante una
valutazione generalizzata, sistematica, ricorrente – potrebbe dirsi, ordinaria
o fisiologica – di tutto il personale della scuola: previsione tuttora inattuata
nonostante risalga al D. Lgs. 150/09, oltre dieci anni fa.
Quindi si può, e si deve, sanzionare
il patologico(non permanente)insufficiente rendimento, anche episodico e
riscontrabile in concreto caso per caso, pur non comportando esso il
licenziamento disciplinare.
Trattandosi di valutazioni
tecnico-professionali, sarà cura del dirigente scolastico, sempre dopo aver
condotto un’indagine istruttoria, sollecitare l’Amministrazione per gli
accertamenti ad opera di suoi appositi organi; che potranno fornire, al
medesimo o all’UPD, gli elementi su cui fondare la sanzione disciplinare,
preceduta o meno dal provvedimento di sospensione cautelare.
9.3. La permanente inidoneità psico-fisica
La rilevanza disciplinare
dell’istituto in parola, che facoltizza l’Amministrazione a risolvere il
rapporto di lavoro, è circoscritta, dal combinato disposto dell’articolo 55-octies del D. Lgs. 165/01 e
dall’articolo 6 del regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 171/11, al caso
in cui il dipendente nei confronti del quale è stata disposta la visita
medico-collegiale per l’accertamento della permanente inidoneità psico-fisica
si rifiuti per due volte e senza giustificato motivo di sottoporvisi.
La visita, che può essere chiesta
anche dall’interessato, deve essere direttamente attivata dal dirigente
scolastico in qualsiasi momento successivo al superamento del periodo di prova
del dipendente, nel rispetto della normativa sulla privacy nei termini previsti
nel menzionato D.P.R. 171/11, quando sussista uno dei seguenti presupposti:
– assenza del dipendente per malattia
quando è superato il periodo di comporto previsto dal contratto;
– disturbi del comportamento gravi,
evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente presumere l’esistenza
dell’inidoneità psichica permanente assoluta o relativa al servizio;
– condizioni fisiche che facciano
presumere l’inidoneità fisica permanente assoluta o relativa al servizio.
Nelle more, esclusa evidentemente la
prima evenienza ma in aggiunta del caso in cui il dipendente non si presenti
alla visita di idoneità senza giustificato motivo, il dirigente scolastico
potrà adottare il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio,
inviandolo contestualmente all’USR per la convalida.
Se non ricorrono situazioni di
urgenza da motivare esplicitamente, occorre una previa comunicazione
all’interessato; che, entro i successivi cinque giorni, può presentare memorie
e documenti che si ha l’obbligo di valutare.
In ogni caso la sospensione è sempre
disposta con atto motivato e comunicata al dipendente.
(*) Il capitolo, l’ultimo dei cinque, è
tratto dal più ampio lavoro in pubblicazione sulla rivista “Scienza
dell’Amministrazione Scolastica”, Euroedizioni, Torino.
Lo si rende disponibile come una sorta di
miniguida “ragionata” per i dirigenti scolastici nel momento in cui dovessero
gestire una tematica di non facile dominio, ovviamente integrando quel che qui
si è potuto dire con la consultazione delle fonti normative: essenzialmente gli
articoli dal 54 al 55-novies del D. Lgs. 165/01, testo vigente, e il CCNL del
comparto Istruzione e Ricerca stipulato il 18 aprile 2018.
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