Riforma sostegno, audizione in Senato: novità e criticità. L’iter del decreto

da Orizzontescuola

di redazione

Prosegue l’iter del decreto di revisione del D.lgs. 66/2017, recante norme per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Oggi, audizione in VII Commissione Istruzione in Senato.

Novità

Tra le principali novità introdotte dal decreto di revisione (soggette comunque ancora a modifiche) ricordiamo:

  • la restituzione al GLHO della competenza relativa alla richiesta delle ore di sostegno, che il D.lgs. 66/17 assegnava al GIT, un organo tecnico e distante dall’alunno disabile;
  • la continuità didattica assicurata anche dai docenti supplenti.

Audizione in Senato

Come detto sopra, si è svolta oggi un’audizione in VII Commissione Istruzione al Senato.

I sindacati hanno espresso parere negativo sull’invarianza di spesa, tramite cui va effettuata la riforma. Invarianza di spesa che riguarda addirittura l’adeguamento dell’organico alle situazioni di fatto.

La Cisl ha chiesto una modifica dei corsi laurea in Scienze della Formazione Primaria, in modo che la specializzazione su sostegno ne diventi parte integrante.

Iter decreto

Lo schema di decreto, come scrive anche la Flc Cgil, una volta acquisito il parere (non vincolante) delle Commissioni Parlamentari, tornerà in Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva.

La predetta approvazione dovrà avvenire entro 90 giorni dalla data dell’approvazione preliminare (avvenuta il 20 maggio 201 9).

Chiamata diretta insegnanti va in soffitta, titolarità su scuola per tutti

da Orizzontescuola

di redazione

L’iter del DDL che elimina chiamata diretta e ambiti territoriali sta giungendo a conclusione. Ne parla la Sen. Bianca Laura Granato, prima firmataria del testo.

Stiamo aspettando i pareri della commissione Bilancio e poi, finalmente, potremmo votare in commissione Istruzione e in aula al Senato l’abrogazione di chiamata diretta e ambiti territoriali….

Ormai manca davvero poco..” commenta la Granato.

Il disegno di legge As 763 “Modifiche alla legge 13 luglio 2015, n. 107, in materia di ambiti territoriali e chiamata diretta dei docenti” prevede l’abrogazione dei commi 18, 80, 81 e 82 dell’articolo 1 della legge 107/2015,  che istituiscono gli ambiti territoriali e la cosiddetta chiamata diretta, poi battezzata “per competenze” per attutirne l’impatto emotivo.

Già il contratto sulla mobilità per il triennio 2019/22  ha disposto la modifica di titolarità per i docenti che avevano incarico triennale e titolarità su provincia per i docenti senza sede.

Adesso serve la copertura normativa, che si troverà appunto con l’approvazione di questo disegno di legge.

L’eliminazione della chiamata diretta: uno dei punti del Contratto di Governo

Eliminazione della chiamata diretta era uno dei punti inseriti nel Contratto di Governo:

“Un altro dei fallimenti della c.d. “Buona Scuola” è stato determinato
dalla possibilità della “chiamata diretta” dei docenti da parte del dirigente scolastico. Intendiamo superare questo strumento tanto inutile
quanto dannoso”

Immissioni in ruolo: si sceglierà la scuola

Di conseguenza, anche per le immissioni in ruolo dell’a.s. 2019/20 si sceglierà la scuola.

I docenti delle GaE sceglieranno una scuola della provincia in cui sono inseriti, i docenti delle graduatorie di merito dei concorsi una scuola di una provincia disponibile quando sarà il loro turno di scelta.

Pensioni Quota 100, rimangono in bilico in 5 mila. Bussetti: ottimo lavoro di squadra Miur-Inps

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Sono oltre 5 mila i docenti e Ata, su 27 mila candidati, ancora a non sapere se il prossimo anno scolastico saranno ancora in servizio o andranno in pensione attraverso l’anticipo “Quota 100”: dopo l’esperienza negativa dell’anno scorso, quando diverse migliaia di lavoratori della scuola ha avuto la risposta definitiva dall’Inps solo all’ultimo momento, alcuni addirittura ad agosto, il quadro è decisamente migliorato.

Quota 100: lavorate il 79,77% delle domande

Lo hanno detto i dirigenti ministeriali ai sindacati, nel corso di un incontro tenuto al Miur, al quale erano presenti anche rappresentanti dell’Inps, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, che stanno collaborando attivamente attraverso i loro uffici territoriali.

Al 24 giugno, secondo i dati presentati ai sindacalisti, risulta lavorato il 99,12% delle domande di pensionamento presentate entro il 12 dicembre scorso, secondo le regole di pensionamento vigenti prima dell’introduzione della cosiddetta ‘quota 100’ entrata in vigore successivamente (si tratta della cosiddetta prima platea).

Risulta poi lavorato il 79,77% delle domande relative alla cosiddetta seconda platea, quella che ha presentato domanda entro il 28 febbraio, dopo l’introduzione di ‘quota 100’.

Essendo 27 mila le domande presentate, risultano quindi oltre 5 mila richieste ancora non definite.

Il ministro: procediamo rapidamente

“Siamo particolarmente soddisfatti – ha detto il ministro Marco Bussetti – dell’andamento delle operazioni. Grazie al lavoro di squadra svolto da Miur e Inps, sia attraverso gli uffici centrali che territoriali, stiamo procedendo molto rapidamente con le certificazioni”.

“L’obiettivo finale – ha concluso Bussetti – è quello di consentire a coloro che nella scuola hanno diritto alla pensione di poterne usufruire da settembre, senza soluzione di continuità con lo stipendio. Anche a quelli che hanno presentato domanda nell’ambito della finestra che si è aperta a seguito dell’introduzione di ‘quota 100’ e dell’‘Opzione donna’”.

Carta docente, Consiglio di Stato: no Ata ed educatori. La replica: allora mettiamola nello stipendio con Fis e bonus

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Niente card annuale da 500 euro per gli educatori. E nemmeno per il personale Ata. La decisione, già presente nella Legge 107/15, è stata ribadita dal Consiglio di Stato.

Eppure gli educatori sono docenti

Prima con una sentenza di inizio maggio, il 9, perché, sostengono i giudici, l’educatore che opera nei convitti “non ha titolo per invocare il riconoscimento in proprio favore della carta del docente, in quanto non è richiesto ad essi (…) l’obbligo di formazione aggiuntivo rispetto al PTOF” che invece sarebbe previsto solo per i docenti in base al comma 121 della L.107/2015″.

Solo che gli educatori sono docenti a tutti gli effetti, della scuola primaria per l’esattezza, profilo a quale risultano equiparati a tutti gli effetti.

Mentre i sindacati hanno deciso di incontrarsi per valutare “quali ulteriori iniziative sarà possibile intraprendere a tutela del personale educativo”, il “gruppo nazionale degli educatori” parla di “una sentenza che riporta soli pregiudizi” e “palesemente discriminante”, perché, sottolinea, “contraddice il quadro normativo, se si considera che finanche alla luce dell’ultimo rinnovo contrattuale, il personale educativo è docente a tutti gli effetti”.

Sentenzia ingiusta: perché non portare tutto in busta paga?

La sentenza, continuano gli educatori, “sancisce cioè il solo inquadramento economico al pari dei docenti, tesi dell’appellante, senza riportare a supporto alcun riferimento normativo. Del resto se la Carta docente fosse utile per aggiornarsi, allora sarebbe dovuta a tutti i lavoratori della scuola”.

“Riteniamo invece che sarebbe di gran lunga preferibile eliminare tutte queste “elemosine” della scuola renziana, da queste incrementando invece gli stipendi dei lavoratori della scuola. Denunciamo pertanto l’ingiusto trattamento e chiediamo la cancellazione del bonus, con l’inserimento dei relativi proventi per tutti nello stipendio tabellare anche ai fini pensionistici.

Con Fis e bonus quasi 100 euro in più al mese

Chiediamo quindi che Miur e sindacati prendano atto che la stagione politica dei bonus è finita. Molti sindacati infatti, continuano a sostenere la necessità di cancellarli ed erogarne il contenuto in busta paga per tutti, docenti inclusi.

Per gli educatori, “tra Fis, bonus merito, carta docenti, ci sarebbero circa un miliardo da mettere sugli stipendi di Ata, educatori e docenti, che significa circa 1.000 euro lordi in più all’anno, finanche pensionabili”.

La richiesta è chiara: portiamo “reddito utile anche a fini pensionistici”, quindi inserire “quella cifra” nello “stipendio tabellare”.

Una proposta di non facile soluzione

Per rendere la richiesta degli educatori fattibile, ricordiamo che sarebbe necessaria una modifica alla norma madre, la L.107/15, da cui è poi scaturito il il DPCM del 28 novembre 2016, il quale regola l’assegnazione del bonus annuale da 500 euro ai docenti.

Sarebbe stato più semplice, invece, allargare il bonus alle altre figure professionali. Ma il Consiglio di Stato non si è detto d’accordo.

Disco rosso anche per gli Ata

Una sentenza simile, sempre del Consiglio di Stato, la 4107 del 18 giugno scorso, è stata emessa sullo stesso argomento per il personale Ata.

Secondo i giudici, il personale Ata ricopre “funzioni amministrative, contabili, gestionali, strumentali, operative e di sorveglianza connesse all’attività delle istituzioni scolastiche”, che non hanno nulla a che vedere con quelle “assolte dal personale docente”.

Non trattandosi di un incremento di stipendio, va assegnata solo al personale di ruolo. Anche in questo caso, la sentenza lascia più di qualche dubbio: in particolare, non si comprende per quale motivo, ancora di più nella scuola dell’autonomia, il personale Ata non abbia diritto ad aggiornarsi professionalmente.

Carta del docente 500 euro, le risposte alle domande più frequenti

Come sappiamo, la Legge 107/2015 ha introdotto un bonus di 500 euro da utilizzare per l’aggiornamento e l’auto formazione professionale dei docenti di ruolo. Non mancano i dubbi relativi all’utilizzo della carta del docente, che ricordiamo prevede un’identità digitale Spid prima della registrazione al portale dedicato del Miur (CLICCA QUI)

A tal proposito, proviamo a fare chiarezza su alcuni dei quesiti che ci vengono posti dai nostri lettori.

Come ottenere lo SPID

Lo SPID è il sistema di autenticazione che permette a cittadini ed imprese di accedere ai servizi online della pubblica amministrazione e dei privati aderenti con un’identità digitale unica.

L’identità SPID è costituita da credenziali (nome utente e password) che vengono rilasciate all’utente e che permettono l’accesso a tutti i servizi online, in questo modo si potrà accedere ai vari servizi senza la necessità di acquisire le diverse credenziali previste dai singoli enti. È utilizzabile da computer, tablet e smartphone.

Secondo le istruzioni fruibili sul sito dell’Agenzia per l’Italia digitale, occorre essere in possesso di un indirizzo e-mail, un numero di telefono cellulare, tessera sanitaria e di un documento di identità valido (uno tra carta di identità, passaporto o patente).

Il primo passo è quello di registrarsi sul sito di uno degli “Identity provider” a scelta tra Aruba, InfoCert, Namirial, Poste Italiane, Register.it, Sielte e Tim. I tempi di rilascio dell’identità digitale dipendono dai singoli gestori. La procedura di registrazione varia a seconda dell’Identity provider scelto.

L’accesso avviene utilizzando il nome utente e la password scelti al momento della registrazione. Per alcuni servizi, che richiedono un grado di sicurezza maggiore, è necessaria anche la generazione di un codice temporaneo di accesso (OTP: one time password) via sms o utilizzando una “app” su smartphone o tablet.

Maggiori informazioni sono disponibili a questo LINK (clicca qui)

Esami di Stato: come funziona la maturità negli altri Paesi europei?

da Tuttoscuola

Questo, per l’Europa, è stato un anno particolare. Tra la Brexit che rischia di mettere in discussione lo spirito comunitario, e il dilagare dell’emergenza terrorismo si è parlato spesso e volentieri delle vicende interne alle nazioni del ‘vecchio continente’. Ma il 2019 è stato soprattutto l’anno delle elezioni europee. Inevitabili i paragoni fra sistemi di voto e forme di governo. Così, rimanendo in tema di confronti, perché non farne uno anche sugli esami di Stato? Come si conclude il ciclo delle scuole secondarie nei Paesi europei? Quello italiano lo conosciamo bene (anche se nel 2019 cambieranno le regole del gioco pure qui). E gli altri? Non sempre, spiega Skuola.net, la risposta è così semplice.

Esame di Stato: come funziona di Inghilterra?

In Inghilterra il futuro si decide in anticipo. Gli studenti d’oltremanica sono in qualche modo ”obbligati” ad avere le idee chiare prima di sostenere gli esami di scuola superiore. Perché questo, inevitabilmente, influirà sulla loro carriera universitaria e lavorativa. In Inghilterra, infatti, quello che noi conosciamo come esame di maturità non è altro che un diploma di abilitazione , chiamato ”A-Level”, che possono conseguire solo i ragazzi con i voti più alti. L’esame di Stato non è organizzato dalle scuole ma da istituti o enti specializzati e si concentra solamente su 3 materie, scelte dal maturando tra quelle più indicate per iscriversi alla facoltà universitaria preferita (che dovrà rimanere quella, senza possibilità di ripensamenti dell’ultimo minuto). L’esame è suddiviso in due parti: l’AS, che si tiene il penultimo anno di scuola dell’obbligo sul 50% dei rispettivi programmi, e l’A2, che si svolge al termine del percorso di studi superiori.

Esame di Stato: e in Francia?

In Francia solo i più bravi vanno avanti. Quello con gli esami di Stato per gli studenti francesi è un appuntamento molto importante e duro da sostenere. Per i ragazzi transalpini, infatti, il conseguimento del diploma di scuola superiore, chiamato BAC, abbreviazione di Baccalauréat, permette d’iscriversi all’università ma non basta per accedere alle Grande Ecoles, le prestigiose scuole di alta formazione per le professioni più specialistiche. Per queste, infatti, serve un anno di studi supplementare e il superamento di un esame di ammissione. Ma questo particolare non fa del BAC un esame facile, casomai è il contrario: gli studenti vengono infatti valutati una prima volta durante il penultimo anno di scuola e, alla fine del percorso di studi, sarà una commissione esterna, in genere molto esigente visto che la percentuale di bocciature supera sempre il 20%, a dare il via libera per l’iscrizione all’università.

Esame di Stato: il diploma per la carriera

In Germania il diploma indirizza la carriera. L’istruzione di livello superiore si divide tra quella ”generale” (simile alla nostra) e quella ”a vocazione professionale”, che avvicina al mondo del lavoro. Per ottenere l’Abitur, l’equivalente del nostro diploma di maturità, necessario solo per il primo percorso, non serve un esame formale come da noi: il titolo di studi superiori tedesco viene infatti rilasciato da commissioni interne sulla base del percorso dello studente negli ultimi due anni di scuola. Con un esito positivo praticamente per tutti. Attenzione, però, perché il voto farà una grande differenza: se è molto buono, lo studente potrà decidere di iscriversi a qualsiasi università. Se invece il risultato è scarso ci si dovrà accontentare dell’ateneo scelto dall’Ufficio Centrale per il Collocamento degli studenti negli Istituti Universitari, l’ente creato apposta per organizzare la formazione professionale dei giovani tedeschi.

L’esame di Stato in Olanda

E in Olanda l’esame di Stato è in realtà un test di ammissione. Qui il sistema d’istruzione superiore si divide in 3 livelli: il primo step, chiamato Mavo, si consegue a 16 anni e permette di accedere ad un numero ristretto di opportunità lavorative; il gradino successivo, chiamato Havo, termina a 17 anni dando una formazione superiore nei mestieri scelti; l’ultimo passo, il Vwo, è il cosiddetto livello pre-universitario, si consegue a 18 anni ed è l’unico che consente l’iscrizione all’università. Solo al termine del Vwo i ragazzi dovranno sostenere un esame finale, che servirà a formare le graduatorie per l’accesso alle facoltà a numero chiuso.

52 anni dalla morte di Don Milani: perché il suo messaggio è ancora attuale

da Tuttoscuola

Era il 26 giugno 1967 quando Don Lorenzo Milani moriva, a Firenze, a casa della mamma, circondato solo dall’affetto dei suoi studenti, che come dirà lui stesso nel suo testamento ha amato più di Dio, “ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze”.

Poco prima di morire, ma quando era già molto malato, vide la pubblicazione del lavoro realizzato insieme a tutti gli alunni della scuola di Barbiana, il famoso testo dal titolo “Lettera a una professoressa”.

Un testo che ha reso la figura di Don Milani degna di attenzione nel tempo, tant’è che a cinquant’anni dalla sua morte sia il MIUR, che Papa Francesco hanno deciso di rendere omaggio ad un maestro e sacerdote, che ha amato la scuola fino all’ultimo e che ha provato a migliorare con l’esempio di una scuola forse irripetibile, ma che accoglieva tutti e non lasciava indietro nessuno.

Con un gruppo di cinquanta studenti ed insieme al Prof Italo Fiorin, direttore della scuola di Alta Formazione “Educare all’Incontro e alla Solidarietà (EIS)” della Lumsa di Roma, ci siamo recati a Barbiana, per incontrare il messaggio, ancora rivoluzionario e provocatorio,del sacerdote Fiorentino.

Obiettivo della nostra faticosa salita a Barbiana era capire l’attualità di un messaggio scomodo, incapace di scendere a compromessi, ma proprio per questo ancora attuale e incredibilmente urgente. Il messaggio dell’attenzione agli ultimi, ai più poveri, a chi la scuola esclude, come un “ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

C’è qualcosa che spinge maestre e maestri di tutta Italia a salire per la strada polverosa di Barbiana, nonostante i molti anni passati. Probabilmente è la ricerca di un messaggio coerente e affascinante, quello di una didattica che parte dalla realtà, dall’incontro con i problemi veri e sentiti degli alunni. È la voglia di approfondire un messaggio che parla di inclusione, di competenze, di didattica non frontale, di superamento del concetto di libro di testa.

Un messaggio attuale, come detto, semplice e lineare, perché nella scuola di Barbiana ogni parola veniva scelta con cura, perché è proprio il numero di parole che fa la differenza tra il figlio del montanaro e quello del dottore. E se l’obiettivo è non lasciare indietro nessuno ecco che le parole devono essere chiare, semplici, dirette.

Gli studenti della Lumsa saliti a Barbiana si sono confrontati con la forza del messaggio di quelle quattro mura dimenticate su una collina del Mugello, hanno riflettuto su che tipo di scuola  vogliono creare, sulle loro aspettative di educatori, sul bisogno di non essere conformi ad una modalità, spesso ripetitiva, di fare scuola.

I Care” è il messaggio che campeggia su una parete della povera scuola di Barbiana. Come dice lo stesso Don Milani, è il motto della migliore gioventù americana, significa “Mi sta a cuore” ed è l’esatto contrario del motto fascista “Me ne frego”.

Ecco, è forse questo il bisogno più grande. Il bisogno di costruire una scuola in grado di “avere a cuore” tutti gli alunni, a prescindere dalle loro capacità, e di portarli tutti, nessuno escluso, verso il successo formativo.

I Care.

Pensionamenti ‘quota 100’

Si è svolta il 26 luglio al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), l’informativa sindacale sull’andamento delle certificazioni del diritto a pensione del comparto scuola per il 2019. Erano presenti rappresentanti del MIUR e dell’INPS (l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) che stanno collaborando attivamente attraverso i loro uffici territoriali.

Al 24 giugno, secondo i dati forniti oggi alle Organizzazioni Sindacali, risulta lavorato il 99,12% delle domande di pensionamento presentate entro il 12 dicembre scorso, secondo le regole di pensionamento vigenti prima dell’introduzione della cosiddetta ‘quota 100’ entrata in vigore successivamente (si tratta della cosiddetta prima platea).

Risulta poi lavorato il 79,77% delle domande relative alla cosiddetta seconda platea, quella che ha presentato domanda entro il 28 febbraio, dopo l’introduzione di ‘quota 100’.

“Siamo particolarmente soddisfatti – commenta il Ministro Marco Bussetti – dell’andamento delle operazioni. Grazie al lavoro di squadra svolto da MIUR e INPS, sia attraverso gli uffici centrali che territoriali, stiamo procedendo molto rapidamente con le certificazioni. L’obiettivo finale è quello di consentire a coloro che nella scuola hanno diritto alla pensione di poterne usufruire da settembre, senza soluzione di continuità con lo stipendio. Anche a quelli che hanno presentato domanda nell’ambito della finestra che si è aperta a seguito dell’introduzione di ‘quota 100’ e dell’‘Opzione donna’”.

Ricerca in Artico

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, visiterà, il 28 e 29 giugno prossimi, la stazione di ricerca italiana “Dirigibile Italia”, situata a Ny-Ålesund (Isole Svalbard) nel Circolo Polare Artico. La stazione è gestita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Bussetti, insieme al presidente del CNR, Massimo Inguscio, visiterà anche le altre infrastrutture scientifiche gestite dal nostro Paese (Climate Change Tower CCT, Stazione di Gruvebadet) e incontrerà i ricercatori italiani attualmente in attività a Ny-Ålesund. Una visita storica, per la prima volta un Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano si reca, infatti, presso la base.

La presenza del Ministro arriva a conclusione delle cerimonie commemorative del novantennale dell’impresa di Umberto Nobile, Generale della Regia Aeronautica Militare Italiana, a bordo del Dirigibile Italia, da cui la nostra base di ricerca ha preso il nome. Bussetti e Inguscio si recheranno presso il pilone di attracco dal quale il dirigibile partì per le sue missioni, inclusa quella che sorvolò il Polo Nord e che purtroppo si concluse tragicamente. Lì apporranno una targa commemorativa.

In occasione della sua visita in Norvegia, il Ministro domani, alle 18.30, incontrerà inoltre presso l’Istituto Italiano di Cultura di Oslo rappresentanti della comunità scientifica italiana. L’incontro sarà un’occasione di discussione, dibattito e scambio di idee sui temi della ricerca del nostro Paese all’estero.

“La comunità scientifica italiana è apprezzata in tutto il mondo. Il lavoro che si svolge presso la base artica ne è una ulteriore dimostrazione – sottolinea il Ministro Bussetti -. Con questa missione vogliamo essere vicini ai nostri ricercatori, incontrarli sul campo, confrontarci con loro e lanciare il messaggio che per questo governo la ricerca è davvero centrale. Continueremo a sostenere la missione artica, fonte di importanti conoscenze scientifiche, e a incrementare i finanziamenti per la ricerca scientifica nel nostro Paese”.

“La ricerca scientifica italiana artica e antartica, con le ricercatrici e i ricercatori del CNR, partecipa e contribuisce da decenni a una migliore conoscenza e divulgazione dello stato di salute della Terra e degli impatti dei cambiamenti climatici sugli esseri umani, sugli animali, sulle piante, sugli oceani e sull’aria che respiriamo. Gli scienziati ed esploratori guidati e ispirati 90 anni fa dal comandante generale Umberto Nobile rappresentano per tutti noi e specialmente per le future generazioni un esempio di valori universali, patrimonio dell’umanità, da coltivare e proteggere per la pace, la fratellanza tra i popoli, il benessere delle persone, la protezione dell’ambiente e il progresso culturale, scientifico e tecnologico”, afferma il presidente del CNR Massimo Inguscio.

L’Artico si sta scaldando più rapidamente di ogni altra regione del pianeta ed è considerato un amplificatore dei processi climatici globali. Per questo le istituzioni internazionali di ricerca scientifica hanno voluto costituire qui una comunità di studiosi per approfondire i processi in atto e individuare le relative strategie di mitigazione e adattamento.

L’Italia è stabilmente presente con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in Artico dal 1997, anno di apertura della stazione “Dirigibile Italia”, e ha conseguito numerosi e importanti risultati scientifici. A questo impegno si aggiunge quello per l’Antartide dove il nostro Paese è presente con due basi di ricerca sulla costa del Mare di Ross con la stazione Mario Zucchelli-MZS e all’interno del continente a Dome-C con la stazione Italo-Francese “Concordia”.

FONDO ISTITUTO

FONDO ISTITUTO, GILDA: SCUOLE ANCORA IN ATTESA DEI SOLDI 

Tutti i soldi previsti per il FIS, Fondo dell’Istituzione Scolastica con cui vengono pagate le funzioni e i progetti svolti dai docenti, sono ancora bloccati in attesa delle verifiche da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. A sollevare la questione è la Gilda degli Insegnanti in seguito alle numerose rimostranze pervenute dalle scuole in merito al mancato accredito delle somme del FIS per l’anno scolastico 2018/19. 

“Da verifiche che abbiamo effettuato consultando gli uffici del Miur – spiega il coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio – ci risulta che, oltre alle somme relative all’anno scolastico appena concluso, sarebbero bloccate anche le risorse del FIS 2017/18 che non sono mai arrivate agli istituti. Si tratta di una situazione inaccettabile e chiediamo che Miur e Mef accelerino i tempi di accredito dei fondi, così da corrispondere i compensi dovuti ai docenti”. 

K. Gallmann, Elefanti in giardino

Gallmann e la sua Africa

di Antonio Stanca

Nel 2018 è comparsa presso Mondadori, nella serie “Oscar Bestellers”, la ristampa dell’opera Elefanti in giardino della scrittrice italiana, naturalizzata keniota, Kuki Gallmann. L’aveva pubblicata nel 2001 e nello stesso anno era stata edita per la prima volta in Italia da Mondadori. La versione originale è in lingua inglese come ogni altra opera della Gallmann.

  La scrittrice è nata a Treviso nel 1943 e nel 1972 si eratrasferita col figlio Emanuele e il secondo marito Paolo in Kenya dove, dopo qualche anno, avevano acquistato una vasta tenuta denominata Ol ari Nyiro. Si trova sugli altipiani di Laikipia nella parte meridionale del Kenya. Qui avevano costruito la loro casa e qui vivevano tra le colline, i fiumi, i laghi, le foreste, la savana, gli animali di un posto immenso che in parte era ancora inesplorato. Kuki vi era giunta quando aveva ventinove anni e aveva perso il primo marito dal quale aveva avuto Emanuele. In Africa a causa di ripetute disgrazie perderà Paolo nel 1980 ed Emanuele nel 1983. Rimarrà con la figlia Sveva, avuta da Paolo, e con i ricordi mai smessi di una vita vissuta in luoghi, in tempi diversi: in Italia fino alla giovinezza, in Africa nella maturità. Elefanti in giardinoè il libro dedicato a questi ricordi. 

  Successo ha avuto anche come scrittrice la Gallmann, alcune sue opere, Sognavo l’Africa, sono state trasposte in film e nel 2017 ha vinto il Premio Letterario Gambrinus Giuseppe Mazzotti. 

  Elefanti in giardino si compone di due parti, la primadice della vita trascorsa dalla Gallmann nei luoghi della sua nascita e formazione, della sua famiglia, dei suoi parenti, dei suoi compagni di scuola, delle sue prime esperienze, di tutto quanto aveva fatto parte della sua infanzia e adolescenza avvenute durante i dolorosi anni della Seconda guerra mondiale e della Resistenza in un Veneto esposto a pericoli di ogni genere.

E’ tanto animata la scrittura della Gallmann che vicino fa apparire quanto dice, partecipe rende il lettore delle vicende, delle situazioni rappresentate. Sembra un racconto che la scrittrice compie a viva voce e durante il quale non cessa mai di parlare né permette che le si chieda una spiegazione, che la si interrompa. Sempre parla poiché tanto ha da dire e questa maniera diventa più evidente, più accesa quando nel libro si passa alla seconda parte, quella dedicata all’Africa. Qui c’è molto di più da dire, qui la Gallmann non smette di sorprendere, di meravigliare, d’incantare ché infiniti sono gli spazi, i colori, i suoni, le luci, le immagini, le forme della vita umana, animale, vegetale in una regione come il Kenya, in una terra come l’Africa. Nelle sue pagine l’Africa diventa verità e mistero, realtà e magia,storia e leggenda, luce e tenebra, bene e male, vita e morte, presente e passato, finito e infinito, terra e cielo, umano e divino. L’Africa della Gallmann è tutto quanto fin dalle origini ha fatto parte dell’uomo ed ancora sta con lui a riprova che per vita è da intendere la totalità, la varietà dell’essere, che niente finisce di valere, che tutto diventa eterno. Vasta, immensa, infinita è la sua Africa,sterminate sono le sue conoscenze dei nomi, dei luoghi,dei tempi, degli usi, dei costumi che in Africa ci sono stati e ci sono.

  Tuttavia è costretta a riconoscere come pure in Africala modernità abbia iniziato a guastare alcune parti, alcuni aspetti. Per questo ha pensato, già da tempo, di fare della sua tenuta un luogo dove permettere la conservazione di ogni forma di vita esistente, di ogni specie animale e vegetale, l’ha trasformata, a partire dal 1984, nella Gallmann Memorial Foundation. Con questa ha voluto onorare il marito e il figlio persi e unire alla loro attività di ambientalisti anche la sua, ha voluto avviare un’imponente operazione di salvaguardia dell’ambiente in un’Africa che sta perdendo i suoi connotati. La sua speranza è che anche dopo di lei la Fondazione continui a perseguire tali propositi poiché in essi vede l’unica possibilità di salvezza per un’umanità devastata, avvelenata dalla modernità.

La maturità nell’era del link

da la Repubblica

Paolo Di Paolo

«Ma quindi fisica come l’hai collegata? ». L’ansia dei nuovi orali alla maturità 2019 diventa subito un messaggio vocale. Nervoso. Lo intercetto sulla metropolitana, un quarto d’ora dopo essere uscito da uno storico liceo di Roma, il Pilo Albertelli. Via Manin, a pochi passi dalla stazione Termini. Una commissione è al lavoro già da un po’, un’altra cambia di piano perché il caldo, al terzo, è insostenibile. La preside passa sul corridoio, abbraccia i ragazzi, li conforta. Il nuovo esame di Stato — piombato in corso d’anno sulla testa di docenti e studenti — arriva alla sua conclusione “thrilling”. Si manifesta in forma di buste chiuse: tre per candidato. Se ne pesca una, qualche minuto per pensare, e poi via: collegare. Che il punto di partenza sia un brano di Tacito o di Euripide, occorre muoversi di lì per costruire, all’impronta, una rete di ragionamento che tocchi tutte le materie.

La commissione — metà prof interni, metà esterni — sollecita, talvolta indirizza appena. E giudica. «I ragazzi sono molto tesi, forse più del dovuto» mi dice una presidente di commissione. «Li ho rassicurati. Ho detto: è una prova da prendere sul serio, ve la ricorderete per tutta la vita, a differenza di molti altri esami. Ma non è mai morto nessuno ».

Benedetta esce dall’aula, ha appena finito. Esausta, un sorriso incerto. È durata quasi un’ora. Nella busta c’era un testo di Tacito, in latino, sì, ma «abbastanza familiare». Si è presa un po’ di tempo per riflettere, si è avventurata in una riflessione sul potere, tenendo insieme Stalin e Freud e anche la fisica, «in qualche modo».

I nati nel 2000 si ritrovano pionieri anche in questo “Rischiatutto”, come qualche professore critico l’ha ribattezzato, che li costringe a essere fino in fondo “jumping minds”. Menti che saltano o saltellano di materia in materia, improvvisando un ipertesto a voce. Aprono link, su due piedi. Connettono Euripide all’eugenetica passando per gli Inni sacri di Manzoni. Soffro un po’ per la ragazza che, aprendo la busta, si trova davanti il prologo delle Baccanti e, con una velocità notevole, decide di avventurarsi nel tema uomo/religione, parlando, con l’insegnante di fisica, di Dna modificato. Perché lo collega alla religione?, chiede la prof. «Perché è una questione che solleva domande morali, e quindi anche religiose». Salta ai campi magnetici — «fenomeni che un tempo erano spiegati solo col miracoloso»; tratteggia linee su un foglio bianco, evoca le equazioni di Maxwell. Non è finita. Deve raccontare anche la sua esperienza con l’alternanza scuola-lavoro e commentare un articolo della Costituzione. La candidata resiste. I genitori — pochi i rappresentanti della categoria — timidi, piuttosto tesi, ascoltano restando sulla porta. Per fortuna, non c’è il pubblico delle lauree. Un’altra ragazza tira in ballo don Sturzo e la citazione in sé fa un certo effetto: che “una 2000” parli disinvolta di Democrazia cristiana, e di archivi di uomini politici, quasi sorprende gli ascoltatori novecenteschi. La docente di italiano le domanda che effetto fa a un nativo dig itale il contatto con vecchi faldoni. «Toccare con mano — risponde — è diverso». Chissà se è convinta. Il caldo non aiuta, chi attende si sventola. I ragazzi hanno preparato una bottiglia di spumante, comunque vada. Mentre per i commissari arrivano i caffè.

Busta uno, busta due, busta tre: al posto della vecchia, e un po’ meccanica, tesina, ora c’è da affidarsi al caso. E poi, per quanto possibile, correggerlo. L’immagine di un fungo atomico, una poesia, un problema, una formula matematica. La tessera di un puzzle da completare sul momento. Che funzioni o no, si verifica sul campo. I maturandi si sentono cavie. I docenti sono un po’ spiazzati: «Credo ci sia in fondo poca convinzione — mi dice una di loro — su quanto, troppo frettolosamente, è stato cambiato. Giocando, forse con spericolatezza, sull’ultimo tassello del lungo e complesso percorso educativo, ma senza riflettere a sufficienza su quanto vada ripensato a monte». Sì, chiedere ai ragazzi del 2000 di connettere, di non pensare al sapere come a una somma di compartimenti stagni, di disegnare reti può essere sensato. Ma se l’allenamento non comincia in tempo, se diventa un esperimento dell’ultima ora dell’ultimo giorno fra i banchi di scuola, somiglia a un gioco. Tardivo, e perfino un po’ avventato.

Bussetti rilancia l’autonomia

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Maggiore autonomia agli atenei affinché possano sprigionare le energie di cui dispongono. L’annuncio che il progetto di riforma dell’autonomia universitaria, in attuazione di quanto previsto dalla legge n. 240/2010, resta nell’agenda di governo è giunto ieri dal ministro dell’istruzione, università e ricerca Marco Bussetti nella prima della tre giorni del Processo di Bologna, il meeting preparatorio in vista della nuovo comunicato dei ministri dell’istruzione dell’area paneuropea che si avrà nel 2020. Ancora non definiti, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, i tempi del progetto complessivo di riforma così come la sua architettura.

L’Italia è uno dei paesi fondatori del Processo di Bologna, che ha tra le principali finalità quella di armonizzare i sistemi europei di formazione superiore al fine di creare uno Spazio Europeo della Formazione Superiore (European Higher Education Area – Ehea). Tale Spazio europeo dell’istruzione superiore è il risultato della volontà politica ad oggi di 48 paesi, rispetto ai 29 firmatari iniziali, che nel corso degli ultimi venti anni hanno costruito un’area comune per gli scambi accademici, utilizzando strumenti e linguaggi comuni.

«Abbiamo creato un sistema europeo di trasferimento di crediti, un sistema sempre più dialogante grazie alla volontà dei singoli stati, che deve puntare a cogliere le sfide della maggiore competitività, del trasferimento tecnologico e della richiesta di sempre maggiore formazione», spiega il responsabile del segretario del processo di Bologna, Luca Lantero, direttore del Cimea, che evidenzia come «il numero degli studenti nel settore della formazione superiore aumenterà drasticamente, creando una esigenza globale di formazione a livello terziario di qualità».

Per l’Italia, Bussetti ha rivendicato la necessità di realizzare attraverso l’istruzione superiore la mediazione necessaria a superare gli squilibri tra stati. In tal senso un ruolo fondamentale è quello che hanno le università ed enti di ricerca. E ha declinato gli obiettivi: ricerca come motore dell’innovazione e della crescita, internazionalizzazione, trasferimento tecnologico e più peso al partenariato pubblico-privato.

Inoltre, «gli attori chiave del sistema formativo di quello economico devono cooperare in sinergia per superare il gap tra offerta formativa e domanda delle imprese, allineare i curriculum di studio alle future professioni dei ragazzi». E poi sostegno all’utilizzabilità dei brevetti, esportazioni tecnologiche, collaborazioni università e imprese. Perché questo sia possibile, ha detto Bussetti, «dobbiamo lavorare per garantire una maggiore autonomia degli atenei affinché possano sprigionare tutte le energie positive di cui dispongono, siano maggiormente liberi di competere tra di loro, e venga garantita una ancora più alta qualità didattica e organizzativa».

Il riferimento è all’attuazione dell’articolo 1, comma 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 il quale prevede che «in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 33 e al titolo V della parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di autonomia e di responsabilità». Sulla base di accordi con il Miur, «le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica».

Ata sorvegliati e schedati, dirigenti controllati

da ItaliaOggi

NicolaMondelli

L’Aula di Palazzo Madama ha finalmente approvato in seconda lettura il disegno di legge di iniziativa del Governo contenente interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo. Le modifiche apportate in sede parlamentare riguardano l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri di un Nucleo della concretezza; le misure per il contrasto dell’assenteismo; le misure per accelerare le assunzioni mirate e il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e le disposizioni per la mobilità tra il settore del lavoro pubblico e quello privato.

Due sono sostanzialmente le misure indicate per contrastare e combattere l’assenteismo nelle pubbliche amministrazioni: l’introduzione di sistemi di verifica biometrica dell’identità (impronte digitali) e di apparecchi di videosorveglianza degli accessi.

Ai fini della verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro anche le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado dovranno pertanto predisporre – nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e della dotazione di uno specifico fondo che dovrà essere istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze – sistemi di verifica biometrica dell’identità e di video sorveglianza degli accessi, in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica attualmente in uso. Per l’anno 2019 il fondo potrà contare su 35 milioni di euro. L’utilizzo del fondo sarà disposto, previa ricognizione dei fabbisogni, con uno o più decreti del presidente del consiglio dei ministri.

Negli istituti e scuole di ogni ordine e grado entrambe le misure verifica biometrica dell’identità e videosorveglianza agli accessi) troveranno applicazione esclusivamente nei confronti del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario. Dall’ambito di applicazione delle predette norme è escluso, invece, il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative.

I dirigenti scolastici delle predette scuole e istituzioni saranno soggetti ad accertamento esclusivamente ai fini della verifica dell’accesso, secondo modalità che dovranno essere stabilite, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Tanto il sistema di verifica biometrica dell’identità quanto quello di videosorveglianza degli accessi non potranno certamente essere operativi, né per gli Ata e né per i dirigenti scolastici, con l’inizio del prossimo anno scolastico. La pubblicazione della nuova legge in Gazzetta Ufficiale, che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni e comunque entro il corrente mese, non sarà infatti sufficiente a renderli operativi. Perché ciò possa avvenire dovranno prima essere emanati i decreti attuativi previsti dalla legge, sempre che nel frattempo non intervengano fatti politicamente ed economicamente di tale rilevanza da consigliare un rinvio. Una data credibile per una seppur graduale istituzione delle apparecchiature necessarie per rendere possibile la verifica biometrica dell’identità e la videosorveglianza degli accessi potrebbe essere quella dell’inizio dell’anno scolastico 2020/2021.