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Valditara contro l’uso del telefono cellulare fino alle medie: crea solo dipendenza, la scuola insegni

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

“Che senso ha il cellulare alla scuola infanzia, alle scuole elementari o alle medie? Non vedo nulla di didattico e anzi, meno abituiamo i ragazzi al cellulare meglio è per loro, altrimenti si crea dipendenza”. A dirlo, durante il convegno Snals a Roma sull’intelligenza artificiale, è stato il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.

“I danni del cellulare sono notevoli e la rete ed i social sono estremamente pericolosi, non abbiamo idea di quello che si annida dentro, soprattutto per i ragazzini, serve cautela nell’uso dei social. Una delle spiegazioni del degrado della società è anche per lo scatenarsi di odio che si scatena nei social”.

“Per questo – ha continuato il ministro – ho ripreso la circolare del 2017 sull’uso dei telefonini: il cellulare in classe non deve essere usato ma vado oltre: un conto è il tablet ma trovo grave che un bambino di 6 anni impari a stare tutto il giorno sul cellulare. Dalla scuola parte il grande cambiamento, guardate quanto è degradata questa società”.

Quindi, Valditara ha parlato dell’aumento di casi studenti che adottano violenza, anche a scuola. “Quando vedo dei ragazzini che picchiano un anziano perchè si è permesso di riprenderli, devo dire che la società è degradata e dalla scuola deve partire un messaggio forte; sono il primo ministro ad aver messo al centro il principio di autorità democratica che non c’entra nulla con l’autoritarismo”.

E per il ministro “anche il principio di responsabilità è importante. Quando sono andato a visitare la famosa scuola di Milano a cui avevamo appena regalato le Lim, le ho viste distrutte. Avevano preso i pc e li avevano lanciati dal secondo piano e si erano sfasciati, tagliato tutti i fili della luce, distrutto pure i bagni, divelti. Avevano preso gli schiumogeni e sporcato tutta la scuola che è stata chiusa per tre settimane per ripulirla, con danni per 70 mila euro. E’ stato calcolato che per danni in 3 scuole di Roma a novembre i costi sono stati di 350 mila euro; per questo dico: chi rompe paga”.

Organico aggiuntivo Ata Pnrr e Agenda Sud, contratti in scadenza: Flc Cgil chiede proroga e proclama stato di agitazione

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Il prossimo 15 aprile scadranno i contratti di migliaia di collaboratori scolastici, assunti nell’ambito del PNRR e Agenda Sud. Come riporta un comunicato di oggi, 10 aprile, Flc Cgil chiede la proroga di questi contratti provvisoriamente fino a giugno e poi fino a tutto il 2026.

“La scuola è allo stremo”

Ecco cosa si legge nel comunicato: “Da tempo denunciamo la situazione insostenibile all’interno delle scuole e, in particolare, nelle segreterie. È sostanzialmente fermo, infatti, il piano per le semplificazioni amministrative presentato dal ministero un anno fa, che aveva recepito le istanze migliorative del lavoro amministrativo gravato dai compiti legati ai progetti del PNRR. Di fronte a questo scenario, è inevitabile, per la FLC CGIL, la proclamazione dello stato di agitazione di tutto il personale ATA, per il quale è stato già convocato il tavolo di tentativo di conciliazione”.

“Chiediamo che l’applicativo Passweb venga disattivato e cancellato dalle mansioni delle segreterie. Inoltre, il pagamento dei supplenti deve avvenire con tempestività ed essere affidato completamente al MEF. L’incessante taglio degli organici ATA, dovuto al dimensionamento scolastico, deve essere fermato quanto prima, anche a fronte del numero di aule e alunni che rimane invariato. Tutti questi punti sono largamente condivisi dai dirigenti scolastici, per i quali è stato ugualmente proclamato lo stato di agitazione. Basta con le tergiversazioni del Governo. La scuola è allo stremo. Servono risposte immediate”, concludono dal sindacato guidato da Gianna Fracassi.

L’ultima proroga a dicembre

fine dicembre l’ultima proroga, dopo la scadenza fissata per lo scorso dicembre. Si tratta dei contratti richiesti a ottobre dalle scuole, che in base alle proprie esigenze potevano scegliere tra il profilo di collaboratore scolastico e quello di assistente amministrativo o tecnico.

Successivamente, alle scuole ricomprese nella cosiddetta “Agenda Sud” era stato consentito di attivare un ulteriore incarico a tempo determinato, anch’esso di durata fino al 31 dicembre, sempre con possibilità di scegliere tra il profilo di collaboratore e quello di assistente amministrativo o tecnico.

Due diversi e nuovi interventi normativi hanno previsto la possibilità di proroga di questi contratti, con modalità differenti a seconda che si tratti di incarichi conferiti a collaboratori scolastici o a personale amministrativo e tecnico.

Erasmus+, Regno Unito, addio ai programmi. Quale sostituzione?

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Maggi

La fuoriuscita di Londra dall’Unione Europea, pratica e processo complesso che ha richiesto oltre tre anni, si è conclusa solo il primo febbraio 2020. Molti timori e scetticismo hanno accompagnato i tre anni precedenti; anche gli stessi cittadini britannici, forse recatisi alle urne con eccessiva leggerezza, sono rimasti increduli dal risultato del voto. I colloqui tra Bruxelles e Londra si fecero sempre più animati: gli accordi di stabilizzazione e associazione siglati con i Trattati di Roma vengono ridimensionati al minimo. Vengono introdotte misure alle frontiere e l’obbligo dei passaporti per i cittadini UE, sino a quel momento recatisi nel Regno Unito per vari fini liberamente. Quest’ultima è la principale evidenza nota ai cittadini, ma la scuola e l’educazione costituiscono uno dei settori che hanno subito violente contrazioni o contraccolpi. Prima si riducono i programmi di scambio, ma ERASMUS sopravvive. Pochi giorni fa l’annuncio: il più noto piano di studio all’estero per gli europei costa troppo alle istituzioni britanniche e queste lo hanno tagliato fuori dal rispettivo territorio, dopo litigiosi accordi con Bruxelles.

Il programma sostitutivo tra supporto e critiche

Secondo una recente ricerca, gli studenti che partecipano al Turing Scheme, il programma del governo britannico per studiare e lavorare all’estero che ha sostituito il programma di scambio Erasmus+ dell’UE dopo la Brexit, sono stati costretti a ritirarsi a causa del ritardo nella conferma dei posti. Alcuni di questi studenti hanno anche dovuto affrontare problemi di finanziamento, ricevendo l’importo solo dopo il loro ritorno, riferisce Erudera.com. Il rapporto “Turing Scheme: Year 1 Evaluation” pubblicato dal Dipartimento dell’Istruzione ha rilevato che il 79% degli istituti di istruzione superiore nel Regno Unito ha riscontrato difficoltà con il processo di candidatura, che è stato descritto come “noioso”. Lo stesso rivela che sia i partecipanti che gli istituti di istruzione superiore erano più propensi ad affermare che i fondi forniti attraverso il programma Turing coprivano parzialmente le spese e che spesso erano necessari finanziamenti aggiuntivi oltre a quanto preventivato pagati di tasca propria.

I fondi continuano a scarseggiare: dati sotto le aspettative

L’analisi dell’IFF Research ha inoltre evidenziato che i problemi di finanziamento e di consegna insufficienti hanno colpito maggiormente gli studenti con meno risorse, ostacolando potenzialmente la loro capacità di partecipare al programma. Nel complesso, meno della metà (45%) degli istituti di istruzione superiore ha descritto il programma Turing come “soddisfacente”, mentre il 31% non è stato molto positivo riguardo al programma, ritenendolo insoddisfacente. Il Dipartimento dell’Istruzione del Regno Unito ha istituito nel 2021 il programma di scambio studentesco Turing in sostituzione di Erasmus+.  I primi studenti si sono trasferiti per studiare e lavorare all’estero nel settembre 2021. Tuttavia, durante il primo anno dello schema Turing, il numero di partecipanti interessati non fu quello previsto. Al programma hanno partecipato poco più di 20.000 persone, mentre l’obiettivo del governo era di 35.000. Secondo il rapporto, la pandemia da COVID-19 in quel momento ha contribuito a questa discrepanza. Nell’anno accademico 2022/23, secondo quanto riferito, il Turing Scheme ha pagato agli studenti del Regno Unito 22 milioni di sterline in meno rispetto al programma Erasmus dell’UE, secondo quanto riportato dai media locali all’inizio del 2023.

Precari, rideterminate le soglie di reddito da lavoro dipendente ai fini della compatibilità con la NASpI

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Il percettore di NASpI può svolgere un’attività lavorativa (ad esempio, accettare una supplenza): è infatti possible il cumulo tra l’indennità di disoccupazione in questione e i redditi derivanti da attività lavorativa subordinata/parasubordinata e autonoma.

Il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, agli articoli 9 e 10, nonché all’articolo 15, disciplina le ipotesi di svolgimento di attività lavorativa in corso di fruizione delle prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL.

L’assicurato ha però l’obbligo comunicare all’INPS il reddito annuo presunto ai fini della riduzione della NASpI con le modalità e nel rispetto dei termini previsti dal suddetto decreto legislativo.

Con Messaggio numero 1414 del 9 aprile 2024, l’INPS riepiloga i limiti reddituali riferiti agli anni 2023 e 2024 ai fini della compatibilità con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL.

In particolare:

  • il limite di reddito annuo da lavoro dipendente/parasubordinato è pari a 8.173,91 euro per l’anno 2023 (invariato rispetto al 2022);
  • il limite di reddito annuo da lavoro autonomo è pari a 5.500 euro per gli anni 2023 e 2024 (invariato rispetto al 2022);
  • il limite di reddito annuo da lavoro dipendente/parasubordinato è pari a 8.500 euro per l’anno 2024.

Per quanto riguarda invece le prestazioni di lavoro occasionale, queste sono compatibili e cumulabili con le prestazioni di disoccupazione NASpI e DIS-COLL nel limite di 5.000 euro; in tale ipotesi, il percettore delle predette indennità non è tenuto a effettuare alcuna comunicazione all’Istituto circa il reddito annuo presunto.

Assenze del personale, aggiornamento sul SIDI anche con le funzioni per i tre giorni di permesso retribuito ai precari

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Finalmente le funzioni dell’applicativo SIDI sono state aggiornate alle novità introdotte dal CCNL 2019/2021.

In particolare, nonostante molte misure siano entrate in vigore il 19 gennaio scorso, il SIDI non era ancora stato adeguato, creando non pochi problemi di gestione delle assenze del personale da parte delle segreterie scolastiche.

Con un avviso il MIM fa ora sapere che sono attive le modifiche per consentire gli aggiornamenti relativi ai tre giorni di permessi retribuiti per il personale precario con contratto 30 giugno/31 agosto.

Altri adeguamenti riguardano il secondo mese di congedo parentale all’80% (Legge 213/2023), l’aspettativa per intraprendere attività professionali, le cure per gli invalidi e gli esoneri per le collaborazioni con i dirigenti scolastici.

La FLC CGIL fa in prposito sapere che proposito sono disponibili a SIDI i manuali utenti aggiornati.

Questi ritardi – scrive il sindacato – hanno inciso pesantemente anche sulle segreterie costrette ad operare su un sistema informativo (SIDI) non aggiornato, ritornando più volte su quanto già fatto. Come, ad esempio, inserire le assenze per congedo parentale con retribuzione al 30%, in modo da poter chiamare il supplente in sostituzione del personale assente e successivamente operare per riconoscere allo stesso l’80% della retribuzione in attuazione della modifica legislativa intervenuta“.

Il problema è finalmente risolto nel rispetto del CCNL e dei diritti di tutti” conclude la FLC CGIL.

La denatalità fa tornare le pluriclassi, proteste: ridurre il numero minimo di alunni. Per docenti e Ata organici bloccati fino 2026, ma poi…

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Il forte calo di nascite degli ultimi anni sta cominciando a produrre effetti pesanti anche all’interno delle scuole, con sempre più istituti e classi destinate ad estinguersi per scarsità di iscritti, ma anche con organici del personale che alla lunga potrebbero ridursi soprattutto nei piccoli centri (la garanzia di mantenere l’attuale assetto numerico varrà solo fino al 2026). Del resto, è stato l’Istat qualche tempo fa a dichiarare che nel 2050 ci saranno cinque milioni di italiani in meno, tra i quali due milioni di giovani: è come se in meno di 30 anni scomparissero tutti gli abitanti della Sicilia.

Ma agli oltre 100.000 iscritti in meno l’anno a scuola, si sommano pure gli innalzati “tetti” Gelmini, di quasi tre lustri fa, con la formazione delle classi che al di sotto di determinati numeri diventa quasi impossibile attivare. E a pesare c’è anche la decisione presa dal Governo Meloni di avviare un mini-dimensionamento dopo quello maxi figlio della Legge 81 del 2009.

Denatalità e norme ferme a diversi anni fa, come più volte sottolineato dall’ex ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchimolto più preoccupato di questo che delle classi pollaio, stanno costringendo gli Uffici scolastici a negare la formazione diverse classi. In alcuni casi si è arrivati a produrre delle pluriclassi, ovvero corsi di studio con alunni che hanno età diverse e che quindi frequentano più corsi di studio. Come è accaduto in questi giorni a Castelvecchio Subequo, un Comune della provincia dell’Aquila di appena 832 abitanti: la scuola è stata risparmiata, ma l’evidente calo delle iscrizioni, associato alle norme tutt’altro che “malleabili”, ha costretta i decisori dell’amministrazione ad autorizzare per il prossimo anno scolastico, il 2024/25, solo una pluriclasse prima/terza media. La quale verrà frequentata in tutto da 18 alunni.

Da sabato 6 aprile, gli alunni hanno disertato in massa la scuola. E lunedì 8 aprile i sindaci del comprensorio – Castelvecchio Subequo, di Secinaro, Gagliano Aterno, di Molina Aterno, di Castel di Ieri e Goriano Sicoli – , assieme ad alcune decine di genitori, si sono dati appuntamento davanti ai cancelli dell’istituto comprensivo per gridare tutta la loro rabbia, sotto forma di sit-in, per quello che reputano un vero e proprio “smantellamento della scuola media locale”.

“Non siamo un mondo a parte, ma siamo parte del mondo”, hanno detto sindaci e familiari degli alunni: lo hanno ribadito in un lungo incontro svoltosi in mattinata con Paola Ruscitti, la dirigente scolastica del Comprensivo di Raiano, alla quale hanno manifestato le loro ragioni.

“Abbiamo bisogno che le istituzioni stiano dalla parte dei nostri ragazzi affinché realizzino i loro sogni e le loro aspirazioni nei modi costituzionalmente sanciti”, hanno quindi spiegato dal comitato spontaneo dei genitori.

“Siamo al fianco delle famiglie e siamo pronti e disponibili ad interloquire con gli organi di Governo competenti affinché si prestino le necessarie attenzioni a motivazioni di carattere socio ambientale e non meramente numeriche. È arrivato il momento di cambiare la legge attraverso riforme strutturali”, hanno chiosato i sindaci. Per il prossimo anno scolastico, tuttavia, senza un intervento politico o la mediazione di istituzioni di rilievo, molto difficilmente si riuscirà a sdoppiare la pluriclasse da 18 alunni.

Il 31% dei ragazzi tra i 18 e 24 anni non studia e al Sud si esce prima dal sistema di istruzione del Nord: i dati Istat sul 2022

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Nel 2022, in Italia, il 31% dei giovani tra i 18 e i 24 anni non partecipa ad alcun corso di istruzione o formazione, contro il 20,2% della media europea. Il tasso di partecipazione a attività formali, quelle cioè che rilasciano un titolo di studio o una qualifica professionale, per i giovani in questa fascia di età è, dunque, del 49%: ben 15,3 punti percentuali in meno rispetto a quello medio europeo (64,3%).

Più basso – rispetto a quello europeo – anche il tasso di partecipazione ad attività non formali (42,2% contro il 47,6%). A fotografare la situazione i dati diffusi oggi dall’Istat e riportati da AnsaL’uscita precoce dal sistema di istruzione nel Sud risulta più frequente che al Nord: tra i 18-24enni, il 13,6% è già uscito da un percorso formativo pur avendo conseguito solo un diploma di scuola secondaria di I grado, quota che nel Nord si attesta a poco più dell’8%. Nel Mezzogiorno è tuttavia più alta, rispetto al Nord, la partecipazione ai corsi formali di istruzione: 8,2% contro il 7%.

A pesare è anche il livello di istruzione dei genitori

Negli ultimi 12 mesi si registra invece che, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni, coloro che sono impegnati in un percorso di istruzione terziaria in Italia sono il 25% al Centro, il 22,3% al Sud e il 20,4% a Nord-est. A pesare sulla possibilità che i giovani escano da un percorso di istruzione e formazione è anche il livello di istruzione dei genitori: se i genitori hanno un diploma di scuola secondaria di I grado il rischio di fuoriuscita è del 24%, mentre cala ad appena il 3% se uno dei genitori possiede un titolo terziario. A frenare la partecipazione ai corsi di formazione sia formali che non formali è, invece, soprattutto l’assenza di motivazione, che si attesta, per la fascia tra i 18 e i 24 anni, al 67,4%: leggermente inferiore alla media europea del 69%.

Anche tra i giovanissimi (18-21 anni) si conferma questo trend. In media, tra i 18-21enni, quasi il 21% non si forma né lavora: nel Mezzogiorno la percentuale sale al 29,8%. La percentuale, invece, di coloro che non si formano è del 27,5% (29,7% dei maschi e il 25,1% delle femmine): di questi meno di un quarto si dichiara occupato. Se si considerano i ragazzi appena più grandi (22-26 anni) la quota di chi non si forma e non lavora scende, invece, al 17,6%, mentre cresce il tasso di quelli che non sono inseriti in alcun percorso formativo (38,3%). Tra i 27 e i 34 anni, invece, non è più in formazione il 54,9%, con una forbice molto ampia tra Nord e Sud (rispettivamente il 50,4% e il 61,5%).

La probabilità di laurearsi è maggiore se i genitori sono laureati

Come abbiamo scritto qualche giorno fa l’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, INAPP, ha di recente evidenziato come la probabilità di laurearsi sia maggiore se i genitori sono laureati. È del 12% la probabilità di laurearsi se i genitori hanno la licenza media, tra i figli dei laureati è il 75%, oltre il 30% in più dei coetanei di famiglie svantaggiate.

Un ruolo decisivo sembra aver avuto la pandemia: l’incidenza di bambini e ragazzi deprivati tra i figli di non diplomati è aumentata di quasi 5 punti percentuali: da 11,2% del pre-Covid a 10,4% nel 2021.

Altro dato comparativo rilevante In merito ai dati Invalsi, 215 è il punteggio ottenuto in italiano dagli studenti di terza media di condizione socio-economica-culturale alta, ovvero oltre 30 in più dei coetanei di famiglie svantaggiate, 183,7.

Invalsi, presentati i risultati degli studenti italiani al Questionario Europeo ICCS 2022

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Il 5 aprile l’Invalsi ha presentato i risultati italiani del Questionario europeo dell’Indagine IEA ICCS 2022.

Il Questionario, introdotto per la prima volta nell’edizione ICCS 2009, è stato sviluppato per misurare gli aspetti dell’educazione civica e alla cittadinanza considerati rilevanti nel contesto europeo. Questi includono partecipazione politica, cambiamento climatico, sviluppo economico sostenibile, migrazione, nonché i sistemi economici dei Paesi europei.

Nell’edizione 2022 è stato inserito anche il focus sull’impatto del COVID-19 sulla democrazia e sulla cooperazione a livello europeo.

Il Rapporto Europeo ICCS 2022 illustra i risultati del Questionario europeo somministrato agli studenti dei 18 Paesi comunitari e delle due Entità subnazionali che hanno preso parte all’Indagine ICCS 2022.

Sul canale Youtube di Invalsiopen è possibile rivedere la presentazione dei risulatti in un webinar.

Roberto Ricci, Presidente INVALSI, ha introdotto gli interventi delle relatrici:

  • Laura Palmerio, Responsabile Area Indagini internazionali
  • Sabrina Greco, National Research Coordinator IEA ICCS
  • Valeria Damiani, Professoressa Associata LUMSA

Docenti, presidi e ATA aggrediti, 46 casi dall’inizio dell’anno. La metà coinvolge i genitori

da OrizzonteScuola

Di redazione

46 aggressioni in 7 mesi di scuola. Sono gli ultimi dati aggiornati al 29 marzo 2024 del ministero dell’Istruzione e del merito, che ha attivato per la prima volta un sistema di sorveglianza degli episodi violenti, riporta Il Sussidiario.net.

Sappiamo infatti dei sempre più frequenti, anche a cadenza settimanale, episodi che coinvolgono insegnanti, dirigenti scolastici e personale ATA, minacciati e picchiati da studenti o da genitori, nella metà dei casi.

A tal proposito, bisogna ricordare che dal 30 marzo 2024 sono in vigore nuove norme per contrastare la violenza contro il personale scolastico. La legge inasprisce le pene per chi aggredisce docenti e introduce diverse misure di prevenzione.

Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito, da settembre 2022 a marzo 2024 si sono verificati quasi 70 episodi di violenza contro il personale scolastico. Un fenomeno in crescita che ha spinto il Parlamento ad intervenire.

Cosa cambia con la nuova legge

Misure di monitoraggio, studio e sensibilizzazione

  • Istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico
  • Promozione di iniziative di informazione e sensibilizzazione
  • Istituzione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico

Inasprimento delle sanzioni

  • Introduzione di un’aggravante comune per i reati commessi in danno del personale scolastico
  • Modifica delle fattispecie di violenza o minaccia a pubblico ufficiale e di oltraggio a pubblico ufficiale, con l’introduzione di specifiche aggravanti di pena per i fatti commessi in danno del personale scolastico

Il deputato della Lega Rossano Sasso, “papà” della legge, ha sottolineato l’importanza di questa nuova norma: “L’auspicio è che a violarla siano in pochi, ma il messaggio deve essere chiaro a tutti. Chi tocca un docente, un impiegato amministrativo, un collaboratore scolastico e un dirigente scolastico, tocca lo Stato” .

LEGGE [PDF]

Riscatto della laurea, una possibilità utile ai fini della pensione. Ma ci sono dei costi

da OrizzonteScuola

Di redazione

Un lettore ci ha scritto e chiesto notizie relative al riscatto della laurea, chiedendo di cosa esattamente si trattasse e se davvero tale operazione può ritenersi vantaggiosa.

Partiamo prima di tutto dal capire cos’è il riscatto della laurea: è un metodo per conteggiare gli anni di studio universitario come anni lavorativi ai fini pensionistici. Dunque gli anni da studente possono essere considerati ai fini della pensione, per “anticipare” di qualche anno l’uscita.

Tale operazione tuttavia ha dei costi che variano da situazione in situazione e proprio quest’anno, per effetto dell’inflazione, si è registrato un aumento.

Nel caso del riscatto ordinario, il costo varia in base al reddito annuo dell’interessato. Con l’aumento del reddito minimo imponibile per artigiani e commercianti, ora fissato a oltre 18.000 euro, il riscatto ordinario diventa meno oneroso solo per chi ha un reddito annuo inferiore a questa soglia.

Il calcolo dei costi per i periodi di studio antecedenti al 1996, o fino alla fine del 2011 con almeno 18 anni di contributi maturati prima di questa data, è più complesso. In questi casi, si utilizza il metodo della riserva matematica, che stima il costo in base al beneficio pensionistico derivante dal riscatto.

Da ricordare una delle novità rilevanti di quest’anno, che riguarda i giovani: l’Inps ha introdotto la possibilità di trasferire gratuitamente il montante contributivo generato dal riscatto della laurea, anche per coloro senza lavoro. La misura potrebbe avere importanti riflessi sulla previdenza futura, specialmente per la generazione dei Millennials, che fronteggiano nuove regole sulla pensione di vecchiaia.

In generale, è previsto un incremento del riscatto della laurea da circa 5.776 euro a quasi 6.100 euro all’anno.

Il riscatto della laurea

La domanda di riscatto può essere richiesta da chi ha maturato almeno un contributo previdenziale, con l’eccezione degli inoccupati.

La cifra per il riscatto varia in base al periodo della laurea e al sistema di calcolo pensionistico. Per lauree conseguite prima del 1° gennaio 1996, o fino al 31 dicembre 2011 con 18 anni di contribuzione pre-1996, si applica il metodo della riserva matematica. Per periodi post-1996, si usa il metodo “a percentuale”, calcolando l’aliquota Ivs (33% nel 2024, più l’1% oltre la prima fascia di retribuzione) sulla retribuzione degli ultimi 12 mesi prima della domanda.

Dal 2019 è disponibile il riscatto agevolato per chi ha studiato dopo il 1995, con un costo fisso inferiore (5,7mila euro per anno nel 2023). Questo metodo può comportare assegni pensionistici ridotti del 20-30% a causa del calcolo contributivo. Il massimale contributivo annuo del 2024 è di 119.650 euro.

La cifra del riscatto può essere rateizzata fino a 120 rate, da corrispondere prima della pensione. I dipendenti pubblici possono continuare la rateizzazione anche dopo l’uscita dal lavoro. Inoltre, il riscatto può essere dedotto dalle tasse, abbattendo il reddito imponibile.

La domanda di riscatto può essere effettuata online attraverso il portale dell’INPS, mediante Patronati e intermediari, o anche telefonicamente. Per una stima approssimativa, l’INPS mette a disposizione un simulatore online, mentre un’altra applicazione fornisce una stima dettagliata dei costi nel sistema contributivo o retributivo.

Maturità 2024: supplente su spezzone può fare domanda per commissario esterno, no obbligo

da OrizzonteScuola

Di redazione

Fino al 12 aprile sono aperte su Polis Istanze online le domande per partecipare alle commissioni d’esame di maturità 2024 in qualità di presidente e commissari esterni. Le commissioni saranno ancora miste, ossia composte da presidente esterno, 3 commissari esterni e 3 interni. I commissari interni vengono designati dai consigli di classe entro il 5 aprile.

La nota ministeriale n. 12423 del 26 marzo 2024 elenca le casistiche del personale che è tenuto a presentare domanda e di coloro che invece ne hanno facoltà.

Tra i secondi rientrano i supplenti su spezzone orario:

hanno facoltà di presentare istanza di nomina in qualità di commissario esterno attraverso il modello ES-1, purché rientrino in una delle categorie elencate nei paragrafi 3.c.c e 3.c.d.:

a) ai sensi dell’art. 12 del d.m. n. 183 del 2019, i docenti in servizio in istituti statali di istruzione secondaria di secondo grado, con rapporto di lavoro a tempo parziale.

Qualora siano nominati, tali docenti sono tenuti a prestare servizio secondo l’orario previsto per il rapporto di lavoro a tempo pieno e ai medesimi sono corrisposti, per il periodo dell’effettiva partecipazione all’esame, la stessa retribuzione e lo stesso trattamento economico che percepirebbero senza la riduzione dell’attività lavorativa, ai soli fini dello svolgimento della funzione di commissario esterno.

Di questo si è parlato anche con Cristina Costarelli dell’ANP Lazio durante una diretta di Orizzonte Scuola tv (minuto 43:35), la quale ha precisato che “spezzone” rientra  nel “tempo parziale”.

Ricordiamo che hanno facoltà di presentare l’istanza di nomina in qualità di commissario esterno (modello ES-1)

Ai sensi dell’art. 6, co. 2, lettere d) ed e), e cc. 5 e 6, del d.m. n. 183 del 2019, hanno facoltà di presentare istanza di nomina in qualità di commissario esterno:
1. i docenti, già di ruolo in istituti statali di istruzione secondaria di secondo grado, collocati a riposo da non più di tre anni (incluso l’anno in corso), in considerazione dell’abilitazione o dell’idoneità all’insegnamento di cui alla l. n. 124 del 1999;
2. i docenti che negli ultimi tre anni abbiano prestato effettivo servizio per almeno un anno, con rapporto di lavoro a tempo determinato sino al termine dell’anno scolastico o sino al termine delle attività didattiche in istituti statali di istruzione secondaria di secondo grado e siano in possesso di abilitazione o idoneità all’insegnamento di cui alla l. n. 124 del 1999 nelle discipline comprese nelle classi di concorso afferenti alle indicazioni nazionali e alle linee guida dell’ultimo anno dei corsi della scuola secondaria di secondo grado.

Si precisa che hanno facoltà di presentare istanza di nomina in qualità di commissario esterno attraverso il modello ES-1, purché rientrino in una delle categorie elencate nei paragrafi 3.c.c e 3.c.d.:

a) ai sensi dell’art. 12 del d.m. n. 183 del 2019, i docenti in servizio in istituti statali di istruzione secondaria di secondo grado, con rapporto di lavoro a tempo parziale.

Qualora siano nominati, tali docenti sono tenuti a prestare servizio secondo l’orario previsto per il rapporto di lavoro a tempo pieno e ai medesimi sono corrisposti, per il periodo dell’effettiva partecipazione all’esame, la stessa retribuzione e lo stesso trattamento economico che percepirebbero senza la riduzione dell’attività lavorativa, ai soli fini dello svolgimento della funzione di commissario esterno;

b) i docenti tecnico pratici con insegnamento autonomo e insegnamento in compresenza;
c) i docenti di sostegno, in possesso della specifica abilitazione all’insegnamento di discipline della scuola secondaria di secondo grado. Non possono presentare domanda di partecipazione all’esame di Stato per commissario esterno i docenti di sostegno che hanno seguito durante l’anno scolastico candidati con disabilità, che partecipano all’esame di Stato;
d) i docenti in situazione di disabilità o che usufruiscono delle agevolazioni di cui all’art. 33 della l. n. 104 del 1992;
e) i docenti che usufruiscono di semidistacco sindacale o semiaspettativa sindacale.

Il personale della scuola appartenente alle tipologie aventi titolo alla nomina in qualità di commissario esterno può contestualmente chiedere la nomina in qualità di presidente di commissione, purché in possesso dei prescritti requisiti.