L’italiano della Zanzara

L’italiano della Zanzara

di Maurizio Tiriticco

Le ultime conclusioni relative ad una serie di indagini sulle competenze linguistiche degli Italiani risalgono a un paio di anni fa. Si tratta dell’inchiesta sulle competenze degli adulti svolta dall’OCSE nel quadro del suo Programme for the International Assessment of Adult Competencies (PIAAC, 2008-2013). Questa indagine, complementare della più nota ricerca PISA sugli studenti quindicenni, ha riguardato, nella fase 2008-2013, ventiquattro Paesi ed ha avuto come oggetto l’analisi delle “facoltà cognitive e competenze nel mondo del lavoro che sono giudicate necessarie affinché gli individui evolvano con successo nella società e che sono essenziali per la prosperità economica”. Dall’indagine emerge una situazione molto sconfortante per quanto riguarda il nostro Paese.

“L’inchiesta sulle competenze degli adulti (PIAAC) pone l’Italia all’ultimo posto nella graduatoria dei paesi partecipanti rispetto alla percentuale degli individui intervistati che ottengono un punteggio al livello intermedio (3) o superiore (4 o 5) nella scala delle competenze linguistiche. In particolare, solo il 3.3% degli adulti Italiani raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5 – i più alti – contro l’11.8% nella media dei 24 paesi partecipanti e il 22.6% in Giappone, il paese in testa alla classifica. Inoltre, solo il 26.4% raggiunge il livello 3 di competenza linguistica”.

La finalità della ricerca è stata quella di aiutare i paesi a “meglio comprendere come i sistemi educativi e di formazione permettono di far evolvere queste competenze”. Destinatari dei risultati sono, quindi, gli insegnanti in primo luogo, ma anche e soprattutto i politici e gli economisti, a cui spetta il compito di adottare iniziative politiche, economiche, educative e sociali che siano tali da promuovere il miglioramento delle competenze dell’intera popolazione. Gli esiti delle suddette indagini sono importanti, in quanto dimostrano che la situazione culturale e linguistica degli Italiani non è affatto delle più rosee. In effetti, gli Italiani, pur eredi di Dante e di Manzoni, si collocano, tra i Paesi dell’Ocse, al ventiduesimo posto in materia di competenza linguistica ed anche molto al di sotto della media. Si tratta di un vero e proprio disastro linguistico e, di conseguenza, anche culturale e civile.

Tuttavia, di tale fenomeno non ce ne rendiamo conto in modo compiuto come si dovrebbe, in quanto ciascuno di noi è esposto al linguaggio formale – in genere corretto sotto il profilo della grammatica, (fonologia, morfologia e sintassi) – della televisione, dei giornali, dei manifesti, dei film e degli spettacoli, in cui la lingua italiana utilizzata è quella, in genere, “corretta”. E non solo! In genere quasi tutti gli interventi del pubblico, via etere, radio o televisione, sono in genere corretti sotto il profilo della formalizzazione! Il fatto è che, se qualcuno ha qualcosa da dire e che ritiene importante, cerca sempre di dirlo al meglio! Forse, dire “sempre” è esagerato! In effetti non voglio soffermarmi su fenomeni particolari – ad esempio, Facebook – in forza dei quali, invece, avviene di tutto e di più… errori grammaticali a iosa, parolacce quante ne vuoi,offese e liti a non finire… ed anche un suicidio (è il caso dello scorso 13 settembre nel Napoletano), situazioni che richiederebbero riflessioni particolari e mirate.

Tuttavia, in genere siamo tutti esposti dai vari strumenti di comunicazione a un italiano generalmente e genericamente corretto. Ma… ed eccoci ad un “ma” grosso così! Esiste una trasmissione, anche molto seguita, sul canale radio de “Il Sole 24 ore”, dalle 18,30 alle 20,30, se non erro. – fatta esclusione della domenica – il cui conduttore è Giuseppe Cruciani, supportato da David Parenzo. Si tratta, come si evince dal sommario, de “La Zanzara, l’attualità senza tabù, senza censure, senza tagli alle vostre opinioni. Alla fine della giornata, con i titoli dei telegiornali in diretta, inchieste, voci catturate dalle tv di tutto il mondo e ospiti che non avete mai sentito, La Zanzara diventa la zona franca degli ascoltatori, uno spazio nemico della banalità, l’arena dove il primo comandamento è parlare chiaro”.

Ebbene, in forza di tale assunto, il conduttore adotta un italiano che potremmo definire molto disinvolto, se non di più, a volte un dialetto un po’ romanesco e, soprattutto, ricco di una serie di quelle parole di troppo che in genere si definiscono “parolacce”, e che a volte nel linguaggio parlato quotidiano, in effetti, costituiscono un valore aggiunto di rara efficacia! Un valore che sembra valere per tutti. Quanti politici, pulitissimi, sono stati incastrati dai “fuori onda”! In effetti, nessun conduttore, radiofonico o televisivo, userebbe un simile linguaggio! Anzi! I nostri conduttori sono in genere tutti molto attenti all’uso di un italiano corretto, semplice, non troppo ricco di vocaboli specialistici, perché il pubblico medio che ascolta, vede e segue, va da Bolzano a Siracusa. E si tratta anche dell’italiano cosiddetto standard, quello che – a volte disperatamente – si cerca di insegnare nei dieci anni di istruzione obbligatoria, e che viene utilizzato da tutti i conduttori o giornalisti che siano.

EBBENE! La Zanzara rompe questo schema. La lingua adottata è quella del pubblico di strada – se si può dir così – non quello delle situazioni che potremmo definire formali. EBBENE! Un input di questo tipo sollecita output analoghi. Pertanto, per tutta la trasmissione, è la cosiddetta “parolaccia” che la fa da padrona! In effetti né un Plauto né uno Shakespeare se ne adonterebbero, ma… ormai i grandi media pubblici e privati cercano di adottare un italiano standard corretto grammaticalmente e semanticamente non complesso, in modo che tutti lo possano comprendere. Nel caso della Zanzara, è interessante notare che alle sollecitazioni molto “libere” del conduttore, si hanno reazioni altrettanto “libere”. Pertanto un ascoltatore che non si sognerebbe mai di intervenire in una trasmissione radiofonica o televisiva, in genere molto paludata sotto il profilo della forma linguistica, nel caso della Zanzara si scatena! La grammatica è ignorata e l’eloquio è sempre da caserma, come si suol dire. Intervengono quindi ascoltatori che di lingua italiana ne masticano molto molto poco! Quindi, proprio quei soggetti individuati e “bollati” dalle indagini PIAAC.

Sono soggetti che non interverrebbero mai in trasmissioni come quelle condotte da un Vespa, che sembra esigere sempre una lingua italiana tutto punto e virgola, pulitissima più che mai. Ma che si sentono “autorizzati” a dire la loro, con quella spontaneità linguistica e culturale che è solo loro e non di altri. Si hanno così interventi in cui nessuno si preoccupa di ordinare un discorso con soggetto, predicato e complemento! Ognuno parla “come gli viene” e secondo i pensieri “che gli vengono”. Pertanto, si ha uno spaccato autentico di quella che possiamo definire la cultura degli Italiani, quella vera, autentica, fatta purtroppo più di pancia che di cervello.

Ascoltando la Zanzara, ciascuno di noi può toccare con mano la veridicità e l’autenticità degli esiti di quelle ricerche dell’OCSE sulla competenza linguistica – la literacy – dei nostri connazionali. Lo stesso nostro De Mauro lamenta da sempre la diffusa incompetenza linguistica dei nostri connazionali. Lo so! Le ricerche dell’OCSE sono documenti lunghi, complessi, ricchi di dati e di tabelle, a volte di non facile lettura, ma… la Zanzara è di un facile e semplicissimo ascolto. E’ la traduzione in pillole degli esiti drammatici delle ricerche internazionali.

Concludendo! Non ascoltate la Zanzara se non volete piangere sulla nostra diffusa ignoranza. Comunque, un grazie grosso così a Giuseppe Cruciani che ogni sera ci permette di piangere sulle nostre sciagure linguistiche… e culturali… e civiche, purtroppo! E allora, diamoci una mossa! Possibile che in dieci anni di obbligo di istruzione non si riesca a far parlare gli Italiani semplicemente in italiano?

Fori imperiali per tutti, da domani partono le visite

L’Agenzia di Redattore Sociale del 25-11-2016

Fori imperiali per tutti, da domani partono le visite

ROMA. Arrivare ai piedi dell’imponente Colonna Traiana, immergersi in quello che fu “l’impianto monumentale piu’ grande del mondo”, passeggiare tra le colonne, i resti e le pietre, ognuna delle quali “ha qualcosa da raccontare” sui Fori Imperiali, le loro funzioni e la loro storia. E poi lasciarsi alle spalle la Colonna ed entrare nelle cantine delle antiche abitazioni del quartiere Alessandrino, arrivare al Foro di Cesare e a quello di Nerva. Dopo vent’anni riapre al pubblico l’area archeologica dei Fori Imperiali con un percorso privo di barriere architettoniche, grazie alla passerella lunga 550 metri realizzata in occasione degli spettacoli serali che hanno animato il tratto archeologico di competenza comunale. Oggi, l’area riapre alle visite diurne, grazie a cui romani e turisti potranno “vivere la storia che ci ha conservato questa citta’ in maniera diretta”. Da domani, l’area archeologica dei Fori imperiali sara’ dunque aperta a tutti, prenotando la visita di un’ora allo 060608. L’ingresso, da piazza Santa Maria di Loreto, costera’ 4 euro e 3 il ridotto e sara’ contingentato a gruppi di 30 persone. Poi, si potranno prenotare visite guidate gratuite il mercoledi’ alle 11.30, nell’ambito del progetto ‘Archeologia in Comune’. “Finalmente si potra’ integrare la memoria della citta’ di sotto con quella di sopra- ha detto il sovrintendente Claudio Parisi Presicce- Ognuna di queste pietre ha qualcosa da raccontare e questo e’ il modo piu’ giusto per avvicinarsi all’archeologia”.

Sedici pannelli didattici esterni raccontano in inglese e in italiano i segreti dei Fori imperiali, dalla Baisilica Ulpia ai 100 piedi della Colonna Traiana che costo’ lo sbancamento del colle Quirinale. “Oggi e’ una giornata importante per la citta’- cosi’ l’assessore capitolino alla Crescita culturale, Luca Bergamo- perche’ e’ fondamentale valorizzare il nostro patrimonio. Come lo e’ stato presenziare e presentare solo pochi giorni fa la Fiera della piccola e media editoria che diventa sempre piu’ un tassello fondamentale della crescita culturale della citta’. Roma e’ tutto questo: passato, presente e prospettive di futuro”. Un futuro che veda Roma diventare “una citta’ accessibile a tutti”. E’ questa “la direzione verso cui dobbiamo andare” secondo la sindaca di Roma, Virginia Raggi. Attraversando la passerella dei Fori imperiali, Raggi ha spiegato che “il percorso consentira’ di aprire a tutti l’area archeologica dei Fori imperiali”. E il 3 dicembre, in occasione della Giornata internazionale per la disabilita’, le visite saranno riservate esclusivamente alle persone piu’ svantaggiate. “L’impegno dell’amministrazione e’ di restituire parti della citta’ ai cittadini e ai turisti- ha aggiunto la sindaca- Roma e’ una Capitale del mondo con un Centro storico patrimonio Unesco che dobbiamo tutelare, ma anche restituire a tutti”.

M. Desiati, Ternitti

“Ternitti”,  un romanzo di Marco Desiati
Oscar contemporanea Mondadori 2012

di Mario Coviello

ternittiUn lunghissimo fiume ha attraversato la frontiera tra Italia e Svizzera, negli anni settanta. Una marea di uomini e donne che dalla Calabria, dalla Sicilia e  dalla Puglia andavano a lavorare  nelle fabbriche svizzere.

“Ternitti” è la storpiatura dialettale per “eternit”, la fibra d’amianto che veniva colata incandescente negli stampi, e la cui lavorazione spargeva nell’aria migliaia di sottilissimi aghi letali.
Ma “ternitti” è anche una parola salentina per indicare il tetto, ciò che sta sopra le nostre teste, e in quella paradossale, involontaria, tremenda ironia si cela parte dell’ambiguità che rende efficace il racconto di Desiati.

” Tra il 1960 E IL 1980 quasi duemila abitanti tra i comuni del Capo di Leuca hanno lavorato nella fabbrica d’amianto di Niederurnen, nel Cantone Glarus in Svizzera. La maggior parte di loro oggi sono morti o ammalati. Solo in poche decine hanno chiesto pensioni e sussidi o hanno fatto domande di risarcimento. E’ questo il motivo per cui non esistono dati ufficiali di quella che risulta la più grande e silenziosa tragedia dell’emigrazione.” Così scrive Desiati nei ringraziamenti e questo romanzo vuole essere un atto di risarcimento per quelle morti.
“Ternitti” è la storia di una generazione che fece di necessità virtù, e che un tetto sulla testa, per quanto misero, lo poté avere solo grazie a quel lavoro, a contatto per decenni con l’amianto. Comprate questo romanzo che costa solo nove euro e cinquanta centesimi e leggetelo come una fiaba dolce e amara. Lasciatevi trasportare dal linguaggio mitico e poetico del giovane Marco Desiati e affascinare da Mimì, donna forte, magica, che parla con i morti, ama le processioni e porta le” parmasie” ,il pranzo ai parenti dei defunti. Ternitti è un romanzo di amore e morte, una morte terribile, lenta, lancinante, la morte per usbetosi, quella causata dalle polveri di amianto.

La famiglia Orlando, padre, madre e due figli con molte altre arriva in Svizzera nel 1975 nella “casa di vetro”, il grosso capannone gelido che accoglie i lavoratori della fabbrica di amianto in attesa dell’assegnazione di casette di legno. Nel capannone gli spazi sono divisi da tende. Le aree sono delimitate quella dei calabresi ben distinta da quella dei pugliesi. Mimì ha 15 anni, è piccola, minuta, con i capelli corvini, e possiede un anello “magico”, un turchese che le ha regalato una zingaro alla festa del paese. Mimmì si innamora di Ippazio che ha vent’anni e i due si toccano al buio, alla luce di fiammiferi.

Mimì incinta rimane sola perché Ippazio scappa. Lei torna al mare della Puglia con la figlia Arianna che cresce da sola mentre lavora in una fabbrica di cravatte. E la vita si dipana fra incontri e lotte, processioni e riti. Mimì rimane se stessa, non perde la sua libertà e il gusto della vita e solo dopo 256 pagine ritroverà il suo “ Pati”, che finalmente avrà il coraggio di amarla. Mimì è una eroina dei nostri giorni che non teme la paura, la fatica, la bellezza e la sua avvenenza; che non teme le malelingue che la perseguitano, gli uomini che la corteggiano e che non teme neanche la morte che le ruba le persone care: lei continua a vivere per il suo sogno. Mimì sa andare contro corrente, ma ha un cuore generoso, mantenuto vivo dal suo rapporto con le madri, gli antenati e soprattutto da una sincerità di affetti
Ho amato questo romanzo perché mi ha ricordato le vacanze in Puglia a Leuca, Presicce. Il mare celeste, le notti stellate, gli scogli, il vino, i pomodori secchi,i dolci, il caldo mitigato dal vento.

La passione muove la scrittura di Desiati, le parole restituiscono gli odori della terra e trascinano e coinvolgono: la passione per gli eventi raccontati, per i luoghi, per la forza delle donne protagoniste.

Ancora una volta vi consiglio un romanzo di donne madri, figlie, amanti e di uomini che non sanno amare fino in fondo, che non si lasciano andare, che hanno paura di nuotare…

Il CCNI sulla mobilità è nullo

Il CCNI sulla mobilità è nullo: vittoria Anief in Tribunale

Dopo i tanti provvedimenti d’urgenza ottenuti presso i tribunali del lavoro di tutta Italia, come sempre è l’Anief a segnare la strada corretta in tribunale in materia di tutela dei diritti dei lavoratori della scuola ottenendo la prima sentenza emanata dal Tribunale del Lavoro di Roma che dà piena ragione al nostro sindacato e riconosce l’assoluta illegittimità del CCNI di comparto nella parte in cui viola la normativa primaria ed esclude la possibilità di corretto riconoscimento del servizio prestato nelle scuole paritarie ai fini dell’attribuzione del punteggio nelle operazioni di mobilità. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Michele Speranza travolgono nuovamente il MIUR in tribunale e ottengono l’annullamento del CCNI sulla mobilità nella parte d’interesse e la condanna del Ministero dell’Istruzione al pieno rispetto della Legge sulla parità delle istituzioni non statali con l’attribuzione del giusto punteggio in favore di una nostra iscritta e al pagamento integrale delle spese di giudizio.

Statali, si tratta ancora sull’aumento di 85 euro

da Il Sole 24 Ore

Statali, si tratta ancora sull’aumento di 85 euro

Vanno bene gli 85 euro di aumento a regime, ma «medi» come intende il governo o «minimi» come da richiesta sindacale? È sospesa su questo punto la trattativa sull’accordo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, avviata ieri con l’incontro fra la ministra per la Pa e la Semplificazione Marianna Madia e i sindacati confederali. In discussione, poi, c’è l’inclusione della scuola nel raggio d’azione di un’intesa che punta anche a rivedere le regole per la distribuzione dei premi di produttività e la divisione dei compiti fra leggi e contratto, anticipando l’indirizzo che andrà tradotto in pratica nel testo unico del pubblico impiego.

I due nodi sono pesanti, sia sul piano politico sia su quello tecnico, ma non sembrano tali da chiudere la strada verso un’intesa politica sul modello di quella firmata sulle pensioni prima della manovra. Il confronto continua sul piano tecnico, e potrebbe tradursi a breve in una nuova convocazione, in un calendario che inevitabilmente si intreccia con gli ultimi giorni di attesa del referendum.

Al tavolo la ministra Madia ha portato l’impegno del governo per un aumento medio a regime da 85 euro, calcolandolo sulla linea delle dinamiche registrate nei principali comparti del settore privato, insieme alla conferma della disponibilità a rivedere i meccanismi della riforma Brunetta sui «premi» di produttività, ridando peso ai contratti anche su questi aspetti.

Sul piano delle regole, in realtà, le intenzioni di governo e sindacati convergono, e sono al centro di incontri tecnici andati avanti per mesi sia all’Aran sia alla Funzione pubblica. Il punto critico è rappresentato dalla scuola, per due ragioni: lo strumento normativo per mettere in pratica l’accordo è il testo unico del pubblico impiego, attuativo della delega Pa da cui la scuola è esclusa. Le regole per questo settore, poi, sono state fissate dalla «Buona scuola», inderogabile dai contratti, ed è difficile che il governo rimetta in discussione uno dei provvedimenti chiave del proprio programma.

Sugli 85 euro, il punto è sia finanziario sia politico. Per ora si tratta di un impegno politico ad arrivare a quella cifra nel 2018, ma l’intenzione più volte ribadita dalla stessa ministra Madia è quella di privilegiare negli aumenti i redditi più bassi: un meccanismo che non andrebbe d’accordo con un tetto minimo agli aumenti, difficile anche da coprire.

Entro dicembre il consiglio orientativo per scegliere la scuola superiore. Cinque mosse per non sbagliare

da Il Sole 24 Ore

Entro dicembre il consiglio orientativo per scegliere la scuola superiore. Cinque mosse per non sbagliare

di Alessandra Silvetri

Una scelta consapevole della scuola secondaria di II grado è determinante per il futuro inserimento nella società.
Il consiglio orientativo della secondaria di I grado
Entro il mese di dicembre, i consigli delle terze classi delle scuole secondarie di I grado esprimono, per ogni studente, il consiglio orientativo per la scelta della scuola superiore. Tale suggerimento, pur non vincolante, costituisce un utile elemento per le famiglie, spesso disorientate dalla variegata offerta delle scuole di II grado. Quando il consiglio non corrisponde alle aspettative delle famiglie queste, spesso, optano per scelte dettate dall’ambizione più che dall’attenta osservazione della predisposizione del figlio agli studi. Scelte sbagliate possono, però, inficiare seriamente il percorso formativo del discente, l’azione di informazione alle famiglie da parte delle scuole superiori è, dunque , determinante.
L’orientamento nel II grado
Le scuole del II grado in questo periodo mettono in vetrina, sui loro siti web, la merce più attraente: indirizzi di studio tradizionali, con potenziamento linguistico, scientifico o artistico, corsi pomeridiani, progetti, sperimentazioni e tanto altro. La home page, inoltre , appare costellata di date dedicate alle iniziative di orientamento: open day, mini stage, accoglienza e notti bianche. Non è facile per le famiglie orientarsi in questa miriade di proposte.
Cinque passi per una scelta consapevole
Analizzare con attenzione la corrispondenza tra il consiglio orientativo e le attitudini dello studente possibilmente con l’ausilio di un esperto; consultare il portale dell’orientamento al secondo grado presente sul sito del Miur – Istruzione; collegarsi all’applicazione scuola in chiaro per cercare una scuola, conoscere tutte le informazioni disponibili, mettere a confronto l’offerta formativa, accedere alle iscrizioni on line; curiosare sul sito web delle scuole possibili; aderire alle iniziative proposte dalle scuole per l’orientamento.
La cassetta degli attrezzi per una scelta consapevole è dunque ben fornita, il fattore decisivo, però, è senz’altro l’ascolto dello studente.

€cono-mix al via, fino al 7 dicembre Torino capitale dell’educazione finanziaria

da Il Sole 24 Ore

€cono-mix al via, fino al 7 dicembre Torino capitale dell’educazione finanziaria

di Al. Tr.

Fino al 7 dicembre Torino sarà la capitale dell’educazione finanziaria. È partito infatti «€cono-mix, le Giornate dell’Educazione Finanziaria – Economia, denaro, legalità, fiscalità, sostenibilità, imprenditorialità, previdenza», l’iniziativa promossa dalla Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio (Feduf) nell’ambito del protocollo di collaborazione con il Miur, che offre agli studenti e ai docenti delle scuole non solo torinesi, ma anche di Cuneo, Alba e Biella l’opportunità di partecipare a 10 giorni di lezioni, dibattiti ed eventi sull’economia. Sempre nell’ambito delle iniziative per la diffusione di una nuova cultura di cittadinanza economica, lo scorso 18 novembre Feduf ha premiato con borse di studio i 45 studenti eccellenti vincitori del concorso ” I fuoriclasse della scuola”.

Giornate dell’educazione finanziaria
Il Festival “€cono-mix”, nato un anno fa a Roma e giunto oggi alla sesta edizione dopo quelle realizzate nel Lazio, in Lombardia, in Toscana, in Campania, nelle Marche e in Molise alle quali hanno partecipato quasi 12mila studenti e insegnanti, offre un ricco programma di eventi realizzato in collaborazione con enti e istituzioni, tra le quali figurano Inps, Agenzia delle Entrate, Banca d’Italia. Si tratta, spiegano da Feduf, di un momento di collaborazione virtuosa tra soggetti pubblici e privati impegnati nella diffusione dell’educazione finanziaria, una competenza fondamentale per i giovani che dovranno affrontare scelte economiche sempre più complesse e una materia che la “Buona Scuola” colloca tra i nuovi saperi indispensabili,
Il calendario della manifestazione è disponibile a questo link
www.feduf.it/container/eventi/categories/eventi-scuole/econo-mix-le-giornate-delleducazione-finanziaria-piemonte

“I fuoriclasse della scuola”
Ci sono fisica e statistica ma anche italiano, matematica, informatica, chimica, scienze naturali, lingue e civiltà classiche e Astronomia tra le materie nelle quali eccellono “I fuoriclasse della Scuola”, gli studenti dell’ultimo triennio delle superiori – vincitori di alcune delle competizioni elencate nel Programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze del Miur – premiati lo scorso 18 novembre da Feduf nella suggestiva cornice del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino.
Il progetto, nato da un’idea di Alessandra Losito e realizzato da Feduf in collaborazione con il Museo del Risparmio di Torino e l’Abi, rientra nell’intesa siglata dal Miur e da Feduf per valorizzare i giovani talenti attraverso il contributo di donazioni filantropiche da parte di fondazioni e altri soggetti privati.
Oltre alle borse di studio, i vincitori avranno l’opportunità di partecipare a un Campus residenziale di tre giorni – in questa edizione ideato e ospitato dal Museo del Risparmio di Torino – durante i quali potranno incontrare imprenditori affermati, conoscere le istituzioni finanziarie internazionali, approfondire percorsi tematici sull’imprenditorialità e frequentare laboratori di team building e formazione manageriale.

Legge Stabilità, tutti gli emendamenti su scuola e PA: anche mille nuovi cancellieri nei tribunali

da La Tecnica della Scuola

Legge Stabilità, tutti gli emendamenti su scuola e PA: anche mille nuovi cancellieri nei tribunali

Sono diversi gli emendamenti apportati alla Legge di Stabilità: La Tecnica della Scuola ha raccolto quelle rivolte a studenti, giovani, precari e lavoratori di ruolo della PA.

Gli emendamenti, su cui entro domenica si esprimerà l’Aula della Camera dei Deputati con voto di fiducia, hanno passato il vaglio delle commissioni di Montecitorio, in particolare di quella che si occupa della compatibilità che il Bilancio pubblico. Dalla prossima settimana, le modifiche passeranno al vaglio delle commissioni di Palazzo Madama.

Ecco, in estrema sintesi, quelli che potrebbero interessare da vicino i nostri lettori.

 

PROROGA GRADUATORIE CONCORSI P.A. – Proroga a fine 2017 le graduatorie dei concorsi pubblici per le assunzioni a tempo indeterminato. Prorogate anche le graduatorie di Polizia e Vigili del fuoco.

 

MILLE NUOVI CANCELLIERI NEI TRIBUNALI – Ok all’assunzione di mille nuovi cancellieri nei tribunali, che si aggiungono ai mille posti banditi con concorso il 22 novembre 2016.

 

FONDI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO ANCHE A PARITARIE – I 100 milioni per l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro, previsti dalla Legge 107/15, andranno ripartiti anche tra quelle scuole paritarie e quelle degli enti locali. Di conseguenza, agli istituti statali, quindi arriveranno budget ridotti.

 

DIVENTANO 4 GIORNI CONGEDO PAPÀ DAL 2018 – Il congedo per neo papà si allunga al 2018 e sale a 4 giorni. Nel 2017 restano i 2 già in vigore, ma nel 2018 il papà potrà chiedere un giorno in più usando quelli della madre.

 

OPZIONE DONNA E ESODATI – Estensione di opzione donna alle lavoratrici nate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre del 1958 (e alle autonome nate nell’ultimo trimestre del 1957) che hanno maturato 35 anni di anzianità entro il 2015. Via libera anche all’allargamento della platea dell’ottava salvaguardia.

 

BONUS NIDO A TUTTI, ANCHE A BIMBI MALATI – Il bonus nido verrà adottato senza alcun limite di reddito, ma si allarga, questa è la novità, anche ai bambini malati che hanno necessità di assistenza domiciliare.

 

NO TAX AREA ANCHE PER FUORI CORSO – La no tax area per gli studenti universitari si allarga al primo anno fuori corso.

 

BONUS 18ENNI ANCHE PER CHI COMPRA CD – Il bonus diciottenni, introdotto dalla legge di stabilità 2016 e che la manovra estende al 2017, vale anche per l’acquisto di musica registrata.

 

BONUS STRADIVARI – Sale da 1.000 a 2.500 euro l’agevolazione fiscale per l’acquisto di strumenti musicali da parte di studenti dei licei musicali e dei conservatori. L’agevolazione però può coprire solo il 65% del prezzo.

 

150 MLN IN PIÙ A LOTTA POVERTÀ – La sperimentazione dell’assegno di disoccupazione proseguirà anche utilizzando una parte delle risorse disponibili del Fondo povertà.

Scioperi: forse sarà obbligatorio dichiarare la propria adesione

da La Tecnica della Scuola

Scioperi: forse sarà obbligatorio dichiarare la propria adesione

Troppi scioperi a ripetizione ed la Commissione di Garanzia decide di convocare i sindacati del comparto scuola per rivedere il regolamento in vigore “vecchio” ormai di 17 anni.

Si tratta di garantire i diritti dei lavoratori ma anche quelli delle famiglie, sostiene la Commissione che, a quanto pare, si sarebbe un po’ spazientita dopo l’ennesimo sciopero proclamato nel settore scolastico.
In effetti in meno di tre mesi di scuola, gli scioperi sono già stati parecchi, e a parte quello del 21 ottobre (Unicobas, Usb e Usi), tutti gli altri sono stati indetti ogni volta da un solo sindacato, che magari conta poche decine di iscritti.
Si tratta di “micro-scioperi” che mettono in allarme scuole e famiglie ma che  – a conti fatti – non vanno mai al di là di una piccola frazione di un punto percentuale.
Il Garante ha già fatto intendere che, se non si troverà un accordo, il regolamento potrà essere modificato ugualmente con un atto unilaterale, come peraltro è già avvenuto per il settore dei trasporti.
Pare che i sindacati del comparto non siano disponibili a siglare un accordo su questa materia: sarebbe oltremodo strano se si firmasse un accordo per un nuovo regolamento ancor prima che si apra il tavolo per la trattativa contrattuale.
Il tentativo della Commissione, ma soprattutto del Ministero, potrebbe essere quello di rendere obbligatoria per il personale la dichiarazione di adesione o non adesione allo sciopero.
Va anche detto che un eventuale nuovo regolamento in qualche modo restrittivo per i sindacati di base, potrebbe essere visto di buon occhio dai sindacati del comparto che molto spesso sono in qualche modo “disturbati” dagli scioperi proclamati dalle organizzazioni minori.
Per esempio la regola che tra uno sciopero e l’altro deve intercorrere un periodo di almeno 7 giorni ha determinato spesso qualche difficoltà proprio ai sindacati rappresentativi che hanno dovuto fare le acrobazie per trovare il giorno giusto per il proprio sciopero.
D’altronde non va dimenticato che le attuali regole furono volute proprio dai sindacati del comparto nel tentativo di arginare il blocco degli scrutini dei sindacati di base.

Matematica, la materia più ostica: arriva l’App che insegna anche giocando

da La Tecnica della Scuola

Matematica, la materia più ostica: arriva l’App che insegna anche giocando

La matematica è da sempre la disciplina più ostica, per la maggior parte degli alunni italiani. Ora, però, in loro soccorso arriva una WebApp molto utile.

Il software interattivo, disponibile su internet, è stato realizzato dall’Università di Padova e presentato al pubblico il 24 novembre ed ha un nome esplicativo: “I bambini contano”.

Promosa dalla Fondazione Hpnr, finanziata dalla Fondazione Vodafone, e supportato dal punto di vista scientifico dalla professoressa Daniela Lucangeli, dell’ateneo patavino, l’App permette ai bambini di scuola primaria e secondaria di sviluppare l’intelligenza nella combinazione dei numeri. L’apprendimento avviene attraverso tre “scenari”: con gli esempi, con l’interazione con l’esercizio, e con la valutazione finale attraverso il gioco.

È previsto un ruolo attivo anche per il docente, chiamato a monitorare passo dopo passo l’attività del bimbo: ad esempio, andando a verificare quante volte ha avuto accesso allo strumento interattivo, collegandosi on line, a visionare-interpretare la tipologia di eventuali errori commessi dagli alunni. Oltre che prendere possesso dei dati e dei report statistici prodotti dalla stessa App.

Lo strumento potrebbe ora essere utilizzato su larga scale. Perché in Italia, la matematica risulta ufficialmente ostica al 20% degli studenti; inoltre, il 40% della popolazione ha confessato di affrontare la disciplina scientifica “con difficoltà”. Eppure, fanno rilevare i creatori del progetto “I bambini contano”, fortunatamente appena il 2% della popolazione è affetto da un disturbo specifico dell’apprendimento dei numeri e delle abilità di calcolo, dalla cosiddetta discalculia. Per gli altri, si tratterebbe di superare difficoltà di carattere non certo patologico.

Chi è il Referente d’istituto degli alunni con DSA?

da La Tecnica della Scuola

Chi è il Referente d’istituto degli alunni con DSA?

Le Linee guida emanate dal Miur il 12 luglio 2011 delineano le funzioni dei singoli attori coinvolti nell’inclusione degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento (DSA).

Tra questi, un ruolo importante è assolto dal referente d’istituto, figura prevista dalla Legge 170/2010, dal DM del 12/07/2011 e dalle suddette Linee Guida.

Le sue funzioni sono, in sintesi, riferibili all’ambito della sensibilizzazione ed approfondimento delle tematiche, nonché del supporto ai colleghi direttamente coinvolti nell’applicazione didattica delle proposte.

Il referente che avrà acquisito una formazione adeguata e specifica sulle tematiche, a seguito di corsi formalizzati o in base a percorsi di formazione personali e/o alla propria pratica esperienziale/didattica, diventa punto di riferimento all’interno della scuola ed, in particolare, assume, nei confronti del Collegio dei docenti, le seguenti funzioni:

  • fornisce informazioni circa le disposizioni normative vigenti;
  • fornisce indicazioni di base su strumenti compensativi e misure dispensative al fine di realizzare un intervento didattico il più possibile adeguato e personalizzato;
  • collabora, ove richiesto, alla elaborazione di strategie volte al superamento dei problemi nella classe con alunni con DSA;
  • offre supporto ai colleghi riguardo a specifici materiali didattici e di valutazione;
  • cura la dotazione bibliografica e di sussidi all’interno dell’Istituto;
  • diffonde e pubblicizza le iniziative di formazione specifica o di aggiornamento;
  • fornisce informazioni riguardo alle Associazioni/Enti/Istituzioni/Università ai quali poter fare riferimento per le tematiche in oggetto;
  • fornisce informazioni riguardo a siti o piattaforme on line per la condivisione di buone pratiche in tema di DSA;
  • funge da mediatore tra colleghi, famiglie, studenti (se maggiorenni), operatori dei servizi sanitari, EE.LL. ed agenzie formative accreditate nel territorio;
  • informa eventuali supplenti in servizio nelle classi con alunni con DSA.

La nomina del referente di Istituto per la problematica connessa ai DSA non costituisce un formale obbligo istituzionale ma è demandata alla autonomia progettuale delle singole scuole.

Laddove se ne ravvisi l’utilità, la nomina potrà essere anche formalizzata, così come avviene per numerose altre figure di sistema (funzioni strumentali) di supporto alla progettualità scolastica.

Contratto, accordo su 85 euro d’aumento, più spazio a contrattazione e assunzioni precari

da La Tecnica della Scuola

Contratto, accordo su 85 euro d’aumento, più spazio a contrattazione e assunzioni precari

Potrebbe arrivare a momenti l’accordo tra la parte pubblica e i sindacati rappresentativi sul rinnovo del contratto, fermo da ormai sette anni.

Nella mattinata del 24 novembre, i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil hanno iniziato una riunione-fiume con il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia.

L’obiettivo, riferiscono i cronisti presenti, è arrivare ad “un accordo ‘politico’, con un punto di caduta anche di tipo economico”.

Almeno su questo punto, le due parti non sarebbero lontane: i sindacati puntano a un incremento salariale non inferiore a 85 euro a regime; l’entourage del ministro propone invece 85 euro di aumento medio. Le risorse per finanziare il rinnovo sono inserite nella Leggedi Stabilità, ma per arrivare a un aumento di 85euro per tutti, sarà necessario probabilmente anche un ulteriore impegno finanziario, perché il il contratto è di tre anni (2016-2018). Tuttavia, dal Mef non risulta che siano stati lasciati molti margini di aumento e questo potrebbe rappresentare uno scoglio vero.

Ancora di più perché tra le richieste sindacali, c’è anche quella di far rientrare nel perimetro dell’accordo il comparto della scuola: un “particolare” che farebbe salire non poco la spesa, visto che si tratta di quasi un milione di dipendenti.

Il punto può difficile da superare è però probabilmente un altro: la riforma Brunetta, la Legge 150/2009, che per la distribuzione dei premi non prevede più contrattazione, ma una suddivisione limitata ai dipendenti più meritevoli. Oltre che ridare più spazio alla contrattazione, i sindacati chiedono anche la stabilizzazione dei precari di tutta la P.A..

“Dal governo sarebbero arrivate aperture, che verrebbero riportare in un documento, un testo in cui sancire i punti di contatto”, scrive ottimisticamente l’Ansa.

D’altro canto, si è giunti al quasi-accordo, grazie al lavoro iniziato in estate, con un recupero del dialogo tra le parti. Ma difficilmente tutto si chiuderà in mattinata visto che, se di patto politico si parla, servirebbe la firma dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.

L’intenzione di Madia, comunque, è andare avanti ad oltranza per mettere a punto l’accordo che tracci la strada per lo sblocco della contrattazione: l’intenzione è chiudere diversi giorni prima del 4 dicembre, giorno del referendum costituzionale.

Lo strumento per rivedere la parte normativa “è rappresentato dal Testo Unico del lavoro pubblico, la cui stesura dovrebbe correre in parallelo con i tavoli contrattuali. Non a caso l’arrivo del T.U è previsto per febbraio, mentre proprio oggi (24 novembre ndr) in un Cdm che si dovrebbe tenere nel pomeriggio si chiuderà un altro capitolo della riforma della P.a, con l’approdo di 5 decreti attuativi”, scrive ancora l’Ansa.

Intanto, all’ora di pranzo, il “tavolo” PA-sindacati sul rinnovo contrattuale è stato momentaneamente sospeso, secondo quanto riferiscono fonti sindacali.

Durante l’incontro, Madia ha messo in evidenza quattro aspetti: una riforma fatta insieme ai lavoratori del pubblico impiego, l’impegno sulle risorse, il superamento di una logica punitiva e ideologica e la messa a punto di obiettivi trasparenti e misurabili per aiutare a valorizzare il pubblico impiego.

Cosa accadrà ora? L’intenzione della ministra è di convocare già per venerdì 25 novembre i leader di Cgil, Cisl e Uil.

Alternanza: nuovi accordi nazionali e più opportunità nel registro

da La Tecnica della Scuola

Alternanza: nuovi accordi nazionali e più opportunità nel registro

Il Miur fa sapere che anche Coldiretti, ConfEsercenti e ConfCooperative sono entrate nella rete di organizzazioni nazionali che hanno firmato un accordo con il Miur per l’alternanza scuola-lavoro.

Si allarga dunque la platea di organizzazioni pronte a ospitare i ragazzi nelle proprie strutture, con percorsi variegati in base al settore di riferimento.

In aumento, anche le adesioni al Registro dell’Alternanza: al momento, sono oltre 1.000 le strutture ospitanti per 20.000 posizioni disponibili. Ogni giorno – comunica il Ministero – si iscrivono oltre 30 organizzazioni.

Un numero che potrebbe ancora crescere: sono attesi infatti incentivi, con la legge di Bilancio all’esame del Parlamento, come l’esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato studenti che abbiano svolto attività di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato presso il medesimo datore di lavoro.

Roberto Maragliano fa i conti con 40 anni di storia della scuola

da La Tecnica della Scuola

Roberto Maragliano fa i conti con 40 anni di storia della scuola

Il nome di Roberto Maragliano è certamente noto alla stragrande maggioranza dei docenti italiani, poichè fin dagli anni ’70 si è dedicato allo studio del nostro sistema scolastico occupandosi di valutazione, tecnologie e tanti altri temi.
Nei giorni scorsi ha concluso la sua carriera accademica in qualità di docente presso l’università La Sapienza di Roma.
Abbiamo colto l’occasione per porgli qualche domanda.
Professore, ci siamo!  Da pochi giorni lei è in pensione, ma in rete lei ha già fatto sapere che in qualche modo continuerà ad essere attivo con il suo “Scaffale Maragliano”. Di che si tratta?


Si tratta di una cartella di Google Drive aperta a tutti: per entrarci basta avere l’indirizzo, che è questo: https://goo.gl/XbT62M.
Cosa c’è in Scaffale Maragliano? Una selezione di mie pubblicazioni in forma di libro o articolo, scritti che vanno dal 1973 ai primi del 2000 (più qualche altra cosa più recente) che è difficile se non impossibile trovare oggi, e che lì sono riprodotti in formato pdf. Ognuno dallo Scaffale Maragliano può prelevare il testo o i testi per cui ha più interesse; può anche scaricare l’intera cartella, sapendo però che andrà ad occupare 1,8 MB di memoria.
Nel concreto di quali argomenti si parla?


Di un po’ di tutti gli argomenti di cui mi sono occupato con una qualche regolarità e continuità per più di quarant’anni: dalle riflessioni epistemologiche sui contenuti e le modalità dell’insegnare e sulle caratteristiche dell’apprendere dentro e fuori scuola ai contributi volti a introdurre elementi di progettualità razionale negli interventi didattici, dall’attenzione per le prospettive del leggere e dello scrivere ai tentativi di innestare elementi di concettualizzazione sul confronto relativo all’impiego educativo delle tecnologie, di tutte, quelle di tradizione e quelle di nuovo conio, per non dire poi dello spazio dedicato alla presa in carico del rapporto di reciproca influenza tra regimi demografici e impegni di formazione.
Ma, su tutte, la questione aperta del rapporto più conflittuale che armonico, ahimè, tra scuola e società. Insomma, di tutto un po’: con elementi di coerenza, ma anche di oscillazione e revisione, come è naturale, direi quasi necessario che sia, se uno trova più gusto nel porre e porsi continuamente domande che nel cercare risposte che siano dotate di validità assoluta. Navigando dentro i testi si potranno vedere le ripercussioni sul piano personale di alcune delle tante vicende che hanno interessato l’area educativa nel nostro paese e che in non pochi casi restano ancora aperte
Lo Scaffale Maragliano rappresenta dunque una bella opportunità per conoscere meglio la storia della nostra scuola. Ma a che serve conoscere la nostra storia se poi ce la dimentichiamo e andiamo avanti in tutt’altro modo?


Cerchiamo di essere un po’ ottimisti, almeno in questo. Confrontarsi con il passato può servire, non fosse altro per attrezzarsi a non ripetere gli stessi errori. Il problema è che ciò che rimproveriamo ai nostri studenti, cioè di non avere memoria storica, dovremmo onestamente rimproverare a noi stessi. Come si è arrivati a perdere il contatto con la nostra stessa storia di educatori, insegnanti, gente di scuola? Le ragioni sono molte e attengono alle carenze della politica certo, ma anche dell’accademia e più in generale dell’intellettualità diffusa (giornalisti, testimonial, opinion leader). La sostanza di tutto questo coincide con quell’immobilismo concettuale che ci/li fa vedere nella scuola un assoluto, un qualcosa che non può e non deve cambiare o che deve mutare incessantemente ma solo in superficie, per potersi ergere a contraltare ad un mondo in perenne trasformazione.
Ma perchè in questo Paese è così difficile fare una seria riforma della scuola?


Dobbiamo riconoscere che almeno per un bel tratto di tempo anche da noi si è puntato (ed elaborato in rapporto) ad un’idea ‘forte’ di riforma della scuola, ma che poi per ragioni non soltanto esterne questo obiettivo è andato perdendo di visibilità e di concretezza. La mia idea è che sarebbe troppo doloroso confrontarsi con le ragioni di questo fallimento, e allora si preferisce rimuovere tutto, i propri sogni, le proprie delusioni, e assieme noi stessi e la nostra stessa sotira. Conseguenza di tutto ciò è che molto più di ieri la scuola è intesa come un assoluto: non si discute delle ragioni di fondo della sua crisi, che stanno in quegli elementi di identità (in merito al che cosa e come insegnare) che il mondo circostante, così cambiato rispetto al passato, sta minando. La vecchia talpa della società educante (o, se volete, diseducante, comunque attiva e inarrestabile nel dare forma e concretezza alle esperienze collettive di apprendimento) sta minando l’edificio sempre più inattuale della scuola. Ci sembrava assurdo che qualcuno, allora, parlasse di descolarizzare la società. Meno assurdo è riconoscere oggi che è la scuola stessa che si sta descolarizzando, in primo luogo nell’animo dei suoi utenti diretti e indiretti.
Molti di noi ricordano ancora il “documento dei saggi” che è forse l’ultimo documento pedagogico e culturale posto alla base di una riforma ordina mentale, peraltro poi fallita. Siamo troppo ingenerosi se diciamo i documenti post-97 sono stati decisamente di più modesta portata?


Nello Scaffale Maragliano ho voluto mettere gli atti pressoché completi  di quella iniziativa ministeriale.
Leggendoli o riandando a quei testi ognuno potrà vedere che la questione in gioco era l’esigenza di proiettarsi nel futuro e impegnarsi a traghettare lì dei contenuti irrinunciabili. Ma quali contenuti? Si trattava appunto di identificarli, in una prospettiva per così dire ‘disinteressata’. Non fummo capaci di far comprendere che il problema, allora drammatico, e ora tragico era ed è di un distacco fortissimo tra scuola e società, né trovammo le forze per reagire alla controffensiva di associazioni professionali dei docenti, sindacati, accademia, editoria che vedevano messi in discussione i loro interessi: tutti soggetti, per intenderci, orientati allora e oggi ancor più di allora a mantenere immobili e immutabili le scelte di fondo sul che e il come della scuola e quindi ad accettare supinamente lo spirito conservativo dell’istanza di sempre più compiuta e asfissiante (e deresponsabilizzante) burocratizzazione di atti e intenzioni perseguita dall’amministrazione centrale della scuola e dalle sue dirette emanazioni (con azioni che mai hanno trovato contrasto nelle scelte dei tanti ministri che da allora si sono succeduti a Viale Trastevere).
Quelli erano anche gli anni in cui si iniziava a parlare della generalizzazione delle tecnologie informatiche nella scuola di base. Cosa è cambiato davvero in 20 anni?


Poco, pochissimo, salvo il rumore che se ne fa attorno, non fosse altro per far posto a nuovi soggetti a tavola (o per impedire che questo avvenga). Al di fuori di metafora, la tecnologia informatica è o meglio potrebbe essere eversiva dello status quo di cui ho detto: eversiva degli assetti culturali e didattici che sappiamo. Ma andrebbe interiorizzata dalla scuola tutta, a cominciare dalla componente ‘personale’ di ogni singolo docente. E’ questo un problema ‘civico’ che ho più volte sollevato e su cui il nostro paese s’è rilevato agnostico e impreparato: altrove si è investito fin dall’inizio puntando sulla dimensione personale, direi esistenziale del docente, offrendogli strumentazioni e connessioni a prezzi molto vantaggiosi per un uso domestico, sì che potesse fare esperienza diretta delle potenzialità del digitale e della rete. Da noi invece le azioni che si sono messe in campo miravano a trasferire in questo ambito un’anomala e astratta idea di alfabetizzazione, quasi che l’uso delle macchine potesse essere solo una questione tecnica di laboratorio o di aula e non una questione di vita della scuola; e questo tipo di intervento trovava sostegno e legittimazione in una rappresentazione collettiva della tecnologia informatica (promossa da giornali, radio, tv, ma anche dall’editoria libraria) interessata ad anteporre il tema del pericolo rispetto a quello dell’opportunità, se non addirittura disposta ad accettare che il pericolo oscurasse e annullasse l’opportunità. Significativa a questo proposito è la politica attuata dell’editoria scolastica (vedi quanto si è detto ad un recente convegno).
Comunque, malgrado tutto, e lo ripeto, almeno per quanto potrà/dovrà avvenire nel medio periodo non posso non essere ottimista

Su internet i giovani non distinguono le notizie vere da quelle false

da La Tecnica della Scuola

Su internet i giovani non distinguono le notizie vere da quelle false

La maggior parte dei ragazzi dai 10 ai 19 anni non è in grado di distinguere una notizia vera da una falsa sui social, e tende a credere anche a quelle postate da inserzionisti pubblicitari. Lo afferma un rapporto pubblicato dall’università di Stanford sul proprio sito, basato su quasi ottomila studenti delle superiori e dei primi anni di università.

Lo studio – riporta l’Ansa – era focalizzato su la capacità di analizzare le news lette sui siti, sui ‘feed’ di Twitter e Facebook, sui commenti dei lettori di forum ma anche su post e foto di blog privati.

Dalla ricerca è emerso ad esempio che l’82% degli studenti non è in grado di distinguere tra una vera notizia e un contenuto sponsorizzato, mentre il 40% ha legato automaticamente una foto di un cerbiatto con malformazioni a una notizia su Fukushima, anche se nell’immagine non c’era nessun accenno a dove fosse stata scattata.

Più di due terzi degli intervistati non ha trovato nessun motivo di dubitare di un post scritto da un dirigente bancario che affermava che i giovani hanno bisogno di piani finanziari, mentre solo un quarto del campione è stato in grado di distinguere il vero profilo Facebook di Fox News da uno fittizio.