La Sentenza della Cassazione sul Sostegno

LA SENTENZA A SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE SUL SOSTEGNO NON VA ESALTATA

DI SALVATORE NOCERA

La Cassazione a sezioni unite ha pronunciato  il 25 Novembre la sentenza n. 25011 con la quale ha affermato che assegnare un numero di ore di sostegno inferiore a quelle indicate nel PEI di un alunno con disabilità costituisce discriminazione ai suoi danni ai sensi della l.n. 67/06.
La Corte ha respinto un ricorso del Ministero dell’Istruzione contro le decisioni conformi del Tribunale del lavoro e della Corte di Appello di Trieste che hanno accolto il ricorso per discriminazione ai sensi della l.n. 67/06 proposto  per una riduzione di ore di sostegno. La Cassazione ha meritoriamente dimostrato la legittimità della competenza del Tribunale civile, invece che del TAR , in questo specifico caso in cui si chiedeva l’applicazione della l.n. 67/06, poiché competente  per legge a giudicare di tali cause è il tribunale civile, mentre per gli ordinari ricorsi per la violazione della normativa sull’assegnazione di ore di sostegno è ormai competente il giudice amministrativo, come riafferma la stessa Sentenza. L’avvocatura dello Stato col ricorso in Cassazione tentava di far dichiarare inammissibile il ricorso per difetto di competenza del Giudice civile. Bene quindi ha fatto la Cassazione a riaffermare la competenza del Tribunale civile in materia di discriminazione. Pare che si stia generando uno smarrimento tra gli operatori del diritto ai quali sembra che con questa Sentenza sia stato determinato dalle Sezioni Unite della cassazione un mutamento radicale di orientamento rispetto a quello consolidato della giurisdizione dei TAR quando si controverta in tema di competenza esclusiva, che ormai si è consolidata in capo al Giudice amministrativo. Il disorientamento non ha ragion dessere, dal momento che questa controversia riguardava lapplicazione della legge antidiscriminatoria n. 67/06 e quindi la Cassazione ha chiarito che in questi casi la competenza è del Tribunale civile; ha invece ribadito che quando non si agisca in base alla l.n. 67/06 la competenza esclusiva rimane quella dei TAR.
Tale decisione è  pure meritevole  di interesse, poiché riafferma il diritto, ormai costantemente affermato dalla Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 80/2010, alle ore di sostegno sulla base delle  effettive esigenze  dell’alunno  secondo quanto previsto dall’art 1 comma 605 lettera B della l.n. 697/2006.
Inoltre la Sentenza sottolinea l’importanza del piano educativo individualizzato nel quale il numero delle ore deve essere richiesto come elemento indispensabile per l’esigibilità indiscussa del diritto dell’alunno a tale numero di ore. Così si esprime la Sentenza:

“Dal formante legislativo si traggono, infatti, l’assoluta centralità del piano educativo individualizzato, inteso come strumento rivolto a consentire l’elaborazione di una scelta condivisa, frutto anche del confronto tra genitori dell’alunno disabile e amministrazione; e, inoltre, l’immediato e doveroso collegamento, in presenza di specifiche tipologie di handicap, tra le necessità prosettate dal piano e il momento dell’assegnazione o della provvista dell’insegnante di sostegno”.

Fondamentale laffermazione secondo cui il pei è frutto del confronto tra scuola e famiglia e l’ altra secondo cui c’è un collegamento diretto ed inscindibile tra le richieste contenute nel pei  e le risorse che debbono essere fornite sia dallUfficio scolastico regionale per le ore di sostegno che per altre risorse a carico degli enti locali, tenuto conto della Specificità della disabilità.
Infine, alla luce dei principii fissati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80/2010, la Cassazione ribadisce il divieto per l’Amministrazione di discrezionalità nell’assegnare le ore di sostegno,  specie se motivato dai tagli alla spesa pubblica, come segue:

“In conclusione, dal quadro legislativo di riferimento si evince che una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l’amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica, capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l’assegnazione in favore dell’alunno, del personale docente specializzato anche ricorrendo – se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi – all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell’alunno disabile all’istruzione, all’integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini”.

Si apprezza quindi la logica conclusione della Cassazione circa la sussitenza della discriminazione,  come segue:

“L’omissione o le insufficienze nell’apprestamento, da parte dell’amministrazione scolastica, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all’attivazione, in suo favore, di un intervento corrispodente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico”

Ciò che invece non si può condividere è la motivazione che segue:

“l’una (l’omissione ) e le altre (le insufficienze nell’apprezzamento, da parte dell’amministrazione, di tale attività doverosa) sono pertanto suscettibili di concretizzare, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell’offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta, vietata dall’art. 2 della legge N° 67 del 2006”.

La motivazione ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell’offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati  ribadisce e conferma le motivazioni già espresse dal Tribunale del lavoro di Milano su numerosi ricorsi della F I S H che per la prima volta in Italia ha prospettato la richiesta di deroghe sulla base della legge antidiscriminatoria n. 67/06. Così come allora io espressi le mie perplessità circa tale motivazione, adesso le ribadisco ancor più preoccupato. Infatti in tale brevissima ma rovinosa motivazione si legittima un principio totalmente contrario alla logica dell’inclusione come l’ abbiamo realizzata in Italia fin dalla fine degli Anni Sessanta e cioè che le ore di sostegno sono esclusivamente rivolte agli alunni con disabilità, mentre quelle curricolari sono esclusivamente rivolte ai compagni senza disabilità. Questo principio invalida radicalmente tutta la cultura inclusiva italiana che è stata sancita in Italia dall’art 13 comma 6   l.n. 104/92 sulla contitolarità della classe da parte del docente per il sostegno che deve sostenere i colleghi curricolari nel delicato compito, di loro competenza primaria, di includere l’ alunno con disabilità nel gruppo dei compagni  e sminuisce sino a renderla insignificante l’ espressione contenuta nellart 19 comma 11 della l.n. 111/2011:  la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe. A tale fine, nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili.
Perché la motivazione della sentenza possa considerarsi coerente con la logica inclusiva, la discriminazione dovrebbe essere motivata dal fatto che la riduzione delle ore di sostegno tratta in modo diseguale gli alunni con disabilità che, in aggiunta ai docenti curricolari, hanno bisogno anche di un certo numero di ore di sostegno indicate nel PEI. Questa motivazione è coerente con la L.n. 67/06, sulle pari opportunità intese ai sensi dell’art 3 comma 2 (e non semplicemente comma 1) della Costituzione, e con la l.n. 104/92.
Concordo con il plauso alla Sentenza innalzato dall’amica  Nina Daita  della CGIL e dall’amico Avv Francesco Marcellino  (http://www.studiolegalemarcellino.it ) sull’importanza del dispositivo della sentenza;  ma non posso associarmi a loro, senza evidenziare la pericolosità della motivazione; per questo questa sentenza non va esaltata, a meno che non si evidenzino contemporaneamente i rischi mortali contenuti nel breve rigo di motivazione.

Meravigliosa Scuola

MERAVIGLIOSA SCUOLA DELLA MERAVIGLIA di Umberto Tenuta

CANTO 317 LA MERAVIGLIA ABITERà LA SCUOLA

 

È del poeta il fin la meraviglia,

Parlo dell’Eccellente e non del Goffo,

Chi non sa far stupir, vada alla striglia!

(G.B. MARINO)

 

Cuore!

Amore!

Stupore!

Meraviglia!

Parole vietate, negate, assenti, nella Scuola.

E non meraviglia che lo STUDIO sia una pena.

Una pena da evitare in tutti i modi possibili.

Anche nella BUONASCUOLA?

Certamente!

Se in essa non regna l’Amore.

Se in essa non regna lo Stupore.

Se in essa non regna la MERAVIGLIA.

<<Amor che move il sole e l’altre stelle>>

AMORE: Studium, Studente, colui che ama…

STUPORE: Oppresso di stupore, a la mia guida Mi volsi (Dante)…

MERAVIGLIA: I’ che l’ésca amorosa al petto avea, Qual meraviglia se di subito arsi? (Petrarca)

Esca d’amor si porta in core ogni bimbo che viene a scuola.

Fatelo ardere!

Fatelo ardere, o Maestri!

Soffiate sull’esca!

Soffiate lo spettacolo bello del mondo!

… questa

bella d’erbe famiglia e d’animali…

Erbe dei prati meravigliose…

Fiori dai mille colori e dalle mille forme…

Piante che incantano…

Prati e foreste dei sogni…

Stormir di foglie…

Musica dolce della Natura…

Gabbiani in volo…

Dolci melodie dell’usignolo…

Ruggiti di leoni…

E l’opre dell’uom?

Ponti, Castelli, Grattacieli, Supersonici, Astronavi…

Città d’Arte…

Alberto Angela a Scuola è conosciuto?

Forse il Sussidiario gli ruba il mestiere!

O TABLET, dove ti hanno relegato?

Non potresti, TU, stupire i nostri giovani?

STORIA, GEOGRAFIA, BOTANICA, ZOOLOGIA, MALALA IO, IL GIOVANE FAVOLOSO…

Oh Apple, oh Samsung, oh MICROSOFT…

Alla BUONA SCUOLA perchè causa non fate?

Il mio patrocinio è gratuito.

Non difendo VOI.

Difendo il DIRITTO dei Giovani alla MERAVIGLIA!

Venite tutti a firmarmi il mandato!

Vi difenderò fino all’ultimo mio fiato.

Siatene certi.

Una MERAVIGLIOSO SCUOLA DELLA MERAVIGLIA voi avrete!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Stabilità, i dubbi del Senato sulla Buona scuola: «Risorse inadeguate»

da Corriere.it

Stabilità, i dubbi del Senato sulla Buona scuola: «Risorse inadeguate»

I rilievi emergono dalla relazione dei tecnici di palazzo Madama che ritengono che la riforma Renzi non fornisca gli elementi per valutare la «congruità» delle risorse

di Valentina Santarpia

Le risorse stanziate per la buona scuola sono congrue per gli obiettivi prefissati, cioè la stabilizzazione dei 150 mila precari, la formazione degli insegnanti e l’alternanza scuola-lavoro? A sollevare il dubbio sono i tecnici del Senato, che nella relazione di approfondimento e chiarimento al Ddl di Stabilità fanno emergere non pochi punti interrogativi sulle coperture finanziarie che saranno necessarie per assumere i preari della scuola, ma anche garantire loro la ricostruzione della carriera cui avranno diritto dopo l’immissione in ruolo. «In presenza di oneri che si configurano in sé come chiaramente non “rimodulabili” andrebbero a rigore sempre forniti, sin dall’approvazione della norma che provvede alla definizione delle risorse tutti gli elementi e dati che siano idonei a documentare la congruità delle medesime rispetto alla platea interessata, nonché l’incidenza della spesa prevista per ciascun annualità del triennio», precisano i tecnici. La stessa «platea interessata» non sembra chiara, sottolineano, perché non vengono forniti gli «elementi necessari» per definirla.

Il miliardo basterà?

Criticità riscontrate anche in merito al fatto che la buona scuola non precisa quante risorse siano destinate ai tre distinti capitoli. «Andrebbero richiesti sin d’ora i dati idonei a documentare la congruità delle risorse stanziate, rispetto alle tre finalità, dando indicazioni circa i parametri adottati nella definizione dei relativi fabbisogni di spesa«. Tanto più che, con l’emendamento voluto dal Pd e approvato alla Camera, si prevede la destinazione di parte delle risorse anche ad iniziative di formazione di docenti e dirigenti scolastici: «Andrebbero richieste rassicurazioni anche in merito alla sostenibilità delle stesse a carico delle risorse già previste dal testo iniziale, atteso che le stesse risultavano evidentemente calibrate esclusivamente rispetto ai fabbisogni previsti dal testo originario». Insomma, secondo i rilievi dei tecnici, il miliardo stanziato rischia di non bastare, visto che inizialmente non era previsto che quei fondi bastassero anche a foraggiare la formazione dei docenti. Ma fonti parlamentari assicurano: «Andrà tutto bene, i fondi ci sono e basteranno. I rilievi non sono fondamentali».

Brutta fotografia del Censis: stage difficoltosi, poche scuole d’infanzia e università in crisi

da La Tecnica della Scuola

Brutta fotografia del Censis: stage difficoltosi, poche scuole d’infanzia e università in crisi

Sabato, 06 Dicembre 2014

I dati, sommati al basso livello di informatizzazione dei nostri istituti, sono desolanti: la metà dei dirigenti scolastici ha difficoltà a coinvolgere le aziende per le attività di alternanza scuola-lavoro, spesso per la scarsità di risorse finanziarie. Intanto, sull’offerta prescolare, più di una scuola su tre ha creato liste d’attesa. E in cinque anni gli atenei del Centro Italia dimezzano la loro attrattività.

Mentre i dati Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro indicano gli stage come via preferenziale per trovare un’occupazione, si scopre che le imprese italiane risultano ancora restie ad ospitare gli studenti nelle proprie sedi. Il dato è contenuto nell’ultimo rapporto Censis, pubblicato il 9 dicembre, che ha sondato a questo proposito i dirigenti scolastici chiamati a realizzare questi percorsi.

Se è vero che i percorsi di alternanza scuola-lavoro forniscono una maggiore conoscenza del mondo del lavoro (66,2%), anche in funzione orientativa per la eventuale scelta di proseguire negli studi (47,3%), emergono infatti tuttavia non poche difficoltà a coinvolgere le aziende e il mondo del lavoro in genere (47%).

Tra gli ostacoli segnalati dai ds, c’è anche la difficoltà a offrire percorsi in alternanza a tutti gli studenti dell’istituto, oltre alle risorse finanziarie insufficienti (46,4%).

Ma il rapporto annuale Censis ha messo sotto i riflettori anche altri aspetti dei processi formativi. A cominciare dalla scuola dell’infanzia: sull’offerta prescolare, più di una scuola su tre ha creato liste d’attesa e il 10% dei dirigenti scolastici ha confessato di non essere riuscito in ogni caso a rispondere alla domanda espressa dal territorio di riferimento, valore che sale al 16,2% nelle regioni del Nord-Ovest.

Anche per quanto riguarda il livello di informatizzazione delle scuole italiane, non è che vada meglio: come riferito in un altro articolo, per ogni 100 studenti di scuola superiore sono disponibili 8 PC. In Europa il valore è quasi il triplo. E la banda larga risulta quasi assente.

Arrivando al livello più alto dell’istruzione, l’università, se si conferma la presenza di criticità strutturali note come l’ulteriore contrazione dell’indice di attrattività degli atenei meridionali (da -21,8% nel 2008 a -22,8% nel 2013), desta allarme, dicono i ricercatori, la caduta nei cinque anni di riferimento dell’indice di attrattività delle università del Centro Italia, passato da 21,8% nel 2008 a 12,4% nel 2013.

Insomma, forti criticità sembrano attraverso il mondo formativo italiano dall’inizio a alla fine del suo percorso.

Le prove Invalsi? Indispensabili per valutare le scuole, ma vanno affiancate ad altri parametri

da La Tecnica della Scuola

Le prove Invalsi? Indispensabili per valutare le scuole, ma vanno affiancate ad altri parametri

A dirlo è stata Donatella Poliandri, responsabile Area Valutazione delle scuole dell’Invalsi, nel corso della seconda e ultima giornata della Conferenza sul decennale delle prove nazionali: per la valutazione degli istituti è rilevante anche il contesto socio-economico e demografico ai processi gestionali e alle pratiche didattiche. Per il futuro, l’Istituto cercherà di avviare un feedback più utile da restituire alle scuole.

Tra gli interventi che si sono succeduti a Roma, nella seconda giornata della Conferenza “Il Decennale delle Prove INVALSI”, spicca quello di Donatella Poliandri, responsabile Area Valutazione delle scuole dell’Invalsi: l’esperta di valutazione scolastica ha illustrato il percorso con cui si è passati dalle sperimentazioni alla pubblicazione del format che tutte le scuole dovranno utilizzare per l’autovalutazione a partire già da quest’anno scolastico: “Nel regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione è previsto un legame stretto tra autovalutazione, valutazione esterna e miglioramento. Il Format per l’autovalutazione è il frutto delle sperimentazioni realizzate dall’Invalsi nel periodo 2009-14 in quasi 1.400 istituzioni scolastiche”.

Poliandri si è quindi soffermata sulla necessità di allargare il raggio di valutazione di un istituto ad una seria di variabili: dal “percorso di ricerca abbiamo appreso alcune importanti lezioni: siamo riusciti a definire quali sono gli aspetti importanti da osservare per analizzare la qualità delle scuole e abbiamo individuato gli indicatori adatti per misurarli. I risultati delle Prove sono un aspetto indispensabile per valutare le scuole, ma ve ne sono numerosi altri da considerare, dal contesto socio-economico e demografico ai processi gestionali, alle pratiche didattiche. Nel futuro, l’Invalsi continuerà a studiare quali siano i feedback più utili da restituire alle scuole e dovrà approfondire ulteriormente i nessi tra la valutazione e il miglioramento.”.

La seconda giornata, svolta alla presenza di un centinaio di delegazioni di istituzioni scolastiche coinvolte in questi anni nelle sperimentazioni, è stata dedicata all’approfondimento del lavoro dell’Istituto nei diversi ambiti: in particolare alla partecipazione alla ricerca comparativa internazionale e la valutazione delle scuole.

Tra i relatori, Laura Palmerio, responsabile Area Ricerca Internazionale Invalsi, ha affermato l’importanza della ricerca comparativa: “Alcuni aspetti delle politiche educative si comprendono meglio in una prospettiva internazionale. Spesso queste ricerche vengono criticate per l’eccessiva presenza mediatica delle classifiche tra sistemi scolastici e per il rischio di importare acriticamente i sistemi educativi di altri paesi. Tuttavia queste ricerche rivestono grande importanza nel quadro dell’integrazione europea, perché permettono di realizzare confronti e di individuare obiettivi comuni. Sono inoltre un motore importante per l’avanzamento teorico e metodologico della ricerca educativa. Da sempre riscontriamo la coerenza tra i risultati delle indagini internazionali e quelli delle rilevazioni nazionali per il nostro Paese.”

La Conferenza ha quindi ospitato un videomessaggio di Andreas Schleicher, direttore del settore Education dell’OCSE: “Complimenti all’Invalsi per il lavoro di questi anni. Prima delle Prove, infatti, mancavano indicatori oggettivi dei risultati degli studenti. Si potevano utilizzare indicatori del successo scolastico, ma mancavano informazioni sulla qualità dei risultati raggiunti e quindi l’Invalsi ha raggiunto un traguardo importante. Questi dati sono ovunque strumenti potenti per il miglioramento e creano opportunità per prendere decisioni basate sui fatti. I test per la misurazione dei livelli di apprendimento sono sempre difficili da progettare e creano ovunque discussioni e aspettative anche critiche. C’è sempre una grande tensione da risolvere: quella tra la realizzazione di prove oggettive, facili da somministrare e correggere, e prove rilevanti da un punto di vista educativo. Anche la ricerca internazionale, come quella italiana, affronta un dilemma tra oggettività e rilevanza delle Prove. Risolvere questa tensione è il compito che ci aspetta nel prossimo decennio: dovremo riuscire a misurare anche altri aspetti rilevanti, come la capacità creativa, le competenze relazionali e di cittadinanza degli studenti. L’Invalsi ha davanti a sé dieci anni di grande lavoro e l’OCSE è pronto a sostenerlo.”.

Paolo Sestito, già presidente Invalsi e attualmente Responsabile Servizio Struttura Economica della Banca d’Italia, ha evidenziato gli elementi costitutivi del nascente modello italiano di valutazione: “La prassi Invalsi, a partire dal 2008, si è incentrata sulla restituzione dei dati alle scuole per l’innesco di processi di analisi e miglioramento al loro interno, sul rifiuto della produzione di classifiche, seppure rendendo progressivamente più confrontabili i risultati, e sulla reportistica sul sistema e sulle sue articolazioni territoriali”. Sestito ha evidenziato come sia necessario che l’autovalutazione rappresenti “un processo interno delle scuole, più che la produzione di un documento come mero adempimento”. Ha inoltre richiamato la necessità di completare il sistema di valutazione con strumenti per la valutazione dei dirigenti.

I lavori sono stati conclusi dalla tavola rotonda sulla cultura della valutazione in Italia, con la partecipazione di Annamaria Ajello, presidente Invalsi, Giovanni Biondi, presidente INDIRE, Elena Ugolini, consigliere del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca e Piero Cipollone, responsabile Servizio Pianificazione e Controllo Banca d’Italia e già presidente Invalsi.

Dal 2016 assunzioni nella scuola solo per pubblico concorso

da La Tecnica della Scuola

Dal 2016 assunzioni nella scuola solo per pubblico concorso

I posti che si renderanno disponibili dal 2016 per effetto del turn over saranno destinati ai vincitori di pubblici concorsi.

Il Governo, come si evince dalla risposta data oggi all’interpellanza urgente (n. 2-00773) di Silvia Chimienti e altri deputati del M5S sul modo in cui si intende far fronte alla sentenza della Corte di giustizia europea del 26 novembre, chiarisce che il ricorso ai pubblici concorsi renderà stabile e sistematica la procedura di reclutamento dei docenti. D’ora in avanti, infatti, si legge nella risposta governativa, si procederà a programmare con regolarità e certezza dei tempi concorsi per titoli ed esami cui potranno accedere i candidati con titolo di abilitazione all’insegnamento.

E la sentenza della Corte di giustizia europea? Secondo il governo è stata addirittura anticipata dal documento La buona scuola con l’obiettivo di migliorare il sistema scolastico nella consapevolezza di quanto sia fondamentale per la crescita del paese. L’assunzione a settembre 2015 (se non saranno aria fritta, come anticipato in un nostro precedente articolo di 148mila docenti delle scuole di ogni ordine e grado, segnerà la chiusura definitiva delle graduatorie ad esaurimento.

E anche, vien da dire, delle supplenze: l’aumento in organico di docenti con contratto a tempo indeterminato consentirà il potenziamento dell’offerta formativa e garantirà la continuità didattica, riducendo in maniera considerevole il ricorso alle supplenze. Subito dopo il Governo aggiunge: “Si farà ricorso alle supplenze solo per esigenze contingenti e imprevedibili.”

A partire dal prossimo anno scolastico la modalità di assunzione tramite concorso costituirà l’unico canale di reclutamento, come previsto dal comma 3, art. 97 della Costituzione.

Tieffini e passini, con le loro abilitazioni ormai in svendita, dovranno dunque rassegnarsi a rimettersi sui libri e a studiare nuovamente per ottenere un posto nella scuola? Sic dicitur.

La sentenza Ue su precari non interessa al Governo

da La Tecnica della Scuola

La sentenza Ue su precari non interessa al Governo

Una nota del gruppo M5S alla Camera denuncia che il governo non avrebbe alcuna intenzione a rispettare la sentenza della Corte di giustizia sui precari della scuola. “Ci saranno centinaia di migliaia di ricorsi a giudice lavoro”

“Abbiamo appena avuto la conferma che il governo non ha alcuna intenzione di rispettare la storica sentenza della Corte di Giustizia europea, che lo scorso 26 novembre ha dichiarato illegittima la normativa italiana in materia di contratti a termine, con particolare riferimento al comparto scuola”.

“Al ministero dell’Istruzione – prosegue la dichiarazione, genericamente attribuita ai deputati del M5S in commissione Cultura – abbiamo rivolto tre quesiti ben precisi: in che modo il governo intenda recepire la sentenza europea, quale sarà il destino dei precari iscritti nelle graduatorie d’istituto e se l’esecutivo non ritenga discriminatorio assumere personale prive di servizio pregresso, a discapito di docenti con esperienza pluriennale”.

“La vaga risposta del Governo si è trasformata nell’ennesimo spot del piano della Buona Scuola che, a detta del Miur, sarebbe sufficiente ad adeguare la nostra normativa ai dettami della Corte europea. Invece, l’unica conseguenza tangibile saranno le centinaia di migliaia di ricorsi davanti al giudice del lavoro”.

Assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici

da La Tecnica della Scuola

Assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici

L’U.s.r. per l’Umbria richiama le disposizioni valide per le istituzioni scolastiche e quelle alle quali invece le scuole non debbono fare riferimento. Riepiloghiamo la disciplina attualmente vigente contenuta nella Circolare n. 2/2014 del Dipartimento della Funzione Pubblica

Com’era già stato chiarito dal Miur a suo tempo, non riguardano il personale scolastico le disposizioni di dettaglio contenute nella nota prot. n. 5181 del 22/4/2014, con la quale il Ministero aveva dettato istruzioni al personale del comparto Ministeri in merito alla disciplina riguardante assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici.

Interessa, invece, gli istituti, le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, in quanto amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 16 bis, del D.L. n. 101 del 31/08/2013, convertito in legge con la L. n. 125 del 30/10/2013, recante “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”.

Tale norma, in vigore dal 31/10/2013, ha novellato l’art. 55 septies, comma 5 ter del D.L.gs. 165/2001, prevedendo che “Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciato dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmesse da questi ultimi mediante posta elettronica”.

Allo stesso modo è rivolta anche alle scuole la circolare n. 2/2014 del Dipartimento per la funzione pubblica. Tale circolare ha spiegato cosa è cambiato rispetto alla disciplina previgente.

Innanzitutto, per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il dipendente deve fruire dei permessi per documentati motivi personali, secondo la disciplina dei CCNL, o di istituti contrattuali similari o alternativi (come i permessi brevi). La giustificazione dell’assenza, ove ciò sia richiesto per la fruizione dell’istituto (es.: permessi per documentati motivi personali), avviene mediante attestazione redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha erogato la prestazione (attestazione di presenza). 

L’attestazione di presenza è consegnata al dipendente per il successivo inoltro all’amministrazione di appartenenza oppure trasmessa direttamente a quest’ultima per via telematica a cura del medico o della struttura. Nel caso di trasmissione telematica, la mail dovrà contenere il file scansionato in formato PDF dell’attestazione.

Dall’attestazione debbono risultare la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige, l’indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione, il giorno, l’orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione. L’attestazione di presenza non è una certificazione di malattia e, pertanto, essa non deve recare l’indicazione della diagnosi. Inoltre, al fine di evitare la comunicazione impropria di dati personali, l’attestazione non deve indicare il tipo di prestazione somministrata.

La Funzione Pubblica ha chiarito che l’attestazione di presenza può anche essere documentata mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio redatta ai sensi del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del d.P.R. n. 445 del 2000.

Quanto sopra vale esclusivamente per l’effettuazione di visite e terapie, senza concomitanza con una situazione di incapacità lavorativa. Nel caso, invece, in cui il dipendente sia in malattia e contemporaneamente debba espletare visite specialistiche, terapie od esami diagnostici, trovano applicazione le ordinarie regole sulla giustificazione dell’assenza per malattia. Quindi, il medico dovrà redigere la relativa attestazione di malattia che viene trasmessa telematicamente e, in caso di controllo medico legale, l’assenza dal domicilio dovrà essere giustificata mediante la produzione all’amministrazione, da parte del dipendente, dell’attestazione di presenza presso la struttura sanitaria (salva l’avvenuta trasmissione telematica ad opera del medico o della struttura stessa). Ovviamente, il ricorso all’istituto dell’assenza per malattia comporta la conseguente applicazione della disciplina legale e contrattuale in ordine al trattamento giuridico ed economico.

Una situazione particolare riguarda i cicli di terapie: nei casi in cui i dipendenti, a causa delle patologie sofferte, debbano sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro, è possibile presentare un’unica certificazione (che, per queste ipotesi, potrà essere cartacea) del medico curante che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico. Gli interessati dovranno produrre tale certificazione all’amministrazione prima dell’inizio della terapia, fornendo il calendario previsto. A tale certificazione dovranno poi far seguito le singole attestazioni di presenza dalle quali risulti l’effettuazione delle terapie nelle singole giornate. In questi casi l’attestazione di presenza dovrà contenere anche l’indicazione che la prestazione è somministrata nell’ambito del ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico curante.

Occupazioni scolastiche e disabilità, conciliazione possibile

da Redattore Sociale

Occupazioni scolastiche e disabilità, conciliazione possibile. “Garantire l’entrata”

All’istituto Aleramo di Roma, sono state liberate tre aule e sono entrati studenti disabili e professori. Ma solo dopo le proteste di Maria, mamma di Luca. “Il primo giorno mio figlio, ‘ostaggio’ nel pulmino, si è sentito male. La scuola è la sua socialità”

ROMA – Scuola occupata e disabilità: se è vero, come abbiamo raccontato ieri, che il binomio è difficile da conciliare, è vero anche che, con la determinazione e la tenacia, un “compromesso” si può trovare. Anzi, si deve trovare, perché “il diritto allo studio va garantito – spiega l’avvocato Salvatore Nocera – e i ragazzi disabili devono essere messi nelle condizioni di entrare a scuola, anche in caso di occupazione. Come, del resto, tutti i ragazzi, disabili o no, che quella occupazione non la condividono”. Questo, in teoria. La pratica, però, è molto più difficile. Ce la racconta Maria, mamma di Luca, dell’istituto Sibilla Aleramo di Roma, che si è “stressata per giorni, sotto la pioggia, pur di far valere i diritti di mio figlio. Per lui la scuola è l’unico accesso alla socialità: ama quel mondo, perché solo lì può condividere una risata con un compagno non disabile. E quel mondo non deve sbattergli la porta in faccia”.

Così, alla fine, la soluzione Maria l’ha trovata: “Ho parlato a lungo con gli studenti occupanti, ho gridato anche, per far capire le mie ragioni: alla fine, hanno liberato tre aule al piano terra e hanno lasciato entrare mio figlio, tutti i compagni disabili, il personale Ata e i docenti di sostegno. Non volevano far entrare i professori di cattedra, ma quando ho spiegato che mio figlio è affidato al oro e che non può entrare solo con il sostegno, hanno aperto la porta anche a loro. A patto che non si intromettano nelle attività e negli spazi dell’occupazione. Alle 13, poi, gli occupanti si riprendono tutta la scuola, perché i ragazzi disabili e tutti gli insegnanti tornano a casa”. Da martedì prossimo, però, la situazione cambierà: “Ci hanno detto che, per ragioni igieniche dopo tanti giorni di occupazione non sarà possibile far entrare i nostri ragazzi. Li dovremo portare nella sede centrale, non occupata, dove andranno anche i loro insegnanti”.

Questa soluzione, d’altra parte, era sembrata la più logica fin dall’inizio, tanto che il primo giorno di occupazione il pulmino del trasporto scolastico aveva accompagnato lì gli studenti disabili, dopo aver scoperto che la succursale era occupata. “Nessuno di noi era stato informato della situazione – racconta Maria – quindi i nostri ragazzi sono arrivati a scuola e la preside non ha potuto neanche farli scendere dal pulmino, per ragioni di sicurezza. Sono rimasti come in ostaggio per diverso tempo, prima di essere trasferiti alla centrale. Mio figlio si è spaventato molto, ha avuto una crisi, si è sentito male e si è bagnato tutto di pipì”, racconta angosciata la mamma. “Per questo, dopo, sono andata a protestare con gli studenti occupanti, a far sentire le mie e le sue ragioni: loro potevano avere tutte le ragioni per occupare la scuola, ma non consideravano la fascia più debole e indifesa, i loro compagni disabili. Hanno capito e, poche ore dopo, hanno sciolto l’occupazione, trasformandola in un’autogestione, durante la quale insegnanti e studenti disabili sarebbero regolarmente entrati a scuola”.

L’occupazione però è presto ripresa, in seguito a “un irrigidimento della preside, che ha fatto indispettire i ragazzi. I quali, però, questa volta mi hanno telefonato, per avvertirmi della situazione e organizzarmi con Luca”. Così, gli studenti disabili sono stati nuovamente accolti in centrale, ma “la preside ci ha detto che non sarebbe stato più possibile nei giorni successivi, visto che non poteva costringere gli insegnanti a spostarsi di sede. Mi ha detto che avrebbe fatto sgomberare almeno alcune aule della sede occupata, per permettere ai nostri ragazzi di entrare”. Non soddisfatta, Maria ha telefonato a Salvatore Nocera, “il quale mi ha detto che, per legge, i professori devono andare nella sede in cui è necessario che vadano, dal momento che firmano la presenza”. E, successivamente, è tornata dagli studenti, ottenendo che liberassero tre aule al piano terra. “Dal commissariato, infatti, non mi avevano assicurato di riuscire a sgomberare quegli spazi, quindi Luca rischiava nuovamente di restare a casa. Il che, per lui, è un vero dramma”. Gli studenti, invece, hanno mantenuto la parola, lasciando entrare, il giorno successivo, compagni e professori. “Martedì dovremo portarli nuovamente in centrale: spero davvero che tutto fili liscio: l’importante, per noi, è che Luca possa entrare a scuola. E’ un suo diritto e non sono disposta a rinunciarci”.

Nel frattempo, anche la situazione all’istituto agrario E.Sereni pare essersi risolta: “stamattina siamo stati tutti ricevuti dalla preside in aula magna – racconta Corinna, la mamma di uno degli studenti disabili lasciati fuori dal cancello – Una grande assemblea a cui hanno preso parte tutti gli studenti, i genitori, i professori e la presidenza. Gli occupanti hanno chiesto scusa, quasi con le lacrime agli occhi, per il comportamento verso i compagni disabili. Non si sono proprio resi conto della gravità di ciò che facevano. Hanno assicurato che martedì i nostri ragazzi potranno entrare regolarmente a scuola. Il nostro istituto è un modello di integrazione e questa vicenda non deve compromettere il lavoro e l’impegno di chi ci lavora con passione ogni giorno”. (cl)

Faraone sulle “okkupazioni” ribadisce: “Servono a crescere”

da La Tecnica della Scuola

Faraone sulle “okkupazioni” ribadisce: “Servono a crescere”

La “scuola che non può essere solo tempo trascorso sui banchi in attesa che la campanella suoni. In questo senso ho parlato di legalizzazione e di autogestione programmata, come un momento di crescita da affiancare alla didattica”

Così il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, intervistato dalla Stampa, torna sul suo intervento sulle occupazioni pubblicato dallo stesso quotidiano nei giorni scorsi.

Il clamore suscitato? “Mi aspettavo che raggiungesse l’obiettivo per il quale ho deciso di scriverlo: aprire un dibattito sul tema della scuola che il governo ha messo al centro della sua azione”. “Tanto tra gli studenti quanto tra i professori – dice il sottosegretario – sono emerse posizioni diverse”. “E’ la dimostrazione che sono riuscito a far comprendere che, al di là dell’occupazione – che è illegale e su questo punto voglio essere chiaro – la scuola deve tornare il luogo in cui si costruisce la coscienza civica dei ragazzi e la classe dirigente del futuro”. Faraone torna sulle occupazioni a cui lui stesso aveva partecipato sul finire degli anni Ottanta: “furono esperienze e occasioni di condivisione. Anche per chi non aveva mai avuto altre possibilità al di fuori della vita familiare. Iniziative culturali e sociali, momenti di aggregazione e di partecipazione democratica che, con quelle di oggi, hanno in comune il tema centrale intorno al quale ruotavano: la riforma della scuola di cui anche allora si discuteva”. (Ansa)

Incontri dicembre 2014

AID Prato. Incontri dicembre 2014

​- 9 Dicembre 2014 dalle ore 17:30 alle 19:00:
La scuola verso il mio Futuro
Incontro gratuito rivolto ai genitori e figli di classe 3^ scuola sec. I° grado

​- 10 Dicembre 2014 dalle ore 17:30 alle 18:30:
Impariamo insieme ad usare … CMap Tools
Incontro gratuito rivolto ai genitori è necessario portare il PC con installato Cmap Tools

​- 10 Dicembre 2014 dalle ore 17:30 alle 18:30:
Mappa libera tutti!!!
Incontro gratuito rivolto ai ragazzi delle classi V delle scuole primarie
E’ necessario portare PC o Tablet possibilmente con Cmap installato

​- 15 Dicembre 2014:
Punto ascolto
dalle ore 17:00 alle 19:00
Un punto di riferimento per insegnanti e genitori per ottenere informazioni
Si riceve ogni 3° lunedì del mese

Supporto informatico
dalle ore 17:00 alle ore 18:30
Un punto di riferimento per insegnanti e genitori per ottenere informazioni su come richiedere e come usare i libri digitali di LibroAid e sui programmi utili per i ragazzi DSA

Per informazioni: prato@dislessia.it

170 scuole campane senza preside. Interpellanza del Pd

da La Tecnica della Scuola

170 scuole campane senza preside. Interpellanza del Pd

Sono 600 i dirigenti scolastici campani vincitori del concorso del 2011, ma in attesa delle graduatorie dopo ricorsi al Tar e sequestri degli atti. Nel frattempo però ci sono 170 reggenze nelle scuole

E così tra questa assurda situazione partenopea, compresa quella della Lombardia, dove il concorso è stato annullato e ripetuto, il Pd ha presentato in Parlamento un’interpellanza urgente alla Ministra Stefania Giannini che, da regolamento, ha pochi giorni per fornire la versione del Governo sul pasticciaccio campano.

L’aspetto singolare di questo pasticcio sta però nel fatto che in Campania, secondo gli ultimi dati, si ha una delle più alte concentrazioni di dispersioni e abbandoni, come pure di precarietà e con scuole non ben messe. Una guida sicura e stabile nelle scuole sarebbe dunque auspicabile, piuttosto che fare ricorso alle reggenze, all’interno delle quali è pure possibile che ci siano istituti fra loro accorpati e quindi affidati alla buona volontà dei professori tuttofare e di personale paziente.

Non che sia la panacea di tutti i mali, ma col preside elettivo, votato cioè dal collegio dei docenti, come il sindaco nei comuni o il rettore all’università, non ci sarebbe né questa assurda pantomima delle reggenze e forse neppure la necessità, per risparmiare, di accorpare scuole fra di loro, mentre lo Stato, togliendo i concorsi, risparmierebbe, sia per la loro gestione e sia per difendersi dagli immancabili ricorsi. Un preside a tempo e “unus inter pares”, eletto democraticamente e che si occupi soprattutto di didattica e di dirigere il traffico.

Disabilità, cosa resta del 3 dicembre?

da Redattore Sociale

Disabilità, cosa resta del 3 dicembre? Il tweet di un attore e le parole di Salvini

Non il Quirinale e neppure Palazzo Chigi: nella Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità a far parlare di più sono Fabrizio Bracconeri e il leader della Lega. Un tweet di sfogo e un appello (interessato) in tv hanno più successo delle parole del premier

ROMA – La celebrazione ufficiale al Quirinale, quella inedita a Palazzo Chigi, i gesti del presidente della Repubblica, le parole del presidente del Consiglio, quelle di due ministri e alcuni sottosegretari, di un gran numero di politici, di referenti di istituzioni, sindacati, enti locali, associazioni (impegnate queste ultime anche nell’organizzazione di tutta una serie di eventi sul territorio nazionale)… Un gran parlare e un gran argomentare di cui, a conti fatti, è rimasto ben poco. E se una buona eco ha avuto la storia di Niccolò, raccontata dalla mamma proprio durante l’evento di Palazzo Chigi (il figlio disabile, quindicenne, frequenta una scuola superiore di Cerignola ma fa i conti con la mancanza di un’assistenza qualificata), ancor maggiore diffusione soprattutto in rete hanno avuto – in questo 3 dicembre 2014 – le prese di posizione di Fabrizio Bracconeri e Matteo Salvini, due personaggi molto diversi fra loro ma uniti in questa circostanza dalle critiche rivolte al governo proprio sul tema della disabilità.

Il leader della Lega è impegnato nel suo compito di opposizione al governo Renzi e per questo non si lascia sfuggire occasione di evidenziare le misure più impopolari adottate dall’esecutivo. Dalla presentazione della legge di stabilità, alcune settimane fa, ha più volte portato nel suo discorso politico di critica all’esecutivo l’esempio delle mancate risposte alle richieste delle associazioni delle persone disabili. Cosa che ha fatto ancora, e in tv, proprio alla vigilia della Giornata del 3 dicembre, intervenendo martedì sera a “Ballarò” (Rai 3). Nel gran discutere di politica ed economia, Salvini ha speso un passaggio per portare l’attenzione sui mancati finanziamenti – in legge di stabilità – all’Unione italiana ciechi e al fondo per l’inserimento lavorativo previsto dalla legge 68/99. Avrà pure divagato (o “parlato d’altro” rispetto al tema della trasmissione, come gli è stato rimproverato in diretta) ma aveva studiato e aveva studiato bene.
“Posso chiedervi – ha detto rivolgendosi ai rappresentanti della maggioranza in studio – l’impegno a rivedere due tagli vergognosi? Sei milioni di euro tagliati all’Unione italiana dei ciechi; venti milioni di euro tolti ai disabili per reinserirli nel mondo del lavoro”. E al conduttore che gli faceva subito notare che ciò era “sacrosanto” ma “non risolve certo i problemi dell’economia italiana” (niente meno), il leader della Lega argomentava: “L’anno scorso 1.464 italiani disabili grazie alla legge 68 del 99 hanno trovato un posto di lavoro: dopo 15 anni questo è il primo governo che come voce di spesa per questi disgraziati mette zero”. “Disgraziati” a parte, il resto non fa una piega: il dato è tratto dalla Relazione al Parlamento sulla legge 68/99 e noi stessi ne abbiamo ampiamente parlato in questo articolo del 31 ottobre scorso. Salvini probabilmente l’ha letto, altri no. Fra questi certamente il sottosegretario Scalfarotto (Pd), che in studio lo interrompeva scuotendo più volte la testa a suon di “non è vero”, “ma non è affatto vero!”, “lei non è in Parlamento”, e simili. Al che Salvini, intuendo l’equivoco, spiegava: “Non è il fondo per i non autosufficienti, è la legge 68 del 1999: l’anno scorso aveva 21 milioni, quest’anno ha zero. Rimettete per favore quei 21 milioni perché potete tagliare sulla pelle di tutti ma non sulla pelle dei disabili se no mi incazzo come una bestia, ok?”. Insomma, da un lato un Salvini che fa il suo mestiere (e lo fa bene), dall’altro nessuno che mostri di avere anche solo una minima idea di cosa sia il fondo della 68/99.

Ancora più rumore, in rete, sui social network e perfino sui quotidiani, fa un tweet inviato alle 22.44 di martedì 2 dicembre dall’attore romano Fabrizio Bracconeri: una vera e propria minaccia a Renzi a “non toccare i disabili perché giuro ti vengo a cercare e ti scartavetro”, con amabile postilla “è una minaccia, se vuoi denunciami”. Bracconeri (celebre negli anni ’80 per l’interpretazione ne “I ragazzi della III C”, poi fra le altre cose co-conduttore a Forum sui canali Mediaset) è oggi il papà di un ragazzo autistico e più volte ha raccontato pubblicamente la sua situazione familiare, accusando le istituzioni di essere “assenti”. Il suo sfogo nei confronti del presidente del Consiglio ha avuto più successo – è stato cioè più veicolato sui mass media – delle parole spese dallo stesso premier in occasione dell’evento di Palazzo Chigi. Succede anche questo, il 3 dicembre. (ska)

Scuola digitale: ma chi l’ha vista?

da La Tecnica della Scuola

Scuola digitale: ma chi l’ha vista?

Secondo il Censis siamo molto lontani dagli standard europei: per ogni 100 studenti di scuola superiore sono disponibili 8 PC. In Europa il valore è quasi il triplo. Banda larga quasi assente

Il quadro sul nostro sistema formativo tracciato nel rapporto Censis presentato oggi 5 dicembre non è particolarmente rassicurante. Nonostante la grancassa che quasi ogni giogno viene suonata dal Governo i dati parlano chiaro: 100 studenti italiani iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di I grado o al terzo della scuola secondaria di II grado dispongono rispettivamente di 8,3 e 8,2 personal computer. I loro coetanei europei dispongono mediamente di 21,1 e 23,2 pc, praticamente il triplo.
Il 25,3% degli studenti di terza media e il 17,9% dei loro colleghi del terzo anno della scuola superiore frequentano scuole prive di connessione alla banda larga, a fronte di corrispondenti valori medi europei di gran lunga inferiori (rispettivamente, 5% e 3,7%).
La frequenza di scuole dotate di ambienti di apprendimento virtuale è un’esperienza che coinvolge il 19% degli studenti in uscita dalla scuola media di I grado e il 33% degli iscritti al terzo anno della secondaria di II grado, quote ancora una volta sensibilmente inferiori alle medie europee (nell’ordine, 58% e 61% di studenti in età corrispondente).
I dirigenti si scuola secondaria di II grado intervistati dal Censis ritengono che le soluzioni migliorative praticabili siano la creazione di piattaforme per il reperimento e la fruizione di materiale e servizi didattici (86,6%), il passaggio da una logica di proprietà (di infrastrutture, dispositivi, ecc.) a una logica di servizio (a canone) (68,2%), puntando sull’autonomia delle scuole per l’adeguamento strutturale (70,5%).
Insomma, la strada per avvicinarci agli standard europei è ancora molto lunga.

Censis, scuola digitale italiana molto indietro rispetto alle altre europee

da tuttoscuola.com

Censis, scuola digitale italiana molto indietro rispetto alle altre europee

Se 100 studenti italiani iscritti all’ultimo anno di scuola secondaria di I grado o al terzo della secondaria di II grado dispongono rispettivamente di 8,3 e 8,2 computer, 100 dei loro coetanei europei ne hanno mediamente 21,1 e 23,2.

Il 25,3% degli studenti di terza media e il 17,9% dei colleghi del terzo anno delle superiori frequentano scuole prive di connessione a banda larga, a fronte di corrispondenti valori medi europei di gran lunga inferiori (rispettivamente, 5% e 3,7%).

La frequenza di scuole dotate di ambienti d’apprendimento virtuale è un’esperienza che coinvolge il 19% degli studenti in uscita dalla scuola media di I grado e il 33% degli iscritti al terzo anno della secondaria di II grado, quote ancora una volta sensibilmente inferiori alle medie europee (58% e 61% studenti in età corrispondente). Sono alcuni dei dati che emergono dal 48° Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2014 del Censis.

I dirigenti di scuola secondaria di II grado intervistati dal Censis hanno evidenziato quali principali problematicità l’obsolescenza troppo rapida della dotazione tecnologica, i costi che devono essere sostenuti per il collegamento internet e la carente disponibilità di spazi e strumenti adeguati.

Nell’86,6% e nel 68,2% dei casi ritengono che la creazione di piattaforme per il reperimento e la fruizione di materiale e servizi didattici, insieme al passaggio da una logica di proprietà (infrastrutture, dispositivi, ecc.) a una di servizio (a canone) siano soluzioni migliorative molto praticabili. A questi aspetti si aggiungono l’autonomia scolastica quale leva per l’adeguamento strutturale (70,5%) e l’aumento del materiale didattico digitale autoprodotto dalle scuole (67,5%).

L’uso diffuso di materiale didattico digitale è riscontrabile solo nel 18,1% delle scuole intervistate, tuttavia nell’88,4% dei casi alcuni docenti si sono cimentati nella produzione di questo tipo di risorse.